Lezione 2-1 Cristalli e Vetri PDF

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Università degli Studi di Trieste

Enrico Greco, PhD

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crystallography materials science chemistry

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This document is a lecture on the topic of crystals and glass. The document discusses the formation of crystals from the solidification of liquids, and provides explanations of different properties of crystals, such as cleavage or fracture.

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CORSO di CHIMICA degli ARCHEOMATERIALI A.A. 2023-24 2.1_Cristalli e Vetri Docente: Enrico Greco, PhD ([email protected]) Assistant Professor, Department of Chemical and Pharmaceutical Sciences ...

CORSO di CHIMICA degli ARCHEOMATERIALI A.A. 2023-24 2.1_Cristalli e Vetri Docente: Enrico Greco, PhD ([email protected]) Assistant Professor, Department of Chemical and Pharmaceutical Sciences I CRISTALLI Il cristallo è una formazione solida costituita da atomi, molecole o ioni che si ripete indefinitamente nelle tre dimensioni spaziali (reticolo cristallino), conferendo al cristallo una forma geometrica definita (abito cristallino). I cristalli si formano per solidificazione graduale di un liquido. La formazione e le caratteristiche di un cristallo dipendono dalla velocità e dalle condizioni della solidificazione (detta anche "cristallizzazione"). La lava vulcanica raffreddandosi può dare origine a rocce di tessitura diversa. Se il raffreddamento è lento si forma una roccia afanitica con grana finissima (es. alcuni tipo di basalto). Se invece il raffreddamento avviene in maniera ancora più lenta si forma una roccia porfirica con presenza di fenocristalli inclusi in una massa di fondo a grana molto più fine o vetrosa (es. granito). 2 I CRISTALLI Quarzo 3 I CRISTALLI Corindone (Al2O3) 4 I CRISTALLI Il tipo di struttura assunta dal cristallo gioca un ruolo determinante in molte delle sue proprietà, quali la sfaldatura, le proprietà elettriche, ottiche e meccaniche. 5 I CRISTALLI Sfaldatura La sfaldatura è la tendenza dei minerali a dividersi parallelamente ai piani cristallografici. La sfaldatura riflette la struttura interna poiché la forza del legame chimico è diversa nelle differenti direzioni (mica e grafite hanno strutture a strati, nelle quali il legame dentro gli strati è molto forte ma è molto più debole tra gli strati stessi). 6 I CRISTALLI Sfaldatura La sfaldatura è la tendenza dei minerali a dividersi parallelamente ai piani cristallografici. La sfaldatura riflette la struttura interna poiché la forza del legame chimico è diversa nelle differenti direzioni (mica e grafite hanno strutture a strati, nelle quali il legame dentro gli strati è molto forte ma è molto più debole tra gli strati stessi). 7 I CRISTALLI Sfaldatura  La sfaldatura può essere molto ben sviluppata in alcuni cristalli, come appunto nella sfaldatura lamellare basale delle miche o della grafite o essere piuttosto incerta, come nel berillo e nell'apatite.  È completamente assente in alcuni minerali, come ad esempio nel quarzo. Alcune specie mineralogiche presentano una sola direzione di sfaldatura ma possono esservene anche due, tre quattro o addirittura sei. Ardesia Grafite 8 I CRISTALLI Frattura La frattura si verifica in alcuni minerali, come il quarzo e l'opale, che non si sfaldano, ma si frammentano irregolarmente. Le fratture possono essere di diverso tipo: ▪ piane, ▪ disuguali, ▪ concoidi, ▪ ruvide La frattura viene utilizzata come uno dei mezzi di determinazione di un minerale 9 I CRISTALLI Tenacità Proprietà che dipende dalla coesione reticolare e indica il modo in cui un minerale si deforma sotto una azione meccanica. Vi sono minerali fragili che vanno facilmente in pezzi come il diamante che è il più duro dei minerali o si fratturano come il quarzo. Altri sono malleabili come l'oro che si appiattisce senza rompersi, o duttili e si riducono in fili sottili. La tenacità è una proprietà dei minerali che si distingue nettamente dalla durezza 10 I CRISTALLI Proprietà ottiche dei cristalli. 