Istologia ed Embriologia Umana - Lezione 1 PDF
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Summary
This document is a lecture notes about human histology and embryology. It discusses the structure and function of cells and tissues, and the main biological macromolecules involved in life processes, such as proteins, polysaccharides, lipids, and nucleic acids. Introduces main characteristics of eukaryotic cells.
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Istologia ed Embriologia Umana - lezione1 Sbobinatore: Elena Abenante 13/10/2022 - prima ora Revisore: Elena Agostini INTRODUZIONE ALLA ISTOLOGIA Atomi, molecole, cellule, tessuti, organo, a...
Istologia ed Embriologia Umana - lezione1 Sbobinatore: Elena Abenante 13/10/2022 - prima ora Revisore: Elena Agostini INTRODUZIONE ALLA ISTOLOGIA Atomi, molecole, cellule, tessuti, organo, apparato, organismo. Questo elenco ci mostra in ordine l’aumento della complessità delle varie strutture, partendo dalle più semplici alle più complesse. L’istologia, disciplina nata con l’avvento del microscopio, studia i tessuti dal punto di vista morfologico, analizzando la struttura, la forma e la funzione del tessuto. Un tessuto è formato da cellule e dall’ambiente in cui la cellula si trova immersa, la matrice extracellulare. Le cellule sono raggruppabili in popolazioni diverse per forma, dimensione, origine embrionale e funzione, che cooperano per il funzionamento del tessuto stesso. La matrice extracellulare (ECM), prodotta dalle cellule stesse, è l’ambiente in cui vivono le cellule ed è composta da vari materiali le macromolecole e l’acqua, Tuttavia, successivamente noteremo che, in alcuni tessuti, la ECM non è presente. La composizione della matrice cellulare varia in ogni tessuto, a seconda della funzione svolta. Le cellule dei tessuti sono cellule eucariotiche. Le caratteristiche principali di quest’ultime sono: Presenza di una membrana plasmatica o plasmalemma che contiene il citoplasma, in cui sono immersi gli organelli (ribosomi, mitocondri, apparato di Golgi, etc.); Presenza di nucleo ben definito e strutturato che contiene i cromosomi (46 nella specie umana), ma può differire per forma e struttura da cellula a cellula (è possibile trovarlo a spirale, più schiacciati e così via). Il nucleo è dotato di nucleolo e di una doppia membrana che lo avvolge, chiamata involucro nucleare o cisterna perinucleare. Ovviamente, ci sono delle eccezioni nelle strutture generali della cellula, come ad esempio gli eritrociti che non hanno nucleo, oppure gli epatociti che possono averne due, o ad esempio le fibre muscolari ne hanno centinaia. La materia vivente è costituita da atomi organizzati in molecole, anche di complessità maggiore per cui parliamo di macromolecole. Una macromolecola è costituita da atomi legati fra loro per dare origine ad una molecola di dimensioni maggiori. In particolare, i monomeri si ripetono e formano una catena, cioè un polimero. Le macromolecole biologiche più importanti sono: le proteine, i polisaccaridi o saccaridi, gli acidi nucleici e i lipidi. Queste macromolecole sono alla base della vita, insieme all’acqua. Istologia - prima lezione Sbobinatore: Elena Agostini 13/10/2022 Revisore: Elena Abenante LE MACROMOLECOLE BIOLOGICHE Il termine generale di acidi nucleici comprende il DNA e l’RNA, che sono molecole che portano in se un’informazione, che consiste nella sequenza dei nucleotidi , che sono formati da una base azotata , legata allo zucchero che è il ribosio , con gruppi fosfato o fosforici che uniscono tra loro i nucleotidi. Dunque, l’informazione è data dalla sequenza delle basi azotate , che sono 4 (adenina , timina, citosina, guanina), che costituiscono le 4 lettere dell’alfabeto , che consiste di parole di 3 lettere , che sono i codoni , ognuno dei quali corrisponde all’amminoacido che verrà poi assemblato sotto forma di catena polipeptidica nel citoplasma. Gli acidi nucleici , quindi , portano l’informazione come la portano anche le proteine. Il DNA sta nei cromosomi , ciascuno dei quali è un filamento lunghissimo di DNA complessato con proteine istoniche , che forma quell’oggetto che è visibile anche al microscopio elettronico e che si chiama cromatina , che è questo filamento che si presenta come una sorta di gomitolo srotolato , ma che può esistere anche nella forma arrotolata. Quando la cromatina si trova nella forma arrotolata è visibile anche al microscopio ottico. Il DNA sta nei cromosomi , che stanno nel nucleo e l’informazione che portano i cromosomi deve essere in qualche modo tradotta in catena polipeptidica , cioè una sequenza corrispondente , ma di amminoacidi. Deve , dunque , avvenire una traduzione da un linguaggio , che è quello dell’acido nucleico, del DNA, al linguaggio delle proteine , che è invece fatto da lettere che non sono basi azotate , ma sono amminoacidi. Gli amminoacidi sono 20 , che devono essere costruiti sul progetto che è contenuto nel DNA. Le proteine vengono sintetizzate nel citoplasma e dunque l’informazione che si trova nel nucleo deve essere letta e tradotta in un altro posto , che è appunto il citoplasma : questo è possibile tramite un messaggero , che trascrive il messaggio contenuto nel DNA e lo porta poi nell’apparato biosintetico , proteico , cioè nei ribosomi , che si trovano nel citoplasma, dove questo messaggio verrà poi tradotto nel linguaggio delle proteine. Le proteine sono molecole “tuttofare”. Sono catene di amminoacidi che vengono assemblati grazie alle istruzioni contenute nel DNA e trascritte nella molecola di RNA messaggero. La fabbrica delle proteine è il ribosoma , che si può trovare sia come ribosoma libero nel citoplasma sia come ribosoma legato alla membrana delle cisterne del reticolo endoplasmatico rugoso. Le proteine sintetizzate sui ribosomi liberi non sono le stesse di quelle sintetizzate sui ribosomi legati al RER: le proteine sintetizzate sui ribosomi liberi sono destinate a restare nella cellula , mentre le proteine sintetizzate sul RER hanno 3 strade di uscita diverse : - restare all’interno della cellula, ma confinate all’interno dei lisosomi, che sono dei “sacchetti” che contengono enzimi digestivi e che vengono separati dal citoplasma attraverso la membrana che li contiene - entrare a far parte delle membrane plasmatiche della cellula - essere secrete, esocitate, cioè espulse dalla cellula. Con il termine secrezione si intende la produzione di sostanze, che in questo caso sono le proteine, che vengono riversate all’esterno perchè hanno un ruolo importante fuori dalla cellula, come ad esempio nello stesso tessuto, oppure a distanze molto lunghe se queste proteine sono per esempio ormoni, che vengono immesse nel circolo sanguigno. Le proteine sono molecole “tuttofare” perchè esistono proteine di tipo strutturale e proteine di tipo enzimatico. Le proteine di tipo strutturale sono proteine che entrano a far parte dell’architettura, della struttura interna della cellula, come ad esempio il citoscheletro, che ha il compito di mantenere la forma della cellula, di sostenerla e di presiedere ad alcune funzioni all’interno della cellula, oppure proteine destinate a essere secrete, come le proteine che entrano nella matrice extracellulare e ne formano l’impalcatura, come ad esempio il collagene. Le proteine enzimatiche, invece, sono proteine che catalizzano, cioè accelerano le reazioni biochimiche che spontaneamente richiederebbero invece tempi lunghissimi. Esistono poi altre tipologie di proteine, che non fanno parte ne della categoria delle proteine strutturali ne della categoria delle proteine enzimatiche, come ad esempio i recettori proteici sulla membrana di una cellula, che sono delle proteine che, quando arriva una molecola specifica che le riconosce, chiamata ligando, si attaccano ad essa determinando un effetto all’interno della cellula stessa. I lipidi sono presenti , ad esempio , nelle membrane plasmatiche. Modello a mosaico fluido vuol dire che la membrana è pensata come un doppio strato di fosfolipidi in cui galleggiano le proteine. E’ una struttura fluida e non rigida e per questo le proteine si muovono, galleggiano, traslando per tutta la superficie, ma non possono ne entrare ed uscire ne ruotare, perchè c’è un impedimento dovuto dal fatto che i fosfolipidi sono molecole che hanno una doppia natura, ovvero la testa idrofilica, rivolta verso gli ambienti acquosi della cellula e due code di acidi grassi, che invece sono idrofobici e che si mettono verso il centro della cellula che, dunque, è idrofobico. Le proteine galleggiano in questo doppio strato fosfolipidico e sono in grado di traslare. I polisaccaridi sono polimeri di monosaccaridi, di cui ci interessa particolarmente il glucosio. Il polimero del glucosio negli animali è il glicogeno, che è una forma di accumulo del glucosio. Il glucosio rappresenta la “benzina “ delle cellule, che viene utilizzato ad esempio per la glicolisi aerobica o anaerobica, quindi per la produzione di ATP, che è la moneta energetica che usano le cellule e i tessuti. Il glucosio è, dunque, la principale fonte di energia delle cellule e per questo c’è bisogno di accumularlo , di fare una riserva di energia, rappresentata proprio da un polisaccaride che si chiama glicogeno, il cui equivalente nei vegetali è l’amido. Oltre al glicogeno ci sono altri importanti polisaccaridi, che sono i proteoglicani, che rappresentano una via di mezzo tra una proteina e un polisaccaride. I proteoglicani sono delle macromolecole molto grandi che hanno un asse centrale proteico e delle catene laterali attaccate a questo asse che sono dei polisaccaridi, degli zuccheri, che si chiamano GAG o glucosamminoglicani, che contengono anche atomi di azoto e gruppi di acidi carbossilici e solforici che li rendono importanti ad esempio per i connettivi. Altre macromolecole sono le glicoproteine, che sono anch’esse in parte proteine e in parte zuccheri, ma a differenza dei proteoglicani, l’asse proteico predomina sulle