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Tossicologia Prof.ssa Rosa TOSSICOLOGIA Modulo B - prof.ssa Rosa AA: 2022-2023 IV anno - I semestre Trascrizione delle lezioni a cu...

Tossicologia Prof.ssa Rosa TOSSICOLOGIA Modulo B - prof.ssa Rosa AA: 2022-2023 IV anno - I semestre Trascrizione delle lezioni a cura di Letizia Audisio, Chiara Stratacò e Annalisa Mirabelli 1 di 91 Tossicologia Prof.ssa Rosa - Indice - 1. Studi di tossicità ‣ La regola delle tre R ‣ Le specie usate negli studi ‣ Età ‣ Sesso dell’animale 2. Studi in vivo ‣ Test di mutagenesi ‣ Studi sulla funzionalità riproduttiva 3. Le dipendenze ‣ Introduzione ‣ Classificazione delle sostanze d’abuso ‣ Cocaina e suoi derivati ‣ Amfetamine ‣ Mescalina ‣ Ayahuasca ‣ Efedrina ‣ Ecstasy ‣ Oppiacei: eroina, destrometorfano ‣ Smart drugs: mitraginina e salvidonina ‣ Etanolo ‣ Intossicazione cronica ‣ intossicazione acuta ‣ In gravidanza ‣ Sintomi della dipendenza ‣ Droghe da stupro ‣ Anestetici di tipo dissociativo ‣ Nitriti ‣ Cannabis ‣ Nicotina 4. Avvelenamenti ‣ Sintomatologia ‣ Il concetto della decontaminazione: vomito, catarsi salina e lavanda gastrica ‣ Dialisi ‣ Intossicazione da Ferro ‣ Intossicazione da Tallio ‣ Intossicazione da metanolo ed etilenglicole ‣ Intossicazione da paracetamolo ‣ Bromismo 5. Rischio tossicologico 6. Tossicologia degli alimenti (non all’esame) 2 di 91 Tossicologia Prof.ssa Rosa Lezione del 04 Ottobre 1. STUDI DI TOSSICITA’ Le curve dose-risposta possono essere rappresentate con una gaussiana in cui agli estremi abbiamo una popolazione non responders o responders. Devo trovare il 50%, dove ho la maggior parte dei soggetti responsivi, che rispondono in termini di tossicità. Scelta di dove e come fare l’esperimento, condurre la nostra osservazione. Gli studi di tossicità partono da un presupposto: bisogna identi care la tossicità per tutte le categorie di soggetti esposti. Non siamo tutti uguali sia in termini di umano sia in termine di animali su cui conduciamo l’esperimento. Dobbiamo cercare di identificare la tossicità il più possibile per tutte le categorie di soggetti esposti. La variabilità della risposta può essere su base FATTORI METABOLICI o FATTORI FARMACODINAMICI, e viene influenzata da diversi elementi come: - la specie, - l’età, - il sesso, - lo stile di vita (= come viviamo, come mangiamo), - gli stati siologici, stati patologici (= studi di tossicità riproduttiva, anche con l’esperienza covid-19 si è visto che ci sono i cosiddetti soggetti fragili, esposti a danni a cui il soggetto sano non è esposto), - caratteristiche genetiche, che invece non consideriamo negli studi in quanto molto complesse. Ci sono due tipologie di studi, ognuna con i suoi pro e contro e ognuno in grado di rispondere diversamente a domande su come il singolo fattore può influenzare la risposta tossica: - Studi SPERIMENTALI - Studi EPIDEMIOLOGICI = a livello informativo sono gli studi ideali e sono condotti sull’uomo, infatti questi permettono ad esempio di valutare la reale esposizione al tossico e misurare l’effetto sulla vera e propria specie bersaglio che noi consideriamo. Tuttavia NON sono solo riguardanti l’uomo, si fanno su qualsiasi animale. È al di fuori di qualsiasi laboratorio e mi consente di avere una visione completa di quello che avviene. Qual è il CONTRO? Perché non riusciamo a fare solo studi epidemiologici? Innanzitutto l’esposizione non è controllata (es. siamo esposti all’ambiente in cui ci sono “n” tossici a cui siamo esposti, non ne possiamo sapere la precisa concentrazione; diventa difficile creare un rapporto causa-effetto tra la sostanza e l’evento, anche perché l’uomo è esposto al tossico per più vie. Anche anche se si possono fare su campioni ristretti, come negli studi di tossicologia ambientale con gli inquinanti). Vista l’alta variabilità individuale devono essere condotti su numeri estremamente alti che siano rappresentativi di tutta la popolazione! Questo implica costi elevati e tempi lunghi. Gli effetti saranno sempre valutati a posteriori, una volta avvenuta l’esposizione e questo può avere anche delle ricadute etiche. 3 di 91 fi fi Tossicologia Prof.ssa Rosa Se voglio studiare un farmaco come faccio? Non posso esporre tutta la popolazione, è poco etico. Devo predire prima quale potrebbe essere un effetto tossico e poi studiarlo in un secondo momento a livello epidemiologico. Se alla fine degli studi la sostanza risulta non tossica, la somministro alla popolazione e l’esposizione a una variabilità così elevata può far venire fuori tossicità prima non osservate: rischio che si deve correre necessariamente. Come si procede quando si vuole immettere in commercio una sostanza da somministrare all’uomo? Prima effettuo degli studi sperimentali, creando un’esposizione controllata: sono io sperimentatore che decido per che via e per quanto tempo, questo mi permette di stabilire delle regole. Questi parametri li posso variare: posso modificare l’esposizione, la dose e posso così de nire i meccanismi di azione del tossico e fare delle previsioni. Queste saranno legate al fatto che si avrà bisogno dell’eventuale studio epidemiologico, perché andremmo a cambiare la specie, e abbiamo incertezza sull’effetto nell’uomo che permane. Questo perchè le condizioni che decidiamo noi sono irrealistiche: ciò che posso fare è cercare di creare una serie di blindature al mio studio sperimentale per poter applicare quello che si chiama principio precauzionale L’assenza di un evidenza (evento) non è evidenza di assenza: se l’evento non riesco a misurarlo, non lo posso mai escludere a priori perchè magari è la mia condizione sperimentale che non mi ha permesso di vederlo. Abbiamo la certezza solo se vediamo effettivamente l’evento. Ed è il principio su cui si basa l’esclusione di farmaci sulle donne in gravidanza: non possiamo testarli perché la donna è in gravidanza, e non abbiamo prove che non abbiano un effetto tossico. La sperimentazione animale ha cambiato radicalmente il suo volto tramite il caso del Kevadon, un farmaco a base di TALIDOMIDE, (lo riprenderemo nella farmacovigilanza). E’ stato messo sul mercato verso la fine delgi anni’50 come antiemetico usato sulle donne in gravidanza. Tuttavia furono registrati molti casi di focomelia, cioè una grave malformazione agli arti inferiori, quindi emerse che il farmaco era teratogeno. Tuttavia, era stato studiato sui ratti e topi, dove non era stato evidenziato questo effetto, si scoprì dopo che questi animali erano poco sensibili. Tuttavia era stato evidenziato come effetto su coniglio e primati. Da questo momento in poi glistudi di teratogenicità sono richiesti obbligatoriamente su due specie: un roditore (solitamente il ratto) e un non roditore (di solito il coniglio, ma spesso primate). Questo evento ha permesso di scoprire questa grossa differenza inter-specie e di inventare una legislazione completamente nuova. 4 di 91 fi ➡︎ Tossicologia Prof.ssa Rosa Lo scopo degli studi è definire una serie di nuovi parametri: - Minima dose che dà effetti tossici, che è la LOAEL (“Lowest Observed Adverse Effect Level”) - Massima dose che non induce alcun effetto (diretto o indiretto) che è la NOAEL (“No Observed Adverse Effect Level”) - Definire la relazione tra dose terapeutica e dose tossica - Individuare il vero bersaglio di tossicità: quale struttura cellulare, organo o sistema è soggetto a tossicità - Definire le caratteristiche dell’effetto tossico: ruolo dei metaboliti, reversibilità dell’effetto, sono parametri fondamentali per poi sapere come applicare il farmaco - Stabilire la reversibilità o meno degli effetti tossici osservati Nel caso della talidomide il farmaco è tornato in commercio per un particolare tipo di mieloma. Se parliamo poi dei farmaci nello specifico, dobbiamo definire l’indice terapeutico per stabilire i margini di sicurezza e la dose tossica. In questi studi faremo riferimento al mondo dei farmaci, infatti è presente una procedura ferrea e stringata del profilo tossicologico. Ci sono anche norme sugli additivi alimentari, pesticidi che prevedono un protocollo di studio simile. In particolare con la gazzetta uffuciale n.254 del 2004 il ministero della salute decreta nell’articolo1 che “le info e i documenti relativi ai risultati delle prove effettuate su medicinali ad uso umano, presentati a correto delle domande di autorizzazione all’immissione in commercio DEVONO conformarsi alle norme e protocolli analitici, tossico-farmacologici e clinici riportati nell'allegato I del presente decreto”. L’allegato I è formato da cinque moduli che contengono le norme e protocolli analitici, tossico-farmacologici e clinici in materia di prove effettuate sui medicinali, in particolare il modulo 4 comprende le relazioni non cliniche. Ci soffermiamo su questo perché è la base su cui fare gli studi clinici, e avere poi le relazioni cliniche. Questo è un modulo standard ed internazionale, c’è sempre lo stesso dettaglio di informazioni. Le relazioni non cliniche prevedono una serie di studi di tossicità. - Tossicità in vitro - Tossicità in vivo - Studi di geno-tossicità e cancerogenesi - Studi in acuto e cronici - Studi su sviluppo embrionale e fetale - Tutto ciò che fornisce ulteriori informazioni: ruolo su sistema immunitario, studi sulla dipendenza e abuso, studi sui meccanismi. 5 di 91 Tossicologia Prof.ssa Rosa STUDI SPERIMENTALI Gli studi sperimentali sono divisi in due classi: - In vitro - In vivo Con entrambi gli approcci devo dare risposte ai singoli punti illustrati nel disegno: citotossicità, neurotossicità, tossicità riprodurriva e tossicità dello sviluppo, stress-ossidativo, tossicità cutanea, tossicità immunitaria, tossicità oculare, carcinognicità e genotossicità. A seconda dell’approccio che uso avrò dati più informativi con l’approccio in vitro oppure in vivo. Ed è per questo che ad oggi ancora non si può fare a meno della sperimentazione in vivo. Ovviamente bisogna renderla eticamente accettabile. La citotossicità in vitro si studia benissimo, ma nel momento in cui devo sperimentare la tossicità sul rene, in vitro la situazione si complica. L’alternativa è passare direttamente all’uomo, ma eticamente è ancora meno accettabile: bisogna quindi scendere a compromessi. Per cercare di blindare eticamente il problema legato alla sperimentazione è stato emanato nel 1992, e con le leggi recenti è sempre più stringente la sua applicazione, il principio delle 3 R: replacement, reduction, refinement. REPLACEMENT Bisogna cercare di rimpiazzare l’animale con studi che non prevedano l’animale (quindi in vitro con culture cellulari). Si sta cercando di sviluppare degli organoidi o dei veri e propri organi, che non siano estratti dall’animale. Quello che si sa è che sono stati messi a punto dei sistemi che non utilizzano l’animale e che sono validati, ad esempio per l’assorbimento cutaneo, oggi non si prende più l’animale e si somministra a livello cutaneo per vedere se c’è assorbimento e studiarne la cinetica ma si usano pelli sintetiche o la pelle di maiale dopo macellazione. Oppure viene prelevato l’occhio dell’animale dopo macellazione, per studiarne i componenti oculari. Questo è il ciclo che stiamo cercando di fare per la sostituzione: 1. all’inizio si va ad identi care le strutture funzionali che posso trarre o da altre fonti (es. pelle di maiale) oppure che posso ricostruire in qualche modo, con degli scaffold, scheletri sintetici su cui coltivo più tipologie cellulari (es. posso creare un nefrone con cellule disposte esattamente come sarebbero nel rene umano). 