La Dimensione Macroeconomica (Tema 5 - Capitolo 1) PDF
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Istituto Tecnico Economico 'Cesare Battisti'
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This document discusses macroeconomics, including the views of Adam Smith and John Maynard Keynes. It explores the role and reasons for government intervention in economic systems.
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LA DIMENSIONE MACROECONOMICA (Tema 5 - capitolo 1) 1.1 LA PROSPETTIVA MACROECONOMICA L’attività economica può essere esaminata da un punto di vista microeconomico e da una prospettiva macroeconomica: la microeconomia studia il comportamen...
LA DIMENSIONE MACROECONOMICA (Tema 5 - capitolo 1) 1.1 LA PROSPETTIVA MACROECONOMICA L’attività economica può essere esaminata da un punto di vista microeconomico e da una prospettiva macroeconomica: la microeconomia studia il comportamento del singolo soggetto economico (un consumatore, un imprenditore, un risparmiatore) ed analizza i dati relativi ai singoli casi; la macroeconomia studia il comportamento di intere categorie di soggetti economici (tutti i consumatori, tutti gli imprenditori, tutti i risparmiatori) e prende in considerazioni le grandezze aggregate (il prodotto nazionale lordo, il prodotto interno lordo, il tasso di disoccupazione, il livello generale dei prezzi, ecc.), che sono il risultato dell’insieme dei dati ricavati a livello microeconomico. L’analisi macroeconomica permette al soggetto pubblico (Stato, ente territoriale, Unione europea, ecc.) di conoscere i fenomeni economici nello loro ampiezza e complessità, al fine di poter intervenire nel modo più appropriato per migliorare l’efficienza del sistema. Rispetto all’analisi microeconomica, l’analisi macroeconomica: coinvolge soggetti pubblici e non privati; si concentra sulle problematiche generali e non su quelle particolari; è orientata al perseguimento di obiettivi generali di natura economico-sociale, quali la piena occupazione, la stabilità monetaria, l’equa distribuzione della ricchezza fra le classi sociali, ecc.. 1.2 LE RAGIONI DELL’INTERVENTO PUBBLICO NELL’ECONOMIA L’importanza della macroeconomia è cresciuta di pari passo con l’intervento del soggetto pubblico nell’economia. 1 Negli attuali sistemi economici, il soggetto economico pubblico influenza e condiziona pesantemente l’attività economica. Ma perché il soggetto pubblico interviene nel sistema economico? Sino alla grande crisi economica scoppiata negli Stati Uniti nell’ottobre del 1929 (crollo di Wall Street) e durata fino alla vigilia della seconda guerra mondiale (c.d. Grande depressione) lo Stato generalmente non interveniva nell’economia, poiché si riteneva dannoso un intervento pubblico. All’epoca, vigeva la concezione liberista sostenuta dall’economista scozzese Adam Smith (fondatore della scuola classica) secondo la quale in un mercato economico di libera concorrenza, ogni singolo consumatore ed imprenditore ricerca il massimo guadagno individuale (ricerca egoistica del proprio interesse) che porta il benessere di tutta la collettività, poiché conduce all’equilibrio economico generale (c.d. equilibrio o ottimo paretiano). Nel fare questo, ogni individuo era guidato da una c.d. mano invisibile. Le regole del mercato (ossia l’incontro della domanda di beni e servizi e dell’offerta di beni e servizi) senza troppe leggi restrittive, garantivano la libera concorrenza ed il mercato era in grado di autoregolarsi. L’intervento pubblico non doveva ostacolare l’iniziativa privata, ma doveva occuparsi esclusivamente del mantenimento dell’ordine pubblico, della difesa nazionale e dell’amministrazione della giustizia, settori nei quali i privati non aveva la possibilità o la convenienza ad intervenire. Lo Stato doveva, cioè, unicamente garantire il rispetto delle regole di mercato e intervenire con delle sanzioni contro chi non le rispettava. Il sistema economico sostenuto dalla scuola classica, iniziava però a presentare numerose imperfezioni. Uno dei primi ad accorgersi di tali difetti fu l’economista inglese John Maynard Keynes, che può essere definito come il padre della macroeconomia. 