ECONOMIA AMBIENTALE (Novelli) PDF
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Summary
These notes cover environmental economics, specifically pollution. They analyze the mechanisms behind environmental impacts, public intervention criteria, and the economic value of environmental resources. The document also discusses economic reasons for environmental problems, including ignorance and economic pathologies. It concludes by introducing key concepts from microeconomics, including market mechanisms and supply and demand.
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Prof.ssa Silvia Novelli TEST: 12 domande, 4 per tema ECONOMIA AMBIENTALE (in particolare dell’inquinamento) - Meccanismi che stanno dietro agli impatti ambientali - Criteri e strumenti di intervento degli operatori pubblici - Valore economico dei beni a...
Prof.ssa Silvia Novelli TEST: 12 domande, 4 per tema ECONOMIA AMBIENTALE (in particolare dell’inquinamento) - Meccanismi che stanno dietro agli impatti ambientali - Criteri e strumenti di intervento degli operatori pubblici - Valore economico dei beni ambientali QUALI SONO LE RAGIONI DEI PROBLEMI AMBIENTALI? - Ignoranza → le decisioni azioni vengono prese senza conoscere le conseguenze (es. Thalidomide) provocando dei danni. o Talvolta sono gravi o È improbabile che si ripetano o Si ripercuotono anche su chi li provoca - Ragioni economiche o Patologia economica → il danno ambientale è fatto coscientemente per avere un tornaconto economico (reato). Es. si interrano i rifiuti, si incendiano, sversamenti, taglio illegale delle foreste, contrabbando e bracconaggio… Si interviene con strumenti legali attraverso la repressione o Fisiologia economica Non si ha una violazione di norme, ma è un meccanismo economico che provoca danni ambientali Si può intervenire con strumenti di regolamentazione ma anche con strumenti economici (strumenti che vanno a modificare la convenienza di produzione/consumo) ECONOMIA L’economia studia cosa, come e per chi i singoli individui o la collettività producono/consumano beni e servizi. La scienza economica studia come la società prende decisioni circa l’uso e la distribuzione (e dunque l’allocazione) di risorse scarse e le conseguenze di tali decisioni. L’economia dell’ambiente analizza come e perché vengono prese decisioni che hanno conseguenze ambientali (es. inquinamento e altre forme di degrado…); inoltre studia come le istituzioni e le politiche pubbliche possono rispondere ai bisogni e desideri umani senza esaurire/degradare le risorse ambientali (NON infinite) e gli ecosistemi. Quindi: decidere come disporre delle risorse ambientali scarse. SCARSITÀ In economia la scarsità è un concetto relativo, per determinare se una risorsa è scarsa occorre confrontare la sua offerta con la sua domanda (fabbisogno o consumo). La scarsità non è una caratteristica intrinseca dei beni, ma è un concetto economico che nasce dalla discrepanza tra domanda e offerta (più è alta l’offerta più la risorsa è scarsa, idem più è alta la domanda più la risorsa sarà scarsa). Se le risorse non fossero limitate l’economia non avrebbe senso di esistere. Il problema economico fondamentale di una società umana è quello di risolvere il conflitto fra bisogni sostanzialmente illimitati di beni e servizi e risorse scarse (es. lavoro, macchine, materie prime…). [I bisogni di cui stiamo parlando sono veramente bisogni?] 1 Prof.ssa Silvia Novelli L’Earth Overshoot Day è il giorno dell’anno in cui il pianeta esaurisce la sua biocapacità (capacità del pianeta di produrre beni e riassorbire correttamente ciò che viene rilasciato). La responsabilità non è pari in tutti i luoghi del mondo, ma la situazione è drammatica. Alcune strategie proposte sono: - Riduzione del 50% dell’uso dei combustibili fossili - Miglioramento dell’efficienza energetica - Vegetarianismo - Evitare lo spreco alimentare - Riforestamento - Ridurre la popolazione Le attività economiche dipendono e utilizzano l’ambiente per: - Estrazione di risorse (materia ed energia) - Uso di beni e servizi ambientali e paesaggistici (beni immateriali) - Stoccaggio e assimilazione di rifiuti/scarti a. Economia delle risorse naturali → rappresenta il flusso di risorse estratte dall’ambiente per i processi produttivi e di consumo. È lo studio dell’ambiente come fornitore di materie prime b. Economia dell’ambiente → rappresenta l’impatto delle attività economiche sull’ambiente. Lo studio dei flussi di residui e scarti e delle loro conseguenze (inquinamento o degrado) La separazione tra risorse naturali e ambientali è spesso sfumata: - Molti processi estrattivi delle risorse naturali hanno una ripercussione indiretta sulla qualità dell’ambiente (utilizzo di foreste e attività mineraria) - Molti impatti ambientali influenzano i processi estrattivi di risorse naturali (riduzione rese di pesca e agricole a causa degli inquinanti) A partire dagli anni ’30 del secolo scorso l’economia è stata divisa in due grandi discipline che rispondono a domande differenti e usano strumenti diversi: - Microeconomia → studia il comportamento e le scelte individuali dei singoli operatori economici - Macroeconomia → studia i fenomeni che riguardano il sistema economico nel complesso L’economia dell’ambiente utilizza prioritariamente strumenti della microeconomia. 2 Prof.ssa Silvia Novelli COME PENSA CHI PRENDE DECISIONI SU SISTEMI ECONOMICI? - Pensiamo in termini di trade-off → come allocare o distribuire le risorse scarse fra usi alternativi in maniera efficiente, ottenendo quindi il massimo risultato possibile: o Produttore → massima profitto o Consumatore → massima utilità (beneficio dell’utilizzo di beni o servizi) - Pensiero “al margine” → in termine di piccole variazioni incrementali rispetto a un piano di azione già esistente (in economia → marginale = in più). L’obiettivo è sempre quello di massimizzare o minimizzare qualcosa; nell’ipotesi che gli operatori economici agiscano razionalmente. Pensare al margine implica che ogni volta che viene operata una scelta questa ricade sull’opzione che conduce a benefici marginali maggiori ai costi marginali. In un grafico l’area compresa sotto la curva che indica il dato marginale corrisponde al dato totale. 3 Prof.ssa Silvia Novelli CONCETTI DI MICROECONOMIA MECCANISMI DI MERCATO - L’offerto di mercato e la decisione di quanto produrre - Domanda di mercato (domanda) - Equilibrio di mercato (generazione dei prezzi) Il mercato è il luogo che permette lo scambio di beni e servizi. Il mercato di un determinato bene o servizio si compone di: - Venditori → determinano l’offerta - Compratori → determinano la domanda OFFERTA L’offerta individuale è la quantità di bene o servizi che ciascun produttore è disposto a produrre a ogni livello di prezzo di vendita (quindi per un prezzo x ne produco n, a un prezzo y ne produco m). L’offerta cresce o aumenta in funzione del prezzo La scheda di offerta individuale (o curva di offerta di individuale) rappresenta la relazione funzionale fra il prezzo (P) di un bene sul mercato e della quantità (Q) di tale bene che l’impresa desidera produrre e vendere a parità di altri fattori (esistono anche altri fattori che influenzano la scelta dei produttori su quanto produrre). È quindi la relazione funzionale tra quantità di prodotto e prezzo a cui viene venduta. Il produttore ha come