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Questo documento presenta schemi biochimici, inclusi concetti generali di bioenergetica e le leggi fondamentali della termodinamica. Il documento include le trasduzioni energetiche nelle cellule e il metabolismo del carbonio.

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Biochimica 6-Bioenergetica Concetti generali di bioenergetica Tutti gli organismi viventi sono costituiti da molecole. Grazie all’organizzazione in macromolecole e complessi formano le strutture cellulari che ne garantiscono la funzionalità. Gli organismi inoltre sono in grado di operare una gr...

Biochimica 6-Bioenergetica Concetti generali di bioenergetica Tutti gli organismi viventi sono costituiti da molecole. Grazie all’organizzazione in macromolecole e complessi formano le strutture cellulari che ne garantiscono la funzionalità. Gli organismi inoltre sono in grado di operare una grande varietà di trasduzioni energetiche al fine di favorire i processi di sintesi delle molecole complesse partendo da precursori semplici e producendo macromolecole con strutture altamente ordinate. Le trasduzioni biologiche di energia obbediscono alle stesse leggi fisiche che governano tutti i processi naturali. ➔ Funzioni fisiologiche = sostenute dal metabolismo, il quale è controllato e organizzato. Le leggi fondamentali della termodinamica Ricorda La bioenergetica è lo studio quantitativo delle trasduzioni energetiche che avvengono nelle cellule. Le trasformazioni biologiche dell’energia seguono le leggi della termodinamica. Principio di conservazione dell’energia (o prima legge della termodinamica) In qualsiasi modificazione chimica o fisica, la quantità totale di energia nell’universo resta costante; l’energia può cambiare forma o essere trasferita da una zona all’altra, ma non può essere né creata né distrutta. Seconda legge della termodinamica In tutti i processi naturali l’entropia tende ad aumentare. Dobbiamo ricordare che i sistemi viventi non sono mai in equilibrio con l’ambiente che li circonda e i continui scambi spiegano come gli organismi possano creare ordine al loro interno senza andare contro la seconda legge della termodinamica. Il metabolismo del carbonio e l’energia libera delle biomolecole Possiamo notare come il carbonio sia molto versatile nel formare legami, infatti ne forma di singoli, doppi e tripli (anche se comunque sono rari nelle biomolecole) in particolare con altri atomi di carbonio. Le principali fonti di energia per il metabolismo vegetale sono: - Fotosintesi = trasforma l’energia solare in chimica, sostenendo la sintesi di carboidrati. - Ossidazioni del carbonio Gli atomi di carbonio possono trovarsi in 5 stati di ossidazione a seconda degli elementi con cui condividono gli elettroni. La transizione da uno stato all’altro è di cruciale importanza nel metabolismo. Deidrogenazioni = un composto perde 2 elettroni e 2 ioni idrogeno. Catalizzatore = deidrogenasi Ogni ossidazione è accompagnata da una riduzione nella quale un accettore di elettroni acquista gli elettroni rimossi dall’ossidazione. Stati di ossidazione del carbonio Le trasduzioni energetiche La variazione di energia libera standard La variazione di energia libera standard di una reazione chimica è semplicemente un modo matematico alternativo di esprimere la sua costante di equilibrio. 𝐺 ′ ° = −𝑅𝑇𝑙𝑛𝐾′eq Potremmo anche dire che la variazione di energia standard corrisponde alla differenza tra il contenuto di energia libera dei prodotti e il contenuto di energia libera dei reagenti. Le variazioni di energia standard sono additive Reazione sequenziale= sono quelle che hanno un intermedio comune. Quindi la variazione di energia standard di due reazioni sequenziali è la somma delle due separate. Questa proprietà spiega come nel metabolismo una reazione termodinamicamente sfavorita possa essere guidata in avanti mediante accoppiamento con una reazione esoergonica, a patto che abbiano un intermedio comune. 7- Reazioni biochimiche comuni, trasferimento di gruppi fosforici e ossidoriduzioni Principi chimici di base Legame covalente= coppia di e-condivisi. Può essere scisso: - omoliticamente: ciascun atomo si stacca dal legame sotto forma di radicale reca con sé un solo e-. - eteroliticamente: che è la più comune, uno dei due atomi trattiene a sé entrambi gli e- di legame. Le specie che so formano quando si spezzano i legami C-C e C-H sono generalmente molto instabili e coinvolgono carboanioni e carbocationi. Interazioni fra gruppi nucleofili ed elettrofili Nucleofilo= gruppo funzionale ricco di elettroni e capace di donarli. Elettrofilo= gruppo funzionale privo di elettroni e che quindi li attira. Quindi i nucleofili reagiscono con gli elettrofili, ai quali cedono elettroni. Da notare che un atomo di carbonio può agire da nucleofilo o da elettrofilo, a seconda degli atomi o dei gruppi funzionali che lo circondano. Categorie generali delle reazioni biochimiche Quali siano le reazioni che possono svolgersi nei sistemi biologici, e quali quelle che non possono svolgersi, dipende da 1 la loro rilevanza, o utilità, in un particolare sistema metabolico e 2 dalla velocità con cui devono svolgersi. La maggior parte delle cellule è in grado di portare avanti migliaia di reazioni catalizzate da enzimi. La maggior parte delle reazioni che si svolgono nella materia vivente appartiene a una delle seguenti 5 categorie generali: 1. Reazioni che formano o rompono un legame carbonio-carbonio 2. Riarrangiamenti interni, isomerizzazioni ed eliminazioni 3. Reazioni che implicano la formazione di radicali liberi 4. Trasferimenti di gruppi chimici 5. Ossidoriduzioni. Reazioni che formano o spezzano un legame C-C La scissione eterolitica del legame C-C produce un carboanione e un carbocatione. Mentre la formazione di un legame C-C comporta la combinazione di un carboanione nucleofilico e di un carbocatione elettrofilico. Ricordiamo che i gruppi carbonilici (-COOH) sono particolarmente importanti nelle trasformazioni chimiche che avvengono nelle vie metaboliche→ è in grado di stabilizzare carboanioni e carbocationi. Riarrangiamenti interni, isomerizzazioni ed eliminazioni Un tipo comune di reazione cellulare è il riarrangiamento intramolecolare. Consiste nella ridistribuzione degli elettroni che ha come risultato alterazioni di diverso tipo, senza che si verifichi una variazione nello stato di ossidazione della molecola. → es. cis-trans, posizione doppio legame. Eliminazione → rimozione H20 da alcol con formazione di legame C=C, oppure rimozione H20 da ammina. Reazioni con radicali liberi Spesso presenti nelle reazioni di isomerizzazione. Alcune reazioni di decarbossilazione sono dipendenti dalla formazione di radicali. Reazioni di trasferimento di gruppi Tipica strategia applicata dal metabolismo è l’attacco ad una molecola di un buon gruppo uscente per “attivare” l’intermedio che si forma per le reazioni sequenziali successive → trasferimento gruppo fosforilico. Reazioni di ossidoriduzione Gli atomi di carbonio possono trovarsi in 5 stati di ossidazione a seconda degli elementi con cui condividono gli elettroni. La transizione da uno stato all’altro è di cruciale importanza nel metabolismo. Deidrogenazioni = un composto perde 2 elettroni e 2 ioni idrogeno. Catalizzatore = deidrogenasi Ogni ossidazione è accompagnata da una riduzione nella quale un accettore di elettroni acquista gli elettroni rimossi dall’ossidazione. Stati di ossidazione del carbonio Trasferimenti di gruppi fosforici e ATP Ricordiamo che le cellule eterotrofe ottengono energia libera in forma chimica mediante il catabolismo delle molecole di sostanze nutrienti e usano questa energia per produrre ATP a partire da ADP e P. Nella maggior parte dei casi in cui si ha donazione di energia da parte dell’ATP avviene il trasferimento di un gruppo e non l’idrolisi all’ATP. - La variazione di