Storia della Televisione PDF
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Il documento esplora la storia della televisione, analizzando il suo sviluppo tecnologico, politico, economico e sociale. Vengono descritti i diversi periodi, dall'età della scarsità a quella dell'abbondanza, soffermandosi sulle invenzioni e figure chiave nel suo percorso. Il documento, utile per uno studio accademico, mostra un approccio diacronico e sincronico allo studio dei media.
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Storia della televisione 18/09 Esame da frequentanti 4-5 novembre 31 domande a crocette, studiare La televisione italiana nasce ufficialmente il 3 gennaio del 1954 Fulvia Colombo annuncia il palinsesto del primo giorno di trasmissione televisiva, la televisione inizia con un elemento di cerimonia,...
Storia della televisione 18/09 Esame da frequentanti 4-5 novembre 31 domande a crocette, studiare La televisione italiana nasce ufficialmente il 3 gennaio del 1954 Fulvia Colombo annuncia il palinsesto del primo giorno di trasmissione televisiva, la televisione inizia con un elemento di cerimonia, lo sport, il telegiornale, dei film, spettacoli teatrali, documentari. Una proposta ridotta in termini di opzioni ma alta in termini culturali. Il video visto a lezione è falso, non esistevano metodi di registrazione magnetica, bisognava registrare in pellicola e costava eccessivamente, quindi non lo ritennero importante abbastanza da registrarlo. Nel 1964 per un documentario il regista richiama Fulvia Colombo e le fa dire nuovamente lo stesso annuncio, quello che ci fa capire che l’annuncio è falso è il carrello che viene fatto per movimentare il documentario e che fa vedere il set e la sigla di chiusura dopo l’annuncio. Televisione in italiano indica tante cose, tanti elementi diversi che cambiano nel tempo, è abbastanza comune ai media e la televisione rappresenta molto bene questa polisemia. La televisione è una serie di reti, di gruppi editoriali, di modalità di differenziazione dell’offerta, di canali, di brand. È una proposta commerciale, politica, editoriale, è un’insieme di palinsesti. La televisione è una tecnologia, tecnologia di ricezione, di produzione, di distribuzione. La televisione è un’insieme di linguaggi, di generi, di volti, di programmi, di estetiche. 23/09 Fare storia vuol dire adottare un approccio diacronico, ovvero un approccio che ragiona sul lungo e medio periodo, che segue l’evoluzione dei fenomeni nel tempo. All’approccio diacronico si contrappone non in modo diretto l’approccio sincronico, ovvero insieme al tempo, ovvero la fotografia di un momento dato. [inserire prima slide] Prospettive Storia tecnologica - Televisione e media digitali come strumenti (trasmissione/ricezione) Storia politica e istituzionale - Televisione e media digitali come forme di potere Storia economica - Televisione e media digitali come industrie e mercati Storia produttiva e distributiva - Televisione e media digitali come insieme di professioni e pratiche Storia dei generi, dei testi e dei linguaggi - Televisione e media digitali come forme estetiche e simboliche Storia sociale - Televisione e media digitali come immaginario condiviso Storia culturale - Televisione e media digitali come immaginario condiviso, la Cultura del mondo delle lettere e delle arti, che ragiona per gerarchia ma anche cultura degli studi culturali, una corrente che mette in evidenza come tutto sia cultura ★ Inevitabilemolteplicità di punti di vista/approcci ★ Storiedella televisione e dei media digitali al plurale ★ Una storia sistemica, che tiene conto di tutte le prospettive Ci sono tre possibili momenti della storia della televisione secondo John Ellis nel suo libro Seeing Things 1. Età della scarsità (scarcity) - Scarsità di risorse e di offerta: pochi canali - In Europa, servizio pubblico e controllo statale 2. Età della disponibilità (availability) - Ampliamento dell’offerta: canali, tempi, possibilità - Espansione dei palinsesti, varietà dei contenuti (portanti) 3. Età dell’abbondanza (plenty) - Cavo, satellite, digitale…convergenza! - Personalizzazione del costumo, moltiplicazione dell’offerta L’età della scarsità nel contesto europeo è quel periodo che va dagli anni 50 agli anni 70, i primi 20/25 anni di vita della televisione, che è quantitativamente scarsa, in Italia è fatta da un canale, se proprio va di lusso da due. Pochi canali, pochi titoli, poche risorse, o meli tante risorse investite su poche cose. In tutta Europa è lo stato che controlla le televisioni. Dalla seconda metà degli anni settanta agli anni novanta compresi abbiamo l’età della disponibilità, l’offerta si amplia, i canali aumentano, si ampliano le possibilità, i generi, i modi di relazione con il pubblico. In Europa si vanno ad aggiungere le televisioni private a quelle pubbliche, nel caso italiano abbiamo Berlusconi. Inizia ad esserci la possibilità di vedere contenuti provenienti dall’America e dal Giappone Il terzo periodo è quello dell’abbondanza o sovrabbondanza, si aggiungono i canali satellitari, il digitale, le piattaforme, la convergenza tra media che rende più sottili le barriere tra televisione e video. Si moltiplica la possibilità di scelta e si personalizza il consumo, ci sono molti più canali di quello che possiamo vedere. Queste tre categorie ci danno una direzione chiara all’interno dell’evoluzione della televisione, che in una prima fase è scarsa e controllata, che in una seconda fase si amplia e in una terza fase esplode a dismisura. Ha senso parlare ancora di nuovi media? L’espressione nuovi media è un’espressione relativa e non può essere assoluta, i nuovi media iniziano la nuova storia negli anni sessanta, il che va in contraddizione con l’espressione “nuovi” Ha senso parlare dei media digitali come un campo separato? I media digitali nel 2024 non sono più un campo separato perché ormai il sistema dei media è quasi completamente digitale Anche i “vecchi” media sono stati “nuovi” I media digitali non sono un campo separato ‣ Dal resto degli altri mezzi di comunicazione ‣ Dal resto della vita dell’utente/spettatore/individuo Una storia lunga e articolata Internet (o meglio Arpanet) nasce nel 1966 Il world wide web e I browser risalgono al 1990 Google (1997) Facebook (2004) Youtube (2005) Processi di digitalizzazione e di convergenza Una trasversale “digitalizzazione del media” 24/09 La storia della televisione italiana inizia ufficialmente il 3 gennaio 1954. La storia della televisione però inizia prima, non può cominciare senza una serie di invenzioni e senza un contesto di storia dei media che fosse adeguatamente sviluppato per poter poi inserirci la televisione. Un primo modo di rispondere alla domanda “quando inizia la storia della televisione” è parlare della serie di tecnologie che stanno alla base della tecnologia della televisione stessa. Queste tecnologie non hanno un singolo inventore, ne hanno molteplici, perché la televisione è un mezzo che viene inventato tante volte, in tanti posti, da tante persone, perché ciascuna di queste persone aggiunge un tassello utile a quello che sarà la televisione. Il disco di Nipkow è una delle invenzioni alla base della televisione, a fine ottocento (1884) ci sono persone che ragionano su modi per trasmettere a distanza delle immagini. Il disco di Nipkow è un complesso sistema che permette di acquisire un pezzetto di immagine alla volta, assomiglia più a uno scanner che a una televisione eppure è una delle invenzioni alla base di essa. John Logie Baird, britannico, nel 1925 sviluppa quella che viene definita la televisione meccanica a partire dall’applicazione del disco di Nipkow per poter riprendere e poi trasmette immagini e suoni, Vladimir Zworykin è un altro personaggio che sta sviluppando un sistema tecnico per poter trasmettere immagini. Philo Farnsworth è uno dei principali inventori della televisione elettronica, invece di basarsi solo su un meccanismo meccanico, trasforma le informazioni in impulsi elettrici, c’è uno scontro tra i due sistemi e la televisione meccanica soccombe e a quella elettronica, che è più funzionale. Da un lato c’è l’invenzione tecnica, dall’altro c’è l’immaginazione, ci sono tanti romanzieri di fine ottocento/inizio novecento che nei loro romanzi fantascientifici immaginano dei modi per vedere a distanza, come il figlio di Verne, sono testimonianza di un’attesa rispetto a dei meccanismi che si stanno sviluppando. In vari paesi ci sono esperimenti di televisione che iniziano a svilupparsi negli anni 20’ e che proseguono lungo gli anni 30’, le operazioni dei vari ingegneri e professionisti che si mettono a lavorare spesso nelle aziende radiofoniche, nel periodo tra prima e seconda guerra mondiale hanno una grossa importanza. A fare i primi esperimenti sono paesi democratici come Inghilterra e stati uniti, ma poi si aggiungono anche regimi totalitari come la Germania Nazista e l’Italia fascista. Nel ’36 si fanno le prime sperimentazioni di trasmissione delle olimpiadi di Berlino, nel 29 in Italia ci sono esperimenti tecnici che tentano di far passare un segnale da una parte all’altra di Roma. Negli anni trenta ci sono esperimenti pubblici di dimostrazione, come ad esempio Mussolini fa vedere la propria televisione. Nel 1939 la cosa si concretizza sempre di più con l’installazione dei trasmettitori soprattutto nell’area romana, si pensa soprattutto alla tecnologia, non si pensa tanto ai contenuti. Lo scoppio della seconda guerra mondiale blocca in tutti i paesi queste sperimentazioni, perché le risorse sia intellettuali che economiche vengono indirizzati sulle necessità belliche Potremmo anche dire che la televisione inizia quando comincia la radio, o meglio quando la radio cambia forma. Perché parlare dello sviluppo della radio vuol dire parlare di Broadcasting, inventato dalla radio e adottato subito dalla televisione. Nel 1895 Guglielmo Marconi inventa la radio, a Sasso Marconi (allora Sasso Bolognese) fa i primi esperimenti di trasmissione di informazioni audio senza ricorrere a dei fili da un punto A a un punto B e dal punto B al punto A. Marconi inventa uno strumento che più correttamente dovremmo chiamare “telegrafo senza fili” che permette di scambiare informazioni nell’etere, una comunicazione bidirezionale da uno a uno attraverso il codice morse. La radio vera e propria prende l’invenzione di Marconi, mezzo di comunicazione interpersonale e lo trasforma in un mezzo di comunicazione di massa da uno a molti, Sarnoff, discografico, parla per la prima volta di radio music box. Un insieme di invenzioni tecniche vengono piegate per ottenere un medium. è questo che rende possibile negli anni ’20 la radio come la intendiamo noi. Negli anni ’20 c’è già gente che cerca di inventare la televisione e c’è gente che capisce che la radio ha un potenziale superare degli esperimenti che venivano fatti. Attraverso il broadcast, letteralmente semina larga, perché il messaggio parte da un emittente e arriva a tanti riceventi, ma non ha un canale di ritorno. Tutti quelli che ricevono il messaggio lo ricevono in un secondo momento ed è una trasmissione indifferenziata. Nel 192 nasce il !!, che poi si chiamerà EIAR, per poi, dopo la guerra cambiare il nome in RAI. Dopo la seconda guerra mondiale, arriviamo alla seconda metà degli anni ’40 arriva il momento di riprendere il discorso sospeso con lo scoppio della guerra, In italia le cose vanno un po più lente, inizialmente non si riditene il momento giusto. Inoltre in quel periodo c’erano. I giornali parlano della televisione come una nuova frontiera della comunicazione,. La televisione suscita molto interesse ma sono anche molto scettici. La televisione può essere in mille cose; la a tv consente di andare a vedere i musei anche stando in casa, ogni media che nasce tende a schiacciare il vecchio. La televisione nella seconda metà degli anni quaranta è qualcosa di spettacolare, curiosità e stupore, l’attrazione non è tanto il contenuto ma la possibilità di vedere certe cose. Nel 1949 si inizia a fare sul serio con la televisione e viene presa come un qualcosa di cui occuparsi seriamente e si sviluppa una progettualità sulla televisione. Si decide che la radio verrà gestita dalla Rai con un legame strettissimo e di continuità con la televisione. I primi esperimenti seri di televisione vengono fatti dalla