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Francesco Battaglia
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These notes cover various marketing concepts and strategies, including competitive strategy, strategic processes, marketing planning, and customer satisfaction. It includes case studies and exercises on topics like SWOT analysis, customer satisfaction indexes, market potential, and market share analysis. The document also explores different levels of market definition and consumer/retail market share analysis as well as the relationship between business and marketing profits.
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Francesco Battaglia Indice Concetto di strategia competitiva (blocco 1).................................................................................................... 3 Esercitazione – Il caso Amazon.com...........................................................................................
Francesco Battaglia Indice Concetto di strategia competitiva (blocco 1).................................................................................................... 3 Esercitazione – Il caso Amazon.com.............................................................................................................16 Il processo strategico (blocco 2)......................................................................................................................27 Esercitazione – Swot analysis, il caso del trasporto aereo passeggeri.........................................................44 La pianificazione di marketing – il piano di marketing (blocco 3)..................................................................55 Il valore per i clienti e customer satisfaction – modelli di misurazione della customer satisfaction (blocco 4).......................................................................................................................................................................62 Esercitazione – customer satisfaction index (CSI)........................................................................................85 Contributo del marketing alla profittabilità e redditività del business (blocco 5)......................................102 Livelli di definizione del mercato: mercato potenziale assoluto, domanda di mercato, mercato servito, mercato penetrato (blocco 6)........................................................................................................................112 Esercitazione – potenziale di mercato (calcolo potenziale e gap di potenziale)........................................123 Analisi quota di mercato a livello consumer (blocco 7)................................................................................130 Esercitazione – la quota di mercato consumer..........................................................................................158 Analisi quota di mercato a livello retail (blocco 8).......................................................................................161 Esercitazione – Quota di mercato Retail....................................................................................................169 Analisi del comportamento di acquisto del consumatore (blocco 9)..........................................................172 Esercitazione – la catena mezzi-fini (CMF) e gli indici di notorietà............................................................198 Esercitazione – la misurazione della risposta affettiva (atteggiamento mentale), metodo di Fishbein 204 La segmentazione del business (blocco 10)..................................................................................................209 La segmentazione dei clienti (micro-segmentazione) (blocco 11)...............................................................226 L’ambiente esterno (blocco 12).....................................................................................................................240 Analisi del settore e dei concorrenti (blocco 13)..........................................................................................248 Swot Analysis (blocco 14)..............................................................................................................................272 L’analisi della posizione competitiva e dei fattori chiave di creazione di valore per i clienti (blocco 15)..292 Il piano di marketing – le strategie di marketing (blocco 16).......................................................................303 Il posizionamento di prodotto-marca (blocco 17)........................................................................................310 Le strategie competitive orientate al vantaggio di costo e di differenziazione (blocco 18).......................322 Esercitazione – struttura dei costi, dinamica dei costi e strategie competitive.........................................346 Esercitazione – curva di esperienza e implicazioni strategiche..............................................................352 Leve del marketing mix: il prodotto..............................................................................................................358 Esercitazione – strategie di branding: il portafoglio prodotti....................................................................360 Metodi per la determinazione del prezzo (con esercitazione) (blocco 20)..................................................363 Esercitazione - Pricing.................................................................................................................................373 Il marketing mix: le decisioni relative alla comunicazione (con esercitazione) (blocco 21).......................375 1 Francesco Battaglia Leve del marketing mix: la distribuzione......................................................................................................388 Strategie di crescita (blocco 19)....................................................................................................................391 2 Francesco Battaglia APPUNTI MARKETING Cos’è il marketing? È quel complesso di decisioni che riguardano come acquisire il vantaggio competitivo sui mercati in cui le aziende operano. In particolare è quella attività che consiste nel capire e intercettare le esigenze di mercato e a soddisfarle. Questa, in particolare, è l’unica premessa per creare profittabilità e crescita delle imprese. Da ciò quindi è possibile definire il marketing come “il business delle aziende”, perché il modo con cui io riesco a fare business richiede necessariamente la capacità di interpretare il mercato e i clienti, a soddisfarli attraverso un processo di creazione di valore, che vuol dire portare sul mercato delle proposte di valore attrattive per i clienti superiori a quelle che offrono i miei diretti concorrenti. Tutto questo rappresenta l’elemento discriminante delle aziende di successo e delle aziende di insuccesso, ovvero delle aziende che acquisiscono un vantaggio competitivo sul mercato. Noi affronteremo quindi le modalità con cui le aziende creano valore. Creare valore in sintesi significa: soddisfare le aspettative del mercato in misura superiore rispetto a ciò che fanno i miei concorrenti. CONCETTO DI STRATEGIA COMPETITIVA (BLOCCO 1) Bisogna distinguere tra il “concetto” di strategia (cioè il contenuto) e il processo di formazione della stessa, cioè il modo con cui quel contenuto si determina nei vari passaggi/procedure manageriali o, in altri termini, l’iter del processo decisionale che la determina. I due aspetti non sono tra di loro disgiunti perché posso avere una strategia che è sbagliata perché il processo è sbagliato. Quindi necessariamente una strategia competitiva la dobbiamo riferire ad un insieme di decisioni assunte e 3 Francesco Battaglia di azioni poste in essere dal management, cioè da chi è deputato alla direzione aziendale, per assicurare due obiettivi: - Il vantaggio competitivo dell’impresa; - Duratura sopravvivenza dell’impresa (che è determinata dal raggiungimento del primo). Il vantaggio competitivo lo possiamo qualificare in due elementi di fondo, due aspetti. Il primo è quello che classicamente viene definito come la “Superiorità dei ritorni economico-finanziari dell’azienda” rispetto ai concorrenti, che è l’elemento più evidente. L’altro aspetto del vantaggio competitivo (che tra l’altro determina il primo, che potremmo definire come “la punta dell’iceberg”) consiste nella capacità delle aziende di fare meglio degli altri. Ma quand’è che un’azienda fa meglio degli altri? Quando ha delle capacità, delle risorse, delle competenze, dei processi migliori dei diretti concorrenti. Quindi i due elementi sono, come si può facilmente notare, fortemente interrelati. È chiaro che io riesco a raggiungere il primo risultato soltanto in funzione del secondo. Se io ad esempio riesco a produrre con costi inferiori (che è una mia capacità, una mia risorsa) rispetto ai miei concorrenti riuscirò ad ottenere dei risultati migliori dal punto di vista “economico- finanziario” rispetto agli stessi miei concorrenti. Quindi se noi vogliamo capire perché delle aziende sono più performanti di altre dobbiamo indagare e capire dov’è il vantaggio competitivo in termini di risorse, di competenze e di capacità nello specifico business di riferimento. Il complesso di decisioni e di azioni che le aziende pongono in essere sono basate su una serie di valutazioni che devono fare, tra cui rientra lo studio delle emergenti opportunità/minacce nei mercati attuali e futuri. Tali opportunità/minacce determinano o possono determinare un cambiamento del vantaggio competitivo, che porta a sua volta le aziende a domandarsi su cosa basare oggi ma soprattutto domani tale vantaggio competitivo. Quindi il problema delle aziende non è tanto di avere un vantaggio competitivo statico (anzi oggi le aziende che tendono a mantenere inalterato nel tempo il loro vantaggio competitivo sono quelle che sistematicamente lo perdono) ma dinamico, tant’è che molte aziende come Gilette, Intel ecc. tendono a distruggere il loro vantaggio competitivo, nel senso che portano sul mercato innovazioni di prodotto estremamente veloci (distruggendo quindi il vantaggio competitivo acquisito col prodotto precedente), tutto ciò perché “la dinamica del vantaggio competitivo” è proprio una logica per mantenere i concorrenti lontani, perché? Perché nel momento in cui questi ultimi si “avvicinano” io azienda faccio un salto introducendo un nuovo prodotto innovativo. Questo significa che l’azienda deve acquisire nuove competenze, che come abbiamo detto in precedenza costituiscono l’elemento principale su cui si basa il vantaggio competitivo. È ovvio, poi, che il vantaggio competitivo deriva anche dalla capacità dell’azienda di soddisfare i clienti o, in particolare, di creare valore per gli stessi. 