energia libera dell’idrolisi dell’ATP ha un valore molto negativo Prendendo in considerazione la seguente troviamo sintetizzate le basi chimiche che possono spiegare la grande variazione di energia libera standard di segno negativo che accompagna la rottura di uno dei legami anidridici (tipo di legame caratteristico di un composto che contiene il gruppo funzionale (-O-PO2-O-PO2- O-) dell’ATP. La scissione del legame fosfoanidridico del gruppo fosforico terminale dell’ATP determina l’allontanamento di un gruppo fosforico carico negativamente riducendo le 1repulsioni elettrostatiche. Il gruppo [HPO2-4] rilasciato dalla reazione viene stabilizzato dalla formazione di 2 alcune forme di risonanza non possibili nel gruppo inserito nella molecola di ATP. Nell’ibrido di risonanza ciascuno dei quattro legami P-O ha lo stesso grado di doppio legame e lo ione H+ non è sempre legato allo stesso atomo di ossigeno. Un terzo fattore (non presente nell’immagine) che favorisce l’idrolisi dell’ATP è rappresentato dal maggior grado di solvatazione (idratazione) che presentano i prodotti risetto all’ATP, fenomeno che stabilizza ulteriormente i prodotti della reazione rispetto ai reagenti. - ATP e ADP possono essere (in parte) stabilizzati dall’interazione con il magnesio L’Mg2+ del citosol si lega all’ATP e all’ADP e per la maggior parte delle reazioni enzimatiche che utilizzano l’ATP come donatore del gruppo fosforico. La formazione del complesso con l’Mg2+ maschera parzialmente le cariche negative e influenza la conformazione dei gruppi fosforici in nucleotidi come l’ATP e l’ADP. L’ATP fornisce energia mediante trasferimento di gruppi fosforici Dato che la scissione dell’ATP utilizza una molecola di acqua si è tentati di dire che una reazione ATP-dipendente “è guidata/favorita dall’idrolisi dell’ATP”. Non è così. Idrolisi ATP → libera solo calore, che non può essere utilizzato in un sistema isotermico per guidare un processo chimico. Questo è sempre un processo a due tappe in cui una parte della molecola dell’ATP, il gruppo fosforico o l’adenilato, viene prima trasferita a una molecola di substrato o a un residuo amminoacidico di un enzima determinando un aumento del contenuto in energia libera del substrato o dell’enzima. Il trasferimento del gruppo fosforico sul substrato o sull’enzima è necessario per conservare l’energia chimica. Nella seconda fase, l’unità trasferita nella prima fase viene rilasciata generando [HPO2-4], PP o AMP (adenosina monofosfato). Quindi, l’ATP partecipa covalentemente alla reazione catalizzata enzimaticamente a cui deve fornire energia libera. Altri composti fosforilati e i tioesteri hanno energia libera d’idrolisi molto elevata Fosfenolpiruvato (PEP)→ contiene un gruppo fosforico legato con un legame estere che può essere staccato generando la forma enolica del piruvato, quest’ultima tautomerizza immediatamente nella forma chetonica più stabile. 1,3-bisfosfoglicerato→ contiene un legame anidridico tra il gruppo carbossilico sull’atomo C-1 e un acido fosforico. La scissione di questo acil fosfato è accompagnata da una grande variazione di energia libera standard di segno negativo, che deriva dal fatto che uno dei due prodotti, l’acido 3- fosfoglicerico, perde immediatamente un protone, spingendo in avanti la reazione, inoltre lo ione carbossilato (il 3-fosfoglicerato) ha due forme di risonanza ugualmente probabili. Tioesteri→ composti nei quali l’atomo di ossigeno del legame estere è sostituito da un atomo di zolfo, possiedono un’energia libera di scissione negativa ed elevata. L’acetil-coenzima A è un tioestere in cui il gruppo acilico è attivato per essere utilizzato in reazioni di transacilazione, condensazione e ossidoriduzione. I tioesteri vanno incontro a una minore stabilizzazione per risonanza degli esteri normali, contenenti ossigeno al posto dello zolfo. Di conseguenza, la differenza di energia libera tra il reagente e il prodotto è maggiore per i tioesteri rispetto agli esteri. - Classificazione dei composti fosforilati e flusso dei composti fosforici La classificazione dei composti fosforilati avviene in base alle loro energie libere standard di idrolisi. Il flusso dei gruppi fosforici parte da donatori ad alta energia, giungendo attraverso l’ATP fino alle molecole accettrici (es. glucosio/glicerolo), con formazione dei loro derivati fosforilati a bassa energia. Questo flusso dei gruppi fosforici, catalizzato da enzimi chiamati chinasi, procede nelle condizioni intracellulari con una perdita complessiva di energia libera. L’idrolisi di composti fosforilati a bassa energia rilascia il P1, che ha un potenziale di trasferimento di gruppo ancora più basso. Quindi i prodotti delle reazioni di idrolisi hanno un contenuto energetico minore di quello dei reagenti. Le reazioni biologiche di ossidoriduzione Le reazioni di ossidoriduzione implicano la perdita di elettroni da una specie chimica, che diventa quindi ossidata, e l’acquisizione di elettroni da parte di un’altra specie chimica, che si riduce. Il flusso di elettroni in queste reazioni è responsabile direttamente o indirettamente di tutto il lavoro prodotto dagli esseri viventi. Le reazioni di ossidoriduzione infatti rilasciano energia, l’ossidazione dei grassi fornisce energia al metabolismo. I potenziali di riduzione sono una misura per l’affinità degli elettroni Date due coppie redox coniugate nella stessa soluzione, il trasferimento di elettroni dal donatore all’accettore di elettroni può avvenire spontaneamente e dipende dalle affinità relative dell’accettore di elettroni di ogni coppia. Potenziale di riduzione standard→ è una misura in Volt di questa affinità. Dipende non soltanto dalla natura chimica delle specie rappresentate, ma anche dalla loro attività, espressa in modo approssimativo dalle loro concentrazioni. Coenzimi e proteine in numero molto limitato agiscono da trasportatori universali di elettroni La maggior parte delle cellule possiede enzimi che catalizzano l’ossidazione di centinaia di composti diversi. Il loro compito è trasferire gli elettroni dei loro substrati su pochi tipi di trasportatori universali di elettroni. La riduzione di questi trasportatori consente di conservare l’energia libera rilasciata dall’ossidazione dei substrati. NAD,NADP,FMN e FAD sono cofattori solubili in acqua che possono andare incontro a ossidazioni e a riduzioni reversibili. (NAD e NADP sono trasportatori di elettroni solubili in acqua che si associano reversibilmente alle deidrogenasi). Il NADH e NADPH agiscono come trasportatori solubili di elettroni NAD e NADP sono coenzimi composti da due nucleotidi uniti mediante un legame fosfoanidridico tra i loro gruppo fosforici. Vengono anche detti nucleotidi piridinici. Entrambi i coenzimi possono subire una riduzione reversibile dell’anello nicotinammidico. Quando vanno incontro a ossidazione (deidrogenazione), perdono due H e la forma ossidata di coenzima → NAD+ o NADP+ accetta uno ione idruro e si trasforma nella forma ridotta → NADH o NADPH. Il secondo ione H+ rimosso dal substrato viene rilasciato nel solvente acquoso. Il NAD+ in genere opera nelle ossidazioni cataboliche, mentre il NADPH è di solito il coenzima nelle riduzioni, quasi sempre in reazioni anaboliche. Curiosità La maggioranza dei coenzimi deriva dalle vitamine. Gli anelli piridinici del NAD e del NADP derivano dalla vitamina niacina che viene sintetizzata dal triptofano. Le flavoproteine contengono nucleotidi flavinici saldamente legati Le flavoproteine sono enzimi che catalizzano reazioni di ossidoriduzione usando come coenzimi FAD e FMN. Sono detti nucleotidi flavinici e derivano dalla proteina riboflavina. L’anello isoallossazinico dei nucleotidi flavinici subisce riduzioni reversibili, accettando da un substrato riducente uno o due equivalenti riducenti nella forma di uno o due atomi di H. Le forme ridotte di questi coenzimi sono FADH2 e FMNH2. Quando uno di questi nucleotidi ossidato accetta un solo elettrone (un solo H), si genera la forma semichinonica dell’anello isoallossazinico→ FADH e FMNH. Le flavoproteine possono partecipare a reazioni in cui si ha il trasferimento di uno o due elettroni per volta! → utilizzate in varietà maggiore di reazioni proporzionalmente superiore a quella delle deidrogenasi dipendenti dai coenzimi piridinici. Gruppi prostetici→ nucleotidi flavinici che sono legati molto saldamente= con legami covalenti. Ricorda - Le reazioni che tendono alla riduzione del substrato sono generalmente catalizzate dalle riduttasi. - Le reazioni che tendono all’ossidazione del substrato sono generalmente catalizzate dalle deidrogenasi. 