obiettivo di massimizzare il profitto (anche se potrebbe avere come scopo anche quello di ridurre i costi, aumentare il benessere dei lavoratori, raggiungere nuovi segmenti di mercato…ma in ogni caso ciò porta a una massimizzazione del profitto) Ricavi = prezzo · quantità Profitto = ricavi - costi di produzione I costi possono essere: - Variabili → variano a seconda della quantità prodotta (es. materie prime) - Fissi → non cambiano anche al variare della quantità prodotta (affitti, mano d’opera, ammortamenti…) - Costo marginale → il costo aggiuntivo che bisogna sostenere per un’unità in più di prodotto In un mercato con concorrenza perfetta produttori e consumatori non possono influire sul prezzo (diversa una condizione patologica come il monopolio) Se il produttore non è in grado di influire sul prezzo (mercato di concorrenza) allora: - Ogni unità prodotta e venduta dà un ricavo (R) aggiuntivo [ricavo marginale] uguale al prezzo [Rm = P] - Perché convenga produrre un’unità in più è necessario che il ricavo marginale di un’unità prodotta sia maggiore del costo marginale per produrla [Rm > Cm] Il costo marginale solitamente è crescente e dipende dalla legge della produttività marginale decrescente, cioè se aumento l’uso di un fattore produttivo mentre gli altri restano costanti la resa marginale diminuisce (aggiunta esagerata di fertilizzanti senza altri elementi con cui si collega, avere troppi operai rispetto alle linee produttive). 4 Prof.ssa Silvia Novelli Man mano che aumenta la produzione con un dato impatto diventa sempre più difficile (e costoso) aumentare ulteriormente la produzione. Di conseguenza: - Se il costo marginale è inferiore al prezzo conviene aumentare la produzione - Non conviene aumentare la produzione de il costo marginale supera il prezzo NB ! Sull'asse delle ordinate (x) c'è il valore indipendente , mentre sull' ascissa(y) ci sono i valori dipendenti (es prezzo). Se: - P → prezzo imposto dalla concorrenza - C’ → costo marginale - q → quantità prodotta La produzione conviene fino a quando il costo marginale rimane sotto la linea del prezzo imposto, quindi la quantità di unità prodotte non deve superare q, altrimenti il costo marginale supera il prezzo e il profitto marginale diventa negativo. Per massimizzare il profitto è quindi necessario che il costo marginale sia pari al prezzo quando il mercato è di concorrenza. Cm = P Per stare sul mercato è comunque necessario che il prezzo copra almeno i costi medi totali, se il prezzo è inferiore al minimo dei costi medi totali all’impresa non conviene nemmeno iniziare a produrre. P ≥ (costi fissi + costi variabili)/quantità Quando i prezzi sul mercato cambiano l’impresa può reagire: - Aumentando la produzione → se il prezzo sale e solo fino a quando il prezzo marginale non diventa uguale al nuovo prezzo - Diminuzione della produzione → se il prezzo diminuisce e fino a che il prezzo marginale non raggiunge il nuovo prezzo Queste reazioni dell’impresa definiscono la curva di offerta individuale, cioè quanto l’impresa produrrebbe (offrirebbe) a diversi livelli di prezzo. La curva di offerta individuale corrisponde alla parte crescente dei costi marginali. OFFERTA DI MERCATO Ogni impresa produce differenti quantità di prodotto a prezzi diversi. Tali quantità costituiscono le curve di offerta individuali di ciascun produttore. Sommando orizzontalmente le quantità offerte da ciascun produttore per ogni livello di prezzo si ottiene l’offerta di mercato. 5 Prof.ssa Silvia Novelli La curva dell’offerta di mercato (curva di offerta aggregata) rappresenta la quantità totale di prodotto che i produttori di un determinato settore forniscono a diversi livelli di prezzo. Per un determinato prezzo di mercato, tutti i diversi produttori hanno lo stesso costo marginale (pari al prezzo). Quando il prezzo aumenta l’offerta cresce per due ragioni: - Chi già produceva produce di più - Chi non produceva, perché avrebbe dovuto sostenere costi troppo alti, entra sul mercato Quando il prezzo diminuisce l’offerta diminuisce per due ragioni: - Chi già produceva produce di meno - Qualcuno smette di produrre, perché i suoi costi medi totali sono diventati superiori al prezzo A un dato prezzo di mercato (P) esiste una precisa quantità (Q) che massimizza il profitto: Q→P=Q A tale prezzo i produttori hanno venduto anche le unità precedenti, il cui CM < P, di conseguenza i produttori godono de surplus del produttore, cioè la somma dei profitti che ottengono dalla produzione. A parità di altri fattori che influenzano l’offerta, un cambiamento di prezzo del prodotto induce spostamenti lungo la curva: - Aumento del prezzo → offerta maggiore - Diminuzione del prezzo → offerta minore Le variazioni negli altri fattori che determinano l’offerta, come prezzi dei fattori produttivi, prezzi dei beni correlati, tecnologia, politiche [es. incentivi o tasse], fattori sociali e naturali [es. grandinata in campo agricolo, uragani in campo forestale], le aspettative [es. penso che il prezzo di ciò che produco aumenterà e quindi lo stocco per venderlo più avanti] aumento dei produttori… provocano spostamenti della curva dell’offerta verso destra o sinistra, quindi l'offerta aumenta o diminuisce per tutti i livelli di prezzo. 6 Prof.ssa Silvia Novelli DOMANDA La domanda individuale è la quantità di bene o servizio che il consumatore acquisterebbe a ogni livello di prezzo. La domanda: - Diminuisce all’aumentare del prezzo - Aumenta al diminuire del prezzo La scheda di domanda (o curva di domanda) individuale rappresenta la relazione funzionale tra il prezzo di un bene sul mercato e la quantità di tale bene richiesta dal consumatore a parità di altri fattori che possono influenzare la scelta. È la disponibilità a pagare (marginale). La quantità di prodotto che il consumatore acquisterebbe a diversi prezzi dipende dal livello di soddisfazione (utilità) che deriva dal consumo del prodotto. Per ogni quantità la curva di domanda esprime quanto saremmo disposti a pagare per ottenere un’unità in più. La curva della domanda individuale corrisponde a una curva di disponibilità a pagare marginale (o utilità marginale o beneficio marginale) Il surplus del consumatore è la differenza tra ciò che il consumatore sarebbe disposto a pagare e il prezzo che effettivamente il prodotto viene pagato. Il prezzo è quanto si paga per ottenere una cosa, il valore invece è quanto effettivamente otteniamo ed è soggettivo. La curva di domanda individuale esprime quanto il singolo consumatore acquisterebbe a diversi livelli di prezzo. Sommando orizzontalmente le quantità domandate da ciascun consumatore per ogni livello di prezzo si ottiene la domanda di mercato (funzione di domanda aggregata) [indagini di mercato]. A parità degli altri fattori che influenzano la domanda, il cambiamento del prezzo del prodotto induce spostamenti lungo la curva: - Un aumento di prezzo ha come risultato una domanda minore - Una diminuzione del prezzo ha come risultato una domanda maggiore La variazione negli altri fattori determinati dalla domanda (reddito, prezzi dei beni correlati, gusti, preferenze, pubblicità [il marketing è in grado di creare dei bisogni, che a livello effettivo non lo sarebbero nemmeno, e lo scopo è di spostare la curva verso destra e dunque all’aumento numero di prodotti venduti], dimensione della popolazione, aspettative della popolazione…) provocano spostamenti della curva della domanda verso destra o verso sinistra. La quantità domandata aumenta/diminuisce a tutti i livelli di prezzo. 