4 Francesco Battaglia La strategia competitiva si forma a vari livelli. Se concepiamo la struttura di un’azienda fatta a tre livelli decisionali (per semplificare) il primo di questi è quello corporate, la direzione aziendale (o anche “top management”) le cui decisioni interessano ed influenzano l’intera azienda e tutte le sue unità decisionali. Se immaginiamo un’azienda che opera in più business e che presenta quindi più divisioni, sotto il livello corporate possiamo trovare un sistema di decisioni che hanno l’obiettivo di conseguire il vantaggio competitivo in singole aree di business (ad es. Apple avrà l’area smartphone, area tablet, area pc ecc.). All’interno delle aree di business abbiamo poi, naturalmente, delle attività (marketing, produzione, logistica ecc.) dove anche si manifesta un processo decisionale strategico, che ovviamente riflette la strategia assunta a livello di business a cui quella attività appartiene. 5 Francesco Battaglia Markides (1997) definisce la strategia come tutto ciò che concerne la scelta del posizionamento sul mercato, che è determinato dalle risposte a tre domande: 1. Chi è il mio target di clienti? 2. Quali bisogni voglio soddisfare? 3. Come dovrei farlo? Quali prodotti/servizi, con quale prezzo, con quale canale distributivo, con quali scelte di marca, con quale livello di servizio al cliente, ecc.? Con quale, quindi, sistema di offerta? La risposta a queste domande ovviamente individua dove e come voglio competere. È una definizione di strategia competitiva molto market-oriented e contemporaneamente una scelta di estrema importanza perché ha sostanzialmente definito quelli che NON sono i suoi clienti, i bisogni che NON voglio soddisfare ecc. Secondo Michael Porter la strategia competitiva significa definire quali bisogni soddisferai nel tempo con la tua azienda, ma ciò che è realmente importante è definire quali sono i modi differenti attraverso cui vuoi soddisfare i bisogni dei tuoi clienti. Qui la logica strategica è fortemente incentrata sull’innovazione, la strategia è qualcosa di innovativo in cui il tema non è “soddisfare i tuoi clienti” ma “soddisfare i tuoi clienti in maniera divergente, diversa da quella che fanno i tuoi competitors sul mercato”. Infatti sempre secondo Porter il peggior errore di uno stratega è di fare le stesse cose che fanno i competitors (qui emerge la logica, appunto, innovativa). Ad esempio: nelle compagnie aeree low cost dov’è l’innovazione strategica? Sta nell’individuare, ad esempio, un target di clienti nuovi. Quali sono tali clienti? Sono quei clienti che, ad esempio, non prendono l’aereo per la sua costosità. L’innovazione sta quindi nel prezzo che però costituisce soltanto la “punta dell’iceberg”, perché per ottenere questo risultato chiaramente dovrò innovare su diversi 6 Francesco Battaglia aspetti che riguardano il servizio (eliminare costi connessi al ticketing ecc. eliminare quindi tutta una serie di costi variabili e fissi). Tutto ciò significa cambiare (innovare) il modello di business precedente. Su cosa posso basare la mia strategia competitiva? Ci sono diverse alternative/modi: - Contenimento dei costi, prezzi più bassi dell’intero settore (Southwest Airlines; Wal- Mart; Ikea). È chiaro che in questo caso il problema non è avere il prezzo più basso (basta che abbasso il listino prezzi) ma quello della sostenibilità del prezzo più basso, cioè avere una curva dei costi più bassa; - Sviluppo di tratti distintivi, di unicità, di differenziazione dai concorrenti, che può essere ottenuto in diversi modi: Qualità/Affidabilità /Superiorità tecnologica del prodotto: Toyota, Audi, BMW, Johnson & Johnson; Design/Stile: Apple, che ha maturato la sua iconicità proprio su questo componente; Immagine: Harley-Davidson (outlaw), Chanel (elegance), Rolex (Rolex), Apple (trendy, innovative); Servizio clienti (Caterpillar, Fedex); Esperienza de consumatore: Starbucks, Walt Disney, Apple, Illy, Ducati; Innovazione di prodotto: Intel, Apple. - Concentrazione su una ristretta nicchia di mercato: Rolex, Ferrari; - Ampiezza prodotto-mercato: LVMH, Gruppo Swatch, Gruppo Fiat, GE, Walt Disney, Apple, Microsoft, L’Oreal, Ikea. In questo caso si parla più propriamente di ampiezza 7 Francesco Battaglia orizzontale, cioè categorie di prodotto diverse, questo perché il mio problema è andare a soddisfare un bisogno che riguarda non un singolo aspetto ma una categoria di aspetti. Ad esempio se l’Oreal crea ampiezza orizzontale lo crea non per lavorare solo nella cosmesi, shampoo ecc. (che soddisfano un solo bisogno) ma per dare delle soluzioni al cliente su una categoria di bisogni più ampia che è quella del body care (cura del corpo). Quindi la mia logica strategica è soddisfare questa categoria di bisogni e quindi creo tutta una serie di prodotti idonei a soddisfarli; - Integrazione del cliente (customer engagement) nella creazione del prodotto-servizio: Dell Computer, Ikea, Amazon.com, Lego. Ad esempio Dell Computer ha innovato la sua logica strategica ingaggiando il consumatore nella costruzione del PC, cioè il consumatore che autodefinisce come deve essere il suo PC. Ed è chiaro che in questo modo aumenta la soddisfazione del cliente; - System Lock-in, Lock-out: standard proprietari (Microsoft); interfaccia dominante (Google, e-Bay); accesso ristretto ai concorrenti (Coca Cola Company: Coca Cola, Fanta, Sprite, Coca Cola Zero,Coca Cola Life, Coca Cola Light, Kinley, Burn, Monster, Powerade, Amita, Lilia, Sveva, Nestea, Illyissimo). System Lock-in, Lock-out: significa lavorare su elementi che limitano gli spazi di manovra/scelta del consumatore, in che modo? Con gli standard proprietari che diventando quelli di riferimento “costringono” i consumatori, i fornitori di contenuti che lavorano su quegli standard proprietari a lavorare su quel tipo di piattaforma. Ad esempio se parliamo di Console la grande battaglia tra Sony e Microsoft è stata proprio nell’affermazione dello standard tecnologico di riferimento. Nel momento in cui lo standard tecnologico di riferimento si afferma i fornitori di contenuti (es. giochi) li devono creare secondo quella piattaforma. Se questo è vero i clienti cosa domanderanno? I giochi che meglio lavorano sulla piattaforma più diffusa. Il circolo virtuoso (per quanto riguarda l’azienda che ha creato questo standard proprietario) e vizioso (per chi non l’ha creato, perché li tiene fuori) ha creato una sorta di blocco della concorrenza (System Lock- out). Altro esempio è coca-cola: con tutti i brand appartenenti a coca-cola che operano in diversi settori delle bevande (succhi, energy drink ecc.) quando io (azienda) arrivo sul canale distributivo con tutte queste “possibilità” è chiaro che il canale distributivo sceglie me a discapito dei concorrenti (si parla di one-stop shopping, che quindi può essere concepito anche come una strategia competitiva system Lock-out). 8 Francesco Battaglia Questo schema tenta di spiegare il punto centrale evidenziato: la strategia competitiva. Come già abbiamo visto la strategia competitiva dal punto di vista operazionale, cioè guardando alle logiche competitive sui mercati specifici in cui opera l’azienda ha un significato ben preciso: Dove voglio competere? Come voglio competere? Rispondere a queste domande significa rispondere a quest’unica domanda: Con quale customer value proposition (proposta di valore per i clienti) voglio competere? La customer value proposition quindi significa stabilire il target di clienti, le preferenze e i bisogni che si intendono soddisfare e come raggiungere il vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti. Ci sono proposte di valore diverse delle aziende, così come ci possono essere le stesse proposte di valore ma che cambiano nella modalità realizzativa, ossia nell’uso dei meccanismi del sistema di offerta che ciascuno cerca di rendere differenti (ad es. vi sono molti prodotti che dal punto di vista fisico per cliente possono sembrare uguali, come i biscotti, in cui lo stesso consumatore non riesce a differenziare gli uni dagli altri, ma che nonostante ciò variano nei prezzi. Questi prezzi riflettono l’immagine del prodotto che attraverso la comunicazione l’azienda riesce a dare). Come si trasla questa strategia competitiva o questa value proposition? È questo, in fondo, il vero problema. Dobbiamo gestire un sistema di offerta che interiorizzi questa logica strategica. 9 Francesco Battaglia Operativamente questa logica strategica si trasforma in un sistema di offerta ben definito: prodotto, prezzo, canale distributivo, comunicazione, servizio al cliente ecc. Quindi il sistema di offerta può essere definito come la “interiorizzazione/materializzazione della value proposition”, cioè quello che il cliente in un certo qual modo “vede” e “valuta”. Naturalmente questo sistema di offerta deve essere in grado di trasformarsi in effettivo valore per il cliente (customer satisfaction). Quindi non basta creare un sistema di offerta ma poi è necessario verificare se il consumatore è effettivamente soddisfatto di quello stesso sistema di offerta rispetto ai sistemi di offerta dei concorrenti. In particolare quando vado a ragionare in termini di customer satisfaction il problema è capire qual è la Net Delivered Customer Value (NDCV, Valore netto consegnato al cliente), cioè che cosa il consumatore pensa che noi gli abbiamo consegnato rispetto alle sue aspettative (per questo si parla di “netto”, ad es. se le sue aspettative sono 100 e io gli do 80 è ovvio che c’è un NDCV negativo) che dovrà, quindi, essere superiore a quello dei concorrenti. Tutto questo è la chiave di lettura per spiegare a partire dalla strategia competitiva perché le aziende creano vantaggio competitivo in termini valore economico-finanziario (per i c.d. shareholder, azionisti ecc.). Fino ad ora abbiamo spiegato la logica del vantaggio competitivo in termini di superiorità economico-finanziaria (parte superiore dello schema), di performance di mercato, la parte più evidente. Vediamo ora l’altra logica del vantaggio competitivo (la parte inferiore dello schema): la parte “invisibile/nascosta” per lo stakeholder medio. Che cos’è che mi aiuta a definire una giusta strategia competitiva/value proposition differente rispetto a quella dei miei concorrenti? Il sistema dei processi e delle attività aziendali. Una strategia competitiva non può prescindere dal vantaggio competitivo che l’azienda ha in determinati processi aziendali (ad es. se io sono bravo nel processo di innovazione come Intel e Gilette io devo fare di quel processo la base della mia strategia competitiva, se io sono bravo a fare design come Apple devo puntare su questo per definire la mia strategia competitiva). Il problema quindi è definire quali attività della value chain (catena del valore) sono strategiche per me (c.d. core activity o core competence). Se l’azienda non definisce la propria strategia competitiva sulle attività core è destinata a perdere, ad esempio Barilla con il brand Alixir voleva rivolgersi a un segmento salutista disposto a pagare un prezzo maggiore per comprare prodotti innovativi e con valore aggiunto in termini di apporto nutrizionale, il tutto impacchettato in confezioni nere e lucide, ma è uscita dal mercato con perdite enormi e investimenti sfumati. Dov’è l’errore di fondo? L’errore sta nel fatto che un brand del genere offerto da Barilla non è credibile all’occhio del distributore, e quindi il distributore sul canale non lo mette, perché Barilla è un prodotto di massa, e se il consumatore va a leggere sulla confezione “prodotto Barilla” è chiaro che vede “l’incoerenza” e non lo acquista. Barilla ha quindi fondato la propria strategia competitiva su un processo (quella della produzione di prodotti salutistici destinati ad una nicchia di mercato e quindi non di massa) che non disponeva in misura superiore rispetto ai concorrenti e quindi ha fallito. In definita se io azienda non possiedo un vantaggio in termini di risorse (quello meno visibile), il vantaggio in termini di performance economico-finanziarie (quello più visibile), seppur mediato dalla strategia competitiva, non si realizza. 10 Francesco Battaglia È importante effettuare questa distinzione tra strategia competitiva e modello di business, dal momento che le due cose possono sembrare simili ed esprimere lo stesso concetto ma in realtà non è così. Mentre la strategia competitiva si riferisce al sistema delle decisioni e delle azioni poste in essere per sviluppare e/o mantenere il vantaggio competitivo dell’impresa nei business in cui essa opera, al posizionamento competitivo in termini di value proposition- target di clienti -preferenze da soddisfare, il modello di business rappresenta la traslazione di questa scelta strategica in profitto, cioè, in parole semplici, è il meccanismo attraverso il quale la strategia competitiva genera profitto per l’azienda. Quindi due aziende possono avere la stessa strategia competitiva ma avere modelli di business diversi, perché ad esempio un modello di business porta profitto mentre l’altro no. Facciamo un esempio con il Brand Gilette. La strategia competitiva di Gilette è basata su un prodotto estremamente differenziato (unico), un prodotto che garantisce la più alta performance in termini di rasatura (infatti il mantra dell’azienda è quello di dire “la rasatura perfetta”), quindi una strategia basata su un prezzo alto ma anche su un livello di qualità/performance altrettanto molto elevato. Tutto questo è sostenuto da una serie di elementi che si vanno ad annidare dentro alcuni aspetti processivi o attività della catena del valore dell’azienda, in particolare Gilette ha una grande capacità di innovazione. Questo elemento è in un certo qual modo trasferito in ogni momento della sua azione strategica per portare l’azienda in ogni momento della sua vita a realizzare quel vantaggio competitivo basato sulla distintività/differenziazione, sull’unicità del valore che io voglio consegnare al mio cliente. Come l’azienda crea vantaggio di profittabilità (la parte alta della catena di causalità)? Qual è il modello di business? Quando si acquista un modello del prodotto Gilette per la prima volta si acquista un pacchetto “Rasoio + Lametta” ad un certo prezzo. Nel momento in cui la lametta iniziale si consuma e vado ad acquistare soltanto il pacchettino delle nuove lamette il prezzo delle sole lamette è uguale all’intero prezzo che noi abbiamo sostenuto per il pacchetto “Rasoio + Lametta”. Quindi la logica del modello di business per questi prodotti è basato sul concetto di creare profittabilità non tanto dalla parte durevole (Durable, Rasoio) ma dalla parte consumabile (consumable, lamette). In particolare adotto una logica di System Lock-in dato dal 11 Francesco Battaglia fatto che quando acquisto quel rasoio io posso utilizzare soltanto un certo tipo di lamette e attraggo il cliente con un prezzo competitivo del rasoio stesso (compresa la lametta iniziale). Il cliente che acquisterà successivamente le lamette lo farà ad un prezzo superiore rispetto al mercato (premium price), ed è qui che creerò il mio profitto. Questo è il modello di business. Qui vi sono due modelli di business completamente opposti: un modello di business basato su elevati volumi, bassi costi, prezzo basso e una qualità del prodotto fortemente standardizzata (ad es. Southwest Airlines, McDonald’s, Lidl, in cui la profittabilità viene acquisita sui volumi elevati mentre sul singolo prodotto/servizio il margine è molto basso, c.d. modello di business volumetrico), e un modello di business basato su bassi volumi, elevati costi, prezzo alto e una qualità altrettanto alta (ad es. Rolex, illy, Ferrari, in cui la profittabilità in questo caso deriva dall’unità di prodotto che si vende, c.d. modello di business basato sulla differenziazione). 12 Francesco Battaglia Qui abbiamo prezzi e costi medi, elevati volumi e una qualità dell’offerta percepita dal cliente media-alta (ad es. Zara, Amazon, Benetton). In questo caso, ad esempio, un capo di abbigliamento Zara o Benetton non ha un prezzo più basso rispetto alla concorrenza, quindi lo “scontro” non avviene in questo campo, ma la qualità del prodotto viene innalzata, ma qual è la qualità del prodotto in questo caso? Il concetto di qualità è un concetto più ampio (in una logica più strategica- manageriale) della semplice affidabilità tecnologica (utilizzo della seta piuttosto che del cotone nell’abbigliamento, cuciture dell’abbigliamento ecc.) in quanto ricomprende ad esempio nel caso di Zara la possibilità di avere delle tendenze della moda in un capo di abbigliamento e la varietà del sistema di offerta. Quindi io sono disposto ad acquistare capi di abbigliamento che mi consentono di essere “alla moda”, ma ad un prezzo tale che mi consente di acquistare più capi di abbigliamento in certo periodo temporale (qui il concetto di volumi elevati). 13 Francesco Battaglia Per cercare di capire il concetto di Net Delivered Customer Value (NDCV, Valore netto consegnato al cliente) bisogna partire dal presupposto che molto spesso le aziende migliori non sono quelle che hanno un prezzo più basso, medio ecc. ma sono quelle aziende che individuato un certo target riescono a consegnare un valore che è innanzitutto positivo per il cliente, e quella positività è superiore a quella offerta dai miei diretti concorrenti. Per definire il NDCV naturalmente devo capire quando il cliente ha in mano un certo sistema di offerta (che può essere ad esempio un capo di abbigliamento Zara, Benetton ecc.) la valutazione che lo stesso cliente fa sui benefici percepiti (cioè il beneficio che il cliente ricava dall’uso e dall’acquisto del prodotto-servizio, che potranno essere funzionali, esperienziali, emozionali ecc.) e i costi percepiti (che non comprende solo il costo monetario, ma anche costi di scelta, di valutazione, costi di attesa, costi di rischio percepito, dove per rischio percepito di intende ad esempio il fatto che io acquisto un prodotto ad un prezzo maggiore perché magari un brand è reputato più affidabile, quindi io acquistando quel prodotto riduco il rischio che lo stesso prodotto non performi in maniera adeguata). Questi elementi devono essere valutati sia in una fase ex ante (prima dell’acquisto, cioè le aspettative, i benefici e i costi attesi) sia in una fase ex post (dopo l’acquisto, in cui le aspettative possono essere disattese o confermate). Quindi il NDCV nasce da un confronto tra il rapporto benefici-costi che erano precedenti alla fase di utilizzo del prodotto e l’equivalente rapporto benefici-costi che io ho maturato quando ho potuto effettivamente utilizzare il prodotto ed è maturata l’esperienza di consumo/uso. Se il secondo è più basso del primo noi produciamo insoddisfazione del cliente più o meno larga a seconda dei casi, se invece le mie aspettative sono confermate noi produciamo una soddisfazione del cliente, se vengono superate il cliente sarà più che soddisfatto (c.d. delighted customer, cliente deliziato). 14 Francesco Battaglia Se io trovo una conferma della mia aspettativa di valore che voglio da quel sistema di offerta qui scatta un elemento fondamentale per il vantaggio competitivo: la fedeltà del cliente. I c.d. clienti Fan (come citato da Capossela) diventano centrali per qualsiasi azienda, perché costituiscono la base fondamentale di partenza per l’azienda da un punto di vista di fatturato (infatti sono quelli che acquistano di più nel tempo, si parla di Customer Lifetime Value). Cosa sta alla base di tutto ciò? Il sistema di offerta. Il sistema di offerta potrebbe essere il prodotto o le soluzioni. La differenza tra prodotto e soluzioni sta nel tipo di bisogni che vado a soddisfare. Se io ad esempio ti offro di portarti da Napoli a Parigi ti sto vendendo un servizio, il volo aereo. Ma io azienda potrei domandarmi: che bisogno sto soddisfacendo? Sto soddisfacendo il bisogno di un viaggio aereo o il viaggio aereo sta nell’ambito di una soluzione più generale che è quella di garantire dei servizi di mobilità del cliente? Quindi potrei notare che il viaggiatore non avrà bisogno solo del volo aereo, ma anche di un hotel, di un noleggio auto ecc. Quindi il buon marketer capisce che cerca di vendere la soluzione e non il prodotto, cioè cerca di capire quali sono i complementors, cioè quali sono quei prodotti o servizi aggiuntivi che aumentano il valore del sistema di offerta e mi danno anche la possibilità di fare dei margini superiori. 