Rai a Torino, alcuni dirigenti e tecnici vengono impegnati nello sviluppo di una sperimentazione televisiva seria. Si fanno delle sperimentazioni anche sul linguaggio, c’è un dirigente Rai, Sergio Pugliese, drammaturgo, critico teatrale a cui viene data la responsabilità delle sperimentazioni televisive, essendo lui stato in America e avendo avuto un’esperienza di prima mano di come si faceva la televisione in America. Milano ospita la prima mostra internazionale di televisione, vengono mostrati i prodigi tecnici che vengono sviluppati in tutto il mondo rispetto a come orientare anche in italia la costruzione della televisione, nei giorni dell’esposizione vengono organizzate delle proiezioni pubbliche nelle vetrine dei negozi di Torino e Milano, vengono fatti visitare gli studi, Pugliese prova a fare delle trasmissioni sperimentali, in questi nove giorni si susseguono tanti programmi diversi anche per testare la capacità del mezzo. Il ?? ?? ?? il presidente della repubblica Luigi Einaudi visita la sede di Torino della rai. Negli anni ’50 si entra in un orizzonte concreto, non era più una questione di se fare la televisione, ma quando. Si risolvono i problemi tecnici, si risolvono i problemi politici, si crea l’ambiente culturale giusto, continuano le mostre e le fiere. Nel 1951 viene trasmesso il primo dramma televisivo dopo cena. Nel 1950 a lavorare alla direzione televisiva ci sono due figure, Sergio Pugliese che cerca di lavorare alla televisione secondo due obbiettivi, cosa deve essere la televisione? Una radio con le immagini e un teatro familiare. Esattamente come la radio deve informare, deve raccontare le cose che succedono e come succedono ma la tv deve anche farle vedere, inoltre deve essere anche un teatro che entra nelle case delle persone, un teatro leggero, spettacolare, d’opera, di prosa, sportivo, musicale. La seconda figura è Vittorio Veltroni, colui a cui viene affidato sin da subito il telegiornale, sul modello del radiogiornale e del cinegiornale. Nel 1952 iniziano le trasmissioni del telegiornali all’interno delle trasmissioni sperimentali, inizialmente ci sono tre edizioni a settimana, una ogni due giorni. Nel 1953 siamo alle soglie di quello che è il lancio ufficiale, di fatto la televisione c’è già, nell’autunno del ’53 le trasmissioni sono già pronte, i ripetitori vanno e i conduttori ci sono, ma si sceglie la data del 3 gennaio 1954 come inizio ufficiale, anche se dopo l’inizio la televisione rimarrà sperimentale. Già nel ’53 viene realizzata la settimana tipo dei programmi, ovvero il palinsesto, si inizia a far pagare il canone, c’era già il canone per la radio e con la tv, per chi la ha, il prezzo si alza. Inizialmente i poli principali sono Torino, Milano e Roma, ma principalmente solo il nord italia aveva i ripetitori, poi la copertura verrà ampliata a tutta Italia, lentamente. Già nel 1953 ci sono le pubblicità sugli apparecchi televisivi in vendita. Il 3 gennaio 1954 viene mandata in onda ufficialmente una trasmissione cerimoniale con Fulvia Colombo per inaugurare la televisione e inaugurarne il palinsesto, leggendolo. C’è già un palinsesto anche se c’è un solo canale e con poca copertura oraria. La rivista settimanale della rai, il radiocorriere, cambia nome in settimanale della radio e della televisione. La televisione parte ufficialmente il 3/01/1954, data importante ma totalmente simbolica, la televisione stata sperimentale a lungo, dal ’49 al ’54 e lo rimarrà ancora per un po’ dopo il ’54. Lungo tutti gli anni ’50 la televisione è in cerca di identità, fa tanti esperimenti e tentativi per capire che cosa diventare, questa fase aurorale del mezzo è una fase incredibilmente creativa, succederanno cose che già qualche anno dopo non succederanno più. Chi controlla la televisione? I primi anni sono anni di lotte dentro la rai per capire chi può controllare uno strumento che sarebbe diventato così cruciale per i media italiani. Fino al 1954 la televisione era una sperimentazione e quindi è stata affidata a una serie di mani che all’interno dell’azienda non erano esattamente centrali. Dentro la rai, appena la tv diventa qualcosa di vero e ufficiale, si iniziano a scatenare gli appetiti di chi nell’azienda sta vicino al governo, ovvero alla Democrazia Cristiana. Quindi i cattolici nel ’54 vogliono guidare la televisione, lo stesso anno viene messo come amministratore delegato Filiberto Guala, cattolico convinto, fino al 1956. Guala prende il potere da figure come quella di Pugliese, che avevano seguito tutto lo sviluppo del mezzo stesso, senza interessi politici. Dall’altra parte ci sono gli aziendali di Torino, una serie di tecnici ed esperti come Pugliese, che avevano lavorato alla fase sperimentale della televisione e nella radio del fascismo, portandosi dietro la sua tradizione. (Vinceranno i cattolici) Proprio queste idee diverse rendono vivace il clima e fruttuosa la produzione di trasmissioni. Non si capisce ancora se la televisione debba educare o intrattenere, secondo i cattolici, portatori di un’idea pedagogica e paternalista credono che ci sia bisogno di valutare bene il potere della televisione, mentre gli aziendali sono più vicino alla televisione americana incentrata sullo spettacolo. Il pubblico inizialmente non è popolare anzi, è solamente al nord e nei centri cittadini, per aspettare che la televisione sia nelle case di tutti gli italiani bisogna aspettare il 1961. C’è un processo di istituzionalizzazione, ovvero un processo di affermazione sia dello stile che del pubblico che della dirigenza 200 al secondo è un gioco televisivo che viene trasmesso nel 1955 sull’unico canale disponibile, condotto da Mario Riva, uno dei primi conduttori televisivi, scritto da Giovannini e Garinei, fautori della commedia musicale all’italiana. Questo programma è un adattamento di un programma americano di Dollar a second, trasmesso in diretta dal teatro lirico di Milano per 15 puntate. È un quiz fisico con prove pratiche di vario genere, per rimanere sul palco il concorrente deve partecipare a dei giochi, ritrovarsi in situazioni buffe, rispondere a domane, vengono coinvolti anche persone assieme ai concorrenti vengono fatte partecipare, ogni secondo viene aumentata la ricompensa, 200 lire per ogni secondo sul palco (nell’originale un dollaro al secondo). Le prove possono essere anche fisiche, come essere spinti in acqua da un guantone attivato da una leva casuale. Nel 1955 ci sono delle interrogazioni parlamentari che si lamentano che un programma televisivo metta in ridicolo la moralità delle persone, accusando il programma di cattivo gusto e sadismo per le penitenze. Il programma si trova in mezzo alle lotte tra aziendali e cattolici, non rientra nel progetto pedagogico dei cattolici e per questo il programma viene chiuso e non vedrà di nuovo la luce. 200 al secondo è possibile nel 1955 ma non lo sarebbe più stato nel 1964, è l’espressione delle varie spinte delle varie correnti. 30/09 Tutti quelli che hanno a che fare creativamente e gestionalmente con la televisione si pongono la domanda “che cosa succederà alla televisione una volta calato nel contesto italiano degli anni ’50?” Negli anni ’50 la televisione cerca in ogni modo di coinvolgere il suo pubblico e lo fa in tanti modi diversi cercando di sviluppare un’interazione, che però da lì a poco verrà abbandonata. Coinvolge direttamente il pubblico che va ad assistere alle dirette televisive in teatro, in questi anni le trasmissioni televisive sono solo in diretta in teatro, la registrazione magnetica arriva in Italia nel 1959, l’unico modo di registrare era in pellicola, che era molto costosa e quindi usata raramente. Le telecamere riprendono ciò che avviene dentro al teatro, dentro a quel teatro c’è un pubblico che assiste a qualcosa di molto diverso da quello che viene visto in televisione e che viene coinvolto dai presentatori. Ci sono delle battute che i presentatori fanno con il pubblico, dei giochi, per costruire un simulacro di un’interazione. C’è anche un dialogo con la città, la televisione è urbana, metropolitana e molto settentrionale, i programmi si svolgono una città e coinvolgono il pubblico che vive in quelle città. Es. Duecento al secondo e Ottovolante, es le persone vengono invitate ad andare a teatro con il proprio animale domestico, il più esotico vinceva e poteva partecipare il gioco. Dialogo con il pubblico televisivo più ampio, con il pubblico da casa. Il Broadcasting si basa su una comunicazione da uno a molti, non è previsto un feedback, almeno non sullo stesso piano della trasmissione, ma proprio perché la televisione sa di non averlo, sviluppa altri modo, spesso rubati dalla radio, per fare in modo che il pubblico interagisca e contribuisca al programma. Varie trasmissioni invitano a inviare lettere e cartoline, per commentare, per fare domande ecc. Es. una risposta per voi, tv dei ragazzi. Ovviamente non è una risposta su uno stesso canale, ma è abbastanza inatteso in un momento così precoce della televisione, anche perché negli anni successivi questa cosa verrà accantonata e tornerà solo negli anni ’70/’80 Il dottor Antonio 1954, pagina del radiocoreriere con pagina che dice “nuovi volti per la televisione”, la televisione italiana cerca di fare dei “casting” come se fosse un “talent”, aprendo le proprie porte anche al pubblico che poteva diventare attore. Primo sceneggiato televisivo, tratto da un romanzo risorgimentale, quattro puntate trasmesse in diretta, con attori affermati ma anche “volti nuovi”, i personaggi minori diventano la possibilità di cambiare la vita delle persone. Tutto ciò è sia strumento promozionale che avvicinamento al pubblico. La televisione, da un lato, si costruisce su quelli che sono i modelli della radio, dall’altro i primissimi anni della televisione sono anni in cui si stanno decidendo delle cose, alcune quasi subito, alcune poco dopo, niente è scontato. Tra le cose decise quasi subito c’è il modello da dare alla televisione italiana, okay Broadcasting, ma quale tipo di Broadcasting → ci sono due possibili vie La via statunitense via privata, c’è il mercato, c’è la concorrenza → ci sono alcune emittenti private, in concorrenza tra di loro che si ganno la guerra per avere più spettatori e quindi per far vedere le pubblicità a più persone. La tv americana e prima le radio sono fatte di televisioni locali e invece dei network di programmazione, nella radio si chiamavano AMB CBS MBS, sono enti privati che si fanno la “guerra tra loro” per convincere il pubblico a guardare proprio loro. La via europea al broadcasting → idea di monopolio pubblico, un paese come l’Italia è troppo piccolo per gestire il tutto. È lo stato, direttamente o indirettamente a controllare la televisione, in quanto è troppo imponente, troppo importante per lasciarla in mano alle aziende La via americana sostiene che la competizione stimoli e idee, l’Europa è consapevole che da sola non ce la farebbe. Nei regimi totalitari la televisione è funzionale alla costruzione del consenso. L’idea di servizio pubblico è in qualche modo l’idea di un servizio universale per tutti e ha anche l’idea di costruire e mantenere la comunità nazionale, legata alla cultura ma soprattutto alla politica e alla società. Nei paesi democratici l’idea è quella di riuscir a dare voce alla vivace voce della televisione e di aiutare i cittadini con diritto di voto, avendo cosi il potere dei elevare il pubblico, di interessarlo a temi importanti. Nel 1930 John Rith ?? Duecento al secondo è un format che nasce nel modello americano e che viene portato in Italia e non viene accolto bene La televisione è un oggetto potente, rischioso, la televisione in questi anni deve entrare in punta di piedi nelle case degli italiani. Chiunque possegga un ricevitore può usufruire del contenuto pagando il canone, prima radio e televisione avevano un canone diverso, poi si inizia a capire che vanno uniti. Nel 1961 nasce il secondo canale, prima c’era un solo canale che trasmetteva i programmi e si chiamava programma nazionale. Controllo, censura, divieto → codice GUALA → per indicare le norme di comportamento in televisione, norme che vanno a definire in maniera molto chiara e decisa cosa non può andare o meno in televisione Secondo le regole del codice delle norme di autodisciplina per le trasmissioni televisive, i conduttori televisivi