7 Prof.ssa Silvia Novelli EQUILIBRIO DI MERCATO Su un mercato i beni possono essere scambiati e domanda e offerta possono trovare un equilibrio (mercato in equilibrio) in quanto i produttori vogliono vendere al prezzo maggiore possibile e i compratori acquistare al prezzo inferiore possibile. Si determinano prezzi di equilibrio (Pe) che soddisfano contemporaneamente produttori e consumatori: - I produttori possono vendere la quantità che intendono vendere - I compratori possono acquistare esattamente la quantità desiderata Non c’è tendenza al cambiamento se le condizioni generali non cambiano; se qualche elemento turba la stabilità il mercato tende a tornare all’equilibrio. A qualsiasi prezzo superiore a Pe, la quantità offerta supera la domanda e si verifica in questo modo un surplus di offerta. I produttori, vista la concorrenzialità, devono abbassare il prezzo così da tornare all’equilibrio. A qualsiasi prezzo inferiore a Pe, la quantità domandata supera l’offerta e si verifica un eccesso di domanda (shortage). In questo caso buona parte della domanda risulta insoddisfatta e, vista la concorrenzialità tra i consumatori, vi è un aumento dei prezzi (e della disponibilità a pagare) per ottenere l’offerta disponibile. Nel grafico: - D → domanda - S → offerta Su un mercato concorrenziale in equilibrio: - Tutti i produttori producono allo stesso costo marginale perché il prezzo è uguale per tutti (sia produttori che consumatori sono price takers, cioè non hanno la possibilità di fissare o influire sui prezzi di beni e servizi che producono o acquistano) - Tutti gli acquirenti hanno la stessa disponibilità a pagare marginale (DAMP) perché il prezzo è uguale per tutti Quindi il beneficio marginale (o utilità marginale o DAMP) che la società attribuisce all’ultima unità consumata è uguale al costo aggiuntivo per produrla. Pe = DAMP = Cm La condizione appena descritta è una condizione di efficienza: 8 Prof.ssa Silvia Novelli - Non è possibile un miglioramento senza peggiorare la condizione di qualcuno (ottimo paretiano) - Il benessere sociale è massimo Nei mercati in competizione perfetta all’equilibrio non è possibile migliorare il benessere di qualcuno senza peggiorare quello di qualcun altro. Un incremento di produzione da Qe a Q1 determina: - Costi addizionali (QeRTQ1) - Benefici addizionali (QeRUQ1) I costi addizionali sono superiori ai benefici addizionali di una quantità pari all’area RTU Una diminuzione della produzione da Qe a Q2 determina: - Risparmio sui costi (QeRWQ2) - Perdita di benefici (QeRVQ2) I benefici persi sono superiori ai costi risparmiati, di una quantità pari all’area RVW Nei mercati in competizione perfetta all’equilibrio il benessere sociale è massimizzato: il surplus della società (somma del surplus del consumatore e del produttore) è massimo. 9 Prof.ssa Silvia Novelli Queste caratteristiche dell’equilibrio di concorrenza pura fanno sì che esso sia un termine di paragone molto usato in economia. Nel mondo reale, la gran parte delle situazioni si allontana dalle caratteristiche di un mercato di concorrenza pura. Si può allora valutare quanto le situazioni provochino danni alla società comparandole con una condizione di concorrenza pura. I FALLIMENTI DI MERCATO I mercati in concorrenza perfetta trovano un equilibrio tra domanda e offerta; all’equilibrio non c’è tendenza al cambiamento, perché le risorse sono allocate in maniera efficiente e il benessere sociale è massimo [i produttori hanno tutti gli stessi costi marginali e i consumatori hanno tutti la stessa disponibilità a pagare] (non sono possibili miglioramenti paretiani). Il punto di equilibrio di mercato è un ottimo paretiano. Il criterio di efficienza paretiana è un criterio di efficienza, teorizzato da V. Pareto, per valutare gli effetti dei cambiamenti negli assetti economici: se con il cambiamento almeno una persona migliora la sua condizione senza che altri peggiorino la loro, allora il cambiamento è un miglioramento Ogni cambiamento che segue questo criterio è un miglioramento paretiano. Quando arriviamo al punto in cui continuando a cambiare qualcuno peggiora sua situazione con miglioramento, allora abbiamo raggiunto l’ottimo paretiano. EFFICIENZA è diverso da EQUITÀ Al punto di equilibrio non è detto che le risorse siano allocate in maniera equa, perché l’equità dipende da come le risorse erano distribuite inizialmente. Per esempio: se una persona ricca scambia beni sul mercato con una persona povera, entrambi migliorano situazione (ricco aumenta ricavo, povero aumenta beneficio), ma l’iniqua differenza fra i loro redditi rimarrà. Il raggiungimento di obbiettivi di equità è oggetto di intervento con specifiche politiche (mirate alla distribuzione delle risorse (cioè dei redditi) e alla riduzione della disuguaglianza (es. politiche di coesione dell’UE). L’economia e i mercati lavorano sull’efficienza (trova soluzioni efficienti). Se tutti gli operatori sul mercato agiscono guidati dal proprio interesse personale e quindi per massimizzare i propri interessi, automaticamente si massimizza anche il benessere della società. Quindi governi dovrebbero intervenire il meno possibile sul funzionamento dei mercati – A. Smith (solo nella concorrenza perfetta). I mercati sono concorrenziali se rispondono ad alcune condizioni: - Elevata numerosità sia di produttori che di consumatori (no monopoli o oligopoli) → questo è necessario perché il prezzo sia quello di mercato (es. le imprese non devono influenzare il prezzo di mercato facendo variare la loro produzione) 10 Prof.ssa Silvia Novelli - Prodotti omogenei → il bene venduto da un produttore deve essere perfettamente sostituibile dai beni simili venduti dagli altri produttori - Trasparenza di mercato → produttori e consumatori hanno acceso a un’informazione corretta su qualità, prezzi, transazioni… - Fattori produttivi perfettamente mobili nel lungo periodo → l’impresa deve poter acquistare o liberare i suoi fattori produzione al fine di poter approfittare delle condizioni più favorevoli - Costi di transazione contenuti - Accesso al mercato libero - I diritti di proprietà sulle risorse disponibili sono chiaramente definiti → agenti economici sono responsabili dell’uso dei propri mezzi e ne pagano i costi - I processi di scambio non devono riguardare beni e servizi che si configurano come beni pubblici e non sono prodotte esternalità economiche (impossibile con i beni ambientali) I danni ambientali e gli impatti derivati dalla rivoluzione industriale, generalmente danno luogo a grafici a “mazza da hockey”. Spesso i requisiti non si verificano; in questi casi i mercati non riescono ad allocare efficientemente le risorse. In questo caso il mercato fallisce. I mercati tuttavia sono uno strumento efficiente per aumentare l’utilità derivante dall’attività economica, è la pietra di paragone per misurare le soluzioni. I BENI PUBBLICI Fra gli elementi che conducono al fallimento del mercato vi è la presenza di: - Beni pubblici o comunque che non hanno le caratteristiche dei beni privati - Esternalità economiche I beni privati sono caratterizzati da: - Escludibilità di consumo → è possibile (in quanto