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Università degli Studi di Ferrara
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This document provides a general overview of communication theory, diving into core concepts, the structure of communication, meaning, intentionality, context, and rules. It discusses different models, and explores how intentionality, context, and rules shape communication dynamics. It also describes the competence in communication and the different types of actions related to communication.
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PARTE PRIMA Capitolo 1 - CONCETTI DI BASE DELLA COMUNICAZIONE 1. De nizione e struttura della comunicazione La comunicazione è un’attività complessa che si sviluppa nelle relazioni interpersonali —> il suo aspetto fondante sono due persone che interagiscono....
PARTE PRIMA Capitolo 1 - CONCETTI DI BASE DELLA COMUNICAZIONE 1. De nizione e struttura della comunicazione La comunicazione è un’attività complessa che si sviluppa nelle relazioni interpersonali —> il suo aspetto fondante sono due persone che interagiscono. È il mezzo più naturale ed e cace per lo scambio di contenuti cognitivi ed emotivi quando condividono o no il luogo e il tempo. Avviene in un ambiente sociale. La dinamica comunicazionale si sviluppa all’interno di una relazione tra partecipanti che condividono un sistema uguale di: segni, suoni, regole e convenzioni. È stata oggetto di studio di: - linguistica: in due pro li: 1. della costruzione dei mezzi = attraverso i quali i contenuti vengono trasmessi (per esempio parole o testi) 2. della determinazione delle regole = governano la produzione e la comprensione dei mezzi - semiotica: modalità con cui viene costruito il signi cato e come i soggetti attribuiscono un senso al contenuto - sociologia: ha evidenziato in che modo le strutture sociali e le strutture del comportamento linguistico interagiscono tra di loro - psicologia: ha compreso e spiegato i processi cognitivi e il ruolo della comunicazione nelle dinamiche interpersonali e del Sé. Tra tutti quelli sviluppati, il modello più famoso per descrivere la struttura della comunicazione è quello di Shannon e Weaver —> a ermano che: la comunicazione può essere descritta come un sistema in cui una sorgente di informazioni invia a un destinatario un messaggio. Il messaggio viene trasformato da un apparato trasmettitore in un segnale attraverso un canale. I segnali giungono a un apparato ricevitore che li ritrasforma in messaggio prima di raggiungere il destinatario; come in gura: Il trasmettitore ha il compito codi care il segnale. Il ricevitore ha il compito di decodi care il segnale. Per maggiore successo i segnali devono essere trasformati in un codice comune a entrambi. È presente anche il rumore = forza che può interferire con la corretta trasmissione del segnale e possono essere di natura: esterna —> impedisce la corretta percezione di quanto detto siologica —> si riferiscono agli apparati di trasmissione psicologica —> interferiscono con l’espressione e la comprensione dei messaggi Si può dire che il modello rispecchia la comunicazione che gli individui e ettuano tutti i giorni. Nonostante la sua completezza, il modello non tiene conto di due aspetti che però risultano centrali nella comunicazione interpersonale: 1. intenzionalità associata all’espressione dei messaggi 2. contesto in cui i messaggi vengono trasmessi 1 fi  fi fi fi fi fi ff fi ff ffi 2. Signi cato, intenzionalità e contesto Nel processo comunicativo vengono trasmesse delle informazioni che si presume abbiano un signi cato (→ nozione centrale); la disciplina che lo studia è la semiotica e grazie ad esse sono stati individuati i costituenti del signi cato e discusse le relazioni reciproche (interrelazioni). Gli elementi costitutivi del signi cato sono tre e le relative relazioni vengono rappresentate dal triangolo semiotico. Quest’ultimo quindi evidenzia i nessi tra: simbolo = sistemi segni i utilizzati negli scambi comunicativi referenza = idea corrispondete al simbolo referente = realtà rappresentata dal simbolo Come si evince dalla gura, il simbolo non ha un rapporto diretto con il referente (= oggetto concreto) ma solo con la referenza (= concetto).Quindi il signi cato non esiste ma viene costruito nella relazione interpersonale e se vi è intenzione comunicativa da parte dei partecipanti = comunicazione governata dal gioco di reciprocità intenzionale → l’emittente fa partire intenzionalmente il messaggio e il ricevente intenzionalmente lo interpreta. Searle a erma che le intenzioni si manifestano dove l’individuo mette in atto delle condotte che mirano al raggiungimento di uno scopo. L’intenzionalità può ri ettersi nello scambio comunicativo su diversi livelli → Grice ha individuato due livelli di intenzione comunicativa: - intenzione informativa → l’emittente emette un messaggio volto ad incrementare le conoscenze del destinatario tramite un determinato contenuto. Per esempio «Ho letto recentemente che attraverso eBay si possono comprare all’asta anche i treni elettrici» - intenzione comunicativa → chi emette il messaggio promuove il coinvolgimento del destinarlo per favorire la condivisione di ciò che il messaggio comunica. Per esempio «Per comprare un treno elettrico all’asta bisogna passare attraverso eBay, l’ho letto recentemente». I messaggi possono essere interpretati diversamente a seconda del contesto in cui vengono prodotti → i signi cati possono essere di erenti perché i contesti disponibili per un individuo in cui condividere messaggi sono molteplici. Le informazioni provenienti dal contesto consentono all’individuo di integrare le informazioni con le conoscenze di cui già dispone. Quindi il contesto favorisce il ricorso dei partecipanti all’implicatura conversazionale = impegno reciproco ad integrare: il signi cato letterale del messaggio con conoscenze possedute già in precedenza. In questo modo la comunicazione può consentire all’interlocutore di comprendere le intenzioni di colui che ha iniziato la conversazione. Anolli a erma che → il risultato di tali processi è il miglioramento della comprensione dei processi comunicativi, ottenuto attraverso: - riduzione degli elementi di ambiguità del messaggio - eliminazione progressiva delle ipotesi errate - consolidamento di ipotesi già veri cate in passato - generazione di ipotesi nuove 2  fi ff fi ff fi fi fl fi fi fi fi ff fi 3. Regole della comunicazione L’interazione comunicativa si alimenta in base a delle regole che consentono una gestione e ciente degli scambi comunicativi tra partecipanti, per garantire il successo. Uno dei maggiori contributi sull’interazione comunicativa è data da → Grice = negli scambi verbali è sempre possibile individuare uno scopo comune e i partecipanti all’interazione comunicativa agiscono secondo un principio di cooperazione. Principio di cooperazione = accordi di fondo fra i partecipanti dove ciascuno da un contributo coerente e al momento opportuno in base alla situazione comunicativa. Si articola su quattro regole dette massime conversazionali = consentono ai partecipanti di interpretare correttamente i contenuti e gli obiettivi dello scambio comunicativo: 1) quantità → i partecipanti forniscono solo informazioni necessarie alla comprensione del messaggio; devono essere esaurienti e non super ue o ripetitive 2) qualità → i partecipanti fanno a ermazioni vere e sostenute da prove 3) relazione → i partecipanti danno informazioni pertinenti rispetto all’interazione comunicazionale 4) modo → il modo in cui i partecipanti devono esprimere il contenuto quindi cercando di non essere ambigui ma chiari Il principio di cooperazione è alla base della conversazione → forma di comunicazione dove si sviluppano delle inferenze (= sforzarsi di comprendere dati non espliciti) che consentono ai partecipanti di comprendere in modo corretto il messaggio purché vengano rispettate le 4 massime conversazionali. L’interazione comunicativa deve rispettare anche le regole che gestiscono l’avvicendamento dei turni o turn taking; esse si rendono necessarie per: a) garantire uno sviluppo virtuoso della conversazione b) superare i limiti cognitivi che rendono problematico l’ascoltare e il parlare Il primo ad occuparsi di ciò fu Duncan che, attraverso delle registrazioni, si rese conto che il parlante segnala la volontà di cedere il turno, richiederlo o mantenerlo. 