non potevano dire determinate parole come “membro”, esempio ballerina gambe nude. Nel 1955/56 in rai, particolarmente nella televisione avviene una cosa che non è mai più successa dopo, la rai batte tutte le università italiane alla ricerca dei migliori studenti e laureati per offrire loro un corso di formazione ai mestieri della televisione e per dargli un lavoro. Si cercavano delle figure tecniche ma soprattutto manageriali, ci sono due o tre andate di questi corsi, chi veniva preso veniva soprannominato corsaro, la selezione non tiene particolare conto delle posizioni politiche, ci sono molti cattolici, ci sono figure vicine al PCI o alla sinistra extraparlamentare. Corsi di Gennarini e Guava Uno di questi corsari era Umberto Eco, ha sviluppato parte delle sue teorie sulla cultura di massa anche grazie al suo periodo in Rai, lavorerà scrivendo le domande di uno dei quiz più importanti della televisione italiana ovvero lascia o raddoppia Anche Angelo Guglielmi entra in Rai come corsaro e fa tutta la sua carriera lì Un’altra figura che entra a far parte di questi corsi è Gianni Vattimo, uno dei pochi filosofi italiani degni di nota degli ultimi ottant’anni Il partito comunista non ha capito niente della televisione, un articolo dell’Unità definisce la tv frigorifero del cervello, in quel momento il PCI concentra tutte le sue risorse nella “cultura alta”, su cinema ed editoria, tralasciando la televisione che viene considerata troppo bassa. Anche per questo il controllo è quasi interamente in mano alla DC. Il momento in cui la televisione primitiva finisce davvero, in cui si apre quella fase coerente e leggera che Umberto Eco chiama Paleotelevisione è il 1961. É il momento in cui Ettore Bernabei diventa capo della rai, dal 1961 al 1974, quando si dimette perché consapevole di star perdendo un po’ del potere assoluto che aveva mantenuto fino a quel momento. Gli anni di Bernabei sono gli anni di una televisione classica, Umberto Eco si inventa la televisione di paleotelevisione in un articolo di ?? Nel 1983, Eco scrive quando questa televisione è già finita, descrive in realtà la neotelevisione, ma dovendo definire la neotelevisione per contrasto finisce per definire anche ciò che veniva prima, ovvero la paleotelevisione. Queste due definizioni prendono in giro la divisione scolastica tra paleolitico e neolitico. La paleotelevisione, dall’inizio degli anni sessanta fino alla metà degli anni settanta, è una televisione pedagogica, nel periodo della scarsità, molto chiara, molto semplice, pochi contenuti, ben disposti, si chiarisce molto bene cosa il pubblico si deve aspettare dal programma. I volti sono legati ai programmi, i programmi fanno parte di generi in maniera estremamente chiara. La paleotelevisione è trasversalmente educativa, tutto quello che va in televisione è importante, è speciale, fa festa, è pensato per i pubblico, non vuole dominare la vita quotidiana del pubblico ma deve elevarlo, deve trasmettergli qualcosa. La nuova settimana televisiva 1958, tre grandi blocchi su un unico canale, ci sono dei momenti di vuoto tra i vari blocchi, ci sono dei momenti di ritualità tra i blocchi. La tv dei ragazzi inizia alle 17, dura un’ora, ogni giorno presenta programmi diversi, è pensata come una televisione in miniatura, c’è tutto quello che caratterizza la televisione per adulti ma a misura di bambino e adolescente, in maniera sicura. Poi c’è mezz’ora di buco per non rischiare che ci sia confusione tra la tv per i ragazzi e quella per adulti Dalle 18.30 nei giorni feriali comincia la fase chiamata Ritorno a casa, una serie di rubriche che iniziano e finiscono con due edizioni del telegiornale, l’edizione della fine è l’edizione principale del tg delle 20.30 Carosello!! Ribalta accesa, ogni sera propone i programmi principali, alla fine della serata (11/11.30) c’è l’ultima edizione del telegiornale e poi schermo nero fino alle cinque del giorno dopo. La domenica, solo perché è festa, dopo la tv dei ragazzi c’è il “Pomeriggio alla tv” perché anche il padre è in casa, qualche volta qualche evento sportivo. La tv del 1958 è perfettamente coerente con la società italiana di quegli anni, paternalista. Il palinsesto è molto statico, molto ripetitivo, discreto. Discreto nel senso che ha un’inizio e una fine, che ha dei pieni dei vuoti, ci sono momenti accesi, quelli delle trasmissioni e dei momenti spenti come la fine delle trasmissioni e l’intervallo. Il palinsesto si basava su appuntamenti fissi, soprattutto con la ribalta accesa. Il lunedì sera era la sera del cinema Il giovedì era la sera del quiz Il venerdì sera era la sera del teatro di prosa Il sabato? Era la sera dei varietà Altro aspetto che caratteristica questo palinsesto è la messa in onda praticamente sempre in diretta, dopo l’ampex diventa più consueto registrare un po’ in anticipo e mandar ein onda ciò che si è registrato su nastro magnetico. La dimensione educativa della televisione. La televisione vuole elevare il proprio pubblico, questo si esplica in tanti modi diversi, un primo modo è che tutto quello che viene trasmesso in televisione è direttamente o vagamente educativo, c’è anche una programmazione educativa vera e propria, un primo insieme di generi della televisione di questi anni stanno intorno al pilastro di educare, sono esplicitamente pedagogici. Due categorie: La televisione pedagogica che si affianca e sostituisce la scuola dell’obbligo La televisione pedagogica che eleva il suo pubblico raccontando, mostrano, approfondiscono elementi culturali elevati L’idea era che l’istruzione fosse innanzitutto pubblica, necessaria per tutti, la televisione aiuta o sostituisce la scuola dell’obbligo per quelle fasce di popolazione che la scuola non l’avevano potuta frequentare, alfabetizzazione. Telescuola, dal 1958 al 1963, al mattino questo programma trasmetteva delle lezioni dei due percorsi possibili che in quel periodo erano la scuola media, ovvero la scuola vera e propria e l’avviamento professionale. Inizia quando i percorsi sono divisi e finisce quando la scuola media viene unificata. Chi segue le lezioni poi ha dei veri e propri esami da andare a fare in presenza. Riguarda non troppe persone, ma che rispondeva ai bisogni di questi pochi e ha portato ad un aumento delle licenze medie. Non è mai troppo tardi è un corso di alfabetizzazione per adulti che erano analfabeti, parte nel 1960 e arriva nel 1968, porta alcune migliaia di persone a sostenere l’esame di licenza elementare. Era un percorso scolastico seriamente svolto dal maestro Alberto Manzi che ha portato un numero abbastanza significativo a leggere e scrivere 1/10 Televisione che vuole elevare il suo pubblico allo stesso livello della televisione stessa, televisione pedagogica e paternalista. Tutta la televisione è pedagogica ma alcuni programmi lo sono in modo specifico, la televisione in italia sia basa sul modello di Broadcasting europeo basato su tre pilastri, educare, informare e intrattenere. Ci si serve della televisione grazie alle sue tante ore di trasmissione vuote per creare delle “classi” che assistono alle stesse lezioni grazie al mezzo televisivo e poi vanno a sostenere un esame → telescuola Questo processo porta all’unificazione della scuola media, quando prima era diviso tra scuola media e avviamento professionale Alberto Manzi è un vero maestro che adatta la sua professione al mezzo televisivo Passaporto 1954-1961, corso d’inglese, parte prima degli altri programmi perché nel primo periodo la televisione la possedevano solo le persone ricche, la tv risponde a questo primo bisogno educativo delle classi più alte, insegnante Jole Giannini → paternalismo, persino in una vignetta di inglese c’è una visione del mondo, influenza cattolica Il secondo pilastro della televisione educativa è formato da programmi culturali, chi ha già fatto le scuole, chi le sta facendo e chi non le ha fatte può elevarsi, imparare altro, conoscere il mondo. La televisione di questi anni riserva tantissimo spazio a programmi che hanno degli obbiettivi e dei contenuti culturali. Ci sono dei veri e propri cartelloni teatrali, con spettacoli teatrali di ogni genere, concerti, programmi dedicati alle scienze, alla letteratura, alla storia dell’arte ecc. La televisione italiana risente molto su quello che era il sistema educativo italiano, una scuola che si poggia molto sulla scuola gentiliana del fascismo, che dà risalto all’educazione umanistica e meno a quella scientifica, cosa che si rispecchia anche nella divulgazione in televisione. Ungaretti, insieme ad altri professori universitari dà l’impronta al programma ??? di divulgazione che approfondisce aspetti della vita culturale I temi sono variegati, teatro, musica, scienze, letteratura, storia dell’arte ecc. Secondo pilastro del monopolio legato a doppio filo al governo è l’informazione. Informare vuol dire raccontare, spiegare, mostrare quello che è successo nelle ultime ore o giorni, l’attualità e vuol dire offrire chiavi di lettura della realtà anche un po’ più trasversali. Il pilastro dell’informazione lungo tutta la fase iniziale della televisione si stabilizza sul telegiornale e sull’approfondimento. Il telegiornale nasce insieme alla televisione, negli anni sperimentali e all’inizio degli anni più stabili il direttore è Vittorio Veltroni, pian piano il tg si stabilizza e costruisce un suo pubblico e scandisce i vari momenti del palinsesto. L’edizione principale del telegiornale è quella delle 20.30, il tg1 nasce come telegiornale e basta ed è una delle trasmissioni più longeve. Inizialmente c’è uno speaker, Riccardo Paladini, che si limitava a leggere dei testi che erano preparati da una redazione di giornalisti, Paladini viene scelto perché ha una bella voce, radiofonica ma anche perché non è troppo piacente, perché altrimenti avrebbe distratto le spettatrici. Paladini rimane la persona più importante della televisione italiana per molto tempo, finché non rinuncia al ruolo perché era stufo di non cenare con la sua famiglia. Attraverso gli anni ’50 si capisce che è meglio affidare un ruolo a un giornalista, a qualcuno che scrive il proprio testo, che può interagire con ciò che dice e che può contribuire alla stesura e approfondimento della notizia. 1961 → Bernabei appena eletto direttore generale affida la televisione italiana a uno dei più importanti e popolari giornalisti, Enzo Biagi, a ribadire il ruolo che i giornalisti devono avere nella composizione del notiziario. Il tg risente molto inizialmente della vicinanza con il cinegiornale, forma di informazione a rullo trasmessi nei cinema prima dei film, perché in quegli anni non era possibile registrare in magnetico, questo vuol dire che nei primi anni il telegiornale trasmetteva notizie che erano più facilmente illustrabili, con servizi registrate molto molto prima. Uno dei primi giornalisti coinvolti nel telegiornale rivelava che a un certo punto il tg ha dovuto comunicare la morte di Stalin, ha recuperato delle vecchie immagini di un funerale in Russia a cui Stalin partecipava, perché non c’era niente di meglio. Era difficile dal punto di vista tecnico seguire l’attualità, anche per questo c’è inizialmente tre volte alla settimana, poi iniziano ad esserci le edizioni giornaliere e poi più edizioni, così si distanzia dal cinegiornale e si avvicina al radiogiornale. L’uso del nastro magnetico permette di registrare molto più in fretta e a montare velocemente, potendo così mostrare immagini più interessanti e più recenti. Durante le occasioni ufficiali il telegiornale si collega in diretta, dando l’impressione di immediatezza, raccontando una sintesi fresca di quello che è successo nelle ultime ore. Lungo gli anni ’50 il telegiornale diventa l’unico spazio capace di parlare assieme a moltissimi italiani, più dei giornali, questo porta con sé delle pressioni politiche. Il telegiornale è uno degli spazi più controllati da chi detiene il potere politico, è uno spazio che ha il ruolo di gatekeeping, è lo spazio che sceglie di che cosa parlare e di cosa no, sceglie cosa mostrare e cosa no, e sceglie come parlarne, se parlarne dando voce a tutte le parti politiche o a una sola, ne sceglie la posizione, la durata del servizio. Tutte queste scelte hanno una risultante nella nostra comprensione del mondo. In parallelo all’informazione una delle cose che c’è da sempre è lo