8- Il metabolismo ossidativo dei carboidrati, la glicolisi Definizione carboidrati I carboidrati sono le biomolecole più abbondanti sulla Terra, sono una classe di molecole di formula generale (CH2O)n e si possono definire poliidrossialdeidi o poliidrossichetoni → ovvero aldeidi o chetoni con almeno due gruppi ossidrilici. Li possiamo dividere in: - Monosaccaridi= zuccheri semplici→ una sola unità - Oligosaccaridi= i più abbondanti sono disaccaridi - Polisaccaridi= > 10 unità monosaccaridiche (es.cellulosa e amido) Nella pianta la fotosintesi produce carboidrati→ l’ossidazione dei carboidrati è una delle vie di produzione dell’energia. (La principale nelle cellule non fotosintetiche). I monosaccaridi e i disaccaridi Lo scheletro dei monosaccaridi è costituito da una catena di atomi di carbonio non ramificata in cui tutti gli atomi di carbonio sono legati da legami semplici. Nei monosaccaridi a catena aperta, uno degli atomi di carbonio è legato con un doppio legame a un atomo di ossigeno→ gruppo carbonilico. Tutti gli altri atomi di carbonio hanno come sostituente→ gruppo ossidrilico. Aldosio→ il gruppo carbonilico è legato a una estremità della catena carboniosa. Chetosio→ il gruppo carbonilico è legato in qualunque altra parte della catena carboniosa. Gliceraldeide e diidrossiacetone→ monosaccaridi più semplici. Nelle cellule vegetali troviamo principalmente la serie stereochimica D grazie alla stereoselettività degli enzimi. Ricorda In forma lineare gli zuccheri aldosi (o i chetosi che possono tautomerizzare) sono definiti zuccheri riducenti grazie alla reattività del gruppo aldeidico libero. Ricorda pt.2 Gli aldotetrosi e tutti i monosaccaridi con più di 5 C in soluzione acquosa formano strutture cicliche che possono avere configurazione  o . Ciò succede perché il gruppo carbonilico forma un legame covalente con l’atomo di ossigeno di un gruppo ossidrilico posto lungo la catena. La formazione di queste strutture ad anello è il risultato di reazioni generali tra aldeidi o chetoni e alcoli, che producono derivati chiamati emiacetali o emichetali. Se aggiungiamo a un atomo di carbonio carbonilico due molecole di alcol, la seconda molecola di alcol aggiunta produce l’acetale o il chetale completo, il legame formato viene detto legame glicosidico. Nel caso le due molecole che reagiscono siano entrambe dei monosaccaridi, l’acetale o il chetale che si forma è un disaccaride. Saccarosio→ disaccaride più comune nelle piante. I polisaccaridi I polisaccaridi differiscono tra loro per il tipo di unità monosaccaridica ricorrente, per la lunghezza della catena, per il tipo di legame glicosidico che unisce le unità e per il grado di ramificazione. - Amido Il polisaccaride di riserva più importante nelle piante è l’amido, si trova nelle cellule sotto forma di granuli ed è molto idratato in quanto il suo gruppo -OH forma legami idrogeno con l’acqua. Contiene due polimeri del glucosio: amilosio e amilopectina. È polimero del glucosio con legame (α1 → 4) che assume struttura arrotolata, adattata alla funzione di riserva. - Cellulosa È il principale costituente della parete delle cellule vegetali e svolge la funzione di sostegno in tutto il regno vegetale. È polimero del glucosio con legame (β1→4) che assume struttura lineare, adattata alla funzione strutturale. Il destino del glucosio Il glucosio occupa una posizione centrale nel metabolismo delle piante, degli animali e di molti microrganismi. Il glucosio, infatti, non è solamente un’eccellente sostanza nutriente, ma anche un precursore versatile, capace di fornire una grande varietà di intermedi metabolici per le biosintesi. Gli organismi che non hanno accesso al glucosio da altre fonti devono produrselo→ infatti gli organismi fotosintetici sintetizzano il glucosio a partire dalla riduzione della CO2 atmosferica a triosi e poi convertendo i triosi in glucosio. ➔ La completa ossidazione del glucosio a CO2 e H2O procede una variazione di energia libera standard =-2840kJ/mole. La glicolisi Nella glicolisi una molecola di glucosio viene degradata mediante una serie di reazioni catalizzate da enzimi che producono due molecole di un composto a 3 atomi di carbonio→ IL PIRUVATO. 1 molecola di glucosio→ degradazione→ 2 molecole di piruvato Recupero di parte di energia sotto forma di ATP o NADH La glicolisi è la via centrale per il catabolismo del glucosio, attraverso di essa passa la quantità più consistente di atomi di carbonio nella maggior parte delle cellule. La glicolisi può essere suddivisa in due fasi (10 tappe totali) 1) Fase preparatoria Viene spesa l’energia dell’ATP per aumentare il contenuto dell’energia dell’intermedio della via (attivazione). Tappa 1→ fase di attivazione del glucosio→ il glucosio viene fosforilato a livello del gruppo ossidrilico del C6 → si forma D-glucosio 6 fosfato. =REAZIONE IRREVERSIBILE. Tappa 2→ il D-glucosio 6 fosfato viene convertito in → D-fruttosio 6 fosfato. La reazione è reversibile e rende disponibile un altro gruppo idrossilico. Tappa 3→ D-fruttosio 6 fosfato fosforilato → D-fruttosio 1,6 bisfosfato. Reazione IRREVERSIBILE fortemente regolata allostericamente. RICORDIAMO CHE IN ENTRAMBE LE TAPPE IL DONATORE DEI GRUPPI FOSFORICI è L’ATP. Come per tutti gli altri derivati degli zuccheri presenti nella via glicolitica, gli isomeri appartengono sempre alla serie D. Tappa 4 (detta anche fase “litica”)→ il D-fruttosio 1.6 bisfosfato scisso→ due molecole a 3 atomi di carbonio→ diidrossiacetone fosfato e gliceraldeide 3- fosfato. Tappa 5→ diidrossiacetone fosfato viene isomerizzato in una seconda molecola di gliceraldeide 3-fosfato. SI NOTI CHE SONO STATE UTILIZZATE 2 MOLECOLE DI ATP, IN SEGUITO SARANNO RACCOLTI I FRUTTI DI QUESTO INVESTIMENTO 2) Fase di recupero In questa fase avviene il guadagno energetico della glicolisi. Tappa 6→ ogni molecola di gliceraldeide 3-fosfato viene ossidata e fosforilata dal fosfato inorganico (non da ATP) → formando 1,3-bifosfoglicerato. Tappa da 7→ Trasferimento del gruppo fosforico 1,3-bisfofoglicerato all’ADP→ fosforilazione a livello del substrato. Processo di accoppiamento energetico nelle fasi 6 e 7→La maggior parte di questa energia viene conservata mediante la fosforilazione di quattro molecole di ADP ad ATP. L’energia persa “trascina” la reazione. Tappa 8→ Conversione del 3-fosfoglicerato → 2-fosfoglicerato. Questa tappa è catalizzata dall’enzima fosfoglicerato mutasi che catalizza lo scambio reversibile del gruppo fosforico tra il C-2 e il C-3 del glicerato. La reazione richiede Mg 2+. Tappa 9→ Deidratazione del 2-fosfoglicerato a fosfenolpiruvato (PEP). È la seconda reazione della glicolisi che genera un composto con un elevato potenziale di trasferimento del gruppo fosforico (la prima la tappa 6). L’enolasi promuove la rimozione reversibile di una molecola di acqua dal 2- fosfoglicerato → PEP. Tappa 10→ Trasferimento del gruppo fosforico dal PEP all’ATP → catalizzato da piruvato chinasi, che richiede K+ e Mg+, oppure Mn+. In questa fosforilazione a livello del substrato, il piruvato prodotto compare prima nella sua forma enolica→ tautomerizza rapidamente e non enzimaticamente nella forma chetonica a pH 7. LA RESA NETTA è DI 2 MOLECOLE DI ATP PER MOLECOLA DI GLUCOSIO ENTRATA NELLA VIA METABOLICA L’energia è conservata nella fase di recupero energetico mediante la formazione di due molecole di NADH per molecola di glucosio. La via del pentosio fosfato Il glucosio 6-fosfato può essere metabolizzato per produrre composti necessari alla cellula tramite la via del pentosio fosfato. In questa via ossidativa l’accettore di elettroni è il NADP+ e viene prodotto NADPH. È prevalentemente localizzata nel citosol. Il NADPH che si forma nella fase ossidativa viene utilizzato per ridurre il glutatione, GSSG, e per supportare le reazioni della biosintesi riduttiva. L’altro prodotto della fase ossidativa è il ribosio 5-fosfato, che serve come precursore di nucleotidi, coenzimi e acidi nucleici. La fase ossidativa produce pentosio fosfato e NADPH La prima reazione che avviene è 1) l’ossidazione di glucosio 6-fosfato → catalizzata dalla glucosio 6-fosfato deidrogenasi (G6PD) a 6-fosfo-gluco-- lattone. NADP+ è accettore di elettroni e l’equilibrio è spostato nella direzione di formazione del NADPH. 