4. Comunicazione come azione Il processo di comunicazione può anche essere visto come una sequenza di azioni nella quale dire qualcosa equivale a fare qualcosa → è l’elemento centrale della teoria di Austin = sostiene che l’uso del linguaggio equivale a mettere in atto un’azione; in questo momento parla di atti linguistici e possono essere divisi in tre categorie anche in base alla loro forz: 1) atti locutori → ciò che un parlante dice - il tono della voce imprime maggiore o minore forza 2) atti illocutori → intenzioni comunicative del parlante - la scelta delle parole esprime maggiore o minore forza 3) atti perlocutori → e etti che il parlante produce all’interlocutore - diversi e etti che gli atti producono Quindi la teoria sottolinea che ciò che viene trasmesso attraverso un enunciato è qualcosa di più del semplice signi cato letterale. 5. Competenza comunicativa Competenza in generale = capacità di agire con esperienza in una certa materia. Parks = la competenza comunicativa rappresenta il grado con cui gli individui soddisfano e percepiscono di aver soddisfatto i loro scopi in una data situazione sociale, senza mettere a repentaglio la loro abilità o l’opportunità di perseguire altri obiettivi ritenuti più importanti. In questa de nizione si intrecciano tre concetti: - intenzionalità - consapevolezza 3  ffi fi fi ff ff fl ff - e cacia Ponendo l’accento su aspetti che rendono più o meno e cace la comunicazione, possiamo dire che la competenza comunicativa si articola in tre dimensioni principali: 1) competenza sintattica → si riferisce all’aspetto formale del messaggio; capacità di produrre frasi formalmente corrette e di comprenderle come tali in base alle regole grammaticali. Inoltre ci permette di stabilire le relazioni che intercorrono fra le parole. Si ricorda che la sintassi permette di stabilire la categoria grammaticale di una parola 2) competenza semantica → si riferisce agli aspetti del contenuto; capacità di associare le parole (signi canti) agli oggetti, eventi o situazioni (signi cati) cui corrispondono. Ci possono essere delle parole con diversi signi cati, in questi casi è il contesto che contribuisce in modo determinante ad assegnare il corretto di signi cato alla parola 3) competenza pragmatica → riguarda il contesto comunicativo; capacità di comunicare tenendo conto del contesto in cui avviene la comunicazione. Signi ca che bisogna ri ettere su quanto si dice, considerare il modo in cui una cosa viene detta e valutare le diverse argomentazioni che possono portare a nuovi e diversi contributi. 6. Comunicazione verbale Franks e Richardson, grazie ad uno studio basato sul comportamento delle formiche, parlano di un processo di insegnamento e di apprendimento de nito come → corsa in tandem: sottolinea l’importanza che riveste, all’interno della comunità, una trasmissione di informazioni e ciente. Linguaggio verbale →utilizza parole per riferirsi ad oggetti, eventi, sentimenti e situazioni. Le singole parole non bastano e i concetti che esprimiamo sono collegati tra loro attraverso vari tipi di relazioni che de niscono la sintassi di una lingua. Psicolinguistica = disciplina che si occupa dei meccanismi sotteso alla comprensione e alla produzione del linguaggio → Noam Chomsky ne è il promotore. Chomsky, per spiegare come in così breve tempo i bambini siano in grado di padroneggiare l’uso della lingua, ipotizzò l’esistenza di un meccanismo innato, chiamato → Lad = Language Acquisition Device. Sviluppa la → teoria generativa - trasformazionale e contiene delle regole: di riscrittura = consistono nella riscrittura di alcuni simboli in altri simboli e vengono applicate e no a che non si ottiene una stringa di elementi che non è scomponibile ulteriormente trasformazionali = la trasformazione è un’operazione che agisce sulla struttura super ciale della frase e che produce una stringa diversa dallo originale tramite l’aggiunta di alcuni elementi Chomsky propone una struttura frasale, in cui distingue fra: - struttura profonda = trasmettono lo stesso signi cato - struttura super ciale = per esempio una frase attiva da una passiva A erma che la frase dichiarativa attiva è la frase più semplice e ogni trasformazione richiede del lavoro cognitivo → di conseguenza: più sono le trasformazioni compiute sulla frase più sarà il tempo necessario per l’elaborazione. Quindi, in ordine di semplicità, ci sono le frasi: attive, passive, negative e passive negative. Slobin ebbe il merito di dimostrare l’importanza del signi cato → ai partecipanti alla ricerca veniva mostrato un disegno che descriveva il signi cato di una frase e il compito era quello di giudicare, premendo un tasto (vero) oppure un altro (falso), se la frase corrispondeva al disegno. Il disegno sperimentale prevedeva due condizioni: 1) disegno di un cane che insegue un gatto: la frase attiva corrispondeva a «Il cane insegue il gatto», mentre la frase passiva corrispondeva a «Il gatto è inseguito dal cane». I risultati hanno 4 fi  ffi ff fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi ffi fi fl fi ffi dimostrato che nella prima condizione la frase passiva impiegava più tempo per essere elaborata rispetto alla frase attiva 2) disegno di una ragazza che inna a i ori: la frase attiva corrispondeva a «La ragazza inna a i ori», mentre la frase passiva corrispondeva a «I ori sono inna ati dalla ragazza». I risultati hanno dimostrato che la frase passiva impiegava lo stesso tempo per essere elaborata rispetto alla frase attiva Le informazioni semantiche provenienti dalle parole contenute nella frase costituiscono perciò degli indici rilevanti per l’elaborazione della frase. In e etti, è possibile vedere un gatto che insegue un cane, ma è certamente implausibile assistere alla scena di un ore che inna a una ragazza. In genere si dà per scontato che una frase attiva e una passiva abbiano lo stesso signi cato, tanto da essere considerate perafrasi. Nel caso di una frase negativa per il signi cato cambia radicalmente perché neghiamo che un fatto sia avvenuto. Wagner → studia gli e etti delle insinuazioni indotte dai mezzi di comunicazione di massa. Ai partecipanti veniva chiesto di esprimere il proprio giudizio relativamente ad alcuni candidati che si erano presentati alle elezioni comunali. I titoli potevano appartenere a quattro diverse categorie: essere espressi in forma a ermativa, interrogativa, negativa e neutra. I risultati mostrarono che i titoli formulati in forma a ermativa producevano i giudizi più negativi e che i titoli neutri generavano i giudizi meno negativi. Una delle ipotesi che cerca di spiegare il giudizio negativo generato dall’insinuazione si rifà ai principi di cooperazione della terzia delle comunicazione; secondo questa ipotesi → le persone che ricevono un messaggio assumono che le informazioni in esso contenute siano ragionevoli e plausibili. Da questo punto di vista l’e etto negativo delle insinuazioni può derivare dalla tendenza ad accettare come vera un’asserzione per il semplice fatto che essa è stata fatta. Se qualcosa viene detto, forse un fondo di verità c’è. Chomsky distingue due nozioni: - competenza linguistica = conoscenza implicita nelle regole che governano la lingua - concetto di esecuzione = si riferisce ai comportamenti linguistici realmente osservati 5 fi  ff ff ff ffi fi ff fi fi ff ffi fi fi ffi ffi Questa distinzione ha permesso ai linguisti di spiegare il motivo per cui il prodotto della fase di esecuzione non sempre corrisponde a quello previsto dal livello di competenza. La ricerca psicolinguistica attuale cerca di fornire dei modelli funzionalmente adeguati in grado di descrivere i meccanismi sottostanti ai processi di comprensione e produzione del linguaggio. Capitolo 2 - COMPRENSIONE E PRODUZIONE DEI MESSAGGI 1. Le ambiguità del linguaggio I potenziali equivoci nella comunicazione possono essere molteplici e spesso non ce ne rendiamo conto. Soltanto l’analisi delle ambiguità può consentire di so ermarci sui meccanismi coinvolti nei processi di produzione e comprensione dei messaggi linguistici. 2. Facoltà linguistica Il linguaggio è una delle facoltà cognitive di cui è dotato il sistema cognitivo umano; è molto complesso. Gli studiosi che si occupano del linguaggio de niscono come produttività linguistica la possibilità di creare un numero in nito di frasi a partire da un numero nito di parole. Il linguaggio verbale è caratterizzato → dalla possibilità di combinare simboli di cui esso stesso è dotato, ovvero le parole, al ne di produrre signi cati complessi, ovvero frasi e discorsi. La comprensione dei signi cati complessi avviene grazie alla conoscenza delle regole sintattiche, cioè regole che governano la relazione tra le parole. La conoscenza sintattica è implicita e ne siamo dotati n da bambini. Noam Chomsky, uno dei più grandi linguisti e loso , nel 900 da vita alla sua tesi: le regole della sintassi rendono unico il linguaggio dell’uomo come strumento di comunicazione; dando vita alla → linguistica generativo-trasformazionale = le di erenze tra le lingue sono di erenze di tipo super ciale. Nonostante le lingue siano molto diverse tra loro si basano, in realtà, su un numero ristretto di elementi, comuni a tutte, chiamati universali linguistici. Gli elementi si possono strutturare in base piramidale dove nella sommità si trovano le unite più ampie (il discorso) e scendendo si trovano le unità più semplici (le frasi, le parole, i morfemi e i fonemi). 