11 I CRISTALLI 12 I CRISTALLI Riflessione Il fenomeno della riflessione si verifica quando un fascio di raggi luminosi incontra una superficie liscia e viene riflesso in modo speculare (specchio). 13 I CRISTALLI Scabro agg. [dal lat. scaber -bra -brum «ruvido», der. di scabĕre «grattare»]. Riflessione 1. a. Detto di ciò la cui superficie non è né liscia né uniforme, e che perciò risulta ruvido al tatto: pietra s.; la pelle s. dello zigrino. b. In meccanica, di superficie che presenta attrito. La diffusione per riflessione si verifica quando un fascio di raggi luminosi incontra un corpo dalla superficie scabra che produce un insieme di riflessioni disordinate, in tutte le direzioni. A questo fenomeno si deve la visibilità dei corpi opachi illuminati. 14 I CRISTALLI Rifrazione Nel passaggio da un mezzo ad un altro il raggio di luce cambia direzione e velocità. Si dice indice di rifrazione n di un mezzo di propagazione il rapporto tra la velocità c della luce nel vuoto e la velocità v della luce in quel particolare mezzo: 𝑐 𝑛= 𝑣 15 I CRISTALLI Studio del taglio di un cristallo di diamante per ottenere l’effetto “brillante”. 16 I CRISTALLI La scala delle durezze dei cristalli Teneri - si scalfiscono con l'unghia prende il nome dallo scienziato 1. Talco mineralogista tedesco Friedrich 2. Gesso Mohs. È un criterio empirico per la valutazione della durezza Semi duri - si rigano con una punta di acciaio dei materiali. 3. Calcite 4. Fluorite Scala Mohs 5. Apatite Essa assume come riferimento la durezza di dieci minerali Duri - non si rigano con una punta di acciaio numerati progressivamente da 1 6. Ortoclasio a 10 e tali che ciascuno è in grado 7. Quarzo di scalfire quello che lo precede 8. Topazio ed è scalfito da quello che lo 9. Corindone segue. 10. Diamante 17 I CRISTALLI Teneri Semi duri Duri 18 I CRISTALLI Calcare 3.0 Porfido 4.5 Basalto 8.0 Marmo 3.0 - 4.0 Granito 6.0 - 7.0 19 I CRISTALLI Si hanno 7 sistemi cristallini e ogni sistema cristallino raggruppa più tipologie di reticolo (per un totale di 14 reticoli differenti). 20 I CRISTALLI Sistema Trigonale 21 I CRISTALLI Cristallo di rocca grezzo 22 I CRISTALLI Venezia, Basilica di San Marco Cristallo di rocca, h cm 15,7 Età Romana Skyphos alessandrino a due anse 23 I CRISTALLI Ametista Quarzo latteo (quarzo con impurezze di manganese) (minuscole inclusioni di gas, liquidi o di ambedue intrappolate durante la formazione del cristallo) Quarzo rosa (impurezze di titanio, ferro o manganese) 24 I CRISTALLI ll berillo (Al2Be3[SiO2]6) cristallizza nel sistema esagonale e i cristalli hanno quasi sempre habitus prismatico. Punto di fusione a circa 2000 °C. Durezza 7.5-8. Il berillo presenta numerose varietà utilizzate come pietre preziose. 25 I CRISTALLI Rubino Il suo colore, da rosa a rosso sangue, è Il Corindone dovuto alla presenza di tracce di cromo è un minerale, un ossido di alluminio, Al2O3, appartenente al sistema trigonale. È spesso fluorescente e può presentare i fenomeni ottici dell'asterismo e della cangianza. Fonde a temperature ≥ 2000 °C. Durezza 9. È molto resistente ad agenti chimici corrosivi. Gli usi del corindone sono: come abrasivo nello smeriglio, in moli, affilatoi, carta vetrata per la produzione di ceramiche e prodotti ininfiammabili (in forni) come perno di supporto per orologi. Nelle sue varietà colorate da taglio viene impiegato in Zaffiro gioielleria. Il colore blu-azzurro tipico della gemma deriva da inclusioni di ferro e titanio. 