2) 6-fosfo-gluco--lattone → idrolizzato a 6 fosfogluconato libero da una specifica lattonasi. 3) 6 fosfogluconato→ decarbossilazione ossidativa, catalizzata dalla 6- fosfogluconato deidrogenasi → ribulosio 5-fosfato (cheto pentosio). Quest’ultima reazione genera una SECONDA MOLECOLA DI NADPH. 4) 5-fosfato→ convertito dalla fosfopentosio isomerasi nel suo isomero → ribosio 5-fosfato. Glucosio 6 fosfato + 2NADP++ H2O → ribosio 5-fosfato + CO2 + 2NADPH + 2H+ Abbiamo così la produzione netta di NADPH, un riducente utilizzato nelle reazioni biosintetiche, e di ribosio 5-fosfato, uno zucchero fosforilato precursore dei nucleotidi. La fase non ossidativa ricicla i pentosi fosfato in glucosio 6-fosfato Nei tessuti che richiedono principalmente NADPH, il pentosio fosfato prodotto nella fase ossidativa della via viene riciclato in glucosio 6-fosfato Punto 1→Il ribulosio 5-fosfato viene prima epimerizzato in xilurosio 5-fosfato. Punto 2→ 6 molecole di zucchero fosforilato a 5 atomi di carbonio sono convertite in 5 molecole di zucchero fosforilato a 6 atomi di carbonio→ completando il ciclo→ consente di continuare a ossidare glucosio 6-fosfato e quindi a produrre NADPH. IL RIPETERSI CONTINUO DEL CICLO PORTA ALLA FINE ALLA CONVERSIONE DEL GLUCOSIO 6-FOSFATO IN SEI MOLECOLE DI CO2. Nell’interconversione di questi zuccheri agiscono transchelotasi e transaldosi, enzimi specifici di questa via metabolica. Il processo nella figura seguente è noto come via ossidativa del pentosio fosfato ed è IRREVERSIBILE. Al contrario le reazioni della parte non ossidativa sono facilemente reversibili e rappresentano un mezzo per la conversione di esosio fosfato in pentosio fosfato. Via ossidativa del pentosio fosfato La regolazione della via e il bilanciamento con la glicolisi L’entrata del glucosio 6-fosfato nella glicolisi o nella via del pentosio fosfato dipende dal fabbisogno momentaneo della cellula e dalla concentrazione di NADP+ nel citosol. Infatti, in assenza di NADP+ la prima reazione del pentosio fosfato non può procedere. Quando la cellula converte rapidamente il NADPH in NADP+ nelle biosintesi riduttive, il livello di NADP+ aumenta, la G6PD viene stimolata e il flusso del glucosio 6-fosfato attraverso la via del pentosio fosfato tende ad incrementare. Nel momento in cui però, la velocità di formazione del NADPH è superiore a quella del suo utilizzo nelle biosintesi riduttive e nella riduzione del glutatione, la NADPH aumenta e inibisce il primo enzima della via del pentosio fosfato. Ne risulta una maggiore disponibilità di glucosio 6-fosfato per la glicolisi. → NADPH ruolo di regolazione della ripartizione del glucosio 6-fosfato tra la glicolisi e la via del pentosio fosfato. 9- Il metabolismo ossidativo dei carboidrati: fermentazioni e ciclo di Krebs. Il destino del piruvato in condizioni anaerobiche: la fermentazione Le due molecole di piruvato formate dalla glicolisi contengono ancora la maggior parte dell’energia chimica presente nel glucosio. In condizioni aerobiche, il piruvato formato nella fase finale della glicolisi viene ossidato ad acetato (= acetil-CoA). Mentre il NADH formato per deidrogenazione della gliraldeide 3-fosfato, viene riossidata a NAD+. Nel caso di un muscolo contratto rapidamente o nei tessuti delle piante sommerse, il NADH che si genera nella glicolisi non può essere riossidato dall’ossigeno. IL NAD+ DEVE ESSERE QUINDI RIGENERATO IN ALTRO MODO. → La maggior parte degli organismi ha la capacità di rigenerare NAD+ durante la glicolisi anaerobica, trasferendo gli elettroni dal NADH e formando lattato o etanolo. La fermentazione lattica Nel momento in cui i tessuti animali non possono essere riforniti di una quantità di ossigeno sufficiente per l’ossidazione del piruvato e del NADH prodotti dalla glicolisi, il NAD+ viene rigenerato dal NADH per riduzione del piruvato a lattato. La riduzione del piruvato è catalizzata dalla lattato deidrogenasi, che forma l’isomero del lattato L a pH 7. L’equilibrio complessivo di questa reazione favorisce fortemente la formazione di acido lattico (C3H6O3). Ricordiamo che non vi è alcuna variazione netta della concentrazione di NAD+ o NADH. Nonostante nella conversione del glucosio in lattato non vi sia alcuna variazione dello stato di ossidazione del carbonio, parte dell’energia della molecola del glucosio è stata estratta in quantità sufficiente per formare 2 molecole di ATP per molecola di glucosio utilizzata. La fermentazione alcolica Il lievito e altri microrganismi fermentato il glucosio a etanolo e CO2. Il processo come si può vedere dalla figura avviene in 2 fasi: Fase 1 → il piruvato viene decarbossilato in una reazione irreversibile dalla piruvato-decarbossilasi. Non comporta ossidazione del piruvato. La piruvato-decarbossilasi richiede Mg2+ e ha saldamente legato a sé il coenzima tiamina pirofosfato. Fase 2→ l’acetaldeide viene ridotta a etanolo a opera dell’alcol-deidrogenasi, con intervento del NADH derivato dalla deidrogenazione della gliceraldeide 3- fosfato. GLUCOSIO + 2ATP + 2Pi → 2 ETANOLO + 2CO2 + 2ATP + 2H2O IN TUTTE LE FERMENTAZIONI IL RAPPORTO C:H DEI REAGENTI E DEI PRODOTTI RIMANE LO STESSO. Nella pianta le fermentazioni si innescano in carenza di ossigeno La fermentazione lattica generalmente si innesca per prima, ma può causare acidosi. Nel tempo viene sostituita dalla fermentazione alcolica. La respirazione cellulare Per la maggioranza delle cellule eucariotiche e per molti batteri che vivono in condizioni aerobiche, la glicolisi è solo la prima fase della completa ossidazione del glucosio. Il piruvato prodotto dalla glicolisi, infatti, viene ulteriormente ossidato ad H2O e CO2→ Respirazione. Infatti, le cellule consumano O2 per produrre CO2, in quello che chiamiamo respirazione cellulare. La respirazione cellulare si compone di 3 fasi: Fase 1→ le molecole organiche (glucosio, acidi grassi e amminoacidi) vengono ossidati in frammenti a due atomi di carbonio nella forma acetil-coenzima A. Fase 2→ i gruppi acetilici entrano nel ciclo di Krebs che li ossida a CO2. L’energia libera prodotta viene conservata come NADH e FADH2. Fase 3→ i gruppi acetilici ridotti vengono ri-ossidati liberando elettroni e ioni H+. Gli elettroni vengono poi trasferiti al loro accettore finale, l’O2, attraverso la catena respiratoria (=serie di molecole trasportatrici di elettroni). Nel corso del trasporto di elettroni una parte dell’energia rilasciata viene conservata sotto forma di ATP, tramite il processo di fosforilazione ossidativa. Produzione di acetil-CoA Prima di poter entrare nel ciclo di Krebs (o dell’acido citrico), lo scheletro carbonioso delle sostanze nutrienti deve essere degradato a gruppo acetilico dell’acetil-CoA. →Il piruvato viene ossidato ad acetil-CoA e Co2 per mezzo del complesso della piruvato