2. Dopodichè inizia la fase della validazione di questo sistema: devo ottenere risultati e confrontarli con quelli che ho ottenuto in vivo dove la parte difficile è decidere quale 6 di 91 fi Tossicologia Prof.ssa Rosa parametro misurare. Nel caso del rene: se non ha il resto della circolazione attaccata non può produrre urina, quindi in vitro devo riuscire a replicare esattamente lo stesso modello. Se non lo abbiamo, non sappiamo cosa misurare. 3. Se riesco a validarlo allora inizia un procedimento legislativo che riduce l’uso dell’animale da esperimento per cui abbiamo dei decreti per l’assorbimento cutaneo, viene descritto il metodo e la legge impone che nel dossier le dimostrazioni devono essere presentate esclusivamente con quel metodo quindi faccio sì che non si usi l’animale. 4. Non in tutti i campi e gli ambiti siamo riusciti a dimostrare una vera e propria sovrapponibilità: - se è sovrapponibile, si esclude l’uso dell’animale, - se non lo è allora facciamo prima lo studio in vitro e poi dimostri su un numero ridotto di campioni di animale che quanto osservato in vitro corrisponde a quanto visto in vivo. REDUCTION Secondo questo principio è implicito l’uso dell’animale da esperimento ma utilizzando il minor numero possibile di animali. Ma ci deve dare un dato informativo, quindi dovremmo fare uno studio statistico di potenza dello studio, non ha senso fare uno studio su meno di tre animali. Lo stabiliamo sulla base del disegno sperimentale che deve essere corretto, ad esempio per fare il calcolo di quanti animali ci servono per studiare la nefropatia diabetica, avremmo bisogno di 17 animali totali (= devo tenere conto di quanti animali potrebbero morire ecc. e dunque fare una stima del numero di animali minimo da usare). Con troppi pochi animali non si riesce a fare analisi statistica di significatività. Se ne uso troppo pochi quegli animali sono sprecati perchè il dato è inutile. REFINEMENT Non devo in iggere all’animale nessun dolore non necessario. Da un punto di vista etico mi occupo anche del benessere dell’animale durante la sperimentazione. E’ vitata la vivisezione e le pratiche senza anestesia. Ci sono delle eccezioni quando il dato può essere inficiato dall’anestetico somministrato. Una delle complicanze del diabete è una neuropatia, quindi dolore. Devo garantire e mettermi nella condizione di procedere a delle procedure dolorose solo se è strettamente necessario 1. SCELTA DELLA SPECIE Nel concetto di riduzione entra anche il concetto di selezione della specie (es. per studio di talidomide scelgo solo ratto e topo questi animali sono sprecati). La sperimentazione impone che siano presenti almeno due specie animali, di cui una è il coniglio. Quelle più usate sono ratto, topo, cane e coniglio ed eventualmente un’altra specie tipo il primate. La SELEZIONE delle specie ha diversi aspetti da considerare: uno è l’aspetto di velocità di riproduzione, l’altro è la similitudine rispetto all’uomo. VELOCITA’ DI RIPRODUZIONE - Il primato è il più corrispondente con l’uomo ma la velocità di riproduzione è troppo lenta e sono a rischio estinzione, quindi non si possono usare! O meglio sono stati utilizzati in studi abbastanza vecchi, in certe occasioni, ma al massimo 1 per studio. Il primato sebbene sia il più rispondente, è da escludere. - Il topo e il ratto sono estremamente fertili, non ho problema di approvvigionamento ma non sono così uguali all’uomo quindi devo confrontarli con il coniglio, sempre con alto tasso di riproduzione. Il topo posso modificarlo geneticamente in maniera facile. 7 di 91 fl Tossicologia Prof.ssa Rosa - Il cane invece è molto costoso e comporta molti problemi etici, considerato animale di affezione. Inoltre non ha similitudine significativa con l’uomo. È stato fondamentalmente escluso quindi anche l’uso del cane. L’ultimo studio fatto con i cani è relativo alla scoperta dell’insulina. Cosa scelgo quindi? Il coniglio è imposto per legge; tra ratto e topo? I topi sono più piccoli, il ratto è più stabile e dà informazioni di base più solide del topo. Viene scelto il topo per le piccole dimensioni, ed è più facile da modificare. Ma li possiamo considerare abbastanza sovrapponibili. Hanno durata di vita comparabile sui 3 anni, ma il ratto vive più a lungo del topo, che ha tasso di mortalità più elevato. DIFFERENZE RISPETTO ALL’UOMO: Devo considerare poi le differenze rispetto all’uomo: una grossa differenza è la super cie corporea; quando estrapolo i dati dall’animale all’uomo o viceversa devo tenere conto del peso e anche della superficie corporea che è diversa. Cambia il fabbisogno vitaminico o il peso degli organi, tutti elementi da considerare quando mi approccio al disegno sperimentale. Se voglio parlare di tossicità nello specifico devo considerare che le specie hanno trofismi diversi nello sviluppare una tossicità tissutale. Il coniglio è debole di cuore, spesso muoiono per problemi cardiovascolari: è sensibile quindi per testare tossicità cardiaca il coniglio è una specie ottimale. ➡La retina poi è sempre un grosso problema perchè l’occhio umano è molto particolare, la specie con più rispondenza con l’uomo è il falco. Molti animali non spostano gli occhi per il campo visivo ma girano la testa. Per gli studi oculari si usa il coniglio e il cane. 8 di 91 fi Tossicologia Prof.ssa Rosa Tabella serve per capire che a seconda della tossicità del tessuto che ipotizzo essere il target devo direzionarmi verso un animale o l’altro. Se ho già un’idea della tossicità allora mi dirigo verso una specifica specie animale. Devo valutare anche la dose letale 50: esempio tetracloruro di carbonio, promuove la perossidazione lipidica, danneggiando le membrane cellulari. La sua tossicità non è tal quale ma in seguito a trasformazione metabolica epatica che porta alla formazione di un lipoperossido, un radicale libero che causa tossicità principalmente a livello epatico dove ha sede il suo metabolismo e tossicità renale. Ad esempio la dose letale 50 per il topo è enorme rispetto all’uomo, quindi quegli studi ci potrebbero indurre a ipotizzare una certa sicurezza per l’uomo perché si passa ad una tossicità di 43 mg Kg/os. L’aminopirina ha già valori simili, e questo indica che quando otteniamo un dato sulla specie animale, in virtù dell’esistenza di queste differenze, dovremmo trasferire il dato all’uomo riducendo i valori ammissibili. Significa che quando ottengo un dato sulla specie animale, in virtù della differenza che c’è devo trasferire il dato all’uomo riducendo i valori ammissibili. Per applicarla all’uomo la divido per un fattore 1000 in maniera tale che rientro ragionevolmente in un intervallo di sicurezza. Bisogna considerare che la dose più alta deve causare tossicità ma non deve essere letale, e questa è definita come MTD (Maximum tolerated dose), oltre che la via di somministrazione che solitamente è quella orale. 2. ETA’: Altra grossa differenza dopo la specie è l’età: selezionata la specie devo capire l’età, la quale in uenza la risposta al tossico! I farmaci non sono studiati in pediatria per motivi etici, si traslano gli studi degli adulti sui bambini. L’anziano anche non è sempre incluso negli studi, ha caratteristiche fisiologiche diverse in cui le funzionalità renali e metaboliche diminuiscono e i dati vengono un po’ estrapolati. Se l’età influenza io devo conoscere lo sviluppo dell’animale e qual è il momento in cui l’animale arriva a piena maturità. - Esempio del metabolismo epatico nel ratto (grafico) prelevati a età diverse dell’animale: la capacità metabolica aumenta nel tempo raggiunge piena maturità e poi inizia a scendere. Se voglio studiare effetto sostanza tossica in piena attività metabolica, devo usare animali di 30 gg. Se li uso prima o avrò effetti più marcati perchè la sostanza non è metabolizzata oppure più mitigati perchè il metabolismo, che porta alla formazione del metabolita tossico, essendo mitigato l’effetto tossico è minore. - Tendenzialmente vale il proverbio che da anziani si ritorna bambini: ciò che cambia molto è la capacità di assorbimento intestinale. Fino ai 3 anni si ha pH dello stomaco diverso (più basico), cambia quindi l’assorbimento delle sostanze. Questa differenza è legata anche all’intestino, cambiano completamente i batteri della flora intestinale, per questo ci sono diversi 9 di 91 fl Tossicologia Prof.ssa Rosa tipi di fermenti lattici, perchè la composizione dei batteri fisiologica è differente (rapporto tra clostridio batteri e bifido batteri). Nell’adulto abbiamo più bifido-batteri. Nell’anziano la flora intestinale torna a essere simile a quella del bambino. - Anche la dieta influenza moltissimo la composizione della flora intestinale perchè cambiano le necessità digestive (che fa svezzamento). - Altra cosa che cambia è la velocità di ltrazione glomerulare, nei neonati è il 20% in meno rispetto a quella degli adulti. 