15 Francesco Battaglia ESERCITAZIONE - IL CASO: Amazon.com prima si chiamava cadabra.com. Il fondatore Bazos era un ingegnere che adottò questo nome (Amazon) prendendo spunto dal fiume più grande del mondo, il Rio delle Amazzoni, con l’intento di creare, appunto, il canale distributivo più grande del mondo: bene, c’è riuscito. In questa tabella c’è la classifica dei most valuable global brands (marchi più prestigiosi a livello mondiale) 2015, cioè i brand che hanno il valore del marchio che più cresce negli anni. Il fatturato di Amazon.com è stato di 88,99 miliardi di dollari nel 2014, i dipendenti sono 154.100 nel 2015 e lo slogan è (e hai finito). Cosa ha portato Amazon.com ad avere questo successo? 16 Francesco Battaglia Bisogna innanzitutto analizzare i fattori esterni, cioè il macro-ambiente. In particolare i fattori di mercato (potremmo definire una sorta di “stima del potenziale”) sono: il mercato dei libri in America conta un giro d’affari di circa 26 mld di dollari e la marginalità media del settore è del 30%, cioè la “forbice” che ha il retailer (rivenditore/dettagliante). Quali sono i fattori competitivi? Cioè com’è la concorrenza all’interno del settore? Vi sono circa 40.000 editori, quindi un mercato molto frammentato (cioè poco concentrato), vi è un’elevata concentrazione dei canali distributivi, e vi sono ampie opportunità di differenziazione nella distribuzione. 17 Francesco Battaglia Altri fattori esterni possono riguardare la tecnologia e la società. Per quanto riguarda la tecnologia si assiste ad uno sviluppo evidente di internet e del suo utilizzo, inoltre lo sviluppo tecnologico permette di facilitare l’utilizzo della stessa tecnologia (si pensi al 1-click shopping che è una delle funzionalità peculiari di Amazon che in un click ti permette di effettuare acquisti). Il fattore sociale principale è stata la diffusione delle tecnologie online, basti notare che oggi tutti noi possediamo uno smartphone connesso a Internet ed è semplicissimo, ad esempio, scaricare e utilizzare l’applicazione stessa di Amazon. 18 Francesco Battaglia La concorrenza si è sviluppata nel seguente modo: nel ’96 le librerie erano sostanzialmente tutte piccole ad eccezione di pochi megastore (abbiamo visto che il canale distributivo era molto concentrato) come Books A Million, Barnes & Noble, Blackwell’s. Si era notato che gli unici metodi per trovare i libri erano ricercarli su motori di ricerca come Google, Yahoo che indicavano la libreria più vicina. Quindi Amazon ha rivoluzionato lo “schema” permettendo al cliente di avere il libro direttamente online sia in formato cartaceo (open library) e sia in formato digitale (kindle). I competitors quindi in questa circostanza diventano gli altri e-commerce di libri (es. Ebay) e i Megastore con vendita online. 19 Francesco Battaglia Per fare tutto ciò sappiamo che è necessaria una strategia competitiva. In particolare la Value proposition di Amazon è quindi offrire un ampio assortimento di libri (e prodotti tecnologici) al prezzo più competitivo (in quanto elimino anche tutti i costi connessi al negozio fisico) sfruttando le opportunità tecnologiche e di relazione online. Il mio Target di cliente, grazie proprio allo sfruttamento di questa opportunità tecnologica, sono tutti i clienti globali che utilizzano l’e- commerce. Consento ai miei clienti di effettuare un acquisto con un alto rapporto qualità/prezzo: consegna a domicilio, ampio assortimento, facilità di utilizzo, Amazon Prime (consegna in 24 ore). Il vantaggio competitivo si fonda quindi su questi aspetti: prezzo competitivo, sicurezza, semplicità e comodità nell’esperienza di acquisto, assortimento e servizio. 20 Francesco Battaglia Questo è l’elenco del primo “step” della catena di causalità. 21 Francesco Battaglia Per verificare quelli che sono i processi chiave utilizzo la catena del valore di Porter. I fattori chiave di Amazon sono: la velocità dell’evasione dell’ordine che va ad abbracciare le attività di logistica in uscita e i servizi per il cliente, la gestione del magazzino e l’assortimento che abbracciano il marketing e la logistica interna, lo sfruttamento delle tecnologie e delle capacità di relazione con i fornitori che riguarda l’approvvigionamento, e infine lo sfruttamento delle tecnologie per migliorare le relazione con il cliente che riguarda il marketing e vendite e lo sviluppo delle tecnologie. 22 Francesco Battaglia Il modello di business posto in essere da Amazon prende il nome tecnicamente di “integrazione con il cliente”, che permette di rompere il trade-off tra prezzo/costo e differenziazione, cioè permette di differenziare rispetto ai concorrenti (prodotto selezionato, consegna rapida ecc.) mantenendo comunque un prezzo basso. 23 Francesco Battaglia Qui si può notare che la qualità del sistema di offerta non è dato solo dal valore intrinseco dei prodotti ma anche ai servizi, all’assortimento, all’affidabilità e alla velocità di consegna. 24 Francesco Battaglia Grazie al mio sistema di offerta creo valore per il cliente, misurato dal NDCV, cioè la soddisfazione che il cliente ha dopo aver utilizzato il prodotto, che è un elemento fondamentale per il c.d. ciclo di vita della fiducia, cioè del relativo riacquisto da parte del cliente. 25 Francesco Battaglia Questa è una sorta di sintesi della catena di causalità relativa Amazon. 26 Francesco Battaglia IL PROCESSO STRATEGICO (BLOCCO 2) [Fino ad ora abbiamo definito il contenuto/concetto della strategia per cercare di capire da dove nasce il vantaggio competitivo dell’azienda attraverso la catena di causalità che mette un po’ in “riga” quelli che sono gli antecedenti e le conseguenze del processo di creazione del vantaggio competitivo. Tuttavia nella catena di causalità manca un elemento: lo scenario del contesto di riferimento, il contesto esterno (in cui rientrano ad esempio i concorrenti, il contesto ambientale che può modificare il comportamento dei clienti e quindi la mia strategia competitiva) e quindi le relative minacce ed opportunità che può generare.] Che cos’è il processo? Il processo è il modo attraverso cui si forma la strategia. Indipendentemente da quella che sia l’organizzazione di un’azienda, quindi focalizzando l’attenzione sugli aspetti decisionali e non organizzativi, le decisioni aziendali corporate interessano l’azienda nel suo complesso, quindi sono decisioni trasversali (ad esempio entrare in nuovo mercato o meno è una decisione che prende il corporate). Le decisioni a livello di business (SBU, strategic business unit) sono decisioni che sono specifiche per perseguire il vantaggio competitivo in ogni area strategica in cui si va ad operare. Ovviamente c’è una relazione tra le decisioni prese tra corporate e SBU, nel senso che le decisioni della SBU devono essere necessariamente coerenti con quelle di livello corporate. Dalla definizione di SBU qui presente è possibile notare che la stessa non viene definita da un punto di vista organizzativo (anche se molto spesso una SBU corrisponde ad una divisione aziendale) ma 27 Francesco Battaglia da un punto di vista decisionale. Nella concezione di SBU su presente (centro di pianificazione che raggruppa una ben serie di prodotti e servizi venduti ad un gruppo uniforme di clienti e che compete con gruppo di concorrenti ben definiti) la stessa non è altro che un “pezzo di mercato” caratterizzato da una serie di bisogni comuni ad un certo target di clienti da soddisfare con determinati prodotti o servizi. In particolare affinché una SBU possa essere definita tale è necessario che siano soddisfatte una serie di caratteristiche: - Deve servire un mercato esterno piuttosto che interno, quindi non è una SBU un’unità dell’azienda che realizza prodotti o servizi destinati a essere parte del processo produttivo dell’azienda stessa (ad es. se un’azienda produce pasta ed ha contemporaneamente un’altra azienda controllata che produce il packaging per la prima, l’azienda di pacchi non può essere considerata una SBU dell’azienda produttrice di pasta); - Deve avere una serie ben definita di concorrenti esterni, rispetto ai quali compete per ottenere un vantaggio competitivo; - I responsabili della SBU devono avere un’indipendenza sufficiente per decidere interventi strategici, come competere e dove acquisire risorse; - La SBU deve essere un centro di profitto, cioè deve essere in grado di influenzare ricavi e costi; - Tutti i prodotti della SBU sono sostituibili tra loro, proprio perché sono prodotti che operano su un certo mercato per soddisfare un certo tipo di bisogni; - I prodotti di una SBU devono dar vita ad un’unità funzionante e autonoma, in quanto in caso di disinvestimento da parte dell’azienda cui appartiene ciò non deve avere influenza sulle altre parti dell’azienda. Tuttavia quest’ultima caratteristica non è sempre “verificata” perché dipende necessariamente dalle interazioni che la SBU considerata aveva con le altre SBU. 28 Francesco Battaglia Quindi la SBU è una parte importante del processo di gestione strategica che è accompagnata da un altro centro di pianificazione che possiamo chiamare o Strategic Activity Unit (SAU, unità strategica relativa ad una certa attività) o più classicamente Strategic Functional Unit (SFU, unità strategica relativa ad una certa funzione aziendale). È preferibile la prima delle definizioni perché, ad esempio, anche se dovesse mancare la “funzione” di marketing dal punto di vista organizzativo (presente sicuramente nella grande azienda) ciò non esclude che le decisioni (e quindi “l’attività”) di marketing non vengano prese, ma le stesse vengono comunque prese dall’imprenditore, dal direttore generale, dal direttore commerciale ecc. e non dal(l’inesistente) direttore marketing. È chiaro che la strategia competitiva a livello di attività va definita (ad es. strategia di marketing, di produzione, di ricerca e sviluppo ecc.), quindi ogni unità funzionale ha una sua logica strategica. Fatta eccezione per l’attività di produzione, tutte le funzioni/attività hanno un mercato esterno (ad es. il mercato esterno del marketing sono i clienti, il mercato esterno della R&S è rappresentato dalla tecnologia ecc.). La strategia funzionale o di attività deve capire il legame con l’ambiente proprio esterno e inglobare le sfide generate da esso per migliorare il posizionamento competitivo. Le funzioni o attività aziendali possono sviluppare tra di loro interdipendenze (o sinergie) che hanno un valore per la creazione del