deidrogenasi (PDH). La reazione complessiva catalizzata dalla PDH è una decarbossilazione ossidativa, ovvero un processo di ossidazione irreversibile, in cui rimuoviamo il gruppo carbossile in forma di CO2. I due atomi restanti diventano il gruppo acetilico dell’acetil-CoA. Il NADH formato dalla reazione entra nella catena respiratoria, che trasferisce i due elettroni all’ossigeno. Il trasferimento degli elettroni produce 2,5 molecole di ATP per coppia di elettroni. Adesso vedremo come il processo della piruvato deidrogenasi sia composto da 3 enzimi e 5 cofattori, il tutto localizzato nei mitocondri. - Coinvolgimento di coenzimi nel processo di produzione di acetil-CoA Nella produzione di acetil-CoA a partire dalla deidrogenazione e decarbossilazione del piruvato sono coinvolti 3 enzimi e 5 gruppi prostetici (→ detti anche coenzimi). Coenzimi: 1) Tiamina pirofosfato (TPP) 2) Flavin adenin dinucleotide (FAD) 3) Coenzima A (indicato anche come CoA-SH, per porre in evidenza il ruolo del gruppo -SH) 4) Lipoato 5) Nicotinammide adenin nucloetide (NAD). Tiammina pirofosfato → svolge un ruolo importante nella rottura di legami adiacenti a gruppi carbonilici, come decarbossilazione dei chetoacidi. FAD e NAD → trasportatori di elettroni TPP→ coenzima della piruvato decarbossilasi. CoA→ ha il gruppo reattivo tiolico (-SH), il quale è essenziale per la sua funzione di trasportatore di gruppi acilici in un certo numero di reazioni metaboliche. I gruppi acilici, infatti, formano il legame tioestere quando si legano covalentemente al gruppo -SH del coenzima. I tioesteri possono essere considerati come una forma di acile “attivata”, in quanto hanno un potenziale di trasferimento del gruppo acilico molto elevato. Lipoato→ Possiede 2 gruppi tiolici che possono essere ossidati in modo reversibile e formare un ponte disolfuro (-S-S-). Può servire sia come trasportatore di elettroni sia come trasportatore di acili. - Il complesso della piruvato deidrogenasi è costituito da 3 enzimi La piruvato deidrogenasi possiede molte copie di 3 enzimi: 1) Piruvato deidrogenasi (E1) 2) Diidrolipoil transacetilasi (E2) 3) Diidrolipoil deidrogenasi (E3). Il numero di copie di ogni subunità varia da un organismo all’altro e di conseguenza anche la dimensione del complesso. Sull’E2 si lega il gruppo prostetico lipoato tramite un legame ammidico con il gruppo -amminico di un residuo di Lys. Il sito attivo di E1 contiene la TPP, mentre quello di E3 ha legato a sé il FAD. Fanno parte del processo anche 2 proteine regolatrici, una proteina chinasi e una fosfoproteina fosfatasi. Il ciclo di Krebs, una visione dettagliata Per estrarre completamente il potenziale energetico da combustili come i carboidrati, i grassi e le proteine, l’acetil-CoA deve poter essere completamente ossidato a CO2. In modo da essere ossidato in maniera efficiente, il gruppo metilico del’acetil- CoA deve restare legato a qualcosa, la prima tappa del ciclo risolve il problema condensando l’acetil-CoA con l’ossalacetato, formando il citrato. Si noti che tutte le tappe caratterizzate dalla rottura o dalla formazione dei legami carbonio-carbonio sfruttano i gruppi carbonilici correttamente posizionati. Il ciclo di Krebs si divide in 8 tappe: 1) FORMAZIONE DEL CITRATO o CONDENSAZIONE DI CLAISEN La prima reazione è la condensazione dell’acetil-CoA con l’ossalacetato per formare citrato, reazione catalizzata dalla citrato sintasi. Il gruppo metilico dell’acetil-CoA viene convertito in un gruppo metilenico nel citrato. 2) FORMAZIONE DELL’ISOCITRATO ATTRAVERSO IL CIS-ACONITATO L’enzima aconitasi catalizza la trasformazione reversibile del citrato in isocitrato, mediante la formazione intermedia del cis-aconitato, che non si dissocia dal sito attivo dell’enzima → deidratazione. Il gruppo -OH del citrato viene poi riposizionato nell’isocitrato per preparare alla decarbossilazione successiva → reidratazione. 3) OSSIDAZIONE DELL’ISOCITRATO AD -CHETOGLUTARATO E CO2 L’isocitrato viene ossidato dal trasferimento di uno ione idruro al NAD+ o al NADP+, una delle due a seconda della forma isozimatica. Uno ione Mn2+ presente nel sito attivo interagisce con il gruppo carbonilico dell’intermedio ossalosuccinato, che si forma transitoriamente La decarbossilazione viene poi favorita dalla sottrazione di un elettrone da parte dello ione Mn2+ legato. Il riarrangiamento dell’intermedio enolico genera l’-chetoglutarato. 4) OSSIDAZIONE DELL’-CHETOGLUTARATO A SUCCINIL-CoA E CO2 Questa tappa è un’altra decarbossilazione ossidativa, l’-chetoglutarato deidrogenasi trasforma l’-chetoglutarato in succinil-CoA e CO2. In questa reazione il NAD+ è l’accettore finale degli elettroni e il CoA è il trasportatore del gruppo succinile. Questa reazione è praticamente identica alla rezione catalizzata dalla piruvato deidrogenasi (reazione che trasforma il piruvato in acetil-CoA). Anche il complesso dell’-chetoglutarato deidrogenasi è molto simile al complesso della PDH, sia come struttura, sia come funzione. 5) CONVERSIONE DEL SUCCINIL-CoA A SUCCINATO Questa è una reazione reversibile catalizzata dalla succinil-CoA sintetasi, alla reazione partecipa però anche un nucleotide trifosfato L’energia del tioestere viene conservato nel legame fosfoanidridico del GTP o dell’ATP. Il GTP infatti, è in grado di donare il suo gruppo fosforico terminale all’ADP, per formare ATP, tramire una reazione reversibile, catalizzata dalla nucleoside difosfato chinasi. Avremo quindi che: GTP+ADP →GDP+ATP 6) OSSIDAZIONE DEL SUCCINATO A FUMARATO Il succinato viene ossidato a fumarato dalla flavoproteina succinato deidrogenasi. L’introduzione di un doppio legame dà inizio alla sequenza di ossidazione del metilene. 7) IDRATAZIONE DEL FUMARATO A MALATO L’idratazione reversibile del fumarato a L-malato è catalizzata dalla fumarasi, in questa reazione lo stato di transizione è un carbanione. L’enzima è altamente stereospecifico e catalizza l’idratazione del doppio legame trans del fumarato. 8) OSSIDAZIONE DEL MALATO A OSSALACETATO L’L-malato deidrogenasi NAD-dipendente catalizza l’ossidazione dell’L-malato a ossalacetato. Nelle cellule l’ossalacetato viene rimosso continuamente dalla reazione esoergonica dalla citrato sintasi, spingendo la reazione della malato deidrogenasi verso la formazione dell’ossalacetato. Regolazione del ciclo di Krebs Il flusso degli atomi di carbonio dal piruvato al ciclo di Krebs è sotto stretta regolazione. La produzione di acetil-CoA da parte del complesso della piruvato deidrogenasi è regolata da meccanismi sia allosterici che covalenti. Il complesso della piruvato deidrogenasi è anch’esso fortemente inibito dall’ATP, dall’acetil-CoA e dal NADH, inibizione allosterica che viene aumentata dalla presenza di acidi grassi a catena lunga. Più precisamente il complesso è inibito allostericamente quando i rapporti [ATP]/[ADP], [NADH]/[NAD+], e [acetil- CoA]/[Coa] sono elevati. Inoltre, la velocità del flusso attraverso il ciclo può essere limitata dalla disponibilità di substrati per la citrato sintasi. 