catene laterali, che non sono di polisaccaridi, ma di olisaccaridi , ovvero catene zuccherine più corte. Dunque , mentre il proteoglicano è più zucchero che proteina, le glicoproteine sono più proteina e meno zuccheri. QUALI SONO GLI STRUMENTI A DISPOSIZIONE DELL’ISTOLOGIA PER LO STUDIO DELLA CELLULA E DEI TESSUTI ? Le cellule sono invisibili ad occhio nudo e l’unica cellula teoricamente visibile ad occhio nudo è la cellula uovo. Questo perché l’occhio umano ha un potere risolutivo di 100 micron, ovvero un decimo di millimetro e, dunque, gli oggetti più piccoli non è in grado di distinguerli. La cellula uovo umana, infatti, sta proprio intorno a questo valore, tra i 100 e i 120 micron e per questo è teoricamente visibile, ma, trovandosi ben nascosto, non è comunque possibile vederla ad occhio nudo. Tutte le altre cellule sono invece più piccole e dunque per osservarle c’è stato bisogno di inventare uno strumento opportuno che si chiama microscopio. Questo anche perché le cellule hanno delle dimensioni che variano di pochi micron, come ad esempio il globulo rosso che è di 7-8 micron di diametro, mentre ci sono cellule che possono arrivare a qualche decina di micron o addirittura ci sono cellule che presentano dei prolungamenti lunghissimi, tipo il neurone che può avere un assone lungo anche 1 metro, anche se è cosi sottile da non vederlo. Il microscopio ottico riesce a vedere oggetti fino a 0,25 micron di diametro o di spessore, ovvero 250 nanometri: in microscopia ottica siamo nell’ordine dei micron, che corrisponde alla milionesima parte del metro, mentre in microscopia elettronica siamo nell’ordine dei nanometri e, infatti, al microscopio elettronico si possono vedere oggetti fino a pochi nanometri. Il microscopio “luce” o ottico è uno strumento che permette di osservare dei preparati che vengono opportunamente allestiti facendo dei prelievi di un frammento di organo che deve essere prelevato il prima possibile, deve essere ucciso, cioè deve essere congelato chimicamente per evitare fenomeni di autodistruzione , di lisi, che portano alla putrefazione di questi tessuti. Questo è possibile attraverso un congelamento sia chimico sia fisico, cioè o si congela direttamente il pezzettino all’interno dell’azoto liquido in modo da bloccare tutti i processi enzimatici o si congela chimicamente mettendo il frammentino in una soluzione di agenti chimici particolari come la formaldeide che forma un reticolo di legami che intrappolano gli enzimi digestivi, che non riescono a lavorare e, dunque il campione rimane congelato. Il processo di cui si sta parlando è quello della fissazione, che può essere chimica o fisica e rappresenta il primo stadio che poi porta all’allestimento del preparato istologico: il frammentino deve essere indurito in modo che si possa sezionare, facendo delle fette di pochi micron, che devono essere poi depositate su un vetrino portaoggetti. A questo punto la sezione deve essere colorata, perché se non la si colora non si vede nulla, ma solo delle ombre perché l’indice di rifrazione dei tessuti, che sono ricchi di acqua, è simile proprio a quello dell’acqua. Ci sono, infatti, proprio delle tecniche di istochimica o di immunoistochimica, che utilizzano anticorpi opportunamente fabbricati, che permettono di identificare addirittura una precisa proteina all’interno della sezione: questo è importante ad esempio a livello diagnostico, nell’ambito di una biopsia, se si deve identificare un market tumorale attraverso un anticorpo che è diretto contro quel marcatore tumorale. Se, dunque, in quella sezione ci sono cellule con quel market tumorale si vedranno dei puntini, delle macchioline. Il microscopio ottico ha un potere risolutivo molto elevato e, dunque, può far vedere immagini di questo tipo : Nell’immagine accanto sono presenti cellule affiancate con elementi tondeggianti, schiacciati e più rossi, che sono i nuclei, e in basso ci sono altri nuclei disposti in maniera diversa: dunque, si capisce che si ha un tessuto in alto che è diverso dal tessuto che sarà in basso. Se, invece, si volesse vedere cosa c’è in altre zone c’è bisogno di uno strumento diverso che permette di arrivare a poteri risolutivi diversi. Questo strumento è il microscopio elettronico, o a scansione (SEM) o a trasmissione (TEM). Il microscopio elettronico non utilizza la luce, ovvero un fascio di fotoni, come il microscopio ottico, ma un fascio di elettroni che vengono opportunamente generati da una sorgente chiamata catodo che è diretta verso l’anodo: si viene a generare, dunque, un campo elettromagnetico e le lenti, dunque, non sono lenti di vetro, ma sono lenti elettromagnetiche che concentrano quel fascio all’interno di quel tubo verso il preparato. Una volta che è stato attraversato questo preparato dal fascio di elettroni, quello che riesce a passare viene letto da uno schermo fluorescente che da delle immagini in bianco e nero. L’importanza del microscopio elettronico è proprio quella di permettere di arrivare a livelli di dettaglio a cui il microscopio ottico non può arrivare, anche se presenta però anch’esso dei difetti come, ad esempio, di ingombro o di costo di acquisto. Il perpetrato che deve essere osservato inoltre va allestito in maniera diversa: innanzitutto gli elettroni sono meno penetranti dei fotoni e , dunque, la sezione non deve essere di pochi micron, ma deve sere di pochi nanometri e poi, essendo poco penetranti, gli elettroni devono viaggiare in un tubo dove l’aria non c’è, perché altrimenti anche l’aria farebbe da schermo. La differenza tra il microscopio elettronico a trasmisisone e quello a scansione è che il primo osserva delle sezioni come nell’ottico, mentre il secondo osserva la superficie delle cellule o del tessuto. Un caso esemplare per comprendere le differenze tra il microscopio ottico e il microscopio elettronico è quello della membrana cellulare. Doppio strato fosfolipidico in cui si riconoscono i fosfolipidi con la testa polare colorata in verde e le code idrofobiche che puntano al centro di questo doppio strato con proteine che sono colorate in maniera diversa. e passano la membrana da parte a parte oppure vi si adagiano sopra senza oltrepassarla da un versante o dall’altro. Altre, invece fanno da canale, facendo, dunque, passare in maniera controllata certi ioni o certe sostanze impendendo il passaggio di altre. Alcune inoltre sul versante citoplasmatico sono collegate a dei filamentini, che si vedono nell’immagine sopra, che sono filamenti di natura proteica e costituiscono una trama che fa parte del citoscheletro. Il modello a mosaico fluido è la struttura più accettata della membrana Come si vede la membrana al microscopio elettronico ? Se si osserva un preparato in microscopia elettronica a basso ingrandimento la membrana plasmatica si mostra come una linea scura di contorno E’ l’immagine di una cellula del tessuto muscolare in sezione trasversale, in cui si vedono quei puntini cosi organizzati e messi in maniera regolare, che sono filamenti spessi di miosina con intorno filamenti di actina. La linea scura cerchiata è appunto la membrana plasmatica. Dunque, al microscopio elettronico a scansione la membrana appare come una linea che è scura perché gli elettroni se colpiscono un oggetto solido che li ostacola rimandano un’immagine scura: il fatto che sia una linea scura sta proprio a significare che li c’è del materiale e questo materiale rappresentato proprio dalle proteine , che sembrano però disposte come in fila. Questo perchè, preparando la sezione , le proteine immerse nel doppio strato si sono denaturate , cioè si sono srotolate e quindi sono andate a costituire questa sorta di film continuo che in realtà, però, non c’è. Sulla base di queste immagini, infatti , all’inizio usci fuori una teoria che poi si dimostrò non vera di membrana plasmatica a modello a sandwich. Infatti, soprattutto guardandola a maggiore ingrandimento, questa linea scura appariva come una struttura a tre strati: due linee scure, una interna e una esterna, e uno spazio centrale. Membrana plasmatica di un globulo rosso ad alto ingrandimento: a sinistra troviamo l’interno del globulo rosso, che si presenta come un sacchetto che contiene emoglobina, mentre all’esterno è chiaro perchè non c’è nulla. Vedendo questa immagine ad alta risoluzione, si tirò fuori la teoria del modella della membrana tristratificata, dove le due linee scure interna e esterna rappresentavano le proteine e lo strato in mezzo i lipidi. In realtà questo modello si è dimostrato non vero perchè non sono due strati proteici e in mezzo uno strato lipidico, ma il modello che poi è stato studiato usando anche altre tecniche oltre la microscopia elettronica è quello di mosaico fluido, dove le proteine sono immerse nel doppio strato. Lo spessore della membrana plasmatica al microscopio elettronico è di 7,5 nanometri e appare a tre strati. In questa immagine a piccolo ingrandimento ci sono due linee scure e uno spazio chiaro in mezzo, che da l’idea di un solo binario, ovvero della struttura a tre strati finora descritta. Ma, essendo a piccolo ingrandimento, non può essere un solo binario: si tratta, infatti, di due membrane molto vicine tra loro e lo spazio chiaro è l’ambiente esterno, lo spazio extracellulare. Si tratta infatti di due cellule muscolari affrontate una vicina all’altra. Immagine di due cellule nervose una vicina all’altra viste ad alto ingrandimento La membrana plasmatica è quella che avvolge l’intera cellula, ma di membrane ce ne sono anche all’interno e queste membrane hanno sempre la stessa struttura a mosaico fluido. Le membrane all’interno del citoplasma si organizzano a formare dei compartimenti chiusi, che hanno la forma di sferette che si chiamano vescicole o granuli, dove possono avvenire dei fenomeni, delle reazioni e possono essere immagazzinate molecole che non vengono a contatto con il citoplasma. Esistono inoltre membrane che delimitano sempre spazi chiusi , ma che presentano una forma