sport, sia in termini di informazione sportiva, spesso indipendente dal telegiornale sia in termini di eventi trasmessi in diretta. La televisione italiana ha da sempre il programma La domenica sportiva, che tratta di calcio maschile, un altro dei programmi più longevi. Lo sport occupa, soprattutto la domenica, gli spazi che non sono occupati da programmi regolari, da sempre trasmette un tempo di una partita del campionato italiano, perché la tv non deve impedire alle persone di andare allo stadio. L’inchiesta C’è la necessità di offrire delle chiavi di lettura del presente attraverso degli altri generi informativi, il genere più importante tra questi nella paleotelevisione monopolista è l’inchiesta, è un buon modo di informare e di educare assieme. Informa perché è rivolta al presente, ma al tempo stesso potendosi prendere dei tempi più distesi rispetto al notiziario, si va ad aggiungere degli elementi che gli consentono di mettersi in contatto con altre persone, elementi, culture. I viaggi del telegiornale, la redazione del telegiornale racconta altri luoghi del mondo da vari punti di vista. Il modo degli italiani di quel tempo di viaggiare, di informarsi su luoghi diversi passa attraverso la televisione che arriva in casa e che arriva gratis, che vuole parlare a tutti in maniera trasversale, in modo più potente della radio perché ci sono le immagini. L’inchiesta possiamo dividerla in due grandi formati Inchiesta illustrativa → si concentra sui contenuti, la parte più importante del racconto è referenziale, è quello che contiene Inchiesta di scoperta → non solo ti racconta qualcosa, ma ti mostra il modo attraverso cui quel qualcosa si scopre L’inchiesta televisiva di questi anni è quella che fa conoscere l’Italia agli italiani, racconta un paese a se stesso e ne racconta sia le tradizioni, le diversità, le caratteristiche, allo stesso tempo l’inchiesta negli anni sessanta racconta il modo in cui il paese sta cambiando nel periodo del boom economico, dell’esplosione della società dei consumi, dell’industrializzazione. L’inchiesta in questi anni racconta il classico e il moderno del paese, la vita quotidiana delle persone comuni è un modo in cui prosegue l’interesse per il popolo iniziata nel decennio precedente dal neorealismo italiano. Zavattini oltre a essere uno sceneggiatore neorealista è anche un autore per la televisione. La donna che lavora - Zatterin e Salvi 1959) → serve a raccontare ciò che sta succedendo al nord e a mostrare una possibilità diversa alle persone del sud. L’inchiesta è anche motore di cambiamento non solo rappresentazione di ciò che sta succedendo L’Italia non è un paese povero - diretto dal regista comunista Ivens, 1960. Ottiene il finanziamento per questo documentario dall’ENI, guidata da Mattei, è il momento in cui l’Italia cerca di diventare indipendente dal punto di visto energetico. Raccontare ciò che sta succedendo e prefigurare ciò che sta per succedere. La prima sera della televisione italiana viene mandato in onda il film Le miserie del signor Travet di Mario Soldati, una persona strana, regista, scrittore, sceneggiatore teatrale ma anche personaggio televisivo. In televisione fa inchiesta, due in particolare sono molto lente ma molto interessanti e originali: Viaggio nella valle del Po alla ricerca dei cibi genuini 1957 → dodici puntate sulle tradizioni culinarie e culture regionali, partendo dalla fonte del po fino ad arrivare alla foce, intervista contadini, cuochi e cuoche, passanti, gestori di ristoranti, locali e lavoratori di vario tipo. Mostra i mezzi tecnici, parte della scoperta “i potenti mezzi della rai”. Si segue il conduttore nel suo viaggio in ogni cosa che fa, lui ci accompagna, anticipa i nostri dubbi, capiamo delle cose sull’Italia attraverso il suo viaggio Chi legge? Viaggio lungo le rive del Tirreno 1960 → struttura simile, collaborazione di Cesare Zavattini, il percorso segue il percorso dalla Sicilia fino alla Liguria seguendo il tirreno indagando sulle abitudini di lettura degli italiani, lungo questa strada Soldati intervista persone comuni, lavoratori, persone famose, professori, per dare conto a una varietà ampia di un paese che lentamente si sta modernizzando Le inchieste di Soldati sono le prime inchieste scoperta, i telespettatori imparano un sacco di cose attraverso il filtro del suo racconto e dei suoi occhi Specchio segreto 1964 → ideato, condotto e diretto da Nanni Loy, regista anche del neorealismo italiano, è un intellettuale pubblico che si mette in gioco con la televisione. È l’adattamento di un programma americano, ma è adattato con una mano particolarmente pesante e diventa completamente diverso e ci spiega bene cosa si intende con sguardo paternalistico e pedagogico di quegli anni. Nanni Loy “scopre” le candid camera, riprende in video e in audio dei momenti in cui delle persone vengono messe in una situazione difficile, imbarazzante o divertente con una telecamera nascosta. Nella televisione americana degli anni ’60 basata su un modello puramente commerciale è un meccanismo divertente. Nella televisione italiana viene ricondotto al genere dell’inchiesta, non si ride tanto per ridere, ma si ride imparando anche qualcosa, dalle situazioni leggere si possono fare delle riflessioni sul costume e sulla morale degli italiani. Le situazioni divertenti diventano il pretesto per moralizzare, non si può ridere e basta, c’è la dimensione dello spiegarti le regole della vita, dell’individuare cosa c’è di giusto e cosa c’è di sbagliato. Oltre informazione ed educazione, intrattenimento, riedizione di altri linguaggi e forme testuali ma anche scoperta della specificità del medium. La televisione fonda dei generi. Da un lato c’è la riedizione, si prendono forme mediali, artistiche e culturali precedenti e si inseriscono all’interno del nuovo media, allo stesso tempo viene istituito un sistema di generi molto chiari, il pubblico deve sempre sapere quello che sta vedendo, ci sono degli indicatori chiari, i programmi devono essere distinguibili, identificabili, non ci sono generi ibridi, arriveranno molto dopo, in questa fase ogni genere ha la sua etichetta chiara e dichiarata, gli spettatori non devono poter sbagliare, succede qualche volta ma se succede è fatto apposta. I generi sono divisi anche temporalmente, c’è una correlazione univoca tra la posizione nel palinsesto e il genere di appartenenza. L’intrattenimento televisivo nasce legato alle forme di entertainment nazionale, teatro, avanspettacolo, cabaret. Da un lato si guarda all’America anche se radicata in un sistema commerciale, dall’altro si guarda alla tradizione dell’intrattenimento italiano. Era un intrattenimento che rispondeva a un’idea di intrattenimento di classico, una tv caratterizzata da una molteplicità di figure, di occasioni, poche ma pensate e molto diverse l’una dall’altra. Il poco che viene fatto viene fatto a dovere, tutto è pensato nel dettaglio, è equilibrato, provato e riprovato, nulla è lasciato al caso, fatta da professionisti, dai migliori talenti, che ha come obbiettivo l’essere spettacolare, stupire, una televisione che vuole sorprendere. Quelle poche ore che ci sono devono essere impeccabili, il pubblico si premia guardando la televisione, ogni pezzo di intrattenimento è speciale, fa parte di un’eccezione 2/10 Esistono tanti generi di intrattenimento televisivo, ma i più grandi sono due: - Quiz show: programma in cui dei concorrenti partecipano per sottoporsi alle domande “difficili” e testare la loro conoscenza delle cose; il montepremi è significativo ma si deve meritare - Game show: simile al quiz ma molto più leggero; le domande sono molto più semplici e i premi meno significativi, ciò che conta di più nel game (letteralmente: gioco) è il divertimento Nel mondo anglosassone questa differenza è più marcata. L’Italia ovviamente guarda ai modelli americani. I programmi di questi generi vanno in onda tipicamente il giovedì sera, ma se in US durano circa mezz’ora, i format italiani hanno una durata maggiore, di solito di un’ora, in cui c’è spazio anche per musica, battute, ruoli di vallette, ospiti ecc. La rai ha il solito approccio pedagogico ai programmi, quindi coi quiz e coi game dà spazio e importanza a vari campi del sapere che devono essere trasmessi al pubblico per elevarlo culturalmente. Ci sono tre titoli in particolare che diventano popolari in Italia: - Lascia o raddoppia Il programma prende il posto di 200 al secondo ed è condotto da Mike Bongiorno, affiancato da una valletta: dapprima Maria Giovannini, poi Edy Campagnoli, quest’ultima più longeva (nessuna delle due parlava mai durante il programma). Il programma si ispira al format americano The 64.000$ Question, ma per spendere meno sui diritti la rai prende dalla versione francese Quitte ou double. Il programma consiste nel conduttore che pone delle domande al concorrente, che dopo ogni domanda, se ha risposto esattament, può scegliere di lasciare il programma e portare a casa il montepremi accumulato fino a quel punto, oppure di passare alla domanda successiva raddoppiandolo (praticamente l’antenato di Chi vuol essere milionario?) All’epoca i concorrenti non sanno l’effetto che facevano sul pubblico, che data anche la serialità settimanale del programma li seguiva tutti i giorni e li “divizzava”. Il successo del programma è così grande che anche i proprietari dei bar decidono di acquistare un televisore e di mandarlo in onda. I gestori di sale teatrali e cinema si lamentavano con la rai del fatto di aver perso clienti a causa del programma, che quindi nel palinsesto viene spostato dal sabato al giovedì. Ciò costringe comunque i proprietari dei cinema a trasmettere il programma su un televisore durate gli intervalli delle proiezioni. - Il musichiere Preso dal format americano Name that tune, viene “creato” dai creatori di Lascia o raddoppia (Garinei e Giovannini) e condotto da Mario Riva (ex conduttore di 200 al secondo). Il gioco consiste in una gara tra due concorretni seduti ciascuno su una sediua a dondolo che devono indovinare il nome di un brano suonato dall’orchestra e mascherato da suoni particolari: per indovinare bisogna alzarsi dalla sedia, correre e suonare la campanella, vince chi risponde con il titolo giusto. Qualche volta venivano invitati ospiti per delle goffe esibizioni canore. - Campanile sera Uno dei pochi format degli anni a essere inventato proprio in Italia, dà la consacrazione definitiva a Mike Bongiorno. I concorrenti sono due squadre di cittadini provenienti da due piccoli borghi italiani (di solito uno al nord e uno al sud) e situate nella loro città di origine al momento della trasmissione: infatti in ciascun paesino c’è un inviato del programma (Enzo Tortora e Renato Tagliani, col primo che viene poi sostituito da Enza Sampò, prima donna a non fare la valletta nella tv italiana). Le due squadre si sfidano in varie gare fisiche e sportive. Il format italiano viene ripreso in Francia e chiamato Interville, che poi diventerà la base per i cosiddetti Giochi senza frontiere. Mike Bongiorno lavora in tv sin dai primi giorni del lancio delle trasmissioni italiane; infatti è lui l’intervistatore dei passeggeri all’aeroporto di Fiumicino nel programma arrivi e partenze. Prima della carriera in tv combatté con la Resistenza nella seconda guerra mondiale e fu incarcerato dai tedeschi a San Vittore. Egli nacque a New York nel 1924 da madre italiana e padre italoamericano, quindi sia a causa della provenienza, della musicalità del suo nome e della “neutralità” della sua nazionalità e del suo accento (perfettamente italiano e non condizionato da dialetti), diventa una figura “iconica”, adatta per essere “internazionale” e “unire” le due culture. Umberto Eco, autore delle sue domande in Lascia o raddoppia, lo smerda pesantemente nel suo saggio “Fenomenologia di Mike Bongiorno” principalmente a causa della “mediocrità” che caratterizzava vari tratti della sua persona. Probabilmente però questa sua mediocrità è proprio il maggior fattore del suo successo, essere una persona media, vicina più alle persone “normali” del pubblico che alle grandi star degli schermi. Nonostante, anzi grazie all’assenta di accento dialettale nella sua parlata, Mike Bongiorno è riuscito ad alfabetizzare ancora più cittadini italiani di quanto avesse fatto Alberto Manzi (Tullio De Mauro, Mike e