non è troppo costoso) impedire il consumo ai soggetti che non hanno pagato per esso - Rivalità nel consumo → il bene acquistato da qualcuno impedisce l’utilizzo ad altri nello stesso tempo I beni pubblici puri non sono né escludibili né rivali (es. cordone sanitario, parchi pubblici…) I beni misti hanno come caratteristiche: - Beni comuni o ad accesso libero → non escludibili ma rivali (es. stock ittici in acque internazionali, parcheggi al supermercato) - Beni di gruppo (o di “club”) → escludibili ma non rivali (es. golf club) 11 Prof.ssa Silvia Novelli A seconda delle condizioni locali (quadro socio-economico in cui è scambiato/fruito) uno stesso bene/servizio può assumere caratteristiche di mercato o di altra natura (bene pubblico puro o misto): Es: - Legname - Assistenza sanitaria - Paesaggio (pagare per un belvedere) NON sono caratteristiche intrinseche del bene Indipendentemente dal grado di escludibilità o rivalità, nel caso dei beni pubblici può sorgere il problema della congestione dovuto all’elevato numero di “utilizzatori” della risorsa. La congestione produce effetti negativi sulla qualità della fruizione della risorsa piuttosto che sulla sua quantità. Escludibilità e rivalità hanno rilevanza per le questioni ambientali: - I beni ambientali sono quasi sempre beni pubblici o comuni. - La loro assenza determina situazioni non efficienti per la società Il problema dei beni pubblici puri: - Le imprese private non sono incentivate a produrli/conservarli (manca escludibilità) → sono sottoprodotti o non prodotti - Inducono comportamenti da free rider (non pagano il biglietto ma fanno la corsa in bus) → comportamento opportunistico tenuto da individui che beneficiano di beni e servizi senza contribuire al pagamento degli stessi, contando sul fatto che il resto della collettività lo farà per loro (conseguenza della non escludibilità al consumo). Questo provoca una sottoproduzione o un’assenza completa di produzione (a seconda del numero di free riders). Nel caso dei beni pubblici puri è il meccanismo economico che impedisce la produzione del bene, perché il bene non viene prodotto o viene sottoprodotto perché NON escludibile. Questi beni sono di solito prodotti dallo Stato, che può imporre pagamenti obbligatori (tasse) e controlli per contrastare il free riding (aumentando il beneficio complessivo) Occorrono correttivi esterni per forzare produttori e beneficiari per forzare produttori e beneficiari a contribuire alla fornitura (intervento pubblico). Gli strumenti sono: - Contributi/incentivi → per incentivare la loro produzione - Tasse → per coprire i costi della fornitura - Controllo → per il free-riding Diversamente che per i beni di mercato, la domanda aggregata dei beni pubblici è data dalla somma verticale delle funzioni di domanda individuali (DAP marginali individuali); questo perché: - Il consumatore non può scegliere la quantità da consumare quando si parla di beni pubblici (es. qualità dell’aria) - Quella che viaria è la DAP marginale individuale - La condizione di efficienza è che la somma di benefici marginali individuali eguagli i costi marginali. Il problema del free ride è che sarà erogata una minor quantità di servizio/bene MC = costo marginale Problemi dei beni comuni: - I beni comuni sono disponibili alla collettività, non esiste un preciso proprietario e quindi i diritti di proprietà sono poco chiari - Sono tipicamente utilizzati secondo il principio “chi primo arriva meglio alloggia”. La strategia del fruitore razionale è quella di utilizzare la risorsa più che può, poiché chi arriverà dopo utilizzerà tutto quello che lui avrà lasciato; questa è una conseguenza della rivalità di consumo (non c’è incentivo alla conservazione della risorsa) - Problema del sovra-utilizzo e esaurimento 12 Prof.ssa Silvia Novelli Le inefficienze dovute ai pochi chiari diritti di proprietà furono teorizzate nel 1968 da Garrett Hardin in un famoso articolo pubblicato su Science dal titolo “The tragedy of commons”. Il sovarautilizzo è un danno per tutti, ma ognuno ha un incentivo a usare per primo e il più possibile la risorsa (es. acqua di falda, risorse ittiche, fauna selvatica, funghi…) Occorrono correttivi esterni per regolare l’accesso alla loro fruizione (intervento pubblico) con normative e standard. Una regolamentazione è sempre necessaria, dall’alto o dal basso. LE ESTERNALITÀ Le esternalità sono l’insieme di 3 condizioni contemporanee: - Decisioni di consumo o di produzione prese da un singolo agente che influenzano il benessere degli altri agenti. In relazione a questo punto le esternalità si caratterizzano come: o Positive → es. paesaggio delle langhe, allevamento di api per impollinazione o Negative → es. inquinamento dell’aria La distinzione tra positivo o negativo sta nell’aumento o nella diminuzione del benessere di soggetti terzi - Non vi è compensazione monetaria tra agenti avvantaggiati e svantaggiati (es. ho un’azienda che inquina e fa ammalare le persone, nessuno però le risarcisce per il danno). Sebbene gli effetti esterni positivi (benefici) o negativi (costi) siano evidenti, non hanno un prezzo (mancanza di mercato) oppure il prezzo determinato non è corretto (non ne riflette completamente il valore) - L’effetto positivo o negativo non è deliberatamente cercato, ma si configura come prodotto incidentale (o non voluto) dalle decisioni di consumo o di produzione prese. È generalmente accettato che l’origine delle esternalità sia tipicamente la mancanza di diritti di proprietà ben definiti Alcuni esempi di esternalità (negative) da produzione sono: - Inquinamento - Rifiuti - Rumore - Emissioni di metano Si tratta di esternalità negativa dal punto di vista economico solo se si generano costi esterni non compensati, altrimenti si tratta di un effetto esterno negativo per l’ambiente. Alcuni esempi di esternalità (negative) da consumo sono: - Inquinamento (veicoli) - Rifiuti - Rumore - Fumo passivo - Congestione del traffico - Dipendenza da gioco, consumo di cibi poco sani - … FUNZIONAMENTO DEL MERCATO IN PRESENZA DI ESTERNALITÀ Presenza di esternalità: - Le esternalità sono quasi sempre beni/mali pubblici - L’analisi del problema delle esternalità implica la valutazione di: o Qual è il livello di esternalità che i produttori producono spontaneamente? o Perché nel mercato in concorrenza perfetta, e senza correttivi pubblici, le esternalità sono prodotte in quantità scorrette (sovraprodotte o sottoprodotte)? 13 Prof.ssa Silvia Novelli ESTERNALITÀ NEGATIVE Le esternalità negative sono costi esterni che gravano su soggetti che non li hanno prodotti (es. inquinamento atmosferico: spese sanitarie, perdita di valore degli immobili, minori rese agricole…). La presenza fisica dell’effetto esterno non è sufficiente perché si manifesti un’esternalità da un punto di vista economico. Si ha un costo esterno per la società quando: - L’attività di un agente economico causa la perdita di benessere ad altri soggetti - La perdita non è compensata I costi esterni non sono di piccola entità Es. Le gomme da masticare costano circa 1.80€/pacchetto per 6 cicche. Il costo per rimuovere le cicche è necessario circa 1€/pezzo e circa 2 minuti. Dunque il costo esterno del consumo delle cicche è di 6€/pacchetto (sottostimato, solo conto dell’uso scorretto). - Strade e marciapiedi di Roma 5 milioni €/anno - Strade e marcapiedi di Barcellona 120000 €/anno L’ottimo produttivo di mercato e sociale con esternalità negative risponde alla domanda “qual è il livello di esternalità negativa che i produttori generano spontaneamente?” Se la produzione genera costi per altri, e i produttori NON sono obbligati a considerarli, prenderanno le proprie decisioni considerando esclusivamente i costi di produzione privati; produrranno dunque OQ1 (ottimo produttivo privato). 