Giustizia Amministrativa in Italia

Un insieme di strumenti legali per proteggere i diritti dei cittadini nei confronti della Pubblica Amministrazione (PA), quando la PA agisce in posizione di superiorità.

Il sistema giudiziario italiano in cui sia i tribunali ordinari (civili) che i tribunali amministrativi possono giudicare le controversie tra cittadini e PA. Il tribunale amministrativo interviene quando è in gioco un interesse legittimo (ad esempio, un concorso pubblico).

L'azione di un giudice ordinario riguarda violazioni di un diritto soggettivo, ovvero un diritto ben definito e riconosciuto dalla legge. (es. un contratto) Il tribunale amministrativo invece tutela gli interessi legittimi, diritti meno forti ma comunque importanti (es. il diritto a partecipare a un concorso).

Il sistema italiano di giustizia amministrativa prima dell'unificazione del 1861 era basato principalmente su organi amministrativi, ovvero funzionari della PA, che giudicavano le controversie interne. Questi organi non avevano una vera indipendenza e non garantivano imparzialità.

Un sistema in cui la PA si giudica da sola, senza l'intervento di un giudice indipendente. Questo sistema era in vigore in Piemonte prima dell'unificazione e venne criticato perché non garantiva l'imparzialità.

La legge 2248/1865, nota come legge abolitiva del contenzioso amministrativo, ha eliminato il sistema di autodichia, introducendo il principio del giudice terzo e indipendente per le controversie tra cittadini e PA.

L'abolizione del sistema di autodichia e l'introduzione del giudice terzo e indipendente sono state fondamentali per garantire l'imparzialità nella giustizia amministrativa e l'uguaglianza tra cittadini e PA.

Il criterio utilizzato per determinare quale giudice ha giurisdizione in una controversia basandosi sulla domanda formulata.

Il criterio utilizzato per determinare quale giudice ha giurisdizione in una controversia basandosi sulla situazione giuridica soggettiva lesa, ad esempio un diritto soggettivo o un interesse legittimo.

La teoria giuridica che sosteneva che la giurisdizione dovesse essere determinata in base al petitum, la domanda contenuta nel ricorso.

La teoria giuridica che sosteneva che la giurisdizione dovesse essere determinata in base alla causa petendi, la situazione giuridica soggettiva lesa.

Il periodo in cui la Cassazione ha mutato il proprio orientamento, passando dalla teoria della causa petendi a quella del petitum.

Il presidente della Corte di Cassazione che ha influenzato il mutamento di orientamento nel 1916.

Il presidente della Corte di Cassazione che ha contribuito al concordato giurisprudenziale del 1930.

Il presidente del Consiglio di Stato che ha contribuito al concordato giurisprudenziale del 1930.

L'accordo storico tra la Corte di Cassazione e il Consiglio di Stato nel 1930, volto a risolvere il conflitto sulla regola di riparto della giurisdizione.

La regola di riparto della giurisdizione adottata dal concordato giuridprudenziale del 1930, che si basa sul tipo di domanda, il petitum, ma tiene conto anche della situazione giuridica soggettiva lesa.

La legge che ha influenzato il mutamento di orientamento verso la causa petendi come regola di riparto della giurisdizione, prevedendo la competenza esclusiva del giudice amministrativo in alcune materie, indipendentemente dalla natura giuridica del diritto o interesse.

La teoria secondo cui, a fronte di un provvedimento amministrativo illegittimo, il diritto soggettivo si estingue, portando alla prevalenza della causa petendi come criterio di riparto, in quanto l'oggetto del contendere non è più il diritto ma l'annullamento dell'atto.

La sezione del Consiglio di Stato istituita nel 1907, la quale seguiva il criterio del petitum per la determinazione della giurisdizione.

La sezione del Consiglio di Stato istituita nel 1889, la quale seguiva il criterio della causa petendi per la determinazione della giurisdizione.

La legge 2248/1865 aboliva i vecchi tribunali amministrativi e affidava tutti i contenziosi al giudice ordinario o all'autorità amministrativa, introducendo così la giurisdizione unica dell'autorità giudiziaria ordinaria.

Secondo l'art. 2 della legge 2248/1865, tutte le cause per contravvenzioni e quelle che riguardano un diritto civile o politico, anche se la pubblica amministrazione fosse coinvolta, dovevano essere giudicate dal giudice ordinario.

L'art. 4 della legge 2248/1865 affermava che il giudice ordinario, di fronte ad un atto amministrativo che ledere un diritto, doveva limitarsi a giudicare degli effetti dell'atto in relazione all'oggetto del giudizio, senza poter revocare o modificare l'atto amministrativo.

L'art. 5 della legge 2248/1865 stabiliva che il giudice ordinario poteva solo 'disapplicare' gli atti amministrativi illegittimi, cioè non tenerne conto nel giudizio, ma non annullarli.