3. Fonemi Tutte le lingue hanno un sistema fonologico → ovvero insieme di fonemi = parti più piccole di cui sono composte le parole di una lingua. Non corrispondono alle lettere e la corrispondenza tra fonemi e grafemi varia a seconda della tipologia di lingua: - trasparente → buona corrispondenza tra fonemi e grafemi - italiano e spagnolo - opaca → lontananza di corrispondenza tra fonemi e grafemi - inglese e francese. Due suoni fonemi si dicono diversi quando sostituendoli l’uno con l’altro danno luogo a parole diverse. 4. Morfemi e parole Quindi i fonemi danno vita alla parole di una lingua ma non tutte le combinazioni sono consentite. Per esempio in italiano chiamiamo: non parola regolare = una parola facilmente pronunciabile ma priva di signi cato (darta) non parola irregolare = una parola che può essere pronunciata ma con una combinazione non frequente (datza) non parola illegale = parole non pronunciabili nella lingua (dstrz). 6  fi fi fi fi fi fi ff fi fi fi ff fi fi ff I fonemi costituiscono i mattoni con cui si costruisce la struttura piramidale e il linguaggio. Combinando i fonemi si hanno i morfemi = unità più piccole del discorso con un signi cato. Esistono: - morfemi liberi → parole costituite da singoli morfemi (infatti) - morfemi legati → morfemi uniti ad altri morfemi che formano parole (morfema radice gatt- unito a o formano gatto) → capacità di segmentazione fonologica Altrettanto importante è la capacità di segmentare una frase nelle parole che la compongono; la struttura con cui si dispongono le parole all’interno di una frase è detta “catena sintattica” → la sua unità minima è il sintagma = elemento principale e minimo della frase. Formato da: testa = parte fondamentale; in funzione della sua categoria grammaticale si distinguono sintagmi: verbali, nominali e preposizionali modi catori = il resto. 5. Frasi e regole sintattiche Le lingue sebbene siano molto diverse, hanno dei tratti in comune = universali linguistici → i principi universali su cui si basa una lingua sono: 1. primo universale = ciascuna lingua ha un numero nito di fonemi 2. secondo universale = da un numero nito di fonemi si possono costruire in nite parole 3. terzo universale = la relazione tra ciascuna parola e il proprio signi cato è arbitraria 4. quarto universale = in qualsiasi lingua si può produrre un numero in nito di frasi Nella produzione di una frase le parole seguono un ordine preciso → sintassi = le sue regole governano il modo in cui le parole sono disposte all’interno di una frase; variano a seconda della lingua. 6. Come interagiscono sintassi e semantica nella comprensione di una frase Comprendere una frase = essere in grado di formarsi una rappresentazione mentale di ciò che il parlante o lo scrivente intendeva dire o scrivere. È il risultato di un processo complicato che può essere analizzato su diversi livelli: a) elaborazione fonologica - ortogra ca → vengono identi cati e riconosciuti i singoli fonemi b) eleborazione sintattica → a ciascun elemento viene assegnato uno speci co ruolo sintattico c) eleborazione semantica → ciascuna parola viene recuperato il corrispondente signi cato Le elaborazioni si concretizzano nel risultato nale = interpretazione della frase. Il dibattito di oggi riguarda il modo in cui i risultati relativi ai diversi tipi di elaborazione interagiscono tra loro. Si possono individuare due classi di modelli: seriali e interattivi. L’aspetto comune è che entrambe assegnano un ruolo fondamentale all’elaborazione sintattica e a quella semantica e che ogni analisi è e ettuata in componenti separate del sistema linguistico. L’aspetto divergente consiste nel precisare le relazioni che intercorrono tra le due componenti. 7. Modelli interattivi e modelli seriali I modelli interattivi → propongono l’interdipendenza tra le componenti coinvolte nella comprensione di una frase. I risultati delle elaborazioni B e C interagiscono tra loro in ogni momento del processo di analisi della frase, concorrendo insieme alla produzione nale del signi cato della frase. Prevedono che l’elaborazione sintattica e semantica procedono in parallelo. I modelli seriali → stabiliscono l’autonomia e l’indipendenza tra i diversi livelli di elaborazione; quindi il sistema linguistico non passa all’elaborazione di una componente se prima non ha completato l’elaborazione della componente in corso di analisi. Prevedono che l’elaborazione sintattica e semantica avvengano sequenzialmente. 7  fi fi fi fi ff fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi Ad oggi è impossibile sostenere con certezza una delle due posizioni teoriche poiché non ci sono le metodologie in grado di catturare i meccanismi. 8. Strategie di analisi sintattica Frazier elabora → la strategia dell’attaccamento minimale = l’elaboratore sintattico funziona in modo da costruire strutture sintattiche il più possibile semplici; l’elaborazione sintattica procede costruendo strutture semplici. Si può dire che la prima struttura sintattica che viene costruita è una struttura semplice, quando il risultato di tale elaborazione produce un’interpretazione non ammissibile, il sistema linguistico realizza la frase in modo da ottenere una rappresentazione plausibile (esempio: il poliziotto guardava il ladro con la pistola viene letta con tempi più lunghi rispetto alla frase il poliziotto guardava il ladro con il binocolo). Frazier e Fodor elaborano → la strategia della chiusura di erita = prevede che gli elementi della frase che vengono man mano elaborati vengano attaccati ai nodi in corso di elaborazione (esempio: sono passata a prendere l’amico del ragazzo che è arrivato ieri). Si ipotizza → le elaborazioni che dipendono da entrambe le strategie, viste no ad ora, rispondano a un principio cognitivo che prevede il minor carico di lavoro possibile in memoria. De Vincenzi elabora → la strategia della catena minima = prevede che il sistema funzioni in modo da evitare di costruire nodi non necessari nelle catene sintattiche (esempio: chi ha chiamato Andrea?). Gli esempi proposti sono con ambiguità sintattiche semplici, ma, nella maggior parte dei casi, siamo inconsapevoli delle diverse interpretazioni che potrebbero scaturire dall’analisi di una frase. 9. Ruolo della prosodia Prosodia = ritmo, intonazione e pause dell’enunciato e tra le frasi. Sono portatori di informazioni utili al processo di comprensione. Nonostante la sua importanza, solo negli ultimi anni si è sviluppato un netto interesse per questa dimensione. 10. Processo di produzione In un atto comunicativo, la comprensione e la produzione sono complementari: in una conversazione ogni partecipante è impegnato in entrambi i processi. Per far sì che si comprendano i messaggi linguistici e che si producano è importante saper: discriminare i fonemi, conoscere le parole e il loro signi cato, conoscere le regole sintattiche e saper costruire una frase. 11. Errori in fase di produzione: le brille stellano o le stelle brillano? Garrett → esaminando gli errori prodotti dai parlanti nelle normali conversazioni e assumendo che tali errori siano ri esso dei normali processi di produzione, a erma che nella produzione di una frase sono coinvolti tre diversi livelli di elaborazione: 1) concettualizzazione = responsabile dell’elaborazione del contenuto del messaggio che il parlante intende trasmettere; Il messaggio viene tracciato come una sequenza organizzata di concetti e il risultato costituisce l’informazione per il livello successivo; 2) formulazione linguistica = viene elaborata la struttura della frase; si articola in tre sottolivelli: a) funzionale → si ipotizza avvenga l’elaborazione della struttura sintattica della frase e la scelta delle parole; lo scambio delle parole all’interno di diversi sintagmi signi ca che queste erano già state selezionate ma che erano in attesa di essere pronunciate (esempio: oggi faccio gli auguri, non mi fai gli anni) b) posizionale → quando lo scambio avviene all’interno di uno stesso sintagma (esempio: i torni contano) 8  fl fi ff ff fi fi c) fonetico → responsabile della realizzazione fonetica dell’enunciato, dove la forma dell’articolo si adatta alle voci lessicali che sono state scambiate a livello posizionale (esempio: un tempo di settimana) 3) articolazione = prevede la traduzione della rappresentazione frasale nella struttura articolatoria, consente l’esecuzione verbale attraverso la piani cazione dei meccanismi motori coinvolti nel processo di articolazione Capitolo 3 - CODICI VISIVI E CODICI VERBALI 1. Immagini o parole Il linguaggio visivo, per