l’insegnamento dell’italiano). Negli anni successivi i format dei quiz subiscono solo piccole variazioni sul tema: prove d’intelletto vs prove fisiche, specializzazione vs cultura generale, cultura alta vs cultura popolare, bravura vs fortuna o sfortuna. Il successo rimane comunque grande, e mentre Mike Bongiorno continuano a essere popolare, diventano famosi altri suoi colleghi come lo stesso Enzo Tortora, Pippo Baudo, Corrado ecc. - Rischiatutto Classificabile quasi come l’ultimo quiz show della paleotelevisione, è un altro titolo importantissimo, condotto da Mike Bongiorno e dalla valletta neolaureata unimi Sabina Ciuffini. L’impianto è classico ma variegato: i concorrenti, di solito esperti di un determinato “settore” rispondono a una prima domanda di un argomento a scelta, e vanno avanti scegliendone altre di altri argomenti su un tabellone elettronico. La fase finale consiste nella scelta da parte dei concorrenti di una delle tre caselle poste loro di fronte, ciascuna contenete una domanda più o meno difficile che può permettere loro di vincere il montepremi. Il varietà è un altro genere di programma che consiste di solito in uno spettacolo comprendente vari “numeri” musicali, comici e di altro genere. Questo modello contamina e viene contaminato dai quiz/game, ma nasce in realtà da forme di spettacolo più remote praticate in teatro (varietà, cabaret, avanspettacolo e rivista) e in radio (varietà radiofonico, con orchestra e conduttore). Come sempre, questo modello si ispira ad altri modelli americani, come l’Ed Sullivan show e il Perry Como show (quest’ultimo trasmesso doppiato anche in Italia e rampa di lancio per vari personaggi famosi italoamericani, a partire dal conduttore). I varietà sono i primi programmi a prevedere prove in studio, che durano giorni e gironi e in cui tutto viene studiato e preparato nel minimo dettaglio, soprattutto il “copione”, il testo scritto, le scenografie e le coreografie musicali e ballate. In Italia coloro che portano in auge il genere sono il regista Antonello Falqui e il suo fidato produttore Giovanni Sacerdote. A partire dal 1955 viene trasmesso in tv anche l’intero Festival della canzone italiana di Sanremo, che prima era radiofonico. I primi conduttori a succedersi nelle edizioni sono Nunzio Filogamo, Mike Bongiorno e Pippo Baudo. Nel 1958 vince Domenico Modugno con Nel blu dipinto di blu, cantata anche in un’altra versione con Johnny Dorelli. Il cantante barese diventa popolare anche per le sue movimentate interpretazioni canore. Nel 1964 vince Gigliola Cinquetti con Non ho l’età, che diventa la prima vincitrice italiana dell’Eurovision song contest. L’edizione del 1967, in cui partecipano artisti italiano in coppia con colleghi stranieri, diventa famosa soprattutto per il tragico suicidio di Luigi Tenco, la cui canzone Ciao amore ciao, cantata con la sua allora compagna italofrancese Davida, viene eliminata prima della finale. La morte del cantautore piemontese diventa così popolare che diviene frutto di numerose teorie del complotto. Il più noto varietà italiano è Studio Uno (1961-1966), creato e prodotto da Falqui e Sacerdote e condotto dalla già affermata Mina, di tanto in tanto affiancata da vari ospiti come le gemelle Kessler, Rita Pavone, Gianni Morandi, il Quartetto Cetra, Walter Chiari e tanti altri. Studio Uno è il primo varietà a non usare nessuna attrezzatura di scena proveniente dal teatro, creando un set e anche un linguaggio puramente televisivo e puntando sempre alle esibizioni degli artisti migliori, tra comici, musicisti, cantanti, ballerini e ospiti. Particolarmente famose sono le sigle Da-da-um-pa e La notte è piccola, entrambe cantate dalle Kessler. 7/10 Ci sono varie forme e tipologie di varietà, una di queste è il varietà musicale, o meglio sopratutto musicale, non’è solo la musica ma è la assoluta protagonista del programma. Un programma significativo è Canzonisisma (1958-1974), legato alla lotteria di capodanno tramite l’estrazione dei biglietti. Nel programma si “scontrano” delle canzoni edite (non inedite come Sanremo). La sigla è molto dispendiosa, lunga e piena di personaggi, tutti facenti parti dell’industria discografica del tempo. Ogni edizione è diversa con le sue peculiarità, con dei meccanismi diversi e con cantanti diversi. Il varietà musicale attraversa tutto questo periodo, Teatro 10 ha due edizioni, 1971-1972, condotto da Mina e dall’attore Alberto Lupo, la canzone parole parole nasce proprio dall’esperienza di Teatro 10. Ha contenuto uno dei momenti più sensazionali della televisione, ovvero la condivisione del palco di Mina e Lucio Battisti. Il varietà musicale è uno dei sottogeneri del varietà, un altro sottogeneri è il varietà comico. In questo caso l’accento è quello dei comici, coinvolge comici, artisti e performer, ad esempio Vittorio Gassman, Walter Chiari Nel 1954 fino al 1959 va in onda il primo varietà comico della televisione italiana con alla guida Raimondo Vianello e Ugo Tognazzi, Un, due, tre. Fin dall’inizio il varietà comico da sempre parodizza la televisione italiana, come per esempio la parodia del viaggio sulle rive del Po di Soldati. La terza tipologia di varietà è il one man show/one woman show il varietà che sottolinea la carriera e la figura del conduttore, sono singoli interpreti al comando, alcuni esempi sono Rita Pavone, Sandra Milo, Gianni Morandi. Assieme ad Antonello Falqui un altro regista di varietà molto importante è stato Enzo Trapani, arriva dopo e opera innovazioni nella forma del varietà. In questo periodo è molto rilevante Senza Rete (1968-1975), varietà senza conduttore ma sono i cantanti che si presentano a vicenda, ogni puntata ha due cantanti di solito uno più conosciuto e l’altro più emergente e uno presenza l’altro. Inoltre le interpretazioni avvengono senza il playback a differenza dei varietà di Falqui, questo rende l’offerta più fresca e si apre alla possibilità di qualche sbavatura e imprecisione. Milleluci è un programma che dura otto puntate nel 1974, è i trionfo assoluto del varietà classico e al tempo stesso un indicatore della sua celebrazione e della necessità di cambiare le cose. La regia è di Antonello Falqui, ogni episodio è dedicato a una forma di spettacolo differente. La radio faceva 50 anni, viene celebrata anche nella prima puntata di Mille Luci, racconta la storia della radio sottolineando il periodo fascista. Un’altra puntata molto importante è quella per la celebrazione dei 20 anni di televisione, confezionando al suo interno vari spettacoli, esibizioni. Milleluci è importante anche perché vede una doppia conduzione femminile affidate a Mina, ormai veterana della televisione nonostante la giovane età e una figura relativamente emergente ovvero Raffaella Carrà. Mina è la televisione classica, vecchia, la perfezione tecnica ma l’ingessatezza, la Carrà invece è una ventata d’aria fresca, che non è tecnicamente avanzata come Mina ma sa fare tantissime cose e porta novità. Lo sceneggiato Lo sceneggiato è quello che oggi chiamiamo fiction o serialità, nasce dal tele-teatro, ovvero dal teatro filmato, porta la televisione a sviluppare una capacità narrativa maggiore, più ampia e interessante. Perché non raccontare delle storie in una situazione a metà tra teatro e cinema, perché non fare delle storie ad episodi? A partire dalla meta degli anni ’50, soprattutto quando i mezzi di registrazione iniziano a perfezionarsi si aggiunge ai generi televisivi lo sceneggiato. Che lo sceneggiato sia di derivazione teatrale dalla presenza dei suggeritori, dalla possibilità di imprevisti, che viene tutto ripreso ma come se si fosse a teatro e che ci siano solo scene di impianto teatrale in interno e nessun esterno. Se all’inizio si vedono delle elaborazioni e allungamenti del teatro filmato lungo gli anni diventa una modalità di racconto autonoma, con produzioni più complesse, con un linguaggio sempre più vicino a quello del cinema, con l’uso della pellicola e le riprese in esterno, ora si può registrare e montare, senza essere più vincolati a una diretta. Negli anni ’60 si sviluppano, negli anni 70’ raggiungono l’apice anche con un grande sforzo produttivo: scenografie sempre migliori, casting prestigiosi, effetti visivi. Ha una collocazione prestigiosa nel palinsesto, un’ora, un’ora ammezza nella domenica sera. Ancora una volta ha obbiettivi pedagogici ed educativi, in Italia per adempiere a questi compiti si mettono in scena i romanzi sceneggiati. Romanzi, racconti, storie letterarie sono le storie degne di essere messe in scena in episodi, sin dalla scelta dei temi c’è un’intenzione educatrice. La televisione italiana si pone il problema di mettere a disposizione una biblioteca semplificata per tutti, anche per chi non sa leggere. Le cose che differenziano l’approccio statunitense alla serialità dall’approccio europeo è che in America la serialità televisiva è l’equivalente dei film di serie b, Hollywood si butta nel mondo televisivo e produce delle serie partendo dai generi cinematografici, mentre in Europa le fonti delle storie sono letterarie, il racconto fine a se stesso non esiste, c’è una dimensione molto più letterale e teatrale rispetto alla dimensione cinematografica bassa statunitense. Siccome le storie vengono tratte dai libri non si tratta di una lunga serialità, dagli otto ai dieci episodi, che possono avere relativamente poco sviluppo nel corso del tempo. Adattamento di opere letterali o teatrali oggetto di una novellizzazione, narrativizzazione. Si riducono i testi ma in modo fedele. Sono storie che il pubblico o deve conoscere o conosce già. Lo sceneggiato fa riferimento a quello che era tipico nei romanzi dell’ottocento (feuilleton), lo divide in puntate Secondo tipo: biografie di uomini illustri, chi sono le figure più importanti della nazione. Sono agiografie, ovvero le storie dei santi, perché la presenza del vaticano era molto ingombrante, ma anche storie di uomini illustri eroi per un motivo o l’altro, come Galileo, Puccini. C’è una terza categorie, minoritaria ma interessante, ovvero gli originali televisivi, scritti appositamente per la messinscena televisiva. Ci sono due registi particolarmente importanti nel modo dello sceneggiato. L’inventore del tele-romanzo è Anton Giulio Majano, è un regista che si occupa già dalla prima metà degli anni ’50 si concentra sull’adattamento dei romanzi italiani. Già dai titoli si capisce cosa si intendeva con adattamento generale, alcuni nomi sono Piccole Donne, La cittadella, David Copperfield. L’idea è un’idea profondamente umanistica ed europea, non si promuove solo la letteratura italiana, in sostanza si produce la classica narrativa italiana degli anni ’50. Attraverso Majano possiamo vede il passaggio tra lo sceneggiato molto dipendente dal teatro e lo sceneggiato vicino alla vita del cinema. Sceneggiato letterario, classico, melodrammatico, spesso sono più le emozioni che la realtà che le scaturisce, I figli di Medea, originale televisivo 1959, vuole alludere a una situazione molto classica, anche se in realtà è uno sceneggiato di uno sceneggiato, Inizia con un telegiornale, riprendendo il concetto della guerra dei mondi. È uno di quei progetti che negli anni ’60 verrà messo da parte. Sandro Bolchi, è più interessato alla fedeltà alle opere originali, l’elemento di riduzione ecc di un romanzo deve essere accuratamente controllata, è accusato di una certa pesantezza. ES.Il mulino del po, Anna Karenina Nel 1967 Bolchi attua la trasposizione televisiva dei promessi sposi, sono otto puntate ciascuna focalizzare su un personaggio del romanzo, rispetto al resto c’è un frate scorzo tecnologico. Nella voce narrante, presa paro paro dal libro, ci sono delle cose addirittura prese dalle note del libro, c’è un grande sforzo tecnologico. Viene usato un linguaggio cinematografo. C’è un rimo inesistente. Lo sceneggiato aveva a disposizione varie possibilità in termine di fonte. Lungo gli anni sessanta e a inizio settanta ci sono tentativi di serialità maggiore. Un’altra sottocategoria dello sceneggiato è quello rivolto ai ragazzi, in cui si frapponevano libri per ragazzi in modalità seriale, come ad esempio Gian Burrasca con protagonista Rita Pavone. Un altro modo di serializzare è la trasposizione del romanzo giallo, anche in questo casi si tratta di riferimenti letterari: Giallo Club (1959), Ritorna il tenente