10- La fosforilazione ossidativa Potenziale elettrochimico dei soluti Il potenziale elettrochimico di un soluto disciolto in acqua indica l'energia libera del soluto rispetto all'acqua pura. Le membrane biologiche sono selettivamente permeabili a varie sostanze, agendo come barriere che separano gli spazi cellulari con diverse concentrazioni di soluto. - Permeabilità della membrana: I soluti comprendono gli ioni inorganici e i composti organici prodotti dal metabolismo. La permeabilità selettiva delle membrane biologiche crea una barriera che separa gli spazi con diverse concentrazioni di soluto. - Potenziale di diffusione dei soluti: Quando i soluti caricati attraversano la membrana, si genera una differenza di potenziale elettrico, noto come potenziale della membrana. →Per il trasporto attraverso le membrane biologiche, la pressione (P), il volume (V) e la gravità (g) possono essere trascurati in quanto non variano. Inoltre, la differenza di potenziale chimico della membrana determina se il movimento del soluto in una data direzione è passivo (spontaneo) o attivo (richiede energia). Cos’è la fosforilazione ossidativa La fosforilazione rappresenta il culmine del metabolismo energetico negli organismi aerobici. Tutte le tappe enzimatiche convergono nella tappa finale della respirazione cellulare, in cui l'energia prodotta dalle ossidazioni viene utilizzata per la sintesi di ATP. La fotosforilazione è il mezzo con cui gli organismi fotosintetici catturano l'energia della luce solare, la principale fonte di energia della biosfera, e la trasformano in ATP. La fosforilazione ossidativa e la fotosforilazione producono generalmente nel loro insieme la maggior parte dell’ATP. Negli eucarioti la fosforilazione ossidativa avviene nei mitocondri. Le nostre conoscenze si basano sull'ipotesi proposta da Peter Mitchell nel 1961, Il quale propose che le differenze nella concentrazione di protoni tra le due facce della membrana rappresentassero un modo per conservare l'energia estratta dalle ossidazioni metaboliche. Questa teoria viene chiamata chemiosmotica, teoria universalmente accettata come uno dei più rilevanti principi della biologia. Struttura dei mitocondri I mitocondri, come i batteri gram-negativi, hanno due membrane: - La membrana mitocondriale esterna è facilmente permeabile a piccole molecole e a ioni, i quali si muovono liberamente attraverso i canali transmembrana formati da una famiglia di proteine integrali di membrana chiamati porine. - La membrana mitocondriale interna invece è impermeabile alle molecole di piccole dimensioni e a quasi tutti gli ioni, compresi i protoni. In questa struttura sono localizzati anche i componenti della catena respiratoria e il complesso enzimatico l’ATP sintasi che sintetizza l’ATP. La matrice mitocondriale invece è lo spazio delimitato dalla membrana interna, essa contiene i complessi e gli enzimi di tutte le vie di ossidazione delle sostanze nutrienti, eccetto la glicolisi che avviene nel citosol. Considerando che la membrana mitocondriale interna è selettivamente permeabile, questa struttura determina una separazione netta degli intermedi e degli enzimi dei processi metabolici che avvengono nel citosol da quelli che hanno luogo nella matrice mitocondriale. Gli elettroni sono incanalati verso accettori universali La fosforilazione ossidativa ha inizio con l’ingresso degli elettroni nella catena dei trasportatori degli elettroni, chiamata catena respiratoria. Il trasporto degli elettroni è accoppiato alla traslocazione di H+ nello spazio inter-membrana. TEORIA CHEMIOSMOTICA Differenze nella concentrazione di protoni tra le due facce di una membrana rappresentano un modo per conservare l’energia (estratta dalla riduzione dell’O2). Gli elettroni passano attraverso una serie di trasportatori legati alla membrana La catena respiratoria mitocondriale è formata da una serie di trasportatori di elettroni, principalmente proteine integrali di membrana (contenenti gruppi prostetici = nucleotidi flavinici che sono legati molto saldamente con legami covalenti), in grado di accettare o donare uno o due elettroni. Nella fosforilazione ossidativa vi sono 3 tipi di trasferimento degli elettroni: 1) Trasferimento diretto degli elettroni 2) Trasferimento di un atomo di idrogeno 3) Trasferimento di uno ione idruro. Equivalente riducente→ Qualsiasi sia la forma di trasferimento, questo termine è sempre utilizzato per indicare che un singolo elettrone viene trasferito in una reazione di ossidoriduzione. Oltre alle flavoproteine e al NAD agiscono altri 3 gruppi di trasportatori di elettroni: 1) Ubichinone 2) Citocromi 3) Proteine ferro-zolfo. Ubichinone È un benzochinone liposolubile con una catena laterale isoprenoide molto lunga. Le sue principali caratteristiche chimiche sono: - Diffondere nel doppio strato fosfolipidico della membrana mitocondriale - Accoppiare il trasferimento degli elettroni al movimento dei protoni. - Può agire da ponte tra trasportatori di elettroni meno mobili presenti nella stessa membrana. Citocromi Sono proteine con un gruppo prostetico eme contenente ferro. Esistono 3 classi di citocromi a, b e c. Nei gruppi a e b il gruppo eme è saldamente legato alle proteine loro associate, ma senza legami covalenti. Mentre nel tipo c il gruppo eme è legato covalentemente attraverso residui di Cys. I citocromi a e b, e alcuni c, sono proteine integrali della membrana mitocondriale interna, mentre il citocromo c dei mitocondri si lega alla superficie esterna della membrana mitocondriale interna. Proteine ferro-zolfo In questo tipo di proteine il ferro è associato ad atomi di zolfo inorganico o ad atomi di zolfo di residui di Cys della proteina. Possono essere molto semplici, con un solo atomo di ferro, oppure molto complessi e contenere da 2 fino a 4 atomi di ferro. I complessi proteici della catena respiratoria I trasportatori di elettroni sono organizzati in complessi sopramolecolari intramembrana che possono essere tra loro separati e isolati. La separazione la possiamo attuare con un blando trattamento della membrana mitocondriale interna, otteniamo così 4 complessi. - Complesso I È detto anche NADH: ubichinone ossidoreduttasi. È un enzima di grandi dimensioni contenente più di 42 catene peptidiche. Catalizza la seguente reazione: NADH + H+ + Q→ NAD+ +QH2 Possiamo quindi definire il complesso I come una pompa protonica guidata dall’energia che deriva dal trasferimento degli elettroni. - Complesso II È già stato presentato come succinato deidrogenasi. Contiene 5 gruppi prostetici e 4 subunità proteiche. - Complesso III Chiamato anche complesso del citocromo bc1 , accoppia il trasferimento degli elettroni dall’ubichinolo al citocromo c con il trasporto vettoriale di protoni dalla matrice allo spazio intermembrana. L’unità funzionale di questo complesso è un dimero, con le due unità monomeriche del citocromo b che circondano una “caverna” situata al centro della membrana, in cui l’ubichinone è libero di muoversi dal lato della matrice della membrana allo spazio intermembrana mentre trasporta gli elettroni e i protoni attraverso la membrana mitocondriale esterna. La reazione è la seguente: QH2 + 2cyt c1(ossidato) + 2HN+ → Q+ 2cyt c1(ridotto) + 4H+P Ricorda Ciclo dell’ubichinone → regola il trasferimento degli elettroni da un trasportatore a due elettroni. Ciclo dell’ubichinolo → regola il trasferimento degli elettroni da un trasportatore a un elettrone. -Complesso IV È detto citocromo c ossidasi, trasporta gli elettroni dal citocromo c all’ossigeno molecolare, riducendolo ad acqua. Sintesi di ATP Prendiamo ora in considerazione il meccanismo chimico che accoppia il flusso protonico con la fosforilazione. Il modello chemiosmotico proposto da Mitchell è alla base di questo meccanismo. Secondo questa teoria, l’energia elettrochimica porta alla sintesi di ATP quando il flusso protonico inverte la sua direzione e i protoni ritornano nella matrice attraverso un canale protonico associato all’ATP. In pratica quando ad un mitocondrio viene aggiunto un substrato ossidabile in presenza di ATP e Pi, avvengono 3 processi facilmente misurabili: 1) Il substrato viene ossidato 2) Si consuma O2 3) Viene sintetizzato ATP. Questa teoria spiega la stretta dipendenza del trasferimento elettronico dalla sintesi di ATP mitocondriale. Nel momento in cui viene bloccato il ritorno dei protoni nella matrice attraverso lo specifico canale dell’ATP sintasi, la loro continua estrusione dovuta all’attività della catena respiratoria genera un aumento del gradiente protonico. L’aumento della forza protonica rallenta fino ad arrestare il flusso elettronico. L’ATP sintasi ha due domini funzionali: F0 e F1 L’ATP sintasi è anche chiamata complesso V, ed è un grande