14 Prof.ssa Silvia Novelli Se tutti i produttori prendessero le loro decisioni considerando anche i costi esterni (o meglio i costi sociali, quindi privati + esterni), diminuirebbero le quantità che ciascuno produce per ogni livello di prezzo (tutta la curva si sposta a sx di una distanza pari all’esternalità negativa) e corrisponderebbe a OQ2 (ottimo produttivo sociale). Avere dei costi di produzione maggiori fa sì che si produca meno. Anche i costi esterni sarebbero più bassi (AB < CD). L’esternalità negativa è sovraprodotta quando i produttori non sono costretti a farsi carico dei costi esterni. Si ha un nuovo equilibrio di mercato con: - Prezzo maggiore - Quantità minore 15 Prof.ssa Silvia Novelli Quindi le esternalità negative sono costi esterni che gravano su soggetti diversi da chi le ha prodotte. Gli effetti esterni negativi determinano uno sfasamento fra le curve di offerta di mercato (curve dei costi privati) e le curve di costo sociale (costi privati + esterni). Costi sociali = costi privati + costi esterni Con esternalità negative → costi esterni > 0 → Costi sociali > Costi privati Le conseguenze delle esternalità negative sono: - I produttori perseguono la massimizzazione del profitto privato, senza tenere conto dei costi esterni - Le esternalità negative sono sovrapprodotte rispetto all’ottimo sociale - Il mercato fallisce nel massimizzare il benessere sociale Occorrono correttivi esterni, quindi un intervento pubblico, per incentivare/forzare i produttori a tenere conto dei costi esterni da essi determinati (da qui il “chi inquina paga”). ESTERNALITÀ POSITIVE Le esternalità positive sono benefici esterni goduti da soggetti che non li hanno prodotti (es. agricoltura sostenibile). Anche in questo caso la presenza fisica dell’effetto esterno non è sufficiente perché si manifesti un’esternalità da un punto di vista economica. Si ha un beneficio se: - L’attività di un agente economica causa un aumento del benessere di altri soggetti - L’aumento del benessere sociale non è compensato L’ottimo produttivo di mercato e sociale con esternalità positive risponde alla domanda “qual è il livello di esternalità positiva che i produttori producono spontaneamente?”. I produttori considerano per le loro scelte produttive unicamente il prezzo di mercato. L’ottimo produttivo privato è OQ1. 16 Prof.ssa Silvia Novelli Se il produttore fosse compensato per le esternalità positive prodotte sceglierebbe in base ai benefici sociali (prezzo + valore dei benefici esterni). La quantità di prodotto, e il relativo livello di esternalità positiva, sarebbero superiori (OQ2, cioè l’ottimo produttivo sociale). Se fosse possibile remunerare il produttore per questi benefici, che per il mercato sono invisibili, la curva del prezzo si alzerebbe perché i consumatori sarebbero disposti a pagare di più se riconoscessero un valore 17 Prof.ssa Silvia Novelli al beneficio esterno (la curva aggregata si sposterebbe a dx). Il produttore produrrebbe di più e in contemporanea produrrebbe più esternalità positiva. Le esternalità positive sono benefici esterni goduti da soggetti diversi da chi li ha prodotti. Gli effetti esterni positivi determinano uno sfasamento fra il prezzo di mercato e la reale disponibilità a pagare per i benefici sociali prodotti. Benefici sociali = benefici privati + benefici esterni Con esternalità positive → benefici esterni > 0 → benefici sociali > benefici privati Le conseguenze delle esternalità positive sono: - I produttori non sono remunerati per i benefici esterni da essere prodotti - Le esternalità positive sono sottoprodotte rispetto all’ottimo sociale - Il mercato fallisce nel massimizzare il benessere sociale Sono necessari correttivi esterni (incentivi e quindi intervento pubblico) per remunerare i produttori per i benefici esterni prodotti (da qui la “compensazione al fornitore”). TIPOLOGIE DI FALLIMENTO DI MERCATO - Completo → il mercato non è in grado di fornire i beni/servizi in oggetto, c’è una mancanza di mercato (es. elementi tradizionali del paesaggio agrario con omogeneizzazione del paesaggio) - Parziale → i mercati regolano la fornitura di beni/servizi in oggetto ma questi vengono prodotti/consumati o nella quantità sbagliata o al prezzo sbagliato. Il punto di equilibrio non è efficiente e di conseguenza c’è un eccesso/carenza di offerta/domanda (es. inquinamento) 18 Prof.ssa Silvia Novelli INTERVENTO PUBBLICO Quando i processi produttivi generano flussi di beni e servizi che si configurano come beni pubblici e/o esternalità il mercato non è in grado di raggiungere l’ottimo sociale; perché sia raggiunto occorre l’intervento pubblico. Le misure pubbliche (politiche) per correggere il fallimento del mercato dovuto a questi motivi sono svariate: - Strumenti economici → tasse ambientali, permessi negoziabili, pagamenti ambientali, sussidi… - Standard ambientali → regole e norme Le scelte produttive e quelle di intervento pubblico implicano un trade-off fra i beni della scelta e i danni della scelta (es. scelta di quanto produrre in termine di produzione di esternalità negative, riduzione di quelle positive…). Ma in campo produttivo: - Guadagna o Chi ottiene profitto o Chi percepisce un salario o Chi ha un beneficio (utilità) - Perde o Chi subisce danno a causa dell’effetto esterno generato dal processo produttivo Quando i mercati falliscono nell’allocare in maniera efficiente le risorse, si può correggere le carenze del meccanismo di mercato tramite l’intervento pubblico. Questo risponde a diverse esigenze: - Ragioni di efficienza → per correggere il fallimento di mercato (es. definendo i diritti di proprietà, carcando di limitare le esternalità negative e promuovendo la produzione di quelle positive) - Ragioni di equità → l’equità dipende dalla distribuzione iniziale delle risorse, non dal meccanismo di mercato. L’intervento in questo senso può tentare di ridistribuire i redditi e i consumi tra i diversi gruppi sociali (es. tassazione progressiva, programmi di sviluppo e si spesa rivolti a determinate categorie sociali) La difficoltà nelle scelte pubbliche sta nel fatto che le politiche di solito determinano la presenza contemporanea di individui che migliorano la propria situazione e altri che la peggiorano. Il criterio di Pareto non è efficace perché: - Si ha sempre qualcuno svantaggiato e qualcuno avvantaggiato - A volte ci sono più strade “vincenti” ed è difficile scegliere quale è la migliore Per ovviare a queste difficoltà si può ricorrere al criterio di efficienza (o di compensazione) di Kaldor-Hicks: un cambiamento è desiderabile se gli individui avvantaggiati sono in grado di compensare gli svantaggiati, in modo che questi ultimi conseguano un benessere almeno uguale a quello che avrebbero nella situazione iniziale. Il criterio di Kaldor-Hicks non richiede che siano effettivamente pagati i soggetti svantaggiati, ma implica che il