Sheridan (Randi, 1963) Tra i generi della finzione all’inizio degli anni settanta è particolarmente importante la fantascienza, l’avventura e il fantastico. Altra direzione ancora l’avventura esotica, ancora una volta tratta dalla letteratura, con questa tendenza ci si avvicina sempre di più ai generi cinematografici. Un altro caso è quello della co-produzione colossale del 1968, ovvero l’Odissea, regista franco Rossi. Questa odissea è un progetto molto grande e ambizioso, ha bisogno di risorse e respiro, queste cose vengono trovate attraverso una modalità tipica del film americano che inizia ad arrivare in Italia: la co-produzione internazionale. Gli attori vengono scelti perché sono più vicini ai gusti dei vari paesi coinvolti in questo progetto. Iniziano a diventare kolossal. È interamente girato a colori e poi trasmesso in bianco e nero perché non esisteva la tecnologa giusta. Carosello Il Carosello è la prima forma di pubblicità sulla televisione italiana, c’è una collaborazione tra Rai (concessionaria di pubblicità) e Sacis (produzione pubblicitaria). In Italia la decisione cambia molto presto, nel 1954 la televisione italiana non ha pubblicità, adotta le indicazioni dei vari servizi europei. Il 3 febbraio del 1957 la pubblicità trova la sua prima forma nella televisione italiana, da quel giorno fino al primo gennaio del ’77 la pubblicità nella televisione italiana si chiama Carosello, caratterizzato da regole stringenti che è il solo deputato a distribuire pubblicità. Carosello nasce dalla televisione italiana degli anni ’50 che non aveva bisogno di risorse dalla pubblicità, ma sono le aziende che pregano la Rai di raggiungere le persone che guardano i programmi ogni giorno, nel 1957 è il momento del boom economico, di una società dei consumi, l’Italia era un cumulo di macerie, dilaniata dalla seconda guerra mondiale, foraggiata dal piano Marshall, soddisfatti i bisogni primari le persone si possono permettere di comprarsi tutte cose che negli anni precedenti erano riservate a un’élite minuscola, come acqua corrente, frigorifero, lavatrice, televisione ecc. In questo allargarsi verso i consumi Carosello diventa uno dei fattori, la televisione, esso stesso elemento di consumo, consente alle persone di conoscere i prodotti della nuova società dei consumi. Carosello è il modo in cui la Rai da spazio alle imprese ma tenendo il coltello dalla parte del manico, i primi anni di pubblicità c’erano solo 10 minuti di pubblicità alle 20.50, tra il telegiornale e lo spettacolo, quattro spettacoli pubblicitari che rispettano una serie di regole. La televisione vuole che la pubblicità siano spettacoli all’altezza del pubblico, è uno spazio di creatività enorme che il pubblico non vede l’ora di vedere, talmente tanto che entra l’abitudine che i bambini vadano a letto dopo Carosello. 8/10 Sacis, ente della rai che produce le pubblicità se le aziende stesse non ne sono in grado. Carosello offre pochissimo spazio, ogni sera in una giornata televisiva vanno in onda 4/5 messaggi pubblicitari, il che vuol dire che le aziende devono mettersi in coda per essere mostrate in televisione, prima di arrivare a Carosello la Rai ricatta le aziende obbligandole a spendere moltissimo in pubblicità in altri media. Carosello nasce dall’esigenza di non esagerare con la pubblicità e quindi fornisce delle linee guida stringenti, gli spot durano 2 minuti e 15 secondi, di cui 1 minuto e 45 secondi di spettacolo puro e poi solo alla fine si arriva ai 30 secondi in cui si può svelare l’azienda inserzionista, la prima parte si chiama pezzo, mentre la seconda si chiama codino. Queste regole col tempo vengono ammorbidite. Il marchio può essere citato un massimo di sei volte contando sia le volte in cui viene mostrato sia le volte che viene pronunciato. Nessun carosello poteva andare in onda due volte, ogni spettacolo doveva essere unico, uno stesso marchio se voleva tornare su Carosello doveva ideare un nuovo spot. Questo fa sì che tante aziende decidono di usare il proprio carosello come parte di una serie di episodi, tutto deve essere nuovo, ma può fare parte di una serie. Questo fa sì che si crei un immaginario di personaggi, storie e testimonial. C’è un’attenzione molto forte alle situazioni mostrate, a cosa viene pubblicizzato, non esistono caroselli per la biancheria intima perché non era ritenuto conveniente, però ai super alcolici sì!! Attenzione all’aspetto etico e morale. Queste indicazioni sono la grande ricchezza del carosello, questi vincoli hanno consentito al Carosello di diventare uno spazio di creatività molto ricco. Questa è anche la condanna di Carosello, nel 1977 i rapporti tra Rai e aziende si sono invertite e si va verso una commercializzazione della pubblicità che ci porta alla pubblicità odierna. Carosello ha degli innesti commerciali in una televisione pedagogica, a costruire ed inventare la serialità in Italia è proprio Carosello, che diventa quasi una fabbrica di episodi e creatività, le grandi star del cinema e della televisione vengono utilizzate come testimonial, si creano delle abitudini linguistiche. Col passare degli anni si aggiungono dei momenti nei palinsesti per aggiungere pubblicità ma non con la stesso prestigio di carosello Si viene a creare uno spazio che in Italia non esisteva e poi si perderà, l’industria dell’animazione. Carosello è uno spazio che può fare tutto e assorbe tutto, utilizzando professionisti da tantissimi ambiti. Nella fine degli anni ’60 si viene a sviluppare un legame con l’arte contemporanea e con la pop art all’italiana, Carosello è come un vampiro nella sua capacità di assorbire tutto ciò che succedeva nel mondo artistico e pop. Ci sono citazioni più o meno dirette degli esperimenti visuali della pop arti, c’è un’iterazione di immagini riprodotti in serie e immaginari ripetuti nella serialità. Carosello della Peroni, protagonisti Terence Hill e modella svedese? Carosello gringo, carne montana, ancora oggi abbiamo lo stesso immaginario e personaggio, portatore di una tradizione che parte dal ’66, riprende l’immaginario della pop art. Animazione e ricerca grafica, sviluppo di un’industria del cartone animato che in quegli anni è centrale, uno dei centri dove si fa l’animazione italiana è a Cologno Monzese (dove oggi c’è Mediaset), oltre al cartoon anche altre pratiche di animazione come stop motion o animazione passo uno. Società di produzione e agenzia pubblicitaria più importante italiana. Due coni che diventano due personaggi, Caballero e Carmencita per il caffè paulista della Lavazza La Philco ambienta i suoi caroselli sul pianeta Papalla dove tuti i personaggi sono sferici e queste sfere che non ricordano la figura umana ci porta alla scoperta degli elettrodomestici L’ippopotamo Pippo, pannolini della Lines, il primo disegno di Pippo è di un artista della pop art italiana, Gilardi. Tutte queste pubblicità sono firmate Armando Testa Animazione sperimentale, linea di Osvaldo Cavandoli per le pentole della Lagostina, usare un’unica linea per raccontare delle storie, in maniera trasversale era un appuntamento atteso anche dai più piccoli, uno spettacolo del genere in un periodo con poca offerta diventava uno dei momenti più importanti della giornata. Conduttori, attori e musicisti venivano coinvolti. Collaborazione tra Mina e Barilla, questi caroselli hanno una definizione molto semplice, sono canzoni, la parte spettacolare dei Caroselli di Mina è lei che canta una canzone e nel codino spiega perché comprare quel formato di pasta. Ogni ciclo di caroselli di Mina ha registi e caratteristiche diverse. I Caroselli vanno dal 1965 al 1970 Ciclo affidato a Piero Gherardi 1967: le canzoni di Mina per Barilla interpretano mina come opera d’arte, il costumista Gherardi costruisce attorno a lei sia abiti che scene che rendono evidente quanto quella sia un’opera d’arte 1970 il ciclo viene affidato a Valerio Zurlini: in questo caso Mina si esibisce davanti alle opere d’arte, in ognuna di queste puntate Mina canta una canzone davanti alle tele degli artisti più importanti in Italia Ogni ciclo porta co use le sue specificità e la sua rilettura, è un numero del varietà promosso e regalato da Barilla, cercando di fare meglio dei varietà offerti dalla televisione. Neotelevisione All’inizio degli anni ’70 succedono molte cose importanti che cambiano la televisione italiana, a metà degli anni ’70 si passa dall’epoca della scarsità all’epoca della disponibilità. Nello stesso periodo ci si contamina con il modello americano, dalla paleotelevisione passiamo a una neotelevisione. Fase di transizione che ha delle caratteristiche differenti da tutti i punti di vista rispetto alla situazione precedente. Questo cambio di passo avviene lentamente, ce ne si accorge a metà degli anni 70’. La televisione italiana nei primi anni è un blocco coerente, c’è un controllo politico saldo attuato dalla DC, c’è un monopolio, un unico telegiornale, c’è la direzione generale di Bernabei fino al 1974 quando si dimette. L’Italia di quegli anni sta cambiando di nuovo, all’inizio degli anni sessanta, l’Italia si modernizza, industrializza, è attraversata dal boom economico. Alla fine degli anni sessanta questo modello ottimista e positivo inizia a mostrare delle crepe, i figli di chi aveva vissuto il boom economico vogliono di più, sono colo che mettono in luce le criticità del modello commerciale e capitalista, nasce il movimento del ’68. Esplode il movimento del 68’ prima come movimento studentesco e poi come movimento operaio portando avanti una dimensione di genere, di classe. Questi movimenti stanno succedendo ma la Rai non li racconta o li racconta poco, ma le persone se ne accorgono. C’è la richiesta di una controinformazione, il servizio pubblico monopolista sta stretto a tutti, dai partiti politici a chi manifesta. Dentro alla Rai lungo tutto questo periodo gestito da Bernabei ci sono state un sacco di lotte (il potere si ribilancia quando sale al potere il PSI) per il mantenimento del potere, Bernabei deve tenere conto anche di altre figure al di fuori del suo partito, anche questo testimonia una certa insoddisfazione rispetto al modello classico monopolista. Tutto quello che all’inizio (1952-1954) sembrava logico, normale, giusto, vent’anni dopo non si spiega e giustifica più. Nel ’52/’54 si poteva dire che in Italia non ci fossero abbastanza frequenze per avere davvero una televisione pluralista, all’inizio degli anni ’70 non si poteva più dire questa cosa, la rai continuava a dirlo ma la tecnologia era migliorata e si potevano tranquillamente superare quei vincoli tecnologici. I costi delle apparecchiature televisive e radiofoniche erano scesi ed erano diventati alla portata di chi voleva investirci. I costi di produzione dei vari programmi si riducono. C’è una ragione politico-ideale, una ragione politico-partitica, c’è una ragione tecnologica che finiscono tutte per minare la validità di quel monopolio che fino a quel momento aveva lasciato allo stato l’unica possibilità di fare trasmissione televisiva e radio. 1972 a Biella iniziano le trasmissioni di una televisione privata, locale e via cavo: Telebiella Privata: non è finanziata da soldi pubblici ma dalla pubblicità Locale: la trasmissione è limitata a una certa area geografica (cittadina, provincia, pezzo di regione) Via Cavo: la trasmissione viene mandata in onda attraverso una cablatura e non attraverso l’etere, è una tecnologia già diffusa negli Stati Uniti e in Germania, in Italia non attecchirà mai veramente Tutto ciò serve a fare delle televisioni libere, che vadano oltre e si aggiungano al monopolio RAI. TeleBiella non è stata la prima, ci sono tante esperienze in tanti posti italiani in cui si vengono a sviluppare esperimenti di trasmissione per qualche ora al giorno. TeleBiella è la più importante perché è la prima ad essere denunciata dalla RAI per infrazione al monopolio che ancora era in vigore. È importante anche perché è fondata da un regista che aveva a lungo lavorato in RAI quindi si era portato nell’esperienza della televisione privata un expertise, Giuseppe (detto Peppo) Sacchi che decise di colmare dei buchi che vedeva sia in termini di opportunità lasciate libere che in termini di cose che la RAI non riusciva a fare. Peppo Sacchi la chiama una telecortile, una televisione che non vuole sostituirsi alla RAI o rivaleggiare, ma che si sostituisce a quelle serate che le persone del paese passavano nei cortili a fare festa ecc. Una televisione che risponde alle necessità di un territorio, di uno spazio locale, una televisione che non ha ambizioni spettacolari ma che vuole rispondere a delle necessità come informare su cosa succede sul territorio o trovare persone che facciano spettacolo sul territorio nei tempi e modi lasciati liberi dalla rai. Tra le varie persone che Sacchi trova per Telebiella c’è Ezio Greggio. 