2 Nella sua pubblicazione del 1936 intitolata “Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta”, Keynes critica l’impostazione della scuola classica e propone una concezione alternativa. Keynes sosteneva che, soprattutto in periodi di crisi, lo Stato doveva intervenire nel sistema economico, affiancandosi agli operatori economici privati, al fine di sostenere l’occupazione, favorire gli investimenti, incoraggiare i consumi, nell’interesse generale dell’economia e della società. Keynes riteneva che i principi della libera concorrenza non portassero automaticamente al raggiungimento del benessere generale, ma creassero invece delle mancanze (i c.d. fallimenti del mercato), alle quali poteva porre rimedio soltanto il soggetto pubblico. Per intervenire sul mercato ed aggiustare i difetti del libero mercato, era necessario avere una visione generale dei fenomeni economici del sistema economico. Le principali ragioni dell’intervento pubblico nel sistema economico sono: 1) superare i fallimenti del mercato, ossia colmare quei difetti che impediscono il completo soddisfacimento dei bisogni della popolazione e il raggiungimento della perfetta allocazione delle risorse; 2) sostenere l’economia con interventi di politica economica in modo da evitare crisi economiche; 3) perseguire il benessere generale, tipico del welfare state (stato sociale), fornendo un sistema di sicurezza sociale diretto ad offrire a tutta la popolazione (ed in special modo alle classi sociali che si trovano in condizioni di maggior debolezza) protezione dalla miseria, dalla malattia, dalla perdita di lavoro, dagli infortuni attraverso la tutela sanitaria, la tutela previdenziale e assistenziale. 3 1.3 L’INTERVENTO PUBBLICO COME RIMEDIO AI FALLIMENTI DEL MERCATO Vediamo quali sono i difetti del sistema economico classico che giustificano l’intervento del soggetto pubblico. Innanzitutto, nel libero mercato tendono a formarsi dei monopoli (da parte delle imprese più grandi), con conseguente uscita dal mercato delle imprese più piccole. Il soggetto pubblico può ovviare a tale inconveniente in due modi: - impedendo la formazione di monopoli con una legislazione antitrust (ossia con leggi che vietino la formazione di monopoli); - sostituendosi alle imprese private e assumendo in proprio (come imprenditore pubblico), l’offerta di determinati beni e servizi a prezzi controllati. Un altro fallimento è dato dalla presenza di beni o servizi pubblici puri, ossia beni o servizi che nessun soggetto privato ha convenienza a produrre (in quanto non ne ricaverebbe alcun profitto), nonostante abbiano un rilevante interesse per la collettività. Esempio: il servizio dei fari costieri o il sistema di monitoraggio che allerta la popolazione in previsione di un evento catastrofico (terremoto, alluvione) sono servizi pubblici puri, perché possono essere usufruiti da chiunque anche contemporaneamente e non è possibile impedire l’utilizzo a chi non paga un compenso. 1.4 LA POLITICA ECONOMICA La politica economica è l’insieme dei provvedimenti posti in essere dallo Stato e dalle autorità pubbliche per il raggiungimento degli obiettivi economico-sociali di carattere generale. La politica economica si compone di due momenti distinti: - la definizione degli obiettivi da raggiungere (ad esempio, la 4 riduzione della disoccupazione, lo sviluppo di certi settori produttivi e di alcune aree geografiche del nostro Paese, ecc.); - la determinazione delle strategie per realizzare gli obiettivi (ad esempio, la riduzione del prelievo fiscale, la diminuzione dei tassi di interesse sui prestiti di denaro, ecc.). Gli obiettivi della politica economica L’obiettivo generale e finale è quello di assicurare il benessere dei cittadini, ossia un livello