allungata e hanno l’aspetto di un tubulo , come ad esempio tubuli di reticolo endoplasmatico liscio. Oppure se la membrana è piuttosto estesa, dilatata, però schiacciata, che delimiterà uno spazio sottile all’interno si chiamerà cisterna. Dunque le tre forme con cui compaiono le membrane all’interno del citoplasma sono: - vescicola - tubulo - cisterna Queste aree circoscritte da membrana costituiscono dei compartimenti all’interno dei quali possono avvenire reazioni biochimiche separate dal resto del citoplasma. Questo è un grande vantaggio che hanno le cellule eucariote rispetto a quelle procariote, che non hanno invece membrane interne. Dunque, il batterio è una sorta di “monolocale” in cui avviene tutto all’interno di un unica stanza , mentre la cellula eucariota, avendo questi compartimenti distinti tra loro, può a far avvenire certe reazioni in luoghi e momenti separati tra loro. Istologia – seconda lezione Sbobinatore: Lucia Alberti 14/10/2022 – prima ora Revisore: Asia Arab Le varie popolazioni cellulari di un tessuto possono differire tra loro per forma, dimensione e funzione, collaborando insieme per svolgere la “super-funzione” più generale di quel determinato tessuto. Non ci sono tessuti caratterizzati da una sola popolazione cellulare. I tessuti sono raggruppati in quattro grandi categorie: Tessuti epiteliali Tessuti connettivi Tessuti muscolari Tessuto nervoso La prima cosa che notiamo è che sono tutti al plurale tranne uno: il tessuto nervoso. Già solo in questa classificazione riscontriamo una specificazione: i vari tessuti presentano tutti delle sottocategorie, tranne quello nervoso. TESSUTO EPITELIALE In questa categoria troviamo i tessuti di confine del nostro corpo, ossia i tessuti che stanno al confine tra l’intero organismo e l’ambiente esterno, come per esempio l’epidermide. Gli epiteli possono essere a loro volta suddivisi in tre sottogruppi: Epiteli di rivestimento: tessuti che rivestono o la superficie del corpo o cavità del corpo che comunicano o non comunicano con l’esterno; Epiteli ghiandolari: costituiscono la parte produttiva funzionale di organi importanti noti come ghiandole esocrine o endocrine; Epiteli sensoriali: tessuti specializzati nella ricezione di stimoli tattili (non fanno parte del tessuto nervoso) Tutti questi hanno in comune degli aspetti strutturali che si ripetono per tutti i tessuti epiteliali. EPITELI DI RIESTIMENTO Sono tessuti di confine tra il corpo e l’ambiente esterno che devono rispondere ad esigenze biologiche fondamentali. Essendo in contatto con l’ambiente esterno sono soggette a forze di sollecitazione potenzialmente dannose che possono essere sia di origine biologica (batteri, virus, eccetera…) che fisica (radiazione termica, temperatura, urti, abrasioni, eccetera…). Come fa il tessuto epiteliale di rivestimento a rispondere a questa necessità? Grazie alle sue componenti, ossia al contributo delle cellule e dell’ECM. In particolare, per rispondere a queste esigenze il tessuto forma una lamina uniformemente resistente alle sollecitazioni. Ci saranno poi delle zone in cui la lamina è più robusta perché più sollecitata (le mani o la pianta del piede) e altre aree in cui la lamina è meno sollecitata e perciò più sottile (cavo ascellare), garantendo comunque la protezione. Come fa a formarsi questa lamina uniforme? Rinunciando all’ECM, che risulta molto ridotta ed è visibile solo al microscopio elettronico. Questo perché l’ECM è la componente più “debole”. Esempio mattonelle: nel caso del pavimento la mattonella è la superficie che viene calpestata, soggetta ad usura e sollecitazioni potenzialmente dannose, mentre lo strato di calce che separa una mattonella dall’altra è molto sottile perché se fosse troppo grande sarebbe la parte più debole e si rovinerebbe in fretta (mattonella=cellula; calce=ECM) Gli epiteli di rivestimento presentano nella parte sottostante una sottilissima lamina, chiamata lamina basale, che rappresenta una sorta di ECM prodotta dalle stesse cellule epiteliali. La lamina basale è a sua volta agganciata al connettivo sottostante, creando così una struttura strettamente coesa tra epitelio, lamina e connettivo, questo permette di avere un rivestimento consistente che si oppone ad eventuali sollecitazioni negative provenienti dall’esterno. Le cellule epiteliali sono coese al massimo grazie a proteine di membrana che si sono specializzate nella adesione, per cui le membrane di cellule vicine non sono semplicemente appoggiate una a fianco all’altra, ma aderiscono tra loro grazie a queste proteine organizzate a formare delle linee o punti di saldatura ben precise che prendono il nome di giunzioni intercellulari. Gli epiteli di rivestimento sono costituiti da cellule in continuo rinnovamento: le cellule epiteliali vengono perdute, sia a livello dell’epidermide che all’interno delle cavità del corpo, cellule che muoiono e si staccano, che per questo vanno sempre rinnovate da altre che si dividono e poi si differenziano: le cellule staminali. Per fare ciò, le cellule necessitano nutrimento che viene fornito loro dai vasi sanguigni. Nell’epitelio la scarsa presenza di ECM e il conseguente spazio ristretto tra le cellule (10-15 nm), impedisce la presenza dei tali vasi. L’epitelio è uno dei due tessuti che mancano di vascolarizzazione (l’altro è la cartilagine). Il nutrimento necessario è quindi fornito dal tessuto connettivo sottostante. Il connettivo è un tessuto molto vascolarizzato, non avendo bisogno di costituire una lamina resistente, e presenta un ECM molto abbondante, il che gli permette di ospitare molti vasi sanguigni che diffondono il materiale utile non solo connettivo stesso, ma anche all’epitelio sovrastante, passando attraverso la lamina basale. L’immagine a destra riassume quello appena detto. In altro vediamo una fila di cellule epiteliali disposte in una fila unica (in questo esempio) in cui le cellule sono tutte dotate di un nucleo e hanno tutte una superfice che guarda verso l’esterno (Superficie apicale), una superficie che tocca la lamina basale (superficie basale) e una zona di contatto con le cellule adiacenti (superficie laterale). Tra cellule e cellule troveremo anche delle strutture di giunzione, punti o linee di saldatura anche tra cellula e lamina (giunzioni non presenti nel disegno). In basso c’è un tessuto diverso con cellule con forme nettamente differenti da quelle sopra: sono più schiacciate e affusolate, una forma che tende a sfinarsi, stessa cosa per il nucleo che risulta schiacciato (non sferico come quelle epiteliali) immerse in una matrice extracellulare ricca di proteine e proteoglicani. Infine, la parte in basso non è altro che un vaso sanguigno con all’interno globuli rossi molto numerosi privi di nucleo, da notare è che la parete del vaso è a sua volta delimitata da cellule, in questo caso piuttosto appiattite, si tratta di cellule epiteliali, in quanto anche la parete interna dei vasi è delimitata da un tessuto epiteliale. Le frecce rappresentano la direzione delle sostanze utili che dal sangue passano ai tessuti perché questi se ne nutrano. Un’ipotetica molecola di ossigeno esce dal vaso sanguigno attraversando la parete del vaso, entra nella matrice extracellulare del connettivo e viene catturata da una cellula del connettivo, oppure diffonde verso la lamina basale oltrepassandola, oltrepassa la membrana di una cellula epiteliale e si dirige verso il mitocondrio. Viceversa, le altre fecce rappresentano la direzione delle sostanze di rifiuto che vengono dirette al sangue, per poi essere traportate nei vari organi deputati allo smaltimento di tali sostanze. C’è quindi una stretta collaborazione tra epitelio e connettivo, mentre il primo fornisce protezione rinunciando ai vasi, l’altro fornisce nutrimento. Al microscopio elettronico la lamina risulta formata da due aree: una lamina rara o lucida e l’altra lamina densa o scura. In realtà la lamina più chiara sembrerebbe un artefatto che si genera a causa della metodica per ottenere queste immagini, non è veramente così la disposizione delle componenti della lamina basale. Le funzioni degli epiteli di rivestimento sono: Protezione: fare da barriera attiva che impedisce l’accesso o la fuoriuscita di determinante sostanze o patogeni Scambio: un passaggio selettivo di materia, come nell’epitelio dell’intestino che presiede all’assorbimento di sostanze nutritive, oppure a livello degli alveoli polmonari che permettono l’ingresso di ossigeno dall’alveolo al sangue Escrezione: produzione, elaborazione ed eliminazione di sostanze di rifiuto (soprattutto a livello renale) Far scorrere delle superfici che vengono a contatto tra loro Trasporto mediante ciglia EPITELI GHIANDOLARI Deputati alla secrezione, ovvero alla elaborazione ed espulsione all’esterno di prodotti utili al corpo (sudore, saliva, ormoni, latte) EPITELI SENSORIALI Specializzati nel ricevere e segnalare stimoli dolorifici, tattili, pressori… soprattutto a livello delle superfici esterne (polpastrelli) DERIVAZIONE EMBRIONALE Nell’embrione ad un certo punto si formano tre tessuti embrionali che sono una sorta di tessuti primitivi destinati ad evolvere ulteriormente nei vari tessuti che troveremo nell’adulto. All’inizio non parliamo di tessuti, bensì di foglietti, che sono: Ectoderma Mesoderma Endoderma Gli epiteli deriveranno da tutti e tre i foglietti a seconda della tipologia di epitelio. Quando parliamo di protezione tra ambiente esterno e ambiente interno, per ambiente esterno intendiamo non sono l’ambiente fuori, ma anche quello nelle cavita del corpo che comunicano con l’esterno come l’apparato digerente, l’apparato respiratorio e l’urogenitale. La funzione fondamentale in questo caso non è quella di protezione, bensì quella di assorbimento e scambio. Ci sono poi cavità del corpo ce non comunicano con l’esterno, che sono comunque tappezzate da un epitelio (esclusa quella articolare): 2 cavità pleurica, la cavità pericardica e la cavità peritoneale. Istologia - 2°lezione Sbobinatore: Asia Arab 14/10/2022 - seconda ora Revisore: Lucia Alberti Le cavità che non comunicano con l’esterno, dette cavità sierose, sono le due cavità pleuriche, la cavità pericardica e la cavità peritoneale. Gli organi come il cuore, i polmoni e l’intestino sono accolti all’interno del corpo in queste cavità: -il cuore è accolto all’interno della cassa toracica in una cavità pericardica e, tra l’esterno del cuore e la parete del corpo è presente un sottilissimo spazio (cavo) rivestito da un tessuto epiteliale liscio. Questo perché, il cuore è un muscolo che si muove continuamente (si contrae e si rilascia), comincia a battere dai primi giorni di vita embrionale fino all’ultimo istante di vita ,e quindi è un organo che, continuamente, potrebbe fare attrito contro la parete del corpo. Sappiamo che l’attrito genera calore, modifiche dei tessuti che con il tempo possono degradare, questo non succede perché la superficie esterna del cuore e la superficie interna della cavità pericardica sono avvolte da un foglietto di epitelio liscio che permette lo scivolamento del cuore, mentre funziona, contro la parete del corpo senza attriti e i due foglietti delimitano tra loro una cavità (una superficie cava chiusa) che non comunica con l’esterno, detta cavità pericardica; -i polmoni, essendo degli organi che si muovono e modificano il loro volume, non vanno a sbattere direttamente o strisciare contro la parete del corpo perché anche la loro superficie esterna è rivestita da un foglietto epiteliale e le cavità pleuriche, che accolgono ciascun polmone, sono anch’esse rivestite da un foglietto epiteliale. Il polmone, quindi, non va a lesionare nessun tessuto perché le superfici non sono a contatto ma scivolano l’una sull’altra grazie alla presenza di un epitelio di rivestimento , che riveste sia la superficie esterna di un polmone e sia la superficie del corpo che lo accoglie; - anche per il tubo digerente accade la stessa cosa, in particolare l’intestino, il quale è accolto nella cavità addominale, con i suoi movimenti intestinali, definiti peristaltici, che servono per far assorbire il materiale e poi espellerlo in feci, la sua superficie esterna andrebbe a contatto con la cavità addominale del corpo e anche lì ci potrebbero essere attriti invece sono evitati grazie alla presenza di un epitelio che riveste, all’esterno, il tubo digerente e la cavità addominale. Quando poi l’intestino si muove, avviene uno scivolamento delle superfici che non vanno a contatto tra loro determinando la comparsa di una sottilissima cavità, detta cavità peritoneale. Questi epiteli vengono chiamati mesoteli, perché sono epiteli di origine mesodermica (uno dei tre foglietti embrionali). L’ultima tipologia di cavità del corpo che non comunicano con l’esterno e che sono rivestite da un epitelio, sono le cavità dell’apparato cardiovascolare, ovvero, le quattro cavità del cuore e il lume* di tutti vasi sanguigni. L’epitelio, in questione, si chiama endotelio e deriva da un connettivo embrionale che si chiama mesenchima. Qual è lo scopo di questo epitelio? In alcuni casi, è lo scambio che però avviene al livello dei capillari: da lì esce l’ossigeno, il glucosio, gli ioni, i sali, gli amminoacidi ed entra la CO2 e materiali di rifiuto prodotti dai tessuti. Nella maggior parte degli altri vasi sanguigni, invece, la funzione dell’epitelio è quella di fare una barriera tra il sangue e il tessuto sottostante. Se non ci fosse questa barriera, il sangue si perderebbe ed andrebbe incontro a fenomeni di coagulazione. L’endotelio, quindi, serve a confinare il sangue all’interno del sistema dei tubi e delle quattro cavità del cuore, senza mai farlo venire a contatto con il tessuto sottostante. Un’altra funzione dell’endotelio nei vasi è quella di costituire una superficie interna liscia che permette al sangue di scorrere senza attrito. Se il sangue facesse attrito, questo comporterebbe un aumento di resistenza e un sovraccarico di lavoro al cuore. Ricapitolando: L’endotelio ,quindi, svolge due funzioni fondamentali: impedire al sangue di venire a contatto con gli altri tessuti e permettere un flusso di sangue, senza attrito, all’interno del sistema cardiovascolare (in caso dei capillari l’endotelio invece deve permettere gli scambi di materie). Queste funzioni si ottengono eliminando l’ ECM, riducendola alla lamina basale che è prodotta dalle cellule epiteliali, le quali devono essere a contatto tra loro , grazie alla presenza di strutture di giunzioni. Gli epiteli, li troviamo all’interno delle cavità del corpo che comunicano con l’esterno ma anche che non comunicano con l’esterno oppure a rivestire le superfici del corpo direttamente esposte all’ambiente esterno. Per esempio, se prendiamo in considerazione il tubo digerente, in particolare un tratto dell’intestino, vediamo che presenta sia una superficie interna che una esterna, entrambe rivestite da un epitelio, il quale però svolge funzioni diverse dalle due parti: l’epitelio che riveste la parte interna del tubo ha funzione assorbente, mentre l’epitelio che avvolge la superficie esterna, il mesotelio, ha lo scopo di far scorrere, senza attriti, la superficie esterna sulla superficie della cavità addominale dove l’intestino è ospitato. lume*=cavità interna di una figura cava. CLASSIFICAZIONE DEGLI EPITELI Esistono due criteri di classificazione: PRIMA CLASSIFICAZIONE In base al numero degli strati di cellule epiteliali: - un solo strato, detto epitelio semplice o monostratificato; Ha la funzione di scambio o assorbimento; - due o più strati, detto epitelio composto o pluristratificato Ha la funzione di protezione. L’epitelio pluristratificato ha uno spessore maggiore rispetto a quello monostratificato, questo ci fa capire che l’aspetto morfologico dipende dalle funzioni che vengono svolte. L’immagine rappresenta un epitelio monostratificato, formato da cellule tutte uguali fra loro che poggiano sulla lamina basale (parte in arancione) e hanno una propria superficie apicale, basale e laterale. Qui, invece, l’immagine rappresenta un epitelio pluristratificato, formato da cellule diverse fra loro per forma e dimensione. Queste cellule rappresentano momenti di vita diverse, perché esse tendono a maturare spostandosi verso l’alto e man mano che si spostano cambiano forma. A differenza dell’altra immagine, qui non tutte le cellule hanno superfici basali, ma ce l’hanno solamente le cellule nello strato più profondo, le quali però non hanno superfici apicali (ma toccano altre cellule). Le cellule che stanno in mezzo, invece, non hanno né superfici basali e né quelle apicali, ma solo quelle laterali. Infine le cellule che stanno in cima hanno una superficie apicale, una laterale e non una basale. Tutte queste cellule sono tra loro collegate tramite giunzioni cellulari. SECONDA CLASSIFICAZIONE In base alla forma delle cellule: - squamoso o pavimentoso (formato da cellule piatte); - cubico o isoprismatico (formato da cellule con le tre dimensioni simili) - cilindrico o batiprismatico (formato da cellule più alte) Le due classificazioni vanno insieme in base alla numero degli strati e alla forma, per esempio l’immagine in basso rappresenta un epitelio monostratificato pavimentoso. L’epitelio dell’immagine a sinistra rappresenta un’eccezione, si tratta di un epitelio pseudostratificato, formato da cellule che poggiano, tutte, sulla lamina basale. Alcune cellule sono alte e riescono ad arrivare fino alla superficie apicale, ed altre, invece, sono più basse, per cui non riescono ad avere una superficie apicale. Queste cellule, inoltre, presenteranno il nucleo a diverse altezze perché le cellule sono più alte o più basse. Anche l’epitelio pluristratificato presenta nuclei a diverse altezze, però la differenza è che le sue cellule sono su più strati. Per assegnare un nome agli epiteli bisogna guardare le cellule superficiali e non quelle in basso. Per esempio, in questo caso le cellule nello strato più profondo sono cuboidali, invece quelle nello strato più esterno sono cilindriche, e quindi si tratta di un epitelio pluristratificato cilindrico. Un altro tipo di epitelio è quello di transizione o polimorfo che è capace di modificare il suo spessore, cioè le cellule si possono disporre in modo tale da cambiare l’altezza dell’epitelio stesso. Lo troviamo nelle vie urinarie basse: nell’uretra, negli ureteri e soprattutto nella vescica che è un organo che si dilata e si restringe. ESEMPI DI EPITELI VISTI AL MISCROSCOPIO OTTICO L’immagine rappresenta una parte della sezione trasversale del tubo digerente: la superficie più esterna è a contatto con la cavità peritoneale ed è rivestita dal mesotelio. Sullo sfondo dell’immagine a maggior ingrandimento è rappresentato il mesotelio, formato da cellule epiteliali, le quali sono attaccate l’una con l’altra. Si possono distinguere due colori: il blu rappresenta i nuclei, mentre il rosa il citoplasma. Al di sotto dell’epitelio è presente un tessuto connettivo, fatto di elementi cellulari immersi in una matrice abbondante. Insieme all’epitelio forma la tonaca sierosa. Come vediamo l’epitelio è piatto, liscio, perché deve svolgere la funzione di scivolamento e di rivestimento(come una pellicola) della parte esterna del tubo digerente e di quella interna della cavità addominale che contiene il tubo digerente. L’epitelio, in questione, è un epitelio pavimentoso Nell’immagine a sinistra vediamo una cellula di un epitelio pavimento semplice al microscopio elettronico: il numero 2 indica il nucleo, il resto è citoplasma; con 5 è indicata una zona di contatto tra una cellula e un’altra, non sono fuse tra loro, sono come agganciate; vediamo inoltre qualche organello. Si tratta anche qui di un mesotelio, visto dall’alto e non di una sezione. Il mesotelio è una membrana molto sottile che si può distaccare e la posso vedere in trasparenza. È come se stessi osservando delle mattonelle dall’alto, senza romperle, ma non si vede il nucleo perché si