decisore pubblico consideri il benessere totale della società, indipendentemente da chi sia avvantaggiato o svantaggiato. I benefici totali devono essere superiori ai costi totali (beneficio netto della politica/progetto deve essere positivo). Permane il problema dell’equità che dipende dalla distribuzione iniziale delle risorse e dalla possibilità che venga associato un valore maggiore al benessere di determinati gruppi sociali piuttosto che di altri. Il criterio di Kaldor-Hicks è alla base dell’analisi costi-benefici, ed è uno strumento fondamentale per la valutazione delle politiche pubbliche. OTTIMO SOCIALE Parlare di un ottimo livello di esternalità, soprattutto se negative, può essere sconvolgente ma: - Da un punto di vista puramente economico, la completa eliminazione delle esternalità negative non è praticabile né desiderabile 19 Prof.ssa Silvia Novelli - L’“impatto zero” nei processi produttivi è irrealizzabile - C’è sempre un trade-off fra benefici della produzione e danni della produzione: o Soggetti avvantaggiati → chi percepisce un salario, chi percepisce profitti, chi ottiene un’utilità dai consumi o Soggetti svantaggiati → la collettività in generale che subisce i danni derivanti dai processi produttivi (e di consumo) In termini generali, ottimizzare la produzione di esternalità significa individuare un livello di produzione (Q) che renda massima la differenza fra benefici e costi sociali: max 𝐵 − 𝐶 - (Benefici) B sociali = B privati + B esterni - (Costi) C sociali = C privati + C esterni Il problema è che senza regolamentazione i produttori tendono alla massimizzazione di profitti (cioè del beneficio privato) e: - Non devono farsi carico dei costi sostenuti da altri (esterni) - Non sono compensati per i benefici che producono ad altri (esterni) La gestione delle esternalità non è presa in considerazione nelle scelte produttive. Sia benefici che costi hanno una parte privata e una parte “esterna”, questa rimane invisibile ma è essenziale tenerne conto, anche per decidere come distribuire i fondi pubblici. Per studiare l’ottimo sociale e i correttivi per raggiungerlo occorre rivedere la teoria dell’impresa e derivare la curva del Beneficio Marginale Netto Privato (BMNP): - L’impresa massimizza il profitto quando il costo marginale (CM) è pari al ricavo marginale (RM = p) - Sottraendo i CM dal RM si ottiene la curva del profitto marginale (PM) → rappresenta la variazione di profitto derivante dall’aumento di un’unità di prodotto - Il profitto totale, cioè l’area sotto la curva del PM, è massimizzato quando PM = 0 (quando CM = RM = p) - Il profitto equivale al beneficio netto privato ottenuto dal produttore - La curva di PM e formalmente equivalente al BMNP 20 Prof.ssa Silvia Novelli Senza regolamentazione, il livello di produzione ottimo per l’azienda è pari a OA, corrispondente al punto in cui PM = 0, con il relativo livello di esternalità (positive e negative) congiunto. Qual è l’ottima quantità di produzione e conseguentemente di esternalità negativa (come ad esempio inquinamento derivante dalle attività produttive) per la società? In generale non è possibile un azzeramento dell’inquinamento (attività economica nulla). Sulla collettività gravano i costi dell’inquinamento: - Economici (es. minori produzioni nelle aree inquinate, deprezzamento degli immobili…) - Fisici (es. costi sanitari) - Personali (es. degradazione dei paesaggi, perdita di opportunità ricreative) Se fosse: - Possibile misurare i costi esterni in termini monetari - Accettabile misurare i costi esterni in termini monetari I costi dell’inquinamento crescono in modo più che proporzionale al crescere dell’output Q a causa dell’accumulazione degli inquinanti [più che proporzionale → aumento maggiore del doppio al raddoppiare dell’imput]. È possibile che esista un minimo livello di output al di sotto del quale non si registrano effetti dell’inquinamento (es. riciclo naturale); infatti fino a OB non c’è inquinamento. L’area al di sotto dei CME rappresenta il costo totale esterno 21 Prof.ssa Silvia Novelli L’ottimo sociale, in presenza di esternalità negative, è controverso perché la società in parte trae benefici dalla produzione e da un’altra subisce danni da inquinamento. Se accettiamo il principio di compensazione, allora l’obiettivo della società è massimizzare la differenza fra benefici e costi. MAX (benefici privati totali – costi esterni totali) BMNA e CME - L’area sotto i BMNP è il beneficio totale netto del produttore. - L’area sotto i CME è il costo esterno totale Il massimo beneficio sociale netto viene raggiunto quando BMNP = CME In questo caso l’area D, che corrisponde al beneficio sociale netto, è la più grande possibile L’ottimo produttivo è OE, con OE: - D+C = benefici privati - C = costi esterni totali - D = beneficio sociale netto Per livelli di produzione superiori i costi esterni addizionali superano i benefici privati addizionali, c’è quindi una perdita netta. Per livelli di produzione inferiori i il beneficio privato netto a cui rinuncia il produttore supera i minori costi esterni, si ha quindi una perdita netta. Riassumendo: - L’ottimo di mercato in assenza di correttivi è OA - L’ottimo sociale è OE, in corrispondenza del quale il danno economico è pari all’area C. - L’area D rappresenta il beneficio sociale generato in corrispondenza dell’ottimo livello di esternalità negativa In un mercato in concorrenza perfetta RM = p, quindi il profitto marginale è: PM = BMNP = RM – CMP = p – CMP CMP = costo marginale private In E, il prezzo è pari al costo marginale sociale (costo marginale privato + costo marginale esterno) BMNP = CME p – CMP = CME p = CMP + CME → già visto! In E, il prezzo è pari al costo marginale sociale (costo marginale privato + costo marginale esterno). 22 Prof.ssa Silvia Novelli La condizione in cui il prezzo è uguale al costo sociale marginale è la condizione di ottimo sociale. In tale situazione, il prezzo eguaglia sia i costi provati che quelli esterni marginali. Ma senza l’intervento pubblico la quantità di output è OA. L’area C + G + F = costi esterni totali sostenuti dalla collettività L’area G + F = costi esterni dovuti alla non ottima produzione di esternalità che devono essere rimossi con qualche forma di regolamentazione L’esternalità connessa all’output EA è rilevante in termini di efficienza, la sua rimozione rappresenterebbe un miglioramento (Kaldor-Hicks) Assumendo che: - Possa essere attribuito un valore monetario sia a benefici che ai costi ambientali - Il mercato sia in concorrenza perfetta - Una data relazione fra quantità di output e quantità di esternalità. Ma questa può variare (es. impianti di depurazione, progresso tecnologico…) e in questo caso la quantità di esternalità negativa per unità di prodotto può essere ridotta. Questo permette di aumentare la soglia di output sotto la quale non c’è l’inquinamento. Ridurre la quantità di inquinante per unità di output significa traslare verso il basso la curva dei CME. La nuova soglia al di sotto della quale non c’è inquinamento è OB1 e il nuovo ottimo di produzione è OE1. 