esempio tramite immagini, è un linguaggio accessibile a tutte le persone indipendentemente dalla lingua parlata (esempio: le illustrazioni delle procedure di sicurezza sui sedili degli aerei). Due tratti caratteristici e di erenti del linguaggio visivo rispetto al linguaggio verbale sono: - universalità = può essere compreso da tutti → rappresenta la di erenza sostanziale - maggior facilità di comprensione (del linguaggio visivo rispetto a quello verbale) 2. Codice visivo e codice verbale Ogni giorno mettiamo in atto numerose procedure che sono frutto di un apprendimento durante il corso degli anni e che può avere diverse origini: per prove di errori → provando e riprovando una determinata cosa risultato di un comportamento imitativo → si impara una procedura guardando farla consultando una guida con istruzioni scritte → in genere si avvale del linguaggio visivo e verbale Il messaggio viene compreso al meglio solo con l’integrazione dei due tipi di linguaggio (visivo e verbale) (esempio: un’illustrazione del corpo umano con i relativi nomi degli organi). Il contenuto del messaggio che si vuole trasmettere può essere indipendente dal tipo di linguaggio utilizzato: si può decidere che tipo di linguaggio utilizzare ma → in alcune circostanze e in base a ciò che si vuole comunicare, è necessario scegliere quale linguaggio utilizzare a nché la comunicazione avvenga in maniera più e cace. 3. Peculiarità del codice visivo Il linguaggio visivo possiede alcuni bene ci che il linguaggio verbale non ha e viceversa; i due linguaggi non sono equivalenti: ognuno: ha un proprio potere semantico e risponde con diversa e cacia a determinati scopi comunicativi (esempio: la cartina di un appartamento è una peculiarità del linguaggio visivo perché aiuta l’esposizione e la 9  ff ffi ffi fi ff fi ffi descrizione di esso. Una presentazione solo verbale richiederebbe uno sforzo maggiore che porterebbe, quasi sicuramente, ad errori di comprensione e perdita dell’obiettivo). La comunicazione relativa ai rapporti spaziali bene cia del linguaggio visivo. Un altro motivo di interesse per il linguaggio visivo è l’universalità → può essere compreso anche da individui che non parlano la stessa lingua. Il linguaggio visivo presenta alcuni limiti: - non cattura tutte le caratteristiche degli oggetti che rappresenta - l’universalità del linguaggio per immagini è una caratteristica dei segni che mantengono una stretta relazione di somiglianza strutturale/percettiva con l’oggetto cui si riferiscono → quindi più la relazione diventa debole più la comprensione del signi cato è soggetta ad incomprensioni In ambito comunicativo si sta di ondendo sempre di più l’uso di pittogrammi = disegni schematici in genere utilizzati nella comunicazione di vari tipi di indicazione. La comprensione dei pittogrammi e dei segni può richiedere una fase di apprendimento, più o meno lunga, da parte degli individui (esempio: la segnaletica stradale. Nelle prima foto: i segnali “basici” mentre nella seconda l’aggiunta di pittogrammi = la combinazione dei due crea il signi cato nale e completo). Alcuni pittogrammi non sono di lettura immediata ma è necessario che le persone imparino a decodi carne il senso (esempio: le frecce nei cartelli dei poli ospedalieri). È importante sottolineare che il concetto di simbolo è di erente da quello di segno; l’uso dei simboli nella comunicazione è più soggetto a di erenze culturali (esempio: in Occidente il crisantemo è associato ai defunti mentre in Oriente per i matrimoni). 4. Linguaggio delle immagini Come per la costruzione dei messaggi verbali, anche per il linguaggio visivo ci sono delle leggi che governano la struttura delle immagini e sono importanti per costruire, in modo consapevole, i messaggi visivi. 5. Regole di con gurazione spaziale La percezione è un processo cognitivo complesso e dinamico che dipende da diversi fattori. In questo processo intervengono diversi fattori e hanno a che fare con lo stimolo percepito quindi le qualità intrinseche dell’oggetto e con l’individuo che percepisce con l’intervento di esperienze passate, motivazione e apprendimento. Degli psicologi appartenenti alla scuola di Gestalt → scuola sviluppata a Berlino negli anni venti del secolo scorso → gli psicologi: Ko ka, Kohler, Wertheimer appresero che alcuni principi di organizzazione percettiva sono di natura innata nell’uomo. Il processo più elementare che si svolge nell’atto della visione consiste nella capacità di isolare le diverse con gurazioni presenti nel campo visivo = processo di articolazione gura - sfondo: opera sia con oggetti dotati di signi cato sia con forme prive di signi cato. Rubin → ha dimostrato che l’articolazione gura - sfondo è sottoposta a dei principi: la grandezza relativa delle parti, i rapporti topologici e il tipo di margine. Degli stati di ambivalenza o instabilità 10  fi fi fi fi ff fi fi ff fi fi ff ff fi fi fi producono il fenomeno delle gure ambigue = le diverse componenti del campo percettivo assumono ruoli diversi a seconda del signi cato globale che si assegna all’immagine. La lettura di un’immagine comporta la messa in atto di un processo di analisi che porta al signi cato → vale sia per un’immagine unitaria che ra gura un oggetto concreto e sia per un messaggio visivo composto da più elementi che insieme danno forma al signi cato globale del messaggio. Come la comprensione del signi cato di una frase è l’insieme dell’analisi della dimensione fonologica, ortogra ca, sintattica e semantica, il signi cato di un’immagine emerge dall’interazione di diversi fattori, ovvero: i rapporti fra i diversi elementi che compongono l’immagine le condizioni del contesto relazioni reciproche che si determinano Tornando alla Gestalt → i principali fattori di organizzazione percettiva individuati sono: principio della somiglianza = stimoli simili tra loro vengono percepiti come un’unica con gurazione (esempio: per colore o forma) principio della vicinanza = si tende ad uni care in un’unica con gurazione elementi tra loro vicini piuttosto che elementi lontani principio della chiusura = viene percepita come unità la porzione di campo in cui gli elementi formano una gura chiusa principio della continuità o buona direzione = gli elementi del campo percettivo vengono uni cati in modo da percepire elementi coerenti nella forma e nella direzione. La conoscenza di questi fattori è importante per chi lavora nell’ambito della comunicazione visiva intenzionale ma un uso scorretto può giocare a sfavore → solo un uso consapevole di questi fattori porta alla costruzione di un messaggio e cace. I fattori di organizzazione percettiva e i meccanismi che governano base delle gure rispetto allo sfondo sono processi percettivi di base che esercitano una forte in uenza sulla percezione. Le ricerche di Nisbett e colleghi mettono in evidenza come persone appartenenti a culture di erenti percepiscono, categorizzano e memorizzano in modo diverso le stesse scene; dai risultati emerge: - occidente - ovest = si a da a processi percettivi analitici e indipendenti dal contesto - oriente - est = si a da a processi percettivi olistici che privilegiano le relazioni tra gli oggetti e sono più dipendenti dal contesto (esempio: vennero mostrati brevi video di una scena marina con dei pesci in primo piano che nuotavano in un contesto formato da alghe, rocce e altri piccoli animali. i video furono mostrati ad americani e giapponesi: i primi cominciarono a descrivere la scena menzionando gli oggetti salienti ovvero i pesci, mentre i secondi diedero molta più importanza agli oggetti che costituivano lo sfondo. Gli stessi oggetti Vennero poi mostrati in tre diverse condizioni: le prestazioni di partecipanti americani non risultarono in uenzate dalla manipolazione dello sfondo mentre i giapponesi dimostrarono un deterioramento associato al diverso sfondo). Le ricerche hanno portato ad una quasi soluzione: - chi vive in società occidentali ha un approccio più analitico perché centrato su aspetti individualisti 11 fi  ff fi fi fl ffi fi ffi ffi fi fi fi fi fi fi ffi fi fl fi fi - chi vive in contesti sociali complessi e collettivisti, cioè le società orientali, può portare a percepire, ricordare elementi contestuali e relazioni tra gli oggetti. 