trova all’interno. Inoltre vediamo delle linee frastagliate che rappresentano le membrane delle cellule, le quali vengono considerate come superfici estese che si agganciano una dentro l’altra e aumentando la superficie di contatto aumenta, anche, la possibilità di avere le giunzioni e di conseguenza aumenta l’adesione tra le cellule. Si tratta dell’epitelio pavimentoso monostrati cato che delimita gli alveoli polmonari*. Hanno una parete molto sottile fatta di cellette cave (come una spugna) dove entra aria perché l’ossigeno deve entrare nei vasi sanguigni che si trovano al di sotto degli alveoli polmonari. Le cavità sembrano chiuse, ma in realtà sono aperte perché devono comunicare con i bronchioli, con i bronchi, con la trachea e con l’ambiente esterno. Le celluline sono cellule piatte che delimitano gli alveoli polmonari e hanno il compito di facilitare gli scambi di gas. alveoli polmonari* = sono sacchetti posti al termine dell’albero respiratorio. Dall’immagine vediamo: in alto, è rappresentato la cavità dell’alveolo (l’aria), le cellule epiteliali (chiamate pneumociti di I e II tipo), le quali sono piatte con il nucleo che sporge, al di sotto di queste cellule sono presenti due lamine basali e infine l’endotelio, senza il connettivo. Non c’è il connettivo perché viene minimizzato il percorso che l’ossigeno deve fare per passare dall’aria al sangue e viceversa la CO2 deve passare dal sangue all’aria. L’epitelio riesce, comunque, a vivere anche se non ha il connettivo, perché vicino a sé ha un capillare. Questo avviene non per tutta la superficie di ogni alveolo polmonare, ma in certi punti è presente uno spazio occupato dal connettivo e poi sotto l’endotelio del vaso sanguigno. fi Istologia- terza lezione Sbobinatore: Giulia Balanc 18/10/2022- prima ora Revisore: Lorenzo Banzola ENDOTELIO L’endotelio è un epitelio pavimentoso monostratificato, il cui compito è quello di rivestire la parete dei vasi sanguigni e le quattro cavità cardiache. Le sue cellule, infatti, sono avvolte a formare una sorta di canale attraverso il quale passerà il sangue. Nell’immagine possiamo notare due interruzioni (quelle cerchiate), che sono le giunzioni aderenti. Queste cellule hanno due giunzioni anziché una per aumentare l’ adesione cellula-cellula. Le membrane delle due cellule dunque entrano a contatto per una lunghezza superiore comportando quindi una resistenza maggiore del vaso sanguigno. L’endotelio tappezza anche le grosse arterie, perché permette uno scorrimento senza attrito e impedisce al sangue di uscire dai vasi (perché le cellule sono strettamente a contatto). COESIONE TRA CELLULE EPITELIALI La coesione tra le cellule epiteliali viene mantenuta attraverso delle molecole e delle giunzioni. Le cellule epiteliali sono resistenti a tutte le forze che agiscono dall’esterno, come forze meccaniche ma anche potenziali invasioni da organismi patogeni. Focalizziamo l’attenzione sulle giunzioni e sulle molecole che permettono l’adesione cellulare. Molecole CAM(cellular adhesion molecules) Sono più di 50 proteine transmembrana (proteine immerse nel doppio strato fosfolipidico, ma le loro estremità guardano sia verso l’esterno che verso l’interno della cellula). Queste proteine interagendo tra loro permettono l’adesione membrana-membrana. Ce ne sono di diversi tipi: caderine (calcio dipendenti) Una parte di questa proteina lega lo ione calcio, mentre la coda si lega ad altre proteine (alfa, beta, gamma). Quindi, sul versante intracellulare queste proteine interagiscono indirettamente con l’actina. L’actina interagisce a sua volta con le proteine omologhe, creando un collegamento membrana-membrana; ma anche fra tutti i citoscheletri. Ne risulta che le proprietà di resistenza sono uniformi per tutta la sua superficie. Se una piccola superficie dell’epitelio riceve un colpo, l’energia meccanica può essere dissipata su tutte le cellule di quell’area e oltre. In questo modo quest’ insulto (entro certi limiti) viene distribuito in modo da minimizzare gli effetti selectine (calcio dipendenti) Le selectine sono simili alle caderine da un punto di vista generale, ovvero sono sempre proteine transmembrana e sono calcio- dipendenti. La differenza con le caderine è che invece di legare proteine simili legano carboidrati ( che possono essere ad esempio residui glucidici presenti nella membrana della cellula vicina). Questo è importante nei fenomeni di extravasazione (fuoriuscita di globuli bianchi dal circolo sanguigno quando c’è bisogno di un intervento in un'area infiammata). Quando c’è un fenomeno infiammatorio, i vasi sanguigni che si trovano in quella regione vengono avvisati da segnali che arrivano da una particolare tipologia di cellule, i macrofagi. Questi ultimi percepiscono il pericolo ed emettono dei segnali chimici, le citochine, che a loro volta avvisano le cellule dell’endotelio dell’arrivo dei globuli bianchi (l’esercito difensore). I globuli bianchi rimangono per la maggior parte del tempo nei vasi, e affinché escano nel punto giusto deve avvenire l’extravasazione. Nelle membrane delle cellule dell’endotelio iniziano ad apparire delle selectine, che legano dei residui di carboidrati (presenti in questo caso sulla superficie dei globuli bianchi). Accade che il globulo bianco inizia a rallentare (inizia il rolling) perché deve uscire. Dopo il rolling deve avvenire l’adesione tra globulo bianco e selectine. Per l’adesione intervengono altre proteine, per esempio le ICAM1 e ICAM2, che interagiscono con altre proteine che sporgono dalla superficie dei leucociti. In questo modo la cellula si blocca e si fa strada tra le cellule epiteliali con un movimento particolare (diapedesi). video sull’extravasazione: https://www.youtube.com/watch?v=B9Qi7we0Ynk ig-like CAM (calcio indipendenti) Sono una sorta di recettori proteici che vengono utilizzati da virus patogeni come l’HIV integrine Sono glicoproteine transmembrana che legano il citoscheletro verso l’interno, mentre sul versante esterno legano ad esempio la matrice extracellulare o le ICAM1 e 2 Queste molecole di giunzione si legano e funzionano in maniera coordinata per costituire a ree ben precise della membrana, qui formano delle strutture di giunzione altamente specializzate, che possono aumentare la adesione cellula-cellula Giunzioni intercellulari Cominciamo dall’alto. La giunzione costituita da una striscia rossa circonda la membrana laterale nella zona più vicina alla superficie apicale. Questa striscia rossa costituisce una cintura che viene chiamata zonula occludens. Più in basso, nella striscia gialla le molecole di adesione cellulare formano una sorta di banda di saldatura che prende il nome di zonula adherens. Ancora più in basso ci sono delle aree circolari, dove ci sono dei punti di saldatura chiamati desmosomi. Sotto ancora (aree verdi), troviamo le giunzioni comunicanti o giunzioni gap. A differenza delle prime tre le giunzioni gap non hanno la funzione di mantenere le cellule adese le une alle altre, ma permettono il passaggio di informazioni tra due cellule contigue. Infine, a livello della regione basale della cellula (dove questa tocca la lamina basale) ci sono delle giunzioni chiamate emidesmosomi, perché assomigliano ai desmosomi. Il risultato finale è che queste cellule sono ben agganciate, sia tra di loro, sia alla lamina basale (a sua volta agganciata col sottostante tessuto connettivo). In questo modo l’epitelio potrà svolgere le sue funzioni in modo efficiente. Questi sistemi di giunzioni essendo formati da CAM (hanno un’estremità che interagisce con le molecole omologhe e un’estremità interna che si aggancia al citoscheletro) i citoscheletri sono tra di loro in collegamento pur non essendo in continuità. CITOSCHELETRO È una sorta di impalcatura interna delle cellule, di cui determina la forma e il movimento degli organelli intracellulari. È costituito da filamenti di natura proteica, che prendono contatto con gli organelli e con la membrana plasmatica. Il citoscheletro è formato da tre diverse tipologie di elementi: microtubuli Sono i più spessi, hanno un diametro esterno di 25nm. Presentano una cavità interna e la parete è fatta di 2 monomeri di tubulina (alfa e beta). La tubulina è una proteina globulare (la catena si avvolge come un filo di un gomitolo), diversa dalla proteina fibrosa (che resta dritta) filamenti intermedi Hanno uno spessore intermedio (10-11 nm di spessore), e sono formati da proteine fibrose. Mentre i microtubuli sono presenti in tutte le cellule con le stesse proteine (cioè le tubuline le troviamo identiche in ogni cellula), i filamenti intermedi sono tessuto-specifici. Ad esempio nel tessuto epiteliale i filamenti intermedi sono formati da citocheratine o cheratine. Questa proprietà risulta essere molto utile per la classificazione dei tumori microfilamenti Hanno uno spessore di 5 nm, e sono formati da filamenti di actina. Rappresentano l’apparato muscolare della cellula, presiedono cioè alla contrattilità cellulare. Il citoscheletro dunque è il responsabile del movimento cellulare, permettendo ad esempio la motilità degli organelli interni alla cellula e la citodieresi POLARITÀ MORFO FUNZIONALE DEGLI EPITELI Osservando un tessuto epiteliale, possiamo notare che le cellule hanno una struttura asimmetrica. Solo in alto, troviamo dei peluzzi, cioè i microvilli che hanno lo scopo di aumentare la superficie di assorbimento. Solo lateralmente, la superficie presenta sporgenze e rientranze in modo che aumenti il contatto tra una cellula e quelle adiacenti. Nelle zone membrana-membrana troviamo le giunzioni (desmosomi, zonule aderenti, zonule occludenti e giunzioni comunicanti) mentre sulla parte bassa che tocca la lamina basale troviamo gli emidesmosomi (ancorano la cellula alla base). La cellula è asimmetrica a livello di membrana, ma lo è anche dentro: il nucleo si sposta verso la regione basale e gli organelli sono disposti in maniera asimmetrica. Lo scopo di questa asimmetria è fare meglio