vantaggio competitivo, ad esempio tra la logistica e il marketing è ovvio che ci siano delle relazioni, e meglio vengono gestite queste relazioni più io azienda posso impattare meglio sulla qualità del servizio e del prodotto, sui costi ecc. 29 Francesco Battaglia In questa tabella è possibile notare come i vari livelli di pianificazione strategica (corporate, business e di attività) si articolano in funzione di diversi elementi: Missione, strategia, obiettivi, allocazione delle risorse, come acquisire il vantaggio competitivo e su quali fonti detto vantaggio deve far leva e le fonti di sinergia. Una strategia competitiva sostanzialmente lavora su questi sei elementi, ma a livello di singolo livello di articolazione della strategia (corporate, business e attività) per ogni elemento la pianificazione cambia, nel senso che man mano che procedo dalla corporate alla singola attività ognuno dei sei elementi diventa sempre più specifico e dettagliato (si va come si suole dire dal generale al particolare). La missione definisce l’obiettivo più generale dell’azienda o il ruolo che l’azienda vuole avere nel mercato nel prossimo futuro. Qual è l’articolazione a quei tre livelli della missione aziendale? Cosa fa il corporate in termini di definizione della missione aziendale? Il corporate definisce i business o i settori in cui competere (ad es. in IBM chi ha deciso di uscire dal mercato del software e hardware per aziende e individui ed operare esclusivamente sui software evoluti aziendali è stato il corporate, in Barilla la decisione di entrare nel mercato dei prodotti da forno è stata presa dal corporate). A livello business la missione come si definisce? Mediante la definizione e scelta delle combinazioni prodotti-mercati in cui competere, cioè una volta che il corporate ha scelto il business o il settore di riferimento bisogna stabilire con quale prodotto (e con quali caratteristiche, a quale target di clienti ecc.) si vuole competere. Come si articola la missione a livello di attività? Una volta scelto il business e la combinazione prodotto-mercato ora bisogna individuare in maniera puntuale il target da che punto di vista bisogna definirlo (dal punto di vista dell’età, del reddito, dello stile di vita, del 30 Francesco Battaglia sesso ecc.), cioè definire la combinazione prodotto-mercato in termini specifici, ed è qui che lavora il marketing; o piuttosto definire l’ampiezza dell’assortimento (ad es. stabilire quanti modelli si vogliono di un certo prodotto in modo tale da coprire determinati sotto-target di clienti); pricing; branding. A livello strategico il corporate definisce appunto le strategie che interessano tutta l’azienda. Quali sono queste strategie che riguardano tutta l’azienda? Strategie di diversificazione (cioè entrare in campi di attività diversi e quindi sviluppare SBU diverse), di integrazione verticale (che è una forma di diversificazione, cioè “integrare” alcuni degli stadi posti a valle o a monte), di acquisizioni-fusioni, di disinvestimento. A livello business la strategia significa prendere una serie di decisioni, ad esempio: strategie di penetrazioni ulteriori su mercati già esistenti, sviluppo di nuovi prodotti per i mercati attuali, sviluppo di nuovi mercati con gli attuali prodotti, modalità di acquisizione del vantaggio competitivo nella specifica SBU. La strategia a livello di marketing/attività significa ad esempio: definire un piano di marketing per ogni prodotto e per ogni mercato su cui l’azienda opera, decisioni che riguardano estensioni di linee o categorie di prodotti, strategie di marketing mix (prezzo, distribuzione ecc.). Questo è un esempio di come la pianificazione strategica si articola nei diversi livelli. Ovviamente man mano che si scende la specificità delle decisioni diventa sempre più dettagliata, ma ogni decisione riflette e deve essere coerente con la decisone presa al livello gerarchicamente superiore. 31 Francesco Battaglia Il processo strategico è quindi il processo di formulazione della strategia, cioè il processo formale, disciplinato e esplicito che vede tutti i livelli decisionali dell’organizzazione impegnati a formulare e implementare la strategia. Formale perché è un processo ben definito all’interno dell’organizzazione per quando si deve definire la strategia aziendale ai vari livelli in cui essa deve essere definita. In cosa consiste questo processo di pianificazione? Consiste nella definizione del piano strategico, cioè il documento entro cui sono indicati tutti gli obiettivi strategici, le analisi e le decisioni strategiche dell’azienda per un certo periodo di tempo (oggi tutti settati su tre anni, anche se il tempo può variare in funzione del settore di riferimento). 32 Francesco Battaglia Qui possiamo vedere quali sono le fasi processive a livello corporate che ci portano a formulare la strategia relativamente a questo livello. La formulazione della strategia competitiva a livello corporate consiste nell’andare a definire gli indirizzi strategici di fondo dell’azienda per i prossimi x anni, che a sua volta significa definire: - Gli orientamenti strategici (ad es. orientamento allo sviluppo internazionale, orientamento rispetto ai nuovi mercati, orientamenti nei confronti dei mercati di massa o di nicchia ecc.); - Le sfide strategiche (ad es. nuove tecnologie da incorporare all’interno dei prodotti, nuove tecnologie di processo da sviluppare all’interno dell’azienda, nuovi mercati da “conquistare” ecc.); - Gli obiettivi aziendali. La definizione degli indirizzi strategici di fondo dell’azienda tuttavia è sempre preceduta da un processo di analisi strategica, che necessariamente condiziona la prima. Tale analisi parte innanzitutto nella definizione della visione dell’impresa, cioè la posizione o ruolo che quell’impresa vuole assumere nei prossimi anni nel contesto competitivo (ad esempio quando IBM decise di uscire dalla produzione di computer lo fece perché ebbe una visione: i computer saranno tutti uguali in tutto il mondo. Quindi ha in un certo qual modo evitato una concorrenza spietata a livello mondiale su questo campo e guardando al futuro ha capito che doveva concentrarsi sul software aziendale). Dopodiché è necessario procedere ad un’analisi interna ed esterna a livello corporate. L’analisi interna a livello corporate significa definire quali sono i miei PDF e PDD, le mie competenze chiave e quindi le mie potenzialità a livello complessivo di azienda. L’analisi esterna consiste: nel cercare di capire qual è lo scenario evolutivo (ad es. riduzione del tasso di natalità che per un’azienda che produce prodotti per neonati è uno scenario importante perché si restringe il 33 Francesco Battaglia mercato); nell’analizzare i settori critici e i mercati principali, cioè individuare settori che in futuro diventeranno più importanti per lo sviluppo dei mercati e dei consumi; analizzare i trend; quindi, in definitiva, individuare le opportunità e le minacce per l’azienda. Tutto ciò definisce la c.d. SWOT analysis a livello corporate. Una volta definita la strategia a livello corporate è compito dello stesso corporate allocare le risorse (soprattutto finanziarie) per cogliere le opportunità che il mercato presenta. Compito del corporate è anche definire la propria struttura organizzativa e gestire le proprie risorse umane più significative (ad es. responsabili di attività chiave scelte dal corporate). La visione è una componente interna di estrema importanza perché definisce l’orientamento strategico di fondo, in particolare definisce il posizionamento/ruolo strategico dell’impresa nel futuro date le risorse e le competenze di cui dispone o intende disporre o a cui potrebbe accedere. È un enunciato che ha lo scopo di comunicare la natura dell’organizzazione in termini di: - Missione aziendale; - Strategia orizzontale, cioè stabilire quali sono le sinergie che si intende sfruttare tra i diversi business in cui opero o voglio operare, e strategia di diversificazione, cioè definire in quali campi attività o business nel prossimo futuro si intende operare; - Strategia di integrazione verticale, che è una forma di strategia di diversificazione; - Segmentazione per attività di business, ad esempio stabilire se si è nel business dei pneumatici o della mobilità, perché se stabilisco di essere un’azienda la cui visione 34 Francesco Battaglia strategica è quella di essere nel business della mobility avrò una logica di sviluppo del mio business molto diversa che nell’altro caso; - Assetto di governo-struttura organizzativa, ad esempio posso dichiarare di essere un’azienda che svolge tutto dall’interno essendo molto integrata (che quindi non fa ricorso all’outsourcing), e questa è una scelta non solo di struttura organizzativa che si vuole dare, il problema è anche di governance, oppure concentrarmi esclusivamente sulle attività core e esternalizzare il resto. Tutto ciò comunica quella che è, appunto, la natura della mia organizzazione; - Strategia di collaborazione, ad esempio nel settore automobilistico ci sono diverse collaborazioni, si pensi alla Toyota Aygo che è frutto della collaborazione tra Toyota e i francesi della Citroën-Peugeot; - La filosofia aziendale, cioè comunicare taluni obiettivi che l’azienda vuole realizzare, il ruolo da dare ad alcune risorse aziendali, il tipo di rapporto che si vuole instaurare con gli stakeholders di riferimento; - Allocazione delle risorse. La missione è l’enunciazione della situazione attuale e delle previsioni future: - dell’ampiezza del prodotto-servizio, cioè con quali categorie di prodotti-servizi l’azienda vuole essere presente; - dell’ampiezza del mercato, cioè i target di clienti (quindi con queste due determinazioni si specifica in buona sostanza le SBU che si presidiano oggi e che si vogliono presidiare nel prossimo futuro); - dell’estensione geografica del mercato, cioè il corporate deve anche definire dal punto di vista geografico su quali mercati intende competere; 35 Francesco Battaglia - delle competenze esclusive su cui puntare per sviluppare il vantaggio competitivo, ad esempio: quali investimenti in tecnologie, quali cambiamenti organizzativi, quale ridefinizione del business come nell’esempio precedente della mobility e dei pneumatici, se si intende lavorare sui costi, sulla differenziazione o su un equilibrio tra i due. Qui è riportato un esempio relativo ad Henkel. Con “A brand like a friend” questa azienda a livello corporate ci sta comunicando che la stessa crea brand e prodotti “amichevoli”, nel senso che aiutano la tua vita (per esempio relativamente al lavaggio della casa) ed è “amichevole” anche con l’ambiente perché non impatta. La vision dell’azienda consiste nell’essere leader di mercato con marchi e tecnologie che rendono la vita più facile, piacevole e bella. Potremmo chiederci: a chi “serve” questa vision? Raramente un consumatore va a verificare quella che è la vision dell’azienda. Infatti la vision è un elemento che spesso ha un forte impatto su quelli che lavorano all’interno dell’azienda, perché si sta comunicando a tutti coloro che lavorano sul prodotto (R&S, marketing ecc.) che i prodotti devono rispondere a quel tipo di obiettivo. 