3. SCELTA del SESSO dell’ANIMALE Scelto l’animale e l’età bisogna scegliere il sesso: la legge dice di usare entrambi i sessi perchè esistono delle differenze di sesso (concetto che si è sviluppato agli inizi degli anni 2000). - Abbiamo un elemento fisiologico, cioè il sesso, geneticamente e ormonalmente definito; gli ormoni influenzano uno stato fisiopatologico, le donne sono più protette da sviluppare nefropatia diabetica in età pre-menopausale. In menopausa cambiano gli ormoni e c’è un aumento dei fattori vascolari. - C’è poi differenza di genere, legata all’ambiente culturale, alle abitudini, per cui le donne sono più esposte ad alcuni tossici rispetto all’uomo per cui devo cambiare i livelli di interazione per esempio. Quando la donna era culturalmente meno elevata aveva conoscenza inferiore di determinati rischi e questo comportava maggiore esposizione. In termini tossicologici, si impone dalla legge l’uso dei due sessi; mentre in farmacologia siamo più indietro, ad esempio per l’ictus si tende ad usare il maschio, perchè la donna è meno esposta. Esempio1: L’uomo ha maggior numero di enzimi alcol deidrogenasi e riesce a parità a consumare maggior quantitativo di alcol, capacità metabolica geneticamente basata sul sesso. Esempio2: Tossicità da: brucina e stricnica, che sono due tossine. Possono essere trovate in tracce nei mercati clandestini di droghe, come contaminazioni, responsabili di morti improvvise. La loro azione è quella di antagonizzare la glicina, bloccando i neuroni inibitori e il risultato è una convulsione del soggetto con contrattura tonica dei muscoli (contrattura simile al tetano che si contrappone alla paralisi flaccida del botulino). La particolarità è che il soggetto è cosciente e si ha senso di morte imminente, con stato paranoide e maniacale e profonda angoscia, e il soggeto risulta estremamente nervoso. Se ci fosse un avvelenamento cronico avremmo irritabilità crescente, e che normalmente aumenta al mattino dopo i pasti o con il freddo mentre alla sera e con il caldo abbiamo remissione parziale. Gli effetti sono dose-dipendente. Queste piante sono più tossiche nella femmina che nell’uomo, e la differenza è su base metabolica, infatti si hanno metaboliti inattivi e nell’uomo questo metabolismo è più veloce, e li smaltisce, mente la donna ha più tempo per avere accumulo. 10 di 91 fi Tossicologia Prof.ssa Rosa Studi sperimentali nel dettaglio: IN VITRO In vitro il principale parametro che posso valutare è la CITOTOSSICITA’, cioè quale è la dose che induce morte in cellule isolate in coltura. Non è sufficiente dire quante ne sono morte ma anche che tipologia di morte discriminando tra necrosi e apoptosi: l’apoptosi è un meccanismo fisiologico ed è più facile revertire il danno, la necrosi è un evento tendenzialmente irreversibile. Per prima cosa vado a vedere il numero di cellule vive e morte. A dosi diverse così faccio curva dose-risposta. Si prendono le cellule e si somministra la sostanza tossica, e si prendoo quelle senza sostanza. Poi valutiamo mediante una serie di saggi colorimetrici poiché ci sono coloranti che entrano solo nelle cellule vitali quindi al microscopio vedo quante sono ancora vive. TEST DI VITALITA’: è un test colorimetrico che permette di stimare il numero di cellule vive presenti in coltura, e valutare l'effetto del trattamento di un contaminante sulla vitalità della popolazione cellulare. Il test è basato sulle capacità del composto MTT che è il sale di tetrazolio, di entrare nelle cellule quando sono vive e venire metabolizzato da un enzima mitocondriale, che è la succinato DH. Il metabolita prodotto è il formazano, di colore violetto-blu che forma cristalli, insolubili in acqua. Le cellule vitali a differenza delle cellule non vitali, riducono MTT e l’ammontare del formazano è proporzionale al numero di cellule presenti. I cristalli formati sono solubilizzati in solvente organico, perchè ciò che si forma è insolubile in acqua e possiamo leggere una misura di assorbanza: più è intenso il colore viola più le cellule sono vive. Lo legge una macchina quindi posso processare tanti punti in contemporanea, per evitare di contare cellula per cellula infatti sono presenti dalle 5.000 cellule in sù. Questo permette di definire la dose letale 50, ad esempio possiamo disegnare una curva dose-risposta. Stabilito quante cellule sono morte, devo valutare attraverso quale meccanismo sono morte: apoptosi o necrosi. Per studiare i meccanismi devo conoscere i marker di morte cellulare associati al singolo processo. Ad esempio l’attivazione delle caspasi è un processo legato a fenomeni apoptotici mentre la condensazione della cromatina si verifica durante un processo necrotico. Sceglierò un metodo idoneo a capire qual è l’evento che si è scatenato. VALUTAZIONE dell’APOPTOSI: Nell’APOPTOSI cambia il rapporto tra citosol e nucleo, c’è migrazione degli organuli cellulari verso la parete citoplasmatica e una variazione nella struttura mitocondriale. L’apoptosi è un processo fisiologico che serve come meccanismo difensivo nell’organismo ma diventa marker di tossicità o quando si ha difetto di apoptosi per cui la cellula sopravvive nonostante gli eventi che dovrebbero portarla a morte e si trasforma in cellula neoplastica, oppure per malattie autoimmuni o per infezioni virali, oppure potremmo avere un eccesso di apoptosi che ci porta a un deficit della risposta immunitaria (es: sindrome dell’immunodeficienza umana, malattie degenerative, sindromi mielodisplastiche o ischemia). Valuto se c’è stata apoptosi sia se ho aumento che una diminuzione in seguito all’esposizione al mio tossico, ma anche se abbiamo diminuzione. 11 di 91 Tossicologia Prof.ssa Rosa Ci sono vari metodi, tra cui uno è quello di guardare al microscopio ma devo essere un istologo e avere capacità fini di istologia. METODO DI TUNEL: Si basa sul fatto che durante un evento apoptotico si verifica rottura del DNA, si creano frammenti più corti di DNA. Se riesco ad evidenziarli possiamo capire se la cellula è andata incontro ad apoptosi. Posso usare sonde uorescenti in grado di legarsi all’estremità 3’ libera del DNA. Dopodiché vado a leggere la uorescenza: più è elevata più sono elevati i siti OH liberi presenti, che è un indice di DNA frammentato. Esistono altri metodi più pratici, Tunel permette quanti cazione numerica molto precisa mediante curva dose-rispsota. METODO DELLA FRAMMENTAZIONE DEL DNA: E’ molto più semplice e si osserva su gel di agarosio: faccio correre il DNA sulla base di una differenza di potenziale. Se il DNA è ben conservato e integro avrò solo una banda chiara de nita. Altrimenti avrò l’effetto di una lunga strisciata lungo tutta la corsa, e le bande non sono distinguibili perchè tutto quanto è frammentato, quindi le cellule sono andate incontro ad evento apoptotico. La quantità di frammentazione la posso valutare in termini di quantità di bande che rileviamo quindi possiamo costruire una curva dose risposta sulla base delle dosi. Anche sulle cellule c’è un discorso di eticità: se uso materiale umano allora segue una legislazione e bisogna giustificare il materiale che usiamo. Ad esempio se vogliamo lavorare sui linfociti possiamo estrarli dal sangue umano, ma questi sono umani quidi c’è una legislazione e l’uso di un campione di volontario. Questo materiale non si può sprecare perché materiale umano, quindi bisogna essere consapevole dei limiti e vantaggi della tecnica. COMET ASSAY: E’ detto “saggio della cometa” ed è fatto su cellule in coltura in piastra o cellule estratte fresche dall’animale. Se nel test di agarosio della frammentazione dovevo lisare le cellule e usare solo l’estratto degli acidi nucleici, qua uso la cellula tal quale. Le metto su agarosio e espongo la cellula a corsa elettroforetica: se c’è stato danneggiamento del DNA la cellula non correrà tonda mantenendo la sua forma ma assumerà la forma di una cometa, striscerà. Usando marker uorescente la cometa la vedo e sono in grado di dire se c’è stata o meno frammentazione del DNA. Questi tre test (sottolineati) mi danno idea dello stato del DNA, e di valutare l’apoptosi. Valutazione della NECROSI: Il concetto di necrosi è più complesso: la posso contare al microscopio o si può usare il propidio ioduro per marcare il citoplasma di una cellula che va incontro a necrosi e osservare sempre attraverso una sonda fluorescente condensazione della cromatica con dapi (sonda che evidenzia condensazione cromatina) e vado a osservare il rapporto che c’è tra questi due coloranti. In genere si valuta l’apoptosi, se viene esclusa allora si testa per la necrosi 12 di 91 fl fl fi fi fl Tossicologia Prof.ssa Rosa Lezione del 10 ottobre TEST di MUTAGENESI I test di mutagenesi sono effettuati in vitro nelle prime fasi dello studio della molecola. Sono rapidi e relativamente poco costosi. I criteri per la selezione delle sostanze da esaminare sono: - sostanze chimicamente, farmacologicamente e biochimicamente riconducibili a mutageni conosciuti o sospetti. - sostanze che provocano alcuni effetti tossici sugli animali come depressione del midollo osseo, inibizione della spermatogenesi o della oogenesi, inibizione mitotica, teratogenicità, induzione di sterilità o semisterilità nel corso di studi riproduttivi ed inibizione della risposta immunitaria - sostanze cui l'uomo viene esposto per lunghi periodi di tempi - sostanze cui è esposto un largo strato della popolazione Quindi devo valutare la capacità della sostanza di poter indurre un effetto mutageno: avremo studi in vitro di tipo acuto e che comunque non escludono la possibilità di una mutagenesi cronica e quindi il lungo periodo di esposizione a cui può essere sopposto l'uomo. Dobbiamo partire dal concetto che il danno può avvenire a due livelli: - il primo è una mutazione in senso stretto, quindi DANNO DIRETTO al DNA studiato tramite il TEST DI AMES - oppure tramite INTERAZIONE con l’APPARATO MITOTICO per cui si utilizza il TEST DEI MICRONUCLEI TEST DI AMES: E’ definito spesso come il test della mutazione inversa, infatti si ingegnerizza un batterio di partenza così da necessitare della presenza di istidina nel terreno di coltura per crescere. Se il batterio viene alterato (cioè muta) da una sostanza esogena, è in grado di crescere anche senza istidina, in quanto riacquista la capacità di sintetizzare questo amminoacido. Il test quindi consiste nel contare il numero di colonie in presenza di una certa sostanza. Infatti un aumento di colonie in assenza di hys rispetto al controllo indica che il batterio ha subito mutazione inversa e quindi la sostanza è mutagena. Invece se ho un risultato negativo non posso ancora escludere mutagenesi perché potrei avere una sostanza che deve essere attivata dal metabolismo. Allora posso procedere con un test di Ames modi cato dove il sistema viene modificato aggiungendo la frazione S9 che è formata da microsomi de fegato, che contengono gli enzimi metabolici solitamente di ratto. Quindi prendo un coniglio, inietto fenobarbital (induttore enzimatico) e dopo 4 giorni si sacrifica l'animale e si prepara l'estratto della frazione microsomiale epatica in grado di metabolizzare il mio composto chimico. Poi preparo il ceppo batterico contenente istidina (salmonella) e il composto chimico da analizzare e li metto tutti insieme. La sostanza in questione se mutagena viene attivata metabolicamente e quindi induce mutazioni nel genoma batterico, poi i batteri sono evidenziati seminandoli in terreno privo di istidina. Se non ho una risposta posso applicare altri test di mutagenesi e dovrò considerare il fattore tempo e quindi la cronicità dell'esposizione. Posso procedere con test su mammifero o lieviti. Questo test può essere fatto sui batteri (meno di cinque giorni per eseguirlo), sui lieviti (meno di 10 giorni) o sulle cellule di mammifero come linfociti umani (meno di 30 giorni). 