l’assorbimento. L’organizzazione è fatta in modo che si possano distinguere le regioni apicale e basso-laterale. Le membrane delle due regioni sono strutturate in modo diverso dal punto di vista morfologico e dal punto di vista biochimico (le proteine e i fosfolipidi presenti nella regione apicale non sono identici a quelli della regione basso-laterale). Il fine è sempre quello di migliorare la funzione svolta da queste cellule, ovvero far entrare il materiale da assorbire e far uscire quello di scarto. Istologia- terza lezione Sbobinatore: Lorenzo Banzola 18/10/2022- seconda ora Revisore: Giulia Balanc LA POLARITÀ MORFO FUNZIONALE A causa dei diversi ambienti che vengono a contatto con la membrana plasmatica di una cellula epiteliale, come nel caso di un enterocito (cellula dell’epitelio cilindrico monostratificato che riveste intestino tenue), si crea una struttura differente a livello di membrana in base alla zona che andiamo ad osservare. La differenziazione delle aree di membrana apicale e baso laterale è un fenomeno che poi trova anche riscontro all’interno della cellula nella disposizione differenziale degli organelli. Questa asimmetria prende nome di polarità morfo funzionale (asimmetria della cellula epiteliale). Ciò deriva dal fatto che la cellula deve svolgere differenti funzioni, assorbimento attraverso la regione apicale e secrezione attraverso la baso laterale. Non è intuitiva da immaginare la disposizione della membrana cellulare, la quale, è attualmente pensata come un mosaico fluido in cui molecole proteiche e lipidiche che la compongono son in grado di fluire abbastanza liberamente per tutta la superfice e quindi distribuirsi uniformemente. In realtà questo in parte non succede altrimenti la regione apicale non sarebbe distinta dalla baso laterale vi è invece una diversa disposizione di molecole proteiche e lipidiche che garantiscono differenti funzioni delle due membrane. Se la membrana apicale deve far entrare, lì vi saranno principalmente proteine che fanno entrare qualche cosa (aminoacidi, canali per ioni….), ragionamento analogo per la baso laterale. Chi garantisce questa differente disposizione degli organelli e di composizione della membrana cellulare? ZONA OCCLUDENTE Guardando l’immagine riportata vi è una prima giunzione che si può vedere dall’alto verso il basso (striscia rossa) la quale corrisponde alla zonula occludente. Si tratta di quella regione in cui le due membrane sono saldate fra loro, la distanza tra le membrane in quel punto in tutta la striscia perimetrale è pari “prossima” a zero. Al microscopio SEM possiamo vedere come la zona di contatto venga saldata seguendo dei disegno che sono come dei ghirigori. Nelle immagine al SEM possiamo osservare varie saldature in punti sub microscopici in corrispondenza di proteine cam (molecole adesione cellulare) che in quei punti si agganciano tra loro in modo da chiudere lo spazio. Bisogna tenere in considerazione che noi possiamo osservare solo il versante extracellulare dove tali proteine si agganciano tra loro e saldano le membrane, però vi è un versante anche intracellulare dove si connettono con il citoscheletro in particolare con microfilamenti di actina. A cosa servono queste giunzioni occludenti? Chiudono lo spazio para cellulare, svolgono quindi una funzione di filtro (per la maggior parte delle molecole attraversare l’interstizio tra una mattonella e l’altra non è possibile). Ovviamente non è possibile nemmeno che molecole o sostanze che si trovano all’interno possa uscire dal tessuto. Si tratta di una barriera a transito para cellulare (tra una cellula e l’altra) sia in entrata che in uscita. Altro aspetto interessante che riguarda e causa polarità morfo funzionale è il fatto che in quei punti è bloccato il libero passaggio di fosfolipidi o proteine di membrana dalla superfice apicale a quella baso laterale. Immaginiamo che questi fosfolipidi o proteine di mosaico fluido siano peperelle che galleggiano sulla superfice apicale vogliamo passare verso la baso laterale, non possono in quanto tali proteine svolgono una funzione di barriera/argine. Se le due regioni presentano diverse composizione di fosfolipidi e proteine questa è mantenuta dalla barriera costituita dalle giunzioni occludenti. Importanza del citoscheletro È chiaro che comunque anche qui il citoscheletro influisce nel modo in cui i filamenti possono indirizzare le varie componenti della membrana cellulare mantenendo una concentrazione differente a livello delle superfici. Anche gli organelli sono distribuiti in maniera differente in quanto anche in quel caso vi è in gioco il citoscheletro che dispone in maniera differenziale gli organelli. In conclusione, si può dire che la giunzione occludente serve a fare due cose fondamentali: bloccare il transito para cellulare e garantire la differente composizione apicale e baso laterale, quindi permette la polarità morfo funzionale degli epiteli. Nella figura sono rappresentati rapporti tra le proteine transmembrana della zona occludente, che attraverso altre proteine che fanno da cerniera agganciano il tutto al citoscheletro (in questo caso filamenti di actina). La zona occludente si trova solo in alto (cintura perimetrale), perché devo bloccare lo spazio para cellulare soprattutto in alto. Non si tratta di una barriera impenetrabile L’immagine ci fa capire che in realtà a livello della giunzione occludente le aree di separazione non sono una barriera impenetrabile: si creano dei pori in cui lo spazio para cellulare non è bloccato al 100%, bensì viene permesso il passaggio (molto ridotto) di alcuni ioni o piccolissime molecole come acqua. ZONA ADERENTE Andando più in basso, al disotto della zona occludente che occupa la parte più alta, abbiamo una zona detta aderente dove lo spazio tra le due membrane è sempre diverso da 0, vi è una distanza ridotta. È sempre una cintura perimetrale, dove convergono sul versante citoplasmatico i filamenti di actina, mentre sul versante extracellulare convergono proteine di adesione CAM che si stringono e collegano tra loro. Si tratta di un’adesione tra cellule contigue senza intervenire né nei confronti del transito para cellulare né nei confronti della polarità morfo funzionale. Presenta un ruolo meno stringente, serve a collegare i microfilamenti di actina citoscheletrici di cellule adiacenti e garantisce anche l’adesione cellula-cellula grazie alle sporgenze date da proteine transmembrana nella giunzione. Vi è la presenza di caderine che permettono adesione delle due facce, mentre sul versante citoplasmatico ci sono i soliti filamenti di actina. Tra le membrane di due cellule adiacenti si va a formare uno spazio di circa 15-20 nm Al microscopio elettronico possiamo osservare che le due membrane presentano una linea scura/spazio chiaro/linea scura (binario), in mezzo non ci sono addensamenti elettronici. DESMOSOMI Al disotto della zonula aderente vi sono punti di saldatura che sono chiamati desmosomi, si tratta di giunzioni di tipo meccanico. Le due membrane aderiscono grazie a delle proteine CAM transmembrana che si agganciano tra loro e all’interno prendono contatti con il citoscheletro con filamenti intermedi. Questi filamenti intermedi “in rosso” appartengono alla famiglia delle cheratine (filamenti intermedi fatti di proteine che presentano uno spessore maggiore dei microfilamenti di actina). Le proteine sono sempre caderine, le quali sul versante extracellulare si stringono tra loro, e in quello intracellulare vengono in contatto con altre proteine che fanno da intermediari. Queste si organizzano a formare delle placche, zone di addensamento proteico subito al disotto della membrana di tipo plasmatico. I desmosomi possono essere trovati in varie popolazioni di cellule e in base a ciò sono correlati a differenti filamenti intermedi. Il desmosoma appare come un dischetto, possiamo vedere che presenta un’area di addensamento intracellulare subito al disotto della membrana. Possiamo osservare delle strutture filamentose che convergono verso le placche (sono i filamenti intermedi di cheratine), sul versante extracellulare a volte si vede una linea scura intermedia (protrusioni delle proteine di membrana che tra loro vanno a interagire sul versante intracellulare) cosa che invece per le zone aderenti non si vede. GIUNZIONI COMUNICANTI Le giunzioni comunicanti sono una tipologia di giunzioni che non ha funzione di adesione meccanica, in quei punti le due membrane non sono saldate tra loro. In corrispondenza di quelle aree discoidali si trovano parecchi canali che fanno parte di una zona chiamata giunzione gap. Se vado ad esaminare quell’area ci trovo centinaia e centinaia di questi canali, delimitati da subunità proteiche che formano un canale chiamato connessone. La giunzione gap è composta da tanti connessoni. Ogni connessone è un esamero formato da 6 unità proteiche uguali chiamati connessine. Il canale di un connessone su una membrana si mette perfettamente a registro con quello vicino. I connessoni delle due cellule adiacenti si collegano tra loro, formando dei pori polari di 1,5 nm di diametro Per osservare al microscopio elettronico le giunzioni comunicanti in questo caso è stata iniettata una sostanza opaca nella zona di attacco cellula-cellula. Possiamo quindi vedere la presenza di puntini scuri e meno scuri. Quelli meno scuri rappresentano i connessoni (spazio impermeabile), nei più scuri invece il lantanio (con cui è stato colorato il vetrino) riesce a passare, si tratta quindi di uno spazio di tipo permeabile dove non vi è una saldatura. I puntini rappresentati nell’immagine a destra, fatta con il microscopio elettronico a scansione, sono i connessoni. Ogni giunzione comunicante (gap) permette il passaggio di varie componenti (acqua, aminoacidi, piccoli ioni e anche nucleotidi). Le giunzioni gap sono presenti anche in altri tessuti (muscolari cardiache, lisce…). Uno scopo fondamentale delle giunzioni gap è lo scambio di ioni e materie, ma