36 Francesco Battaglia Qui è riportato un altro esempio relativamente a P&G (Procter and Gamble). Qui vi è un’articolazione diversa della vision, prima viene definita in linea generale e poi c’è una promessa. La vision consiste nell’essere e venire riconosciuti come i migliori produttori al mondo di beni di largo consumo e servizi, infatti la P&G lancia un prodotto soltanto quando ha la certezza di divenire leader di mercato (lavorando sull’innovazione principalmente). La promessa definisce qual è il motivo per cui un consumatore dovrebbe scegliere un prodotto del genere e il motivo per cui le persone devono andare a lavorare in quell’azienda: “Ogni giorno, i nostri prodotti vengono utilizzati da miliardi di individui in tutto il mondo e le persone P&G lavorano affinché quei prodotti mantengano la promessa di migliorare il più possibile la vita quotidiana. In contatto con la vita, miglioriamo la vita. P&G”. 37 Francesco Battaglia La missione di P&G ruota attorno a tre elementi fondamentali: Consumatori, marchi e persone. “Forniremo prodotti e servizi di marca” sta a significare (e ciò è anche riscontrato nella realtà) che l’azienda non lavora con marchi poco noti ma solo su marchi importanti, e se deve entrare in mercati in cui non è presente acquisisce solo i marchi leader di quel mercato, ad esempio Lacoste. Quindi non lavora con marchi secondari che fanno “lavoro sporco”, brand entry level o c.d. marchi da combattimento. Invece Henkel, ad esempio, nella categoria di prodotti per la detergenza oltre ad essere presente con il proprio marchio è presente anche con un ulteriore marchio “General” molto più sensibile al prezzo. Quindi sono logiche competitive diverse di due aziende importanti. 38 Francesco Battaglia La filosofia aziendale è un’enunciazione a carattere pressoché permanente, gli elementi della visione infatti cambiano molto lentamente o addirittura mai, ad esempio Vespa e Alfa Romeo hanno una filosofia che permane dagli anni ’60, Apple ha una filosofia che permane da quando è nata. La filosofia riguarda: Quali rapporti tra l’impresa e i suoi stakeholder? Quali obiettivi generali di performance dell’impresa in termini di crescita e redditività? Quali politiche fondamentali dell’impresa rispetto allo stile di direzione (ad es. stile gerarchico, orizzontale), alle questioni organizzative, alla gestione delle risorse umane, al marketing, alle politiche finanziarie, ecc.? Quali valori, principi etici e regole di comportamento personale e aziendale? 39 Francesco Battaglia Esaminando gli elementi fondamentali del processo strategico a livello business si può notare che l’architettura non si modifica molto rispetto al livello corporate, cosa cambia principalmente? Cambia la specificità delle analisi che vengono effettuate, se quelle corporate riguardavano l’azienda nel suo complesso, qui riguardano il business specifico di riferimento. Chiaramente qui l’obiettivo è formulare una strategia a livello business, cioè lo sviluppo di decisioni e di azioni riguardanti il business specifico. Anche qui troviamo tre elementi: due interni ed uno esterno, che fungono da input per la formulazione della strategia. In particolare l’analisi interna a livello business è finalizzata a valutare i punti forti e deboli dell’azienda, la posizione competitiva dell’azienda rispetto ai suoi concorrenti e quali sono le risorse e competenze che si possono mettere in gioco in maniera differenziale rispetto ai miei concorrenti. L’analisi esterna è finalizzata ad individuare le opportunità e le minacce a livello business. Da un punto di vista differenziale un aspetto importante è la fase della traslazione delle scelte strategiche (che si concretizzano prima in piani di azione pluriennali e poi in programmi di più breve durata) in un budget, dove il budget ha “due facce”: una di natura strategica (che si concretizza nella programmazione dei fondi strategici, che definiscono gli investimenti che l’azienda deve fare per portare avanti la strategia e che abbracciano un orizzonte temporale più lungo) e l’altra di natura operativa (si parla infatti di budget operativi, che abbracciano un orizzonte temporale più breve, generalmente annuale). Dopodiché abbiamo una fase di monitoraggio 40 Francesco Battaglia strategico dove a livello di ogni business dobbiamo andare a definire i parametri di performance. Tuttavia sia i budget che i parametri di performance devono essere approvati dal corporate. Un chiarimento importante riguarda la definizione della mission a livello business e la differenza che c’è rispetto alla mission a livello corporate. La mission a livello business ha “l’obiettivo” di definire in maniera più accurata i 5 componenti su indicati, cioè: - l’ampiezza del prodotto o del sistema di offerta; - l’ampiezza dei target di clienti serviti; - l’ampiezza (estensione) geografica dei mercati; [Questi primi tre elementi in definitiva definiscono la scelta delle combinazioni prodotto-mercato in cui competere. Ad esempio il corporate potrà definire di operare nel business delle auto di piccola o alta cilindrata, oppure potrà stabilire di diversificare dai prodotti da forno o dai prodotti di pasta ecc. ma poi a livello di business bisogna stabilire quanti prodotti realizzare (ampiezza del sistema di offerta), quali target di clienti servire e, se il corporate decide di entrare in nuovo continente, in quali paesi specifici operare.] - competenze distintive (della SBU rispetto ai concorrenti). Se ad esempio il corporate stabilisce che vuole “distinguersi” dai concorrenti puntando sull’innovazione, sarà il livello business che nello specifico deciderà questo cosa vuol dire, cioè stabilirà come si determina questa innovazione nel prodotto, il tempo di lancio di questa innovazione sui mercati ecc.; - modalità per raggiungere la leadership sulla concorrenza: costo e/o differenziazione; 41 Francesco Battaglia La traslazione alla fine di tutto ciò deve avvenire a livello funzionale. Ogni strategia (sia a livello corporate e sia a livello business) genera dei c.d. requisiti funzionali, cioè dei parametri che il livello inferiore deve “rispettare” nel definire la propria strategia. Se ad esempio la strategia business stabilisce il requisito funzionale per cui l’azienda per ottenere il vantaggio competitivo deve puntare sull’innovazione, tali requisiti devono essere traslati a livello funzionale stabilendo cosa significa fare innovazione a livello marketing, di produzione ecc., funzioni che quindi devono “interiorizzare” i requisiti funzionali previsti a livello business. Quindi è chiaro che da un punto di vista di filiera decisionale è necessaria una certa coerenza strategica. Maggiore è la dimensione aziendale più difficile sarà rispettare tale coerenza strategica che è invece un elemento fondamentale per la stessa sopravvivenza dell’azienda. 42 Francesco Battaglia Anche a livello funzionale dal punto di vista strutturale il processo strategico non cambia. Cosa stiamo cambiando? Stiamo cambiando il focus, cioè l’analisi ora è incentrata sull’attività specifica. Ad esempio se considero il marketing e procedo con la swot analysis dovrò stabilire la mia penetrazione sui canali distributivi (la mia numerica, la mia ponderata ecc.), la mia brand image (cioè il mio valore di marchio), le opportunità e le minacce per la mia marca ecc. 43 Francesco Battaglia ESERCITAZIONE – SWOT ANALYSIS, IL CASO DEL TRASPORTO AEREO PASSEGGERI In questa analisi del settore aereo ci occuperemo in particolare di Ryanair, una compagnia aerea low cost che è nata negli ultimi 10 anni e che in questi anni ha avuto un exploit grazie appunto alla possibilità di acquisto dei biglietti ad un prezzo vantaggioso. Ciò è stato reso possibile grazie a un cambiamento del business model incentrato principalmente sul contenimento dei costi come quello di eliminare i servizi a bordo dell’aereo che normalmente in passato venivano concessi “gratuitamente” in quanto già compresi nel costo del biglietto ovviamente molto più alto, mentre ora sono opzionali, chi ne usufruisce paga a parte. Anche gli stessi aerei non sono dei top gamma ma hanno un sedile molto spartano, personale non altamente qualificato ecc. Grazie a questo business model tale compagnia nel 2015 è riuscito a fatturare circa 5 miliardi di dollari, ha circa 10000 dipendenti e più di 70 basi nel mondo. 44 Francesco Battaglia Questi sono gli obiettivi dell’esercitazione. Che cos’è un settore? È un insieme di aziende che realizza un certo prodotto servizio per soddisfare specifiche esigenze e bisogni dei consumatori. 45 Francesco Battaglia Tutte le aziende di qualsiasi settore innanzitutto “condividono” un macroambiente in cui le varie caratteristiche (economiche, socio-culturali, demografiche ecc.) riflettono i loro effetti su tutte le aziende di tutti i settori. Dopodiché all’interno del macroambiente è possibile distinguere un microambiente il cui le forze entrano a maggior contatto con le specifiche imprese assumendo a seconda dell’impresa delle connotazioni differenti, es: congiuntura settoriale, normative e tecnologie settoriali. All’interno del microambiente, infine, troviamo il mercato di riferimento dell’impresa che definirà l’insieme degli stakeholders di cui l’impresa dovrà necessariamente tener conto per svolgere la propria attività. 46 Francesco Battaglia L’analisi dei fattori esterni da parte di Ryanair nel 2005 aveva l’obiettivo di stabilire il grado di attrattività del settore. Infatti ad ogni elemento come si può notare viene attribuito un punteggio da 1 a 5 in base al grado di attrattività di quell’elemento che ovviamente si riflette sul grado di attrattività dell’intero settore. Inoltre quest’analisi ci permette anche di individuare i fattori critici del settore e quindi individuare le eventuali minacce ed opportunità per Ryanair. Quindi i fattori esterni si dividono i 5 tipologie, e per ogni tipologia vengono individuate delle sottocategorie di cui si determina il grado di attrattività. 