1973 TeleBiella a seguito della denuncia viene chiusa dall’autorità giudiziaria perché non aveva l’autorizzazione a trasmettere del ministero, Sacchi, Telebiella e altri emittenti nella stessa situazione reagiscono. Nel frattempo alcuni imprenditori decidono di andare a costruire delle emittenti televisive subito oltre confine, televisioni formalmente straniere ma che in realtà orientano i loro recettori verso l’Italia e trasmettono in italiano programmi e pubblicità. TeleMonteCarlo nel principato di Monaco, TeleCapoDistria nella ex Jugoslavia, a queste si aggiunge anche la televisione pubblica della Svizzera: in tutti e tre questi casi i segnali arrivavano anche nel nord Italia. Era un escamotage, formalmente queste televisioni erano straniere e quindi non infrangevano nessuna norma di legge, ma che poi sostanzialmente cominciavano a proporre alternative a un pezzo di pubblico Italiano. Anche in questo caso la Rai si arrabbia e decide di disturbare l’emissione di questo segnale: i ripetitori sono all’estero per cui non ci può fare nulla, però può mettere dei disturbi sullo spettro delle frequenze per rendere più faticosa la cattura del segnale da parte dei televisori. Anche in questo caso le tv straniere decidono di ribellarsi, sia le televisioni locali via cavo che le televisioni straniere “pirata” si appellano alla corte costituzionale. Nel 1974 la corte costituzionale emette due sentenze importanti: Una prima sentenza dice: le televisioni via cavo private locali possono trasmettere, non è la stessa cosa del monopolio nazionale via etere che ha la Rai. Le tv, purché rimangano via cavo e locali operano in un mercato diverso e non sono in competizione diretta con la Rai. La seconda sentenza dice: la RAI non può disturbare il segnale delle emittenti straniere, questi tentativi di oscurare un segnale proveniente dall’estero sono illegittimi. In entrambi i casi la corte costituzionale dice “però non siamo noi a dover intervenire su questa materia, noi diciamo cosa costituzionalmente ha senso, poi è il parlamento ad occuparsene”. Già dall’inizio degli anni ’70 in parlamento è nata la discussione e si sa che si deve rimettere mano al servizio pubblico radiotelevisivo, il 14 aprile 1975 si trova un accordo per una legge che regoli il sistema radiotelevisivo italiano, la legge numero 103, la legge di riforma della RAI. La legge di riforma della Rai interviene su vari elementi, il primo elemento è il pluralismo che era già richiesto da anni da più parti, si decide che la gestione della Rai passi dal governo al parlamento, non alla maggioranza espressa dal voto ma a tutte le forze rappresentate dal parlamento (comprendendo quel 30% di italiani che vota PCI), a gestire la televisione e la radio è una commissione parlamentare (che esiste tutt’ora), la commissione parlamentare di vigilanza del servizio pubblico radiotelevisivo, proprio perché devono avere voce in capitolo non solo la maggioranza ma anche le minoranze rappresentate in parlamento. Il vantaggio è che iniziano ad avere voce tanti italiani che non votano per il partito di maggioranza, lo svantaggio è che alcune forze non sono rappresentate in parlamento e continuano ad essere escluse (tutto il movimento extraparlamentare che stava alla base del ’68 e del ’77 continua a non centrare nulla). Finalmente la Rai può essere più pluralista, non c’è una concorrenza ma c’è pluralismo interno, ma il lato negativo è che la Rai continua col suo diventare una grande torta dove i vari partiti vogliono tagliarsi le loro fette. Questo fenomeno era già presente prima nella Rai di Bernabei, che in un’intervista alla fine degli anni domanda dice che “era consuetudine che allora prendessimo un democristiano, un liberale, un socialista, un comunista e poi uno bravo” ma con questa legge di riforma della Rai e il potere passato al parlamento questa cosa viene formalizzata, ogni partito ha voce in capitolo nello scegliere alcuni dirigenti, direzioni e testate. Con la legge di riforma Rai si chiede di fare un terzo canale, che arriverà nel 1979, in modo che le fette di torta grandi siano tre, il primo canale, allora Rete 1, della Democrazia Cristiana, il partito principale di governo, il secondo canale per il secondo partito di governo, il Partito Socialista, e il terzo canale per il principale partito dell’opposizione, il Partito Comunista. Si decide di creare delle testate diverse che si fanno concorrenza tra di loro, Rete 1 inizia a fare concorrenza a Rete 2 e poi a Rete 3, si creano testate differenti anche per il telegiornale, che fino ad allora era uno solo, TG1, TG2 e poi TG3, per avere punti di vista politicamente diversi, bello perché aumenta il pluralismo, brutto perché le fette di torta iniziano a dividersi ulteriormente con troppa prevedibilità. Viene prevista anche la possibilità da parte delle associazioni, dei movimenti, dei gruppi organizzati di cittadini di prendersi un pezzo della programmazione televisiva, quelli che vengono chiamati programmi dell’accesso, il titolo del programma era Spazio Libero, in teoria anche chi non era rappresentato in parlamento può accedere alla ribalta televisiva, in realtà spesso e volentieri i programmi dell’accesso erano orrendi, non professionali, senza sapere le caratteristiche del linguaggio televisivo e quindi sì, veniva data mezz’ora alla x associazione che però non sapeva bene che farsene e quindi gli spettatori avendone la possibilità guardavano altro. Come sempre succede con tutte le leggi che riguardano la televisione in Italia, è il risultato di un compromesso, cioè è insoddisfacente. Le forze politiche ci mettono una vita ad accordarsi e alla fine l’accordo non accontenta davvero nessuno e che quindi è già amputato in partenza. Questa cosa è ancora più evidente perché la legge del 1975 recepisce quello che la Corte Costituzionale aveva detto nel 1974 con le due sentenze ma non mette nient’altro sulla dimensione privata che nel frattempo sta esplodendo: è una legge che è già in ritardo nel momento in cui viene promulgata. Si occupa di pluralismo, di televisioni estere ma nel frattempo appena la Corte costituzionale ha resto possibile la trasmissione su area locale via cavo le reti via cavo locali iniziano a trasmettere su etere, perché via etere non c ‘è bisogno di cablare i palazzi, ci sono le frequenze, la televisione già c’era tanto vale farla un po’ di più e un po’ meglio. In questi anni proprio mentre il parlamento legifera c’è un primo fiorire di televisioni via cavo ma c’è anche un secondo fiorire di televisioni via etere e in quello stesso periodo c’è il fenomeno dei cento fiori delle radio private e delle radio libere. Si rimane sull’ambito locale ma si passa alla trasmissione via etere capace di coprire più territorio e raggiungere molte più case con molti meno costi. Il fenomeno dell’esplosione delle radio e delle televisioni libere in questi anni è spesso messo assieme, ed è vero perché le leggi sono le stesse, i fenomeni sono gli stessi c’è però una differenza: le radio libere possono essere libere davvero, nel senso che per fare una radio serve un microfono, un trasmettitore, un giradischi e pochissimo altro, chiunque può costruire una propria radio, sono libere davvero legate a movimenti politici, gruppi di espressione, mentre per fare una televisione sono richieste telecamere, studi, richiede non soltanto l’audio ma anche il video ed è una dimensione sia più costosa che più impegnativa, per arrivare a dei livelli professionali di video e audio serve molto di più quindi in realtà le televisioni libere non sono mai state pienamente libere nel senso che bisognava avere dei soldi e bisognava avere delle competenze, è sempre stata una cosa non completamente dal basso ma una cosa artigianale e imprenditoriale, le televisioni sono televisioni che devono fare i conti subito con il bisogno di soldi, con la pubblicità e con le risorse, perché fare televisione costa. Le radie possono essere ancora libere e idealistiche, in televisione il problema economico nasce fin da subito, oltre alla dimensione ideale c’è anche quella commerciale. Le televisioni libere sono quelle che raccontano il territorio nel suo tutto, dallo sport al dialetto alla politico e ne nascono dappertutto con nomi anche molto particolari come TeleTorinoInternational, TeleCento, TeleReggio, in ogni cittadina nascono con storie diverse tantissime possibilità. Queste televisioni sono interessanti e nuove perché sono diverse: innanzitutto perché affrontano temi e utilizzano dei linguaggi che sono diversi dai linguaggi tipici della televisione fino ad allora. È un linguaggio molto più diretto, informale, addirittura dialettale o comune con una cadenza specifica, temi che vengono considerati più vicini (festa del patrono, cosa succede nel paese) ma al tempo stesso è uno spazio completamente libero dove alle persone che sono lì più o meno per caso viene dato spazio per innovare e c’è spazio anche per dei contenuti più rischiosi: due sono innovazioni importanti della televisione locale, le televendite, quindi una forma di pubblicità estremamente diffusa e capillare in queste televisioni che sono private e che devono mantenersi, che sono obbligate da degli imprenditori. L’altra questione è che nella seconda metà degli anni ’70 l’Italia si sta un po’ liberando dalle maglie paternalistiche, cattoliche e vaticane ed è un fenomeno che attraversa tutti i media, dal cinema all’editoria, si libera anche un po’ dalla bigottezza di una certa morale comune condivisa, la televisione locale fa parte di questo cambiamento con i programmi soft core o la pornografia. I palinsesti notturni delle televisioni locali diventano uno spazio libero, pirata, fuorilegge di trasmissione di materiali pornografici. La seconda metà degli anni 70’ è anche uno spazio di liberazione dolce, nel senso che molto spesso le televisioni locali vanno a inserire nella loro programmazione cose che possano richiamare l’attenzione del pubblico in particolar modo il pubblico maschile. Ad esempio TeleTorinoInternational trasmette “spogliamoci insieme” chiamato e poi imitato da tantissime altri reti locali come “lo spogliarello delle casalinghe”: ragazze giovani che volontariamente si proponevano per mettersi come concorrenti in questo gioco che lo portava a spogliarsi, ci sono due chiavi di lettura radicalmente opposte, entrambe vere: il primo è una forma di liberazione sessuale e in una prima fase lo è, persone che decidono di autodeterminarsi rispetto ai loro corpi con il mezzo televisivo, persone normali, non modelle. Il secondo modo in cui possiamo leggere questo è la mercificazione del corpo femminile, perché quella che è autodeterminazione viene immediatamente sfruttata. Oltre a tutto ciò c’è la raccolta pubblicitaria, non solo per le televendite ma anche dentro i programmi televisivi, che si esplicita anche con l’aiuto delle attività commerciali della zona, dimensione vicina, ruspante, artigianale, ingenua, naïf Nel 1976 queste emittenti si rivolgono alla corte costituzionale, che emette la terza sentenza in tre anni in ambito radiotelevisivo che dice che le emittenti locali possono trasmettere anche via etere, non è concorrenza con il monopolio a patto che si rimanga in ambito locale, e anche in questo caso dice che dovrebbe essere il parlamento a fare una legge, questa legge arriva nel 1990. Questo vuol dire che nel 1976 le emittenti locali possono trasmettere, la Rai deve fare i conti con questa cosa, ma soprattuto lo stato smette di intervenire, ma abbiamo a che fare con quella che possiamo chiamare Deregulation o deregolamentazione, un periodo di vuoto normativo. Il 1977 è l’ anno in cui la tv italiana inizia ufficialmente a trasmettere a colori, in ritardo rispetto ad altri paesi come gli Stati Uniti perché il PRI, esprimeva il ministro delle telecomunicazioni e poste, il leader La Malfa si espone dice che la televisione italiana è un lusso e l’Italia non se lo può permettere, quindi non ci prova neanche e verrà tutto rimandato al ’77. Gli standard della televisione a colori vengono utilizzati come standard Quello che trasmette la televisione a colori degli inizi è un colore artificiale e diverso, è una limitazione tecnica ma che sottolinea ancora di più l’artificialità e la modernità del mezzo televisivo. Nel momento in cui la rete uno e la rete due si fanno concorrenza e il panorama televisivo si complica, la rete tre del PCI diventa la rete culturale, nasce anche come rete regionale come via di mezzo tra la dimensione capillare locale e quella nazionale, in questo periodo nascono le sedi regionali della rai e i telegiornali regionali. 