26 I CRISTALLI Il Corindone è un minerale, un ossido di alluminio, Al2O3, appartenente al sistema trigonale. È spesso fluorescente e può presentare i fenomeni ottici dell'asterismo e della cangianza. Fonde a temperature ≥ 2000 °C. Durezza 9. È molto resistente Fenomeno presentato da alcuni ad agenti chimici corrosivi. minerali usati come gemme e principalmente dagli zaffiri e dai Gli usi del corindone sono: rubini. come abrasivo nello smeriglio, in moli, affilatoi, carta vetrata Consiste in una luminosità per la produzione di ceramiche e prodotti stellare a 6 raggi che si può ininfiammabili (in forni) osservare nell’interno delle come perno di supporto per orologi. gemme, opportunamente tagliate, allorché vengono illuminate per Nelle sue varietà colorate da taglio viene impiegato in trasparenza o per riflessione con gioielleria. una piccola sorgente luminosa puntuale. 27 I CRISTALLI 28 I CRISTALLI Il carbonio La grafite è una forma allotropica in cui può presentarsi il carbonio. È un cristallo grigio argenteo nero composto da atomi di carbonio a struttura esagonale. Le sue caratteristiche sono: morbido (1-1.5 Mohs) punto di fusione a 3.550 °C Trova applicazione per la produzione di: refrattari lubrificanti matite elettrodi 29 I CRISTALLI Il carbonio Il diamante è una forma allotropica in cui può presentarsi il carbonio. È un cristallo trasparente composto da atomi di carbonio a struttura tetraedrica. Le caratteristiche più rilevanti sono: l'estrema durezza (10 Mohs) l'indice di dispersione ottica l'elevata conducibilità termica resistente alla fiamma fino a 1520 °C in atmosfera di ossigeno brucia a circa 800 °C fonde a 3.550 °C. 30 I CRISTALLI 31 IL VETRO 32 IL VETRO Da un punto di vista chimico, il termine vetro si riferisce a materiali ottenuti tramite solidificazione di un liquido non accompagnata da cristallizzazione. I vetri sono solidi amorfi con legami intermolecolari e attriti interni che ne mantengono inalterata la forma per un tempo lunghissimo. Solo alcuni materiali hanno la possibilità di solidificare sotto forma di OSSIDO DI SILICIO SiO2 vetro, in particolare è necessario che DIOSSIDO DI GERMANIO GeO2 abbiano una velocità di ANIDRIDE BORICA B2O3 cristallizzazione molto lenta. ANIDRIDE FOSFORICA P2O5 ANIDRIDE ARSENICA As2O5 33 IL VETRO  Il principale componente del vetro è la sabbia silicea (SiO2). Il suo punto di fusione è circa 1700-1800 °C e la sua consistenza a questa temperatura è simile a quella del miele liquido.  La struttura cristallina dell’ossido di silicio ha la forma di un tetraedro, al cui centro vi è un atomo di silicio, collegato simmetricamente ai quattro vertici di atomi di ossigeno: la formula chimica è quindi (SiO4) 4 -.  Raffreddando velocemente la silice fusa, si forma una struttura casuale di tetraedri, uniti tra di loro agli angoli, che dà luogo ad un materiale amorfo, conosciuto come silice vetrosa. 34 IL VETRO 35 IL VETRO Il vetro comune, essendo costituito quasi esclusivamente da diossido di silicio (SiO2), è detto anche "vetro siliceo”. SiO2 ha un punto di fusione di circa 1700-1800 °C. Per poter fondere la sabbia silicea si ricorre all’aggiunta di sostanze che hanno la proprietà di abbassare il punto di fusione:  carbonato di sodio (Na2CO3);  il carbonato di potassio K2CO3  i borati e i nitrati Nella lavorazione del vetro si utilizzano diversi addittivi, che a seconda della loro azione, possono essere classificati come:  ossidi formatori di reticolo (ossido di silicio, ossido di boro e ossido di fosforo).  