47 Francesco Battaglia È possibile analizzare l’attrattività di un settore con il modello di Porter delle 5 forze che sono suesposte. Anche qui per ogni forza viene dato un punteggio da 1 a 5 a seconda che influenzi positivamente o negativamente l’attrattività del settore. Il calcolo precedente può essere anche ponderato per calcolare il livello di attrattività complessivo del settore. Se assegniamo un peso ad ogni valore e se la somma dei pesi è 1, il valore complessivo può variare massimo tra 1 e 5, in questo modo possiamo avere un valore immediato che ci indica il livello di attrattività del settore, che in questo caso è 3,5. (nella slide c’è un errore, non solo la somma dei pesi non è 1 ma 1,45, ma quand’anche fossero esatti la somma delle quote ponderate è 3,75 e non 3,5, in ogni caso il concetto resta tale). 48 Francesco Battaglia Questo è il modello generale delle 5 forze di Porter. Qui sono esplicitati i motivi della bassa, media o alta attrattività del settore aereo per Ryanair in funzione delle 5 forze di Porter. 49 Francesco Battaglia Un altro strumento utilizzato per compiere l’analisi settoriale è la Swot Analysis ideata da Humphrey. Questo strumento va ad analizzare i fattori interni distinguendoli in punti di forza e di debolezza e i fattori esterni distinguendoli in minacce ed opportunità. Qui sono riportati degli esempi di quelli che possono essere punti di forza, debolezza, opportunità e minacce. 50 Francesco Battaglia L’applicazione al caso Ryanair del modello Swot è la suesposta. 51 Francesco Battaglia Qui sono evidenziate le principali differenze dei business model di Ryanair e Alitalia, dove Alitalia sappiamo non è una compagnia low cost. Per “hub e spokes” si intende il fatto che se un viaggiatore deve viaggiare ad esempio da Roma a Mosca facendo scalo a Parigi lo stesso ritirerà le valigie direttamente a Mosca, mentre con il point-to-point le valigie devono essere ritirate e caricate ad ogni scalo. 52 Francesco Battaglia In base al modo di competere nel medesimo settore da parte di diverse aziende possiamo individuare dei raggruppamenti strategici, questi raggruppamenti sono utili per le imprese per individuare i principali concorrenti. In questo caso le due variabili considerate per individuare tali raggruppamenti sono il numero di mercato presidiati e il numero di linee di prodotto per il settore delle bevande. 53 Francesco Battaglia L’individuazione dei raggruppamenti strategici per il settore aereo tiene conto dell’ampiezza delle rotte, del modello di business basato sui prezzi o sulla differenziazione e sul livello del servizio (che comunque dipende anche dal modello di business). Ovviamente i principali concorrenti di Ryanair sono Easyjet e WizzAir che costituiscono il raggruppamento delle low cost internationals. 54 Francesco Battaglia LA PIANIFICAZIONE DI MARKETING – IL PIANO DI MARKETING (BLOCCO 3) Il marketing può essere definito come “il business dell’azienda”, cioè come l’attività che in un certo qual modo deve guidare le altre o queste ultime si devono conformare alla prima, quindi se sbaglio le scelte di marketing quest’ultime si ripercuotono su tutto il comprensorio aziendale, da ciò può essere intesa l’importanza dell’argomento. Ora ci concentreremo su come il piano di marketing viene articolato. In particolare ci troviamo a livello funzionale e qui vi è una schematizzazione di come concretamente si definisce il piano di marketing. Dal momento che il marketing va a gestire una componente del business fondamentale che è rappresentato da un certo pezzo mercato o un insieme di pezzi di mercato, il piano di marketing passa necessariamente attraverso una c.d. situation analysis (analisi della situazione), cioè capire dove siamo oggi da un punto di vista di situazione interna (cioè stabilire da un punto di vista strettamente di marketing i miei punti di forza e debolezza rispetto ai concorrenti, quindi è un’analisi interna) e da un punto di vista di situazione esterna (cioè individuare le eventuali minacce ed opportunità, quindi analisi esterna). Tutto questo mi deve aiutare a stabilire “dove voglio andare”, cioè sulla base di queste analisi devo definire la mia strategia di marketing (che stabilisce quali segmenti e quindi bisogni di mercato voglio servire e come competere in termini strategici, ad esempio con un prezzo alto, basso, un prodotto di qualità media, alta, bassa, canali distributivi selettivi, di massa ecc., cioè definire la value proposition) e traslare o interiorizzare tale strategia in un sistema di offerta (prezzo, prodotto, marca, servizio al cliente e tutto ciò che rientra nel concetto di marketing mix, ad 55 Francesco Battaglia esempio se nella value propostion stabilisco che il prezzo dell’automobile deve essere alto, qui dovrò precisamente individuare qual è questo prezzo, 50.000, 55.000 € ecc.). Queste scelte strategiche devono successivamente dare la risposta alla seguente domanda: che cosa ci produrrà tutto ciò in termini di performance economico-finanziaria? Quindi in questa fase sostanzialmente si definisce il budget, in cui le scelte strategiche vengono traslate in fatturati, costi, profitti ecc. Successivamente bisognerà definire un piano di esecuzione che deve definire quali sono i tempi di realizzazione delle azioni chiave di marketing, ad esempio stabilire quando lanciare il nuovo prodotto, quando iniziare la fase di comunicazione relativa al lancio di un nuovo prodotto (in modo da generare aspettative al cliente) ecc. Ad esempio Yamamay entrerà nel canale della vendita dei prodotti della casa con il marchio “Y Home” seguendo altri marchi come Armani (con Armani Home), H&M (con H&M Home). Ora: qual è il tempo di esecuzione? Cioè quando lanciare i prodotti sul mercato? Quando aprire i punti vendita? Tutto ciò deve essere chiaramente definito nel piano di esecuzione. Dopodiché si procederà alla fase di monitoraggio dei piani per porre in essere eventuali aggiustamenti. Più precisamente nella maggior parte dei casi prima di procedere tutto ciò viene testato per capire, ad esempio, se il brand piace, se è memorizzabile ecc. Quindi può capitare che si debba aggiustare qualche cosa. L’analisi della situazione: tale analisi si articola in due step. Nel primo step bisogna effettuare una serie di analisi, anche se bisogna segnalare che non tutte le aziende pongono in essere un processo così “pesante”, ma molto spesso si lavora per approssimazioni, intuizioni (per esigenze di velocità, o anche perché sono aziende di minori dimensioni), ma comunque questo è il “protocollo” che 56 Francesco Battaglia bisognerebbe seguire. Le attività che bisogna porre in essere in questa fase sono tanto di analisi interna che esterna: analisi della performance attuale, cioè vedere gli andamenti di fatturato, i costi ecc. e quindi il conto economico dei diversi prodotti che il marketing gestisce (analisi della situazione interna); analisi della domanda di mercato e tendenze, cioè stabilire se la domanda di mercato sta crescendo, implodendo, è stabile ecc. (analisi della situazione esterna); analisi della quota di mercato, cioè definire la quota di mercato su specifici prodotti, per stabilire se sono leader, co-leader, follower ecc. (analisi della situazione interna/esterna, perché rapporto le vendite dell’azienda con il totale delle vendite complessive); analisi dei concorrenti, cioè capire nel mio business la strategia competitiva dei miei concorrenti e il loro modo di ragionare (infatti nel reparto marketing di qualsiasi azienda si trovano sempre i prodotti dei concorrenti per essere analizzati, smontati ecc.); attrattività del settore, che non dipende necessariamente dalla dimensione, infatti potremmo avere mercati piccoli ma attrattivi o grandi e non attrattivi (analisi della situazione esterna); posizione competitiva e fattori chiave di creazione di valore per i clienti, cioè quali sono i fattori su cui l’azienda deve agire per ottenere il vantaggio competitivo (analisi della situazione interna); analisi dei bisogni dei consumatori, cioè come evolvono i bisogni dei consumatori, per potermi muovere di conseguenza (analisi della situazione esterna). Tutto questo ci deve condurre ad un’analisi di tipo SWOT, quindi finalizzata a farci capire quali sono le forze, le debolezze, le opportunità e le minacce da un punto di vista strettamente di marketing, quindi sostanzialmente lo step 1 è propedeutico allo step 2. 57 Francesco Battaglia In particolare questa analisi deve permetterci di stabilire: quali sono le fonti uniche del vantaggio competitivo su cui il marketing deve agire e su cui il piano di marketing deve focalizzare l’attenzione (forze); le circostanze che limitano la performance e che dovrebbero essere affrontare dal piano (debolezze), ad esempio se ho una debolezza di brand, di prodotto, di pricing, di penetrazione dei canali distributivi, di customer service ecc. è chiaro che tali circostanze devono essere affrontate se sono elementi critici per il successo dell’azione di marketing sul mercato; le potenzialità che bisogna sfruttare per migliorare la profittabilità (opportunità); i fattori che oggi e in futuro potrebbero limitare o impedire la performance (minacce). 58 Francesco Battaglia Una volta compiuta tale tipologia di analisi bisogna chiaramente prendere delle decisioni che vengono definite di natura strategica perché sono determinanti per l’acquisizione del vantaggio competitivo, perché vincolano l’azienda su un certo “percorso” nel medio-lungo termine e perché muovono risorse all’interno dell’azienda di fondamentale importanza (risorse finanziarie, umane, tecnologiche ecc.). 59 Francesco Battaglia Queste decisioni riguardano i seguenti punti: la strategia di market targeting, cioè la decisione di quale è il mio target di mercato e quindi i segmenti su cui si intende operare; strategia di posizionamento vs concorrenti, cioè una volta deciso il target di mercato (cioè dove voglio competere) tale strategia deve definire come voglio competere nei segmenti di mercato che si è deciso di coprire, ossia la value proposition, cioè qual è la proposta unica di valore che si intende offrire ai clienti; obiettivi di performance e investimenti: è ovvio che da una scelta strategica derivano degli obiettivi (di performance) e delle decisioni riguardanti quali investimenti si intende effettuare (ad es. quali investimenti porre in essere per l’innovazione del prodotto?); obiettivi di quota di mercato. 