13 di 91 fi Tossicologia Prof.ssa Rosa TEST DELLA TRASFORMAZIONE Questo test in vitro misura l’acquisizione di caratteristiche maligne in cellule di mammifero esposte a sostanze chimiche, e permettono di rilevare l’attività trasformante sia di cancerogeni genotossici che non genotossici. Utilizzo culture di fibrobasti di topo e valuto se crescono focus trasformati, cioè al microscopio osserveremmo delle zone dove c'è ipercellularità; le cellule crescono una sull'altra senza nessun tipo di inibizione da contatto. Per capire meglio si effettua una colorazione. Posso effettuare un trattamento cronico con osservazione fino a 4 settimane e un analisi concentrazione-risposta perché il numero di foci che si presenta è proporzionale alla concentrazione. TEST DI CRESCITA IN SOFT AGAR: Questo test indaga le capacità delle cellule di formare colonie in assenza di adesione al substrato, infatti la crescita in terreno semi-solido è usata come indice di trasformazione neoplastica connessa con la tumorigenicità. Il soft agar è un mezzo semisolido in cui le cellule non restano alla super cie, ma entrano nell'agar e qui possono formare delle colonie (pensiamole come tante sfere di cellule all'interno del soft agar). Le cellule sono seinate in piastra contenenti agar allo 0,3% e dopo incubazione a 37°C per 15 giorni viene valutato il numero di colonieper piastra al fine di caratterizzare la capacità di crescita ancoraggio-dipendente e la sua eventuale modulzione da parte delle diverse classi di composti chimici. Qindi posso contare il numero di colonie che si formano in seguito all'esposizione alla mia sostanza tossica. TEST DI INVASIONE: L’invasione della membrana basale è una tappa critica del processo di metastasi, per cui l’uso di una membrana ricostruita in vitro (matrigel) applicata sopra filtri porosi impiegati nel test id chemiotassi, permette una valutazione rapida e quantitativa del poteniziale invasivo delle cellule tumorali. In pratica, faccio crescere le cellule sopra un filtro poroso e vado a vedere quante cellule dal compartimento apicale passano a quello baso-laterale. Il punto di vista è il passaggio dalla circolazione sanguigna al tessuto che devono invadere, e questo processo richiede di superare una membrana più spessa, per cui è usato il matrigel. L’invasività è correlata al potenziale metastatico in vitro in molti sistemi cellulari, e questo test è considerato utile per lo studio di questi meccanismi e per trovare agenti non invasivi. TEST DI MIGRAZIONE: In questo caso valutiamo sempre la capacità di metastatizzare, ma con la migrazione valuto quante cellule si staccano dalla formazione primaria e sono in grado di arrivare in circolazione sanguigna. Questi test, insieme al test di Ames, mi permettono di definire il potenziale cancerogeno di una sostanza. Le posso anche sfruttare all'opposto per valutare farmaci e il loro potenziale terapeutico. Quanto abbiamo detto finora si riferisce a danni DIRETTI del DNA. 14 di 91 fi Tossicologia Prof.ssa Rosa MUTAZIONI CROMOSOMICHE: studi citogenetici Possiamo avere MUTAZIONI CROMOSOMICHE che portano ad una alterazione strutturale (delezione, duplicazione, traslocazione) che riguarderà in primis le divisioni mitotiche e meiotiche delle cellule germinali. Il più utilizzato è lo studio dello stato mitotico delle cellule germinali maschili, gli spermatogoni, mentre quello femminile è raro perché il numero di oociti è fissato dalla nascita e quindi sono numericamente limitati. In questo caso devo capire il potenziale mutageno della sostanza che potrà indurre o la rottura del doppio lamento o alterare l'apparato mitotico. Il risultato sarà l'alterazione nella progenie quindi questo tipo di studi mi permette di predire gli effetti teratogeni. Test del micronucleo: determino se la divisione cellulare porta alla nascita di due cellule con materiale genetico completamente identico o cellule con diversa distribuzione del materiale genetico. Per farlo, dopo aver colorato i nuclei, osservo al microscopio. Nella slide abbiamo due nuclei della stessa dimensione e gli altri sono dei micronuclei che sono disposti intorno ad uno o ad entrambi i nuclei neo formati. Il micronucleo può essere di vari tipi: - può avere ancora un braccio che lo lega al nucleo maggiore e in questo caso la cellula che possiede il micronucleo ha un numero aumentato di cromosomi (amplificazione genica). - In altri casi i micronuclei possono essere completamente separati e quello che rischiamo è la perdita di parte dell'informazione genica. Visto che si ha un nucleo alterato non dobbiamo confonderlo con l'apoptosi dove il nucleo sarebbe frammentato (avremo tanti micronuclei) oppure ad una situazione di necrosi dove rileveremmo anche la condensazione della cromatina. Questo approccio viene effettuato su cellule e possiamo trasportare poi i dati in vivo. Il più semplice è quello effettuato sull DROSOFILA dove la variazione del materiale genetico, ad esempio, fa cambiare il colore del corpo e dell’occhio che sono alterazioni fenotipiche. Nel RODITORE si effettuano, invece, studi di fertilità, tramite traslocazioni ereditarie del topo che quindi portano a ridotta fertilità oppure ad esempio per il numero di aborti spontanei. Studi sperimentali nel dettaglio: IN VIVO Questo ci porta a spostare l'attenzione sugli studi in vivo che sono tanti e di diverso tipo; richiedono tutti come presupposto il principio delle tre R e l'approvazione di un comitato etico. Ad oggi in Italia si paga per avere questa approvazione per non incentivare la sperimentazione sugli animali (non è molto positivo). Quello che che voglio misurare è tutto l'insieme di effetti tossici che si possono presentare quindi gli endpoint possono essere in niti. Tramite gli studi in vivo ho un grande vantaggio cioè posso valutare la tossicità a livello dell'organo. Avrò studi generali che mi permettono di esaltare il ventaglio di effetti tossici che si possono manifestare. altri studi più specifici mi prendono in considerazione un organo o una tipologia di diffusione. Le tipologie di studio sono: 1. Tossicità sistemica 2. Tossicità riproduttiva 3. Tossicità locale 4. Ipersensibilità 5. Studi di Genotossicità 6. Studi di cancerogenicità 15 di 91 fi fi Tossicologia Prof.ssa Rosa Possono essere di tossicità ACUTA, SUB-ACUTA e SUB-CRONICA e CRONICA. La valutazione degli effetti tossiciti viene effettuata esaminando mortalità, comportamento, accrescimento, crisi ematica, prove funzionali a carico di diversi organi in base ai reperti autoptici e agli esami istologici. Ad esempio una tossicità sostanziale è presente quanto ho: perdita di peso più grande del 25%, marcata pilo-erezione, non responsivo agli stimoli e posizione incurvata persistente. Studi tossici minimi e necessari per avere l'approvazione: in primis, una volta approvata la tossico cinetica, abbiamo la tossicità acuta e a breve termine. In quella cronica si valuta: sviluppo, riproduzione e cancerogenesi. TOSSICITA’ ACUTA: - Il primo step è effettuare test acuti, subacuti e cronici e valutare le variazioni sia funzionali e strutturali dei vari organi, - poi valuto la via di somministrazione e la finestra di tempo - sacrifico l'animale per determinare le soglie di tossicità per descrivere le soglie dose-risposta. Il concetto di CRONICO implica invece la ripetizione della somministrazione (abbassando le dosi per comprendere i fenomeni di acuti) mentre in quelle ACUTE saranno da singola esposizione (verosimilmente ad alte dosi). Non posso invertire l'ordine degli studi. 16 di 91 Tossicologia Prof.ssa Rosa Devo prima fare studi di tossicità acuta per valutare la dose minima letale: - il presupposto è fare UNA SOLA somministrazione, ma dovrà avvenire su due specie animali. - Devo almeno due vie di somministrazione: sicuramente la parenterale (perchè voglio assolutamente vedere l'effetto) mentre la seconda è quella prevista per l'uomo (la scelta dipende dallo sperimentatore, dve essere quella è più idonea). - Gli animali saranno adulti e per ogni specie prevedo di usare tutti e due i sessi. - Devo scegliere, per ogni singolo gruppo, un numero che ci permetta di avere dati staticamente signi cativi (minimo 5 per legge). - Do una sola somministrazione, ma quante dosi? Stabilirò una dose: almeno 3 dosi (visto che devo fare una curva dose-risposta). - Si vuole determinare la dose letale 50: se è superiore a 15 g/kg definirò la sostanza NON tossica. - Oggi (per questioni etiche) devo valutare la dose letale 10 ed estrapolare i dati per la dose letale 10. Posso valutare istologicamente i danni ai tessuti e agli organi se l'animale sopravvive (parlo di dose tossica, ma il concetto è sempre lo stesso). Si ha sempre anche un gruppo che non viene trattato. - La prima osservazione si fa a 7 giorni; se dopo 7 giorni non ho raggiunto la dose tale 10 estendo l'osservazione ad un massimo di 14 giorni. Il principio è che dopo 14 giorni è impossibile avere un danno dato dalla sostanza. A questo punto sacri co l'animale e procedo con l'esame autoptico (faccio questo esame anche se l'animale è morto prima). Durante questo periodo osservo segni e sintomi che possono dipendere anche dalla specie che considero: le più semplici sono alterazioni cutanei (alterazione del pelo è indice di alterazione cutanea); posso valutare sintomi respiratori (topolino che respira male tende ad avere la lingua fuori); più difficile da valutare sono gli effetti gastroenterici perché il topo non ha il riflesso del vomito, ma posso raccogliere urine o feci e fare un analisi chimica. In questi studi è determinta la MTD, la dose limite, la tossicocinetica e saturazione di esposizione e la dose pratica. La dose minima dovrebbe essere dimostrare idealmente il NOAEL mentre la dose intermedia è richiesta per dimostrare la relazione dose-risposta. Grazie a questo studi di tossicità acuta stabilisco per la prima volta il NOAEL: fondamentale per estrapolare i dati dall'animale all'uomo. Poi questo valore viene convertito nella dose equivalente sull’uomo detta HED, usando un fattore di conversione chetiene conto delle differenze in superficie corporea cioè sulla normalizzazione della dose/superficie corporea (bsa). Questo mi permette di creare un primo margine di sicurezza di dose che NON sarà verosimilmente tossica nell'uomo. AD esempio: nel ratto si divide per 6,2. Per fare questa conversione si usano tabelle di conversione basate sull'area di superficie corporea. Per decidere quale di questi valore scegliere sono necessarie alcune considerazioni: se vi sono ragioni per favorire i risultati di una determinata specie, si sceglie questa, altrimenti si usa il valore di HED pià basso, ovvero quello derivato dalla specie più sensibili in un certo studio. Quindi si usa un fattore di sicurezza di solito 10, e si divide il valore scelto di HED. Il valore risultante è la dose di farmaco che verrà testata sui volontari sani nella sperimentazione clinica di fase 1. ➡ Parto dal NOEL, lo divido per area di superficie corporea. Poi calcolo la variabilità che esiste tra la specie e tra soggetti diversi nella stessa specie: dividendo il valore di NOAEL estrapolato per un fattore 10 che considera l’interspecie, poi per un altro fattore 10 che considera l'intraspecie e infine posso ulteriormente dividerlo per un terzo fattore 10 se voglio un limite di sicurezza per popolazioni speciali (bambini e grandi anziani). Questo principio lo applico a tutto ciò che l'uomo è esposto cronicamente. 