ossidi modificatori di reticolo (ossidi di sodio, potassio, calcio e magnesio)  ossidi intermediari (ossido di alluminio e ossido di piombo). 36 IL VETRO  vetrificanti: sostanze che si trasformano, per semplice azione del calore, nella forma vetrosa amorfa (silice SiO2; anidride borica B2O3; anidride fosforica P2O5);  fondenti: abbassano la temperatura di fusione (1500 °C) e migliorano la Le sostanze fluidità del vetro durante la sua produzione (Na2CO3, K2CO3 ); che vengono utilizzate nella  stabilizzanti: migliorano le proprietà chimiche e meccaniche del vetro lavorazione (carbonato di calcio CaCO3; dolomite MgCa(CO3)2); del vetro  affinanti: agevolano l'eliminazione di difetti (solfato di sodio Na2SO4 sono triossido d'arsenico, nitrati alcalini e nitrati d'ammonio); classificate in base alla loro  coloranti: modificano l'aspetto cromatico del vetro prodotto (ossidi di ferro, funzione. rame, cromo e cobalto);  decoloranti: neutralizzano il colore impartito da altre sostanze (biossido di manganese);  opacizzanti: per la produzione del vetro opalino (fosfati di sodio, cloruri di sodio, fosfati di calcio, cloruri di calcio, ossido di stagno e talco). 37 IL VETRO Struttura di un vetro sodio-calcico con aggiunta di alluminio come stabilizzatore. 38 IL VETRO Esistono diversi vetri naturali, un esempio di vetro prodotto dalla fusione di rocce silicee dal magma vulcanico è l'ossidiana. L’arte e la tecnica della fabbricazione e della lavorazione del vetro si indica come "ialurgia". 39 IL VETRO A partire dal VI millennio a.C., l'uomo utilizza un materiale vetroso naturale, l'ossidiana, roccia silicea di origine vulcanica per ottenere oggetti taglienti e resistenti. Europa: Ungheria, Italia, Isole greche America: Stati Uniti, Messico, Perù, Brasile Asia: Giava (Indonesia), Giappone Africa: Etiopia, Gibuti È dimostrato il trasporto dell’ossidiana su lunghe distanze, contribuendo all’origine delle prime rotte commerciali. 40 IL VETRO DESCRIZIONE Schegge di lavorazione di Schegge di lavorazione di ossidiana, Lipari, Italia. ossidiana, dura, tagliente, nero-grigiastro. Produzione di oggetti ornamentali e di vasellame. DATA A partire dal Neolitico (10000- 4000 BCE). TECNICA A percussione AREA DI PRODUZIONE Colate vulcaniche più antiche di Gabellotto o di Pomiciazzo, area nord-orientale dell'isola di Lipari. 41 IL VETRO Composizione percentuale vetri naturali FOLGORITE OSSIDIANA TECTITE RIOLITE OSSIDIANA (LIBIA) MESSICO PERÙ AUSTRALIA VESUVIO SiO2 97,5 73,9 70,7 70,5 53,3 Al2O3 1,5 12,4 20,5 11,5 20,7 Fe2O3 - 1,6 - 1,2 0,1 FeO 0,2 0,6 1,0 0,2 4,8 MgO - 0,3 0,1 0,3 1,8 CaO 0,4 0,3 0,8 1,7 3,2 Na2O 0,3 3,5 3,5 3,3 9,1 K2O - 5,4 3,4 1,5 5,8 H2O 0,1 1,7 - 9,6 0,7 TiO2 - - - - 0,5 Pb2O5 - - - - 0,3 42 IL VETRO Composizioni percentuali riscontrate in vetri antichi VETRI INCOLORI VETRI 1 INCOLORE, 2 BLU SCURO VETRO DA FINESTRA VETRO BIANCO EGITTO 1400 A.C. EGITTO 200-100 A.C. 900 D.C. SOFFIATO 900 D.C. SiO2 63,72 63,86 65,95 66,26 68,48 67,44 Al2O3 1,04 0,65 2,49 3,26 0,70 2,98 Fe2O3 0,54 0,67 0,28 0,78 0,91 0,51 CaO 9,13 7,86 6,89 7,09 5,71 4,80 MgO 5,20 4,18 1,37 1,48 5,28 5,64 Na2O 20,63 22,66 20,30 19,39 14,95 13,94 K2O 0,41 0,80 0,96 0,37 2,83 1,93 MnO - - 0,97 0,61 - 0,70 CuO - - - 0,95 - - SO3 - - 1,08 - 0,54 0,84 PbO - - - - 0,95 1,01 43 IL VETRO % % MIN MAX SiO2 68,0 75,0 Al2O3 0 4,0 Intervalli di Fe2O3 - 0,45 composizione tipici dei MgO - 4,0 vetri comuni CaO 9,0 14,0 Na2O 10,0 16,0 K2O - 4,0 SO3 - 0,3 44 IL VETRO Secondo Plinio il Vecchio, il primo utilizzo del vetro risale al III millennio BCE in Fenicia. Nel 2000 BCE il vetro veniva impiegato in Egitto per produrre utensili e monili (perle di vetro). Intorno al 1000-500 BCE risalgono piccoli vasi in vetro ritrovati in India e Cina. Nella metà del I secolo BCE circa compare la tecnica del soffiaggio. Nel V-VII secolo CE si sviluppa l'uso del mosaico in vetro nell'arte bizantina. 