complesso enzimatico della membrana interna mitocondriale che catalizza la formazione di ATP da ADP e Pi, accoppiata al flusso protonico dallo spazio intermembrana alla matrice. È formata da due componenti distinti F1 (primo fattore identificato come essenziale per la fosforilazione), proteina periferica della membrana e F0, proteina integrale della membrana. F0→ ha un canale per i protoni attraverso il quale questi ioni possono passare a una velocità pari a quella del pompaggio degli elettroni. F1 → catalizza l’idrolisi di ATP. Quando F1 purificato si riassocia a F0, recupera la capacità di accoppiare il trasferimento protonico alla sintesi di ATP. Ogni subunità  dell’ATP sintasi può assumere diverse conformazioni -Conformazione del complesso F1 Ogni complesso F1 dei mitocondri è costituito da nove subunità di 5 tipi diversi, con la composizione 333. Ciascuna delle subunità  ha un sito catalitico per la sintesi di ATP. La porzione F1 ha la forma di pomello simile a una sfera schiacciata ai poli, costituita da un’alternanza di subunità  e  disposte come gli spicchi di un’arancia. Mentre una singola subunità  forma una specie di asse centrale che attraversa tutto il complesso F1, e un dominio di  è associato a una delle 3 subunità , detta subunità -vuota. Ricorda che le sequenze amminoacidiche delle tre unità sono identiche, le loro conformazioni sono differenti, in parte a causa dell’associazione della subunità  a una delle 3. Le subunità  e  hanno funzioni strutturali. Le diverse conformazione della subunità  sono: 1) -ATP 2) -ADP 3) -vuota. -Conformazione del complesso F0 Il complesso F0 che costituisce il canale protonico è composto da 3 subunità a,b e c nelle seguenti proporzioni: ab2cn, dove n varia da 8 a 15 a seconda dell’organismo. Le subunità c dell’anello c ruotano insieme come un’unica unità intorno ad un asse perpendicolare alla membrana. Le subunità  e  di F1 costituiscono una struttura del tipo “gamba-piede” saldamente legata all’anello delle due subunità c. Fisiologia 11-12 – Il potenziale idrico e la cellula vegetale L’importanza dell’acqua per le piante L’acqua ha un ruolo cruciale nella vita delle piante. Le piante assorbono acqua dal suolo grazie alle radici, l’apertura degli stomi invece permette la fotosintesi che fissa CO2 dall’atmosfera ma espone la pianta a disidratazione. Per ogni CO2 assorbita si perdono 400 molecole di H2O→ il 97% di acqua è persa per traspirazione. Il contenuto idrico della pianta deriva dal bilanciamento fra l’acqua assorbita dalle radici e l’acqua persa per traspirazione delle foglie. Anche piccoli sbilanci fra assorbimento e trasporto dell’acqua possono causare deficit idrici e danni consistenti a numerosi processi cellulari. Ciò che contraddistingue le cellule vegetali da quelle animali è la parete cellulare e il contenuto di acqua che nelle cellule vegetali è circa il 90-95%. Nella cellula vegetale le pareti permettono di generare una grande pressione intracellulare, definita pressione di turgore→ essenziale per diversi processi fisiologici. La disponibilità di acqua è uno dei fattori principali che hanno contribuito a determinare la morfologia e le strategie di sviluppo delle piante. Per esempio, alcune piante desertiche riescono a tollerare le condizioni di siccità grazie a: - Cambiamenti morfologici - Adattamenti del ciclo biologico - Cambiamenti metabolici (→ piante CAM). La disponibilità d’acqua e la produttività delle coltivazioni Di tutte le risorse di cui la pianta ha bisogno per crescere e funzionare, l’acqua è la più abbondante e la più limitante. La disponibilità di acqua, infatti, è uno dei principali fattori che determinano la produttività delle coltivazioni agricole. L’acqua utilizzata in agricoltura rappresenta il 70% del consumo totale da parte dell’uomo. Questo dato riflette il fatto che l’acqua sia una risorsa per la produttività agricola. La struttura e le proprietà dell’acqua - Struttura dell’acqua La molecola d’acqua è formata da un atomo di ossigeno legato covalentemente a due atomi di idrogeno. L’atomo di ossigeno è più elettronegativo di quello dell’idrogeno, esso attrae a sé gli elettroni del legame covalente → Questo porta a una parziale carica negativa sulla parte della molecola che contiene l’ossigeno, e una parziale carica positiva sull’idrogeno, rendendo l’acqua una molecola polare. Le due cariche sono equivalenti e questo fa sì che la molecola non abbia una carica netta. Queste cariche opposte creano attrazioni elettrostatiche tra le molecole d’acqua , note come legami idrogeno → responsabili delle molte insolite caratteristiche fisiche dell’acqua. - Acqua come solvente L’acqua scioglie quantitativi enormi di un gran numero di sostanze rispetto a quanto non possano fare altri solventi. La polarità dell’acqua, infatti, conferisce ottime proprietà di solvente per le molecole ioniche e polari. L’interazione dell’acqua con le molecole organiche permette la formazione delle strutture molecolari e cellulari. L’ambiente acquoso è necessario per la corretta struttura e il corretto funzionamento metabolico della cellula. - La solubilità dei gas in acqua La solubilità dei gas in acqua aumenta all’aumentare della temperatura. La CO2 rappresenta meno dell’1% dei gas in atmosfera ed è meno solubile dell’O2. La solubilità della CO2 diminuisce di più di quella dell’O2 all’aumentare della temperatura. - Le molecole d’acqua sono molto coesive Le molecole d’acqua in un’interfaccia aria-acqua sono attratte dalle vicine molecole d’acqua dai legami idrogeno → questa interazione è molto più forte di qualsiasi interazione con la fase gassosa. La configurazione più stabile è quella che minimizza la superficie di interfaccia aria-acqua. L’energia necessaria per aumentare la superficie di un’interfaccia gas-liquido è detta tensione superficiale. L’esteso numero di legami idrogeno dell’acqua ne determina la proprietà di coesione, ovvero l’attrazione reciproca tra le molecole. L’adesione è riferita all’attrazione delle molecole d’acqua nei confronti di una fase solida come la parete cellulare. Ricorda La coesione dell’acqua ne determina l’alta forza di tensione, ovvero la forza massima per superficie che una colonna di liquido può sopportare prima di rompersi → è l’elevata forza di tensione che permette all’acqua di risalire nei vasi xilematici. - Capillarità La coesione, l’adesione e la tensione superficiale generano un fenomeno conosciuto come capillarità. L’adesione e la tensione superficiale esercitano insieme una tensione sulle molecole d’acqua appena sotto la superficie, causandone un movimento di salita su per il tubo che dura fino a che la forza di adesione è bilanciata dal peso della colonna d’aria. L’altezza di risalita dell’acqua è inversamente proporzionale al raggio del tubo. La capillarità è sufficiente per l’interazione dell’acqua con le strutture cellulari ma non è sufficiente per la risalita dell’acqua nei vasi xilematici. - Alta tensione superficiale È la forza necessaria per aumentare la superficie fra gas e acqua. Una bolla di gas sospesa in un liquido assume una forma sferica in modo da minimizzare l’area della sua superficie. L’acqua possiede una tensione superficiale molto elevata se paragonata. Alla stessa temperatura, ad altri liquidi. - Adesione alle superfici Capacità di interagire con le superfici, grazie alla formazione di legami (→ dipende dalle caratteristiche della superficie). La forma di una goccia su una superficie solida riflette la relativa attrazione del liquido verso il solido. Per descrivere queste interazioni usiamo l’angolo di contatto, definito come l’angolo fra la superficie solida attraverso il liquido l’interfaccia gas-liquido. Una superficie idrofila avrà angoli di contatto inferiori ai 90°, mentre una superficie idrofoba avrà un angolo di contatto maggiore di 90° e su tali superfici l’acqua forma delle sfere. Diffusione La diffusione