6. Rappresentazioni esterne e rappresentazioni interne Nel processo di comunicazione il linguaggio verbale e il linguaggio visivo sono entrambi dei codici = sistemi di segni e di regole che permettono di rappresentare, interpretare e trasmettere informazioni. Ciò che li di erenzia è la relazione che lega il segno al corrispondente signi cato: linguaggio verbale = la relazione tra segno e signi cato è arbitraria, quindi è considerato un sistema convenzionale linguaggio visivo = la relazione tra signi cato è caratterizzata da un’associazione intrinseca tra le immagini e i concetti corrispondenti Rappresentazioni esterne → segni = le cose che vengono chiamate immagini hanno un corrispettivo sico nel mondo, ra gurano o descrivono qualcosa che “sta al posto di qualcos’altro”. Non si riferiscono solo ad oggetti concreti, ma anche a ciò che percepiamo attraverso gli organi di senso (esempio: lo zucchero è dolce) oppure concetti più astratti (esempio: amicizia) Rappresentazioni interne → rappresentazioni mentali = Riguarda il modo in cui le conoscenze sono rappresentate nella nostra mente ma è ancora un dilemma perché siamo in grado di manipolare i concetti che possediamo ma questo non signi ca che manipoliamo delle cose nel nostro cervello. 7. Conoscenza Tutti noi nel corso della vita acquisiamo delle conoscenze dovute alle numerose attività che svolgiamo. La loso a e la psicologia hanno cercato di rispondere a due quesiti: che cos’è la conoscenza e come rappresentata nella nostra mente. In particolare, la psicologia si è interrogata su due questioni che si intrecciano: 1) il modo in cui è organizzata la conoscenza 2) la forma con cui la conoscenza è rappresentata nella nostra mente, ovvero la memoria. Di quest’ultima troviamo diverse distinzioni, le più note sono: memoria sensoriale memoria a breve termine memoria a lungo termine memoria dichiarativa memoria procedurale memoria episodica → i contenuti riguardano eventi ed episodi caratterizzati da informazioni spazio - temporali relative a “dove” e “quando” le rappresentazioni (tracce mnestiche) si sono formate (esempio: i ricordi che si riferiscono a un viaggio fatto a Londra) memoria semantica → Tulving a erma che è l’insieme di rappresentazioni mentali a lungo termine di: a) conoscenze che riguardano le parole, i concetti e i simboli, le loro proprietà e relazioni reciproche b) conoscenze extra linguistiche che riguardano il mondo sico quindi il sistema semantico è quel sistema in cui sono rappresentate le conoscenze enciclopediche possedute da un individuo e si assume che queste siano slegate dalle coordinate spazio - temporali in cui si è creata la traccia mnestica (esempio: la città di Londra è la capitale dell’Inghilterra ed è attraversata dal Tamigi). 8. Organizzazione della conoscenza La distinzione tra memoria semantica e memoria episodica trova utilità nell’ambito della ricerca; mentre dal punto di vista dei processi implicati si ipotizza che i due sistemi non lavorano in modo indipendente e con modalità del tutto diverse. 12  fi fi fi ff ff ffi fi fi fi fi fi Per quanto riguarda le modalità di organizzazione della conoscenza possiamo distinguere due classi di modelli: a) modelli che assumono sistemi semantici indipendenti per codi care, organizzare, conservare e recuperare le informazioni riguardanti i concetti b) modelli che propongono che le conoscenze sono rappresentate in un sistema semantico unico 8.1 Sistemi semantici indipendenti A questa prima classe di modelli appartiene il modello del doppio codice di Paivio → prevede due sistemi di memoria semantica: - sistema verbale = tratte le informazioni di tipo linguistico - sistema non verbale = elabora gli stimoli non linguistici e opera in compiti come l’analisi di oggetti, immagini o scene Il modello in analisi prevede che i due sistemi dialoghino tra di loro attraverso connessioni referenziali; sono connessi tra di loro. La critica più forte riguarda la ridondanza delle informazioni: ipotizzare che ci sia un sistema di elaborazione verbale per ogni lingua parlata da un individuo va contro il principio di economia cognitiva → perché assume un funzionamento del sistema basati su un impiego di risorse il più possibile contenuto. 8.2 Sistema semantica unico Per risolvere il problema sopra descritto, una classe di modelli assume che le conoscenze siano organizzate in un unico sistema di rappresentazione. L’assunzione di un sistema semantico unico deve far pensare che il linguaggio con cui sono rappresentate le informazioni sia un linguaggio amodale = un codice astratto, un formato non speci co e indipendente: dal tipo di stimolo, dalla lingua utilizzata e dalla modalità di presentazione dello stimolo. Un sistema così complesso segue però dei principi di organizzazione → i concetti sono rappresentati come nodi di una rete (esempio: anche nel computer organizziamo i le in maniera più semplice per trovarli, vale la stessa cosa per la mente umana). Ogni nodo corrisponde ad un concetto e le connessioni tra essi rappresentano le relazioni tra i vari concetti. All’interno di questo spazio convivono diversi tipo di relazione di tipo: categoriale (esempio: topo - leone), gerarchico (esempio: topo - animale), associativo (esempio: topo - formaggio) e misto (cane - gatto). Le relazioni si di erenziano in base alla loro forza → ri ette la vicinanza di signi cato all’interno dello spazio semantico, quindi concetti vicini dal punto di vista del signi cato sono anche vicini nello spazio semantico. Il modello a rete prevede che il recupero delle informazioni dipenda dall’attivazione dei nodi concettuali attraverso il meccanismo della di usione dell’attivazione tra i nodi stessi. 13  fi ff ff fl fi fi fi fi A sostegno dell’ipotesi che il sistema semantico sia organizzato come una rete concettuale e del concetto di propagazione dell’attivazione troviamo → e etto “priming” = compito di decisione lessicale dove ai partecipanti viene mostrato sullo schermo uno stimolo bersaglio, chiamato target e viene chiesto di decidere se si tratta di una parola sensata o di una sequenza di lettere senza senso. In tutto questo il target è preceduto da un altro stimolo, chiamato prime. Il confronto avviene mostrando il target ma con due prime di erenti: uno associato semanticamente e uno no. Da questo si evince che: se il prime è associato semanticamente al target, il riconoscimento di quest’ultimo sarà più veloce e semplice → il concetto è già parzialmente attivato se il prime non è associato semanticamente al target, il riconoscimento di quest’ultimo sarà meno veloce e semplice. Concetti = unità di base della memoria semantica, dove le informazioni sono codi cate secondo un linguaggio amodale (fenomeno percettivo a cui non corrisponde nulla sul piano oggettivo). 9. Proposta di un modello di memoria semantica Il modello illustrato è costituito da: un sistema amodale di rappresentazione, sistemi di accesso e di produzione speci ci per stimolo e modalità e procedure di elaborazione funzionalmente distinte. Illustra come il processo di elaborazione di una parola o di una gura sia scomponibile in una serie du componenti che interagiscono tra loro; ogni componente è però autonoma quindi svolge speci che operazioni. A livello presemantico, il modello prevede tre componenti speci che per quanto riguarda la modalità di accesso: - un lessico ortogra co per l’analisi delle parole scritte - un lessico fonologico per l’analisi delle parole udite - un sistema di descrizione strutturale proposto all’elaborazione di immagini → forme degli oggetti conosciuti Quando ci troviamo di fronte ad una parola scritta: 1) primo livello di analisi: prevede che la stringa di lettere venga analizzata da un punto di vista visivo - ortogra co; quindi viene identi cata e riconosciuta ciascuna delle lettere che costituiscono la parola 2) secondo livello di analisi: entrata nel lessico ortogra co 3) il recupero del signi cato della parola corrisponde all’attivazione del nodo corrispondente nel sistema semantico. Una supposizione importante da tenere in considerazione è che nel lessico mentale non si veri ca un semplice accesso alla voce lessicale ma una sua attivazione: data una parola non si prevede un accesso lessicale solo per quella parola e le ricerche dimostrano che il tempo necessario al riconoscimento è funzione della porzione di parola che si deve ascoltare prima che diventi distinguibile da tutte le altre (esempio: alla pronuncia della parola frenetico, solo quando si incontra la lettera T si distingue, prima può essere confondibile con fremito, freno). → modello della coorte di Marslen e Wilson = la coorte di possibili candidati al riconoscimento si restringe man mano che le informazioni vengono accumulate e scartate. Per quanto riguarda il processo di elaborazione delle gure, il modello prevede che queste siano elaborate in un sistema di rappresentazione chiamato = descrizione strutturale dove sono rappresentate le forme degli oggetti conosciuti. Il modello di Marr → a erma che il riconoscimento di oggetti consiste nella costruzione di rappresentazioni sempre più dettagliate. Il modello si articola in tre stadi: 1. abbozzo primario → corrisponde alla con gurazione visiva creata dall’oggetto sulla retina, è una rappresentazione bidimensionale 14  fi fi fi fi fi ff fi fi ff fi fi ff fi fi fi fi 2. abbozzo a due dimensioni e mezza - 2D e mezza → vengono integrate le informazioni relative alla profondità; avviene il passaggio da un punto di vista centrato sull’osservatore a un punto di vista centrato sull’oggetto 3. modello tridimensionale - 3D → costituito dalla rappresentazione della struttura tridimensionale dell’oggetto questi costituiscono i sistemi di accesso al sistema concettuale. Per quanto riguarda il processo di produzione, il modello prevede un lessico fonologico in uscita per la risposta orale e un lessico ortogra co per la risposta scritta. È necessario anche prevedere delle procedure di elaborazione funzionalmente distinte ovvero delle operazioni mentali che permettono di passare da un livello di rappresentazione agli altri → per comprendere meglio serve presentare il modello di lettura di Coltheart. Esso prevede che una parola possa essere letta attraverso due vie: via non lessicale = costruisce le forme fonologiche delle parole scritte attraverso l’applicazione delle regole di conversione grafema - fonema. Ogni grafema viene tradotto nel corrispondete fonema, questi poi vengono fusi insieme per ottenere il codice fonologico della sequenza. È utile per leggere parole nuove, non conosciute o pseudo parole ma può portare ad errori di pronuncia o di accento via lessicale = permette il riconoscimento della forma intera di una parola attivando la corrispondete entrata lessicale, prima nel lessico ortogra co e poi in quello fonologico. L’architettura di questo modello risponde ai requisiti di un sistema produttivo perché risponde al principio di economia cognitiva e perché permette l’interazione fra informazioni elaborate da modalità e sistemi sensoriali diversi. 9. A ermare che una persona è simpatica equivale a dire che non è antipatica? Un concetto quindi può essere presentati attraverso formulazioni linguistiche di erenti e che queste possano ri ettersi in opinioni e decisioni diverse → teoria del prospetto di Kahneman e Tversky. Capitolo 4 - COMUNICAZIONE NON VERBALE Comunicazione non verbale = comunicazione extralinguistica → vengono subito in mente i gesti o la postura e il loro contributo nel processo comunicativo (esempio: credenza che stare ad ascoltare una persona seduti e a braccia conserte indichi un comportamento di chiusura verso l’altro). Ma la comunicazione non verbale si articola in un universo di segnali molto diversi tra loro per natura e complessità che hanno come caratteristica comune il non avere parole né scritte né dette. La comunicazione non verbale accompagna ed integra quella verbale e, in casi estremi, la sostituisce (esempio: l’interazione con una persona straniera con la quale non si condivide una lingua). Quindi la di erenza principale tra comunicazione verbale e non verbale è l’assenza di parola, presente nella prima e completamente assente nella seconda. Forza della comunicazione verbale → capacità di esprimere informazioni complesse con grande speci cità Forza della comunicazione non verbale → capacità di immediatezza La comunicazione non verbale può essere codi cata: - in modo esplicito e intenzionale - in modo più sottile e inconsapevole, con risposte comportamentali (esempio: postura) o risposte siologiche (esempio: sudorazione) → non sono intenzionali quindi vengono de niti 15  ff fi fi fl ff fi fi fi ff fi segnali non verbali = consentono di inferire atteggiamenti e intenzioni che l’interlocutore non per forza è disposto a comunicare esplicitamente; rappresentano il canale privilegiato per le emozioni Anche il ricevente può decodi care segnali o comunicazioni non verbali in modo sia consapevole che inconsapevole. La capacità di codi ca e di interpretazione delle espressioni non verbali è una competenza sociale cruciale per vivere in una comunità. 1. I sistemi della comunicazione non verbale La comunicazione non verbale viene distinta in base: - ai canali percettivi - agli organi sici coinvolti nella trasmissione del messaggio - a sistemi: vocale cinesico prossemico visivi 2. Il sistema vocale La voce è un elemento che: 1. può integrare parole esprimendo signi cati aggiuntivi 2. può orientare l’interpretazione delle parole e modulare il signi cato attribuito La sua modulazione è un segnale chiave per capire l’emozione provata dalla fonte. Il sistema vocale include i segnali legati alla comunicazione verbale orale che non hanno a che fare con le parole e la loro semantica. Sfrutta il canale vocale - uditivo e consente una comunicazione semplice, immediata, diretta ed e cace anche quando fonte e ricevente sono sicamente distanti. La comunicazione non verbale è rappresentata dalle seguenti caratteristiche: tono → ha a che fare con la frequenza della voce e la sua modulazione e consente di variare il signi cato di una frase (esempio: complimento o o esa nella frase “ah, sei tu quello bravo!”) intensità → volume della voce e nella sua modulazione, consente di modi care l’accento enfatico su singole parole oppure di esprimere stati emotivi (esempio: rabbia - aumento di intensità) tempo → consiste nella velocità e nel ritiro con cui si parla, comprende anche le pause silenzio → è un segno comunicativo potente, complesso e di cile perché pur in silenzio si può dire molto. Secondo Bruneau e Thomas i silenzi si dividono in: a) silenzi psicolinguistici → interrompono la continuità del parlato ma danno un contributo alla comunicazione dando la possibilità alla fonte di chiarire o correggere un messaggio b) silenzi interattivi → legati all’interazione tra i comunicatori e marcano i con ni del dialogo facilitando il processo di presa di turno c) silenzi socioculturali → hanno a che fare con le norme sociali che ogni cultura impone nella gestione dei due precedenti tipi di silenzio Jensen → a erma che gli ambiti del silenzio sono cinque: 1) funzione di creazione o scioglimento di un legame (esempio: un minuto di silenzio per una persona venuta a mancare) 2) funzione a ettiva, può ra orzare o indebolire un legame 3) funzione rivelatrice, si tace per nascondere un’informazione o rivelare una verità 4) funzione di giudizio, può esprime approvazione o disapprovazione 5) funzione di attivazione, la persona si sta preparando a dire/fare qualcosa oppure indica distrazione 16 fi  fi ff fi ff fi ff fi fi ff ffi fi ffi fi fi Il silenzio quindi è caratterizzato dall’ambiguità che deve essere risolta tramite la lettura e la decodi ca del contesto. 3. Il sistema cinesico Sistema cinesico → include segnali codi cati e intenzionali (esempio: la lingua dei segni) e segnali spontanei (esempio: espressioni facciali) quindi coinvolge tutta la muscolatura corporea spaziando dalla mimica facciale ai movimenti oculari e dai gesti alla postura: mimica facciale → trasmette gli stati emotivi che stiamo vivendo: alcune espressioni si riescono a controllare altre no. Le espressioni hanno una loro semantica che può essere riconosciuta da qualsiasi osservatore. Il ruolo del contesto culturale ha poca importanza perché le emozioni sono riconosciute universalmente ma non deve essere sottovalutato il contesto per l’interpretazione delle espressioni del volto (esempio: sorriso può signi care allegria ma anche imbarazzo) sguardo/movimenti oculari → il suo primo ruolo è quello di legame con l’oggetto di attenzione, consente il contatto visivo tra gli interlocutori, gestisce i turni di conversazione soprattutto in gruppo. La sua importanza è data dalla conformazione dei nostri occhi perché fa in modo che i movimenti oculari siano molto visibili consentendo ai nostri simili di capire dove stiamo guardando, infatti tendiamo molto a seguire lo sguardo altrui e cercare di capire cosa ha tirato la loro attenzione per capire, prevedere e regolare il nostro e il loro comportamento. gesti → Annoli li suddivide in sei tipologie: - gesticolazione: gesti che servono ad illustrare un concetto che viene espresso contemporaneamente con il linguaggio verbale, spesso seguono delle logiche determinate culturalmente (esempio: gli italiani sono noti per sfruttare questo tipo di comunicazione non verbale) - pantomima: rappresentazione gestuale di un’azione o una situazione (esempio: gioco di società in cui bisogna fare indovinare una parola senza usare il linguaggio verbale) - emblemi o gesti simbolici: gesti convenzionali con un signi cato bene preciso (esempio: appoggiare l’indice sulle labbra signi ca fare silenzio) - gesti deittici: usati per indicare e spostare l’attenzione dell’interlocutore in una certa direzione (esempio: l’indice) - gesti motori: sono movimenti semplici ripetuti, spesso segnalano ansia o serve a mantenere la concentrazione (esempio: far tremare una gamba) - linguaggio dei segni: ha un livello di convenzionalizzazione e complessità paragonabile al linguaggio verbale; si tratta di un vero e proprio linguaggio codi cato e condiviso da una comunità di persone in genere caratterizzate da sordità o mutismo postura/movimenti corporei → Birdwhistell ha proposto una classi cazione di 60 sequenze o unità comportamentali, chiamate anche cinemi. A erma che la cultura e il contesto situazionale sono fattori determinanti per riuscire ad attribuire il giusto signi cato a quest’ultimi (esempio: per indicare un atteggiamento umile molte culture tendono a mettere in atto dei comportamenti o delle posture che abbassano il corpo). 