45 IL VETRO La scoperta vera e propria della materia vetrosa, in forma di faïence o di pasta vitrea, si data alla metà del III millennio BCE in Mesopotamia (Iraq e Siria), preceduta solo dall'uso dell'invetriatura nell'Alto Egitto. DESCRIZIONE Frammento di faïence. FORMA Nucleo di materiale siliceo e superficie vetrificata. DATA Presente nei contesti archeologici a partire dal tardo V o inizi del IV millennio BCE, in Siria, in Mesopotamia e in Egitto. Si diffonde più tardi nell'area egea e nell'Asia Minore. TECNICA Riscaldamento e fusione dei granuli di silice triturati e dei componenti dell'invetriatura (agenti coloranti). 46 IL VETRO LAVORAZIONE A NUCLEO FRIABILE O A VERGA Questa tecnica apparve in Mesopotamia nell'Età del bronzo e comportava la modellazione di un'anima (argilla, sabbia e un collante organico (escrementi)) con la forma dell'oggetto desiderato attorno ad una verga metallica. L’anima veniva immersa in un crogiuolo contenente vetro fuso o avvolta con un filo vitreo. 47 IL VETRO LAVORAZIONE A NUCLEO FRIABILE O A VERGA Veniva poi fatto ruotare su una lastra di marmo (marmorizzazione) con lo scopo di raffreddare la pasta vitrea, compattarla e lisciarla. Si procedeva alla decorazione, applicando gocce e fili vitrei (spesso trasformati in piume o festoni con l'uso di un pettine) che venivano poi pressati sull’oggetto. Dopo che l’oggetto si era indurito, si estraeva la verga metallica e si raschiava l'anima. I manici, le anse e le basi, venivano applicati separatamente o creati dal corpo quando il vetro era ancora malleabile. marmorizzazione 48 IL VETRO La colorazione del vetro antico dipendeva dalla composizione chimica della miscela utilizzata. Questa colorazione veniva variata in funzione dello stato di ossidazione o di riduzione della fornace e del vetro ancora caldo. La maggior parte dei vetri può essere classificata in tre principali categorie:  vetro a colorazione naturale,  incolore (decolorato)  colorato intenzionalmente. La colorazione naturale verde bluastra, verde chiara e giallo verdastra è dovuta agli ossidi di ferro e ad altre impurità presenti nella miscela. Tipico esempio di tale tipo di colorazione sono le urne cinerarie romane. 49 IL VETRO La combustione è una reazione chimica che comporta l'ossidazione di un combustibile da parte di un comburente, con sviluppo di calore e radiazioni elettromagnetiche, tra cui spesso anche radiazioni luminose.  Combustibile gas a base di prodotti di carbonio, materiale a base di carbonio (legno carbone)  Comburente (ossidante) aria ossigeno 50 IL VETRO Quando gli alcani e i cicloalcani vengono scaldati ad alte temperature e in eccesso di ossigeno, bruciano producendo anidride carbonica CO2, acqua e calore: la caratteristica più importante di queste reazioni è proprio quella di liberare grandi quantità di calore e quindi di essere fortemente esotermiche. Reazione di combustione del metano (CH4) e del propano (C3H8) 51 IL VETRO In eccesso di ossigeno si ha una fiamma ossidante molto calda e poco luminosa In eccesso di combustibile la fiamma è riducente luminosa e poco calda 52 IL VETRO 53 IL VETRO 54 IL VETRO Le sfumature dal bruno dorato all'olivastro scuro o giallo verdastro, delle coppe ellenistiche, erano dovute alle condizioni di ossidazione o di riduzione del vetro precedenti o contemporanee alla lavorazione. L'aggiunta di manganese o di antimonio neutralizzano l'effetto dovuto alle impurità del ferro ed hanno portato alla fabbricazione di vetro trasparente, molto apprezzato dalle civiltà antiche. La colorazione intenzionale del vetro fu scoperta, per errore o per tentativi, grazie all'aggiunta di ossidi metallici. Con il rame si otteneva vetro azzurro, verde o rosso opaco, (a seconda delle condizioni della fornace), con il manganese vetro purpureo, il cobalto dava vetro turchino scuro. L'industria romana del IV secolo a.C., raggiunse un uso sofisticato di tali additivi, fino alla produzione del vetro dicroico (bicolore). 