9/10 TeleMilano, inizialmente TeleMilanoCavo (quando è una televisione via cavo) , poi TeleMilano58 (quando diventa via etere). È un caso estremamente interessante per tre ragioni: Sta nel mezzo di tutto ciò che è già presente nel panorama televisivo, gli anni 70’ sono molto ricchi da tutti i punti di vista, hanno molte spinte dal basso più o meno solide, tra queste esperienze, perfettamente in linea con le altre esperienze c’è anche TeleMilano. TeleMilano è esempio di una di quelle emittenti locali che hanno fin da subito una progettualità più grande delle altre, è più strutturata, più ricca ,ha da subito progetti di crescita ed espansione. Di televisioni del genere non ce ne sono poche, in tanti contesti locali ci sono tante esperienze che cercano di fare più degli altri. La storia di TeleMilano è la radice da cui nascono i canali del gruppo Fininvest, la odierna Mediaset. Oltre ad essere un caso interessante di televisione locale tra le altre, oltre ad essere un caso di televisione locale con più ambizione delle altre, è un caso di televisione locale che tra le tante televisioni che ambivano a diventare qualcosa si più, TeleMilano è quella che c’è riuscita e c’è riuscita meglio di tutte le altre. TeleMilano nasce nel 1974 e nasce come televisione via cavo e segue l’evoluzione delle altre emittenti. TeleMilano è la televisione via cavo che viene progettata per la nuova città giardino che nasce alle porte di Milano, a Segrate, il costruttore di questa città giardino è Silvio Berlusconi, che nel 1974 è immobiliarista, è costruttore, crea quartieri e palazzi, la sua azienda si chiama Edil Nord. Milano 2 è uno dei fiori all’occhiello della sua carriera da palazzinaro e immobiliarista, la zona è ottima perché non passano gli aerei, si trova di fianco all’ospedale San Raffaele che viene costruito nello stesso periodo, è una città pensata come una città del futuro vista dagli anni ’70, è una gated community all’americana che viene pensata per tenere nascoste le strade: immensi giardini, laghetti, ponti pedonali che passano sulle strade. Nel 1974 Berlusconi non pensa ancora minimamente alla televisione, sono due altre figure che ci pensano: Alceo Moretti e Giacomo Properzij che gli propongono di pensare a una televisione di quartiere in vista della realizzazione di Milano 2, tutte le nuove costruzioni sono già cablate in modo da non far vedere le antenne che sono antiestetiche, in tutte le case la televisione arriva già via cavo quindi perché non fare una televisione. Properzij e Moretti creano quindi TeleMilano, non passa molto tempo e Berlusconi si accorge che la televisione ha un certo futuro e quindi già nel 1976 l’esperienza di Moretti e di Properzij viene rilevata da Berlusconi. Nel momento in cui la compra Berlusconi pensa già di fare qualcosa di più grande rispetto a una tv di quartiere e quindi decide che gli studi devono stare in un posto spazioso, inizia a ragionare su degli accordi pubblicitari ma soprattutto capisce che deve passare dalla trasmissione via cavo alla trasmissione via etere come stanno facendo tutte le televisioni più ambiziose. Il ripetitore di TeleMilano viene messo in cima al grattacielo allora più alto di Milano, il grattacielo Pirelli, mettendo il ripetitore lì riesce a coprire tutta Milano e tutto l’hinterland. Si decide di espandere questo progetto, TeleMilano non è più l’emittente via cavo legata alla città giardino ma diventa l’emittente via etere che copre tutta sola città di Milano, una delle più importanti e tutto il suo hinterland. Nel 1978 TeleMilano inizia a trasmettere regolarmente garantendo un palinsesto di otto ore al giorno tutti i giorni, a volte colmando i buchi lasciati ancora dal palinsesto rai, altre volte andando in netta contrapposizione con esso. Berlusconi quando decide di fare sul serio con TeleMilano chiama Mike Bongiorno, conduttore nazionale per eccellenza ma come racconta lui stesso in quel periodo tutti gli altri non sapeva se gli sarebbe stato rinnovato il contratto in Rai, per parlare con il dirigente doveva aspettare tempi immensi, soprattutto Berlusconi arriva con un sacco di soldi e lo convince a collaborare anche (visto che la rai ancora non aveva contratti di esclusiva visto che in teoria non c’era concorrenza) con TeleMilano, di cui diventa conduttore e direttore artistico, creando programmi speciali come Natale a TeleMilano, programmi sportivi come Milan Inter Club che teneva traccia dei campionati delle due squadre cittadine, Mike ovviamente conduce anche dei quiz, I sogni nel cassetto è il quiz che confeziona per TeleMilano, nel frattempo continuava ad andare in onda sulla Rai il giovedì’ pomeriggio. Ovviamente avere Mike Bongiorno rendeva TeleMilano più interessante, vista, attraente per gli investitori pubblicitari di altre emittenti televisive che non avevano la disponibilità economica di assumere figure come Mike Bongiorno. La storia di TeleMilano finisce abbastanza presto, nel 1980, perché TeleMilano cambia nome e diventa Canale5. TeleMilano è un campo di sperimentazione, ci sono persone che non hanno mai fatto televisione, persone che invece hanno esperienza televisiva, anche in questo caso il casino crea creatività, nel senso che diventa un luogo dove sperimentare strade che in parte verranno consolidate e in parte verranno abbandonate. È una televisione in progress che sta cercando un linguaggio ma anche delle risorse e cerca di essere uno spazio accogliente per tutta quella pubblicità che rende possibile fare la televisione. TeleMilano nelle sue otto ore quotidiane presenta molti generi d’acquisto: telefilm, cartoni animati, documentari, film, che occupano una buona parte del suo palinsesto, ci sono meno produzioni originali perché costano e necessitano di molto tempo ma quelle che vengono fatte valgono molto di più nell’imporre l’immaginario dell’emittente. Ci sono una serie di eventi spettacolari che vengono portati in tv per attirare interesse sull’area locale e regionale, si vengono a creare anche fenomeni di vampirizzazione del divismo televisivo come la presenza di Mike Bongiorno, ma si creano anche dei divi nell’esperienza di TeleMilano. Ci sono programmi di cabaret, in quegli anni Milano era uno dei centri della comicità italiana, sono i comici del locale Derby che trovano spazio nei loro programmi, come ad esempio Fritto Misto con Gerry Cala, Umberto Smaila ecc. C’è il teatro dialettale in milanese, c’è la musica (Chewing Gum con il dj Claudio Cecchetto), c’è il programma di calcio Milan Inter Club dove esordiscono alcuni giornalisti sportivi che avranno una lunga carriera. Ci sono i giochi a premi, i quiz, come I sogni nel cassetto, gioco a quiz di Mike Bongiorno, Un bel giorno ci incontrammo è un dating show condotto da Barbara D’Urso e Claudio Lippi. Oltre alla parte spettacolare c’è anche un’altra parte ugualmente importante ovvero la programmazione molto vicina al pubblico, una programmazione feriale, che racconta le cose minime di tutti i giorni. TeleMilano oltre alle grandi star e i momenti di spettacolo è una rete che si mette al servizio dello spettatore e degli inserzionisti pubblicitari. Ci sono programmi sul benessere (Bellissima) programmi su abiti e acconciature (Cielo, cosa mi metto?), sul collezionismo, sulla cucina, sugli animali. È una televisione legata alle passioni, agli argomenti, il programma per bambini si chiama Allegri ragazzi. Una televisione che fa tutto ciò perché la Rai non lo faceva, perché risponde alle necessità del pubblico su una dimensione più locale, ma anche perché questi programmi sono perfetti per i richiami pubblicitari. Allegri Ragazzi ha una serie di giochi, uno di questi si chiama Il gioco dei frosties, perché i bambini devono far lo slalom attorno a delle confezioni di cereali Kellogs. Cielo cosa mi metto mostra un’acconciatura perfetta per andare a ballare nel posto x e poi dice in quale luogo si può fare quella acconciatura. C’è una dimensione di servizio e di risposta a richieste a cui la televisione pubblica non rispondeva più di tanto, ma c’era anche una dimensione più economica e commerciale con nessun tipo di regola. È una televisione che ha anche una dimensione locale e anche una dimensione legata all’informazione, alle notizie locali, alle tribune politiche elettorali locali, agli incontri con le celebrità della zona, questo serve anche a stabilire dei rapporti con il potere politico ospitandolo in trasmissione e dando spazio alla comunicazione elettorale. Il programma l’intervistatore mascherato dove Giorgio Medail (figura che accompagnerà Berlusconi anche nella sua carriera politica) si maschera da “cavaliere” e va in giro a intervistare la gente per Milano a chiedere cosa ne pensassero di argomenti tipo il caro prezzi o attualità ecc. È un programma come le Iene, Striscia la notizia, la Vox populi che già nel 1979 è presente su TeleMilano. La pubblicità viene inserita nei programmi e tra i programmi, Carosello è saltato, nelle televisioni private e locali non ci si pone alcun freno per quanto riguarda la pubblicità. In uno dei programmi Mike Bongiorno dopo aver insegnato l’italiano agli italiani e la televisione agli italiani gli sta spiegando anche come funziona la televisione commerciale, sta raccontando agli italiani che quei canali in più li vedono gratis e non devono pagare il canone ma in cambio devono guardare la pubblicità, in cambio bisogna ringraziare lo sponsor. Anche in questo caso c’è un forte coinvolgimento del pubblico che sta a casa, è una televisione che non vuole la cattedra, che perde l’autorità e si mette allo stesso livello degli spettatori. Non è che la Rai rimane ferma immobile ma la Rai deve tenere conto dei quello che la legge di riforma le chiede, di quello che succede in ambito locale e deve tenere conto anche della presenza capillare di emittenti locali che in alcuni casi si prendono la briga di andargli a rubare le star. È un periodo di cambiamenti, di svolte, la Rai post riforma cambia: esce da quello che è il modello classico paleo-televisivo, prova delle strade di modernità, la legge di riforma in qualche modo costringe le reti ad essere competitive tra di loro, la rete 1 e la rete 2 si fanno concorrenza diretta, fino ad allora il controllo era centrale, il secondo programma era complementare. È particolarmente importante il secondo canale perché in quel periodo viene diretto da un dirigente di nomina socialista molto ambizioso: Massimo Fichera, la sua rete 2 è un bacino di creatività perché capisce che per far concorrenza alla rete 1 deve essere più giovane e rivolgersi ai più giovani attraverso un linguaggio meno familiare rispetto a quello della rete 1, la rete 2 diventa un’alternativa, non più un complementare, qualcosa che offre, restando sempre nel servizio pubblico qualcosa di alternativo e diverso. Un esempio è dato dalla domenica pomeriggio, sulla rete 1 c’è Domenica In, la rete 2 decide di fare qualcosa di diverso, L’altra Domenica, programma di Renzo Arbore, proveniente dalla radio, trova un suo ampio spazio televisivo tra fine anni ’70 e inizio anni ’80. All’interno della programmazione della rete 2 Fichera si toglie lo sfizio di prendere in giro le televisioni locali inventandosi lo spazio di TeleVacca e affidandolo a Roberto Benigni che esordisce qui. Trova anche delle strade per un’informazione un po’ diversa, invece dell’inchiesta seriosa e noiosa, l’infotaiment, un po’ informazione e un po’ intrattenimento; il magazine che racconta la rivoluzione del costume, dello spettacolo, che racconta anche i pettegolezzi, che racconta cosa succede nel mondo del cine