17 di 91 fi fi Tossicologia Prof.ssa Rosa Segni di tossicità acuta: aumentata attività motoria o diminuita, tremori, atassia, catatonia, sedazione, piloerezione… TOSSICITA’ SUB-ACUTA e SUB-CRONICA: In questi studi, aumento il numero di somministrazioni e aumentare il tempo di osservazione. - La SUBACUTA va dai 7 giorni (quando finisce l'acuta) no alle 4 settimane di osservazione; dalle - La SUBCRONICA invece va da 4 settimane no a 3 mesi - La CRONICA in genere dura almeno 6 mesi. Nei casi cronici vado avanti con il trattamento anche fino alla fine dell'osservazione (dipende da cosa voglio rilevare). Ad esempio la tossicità da sospensione (manifestazioni ritardate) sono caratterizzate da sospensione del farmaco e l'osservazione nel lungo periodo. Mantengo sempre il numero elevato di specie animali, entrambi i sessi, ma visto che aumenta il tempo dovrò aumentare i numeri (il numero minimo è di 10 animali a gruppo), sempre adulti, continuo con una curva dose-risposta (voglio sempre capire l'andamento dose dipendente). Quello che posso limitare è il numero di vie di esposizioni. Avrò le dosi da selezionare a a partire dalla dose letale 10 che viene considerata il massimo eticamente accettabili; le altre dosi saranno inferiori che normalmente nascono da studi sperimentali pilota. Durante l'osservazione valuto le urine (ci sono delle gabbie apposta), prelievi ematici (valutazione ematologica). L’obiettivo è: - determinare il la dose massima tollerata - indicare la natura delle reazioni tossiche gli organi target. - Sapere anche in caso di potenziale accumulo, il NOAEL e il LOAEL. Per il NOAEL questo modo stabiliamo di margini di sicurezza per l'uomo applicandoli a quelle sostanze che prevediamo di somministrare cronicamente. - NOAEL ACYTO: il fattore di sicurezza è ARfD che è la dose acuta di riferimento, che è la stima della quantità di sostanza presente negli alimenti o nell'acqua come mg/Kg peso corporeo che può essere ingerita per un breve perido di tempo (es: pasto/giornata)senza rischi per la salute - NOAEL CRONICO: il fattore di sicurezza è l’ADI che è la dose giornaliera ammissibile che si riferisce a pesticidi, coloranti, conservanti presenti negli alimenti e che quindi assumeremmo con la dieta. Parliamo di: - ADI quando ci riferiamo ad un additivo (pesticida, ecc) nella dieta; - parliamo di UL quando ci riferiamo a nutrienti specifica (es: vitamine); - TMDI si riferisce a dose tollerata massima per prodotti chimici sempre introdotti con la dieta ma che non aggiungiamo apposta all'alimento e che non saremmo in grado di togliere. TOSSICITA’ CRONICA: Passare dalla tossicità subcronica a cronica significa estendere semplicemente i tempi che comporterà un aumento nel numero degli animali. - Continuo ad usare entrambi i sessi (in linea generale) e sempre due specie animali. - Continuo a ragionare in termini di dose-risposta quindi avrò sempre almeno 3 dosi differenti che hanno come punto intermedio la media matematica tra una dose minima di tossicità di 18 di 91 fi fi Tossicologia Prof.ssa Rosa accumulo e la dose tollerata (sicura) possibilmente maggiore di quella a cui l'uomo verrà esposto giornalmente. - Il numero di animali dovrebbe salire a 50 animali per gruppo perché possiamo arrivare fino a 2 anni di osservazione (quindi anche solo la possibilità di morte fisiologica dell'animale aumenta). Questi studi servono per: - composti come additivi alimentari, contaminanti delle acque per i quali si può supporre un’esposizione controllabile - per gli studi di carcinogenesi. STUDI DI CARCINOGENESI Gli studi di tossicità cronica più effettuati sono quelli di cancerogenesi dove sempre prevedo le 3 dosi e che devono durare un minimo di 18 mesi (fino ad un massimo di 24 in base all'animale). Sono divisi in: - Studio a breve termine in vitro: riparazione del DNA, mutagenesi dei batteri, mutagenesi nei mammiferi, integrità cromosomica e trasformazione cellulare - Test dei promotori: in vivo o in vitro, si inietta nell'animale la sostanza e si valuta se nei vari distretti corporei sono presenti cellule mutate. - Studio a Medio termine che sono usati per test biologici limitati in vivo tipo induzione di neoplasie cutanee nei topi, o polmonari, quindi sono usati per le forme tumorali delineate. Sono condotti per un breve periodo e con costi inferiori, e nella scelta del test deve essere considerato che molti cancerogeni agiscono specificatamente su alcuni organi quindi si può limitare il test ad un singolo organo bersaglio. Un risultato positivo non indica la cancerogenicità, ne la indica un risultato negativo. - Studio a lungo termine che serve per studiare la vera e propria carcinogenesi e servono per registrare l’incidenza dei tumori e il loro periodo di latenza prima della manifestazione. Andrebbero effettuati su due specie di animali, preferibilmente il ratto, dando il farmaco per la stessa via proposta per l’uomo documentando l’assorbimento del farmaco ed eseguendo somministrazioni giornalinere 7 giorni su 7. Si usano gruppi di 100 animali (50 femmine e 50 maschi), uno per ogni livello di dose e per i gruppi controllo. Bisogna chiarire che: 1. tutte le sostanze cancerogene per l’uomo lo sono per le altre specie, ma non per tutti gl animali da lab, ma non si sa se è vero il contrario quindi si fanno i test sugli animali da laboratorio. Infatti le differenze tra specie sembrano essere dovute a diversa modalità di biotrasformazione. LIMITI DEGLI STUDI DI CANCEROGENESI: - Tempo di latenza prima dell’insorgere del tumore può durare decenni e questo ende difficile definire un rapporto causa-effetto. Gli animali vivono in stabulari in condizioni irrealistiche perché l'uomo è esposto a più sostanze cancerogene contemporaneamente. Per evitare questi danni cerco in vivo di utilizzare dosi maggiori rispetto a quelle prevedibili per l'uomo. Questo porta a due eventi: non mi devo stupire se una sostanza non ha dato mai nessun effetto cancerogeno e poi sul'uomo si. Potrei applicare sostanze note per la loro tossicità ma riferite a dosi che in ambiente lavorativo non lo sono. - Esposizone contempoeranea a diverse sostanze potenzialmente cancerogene 19 di 91 Tossicologia Prof.ssa Rosa - Estrapolazione della dose: le dosi somministrate sperimentalmente sono molto più elevate delle dosi che risultano da esposizioni su luogo di lavoro o ambiente. Lezione dell’11 Ottobre STUDI SULLA FUNZIONALITA’ RIPRODUTTIVA Altri studi specifici sono richiesti per lo studio tossicologico sono gli studi sulla funzionalità riproduttiva. Rimangono valide le linee guida dell’EMEA del 2008, che poi diventò EMA: - gli studi di riproduttività devono includere gli effetti sulla generazione parentale (quindi sui genitori), cioè studiare la fertilità di maschi e femmine e come organi target saranno sia il sistema riproduttivo sia il sistema endocrino. - Altra cosa che includono gli studi riproduttivi sono la tossicità dello sviluppo e quindi in questo senso guardiamo gli effetti sulla progenie. E includiamo tutti gli eventi teratogeni, ma anche la tossicità che consegue all’allattamento. Il farmaco è somministrato nel periodo che va dall’impianto fino all’organogenesi, che nel ratto è il 15esimo giorno, e si determinano numero di corpi lutei, impianti in utero, numero, peso e sesso dei feti, oltre ad un esame morfologico di tutti i feti per verificare le malformazioni. Si fa con tre dosi di farmaco. Nuovamente rimane valida la regola di due specie animali: il ratto è quello principalmente usato ed è quello su cui era stata testata la talidomide, per una serie di vantaggi sia economici sia di manipolazione della sperimentazione. Ma se il ratto è quello usato, quello obbligatorio è per forza il coniglio. In ogni caso dobbiamo identificare almeno una specie che sia responsiva ad almeno un effetto farmacodinamico. Questo vuol dire che se la specie già non risponde all’effetto terapeutico, per lo sviluppo dei farmaci, è difficile che vedremo un effetto anche tossico, cioè la specie potrebbe essere completamente insensibile all’azione della sostanza. Ad esempio il topo non ha il senso di vomito, e in questo caso non si può valutare la tossicità riproduttiva: come facciamo a capire che l’effetto nullo, è davvero nullo? Bisogna scegliere una specie dove valutare il parametro in modo ef cace, allora possiamo fidarci del risultato anche sulla tossicità. Quindi abbiamo bisogno di un controllo positivo, che ci dica che la sostanza ha comunque il target e recettori per poter agire. Se andiamo nel dettaglio, l’esame per la funzionalità riproduttiva prevede di: 1. valutare la fertilità e quindi se ci sono alterazioni nella normale procreazione dell’animale. 