55 IL VETRO Assorbimento, riflessione e trasmissione sono i fenomeni che avvengono quando la luce interagisce con la materia. Quando l'energia radiante incide su un corpo, una parte viene assorbita, una parte viene riflessa e una parte viene trasmessa. 56 IL VETRO Coppa di Licurgo Questa straordinaria coppa, conservata al British Museum di Londra, è l’unico esempio completamente integro di antico manufatto realizzato in un vetro capace di cambiare il suo colore al variare delle modalità di illuminazione (vetro dicroico). Il colore verde opaco si trasforma in un rosso intenso quando la luce anziché esserne riflessa attraversa il vetro stesso. Questa particolare proprietà ottica deriva dalla presenza, all’interno del vetro, di piccole quantità (0.01-0.1 in percentuale atomica) di oro ed argento presenti sotto forma di nanoparticelle, ossia di insiemi di atomici autoaggregati di dimensione nanometrica. 57 IL VETRO 58 IL VETRO I colori traslucidi maggiormente utilizzati erano il blu, il color porpora, il giallo e diverse tonalità di verde. Tra i colori opachi si usavano il bianco, il giallo, il turchese, il blu pavone, l'azzurro chiaro, varie tonalità di verde, l'arancione, e il "color carne". La maggior richiesta di colori riguardava quelli che simulavano le tonalità delle pietre naturali o la colorazione della porcellana e degli smalti. Le superfici iridescenti color oro o argento, tipiche di gran parte del vetro antico, non corrispondono a un tipo di colorazione eseguita intenzionalmente dagli artigiani dell'antichità, o alcalinizzazione Devetrificazione ma sono il risultato dell'azione degli agenti atmosferici e della devetrificazione. L'effetto arcobaleno si verifica infatti quando i sottili strati di alcali contenuti nel vetro interrato per anni si disgregano. La superficie dell'oggetto risulta gravemente butterata e facilmente sfaldabile. Soltanto un clima eccezionalmente secco, come quello egiziano, salva i manufatti dagli effetti distruttivi di tale aggressione. 59 IL VETRO DESCRIZIONE Amphoriskos in vetro turchese traslucido, a corpo ovoidale, largo collo cilindrico, orlo espanso con labbro arrotondato, piede espanso ad anello discoide sagomato. Fasce decorative a festoni tricromi si alternano sul corpo. H 10,7 cm - Diam 5 cm DATA Nuovo Regno, (1400-1300 BCE.). TECNICA Modellato su nucleo friabile. AREA DI PRODUZIONE Egitto 60 IL VETRO Coppa diatreta di epoca romana del IV secolo CE. Una coppa diatreta è un oggetto di lusso consistente in una coppa di vetro interna e di una gabbia esterna dello stesso materiale. Gli oggetti di questo tipo rinvenuti in Italia e in altre regioni europee sono databili tra il III secolo ed il IV secolo CE. La tecnica “diatreta” anticamente consisteva nella soffiatura di un vaso grezzo di spessore notevole, sul quale veniva intagliata una raffinatissima lavorazione a reticolo, conferendo al manufatto il tipico aspetto di un vaso che sembra essere avvolto da un finissimo reticolo. Questa particolare tecnica veniva praticata forse in alcune manifatture della zona del Reno, ed ancora nasconde alcuni interrogativi per gli specialisti del vetro. 61

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