23 Prof.ssa Silvia Novelli STRUMENTI DI INTERVENTO Gli strumenti per correggere i fallimenti di mercato sono: - Negoziazioni di mercato - Tasse ambientali - Standard ambientali - Sussidi - Permessi negoziabili L’economia dell’inquinamento è l’analisi degli strumenti di intervento ed è tipicamente dedicata alla regolazione delle esternalità negative. I meccanismi attraverso i quali gli strumenti agiscono si distinguono in: - Meccanismo privato → è un intervento momentaneo e non ha una forza troppo incidente o Negoziazione di mercato - Meccanismo pubblico → gli strumenti più usati per dare risposta al problema del raggiungimento dell’ottimo livello di esternalità sono quelli basati su questo meccanismo o Tasse o Standard o Sussidi o Permessi negoziabili Si possono anche distinguere in strumenti di tipo: - Economico → perché modificano la redditività dei produttori (tutti tranne standard) - Regolamentatorio → (gli standard) si basano su norme alle quali i produttori si devono attenere NEGOZIOAZIONE DI MERCATO Il teorema di Coase indica che un approccio per risolvere il problema delle esternalità è quello di spingere il mercato verso l’ottimo sociale senza l’intervento della parte pubblica ma sfruttando unicamente il meccanismo di mercato. Questo approccio si basa sul definire correttamente i diritti di proprietà sulle risorse. Il diritto di proprietà si riferisce al diritto d’uso di un bene/risorsa (es. diritto di emettere sostanze nell’aria, di derivare acqua di falda, di coltivare cereali sulla propria terra…) conformemente a quanto accettato dalla società. Il significato di proprietà è più ampio di quello comune. Sulla base di queste definizioni di proprietà, il livello desiderato di degrado ambientale può essere raggiunto tramite negoziazioni fra soggetti avvantaggiati (es. chi inquina) e i soggetti svantaggiati (es. chi subisce i danni). - Se l’inquinato ha i diritti di proprietà, l’inquinatore deve compensarlo per tollerare i danni - Se l’inquinatore detiene i diritti di proprietà, l’inquinato può compensarlo perché non inquini Se i diritti di proprietà sono ben definiti, la negoziazione fra inquinatore e inquinati condurrà all’ottimo sociale, indipendentemente da chi detiene i diritti di proprietà (vincono tutti). SE I DIRITTI DI PROPRIETÀ APPARTENGONO AGLI INQUINATI La collettività ha il diritto di NON essere inquinata e i produttori NON hanno il diritto di inquinare. Prevale la posizione di chi ha il diritto di proprietà e quindi il livello di produzione (e inquinamento) sarà OB, dove i costi esterni sono pari a 0. 24 Prof.ssa Silvia Novelli Se le parti potessero negoziare sull’opportunità di spostarsi al punto d. In questo modo il produttore otterrebbe un profitto Bcfd e la comunità subirebbe un danno (costi) Bgd. Il produttore potrebbe offrire una compensazione agli inquinati >Bgd ma 0. Lo spostamento nel punto d è miglioramento per entrambi (ottimo paretiano) Per le stesse ragioni qualsiasi ulteriore spostamento verso E è un miglioramento paretiano. Spostamenti a destra di E non sono realizzabili: i guadagni netti sarebbero inferiori alle perdite e il produttore non potrebbe compensare gli inquinati. Quindi c’è una naturale tendenza a spostarsi e fermarsi in E, cioè l’ottimo sociale. SE I DIRITTI DI PROPRIETÀ APPARTENGONO AGLI INQUINATORI Chi subisce danno NON ha diritto di NON essere inquinato e i produttori HANNO il diritto di usare l’ambiente (es. scarico dei rifiuti). Il punto di partenza sarà OA, dove i produttori massimizzano il profitto. 25 Prof.ssa Silvia Novelli Di nuovo, è possibile che le due parti giungano ad un accordo per spostarsi in h. Il produttore perderebbe in profitto netto pari a hmA e i danneggiati ridurrebbero il costo esterno di hilA. Poiché il costo marginale evitato dalla collettività è superiore al beneficio marginale preso dal produttore (hmA) c’è la possibilità di negoziare. I danneggiati potrebbero cercare di convincere l’inquinatore a ridurre la produzione, e di conseguenza l’inquinamento, corrispondendogli una compensazione >hmA e RM ed BMNP = CME non rappresentano l’ottimo sociale e p > CMP + CME La valutazione di un’unità aggiuntiva di prodotto è superiore ai costi addizionali (privati + esterni) necessari per produrla. In senso stretto questa non è un’inefficienza dell’approccio di Coase ma dipende dal fallimento di mercato dovuto all’imperfezione concorrenziale (due fallimenti contemporanei: esternalità e concorrenzialità). Le reali possibilità di negoziazione: - I costi di transazione → costi che si sostengono per realizzare uno scambio, un contratto o una transazione economica in genere (es. notaio…). Nel caso del controllo delle esternalità sono i costi per individuare e far incontrare le parti coinvolte per la negoziazione stessa. I costi di transazione possono essere così alti da impedire la negoziazione. In questo caso potrebbe essere meno costoso l’intervento pubblico. - L’identificazione delle parti coinvolte → talvolta l’identificazione delle parti coinvolte sono difficili da individuare: o Inquinanti a lungo termine o I danneggiati non sanno di esserlo o con che entità In questi casi dovrebbe intervenire lo Stato - Comportamenti opportunisti → la difficoltà di individuazione delle parti può incentivare comportamenti di free-riding, con singoli gruppi che si fanno carico di tutti i costi: o Diritti di proprietà del produttore → qualcuno paga l’inquinatore per ridurre la produzione (e l’inquinamento), ma i benefici vanno anche a chi non ha pagato o Diritti di proprietà dei danneggiati → qualcuno negozia con l’inquinatore ma la compensazione va a tutti. 27 Prof.ssa Silvia Novelli Inoltre soggetti che non sono interessati alle risorse in oggetto richiedono una compensazione solo perché hanno la possibilità di entrare nella negoziazione (es. compensazione per ridurre l’inquinamento non prodotto/per riparare a un danno non subito). Questo problema nasce dal fatto che le parti e quindi i diritti di proprietà non sono stati ben definiti. - I beni comuni → coinvolge i beni non escludibili ma rivali. Sono risorse possedute collettivamente da in gruppo identificabile. Sono tutti contemporaneamente produttori e consumatori. I diritti di proprietà di questi beni non sono chiari e necessitano soluzioni cooperative. La negoziazione funziona, ma è difficile da applicare, quindi non viene molto utilizzata su grande scala. È un approccio in via di sperimentazione e implementazione in campo agricolo e forestale in molti paesi nel mondo (soprattutto emergenti), in particolare per la remunerazione delle esternalità positive (PES- Poyments for Ecosystem Service). Può essere utile per spingere i sostenitori della regolamentazione ambientale a definire i propri termini e a giustificare la propria posizione in modo più preciso di quanto avrebbe fatto altrimenti. Un esempio è il caso Vittel (Francia, 1988). La fonte di acqua minerale Vittel (Nestlé) si trova nella regione dei Vosgi, nel nord-est della Francia. L’utilizzo di nitrati nelle attività agricole rischia di contaminare le sorgenti. L’obiettivo era quello di portare i nitrati contenuti in acqua di falda sotto i 4.5 mg/l (il limite di legge massimo è 50 mg/l). La contrattazione è tra una grande multinazionale e gli agricoltori, il diritto di proprietà è degli agricoltori (perché gli agricoltori possono utilizzare i terreni come vogliono). Le alternative erano: - Non fare nulla → troppo costoso per la Nestlé in post-produzione e deprezzamento - Riallocare le fonti di captazione dell’acqua → perdita del marchio - Comprare tutte le terre della regione → non