2. Come secondo punto va valutato se ci sono interferenze nelle fasi di pre-impianto, impianto e sviluppo del feto. 3. Poi abbiamo la valutazione degli effetti tossici su embrione e feto. Questo vuol dire tenere in conto quello che è lo sviluppo normale, cioè l’organogenesi fisiologica, infatti ogni sostanza tossica può esercitare effetti diversi in base alle diverse fasi dello sviluppo. Gli effetti tossici si possono manifestare su diverse fasi: zigote, embrione, feto, neonato e nelle prime fasi post-parto. Dal grafico: la fecondazione che è il punto zero, quindi la sostanza tossica può già essere tossica. Poi abbiamo la fase di impianto, e sempre nel periodo embrionale riconosciamo ancora la fase di organogenesi. Una sostanza chimica che ha una tossicità sull’organogenesi porterà a deficit 20 di 91 fi Tossicologia Prof.ssa Rosa nello sviluppo di quel dato organo. Alla fine dell’organogenesi inizia l’istogenesi, cioè l’organo si è già formato e inizia a maturare, e alterazione a questo livello comporta perdita di funzione più che di struttura. Queste fasi hanno durata variabile a seconda della specie che consideriamo, nella donna ad esempio l’organogenesi avviene tra il 21esimo e 56esimo giorno di gravidanza, con delle specifiche temporali a seconda del singolo organo (Es: chiusura del palato è l’ultima che avviene), e la durata della gestazione per l’uomo è 267 giorni. Quando studiamo la tossicità dobbiamo esporre l’animale alle stesse condizioni di sviluppo. Se parliamo del ratto la durata della gestazione è già solo di 22 giorni e l’organogenesi avviene tra i 6 e 17 giorni. Quindi dobbiamo conoscere queste finestre temporali per sapere quanto esporre l’animale al tossico per valutarne il rischio. Al variare dei giorni di gestazione normalmente varia l’incidenza di malformazione a carico del singolo e specifico organo. Per il ratto il momento più significativo è il decimo giorno, infatti esporre ad un trattamento acuto il ratto al 10 giorno di gestazione, da un’alta probabilità di indurre effetti oculari, celebrali e cardiaci. E possiamo apprezzare anche qualche alterazione scheletrica (grafico bianco). Ma possiamo anche considerare che al 9 giorno potremmo avere anche manifestazioni più alte: però cerchiamo di considerare il punto in cui abbiamo più manifestazioni che potrebbero presentarsi, in modo da ridurre il numero complessivo di animali studiati. Ad esempio però in questo caso difetti del palato non sono apprezzabili, perché questo si sviluppa dopo il 10 giorno. Se vedessimo effetti sul palato sarebbero effetti indiretti, perchè non c’è ancora la struttura su cui può agire la sostanza, come anche per il sistema uro-genitale. Se abbiamo un’idea di organo target e bersaglio allora scegliamo la tempistica più idonea per lo sviluppo di quel dato difetto morfo- funzionale. Tutti gli eventi embrio-tossici sono eventi dose-dipendenti e quindi riscontriamo sempre la dose soglia, che è intervallo non tossico, e all’aumentare delle dosi la sostanza può 21 di 91 Tossicologia Prof.ssa Rosa diventare teratogena, poi letale per l’embrione e in ne eventualmente tossica per la madre. QUindi si può sempre determinare la dose priva di effetti sull’embrione. A livello pratico, questo vuol dire che nella maggior parte dei casi l'esposizione ad un tossico a basse dosi e a basse ripetizioni, in una fase dove la madre non sa ancora dello stato di gravidanza, non comporta un reale rischio; ci si deve preoccupare se l’esposizione è quantitativamente elevata. La soglia dipenderà dalla singola sostanza: per ogni sostanza c’è una dose, ma questa cambia in base alle sostanze. Fase 1: pre-impianto dura solitamente 14 giorni qui per somministrazione del tossico c'è aborto e morte embrionale Fase 2: organogenesi che va dal 6 al 15 giorno dopo la fecondazione nel topo mentre nel coniglio tra il 6 e 18esimo giorno malformazioni Fase 3: fase embrionale e neonatale ritardo nella crescita, de cit funzionali Fasi dello sviluppo nell’uomo, con il periodo in settimane. Il periodo embrionale arriva no all’ottava settimana, dopodiché inizia il periodo fetale. L’esposizione alle sostanze è più dannosa nel periodo embrionale perché in questo periodo si ha l’organogenesi (es: esposizione al mercurio in questo periodo crea difetti a livello del tubo neurale). L’organo più sensibile sarà il cervello, quindi uno dei principali eventi comuni è quello di un ritardo mentale, e gli effetti tossici sono quelli che hanno durata più lunga, apprezzabili tra il 2 e 3 trimestre di gravidanza. Il periodo meno sensibile è quello dalla 32esima settimana in poi perché gli organi sono già formati. Si può avere ancora parziale sensibilità nell’udito o nella vista, o nello sviluppo dei caratteri sessuali che si sviluppano più tardi. Lo schema spiega anche perché normalmente si presta particolare ATTENZIONE all’uso di farmaci nelle prime 8 settimane, e dopo possiamo invece essere più permissivi nell’uso di farmaci. L’esposizione e danni in gravidanza cambiano per diverse variazioni fisiologiche, cambia il flusso sanguigno, la frequenza degli atti respiratori nella donna gravida: la donna respira più rapidamente e ha più atti respiratori al minuto, quindi è più esposta a tossicità per via inalatoria 22 di 91 ➡︎ ➡︎ ➡︎ fi fi fi Tossicologia Prof.ssa Rosa rispetto al soggetto non gravido. Non possiamo però isolare la donna gravida, quindi il problema concreto è legato alla scelta dei farmaci da usare. Ci sono alcuni farmaci assolutamente controindicati in g r a v i d a n z a , p e rc h é a l m e n o g l i s t u d i sull’animale hanno dimostrato l'esistenza di effetti teratogeni. Elenco slide. Ci sono i farmaci antitumorali, immunosoppressivi tra questi poi abbiamo anche molti altri. Normalmente il problema da valutare è che la donna deve essere trattata in alcune condizioni farmacologicamente, ad esempio nel caso dell’epilessia. Tanti epilettici sono infatti teratogeni e non possiamo usarli nella donna in gravidanza, ma gli altri non sono sicuramente non-teratogeni (vale il principio precauzionale che non abbiamo visto l’effetto nell’animale, ma non possiamo mantenere la sicurezza perché non possiamo testare il farmaco sulla donna). Bisogna fare una v a l u t a z i o n e r i s c h i o - b e n e c i o p e rc h è l’epilessia può dare aborto spontaneo, infatti genera ipossigenazione che genera rischi a livello dell’organogenesi anche senza aborto. Allora bisogna valutare quale è il farmaco tra quelli di una classe che è il meno pericoloso, e quale è il rischio per la madre se non viene trattata. TRE TIPI DI STUDI - Studi di FERTILITA’ = si somministra il tossico prima e dopo l’accoppiamento, e si valuta su maschio e femmina la funzione riproduttiva - Studi di TERATOGENESI = si somministra alla madre durante il periodo dell’organogenesi per determinare l’embrotossicità e la capacità di indurre malformazioni scheletriche, di organi e apparati - Studi di TOSSICITA’ PERI e POST natale = si valutano gli effetti durante l’ultrim trimestre di gravidanza e in lattazione. Categorie di rischio per farmaci in gravidanza: Esistono categorie di rischio in gravidanza per i farmaci, infatti ogni agenzia regolatoria propone la sua classificazione, ma sono tutte sovrapponibili. Quella dell’Fda divide in base alle lettere: - CATEGORIA A: è quella di farmaci più sicuri e quindi quella con meno farmaci all’interno; ad esempio comprende il paracetamolo. Sono tutti farmaci nei quali non è mai stato dimostrato un rischio per il feto e per i quali esistono studi controllati nell’uomo, quindi sono stati studiati clinicamente nella donna in gravidanza. - CATEGORIA B: Mano a mano che diminuiscono le evidenze, scende la classe: se abbiamo dati negativi nell’animale quindi non abbiamo effetti tossici nell’animale, ma non abbiamo studi controllati nelle donne gravide rientriamo nella categoriaB. - CATEGORIA X: c’è rischio teratogeno, e questi studi sono stati fatti anche nelle donne oltre che nell’animale, anche di tipo epidemiologico. Questa categoria è vietata. 23 di 91 fi Tossicologia Prof.ssa Rosa - CATEGORIA C: la maggior parte dei farmaci in commercio rientra in questa categoria dove abbiamo studi che confermano un ruolo tossico nell’animale, ma non abbiamo studi nell’uomo. La donna in gravidanza infatti è esclusa nelle sperimentazioni, quindi è difficile avere studi nell’uomo. Possiamo avere studi epidemiologici molto datati. Il problema è anche legato a sostanze naturali, ad esempio per la nausea ora si usa lo zenzero. L’aloe poi presente in vari preparati per la nausea si è rivelato tossico per la donna in gravidanza. Bisogna quindi fare attenzione nel preparato ai singoli componenti. Il farmacista e medico sceglie il farmaco adeguato in base ad uno schema decisionale dove vengono valutate le evidenze, quindi se non ci sono evidenze non si consiglia il farmaco. E’ nota la % di rischio, le complicanze. Se non ci sono dati meglio sconsigliare il farmaco, perché nel caso di assenza di dati pubblicati il farmaco va sconsigliato. L’EMA ha dato un suo schema decisionale basato sulla quantità di esperienze di uso e dati sperimentali da letteratura disponibili, bilanciando sempre anche l’importanza di trattamento. Quando è necessario effettivamente applicare il farmaco per dare miglioramento di qualità di vita in quella condizione? O magari agire più da una prospettiva di tranquillizzazione della paziente, evitando il farmaco. Se la paziente ad esempio è epilettica non si possono evitare i farmaci, mentre se il problema è di nausea si somministrano farmaci paliativi, ma sono comunque sintomi tipici della gravidanza. Gli studi che possiamo trovare nell’animale sono in genere studi a lunga durata, perchè prevedono di essere condotti su più generazioni successive. Fasi di trattamento nel ratto: Lo schema (in blu) prevede: 1. prima il raggiungimento della pubertà dell’animale, 2. si inizia il trattamento che può durare fino a 100 giorni. 3. Quindi mettiamo nella stessa gabbia i due sessi in modo che avvenga l’accoppiamento, e vado ad osservare la prima nidiata. Già in questa fase possiamo osservare il comportamento nell’accoppiamento nella sua normalità oppure se varia, e ad esempio valutiamo il numero di nati, analizzandone anche le capacità comportamentali o come è responsivo, oltre che lo sviluppo. 4. Successivamente si aspettano 50 giorni e si inizia il trattamento della prima nidiata per rifare accoppiamento e avere la seconda nidiata (120 giorni). 5. Sulla seconda nidiata effettuiamo tutte le analisi, ed è quella destinata al sacrificio. Quindi oltre a contare la nidiata, e misurare le caratteristiche, si provvede ad un’autopsia. Solo allora possiamo definire il risultato dello studio di fertilità: andiamo quindi a vedere tutte le tipologie di studi, perché analizzamo la fertilità, la teratogenesi e le caratteristiche di sviluppo post-natale. Sembra cruento, ma se facessimo per ciascuno uno studio, avremmo un numero di animali maggiore da sacrificare: si tratta di un sacrificio etico. 