di vita soddisfacente sia sotto l’aspetto quantitativo (ossia della misura della ricchezza posseduta), sia sotto l’aspetto qualitativo (ossia di condurre una vita dignitosa sotto l’aspetto spirituale, fisico, culturale, sociale, ricreativo). I principali obiettivi Per perseguire l’obiettivo generale (ossia il benessere dei cittadini), la politica economica deve innanzitutto perseguire obiettivi specifici: lo sviluppo economico equilibrato, ossia far crescere il sistema anche durante i periodi di crisi; l’equa distribuzione della ricchezza, ossia ridurre le disparità tra i cittadini nella ripartizione della ricchezza; la stabilità della moneta, ossia mantenere inalterato il potere di acquisto della moneta combattendo l’inflazione; la piena occupazione, ossia ridurre il più possibile la disoccupazione; l’equilibrio dei conti con l’estero, ossia incrementare le esportazioni che consentono l’ingresso di valuta; il risanamento del debito pubblico, ossia ridurre fino all’eliminazione del debito pubblico dello Stato; la correzione degli squilibri interni, ossia superare le differenze di sviluppo tra le diverse aree del Paese. 5 Gli strumenti di politica economica In base agli obiettivi da raggiungere, abbiamo quattro principali strumenti di politica economica sono: la politica industriale: l’insieme dei provvedimenti dello Stato al fine di migliorare le condizioni del sistema industriale. Esempi: contributi per l’acquisto dei determinati prodotti (c.d. bonus mobili); contributi per la rottamazione di vecchie autovetture al fine di acquistare veicoli nuovi; detrazione di imposta delle spese per la ristrutturazione edilizia; la politica fiscale: l’intervento dello Stato sulle entrate pubbliche e sulle spese pubbliche. Esempi: aumentando le aliquote delle imposte per chi ha redditi più alti e riducendole per chi ha redditi più bassi. La politica fiscale è espansiva quando si riducono le imposte e si aumenta la spesa pubblica, poiché aumenta il reddito disponibile e conseguentemente aumenta il consumo di beni e servizi e della produzione, ma anche dell’inflazione. La politica fiscale è restrittiva quando si aumentano le imposte e si riduce la spesa pubblica, poiché si riduce il reddito disponibile e conseguentemente si riduce la domanda di beni e servizi; la politica monetaria: l’insieme degli interventi diretti a controllare la moneta in circolazione e il ricorso al credito; questi interventi ora sono presi dalla Banca Centrale Europa (BCE); la politica dei redditi: gli interventi presi dal Governo e concordati con le parti sociali (sindacati dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavori), aventi come obiettivo la stabilità monetaria e il contrasto all’inflazione. Una delle cause dell’inflazione è l’aumento indiscriminato e generalizzato dei salari, che costringe gli imprenditori ad aumentare i prezzi dei beni (e quindi a generare inflazione) per mantenere immutati i margini di profitto. 6 La politica dei redditi richiede che l’aumento salariale sia, anziché generalizzato, collegato alla produttività del lavoro, ossia alla capacità di produrre dei lavoratori. 1.5 LO STATO SOCIALE Detto anche Stato del benessere o Welfare State, è un sistema in cui lo Stato ha tra i suoi fini quello di garantire a tutti i cittadini un livello minimo di reddito e di benessere, al fine di soddisfare i bisogni essenziali (alimentazione, salute, abitazione, istruzione, sicurezza sociale, ecc.) che ai cittadini più poveri non possono essere assicurati da un mercato di concorrenza. Quindi, ad esempio, lo Stato deve cercare di dare un lavoro a chi non lo ha, deve erogare prestazioni sanitarie gratuite a chi non può pagarle, deve fornire libri scolastici alle famiglie più bisognose. L’Italia è considerato uno Stato sociale e la Costituzione impone allo Stato di intervenire per le finalità sociali, stabilendo che i cittadini non sono soltanto titolari di diritti, ma hanno anche dei doveri verso gli altri. In particolare, si richiama l’articolo 2 della Costituzione che afferma il dovere di solidarietà in base al quale ciascuno deve impegnarsi per venire incontro alle esigenze e ai disagi di chi si trova in condizioni svantaggiate e ha bisogno di aiuto. Esempio: il diritto alla salute deve essere garantito a tutti e quindi anche a coloro che non possono pagare le spese sanitarie e le prestazioni sanitarie devono essere gratuite (esenti) per i meno abbienti. 