60 Francesco Battaglia Se tutte le decisioni strategiche che abbiamo visto prima sono fondanti perché definiscono dove competere, come competere e con quali performance si intende operare, tutte tali strategie si devono trasformare in decisioni che tecnicamente vengono definite tattiche, in quanto sono decisioni che riguardano delle leve operative di azione. Le leve operative di azione in termini di marketing sono quelle che vengono definite come “leve di marketing mix”: prodotto-servizio, marca, prezzo, canali distributivi, comunicazione ecc. Quindi se ad esempio nel definire le strategie di marketing stabilisco che il prezzo di vendita deve essere medio-alto, nel definire la leva operativa di marketing mix relativa al prezzo devo stabilire precisamente questo prezzo quanto deve essere. Tutte queste leve e i relativi elementi che le compongono sono quelle su cui il consumatore va a ragionare per “valutare” la propria esperienza, di certo non andrà ad indagare quale sia la strategia dell’impresa. Tutti gli elementi del marketing mix devono avere un grande ritorno in termini di consistency (come dicono gli inglesi), cioè di coerenza strategica. Quindi l’azienda deve cercare di non creare discrasie tra le diverse leve del marketing mix (ad esempio l’immagine di marca di un certo tipo e pricing di un altro tipo, o il prodotto che non rispecchia l’immagine ecc.), ed è un aspetto molto importante ma che purtroppo spesso i management delle aziende perdono di vista per una serie di motivi sia volontari che non, ad esempio legati a vincoli circa le scelte che possono compiere. Tutto ciò si declina in dei piani di performance, cioè la rappresentazione del conto economico dell’attività di marketing relativamente ai diversi prodotti e brand trattati, il marketing performance scorecard, la break-even analysis e il budget del marketing e delle vendite. 61 Francesco Battaglia IL VALORE PER I CLIENTI E CUSTOMER SATISFACTION MODELLI DI MISURAZIONE DELLA CUSTOMER SATISFACTION (BLOCCO 4) Uno degli aspetti dell’analisi della situazione, come abbiamo visto, riguarda l’analisi dei bisogni dei consumatori dal momento che il marketing deve gestire i rapporti con i propri clienti attuali ma anche prospettici/potenziali (c.d. non clienti). Tale tipologia di analisi prende il nome di Customer Satisfaction Analysis (CSA). 62 Francesco Battaglia La customer satisfaction è innanzitutto la percezione del cliente (soggettiva) che può corrispondere o meno alla realtà, infatti potremmo valutare scadente un prodotto quando in realtà lo stesso dal punto di vista tecnico non lo è, potremmo avere una percezione di gusto di un certo prodotto quando in realtà il gusto è totalmente diverso perché combinato con altri prodotti che vanno ad alterare il gusto “originale”, potremmo considerare scadente un detergente per la casa perché lo utilizziamo in maniera errata ecc. Tale percezione (affinché si possa parlare di satisfaction) deve raggiungere o superare (in particolare in questo caso si parla di over-satisfaction) le aspettative che il cliente ha circa i benefici e i costi rilevanti per lo stesso cliente ai fini dell’acquisto e della fruizione di quel sistema di offerta. La customer satisfaction è anche una misura di tutto questo, cioè di quanto un sistema di offerta è in grado di soddisfare le aspettative. Quindi bisogna stabilire innanzitutto cosa dobbiamo misurare. Infatti il sistema di offerta è estremamente complesso perché composto di una serie di elementi (si pensi ad un viaggio in crociera, tale sistema di offerta è composto ad esempio da un servizio di prenotazione online, servizi di accesso alla nave quando bisogna imbarcarsi, tutto ciò che è sulla nave come personale, servizi di ristorazione, numero di piscine, servizi a bordo delle piscine ecc.), quindi per misurarlo necessariamente lo dobbiamo disarticolare. Quindi cosa dobbiamo misurare? 63 Francesco Battaglia Dobbiamo misurare semplicemente i benefici attesi percepiti e i costi attesi percepiti dal cliente, perché dal differenziale/rapporto tra tali due elementi è possibile determinare il grado di customer satisfaction (NDCV). Chiaramente come abbiamo detto in precedenza si avrà satisfaction se i benefici percepiti saranno maggiori o uguali ai costi percepiti. 64 Francesco Battaglia In particolare, rispetto al sistema di offerta il consumatore produce innanzitutto un valore atteso percepito (VAP), cioè quel valore che il cliente si attende di ricevere dall’azienda o dalla marca nel momento in cui sta opzionando la scelta tra le diverse marche/aziende. Infatti il consumatore formula una serie di aspettative circa “n” marche che prende in considerazione, cioè le marche che il consumatore ritiene possano soddisfare le aspettative stesse (c.d. evoked set, cioè il set di marche evocato dalla nostra mente ritenute in grado di soddisfare le aspettative). All’interno dell’evoked set il consumatore compie una scelta, cioè la marca che si ritiene essere più idonea a soddisfare la specifica esigenza. Quindi il VAP rispetto al sistema di offerta dal punto di vista del consumatore viene costruito rapportando i benefici (funzionali, emozionali, ecc.) attesi percepiti che la marca i- esima è in grado di procurarmi e i costi totali attesi percepiti della stessa marca i-esima (VAPi=BAPi/CTAPi). Quindi nel momento in cui il consumatore andrà a compiere una scelta lo stesso formulerà tanti VAP quanti sono gli “n” marchi dell’evoked set, e ovviamente sceglierà quello superiore, cioè il più soddisfacente. Chiaramente questo rapporto potrà essere uguale, minore o maggiore di 1. N.B. Il consumatore sceglierà il marchio con VAP più elevato in condizioni di non asimmetria informativa o di non contingenza, si pensi ad un viaggiatore che necessariamente deve prendere un volo per spostarsi ma che non ha prenotato il biglietto e quindi è obbligato ad acquistare il biglietto di una compagnia che ritiene scadente (nell’ipotesi in cui sia l’unico disponibile), compagnia che in condizioni di “normalità” non avrebbe ovviamente scelto. Il valore d’uso percepito (VUP) è il valore che il consumatore si crea nel momento in cui ha acquistato e sta utilizzando il prodotto. Simmetricamente con quanto detto in precedenza il VUP lo si calcola specificamente sulla marca i-esima che in questo caso abbiamo scelto rapportando i benefici d’uso percepiti con i costi totali d’uso percepiti (VUPi=BUPi/CTUPi). I costi d’uso percepiti si definiscono “totali” perché non ci riferiamo soltanto al prezzo specificamente pagato, 65 Francesco Battaglia ma anche a tutta un’altra serie di costi. Tutta questa serie di costi diversi dal prezzo diventano tanto più significativi al crescere della complessità del prodotto considerato (ad esempio se acquisto un’automobile ci sarà il costo di manutenzione, costi di messa su strada, costi dei tempi di attesa dell’automobile, costo di consumo, costi di rischio percepito). Dopo tutto ciò si va a comparare il VUPi rispetto al VAPi (VUPi/VAPi) della specifica marca che ho scelto. Chiaramente anche questo rapporto potrà essere maggiore, minore o uguale a 1, e questo rapporto in termini tecnici viene definito come CSI (Customer Satisfaction Index). Il valore ideale in alto a sinistra è il valore desiderato dal consumatore ma che molto spesso non trova tra le offerte disponibili sul mercato. In questa immagine è rappresentata il percorso ideale del consumatore lungo il suo processo di acquisto. Il momento T0 coincide con il momento in cui il consumatore procede all’acquisto del prodotto e da quel momento in poi scatta l’esperienza di consumo. A sinistra di T0 (T-1) è rappresentata tutta la fase informativa e di valutazione che il consumatore compie prima di procedere all’acquisto e che determina il VAP, tale fase sarà più o meno lunga (ad es. per la complessità del prodotto, chiaramente se dovrò acquistare un prodotto semplice la fase informativa e di valutazione sarà molto più breve di un prodotto complesso) ed è influenzata da una serie di fattori: - Scelte di marketing sul brand dell’impresa, quindi da tutte le azioni di comunicazione, pricing, canali distributivi, servizio, prodotti, che quindi rappresentano nel complesso la 66 Francesco Battaglia value proposition o la brand promise (la promessa del marchio). Ad esempio mediante la comunicazione promettere al cliente specifiche caratteristiche, soluzioni ecc.; - Esperienza passata del consumatore su quella marca. Chiaramente se io ho un’esperienza positiva su quel marchio è probabile che tornerò sullo stesso marchio (quindi ciò dovrebbe produrre un sistema di fedeltà del cliente). Infatti i livelli di soddisfazione precedenti che il cliente ha generato influenzano necessariamente i livelli di soddisfazione attesa per il riacquisto, quindi il cliente pone in atto un processo di crescita di aspettativa per ogni riacquisto relativo a quella marca, e non necessariamente sullo stesso prodotto, ma anche su categorie/modelli diversi di quella stessa marca; - WOM, cioè Word Of Mouth che letteralmente significa parola di bocca, cioè passaparola. Il passaparola ha una forte influenza nelle scelte di acquisto, ancora oggi il passaparola “fisico”, cioè faccia a faccia tra le persone avviene nel 60-65% delle scelte di acquisto di una certa complessità, mentre il restante 35-40% avviene online (forum, social ecc.). Queste 3 possono essere considerate come le leve su cui l’azienda può intervenire per influenzare le aspettative e quindi essere la marca che viene scelta nel momento in cui il consumatore deve prendere una decisione. Nella parte destra del punto ideale di acquisto T0 abbiamo chiaramente la fase di vera e propria esperienza di consumo. Tale esperienza di consumo è la manifestazione del rapporto che il consumatore genera con la marca e che determina la consonanza o dissonanza rispetto alle aspettative di valore: - la consonanza significa produrre customer satisfaction in quanto le aspettative sono state soddisfatte e quindi vi è una convergenza tra VUP e VAP; - la dissonanza si verifica quando vi è una differenza significativa tra VUP e VAP, tale differenza potrà essere positiva quando VUP>VAP o negativa quando VUP