24 di 91 Tossicologia Prof.ssa Rosa La seconda nidiata viene mantenuta in vita in tutto il periodo di lattazione questo per capire anche l’eventuale rischio che si ha in allattamento. Questa fase è la fase fisiologica in cui l’esposizione ai tossici comporta una variazione del rischio. Se nell’esposizione ad un tossico in gravidanza gli oggetti dell’esposizione erano due, la donna e il nascituro, nella lattazione consideriamo solo il lattante come oggetto di tossicità. Anche qui la maggior parte dei farmaci è controindicata durante l’allattamento. Le sostanze che passano le sostanze nel latte materno, sono meno di quelli che passano la placenta, però il latte è estremamente lipofila e ricca di grassi quindi i farmaci che facilmente entrano nel latte saranno farmaci lipofili. E quando valutiamo la sicurezza di un farmaco non ci basta analizzare il farmaco tal quale, ma valutiamo anche la sicurezza dei metaboliti. La quantità di farmaco sarà legata anche ai processi farmacocinetici che avvengono nella donna. Ad esempio nel caso di polimorfismi genetici, nel caso della codeina questa da una tossicità diversa a seconda che la persona sia un metabolizzatore lento o ultrarapido. Nel 2005 una donna per le complicanze post- partum era stata trattata con codeina come analgesico, ma il lattante dopo pochi giorni morì. La donna era un metabolizzatore rapido, e nel latte erano state trovate altissime dosi del metabolita attivo della codeina, e questo aveva portato a morte per blocco respiratorio. Le agenzie regolatorie reagirono suggerendo, ma non obbligando, di fare screening alla paziente in caso di trattamento, prima dell’allattamento. Classificazione dei farmaci dannosi per l’allattamento: Parallelamente esistono anche tabelle che classificano i farmaci per l’allattamento in base alla loro sicurezza: il principio è sempre lo stesso, abbiamo bisogno di evidenze scienti che assolute per de nire il farmaco “sicuro”. Se non si hanno dati sufficienti, il farmaco va considerato controindicato. Questo discorso ci porta a traslare agli studi sull’uomo dove gravidanza e allattamento richiedono studi sicuri ed effettuati quindi anche nell’uomo. Normalmente questi studi sono carenti quando suggeriamo un farmaco, e sono quindi studi che fanno parte della fase quattro della sperimentazione clinica o post-marketing detta anche farmacovigilanza. Gli studi clinici danno risultati di tossicità, quando passiamo dalla clinica alla commercializzazione a posta, ma hanno il limite di essere condotti su un numero ristretto di pazienti con caratteristiche generalmente molto selezionate: quindi sebbene rappresentino un passo in avanti rispetto alla sperimentazione animale, posseggono ancora molti limiti, che sono quasi gli stessi. - Categoria L1 = farmaci più sicuri con le evidenze scientifiche - Categoria L2 = farmaci sicuri - Categoria L3 = farmaci moderatamente sicuri - Categoria L4 = farmaci potenzialmente pericolosi - Categoria L5 = farmaci controindicati 25 di 91 fi fi Tossicologia Prof.ssa Rosa STUDI OSSERVAZIONALI: QUesti studi si allargano a tutta la popolazione nella loro vita reale: lo studio epidemiologico potrebbe essere fatto su qualunque sostanza tossica a cui l’uomo è esposto (ma ora sono ristretti ai farmaci). Sono una tipologia di studi in cui non si creano gruppi sperimentali, ma osserviamo e registriamo ciò che avviene. SI dividono in due gruppi: - Studi osservazionali analitici: abbiamo ipotesi di rischio, e creiamo quindi un disegno di osservazione che ci permetta di provare queste ipotesi; qui ritroviamo gli studi di coorte, di caso controllo o trasversali. Sono questi ad essere quelli di maggior impatto a livello tossicologico, infatti studiano l’esistenza di un’associazione tra un evento e la sua possibile causa. Danno sempre un valore numerico, tramite le analisi statistiche. In particolare studiano l’associazione malattie-fattori di rischio, e sono quanti cate la forza di tali associazioni e le info sulla malattia e sull’esposizione a fattori di rischio che sono raccolte individualmente. - Studi osservazionali descrittivi: stimano la frequenza di un determinato evento, e possiamo dire che questi sono la base su cui formulare l’ipotesi provata poi dallo studio analitico. Studi di coorte La possibilità di disegnare studi è infinita, ma noi vediamo solo due parametri: uno di questi è il rischio relativo, cioè il rapporto del rischio collegato ad un’esposizione e il rischio che l’evento si manifesti indipendentemente dall’esposizione. E’ il parametro usato negli studi di coorte normalmente. All’inizio dello studio definiamo la “coorte di soggetti”, ad esempio tutti i soggetti nell’area di Torino esposti al farmaco X, e stabiliamo a priori l’esito (es: rush cutaneo). Rischio coor te esposta RR = Rischio coor te n on esposta - Allora avremo una coorte di inizio di follow-up, - poi andremo a selezionare tutti i soggetti che hanno manifestato rush-cutaneo indipendentemente dall’sssunzione del farmaco. - Poi dividiamo tra quanti avevano assunto il farmaco e quandi no, e ne si fa il rapporto: il rischio nella coorte esposta al farmaco e il rischio nella popolazione che ha manifestato l’effetto ma che non aveva assunto il farmaco. Essendo un rapporto avrà valori compresi tra -1 e +1. - RR = 1 NESSUNA ASSOCIAZIONE: allora tanti hanno avuto l’esposizione quanti non l’avevano avuta, per cui non c’è associazione e i due eventi sono svincolati - RR > 1 ASSOCIAZIONE POSITIVA: allora l’associazione è positiva quindi effettivamente la sostanza ha indotto quella tossicità - RR < 1 ASSOCIAZIONE NEGATIVA, L’ESPOSIZIONE E’ PROTETTIVA allora l’associazione è protettiva, indica che l’incidenza dei non esposti è maggiore di quella degli esposti; Studi di caso-controllo Il punto di vista opposto allo studio di coorte è lo studio caso-controllo. E’ opposto perché parte dall’esito e poi andiamo verso l’esposizione. 26 di 91 ➡︎ ➡︎ ➡︎ fi Tossicologia Prof.ssa Rosa - Ad esempio scopriamo che l’esito si è verificato in tre soggetti di 25 anni e 3 soggetti di 50, quindi prenderemo soggetti di controllo che possano essere confrontati in tutto e per tutto ad eccezione dell’esposizione al tossico (Es: stessa età, stessa popolazone). Prendiamo 2 popolazioni: i casi che manifestano l’effetto e i controlli che invece non lo manifestano, ma hanno le stesse caratteristiche dei primi. - Calcoliamo in questo caso l’odds ratio (OR) cioè la probabilità che i casi siano stati comunque esposti al fattore rispetto alla probabilità che non siano stati esposti. Una volta che abbiamo questo valore per i casi (= verifichiamo la probabilità che chi ha manifestato l’evento fosse davvero esposto al fattore di rischio rispetto alla probabilità che non fosse esposto) e il valore per i controlli, rapportiamo i due valori di Odds trovati, e otteniamo il vero Odds ratio dell’uno rispetto all’altro. Nuovamente otteniamo valori compresi tra -1 e +1. - OR = 1 indica sempre che non c’è associazione; - OR > 1 indica che l’associazione esiste e la sostanza determina l’effetto tossico; - OR < 1 indica che l’esposizione è protettiva nei confronti dell’evento; Studi trasversali Gli studi trasversali citati prima sono studi in cui l’esposizione ed esito sono rilevati nello stesso momento. E quindi servono a stimare prevalenza di un evento, ad esempio quanti casi nella popolazione sono stati rivelati. Possiamo applicarli a qualunque sostanza tossica, e obbligatoriamente sono applicati ai farmaci nella fase di farmacovigilanza a cui si associano altri tipi di studi. Poi abbiamo tutta la serie di sostanze tossiche inquinanti o altro, per i quali possiamo partire da uno studio epidemiologico e poi andare a ritroso sull’animale. Viene calcolata la prevalenza espressa come n°di casi di malattia nella popolazione e n°di soggetti nella popolazione. Gli studi tossicologici devono comunque presupporre che: - l’uomo sia esposto a dose relativamente bassa oppure che - sia esposto a sovradosaggi, dove questi sono in genere situazioni limite più frequenti nell’ambito sperimentale che nella vita reale; Quale tipologia di studi conviene fare? Entrambe. Se vogliamo valutare efficacia abbiamo necessità di valutare le dosi basse. Se studiamo la tossicologia invece con sovradosaggio abbiamo però maggiori informazioni in termini di tossicità. Ad esempio se ci aspettiamo che l’esposizione giornaliera sia legata ad una quantità bassa, e studiamo la tossicità solo in quella circostanza, rischiamo di non vedere l’effetto ma non possiamo escludere che a dosi più alte non abbia effetti. Dobbiamo quindi valutare per forza il sovvradosaggio, altrimenti abbiamo dati limitati. Per escludere invece la tossicità bisogna per forza avere i dati di sovradosaggio, che non riportino la tossicità. Stabilire la dose massima tollerabile, è fondamentale altrimenti si hanno dati limitanti. 27 di 91 Tossicologia Prof.ssa Rosa Lezione del 18 ottobre SOSTANZE D’ABUSO Secondo l’OMS è una sostanza chimica, naturale o arti ciale che modi ca la psicologia o l’attività mentale degli esseri umani e che può indurre una dipendenza. Può indurre un azione latente del sistema meso-limbico corticale, e quindi quello che riscontriamo in comune per queste tipologie di sostanze è un’aumentata via dopaminergica a livello dell’area tegmentale-ventrale che proietta nel nucleo saccumbens. I neuroni dopaminergici qui coinvolti hanno attività aumentata, ed è la cosa comune di tutte le sostanze che danno dipendenza ma varia il meccanismo di azione con cui le sostanze danno effetto. La manifestazione più evidente di una dipendenza è la sindrome di astinenza, che può essere caratterizzata da: 1) componente sica, legata principalemente al concetto di perdita di efficacia e quindi al concetto generico di tolleranza, 2) componente psicologica che si associa a tutta la sfera comportamentale, ad esempio al desiderio compulsivo di ricreare gli effetti quindi di assumere la sostanza con ogni mezzo. Ovviamente questi due elementi nella maggior parte dei casi coesistono, e da qui la difficoltà di creare modelli sperimentali validi. Se la dipendenza fisica può essere predetta a livello delle cellule per verificare la tolleranza, non si può analizzare a livello cellulare la parte comportamentale, quindi è necessaria la presenza di modelli in vivo. I modelli di dipendenza animali sono de niti “COMPORTAMENTALI” e servono a stabilire la funzionalità neuro-anatomica e quindi a chiarire quello che può essere il meccanismo cellulare. Uno degli studi più significativi fatto con la cocaina, fu quello dove si valutò l'effetto dell’iniezione diretta di cocaina nell’area tegmentale ventrale sul topo. E’ uno studio comportamentale perché il topo si autosomministrò premendo la leva, la sostanza in quella sede: quindi dopo la prima autosomministrazione, l’animale ha provato piacere, e ha continuato a schiacciare la leva per ricercare una nuova iniezione della sostanza. Spostando l’iniettore dall’area in viola nella figura, in un’altra sede l’effetto non si ha, e il topo non preme la leva. Questo studio ha portato a capire l’importanza del sistema dopaminergico alla base del circuito del piacere. Questo è stato uno degli studi basato sulla funzionalità neuro-anatomica, e gli studi più antichi erano volti a valutare come una sostanza inducesse e mantenesse l’effetto di ripendenza. Poi l’evoluzione portò a cambiare e complicare i modelli comportamentali per determinare sia eventuali aumenti del dosaggio, cioè le richieste legate alla tolleranza vera e propria, sia a variare l’interazione dell’animale con l’ambiente circostante. Non possiamo riuscire a rivedere tutto quello che capita nell’uomo, attraverso l’animale, ma abbiamo dei modelli che ci permettono di: 1. interpretare la tolleranza, il deficit neuro-cognitivo e la difficoltà della disassuefazione (patologia recidivante, quindi il soggetto è a rischio di ricadute). 