è il movimento spontaneo di sostanze provenienti da regioni a maggiore concentrazione verso quelle a minore concentrazione. Le molecole in una soluzione non sono statiche ma in continuo movimento, collidendo tra loro e scambiando energia cinetica. È l’agitazione termica che porta alla diffusione, ovvero la graduale mescolanza delle molecole e la dissipazione finale delle differenze di concentrazione. La velocità di diffusione nei liquidi è di velocità intermedia. Questa tendenza di un sistema ad evolvere verso una distribuzione uniforme delle molecole può essere intesa come una conseguenza della seconda legge della termodinamica → i processi spontanei evolvono nella direzione dell’entropia crescente. Così la diffusione rappresenta la naturale tendenza dei sistemi a spostarsi verso lo stato più basso possibile. Legge di Fick: La densità di flusso è la quantità di sostanza s che attraversa un’unità di sezione dell’area in un’unità di tempo. Il coefficiente di diffusione è una costante di proporzionalità che misura la facilità di una sostanza s di muoversi attraverso un particolare mezzo. È caratteristico di ogni sostanza. Il segno negativo indica che si il flusso si sposta verso il gradiente di concentrazione. Una sostanza, quindi, diffonde più velocemente quando aumenta il gradiente di concentrazione o quando aumenta il coefficiente di diffusione. Ricordiamo che la diffusione è efficace solo su brevi distanze. Osmosi L’osmosi è il movimento dell’acqua in presenza di una membrana semipermeabile, nella cellula è dovuta alla presenza della membrana plasmatica. Le membrane delle cellule vegetali sono selettivamente permeabili. Questo vuol dire che, se la concentrazione di soluti è maggiore all’interno della cellula rispetto alla soluzione che la circonda, l’acqua diffonderà nella cellula, ma i soluti non sono in grado di diffondere fuori. Il potenziale idrico Potenziale chimico→ è un’espressione quantitativa dell’energia libera associata ad una sostanza. Per ragioni storiche è stato introdotto anche il potenziale idrico: 𝑝𝑜𝑡𝑒𝑛𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 𝑐ℎ𝑖𝑚𝑖𝑐𝑜 𝑃𝑜𝑡𝑒𝑛𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 𝑖𝑑𝑟𝑖𝑐𝑜 = 𝑣𝑜𝑙𝑢𝑚𝑒 𝑚𝑜𝑙𝑎𝑙𝑒 𝑝𝑎𝑟𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 𝐻2𝑂 Esso esprime l’energia libera dell’acqua per unità di volume. Indica anche la direzione del flusso d’acqua attraverso le membrane cellulari, i tessuti e gli organi della pianta. Inoltre, influenza importanti processi biochimici e fisiologici della pianta La pianta inoltre può modulare alcuni fattori per regolare il movimento dell’acqua nelle cellule dei suoi tessuti: 1) Conduttività idraulica della membrana plasmatica con le acquaporine 2) Elasticità della parete cellulare. Le componenti del potenziale idrico (J/m^3 o Mpa) I fattori principali che influiscono sul potenziale idrico sono: concentrazione, pressione e gravità: 𝜓𝑤 = 𝜓𝑠 + 𝜓𝑝 + 𝜓𝑔 Lo stato di riferimento per definirlo è l’acqua a temperatura e atmosfera standard. - Potenziale osmotico Rappresenta l’effetto sul potenziale idrico della presenza di soluti disciolti. Diluendola i soluti diminuiscono l’energia libera dell’acqua. È indipendente dalla natura specifica del soluto e avrà sempre valori negativi. Per capirne al meglio l’effetto distinguiamo: 1) Lo spazio simplastico: Interno alla cellula, collegato ad altre cellule attraverso i plasmodesmi. L’accumulo del soluto rende il potenziale osmotico più negativo. 2) Lo spazio apoplastico: Esterno alla membrana plasmatica, in comunicazione anche con lo xilema. La concentrazione dei soluti è bassa. - Pressione idrostatica La definiamo come: 𝜓𝑝 = 𝑃𝑐𝑒𝑙𝑙𝑢𝑙𝑎 − 𝑃𝑎𝑡𝑚𝑜𝑠𝑓𝑒𝑟𝑖𝑐𝑎 Pressioni positive innalzano il potenziale idrico mentre pressioni negative lo abbassano. L’ingresso di acqua nella cellula ne determina l’aumento di volume e l’incremento di una pressione esercitata sulla parete cellulare. La pressione di turgore è necessaria per la crescita per distensione cellulare dei tessuti vegetali. - Potenziale gravitazionale A livello cellulare il potenziale gravitazione può essere trascurato, incide solamente sul trasporto dell’acqua negli alberi ad alto fusto. Il movimento dell’acqua nella pianta La perdita di acqua da parte delle foglie determina un continuo movimento dell’acqua dalle radici alle parti aeree. La traspirazione è «il motore trainante”. È controllata dalla temperatura ambientale, richiede «solo» l’energia solare. L’acqua si muove in maniera passiva, senza richiesta di energia metabolica. Le foglie perdono acqua e la richiamano dai tessuti limitrofi. La colonna d’acqua non deve essere interrotta. Il movimento dell’acqua serve per diverse funzioni fisiologiche: raffreddamento fogliare e trasporto dei nutrienti. Il movimento dell’acqua fra suolo e radice L’assorbimento dell’acqua nella radice è permesso dal contatto delle radici con l’acqua nel suolo. Da un punto di vista fisica il suolo è composto da: - Fase solida Particelle inorganiche, particelle organiche, radici animi, insetti ecc… - Fase gassosa Aria e gas liberati dal metabolismo degli esseri viventi nel suolo. - Fase liquida Chiamata anche soluzione circolante. È costituita dall’acqua con disciolti vari soluti. La concentrazione dei soluti nella soluzione circolante è più bassa rispetto a quella dei tessuti vegetali. Dobbiamo ricordare che il movimento dell’acqua è influenzato da alcune caratteristiche fisiche del suolo: - Tessitura - Struttura - Porosità. La conduttività idraulica è la misura della facilità con la quale l’acqua si muove attraverso il suolo e varia a seconda del tipo di suolo e del suo contenuto idrico. Per esempio, i suoli sabbiosi, che hanno grandi spazi fra le particelle, possiedono elevate conduttività idrauliche quando sono saturi. Il potenziale idrico nel suolo Il potenziale idrico del suolo dipende dal tipo di suolo e dalla quantità di acqua. La componente principale è la ψp : - Ψs trascurabile - Ψg agisce solo su terreno saturo di acqua, sulla porzione d’acqua che non viene trattenuta dal suolo - Ψp componente prioritaria le particelle di suolo trattengono l’acqua per tensione superficiale e per capillarità nei pori Più è fine la granulometria più acqua sarà trattenuta dal suolo per tensione superficiale e capillarità. La disponibilità di acqua per le radici dipende dal tipo di suolo. →I terreni argillosi trattengono una maggiore quantità di acqua, ma al calare della quantità l’acqua sarà meno disponibile per le radici →Terreni sabbiosi trattengono una minore quantità d’acqua ma sarà più disponibile per le radici. TERRENO A SATURAZIONE → tutta la porosità è riempita di acqua. Una parte di acqua non verrà trattenuta e sarà persa per azione della gravità: fenomeno della percolazione. CAPACITÀ DI CAMPO→ l’acqua trattenuta da forze che bilanciano la gravità. Ψ w ≈ 0.03 / 0.1 Mpa. ACQUA DISPONIBILE → il Ψ w diminuisce al diminuire della quantità d’acqua. Ψ w ≈ 0.1 / 1.5 Mpa. ACQUA IGROSCOPICA→ fortemente trattenuta dalle particelle del suolo Ψ w 1 5 2 Mpa → Acqua non disponibile per le radici = punto di appassimento permanente. L’assorbimento dell’acqua nelle radici ARCHITETTURA RADICALE → fattore determinante per l’assorbimento dell’acqua e dei nutrienti dal suolo. Fattori determinanti per l’architettura radicale sono: profondità dell’apparato, numero di radici laterali, peli radicali. I peli radicali sono delle estensioni filamentose di cellule epidermiche della radice che aumentano enormemente la sua area di superficie, fornendo una capacità di assorbimento maggiore. L’acqua entra nella radice più facilmente dalla zona dell’apice, in quanto zone più differenziate della radice sono meno permeabili. L’assorbimento dell’acqua nelle radici avviene quando il Ψ w delle cellule delle radici è inferiore a quello del suolo. Questo è permesso da varie componenti: Ψp

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