gli ioni sono deboli correnti che le cellule epiteliali usano per comunicare. Le giunzioni gap quindi permettono alle cellule di dialogare fra loro, le rende informate su quello che sta succedendo nell’area di epiteli circostanti. INTERDIGITAZIONI Ulteriore specializzazione della membrana laterale sono le interdigitazioni, incastri che aumentano la superfice di contatto. Al microscopio sono molto complesse, come numerose dita che si incastrano in modo da aumentare l’adesione laterale della cellula. EMIDESMOSOMA Si chiama emidesmosoma perché è una giunzione che unisce la regione basale della cellula epiteliale alla membrana basale, per evitare che l’epitelio si distacchi. Alcune patologie gravi dove mancano o sono difettose tali strutture causano sfaldamenti a livello dei tessuti e comportando gravi infezioni. Gli emidesmosomi sembrano mezzo desmosoma, ma manca la controparte, perché non vi è un’altra cellula di fronte, ma vi è una lamina basale. Si è visto però che non sono veri mezzi desmosomi in quanto la loro composizione è differente dai desmosomi. Struttura: Presentano un ispessimento sul versante citoplasmatico della giunzione. I filamenti di cheratina in microscopia elettronica vengono chiamati tono filamenti. Essendo che dall’altro lato del emidesmosoma, non vi è nessun emidesmosoma, sorge la domanda di capire chi si relazioni a tale struttura di proteine. Vi sono proteine transmembrana che non sono più caderine ma sono integrine che mettono in relazione le proteine presenti sul versante citoplasmatico con proteine presenti sulla lamina basale. Abbiamo quindi il dispositivo del desmosoma che mette in rapporto il citoscheletro di proteine di membrana con integrine e proteine presenti sulla membrana basale, se poi noi pensiamo che la lamina basale è strettamente legata al connettivo è chiaro che si crea una catena di strutture tra loro strettamente collegate. Istologia ed Embriologia umana – lezione 4 Sbobinatore: Maria Elena Bettini 20/10/2022 – prima ora Revisore: Rachele Battisti LAMINA BASALE Sottilissima lamina visibile al microscopio elettronico (poche decine di nm di spessore che può essere variabile da tessuto a tessuto; in alcuni casi, ad esempio nei tubuli renali, è così spessa che può essere visibile al microscopio ottico) che separa o unisce l’epitelio dal connettivo. La sua composizione è essenzialmente di natura proteico-polisaccaridica, in particolare proteine e proteoglicani. Immagine al microscopio elettronico della membrana plasmatica della cellula epiteliale a contatto con la lamina basale: - ci sono delle strutture specializzate di giunzione, gli emidesmosomi che hanno l’aspetto di mezzo desmosoma perché manca la corrispettiva controparte simmetrica non essendoci di fronte un’altra cellula ma una ECM. Anche dal punto di vista della composizione non son paragonabili a un mezzo desmosoma. - La striscia che appare chiara con questo strato scuro è l’immagine della lamina basale, al di sotto della quale c’è il connettivo - Le formazioni allungate o i pallini rappresentano la sezione trasversale e longitudinale di fibre collagene. È come se fossero dei bastoncini sottili che fanno parte della ECM del connettivo - Ci sono degli ispessimenti a livello dell’emidesmosoma nella membrana plasmatica della superficie basale: ciò corrisponde a una placca elettrondensa di natura proteica sul versante citoplasmatico. Verso questa placca convergono filamenti di citocheratine chiamati tonofilamenti. I tonofilamenti (che sono filamenti intermedi) sono un artefatto, tendono ad accollarsi fra loro e a formare come dei filamenti spessi che in microscopia elettronica si chiamano tonofilamenti, ma in realtà sono aggregati di filamenti intermedi di cheratine che prendono contatto con la placca densa dell’emidesmosoma - Ci sono proteine transmembrana tra cui spiccano le integrine, che sono una categoria di CAM (molecole di adesione cellulare, come le caderine, le selectine, le Ig-like…) che in questo caso non mettono in rapporto la membrana di una cellula con la membrana di un’altra cellula, ma la membrana di una cellula con la ECM. C’è una catena di proteine che alla fine termina con la placca e con i tonofilamenti o filamenti intermedi. Quindi è come se il citoscheletro si andasse ad agganciare indirettamente (tramite queste proteine che si susseguono) alla ECM, cioè alla lamina basale. - La lamina basale è a sua volta strettamente collegata alla ECM del connettivo, quindi si vanno a formare una serie di strati molto coesi l’un l’altro pur rimanendo le singole strutture separate tra loro Al microscopio elettronico la lamina basale presenta una parte più chiara e spessa chiamata lamina rara o lamina lucida e una zona più scura, cioè più elettrondensa, chiamata lamina densa. In realtà questa divisione è un artefatto, è il risultato dell’allestimento del preparato della microscopia elettronica che modifica la situazione delle proteine. C’è tutta una serie di proteine che tra loro si collegano: proteine del citoscheletro, quelle della placca (tra cui l’antigene I del pemfigoide bolloso), le integrine e la laminina. La laminina è più concentrata nell’area che corrisponde alla lamina rara e che prende contatto con il collagene IV, un’altra proteina presente nella lamina densa. Tutte queste proteine sono prodotte dalle cellule epiteliali dello strato direttamente a contatto con la lamina basale. Ci sono dei numeri che differenziano i collageni, ognuno dei quali ha caratteristiche peculiari: - Collagene IV: collagene globulare, cioè la catena polipeptidica non forma fibrille - Collagene III: collagene filamentoso - Collagene I: collagene filamentoso - Collagene II (nella cartilagine) La lamina lucida o rara ha uno spessore variabile (dai 10 ai 50 nm massimo); è un probabile artefatto La lamina densa ha uno spessore maggiore (da 30 a 300 nm) e qui contiene glicoproteine extracellulari di adesione, come la laminina che si lega sia alle integrine (quindi alle proteine transmembrana della cellula epiteliale) su un versante sia con le proteine del collagene IV sull’altro versante che sono sempre prodotte dalle cellule epiteliali, ma che forma una sorta di catena che costituiscono alla fine una struttura ben coesa. Altri legami sono presenti tra laminina e proteoglicani, come il perlecano, che è ricco di GAG solfati, quindi ha un comportamento acido. Al contrario, le molecole di collagene tendono ad essere piuttosto cariche positivamente. Si va a formare quindi un legame tra i gruppi acidi dei proteoglicani e le cariche positive delle molecole di collagene che aumentano i legami di tipo elettrostatico (non covalente) tra queste molecole. La lamina reticolare (al di sotto della lamina basale) è la ECM del connettivo. È così chiamata perché ci sono fibre o fibrille reticolari. In questa zona mancano i GAG o i proteoglicani. I proteoglicani (che si trovano anche nella struttura della lamina basale) sono macromolecole di natura proteica e zuccherina, dove l’asse proteico ha un suo peso, ma la somma delle catene laterali zuccherine, chiamate GAG (glicosamminoglicani) è molto maggiore, per cui la componente zuccherina predomina su quella proteica. Gli zuccheri dei proteoglicani sono amminozuccheri, quindi contengono dei monomeri degli atomi di azoto, residui acidi (carbossilici e/o solforici), quindi a volte hanno un comportamento acido. L’importanza delle strutture di giunzione la vediamo quando ci sono difetti a carico di queste strutture. Le patologie a carico degli emidesmosomi e dei desmosomi sono malattie di tipo genetico, cioè abbiamo almeno un gene difettoso che codifica per le proteine delle giunzioni. In questi casi in cui le giunzioni non funzionano più l’epitelio si sfaglia, cioè si stacca dalla lamina basale. EPIDERMOLISI BOLLOSA: DIFETTI NELLA PROTEINA DELLE GIUNZIONI (DESMOSOMI ED EPIDESMOSOMI) Questo comporta delle problematiche gravi, perché l’epidermide è la via di accesso di batteri e di altri agenti patogeni, quindi manca la barriera protettiva costituita appunto dall’epidermide. Nel 2018 alcuni ricercatori italiani sono riusciti ad inserire un gene normale in alcune cellule prelevate da uno di questi “bambini farfalla”. Questa terapia genica è andata a buon fine: in laboratorio il gene normale è riuscito a costruire dei pezzettini di epidermide normali che sono state trapiantati sul bambino un’area alla volta. Il bambino ora è perfettamente sano. Troveremo sia giunzioni aderenti (desmosomi) che comunicanti anche in altri tessuti. ESEMPI DI EPITELI Sezione longitudinale (=nel senso della lunghezza) di un vaso sanguigno - All’interno della cavità troviamo soprattutto globuli rossi infilati l’uno dietro l’altro - La parete è formata da epitelio monostratificato pavimentoso: riconosciamo il nucleo piatto, il citoplasma è poco visibile. L'epitelio che riveste la parete del vaso sanguigno si chiama endotelio. - Al di sotto c’è la lamina basale (che non si vede) e poi uno strato sottile di connettivo Sezione trasversale di un dotto escretore ghiandolare: - La parete è delimitata da un epitelio di rivestimento, costituito da cellule a stretto contatto tra loro, tutte con una superficie libera, poggiano su un tessuto sottostante tramite la lamina basale. In figura vediamo una linea che rappresenta la lamina reticolare - È un epitelio semplice cubico o isoprismatico - Anche gli epiteli ghiandolari sono considerati epiteli di rivestimento, mentre la porzione secernente della ghiandola è l’epitelio ghiandolare a tutti gli effetti Epitelio cubico dove ci sono più dotti ghiandolari vicini. Questa colorazione evidenzia soprattutto i nuclei e il tessuto connettivo tra i dotti ghiandolari Epitelio cubico al microscopio elettronico: - La superficie basale è quella in basso, mentre quella in alto (superficie apicale) presenta i microvilli (piuttosto corti e tozzi) - C’è una linea di demarcazione poco visibile tra cellula e cellula (2) - Gli organelli visibili sono i mitocondri, che