1.6 LA CONTABILITA’ NAZIONALE La contabilità nazionale è l’insieme dei conti mediante i quali si descrive quantitativamente la situazione del sistema economico in un determinato periodo di tempo, solitamente un anno. 7 Raccoglie i dati relativi a un insieme di operatori (famiglie, imprese e istituzioni) che interagiscono per lo svolgimento di alcune funzioni fondamentali (es. produzione, consumi, risparmio). Il sistema di contabilità nazionale fa capo all’ISTAT (Istituto nazionale di statistica). I dati aggregati più importanti sono il Prodotto Nazionale Lordo, il Prodotto Interno Lordo e il Reddito Nazionale. I suddetti aggregati sono uno strumento fondamentale per misurare la situazione economica di un Paese e confrontarla con quella degli altri Paesi. I dati della contabilità nazionale vengono, inoltre, utilizzati dagli organi dell’Unione europea per vari scopi: per valutare il rispetto dei parametri stabiliti nel trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992 (che ha istituito l’Unione europea) da parte delle economie nazionali (il rapporto deficit annuale / PIL non deve superare il 3%; il rapporto debito pubblico / PIL non deve superare il 60%); per calcolare il contributo di ciascun Paese membro al bilancio dell’Unione europea; per stabilire la politica economica e monetaria dell’Unione europea; per erogare aiuti finanziari alle Regioni. A partire da settembre 2014 è in vigore il nuovo sistema europeo dei conti nazionali e regionali, chiamato Sec 2010. Il sistema rende uniforme i criteri contabili di tutti i Paesi dell’Ue, al fine di avere un sistema contabile armonizzato a livello mondiale. Gli operatori economici residenti e il Resto del mondo La contabilità nazionale prende in considerazione soltanto le operazioni compiute da operatori appartenenti al sistema economico dell’Italia, chiamati residenti. 8 Per operatore economico si intendono le persone fisiche, le imprese, le filiali e succursali di imprese straniere in Italia, le associazioni, gli enti pubblici. Sono operatori residenti gli operatori che hanno nel territorio economico dell’Italia il centro dei loro interessi. Il territorio economico italiano coincide con quello politico- amministrativo, esclusi gli spazi concessi ad altri Paesi (sedi di ambasciate, consolati, basi militari). Vi rientrano, invece, gli spazi aerei e le acque territoriali, le sedi diplomatiche italiane all’estero, i giacimenti petroliferi in acque internazionali e sfruttati da residenti in Italia. Il territorio è considerato centro di interesse quando l’operatore vi compie operazioni economiche e finanziarie per un certo periodo di tempo non inferiore ad un anno. Le imprese italiane che operano in Italia sono considerate residenti, mentre non lo sono le eventuali loro filiali e succursali all’estero. Rientrano, al contrario, tra i residenti le filiali e le succursali di imprese straniere in Italia. Nel Resto del mondo vengono ricompresi tutti gli operatori non residenti che effettuano operazioni con operatori residenti. Le informazioni della contabilità nazionale La contabilità nazionale registra due principali categorie di informazioni: i flussi, che si riferiscono ad azioni ed operazioni che si verificano in un determinato periodo di tempo; le consistenze (o stock), che rappresentano l’esatta entità di un valore in un preciso momento. Esempi: è un flusso la produzione di trattori da gennaio a dicembre 2022, mentre è uno stock la quantità di trattori esistenti al 31 dicembre 2022. 9