Secondo l'art. 3 della legge 2248/1865, le controversie non riguardanti i diritti soggettivi, cioè quelle che coinvolgono semplici interessi, non diritti, erano di competenza delle autorità amministrative.

Dopo l'emanazione della legge del 1865, è emerso il problema su chi dovesse giudicare le controversie tra la pubblica amministrazione e i cittadini.

Il Consiglio di Stato, come massimo organo amministrativo italiano, è stato incaricato di risolvere i conflitti di attribuzione tra il giudice ordinario e l'autorità amministrativa tra il 1860 e il 1877.

Il cittadino si rivolgeva al giudice ordinario per tutelare il suo diritto, ma se il prefetto sosteneva che la controversia fosse di competenza dell'autorità amministrativa, o se il giudice stesso lo riteneva, veniva sollevato un conflitto di attribuzione.

Il giudice ordinario, una volta sollevato il conflitto di attribuzione, doveva sospendere il giudizio e rimettere la questione al Consiglio di Stato.

Il Consiglio di Stato, nella risoluzione dei conflitti di attribuzione, tendeva a mantenere la competenza per le controversie tra pubblica amministrazione e cittadini in capo all'autorità amministrativa.

Il Consiglio di Stato ha introdotto una distinzione tra 'atti iure imperii' (esercizio del potere) e 'atti iure gestionis' (attività contrattuale). A fronte degli atti iure imperii non si configuravano diritti soggettivi, che venivano estinti dall'imperatività del provvedimento. Invece, a fronte degli atti iure gestionis, si configuravano diritti soggettivi, e la controversia spettava al giudice ordinario.

La dottrina ha avanzato diverse teorie riguardo alla competenza in materia di contenzioso amministrativo.

La legge 2248/1865, con la sua idea di giurisdizione unica dell'autorità giudiziaria ordinaria, ha segnato un punto di svolta nella giustizia amministrativa italiana, ma ha anche sollevato diversi problemi interpretativi.

Il decreto di esproprio, pur intacca il diritto di proprietà, non è soggetto al giudizio del giudice ordinario. Secondo il Consiglio di Stato (CS), il decreto è un provvedimento iure imperii che estingue il diritto stesso. Le controversie riguardanti il decreto sono quindi competenza dell'autorità amministrativa.

Atti iure gestionis sono atti amministrativi svolti dalla PA (Pubblica Amministrazione) come un soggetto privato. Questi includono attività contrattuali, interpretazione di contratti e il loro contenuto.

Gli atti iure imperii sono atti amministrativi che la PA svolge in virtù del suo potere pubblico. Questi atti determinano l'estinzione del diritto di proprietà.

Criticità del sistema giurisdizionale pre-1889: i diritti incisi dal potere pubblico non hanno tutela giurisdizionale.

Secondo il CS, la giurisdizione deve esser decisa dall'organo che si autodefinisce come competente. Questo pone un rischio di conflitto d'interessi.

La legge 3761/1877 attribuisce alla Corte di Cassazione la competenza per risolvere i conflitti di attribuzione tra giudici.

Il giudice ordinario può controllare la competenza dell'autorità amministrativa e il procedimento seguito per l'emissione di un atto, ma non può sindacare l'esercizio del potere discrezionale.

Il giudice ordinario non può sindacare l'esercizio del potere discrezionale della PA, come ad esempio la valutazione della pubblica utilità di un'opera pubblica.

La legge 2248/1865 introduce la giurisdizione unica del giudice ordinario, seguendo la giurisdizione unitaria applicata in Belgio fino al 1964.

La giurisdizione unica in Italia dura fino al 1889, quando viene istituita la IV Sezione del CS. La IV Sezione diventerà un organo giurisdizionale nel 1907 con la legge 62.

La IV Sezione del CS nasce nel 1889, con la legge 5992. Questa sezione è nata per tutelare gli interessi che non erano coperti dal giudice ordinario e dall'amministrazione.

La IV Sezione del CS ha poteri di annullamento e sospensione di provvedimenti amministrativi, poteri che il giudice ordinario prima non aveva.

Il titolare di un interesse legittimo può richiedere l'annullamento del provvedimento amministrativo e la sospensione della sua efficacia alla IV Sezione del CS.

Nel caso Laurens, la Corte di cassazione stabilisce che la causa petendi, ossia la situazione giuridica soggettiva lesa, è il criterio principale per determinare la giurisdizione.

Scajola sostiene che il petitum, ossia l'oggetto della domanda, è il criterio per determinare la giurisdizione.

Il processo amministrativo deve essere equo e garantire un contraddittorio effettivo tra le parti, anche se spesso in situazioni non paritarie.

La durata del processo deve essere ragionevole in relazione agli interessi in gioco. Non deve essere eccessivamente lungo.