possono essere più lunghi (sezionati longitudinalmente) o più corti (sezionati trasversalmente). La sezione ci fa vedere solo una fetta ma c’è bisogno di più sezioni con la TAC per ricostruire la struttura tridimensionale. EPITELIO CILINDRICO Sezione di epitelio assorbente (intestino tenue): - Il piccolo ingrandimento è l’intestino: notiamo la sua cavità o lume, la parete e la superficie esterna - A rivestire l’interno del lume c’è un epitelio monostratificato cilindrico specializzato all’assorbimento, che viene aumentato grazie ai microvilli che si trovano in superficie - Ci sono delle cellule con una forma a calice che hanno una parte apicale dilatata. Il citoplasma si stringe a formare il gambo che si lega alla lamina basale. Questa cellula caliciforme è una ghiandola unicellulare. La porzione apicale contiene dei globuli di muco, in particolare del precursore del muco. - L’espansione a forma di dito che sporge nella cavità del lume digerente è il villo intestinale. Il villo comprende più di un tessuto: l’epitelio, il connettivo nell’asse del villo, vasi sanguigni, vasi linfatici, fibre nervose. Il villo quindi non è un tessuto ma fa parte di un organo, in particolare è un’estroflessione della mucosa - La mucosa è un insieme di più tessuti: un epitelio di rivestimento, una lamina basale, un connettivo sottostante (che viene detto tonaca o lamina propria) e ghiandole che producono il muco (ecco perché si chiama mucosa) - Il muco è prodotto sia da cellule mucipare caliciformi sia da ghiandole pluricellulari. Il muco è una sostanza viscosa che ha una funzione protettiva e lubrificante - L’epitelio dell’intestino assorbe grazie ai microvilli che amplificano la superficie di assorbimento di 30 volte rispetto a una semplice superficie liscia. Il materiale assorbito entra grazie al fatto che la membrana plasmatica apicale contiene proteine specializzate nel fare entrare il materiale, il quale non può passare da una cellula all’altra grazie alla zonula occludente che è la prima giunzione che si riscontra a livello di superficie laterale e che blocca il transito paracellulare e impedisce ai lipidi e alle proteine della regione apicale di andare su quella laterale e viceversa. Si crea quindi una membrana apicale completamente diversa come composizione e quindi come funzione rispetto a quella baso-laterale. Dopo che il materiale è entrato nell’enterocito, è stato elaborato e modificato dall’apparato biosintetico esce dalla membrana baso-laterale. Poi questo materiale non può uscire attraverso lo spazio paracellulare perché questo è bloccato anche in uscita, può quindi oltrepassare la lamina basale, entrare nella ECM del connettivo e entrare nei vasi sanguigni e linfatici e da lì andare nel fegato. Questo sistema non rispetta la regola per cui il sangue che arriva da un organo va al cuore destro, ma va ad un altro organo, cioè il fegato. - La parete del tubo digerente esternamente è rivestita da un altro tessuto epiteliale pavimentoso monostratificato, il mesotelio, al di sotto c’è un piccolo strato di connettivo dal quale è separato dalla lamina basale. Nel complesso mesotelio, lamina basale e connettivo vanno a formare la tonaca sierosa, che riveste le cavità del corpo che non comunicano con l’esterno (pleure, pericardio e peritoneo). Cellule cilindriche al microscopio elettronico: - In alto abbiamo la superficie apicale, riconoscibile perché è libera e presenta corti microvilli - La superficie basale presenta delle parti dense grigiastre, vuol dire che lì c’è un tessuto preceduto dalla lamina basale che si vede a malapena perché l’ingrandimento non è eccessivo - Lo spazio tra cellula e cellula è presente tranne verso la superficie apicale, dove le cellule sono perfettamente sigillate grazie alla presenza della zonula occludente (3), che fa da barriera sia al transito paracellulare sia al libero movimento delle molecole presenti sul doppio strato fosfolipidico - Ci sono delle proiezioni di citoplasma e di membrana che sono gli incastri a livello delle superfici laterali, dove le cellule tendono a formare degli incastri (non superficie liscia) per aumentare l’adesione cellula-cellula - Nella foto a destra i microvilli sono molto più alti e numerosi: ovviamente qui la superficie di assorbimento sarà maggiore. Sarà sicuramente un prelievo fatto in una regione dove la funzione di assorbimento è moto più spiccata che non nelle cellule a sinistra. Mesoderma: foglietto embrionale (tessuto molto primitivo presente nell’embrione) dal quale deriveranno tutta una serie di tessuti (epitelio, mesotelio, connettivo, muscolare, osseo, cardiaco) Mesotelio: epitelio pavimentoso monostratificato che deriva dal mesoderma Mesenchima: connettivo embrionale che poi si svilupperà in un connettivo vero e proprio SPECILIZZAZIONI DELLA REGINE APICALE Microvilli al microscopio elettronico a scansione (superficie epitelio intestino tenue): - Sembra di vedere in tre dimensioni la parte superficiale delle cellule assorbenti - I microvilli sono dei bastoncini corti che spiccano alla superficie apicale: qui in alto transita il materiale che deve essere assorbito. La superficie di assorbimento è aumentata notevolmente - In basso le cellule sono state distrutte a causa dell’allestimento del preparato Microvilli al microscopio elettronico a trasmissione: - I microvilli sono rivestiti dalla membrana plasmatica. Qui l’ingrandimento è tale da poter vedere la struttura trilaminare della membrana plasmatica (strato scuro esterno, strato intermedio più spesso e linea più scura interna). Questa struttura di membrana che appare al microscopio ottico, ossia il modello a sandwich o di Davson-Danielli della membrana (quello inizialmente accettato), costituito da uno strato proteico, uno lipidico e un altro proteico, deriva da un artefatto: in realtà la struttura della membrana è un mosaico fluido. Il modello a sandwich non è corretto perché la parte più scura interna ed esterna è sì di natura proteica, ma sono proteine denaturate, quindi da globulari che erano si distendono e vanno a stratificarsi. In realtà però non è così: nella membrana non trattata il modello è quello di proteine globulari che galleggiano nel doppio strato fosfolipidico e si possono spostare. - All’interno ci sono i microfilamenti di actina che costituiscono lo scheletro del microvillo, che si agganciano sia sul versante cellulare della membrana apicale (che è la parte più esterna del microvillo) sia in basso sul feltro di microfilamenti di actina che si trovano tutti a ridosso della membrana della superficie apicale delle cellule epiteliali. Questi microfilamenti di actina formano una trama, chiamata trama terminale o terminal web, alla quale si agganciano i microfilamenti di actina che entrano nel microvillo e che appunto lo sorreggono. - Al di fuori c’è un altro feltro di molecole di natura glicoproteica, quindi sono soprattutto catene zuccherine quelle che sporgono in superficie, che appartengono a glicoproteine attaccate alla membrana del microvillo. Queste molecole vanno a formare un rivestimento chiamato glicocalice - Nell’immagine si vedono le parti di due cellule di un epitelio che si trovano una di fronte all’altra, perché ci troviamo all’interno dell’intestino. Le due cellule non sono vicine tra loro, ma sono molto lontane perché fanno parte di un tessuto che si ripiega. - Glicocalice: è rappresentato dalle catene laterali zuccherine delle glicoproteine che sporgono dalla membrana plasmatica del microvillo. Il glicocalice ha funzione sia protettiva che enzimatica, perché contiene dei siti catalitici che servono a completare la digestione di molecole che arrivano dallo stomaco. Queste molecole di varia natura possono essere ulteriormente degradate, perché nello stomaco non avviene la completa digestione delle sostanze che mangiamo: ad esempio le proteine non vengono degradate del tutto, ma vengono ridotte a corte catene di peptidi e devono essere ulteriormente scissi in amminoacidi, ciò accade a livello dell’intestino tenue dove arrivano i succhi pancreatici. I succhi pancreatici sono una miscela di enzimi che digeriscono le proteine (proteasi), i lipidi (lipasi), i nucleotidi (nucleotidasi) e gli zuccheri (glicosidasi). La digestione si completa anche grazie alla presenza di alcuni enzimi presenti in situ, che non arrivano dal pancreas, ma già presenti al livello del glicocalice Microvillo sezione longitudinale (sinistra) e sezione trasversale (destra): - Nella sezione longitudinale c’è la zona di membrana che separa due enterociti (5) dove in corrispondenza delle frecce ci sarà la zonula occludente, più in basso troviamo la zonula aderente, la macula aderente e le giunzioni gap. Nell’intestino queste giunzioni sono messe in fila l’una dopo l’altra, formando il complesso di giunzione - Nella sezione trasversale il microvillo mostra la sua struttura: c’è la membrana plasmatica limitante, che al microscopio elettronico appare tristratificata. All’interno ci sono dei puntini che rappresentano i microfilamenti di actina tagliati trasversalmente. Sezione al microscopio elettronico a trasmissione (TEM): G= glicocalice; MV= microvilli - Sono rappresentate due cellule adiacenti - Lo spessore del glicocalice può variare da 10 a 20 nm - Il glicocalice può anche essere esaminato al microscopio ottico non usando una colorazione di routine (es. ematossilina-eosina, Azan-Mallory…), ma una colorazione detta istochimica, in cui la sezione sul vetrino viene colorata mettendo il vetrino in un bagno che contiene una soluzione di una sostanza chimica che mi va a reagire solo con alcune componenti chimiche del tessuto. In questo caso la reazione si chiama PAS (acido periodico – reattivo di Schiff) che evidenzia le glicoproteine, in particolare la componente zuccherina delle glicoproteine - Si vede l’epitelio cilindrico con il sottostante connettivo (molto chiari) - La colorazione PAS evidenzia il bordo in corrispondenza dei microvilli, dove c’è il glicocalice la part