4. Il sistema prossemico Il sistema prossemico si riferisce alla gestione dello spazio interpersonale e può essere espresso su un continuum in centimetri che rappresentano la distanza tra le persone coinvolte nell’interazione. Hall → a erma che la distanza è un’importante fonte di informazioni rispetto alla relazione tra le persone; ha proposto una classi cazione in quattro intervalli, misurando la distanza tra interlocutori americani: 1. spazio dell’intimità - da 0 a 50 centimetri = distanza che caratterizza le relazioni intime, dove il con ne corporeo dello spazio personale è attaccato con lo spazio intimo dell’altro quindi consentendo il contatto sico 17  fi fi ff fi fi fi fi ff fi fi fi fi fi 2. spazio personale - da 50 a 120 centimetri = distanza che viene mantenuta nei dialoghi con persone con cui si ha con denza, come amici o familiari. Non implica un contatto sico ed è de nito come la bolla che circonda e protegge una persona 3. spazio sociale - da 120 a 240 centimetri = distanza mantenuta quando si interagisce con persone con cui non si ha un rapporto con denziale. Se la distanza dovesse essere violata, si creerebbe un forte disagio, di conseguenza non permette il contatto 4. spazio pubblico - oltre 240 centimetri = distanza che viene di solito mantenuta quando si parla in pubblico (esempio: conferenze, comizi). La classi cazione sopra descritta è valida per la cultura americana degli anni 60 ma, come per la maggior parte dei segnali non verbali, ci sono di erenze tra culture e cultura. Fa parte della prossemica anche il contatto corporeo e la sua gestione → il contatto interpersonale sollecita quindi il sistema aptico = l’esplorazione dell’oggetto attraverso il tatto. Il contatto quindi caratterizza in modo primario le relazioni a ettive però, nel momento in cui con denza e intimità della relazione diminuiscono, la gestione del contatto viene limitata da convenzioni sociali sempre più articolate. 5. Il sistema delle rappresentazioni visive Spesso molti elementi dei sistemi visti in precedenza sono comunicati attraverso una loro rappresentazione su supporto visivo (esempio: un cartello di alt su cui il gesto di una mano aperta simboleggia il concetto). Le emoticons → sono faccine che esprimono gli stati emotivi e che vengono usate soprattutto nelle chat per l’assenza della comunicazione non verbale tipica della comunicazione scritta = si può considerare il caso più simbolico di un sistema di comunicazione non verbale che irrompe in quello verbale tipico della comunicazione scritta, grazie alla rappresentazione visiva. La comunicazione attraverso rappresentazioni visive è importante nella comunicazione di massa, grazie alla facilità di riproduzione e di usione del messaggio visivo e alla sua immediatezza. La maggior parte dei messaggi comunicativi coinvolge più sistemi, coordinandoli tra loro nel processo di costruzione del signi cato (esempio: quando ti scriviamo un oggetto spesso rappresentiamo ironicamente la sua forma con le mani). La coordinazione tra i diversi sistemi richiede un processo di sincronizzazione da parte della fonte ed integrazione da parte del ricevente. 6. Le funzioni della comunicazione non verbale I segnali non verbali caratterizzano la nostra vita: regolano e in uenzano molteplici processi cognitivi a vari livelli: individuale, interpersonale, intergruppi e comunicazione di massa. 6.1 La funzione dei segnali non verbali a livello individuale I segnali non verbali non sono limitati alla segnalazione di un contenuto a un’osservatore esterno ma → sono cruciali nel segnalare anche a noi stessi i nostri stati d’animo e i nostri atteggiamenti. I segnali non verbali possono essere interpretati come delle manifestazioni di stati psicologici soggiacenti (esempio: l’aumento del battito cardiaco può essere una manifestazione di uno stato di ansia o eccitazione). Pensare ai segnali non verbali come conseguenze di stati psicologici è intuitivo, ma non lo è pensare che gli stati psicologici siano la conseguenza di segnali non verbali quindi la relazione inversa. Argyle → a erma che i segnali non verbali possono essere non solo conseguenza ma anche causa dei corrispondenti stati psicologici. Persino quando il comportamento non verbale è indotto in modo arti ciale esso mantiene il suo impatto psicologico (esempio: ci sentiamo più felici dopo aver sorriso). I segnali non verbali sono informativi in primo luogo per noi stessi anche se spesso non ci andiamo conto della loro funzione nei processi cognitivi. 18  fi fi fi ff fi fi fi ff fi ff ff fl fi Brignol e Petty → a ermano che l’in uenza degli stati corporei sugli atteggiamenti può avvenire secondo tre principali processi: 1) fungendo da semplici indizi: gli stati corporei sono degli elementi informativi che vengono associati o interpretati in relazione a un oggetto di atteggiamento 2) e etto degli stati corporei sul modo e la quantità di elaborazione delle informazioni: le informazioni possono essere elaborate in dettaglio e profondità oppure in modo super ciale. Entrambe possono essere promosse da stati corporei speci ci (modello della probabilità di elaborazione) 3) i segnali corporei possono in uenzare la sicurezza delle persone nelle proprie idee e nei propri pensieri: il livello di sicurezza che abbiamo nei confronti dei nostri pensieri svolge un ruolo cruciale nel processo di costruzione e di cambiamento degli atteggiamenti (teoria dell’autovalidazione). I segnali forniti dal nostro corpo possono contribuire a questo senso di sicurezza. 6.2 La funzione dei segnali non verbali a livello interpersonale È la funzione più studiata. Una delle prime funzioni del comportamento non verbale è quella di regolare l’interazione interpersonale (esempio: l’importanza di segnali non verbali nella regolazione dei turni di parola). I segnali non verbali possono giocare un ruolo chiave: - nella segnalazione degli atteggiamenti → i segnali non verbali concorrono in modo autonomo, complementare o in contrasto rispetto alla comunicazione verbale a segnalare i quali sia l’atteggiamento della persona nei confronti dell’oggetto target - nella creazione o nel cambiamento degli atteggiamenti La distanza è uno dei segnali più evidenti: tendiamo ad avvicinarci a ciò che ci piace. Mimicry o imitazione: caso interessante perché le persone tendono a reciprocare e imitare il comportamento degli altri quando la situazione conferma le loro aspettative ed è di loro gradimento; al contrario prendono le distanze quando si trovano in una situazione inattesa o sgradevole. I segnali non verbali possono essere utilizzati come strumento di autopresentazione: espressiva = scopo di comunicare qualche informazione su di sé strategica = scopo di piacere agli altri Per quanto riguarda il ruolo persuasivo, lo stile comportamentale di comunicazione consiste nel ruolo dei segnali non verbali nella comunicazione e nella persuasione (esempio: il contatto sico). La comunicazione non verbale svolge importanti funzioni anche in ambito clinico (esempio: le procedure di comunicazione facilitata consente a una persona a etti da autismo di comunicare i propri pensieri scrivendoli al computer grazie al facilitatore). 6.3 La funzione dei segnali non verbali a livello intergruppi I segnali non verbali nel contesto intergruppi sono cruciali quando gli individui interagiscono e comunicano in virtù delle loro appartenenze sociali, perché rappresenti di un gruppo o perché categorizzati come membri di quel gruppo. Le funzioni intergruppi dei segnali non verbali sono: - segnalare le appartenenze sociali - regolare le interazioni tra membri di gruppi sociali - mantenere o scalzare le di erenze sociali I segnali non verbali di discriminazione sociale possono essere enfatizzati dei gruppi di maggioranza per mantenere le di erenze intergruppi oppure possono essere utilizzati dei gruppi minoritari per ridurre o anticipare le conseguenze della discriminazione intergruppi. 6.4 La funzione dei segnali non verbali nella comunicazione di massa Ruoli/funzioni: - fornire informazioni in modo rapido e sintetico, perché sfrutta la stimolazione visiva attraverso delle immagini che veicolano informazioni in modo esplicito (esempio: diagrammi, gra ci o rappresentazioni iconiche). 