Imprenditore Commerciale e Liquidazione Giudiziale

L'art. 2195 del Codice Civile definisce imprenditore commerciale chi esercita attività economiche non agricole in modo professionale. Questa definizione è negativa-residuale, ovvero include tutte le attività non agricole.

L'imprenditore commerciale è soggetto a una precisa normativa definita come "statuto dell'imprenditore commerciale", che regola aspetti come la registrazione, la contabilità, la rappresentanza e la gestione della crisi d'impresa.

L'articolo 2195 elenca i tipi di attività che rientrano nell'ambito dell'imprenditore commerciale: attività industriale, intermediaria, di trasporto, bancaria e assicurativa, e attività ausiliarie.

Le disposizioni riguardanti le attività e le imprese commerciali si applicano a tutti i tipi di attività elencati nell'articolo 2195, a meno che la legge non indichi diversamente.

La liquidazione giudiziale è una procedura che riguarda gli imprenditori commerciali che sono insolventi e non soddisfano i requisiti previsti dalla legge.

La liquidazione giudiziale è una nuova procedura, simile al passato fallimento, che si applica in caso di crisi d'impresa e insolvenza.

Il codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza disciplina la liquidazione giudiziale come procedura concorsuale, sostituendo in parte il precedente fallimento.

La liquidazione giudiziale si attiva quando un imprenditore commerciale non riesce a dimostrare il possesso di determinati requisiti e si trova in uno stato di insolvenza.

Il debitore non è in grado di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni.

La procedura legale che permette di liquidare un'impresa in difficoltà finanziarie

Secondo l'art. 2083 del Codice Civile, sono classificati come piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.

Spesso definita come un'attività che si concentra nella produzione di beni o servizi, si esercita in maniera personale, si basa su lavoro manuale e pone il lavoro prima del capitale.

Ai sensi dell'art. 2, lett. d) del Codice della crisi di impresa, è definita come un'impresa con un attivo patrimoniale, ricavi e debiti inferiori ai limiti definiti dalla legge.

Definita come un'impresa con attività economica prevalentemente svolta da familiari, con un ruolo attivo dei componenti della famiglia all'interno dell'impresa.

L'articolo 2083 del Codice Civile definisce i piccoli imprenditori come chi svolge la propria attività prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.

L'articolo 2, lett. d) del Codice della crisi di impresa definisce l'impresa minore in base a limiti di attivi patrimoniali, ricavi e debiti.

La legge 443 del 1985 definisce l'imprenditore artigiano come colui che esercita personalmente, professionalmente e in qualità di titolare l'impresa artigiana.

L'imprenditore artigiano deve avere la responsabilità della gestione dell'impresa, essere direttamente coinvolto e non deve essere sotto il controllo di altre persone o imprese.

L'impresa minore, rispetto alla procedura di liquidazione giudiziale, può accedere alla liquidazione controllata del sovra indebitato.

L'impresa agricola è esclusa dalla liquidazione giudiziale, pur potendo accedere alla liquidazione controllata del sovra indebitato.

L'art. 1 del Codice della crisi individua quale requisito per l'avvio della procedura concorsuale l'esercizio di un'attività commerciale, artigiana o professionale, esclusa l'attività agricola.

Lo Stato e gli enti qualificati pubblici dalla legge sono esclusi dalla procedura di liquidazione giudiziale.

Nell'esercizio dell'agricoltura, le comunioni familiari tacite sono regolate dagli usi, a patto che non contrastino con le norme precedentemente stabilite.

Il lavoro prestato all'interno dell'impresa familiare deve essere retribuito, in quanto è stato riconosciuto un diritto al familiare lavoratore.

Un familiare che lavora nell'azienda di famiglia acquisisce diversi diritti, tra cui il mantenimento, la partecipazione agli utili e la partecipazione alla gestione.

Il convivente che lavora stabilmente nell'impresa del partner, ha diritto a una parte degli utili e dei beni acquistati con essi, proporzionalmente al lavoro prestato.

La società è un'entità composta da più persone che conferiscono beni o servizi per svolgere un'attività economica e dividere i guadagni.

Le associazioni possono svolgere attività economica, ma se la svolgono in modo abituale e organizzato diventano imprenditori e sono soggette alle stesse regole delle imprese.

L'impresa pubblica spesso si concretizza tramite la partecipazione statale, con lo Stato che acquista quote di imprese per diversi motivi.

Le attività preliminari non bastano per essere considerati imprenditori: è necessario che l'attività d'impresa sia effettivamente avviata, con un livello di organizzazione significativo.

La fine dell'attività d'impresa si colloca in un momento che consente ai creditori di far valere i propri diritti, quindi non basta la semplice cessazione dell'attività.

Le società hanno passaggi ben definiti per la loro conclusione: scioglimento, liquidazione e cessazione, che comportano il pagamento dei debiti e la rimozione dal registro delle imprese.

Un'impresa artigiana può essere individuale o costituita in forma societaria (SNC, SAS o SRL), con limiti sul numero di soci e sull'amministrazione.

Un'impresa artigiana può avere al massimo 18 dipendenti ordinari, con possibili eccezioni per l'uso di tecnologie avanzate o lavorazioni artistiche. Non sono inclusi familiari o apprendisti.

Attività agricole, commerciali o che impiegano macchinari industriali, non sono considerate artigianali, essendo l'apporto manuale marginale.

L'articolo 4 del Codice Civile definisce i limiti dimensionali per le imprese artigiane, con focus sull'attività lavorativa principale.

Le imprese artigiane vengono iscritte in un albo tenuto dalla Camera di Commercio, che verifica il rispetto dei requisiti necessari.

Le PMI (piccole e medie imprese) sono viste come un motore di innovazione e sviluppo economico, con particolare attenzione al settore digitale.

La Raccomandazione della Commissione Europea definisce tre categorie di PMI: microimprese, piccole imprese e medie imprese, in base a numero di dipendenti e fatturato.

Le PMI idonee ai criteri possono beneficiare di programmi di sostegno comunitari e nazionali, come finanziamenti per ricerca, competitività e innovazione.

La CSRD (Direttiva sulla rendicontazione della sostenibilità aziendale) introduce nuovi requisiti di rendicontazione non finanziaria e di sostenibilità, applicati gradualmente a tutte le grandi imprese e, in alcuni casi, alle PMI quotate.

Le grandi imprese dovranno conformarsi alle nuove regole della CSRD dal 2024, mentre le PMI quotate dal 2026, con possibilità di esenzione temporanea.

Il lavoro continuativo di un familiare in un'impresa familiare da diritto al mantenimento, alla partecipazione agli utili e agli incrementi aziendali, in proporzione al lavoro prestato.

Le decisioni sull'utilizzo degli utili, la gestione straordinaria e la cessazione dell'impresa familiare sono prese a maggioranza dai familiari partecipanti.

Ai fini della partecipazione, sono considerati familiari il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo.

Il diritto di partecipazione all'impresa familiare è intrasferibile a non familiari, ma può essere trasferito a familiari con il consenso di tutti i partecipi.

In caso di cessazione del lavoro o di alienazione dell'azienda familiare, il diritto di partecipazione può essere liquidato in denaro o in più annualità.