L'effettività della tutela nel processo amministrativo dipende dalla natura del giudizio: se si mira a verificare la legittimità dell'azione amministrativa o a soddisfare l'interesse del cittadino.

Il processo amministrativo deve garantire un giudice terzo e imparziale, indipendente dalla PA.

Il giudice amministrativo deve essere indipendente dalla PA e non può essere influenzato da alcun interesse personale.

Il giudice amministrativo può emettere misure cautelari per tutelare l'interesse del ricorrente durante il processo.

Il giudice amministrativo può emettere misure cautelari ad hoc per soddisfare in modo efficace l'interesse del ricorrente.

Il processo amministrativo deve garantire la realizzazione del giudicato nei confronti della PA.

Garanzia di diritto alla prova per dimostrare le proprie ragioni

Il diritto a ottenere in tempi ragionevoli una pronuncia di merito nel processo amministrativo.

La regola del petitum sostanziale afferma che la giurisdizione (quale giudice è competente) dipende dal tipo di situazione giuridica soggettiva lesa. Se è leso un diritto soggettivo, si rivolge al giudice ordinario; se è leso un interesse legittimo, si rivolge al giudice amministrativo.

Un diritto soggettivo è un diritto forte, ben definito e riconosciuto dalla legge. Se il diritto soggettivo è leso, si può chiedere al giudice ordinario il risarcimento del danno.

Un interesse legittimo è un diritto meno forte, un interesse che hai perché sei legato in qualche modo alla Pubblica Amministrazione. Se l'interesse legittimo è leso, si può chiedere al giudice amministrativo l'annullamento dell'atto amministrativo.

La legge 2248/1865 ha abolito il sistema del 'contenzioso amministrativo', in cui la PA si giudicava da sola. È stato introdotto il principio del giudice terzo e indipendente per le controversie tra cittadini e PA.

L'articolo 24 della Costituzione italiana afferma il diritto di tutti di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.

L'articolo 103 della Costituzione italiana afferma che il Consiglio di Stato (CS) e gli altri organi di giustizia amministrativo conoscono degli interessi legittimi e, in particolari materie stabilite dalla legge, anche dei diritti soggettivi.

L'articolo 113 della Costituzione italiana afferma che è la legge a determinare chi può annullare gli atti della PA.

La Costituzione ha consolidato il sistema dualistico di giustizia amministrativa, confermando la divisione di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo.

Il Consiglio di Stato è un organo di consulenza giuridico-amministrativa e di tutela della giustizia nell'amministrazione.

Dopo la Costituzione, il processo amministrativo è diventato un processo di 'diritto soggettivo' o processuale, sia per i diritti soggettivi che per gli interessi legittimi.

prima della Costituzione, il provvedimento amministrativo estingueva il diritto soggettivo; dopo la Costituzione, questo principio è stato riformato e ora il diritto può persistere anche se il provvedimento è illegittimo.

L'articolo 100 della Costituzione italiana definisce il Consiglio di Stato come organo di consulenza giuridico-amministrativa e organo di giustizia amministrativa.

La 'carenza di potere' è un concetto che si è sviluppato negli anni '40 e '50 per tutelare il diritto soggettivo anche in presenza di un provvedimento amministrativo illegittimo. Si riconosce che l'amministrazione non aveva il potere per emettere l'atto.

I diritti assoluti, detti anche 'duri', sono diritti inviolabili e inderogabili, come la salute e la salubrità ambientale. Questi diritti sono eccezioni alla regola secondo cui un provvedimento amministrativo illegittimo estingue il diritto soggettivo.

Articoli della Costituzione Italiana che stabiliscono la struttura e la funzione della giustizia amministrativa.

Organi giudiziari di primo grado, istituiti con legge 1034/1971, che giudicano controversie tra cittadini e Pubblica Amministrazione in materia di interessi legittimi.

Il Consiglio di Stato è il secondo grado di giudizio per le controversie giurisdizionali in materia amministrativa.

La Corte dei Conti è un organo di controllo sulle finanze pubbliche, con alcune funzioni giurisdizionali.

La norma che vieta l'istituzione di giudici speciali (esclusa la Corte dei Conti e il Consiglio di Stato) nell'ordinamento italiano.

Sentenza della Corte Costituzionale n. 30 del 1967 che dichiarò incostituzionali le Giunte Provinciali Amministrative.

Il processo di ampliamento della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, che porta alla concentrazione di controversie in una unica sede giudiziaria.

La legge 80/1998 che ha ampliato la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, coinvolgendo nuove materie come i servizi pubblici e l'edilizia.

Il principio secondo il quale la lesione di un interesse legittimo può essere risarcita, così come la lesione di un diritto soggettivo.

Sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 500/1999 che ha affermato la risarcibilità dei danni derivanti da lesione di interessi legittimi.

La legge 205/2000 che ha conferito al giudice amministrativo il compito di garantire il risarcimento dei danni per lesione di interessi legittimi.