19  ff ff ff fl ff fl fi ff fi fi fi - trasmettere dei valori o degli stereotipi: la comunicazione di massa plasma sistemi di rappresentazioni e di atteggiamento (esempio: la presenza di immagini di donne magre sullo scenario mediatico è stata interpretata come veicolo di trasmissione del valore della magrezza). La trasmissione di stereotipi e valori può avvenire anche in modo più leggero, sfruttando per esempio delle inquadrature: face-ism: è un fenomeno noto in letteratura e mostra come nelle rappresentazioni visive i target caratterizzati da maggiore status e potere siano tipicamente inquadrati con un primo piano; mentre i target a basso status sono rappresentati a gure intera Spatial Agency Bias: è una simmetria spaziale legata alla direzione della scrittura che alimenta gli stereotipi di genere; la rappresentazione è in linea con gli stereotipi di genere e concorre a mantenerli (esempio: un goal calcistico è percepito come più bello e potente se osservato da una prospettiva che lo presenta in direzione sinistra a destra) - orientamento del comportamento di consumo, persuasiva: i colori, i profumi e la musica presenti negli ambienti in uenzano le scelte di acquisto e il benessere; l’e etto del profumo è aumentato dalla sua congruenza con la categoria del prodotto e con la musica presente nell’ambiente (esempio: se ho un negozio di decorazioni natalizie, mi conviene accendere candele alla cannella e mettere musica di Natale). Altre ricerche dimostrano che le stimolazioni sensoriali portano a processi di compensazione → Kim e Tokura = hanno indagato l’e etto cross sensoriale di temperatura percepita e scelta dei colori: dopo aver esposto i clienti ad una temperatura calda, loro tendevano a preferire colori freddi e viceversa. - L’insieme di questi studi, suggeriscono che la stimolazione sensoriale può essere usata in modo strategico per pilotare le scelte delle persone e i loro giudizio; il contesto può spingere le persone a scelte complementari o congruenti. Queste strategie di comunicazione non verbale possono essere applicate anche per la promozione di comportamenti pro sociali: uno studio ha dimostrato che la volontà di donare dei soldi a un’associazione bene ca è la maggiore in un ambiente profumato. La scelta dei segnali non verbali e il loro valore semantico sono de niti da un surplus di variabili che spaziano da quelle culturali a quelle individuali, de nite dalla situazione e dagli obiettivi degli interlocutori, dalle loro relazioni interpersonali e sociali. Per queste sue caratteristiche, la comunicazione non verbale è il canale privilegiato per esprimere emozioni e relazioni sociali. Capitolo 5 - COMUNICAZIONE PERSUASIVA 1. Funzione persuasiva della comunicazione Una funzione centrale di ogni comunicazione consiste nell’esercitare qualche forma di in uenza → è evidente in situazioni in cui un interlocutore avanza una richiesta all’altro (esempio: discussioni fra tifosi al bar dello sport) ma in altri scambi comunicativi questa funzione è meno esplicita. La maggior parte delle interazioni comunicative è attuata per manipolare la realtà sociale = fare in modo che il nostro interlocutore accetti la rappresentazione che noi abbiamo di essa, rientra anche la motivazione che ogni attore sociale ha di dare agli altri una buona impressione di sé. L’altra parte della medaglia è che ogni attore sociale è costretto a sviluppare qualche competenza per fronteggiare la pervasività dei tentativi di in uenza. 20  fl fl fi fi fi fi ff fl ff Restare in balia di ogni manipolazione e cedere ad ogni richiesta è disfunzionale. Ma anche ri utare ogni forma di in uenza lo sarebbe perché → attraverso l’in uenza il confronto sociale, l’individuo crea i propri rapporti sociali signi cativi, si inserisce in una rete di appartenenza necessarie per raggiungere la consapevolezza di sé e il senso della propria identità. Gli psicologi sono attratti dalla funzione persuasiva della comunicazione perché: avere le competenze che rendono l’attore sociale un protagonista attivo dei processi di in uenza non signi ca essere capaci di esercitarla o di resisterle direttamente in funzione dei propri scopi. Prima di de nire la concettualizzazione di ciò che rende la comunicazione e cace in termini persuasivi è necessario partire dalla de nizione dell’obiettivo dell’in uenza: cosa vuol dire persuadere qualcuno? Qual è la natura del cambiamento che si deve produrre? Una fonte che ha intenzione di persuadere un ricevente, attraverso la comunicazione, può mirare a produrre dei cambiamenti di opinione, di credenze, di atteggiamenti o di valori (esempio: il genitore desidera che il glio ami di più la matematica). Opinioni, credenze, atteggiamenti e valori possono essere ricondotti al piano cognitivo ma la fonte di una comunicazione persuasiva spesso si aspetta anche dei cambiamenti di comportamento (esempio: il genitore desidera che il glio studi per un tempo più prolungato la matematica). Grazie numerose ricerche, oggi sappiamo che il comportamento e ettivo non dipende soltanto da atteggiamenti, opinioni, credenze e valori ma anche da altri fattori più contingenti e/o sociali. Dunque il persuasore che mira solo ad in uenzare il piano cognitivo non può contare su una buona probabilità di ottenere anche il comportamento che si aspetta dal ricevente. Non può accontentarsi dell’acquiescenza: il miglior modo possibile per il persuasore è quello di in uenzare e avere e etti sul piano cognitivo e sul piano comportamentale (esempio: una mamma che impone al glio di studiare matematica, sarà costretta a controllarlo e ad essere presente). Se si considera lo studio della persuasione, si possono schematizzare tre grandi direttrici: 1) lo sforzo di individuare quali elementi rendono la comunicazione e cacemente persuasiva → degli studi hanno prodotto dei risultati che de niscono approccio atomistico = lo scopo è quello di completare un elenco dei fattori che intervengono nel setting comunicativo a rendere e cace il messaggio persuasivo 2) tensione verso l’obiettivo di formulare una teoria generale dei processi di persuasione 3) tentativo di individuare strategie di persuasione il cui target non sono le opinioni, gli atteggiamenti o i valori, ma comportamenti speci ci e circoscritti nel tempo e nello spazio. 2. Approccio atomistico: fonte, messaggio e ricevente Gli anni 40 del secolo scorso sono il momento in cui prendono avvio gli studi scienti ci dei fattori che possono in uenzare l’e cacia persuasiva di una comunicazione. Nel 1942 Carl Hovland iniziò un programma di ricerca nalizzato a valutare le campagne persuasive per raccogliere il consenso dei cittadini nei confronti della decisione di entrare in guerra → venne applicato per la prima volta il metodo sperimentale allo studio dei cambiamenti di atteggiamento. Gli studi sperimentali si sono concentrati sulla compilazione della lista delle caratteristiche di fonte, messaggio e ricevente che aumentano la probabilità che quest’ultimo cambi la propria opinione in direzione di quella sostenuta nel messaggio. 2.1 La fonte Hovland e Weiss → si sono posti l’obiettivo di mostrare sulla base di prove empiriche che la variazione delle caratteristiche della fonte può in uenzare la valutazione degli argomenti da parte del ricevente e cambiare la sua opinione. Sono partiti i isolando una caratteristica della fonte: la credibilità = attribuzione da parte del ricevente di una conoscenza approfondita in un dato ambito (expertis) e di a dabilità in termini di sincerità (trust worthiness). Hanno compiuto quattro studi applicando lo stesso piano sperimentale a diversi argomenti → lo stesso messaggio viene attribuito a una fonte credibile o ad una fonte poco credibile. 21  ffi fi fi ff fi fi fl fi fl ffi fi fi fl fi fi fi fl fi ff ffi fl fl ffi ffi fi fl fl (esempio: si esponevano i partecipanti a un messaggio nel quale si sosteneva l’utilità di costruire sottomarini atomici nel prossimo futuro. Il messaggio veniva attribuito in una condizione sperimentale a un famoso sico atomico, nell’altra condizione al giornale u ciale del Partito comunista sovietico (siamo in periodo di piena guerra fredda). I ricercatori hanno rilevato gli atteggiamenti dei partecipanti su questo tema prima di far loro ascoltare il messaggio subito dopo e dopo 4 settimane. Confrontando le misure di atteggiamento rilevate prima e dopo l’ascolto del messaggio emerge che le fonti credibili producono cambiamenti signi cativamente più rilevanti delle fonti poco credibili in tre studi sui quattro e ettuati. Tuttavia l’e etto scompare alla rilevazione e ettuata dopo 4 settimane: diversi partecipanti della condizione «fonte credibile» tornano all’opinione originaria, mentre diversi partecipanti della condizione «fonte poco credibile» manifestano un cambiamento avvenuto nel frattempo). Gli studiosi interpretarono i risultati sostenendo che la caratteristica della fonte in uisce sulla