2. Possiamo poi valutare come l’ambiente e le forme di alineamento sociale possano avere ricadute sul consumo della sostanza. 3. Possiamo ancora studiare modellistiche che prevedono se la sostanza è più gratificante di un'altra ricompensa, come il cibo. 4. E infine possiamo valutare anche il meccanismo che si instaura per cui il consumo della droga supera la paura di riflessi negativi (es: consapevolezza che la droga fa male, ma viene assunta lo stesso, ma nell’animale è associato ad una punizione, che dovrebbe bloccare la sua assunzione). 28 di 91 fi fi fi fi Tossicologia Prof.ssa Rosa L’evoluzione permette di valutare tre elementi fondamentali, che coesistono nell’instaurarsi di una dipendenza: - Stimoli ambientali - Stress inteso come capacità inter-individuale di rispondere dallo stress - Sostanza come tale Nell’uomo questi tre elementi coesistono e si instaura un circolo vizioso fra la droga, che sulla base di effetti acuti prima e cronici dopo innesca meccanismi cerebrali, che alterano il comportamento, ma il suo uso è predisposto da fattori genetici e dalla personalità di ogni individuo. Legato alla droga abbiamo l’ambiente sociale, come la società e la famiglia, che condiziona sia l’inizio che la continuazione dell’assunzione di droga. Il fatto che si inneschi questo circuito spiega perché è difficile l’uscita da una tossicodipendenza. Se vogliamo studiare questi elementi bisogna scomporli, e il metodo più semplice è usare sistemi comportamentali basati sul modello di Povl che era uno studioso russo specializzato sul comportamento. Propone modelli su come il comportamento esterno influenza la nostra risposta. Se questo ragionamento è estrapolato all’animale, se condizioniamo l’animale ad un certo tipo di ambiente/comportamento possiamo vedere come la sostanza che gli somministriamo condiziona ulteriormente l’animale e la sua risposta. Ci sono due tipologie di studi base: 1) studio della preferenza del luogo, 2) studio dell’autosomministrazione. In entrambi i casi parliamo di condizionamento, perché prima addestriamo l’animale. Innanzi tutto bisogna mettersi in condizione in cui l’animale sia poco stressato: deve esserci la giusta quantità di luce, e l’animale deve abituarsi alla presenza dell’essere umano che osserva o alla presenza di un sistema di registrazione. Questo viene deciso prima di iniziare lo studio, e l’allenamento deve essere fatto in quelle condizioni. Test del pre-condizionamento del luogo: 1. Si creano due camere collegate tra loro da un corridoio, e lasciamo l’animale muoversi nei vari spazi, e qui possiamo registrare quale è l’attitudine dell’animale in una situazione standard. In una sistuazione normale l’animale spende lo stesso tempo nelle due zone esplorate. 2. Poi iniziamo il CONDIZIONAMENTO, cioè chiudiamo le due camere, e alternativamente poniamo l’animale o in una camera dove somministriamo la sostanza (sempre la stessa camera) o lo faremo andare nell'altra camera dove somministriamo solo il veicolo. 3. A questo punto se la sostanza ha indotto piacere e grati cazione, qundi dipendenza, riaprendo le due camere l’animale passerà più tempo nella zona dove ha ricevuto la sostanza. 4. Se invece si è sviluppata un’avversione l’effetto sarà opposto, quindi spenderà più tempo nella camera del veicolo. Questi dati li quantifichiamo misurando le tempistiche. 5. Possiamo complicare lo schema quanto vogliamo, ad esempio la camera con il veicolo è illuminata, mentre quella con il farmaco è buia: l’animale spende più tempo nella stanza illuminata, ma se nella stanza buia riceve una sostanza che induce dipendenza quando riapriamo le porte l’animale torna nella stanza buia come se avesse perso la paura del buio. Da qui possiamo formulare una serie di modifiche del sistema base, e la risposta che 29 di 91 fi Tossicologia Prof.ssa Rosa otteniamo è sempre legata al condizionamento, e a come la sostanza ha modificato il condizionamento esaltandolo o revertendolo. Altri sistemi comportamentali sono quelli basati sulla gratificazione. In questo caso si applica un’addestramento, creando ad esempio un sistema basato sul riconoscimento di segni, ad esempio la luce, e sul raggiungimento di un’obiettivo che è il cibo. Andiamo a misurare poi come l’animale risponde a questi due eventi. Normalmente attraverso il cibo, infatti il tempo speso durante l’allevamento ha maggiore costanza per il cibo. Quando diamo la sostanza solo quando l’animale riconosce il segno, l’animale non cerca più il cibo, ma il segno in modo che l’animale cerchi il segno per avere la sostanza. Useremo sempre dei controllo trattati con il veicolo, per capire quando il comportamento è variabile nell’animale in base alla sostanza. Quindi condizioniamo l’animale a ricevere la sostanza solo quando guarda il segno. Per analizzare invece i meccanismi di rinforzo, darò la sostanza quando l’animale guarda il cibo e non il segno, quindi l’animale se la sostanza non fa nulla, dovrebbe mangiare il cibo normalmente. Se invece il cibo e la sostanza formano un meccanismo di sinergia, l’animale passerà il tempo a mangiare cibo perché così gli viene somministrata la sostanza. Sistema dell’autosomministrazione: Possiamo valutare una sostanza andando a creare una somministrazione mediante sstimolazione elettrica del sistema dopaminergico coinvolto nella via del piacere. - Il pre-condizionamento prevede una stimolazione senza la sostanza, ma tramite stimolazione elettrica, che fa rilasciare dopamina. E l’animale sta bene. - Dopodiché al posto della scarica elettrica, rilasciamo la sostanza, e se questa ha lo stesso effetto della scarica l’animale proverà piacere. Se non prova piacere questo potrebbe dipende dalla dose usata, perché è presente una soglia del piacere, allora possiamo usare le scariche elettriche per determinare le soglie del piacere, e come la sostanza può ridurre la soglia del piacere. Anzichè dare tutta la scarica elettrica che induce il massimo dell’effetto positivo, facciamo una scala di scariche elettriche e valutiamo quale è lo stimolo che non da risposta e che quindi è sotto quella soglia. Se la sostanza rende l’animale responsivo alla dose inefficace di scarica elettrica, allora vuol dire che il meccanismo con cui agisce la sostanza è quello di abbassare la soglia del piacere. Normalmente con questo approccio possiamo valutare anche la risposta alla sospensione della sostanza, e qui l’animale non risponde più nemmeno alla scarica elettrica più potente se si ha una sindrome da sospensione legata alla tolleranza. La soglia del piacere, alla sospensione si è rialzata oltre i livelli precedenti, quindi per avere quel piacere bisogna andare oltre ai livelli precedenti. E infine sempre come studio comportamentale abbiamo uno studio già più complesso che non si basa più solo sulla sostanza tal quale ma anche su come l’ambiente esterno può condizionare la risposta, introducendo la risposta allo stimolo olfattivo. Si creano sempre due camere interconnesse da un corridoio, e si misura il tempo che l’aninmale impiega a percorrere il corridoio per spostarsi da una camera all’altra. - Nella prima camera viene posto uno stimolo che spinga l’animale a correre via (test di run- away) ad esempio un odore sgradevole, che porta l’animale ad aprire la porta, correre nel corridoio, e andare nella seconda camera. - Nella seconda camera aggiungiamo la sostanza, e se questa ralmente induce piacere farà sì che il tempo di latenza del passaggio tra le due camere, sia più breve (infatti dato che l’animale è curioso, scappa dalla camera e passa un periodo esplorativo nel corridoio). Se però sa che nella 30 di 91 Tossicologia Prof.ssa Rosa stanza c’è la gratificazione, l’animale non perde tempo nel corridoio. Quindi valutiamo sia il tempo di latenza che la gratificazione. Fattori psicopatologici: Questo è un primo approccio di come studiamo l’approccio all’ambiente, e di alcuni fattori psico- patologici che si trovano alla base dello sviluppo della dipendenza. La cosa più semplice da misurare è l’ansia nell’animale e la misuriamo in termini di tempo passato ad esplorare l’ambiente circostante e il tempo di grooming (stato di tranquillità dell’animale = il topino sta sulle zampe posteriori a leccarsi ). Normalmente adottiamo due apparati: 1) Un labirinto in cui abbiamo due bracci chiusi e due aperti, dove il topo non ansioso sta per più tempo nel braccio aperto, metnre quello più ansioso resta nei bracci chiusi, e nello spazio aperto si mette nella posizioen di grooming, 2) Studio in campo aperto: si crea uno spazio 1mx1m con pareti alte, e si identifica un centro, e si divide tutto il box in più quadrati. Poi andiamo ad osservare il tempo che passa in ogni quadrato: meno è ansioso più tempo passa al centro, parte priva di protezione; se è ansioso cercherà di correre lungo i bordi, che gli offrono protezione. Una volta somministrata la sostanza si valuta come cambia il comportametno dell’animale rispetto alle condizioni iniziali. Il terzo elemento da studiare è quello basato sull’individuo, ed è difficile da studiare perché richiede una manipolazione genetica dell’animale. Ad oggi sappiamo che alcuni soggetti hanno una predisposizione, ad esempio è stato visto che gli alcolisti spesso hanno un difetto genetico a livello del recettore GABA, e hann un’alterazione sull’allele1 del gene che codifica per il recettore d2 della dopamina. E in altri è stata vista una variazione genetica delle MAO e COMT. Alcune di queste modificazioni sono trasmesse ereditariamente, infatti sono presenti nei figli di alcolisti che avevano già le alterazioni genetiche. Quindi questo ci dice che ci sono fattori che predispongono il soggetto e lo fanno diventare ad alto rischio di sviluppo di una dipendenza. Se lo vogliamo valutare nell’animale dobbiamo partire dall’ipotesi di una modificazione genetica, es: alterazione del recettore d2, quindi prendiamo l’animale che sovraesprimre il d2 della dopamina e lo esponiamo agli studi comportamentali che abbiamo visto prima, e confrontiamo come risponde diversamente dall’animale che non ha la variazione genetica. Però è il punto più difficile da studiare. 31 di 91

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