fattibile - Uso di azioni legali per costringere gli agricoltori ad abbassare la quantità di nitrati nei suoli → problemi di tipo sociale - Dare incentivi agli agricoltori per cambiare volontariamente le loro pratiche → unica opzione fattibile La negoziazione è durata 10 anni, sono stati stipulati contratti di 30 anni con tutti gli agricoltori del bacino di captazione per ridurre i fertilizzanti azotati e modificare le pratiche agricole passando: - 17000 ha di mais a pascolo o altro - Conversione al biologico - 92% dell’area sotto gestione protetta I benefici per gli agricoltori sono stati: - Compensazione di circa 200€/ha/anno per mancati redditi - Altri benefici (assistenza tecnica gratuita per la conversione, contributo di 150000 € a fondo perduto per miglioramenti delle infrastrutture, cancellazione di debiti per l’acquisto di fondi) Sono stati stanziati circa 25 mln di € da Nestlé nei primi 7 anni (circa 1.52 €/m2 di acqua imbottigliata…e in quella zona vengono imbottigliate 5 mln di bottiglie d’acqua al giorno) TASSE AMBIENTALI Per chi la subisce la tassa rappresenta un costo. Tassare chi inquina rende i costi privati pari ai costi sociali, costringendo gli inquinatori a farsi carico anche dei costi esterni (questo meccanismo vale per i produttori ma anche per i consumatori). Attraverso le tasse, i costi esterni sono “internalizzati” Una tassa sulla quantità di bene prodotto (o consumato) attiva l’interesse personale dell’inquinatore. In questo modo chi produce l’esternalità negativa e costretto a considerare i costi esterni come fossero costi interni (privati) e a prendere le sue decisioni produttive (o di consumo) tenendone conto. 28 Prof.ssa Silvia Novelli Imponendo una tassa (t) su ciascuna unità prodotta i profitti marginali diminuiscono di una quantità pari alla tassa stessa. Il produttore massimizza il profitto quando il BMNP - t = 0, ad un livello di produzione OE (l’ottimo sociale!) La tassa t è una tassa ottimale, perché consente di raggiungere l’ottimo sociale OE. Essa è pari ai CME all’ottimo sociale. L’ottimo sociale e raggiunto quando: prezzo = CMS = CMP + CME Ma l’azienda considera solo i costi privati e massimizza il profitto quando: prezzo = CMP 29 Prof.ssa Silvia Novelli Se una tassa t (pari ai CME, cioè al danno marginale, in corrispondenza dell’ottimo sociale OE) viene aggiunta ai costi privati, allora l’azienda dovrà considerare anche i CME: prezzo = CMP + t e dunque: prezzo = CMP + CME (la condizione di ottimo sociale) CRITICITÀ IL PROBLEMA INFORMATIVO Per fissare correttamente la tassa, i CME e i BMNP devono essere entrambi noti e misurabili. La stima della funzione dei CME può essere complessa è costosa. Inoltre si tratta di una stima, dunque esperti diversi possono produrre diverse stime dando luogo a dispute legali circa il fondamento della tassa. La funzione (nel senso di curva) dei BMNP è probabilmente conosciuta dall’impresa, che ovviamente non ha interesse a renderla nota. Vi è un’asimmetria informativa fra l’inquinatore e l’autorità che deve decidere la tassazione: l’autorità regolamentatrice si trova in una situazione svantaggiata e qiuindi l’intervento pubblico è difficile. Tuttavia: Anche se è molto complesso (o impossibile) definire la tassa “ideale” o “ottimale” e raggiungere l’ottimo teorico, le tasse possono essere un efficiente strumento per indicare la direzione corretta nel cambiamento nei livelli di impatto ambientale. Inoltre, anche se CME e i BMNP non sono noti le tasse hanno proprietà di minimo costo (cioè di efficacia in termini di costo, sono costo-efficienti). Nella pratica con le tasse possono essere raggiunti livelli “accettabili” o “approssimati” di impatto piuttosto che di livelli “ottimali” dal punto di vista teorico IL PROBLEMA DELL’EQUITÀ Occorre considerare le questioni di equità, oltre che quelle di efficienza: l’ammontare della tassa sostenuta per ogni livello di produzione è pari t volte il livello di produzione ma, quando l’ottimo sociale è raggiunto (OE), l’inquinatore paga ancora t · OE Il produttore riduce la produzione a OE per massimizzare il profitto. Raggiunto l’ottimo sociale, il produttore evita il pagamento della tassa EKHA, ma paga ancora una tassa OMKE. Questo ha una giustificazione sociale? È giusto?...dipende da chi detiene i diritti di proprietà! Quando l’ottimo è raggiunto (OE), l’inquinatore non paga la tassa fra OE e OA (perché ha ridotto la quantità prodotta), ma continua a pagare la tassa fino all’ottimo sociale OE. Questo ha una giustificazione sociale? È giusto? 30 Prof.ssa Silvia Novelli - SI → se l’inquinatore NON ha diritto di usare l’ambiente per scaricare i rifiuti → in questo caso la tassa ambientale rappresenta una compensazione per l’utilizzo di una proprietà che appartiene ad altri (es. lo Stato, la collettività) - NO → se l’inquinatore ha ogni diritto di usare l’ambiente → in questo caso non solo la tassa ottimale è sbagliata ma anche la tassa applicata tra OE e OA I MERCATI IN CONCORRENZA IMPERFETTA Come già visto con l’approccio di Coase, quando il mercato non è in concorrenza perfetta vi è un’ulteriore distorsione (prezzo ≠ ricavo marginale) Ne consegue che la tassa ottimale t ≠ CME all’ottimo. Diventa molto complesso fissare la tassa ottimale, che in questo caso dovrebbe correggere due distorsioni: la presenza di esternalità e il mercato non competitivo (si noti che mercati monopolistici dovrebbero essere comunque evitati per ragioni di efficienza in termini di benessere, anche in assenza di esternalità). UN’ALTERNATIVA I COSTI DI RIDUZIONE DELL’INQUINAMENTO Il meccanismo di tassazione analizzato mira a contenere l’inquinamento riducendo il livello di produzione, ma è anche possibile ridurre l’inquinamento modificando il sistema produttivo (es. sistemi di abbattimento degli inquinanti). Una tassa può sollecitare tali cambiamenti quando è fissata per unità di inquinante invece che per unità di prodotto. Le tasse sui livelli di inquinanti emessi incentivano l’installazione di sistemi di abbattimento o “controllo” degli inquinanti rilasciati nell’ambiente. Ridurre l’inquinamento in questo modo significa per il produttore sostenere dei costi di riduzione dell’inquinamento L’incremento dei costi di riduzione dell’inquinamento per unità di inquinamento ridotto rappresenta i costi marginali di riduzione dell’inquinamento (CMRI). La curva dei CMRI indica i costi addizionali necessari per la riduzione del livello di inquinamento attraverso apposite attrezzature. I costi di riduzione dell’inquinamento sono inversamente proporzionali al livello di inquinamento: è più facile ridurre di un’unità il livello di inquinamento quando il livello di inquinamento è alto rispetto a quando è molto 31 Prof.ssa Silvia Novelli basso (più è basso il livello di inquinamento più sono necessarie attrezzature/tecniche sofisticate per ulteriori riduzioni della concentrazione dell’inquinante) I CMRI diminuiscono al crescere del livello di inquinamento. Il CM per la riduzione dell’inquinamento al livello W1 è CMRI1. Il CM per la riduzione dell’inquinamento al livello W2 è CMRI2. È quindi comparativamente meno costoso eliminare quantità iniziali di inquinamento ‘pesante’. L’ottimo livello di inquinamento (Wo) corrisponde al punto in cui CMRI = CME (il beneficio sociale totale è massimizzato quando l’incremento dei CRI di un’unità è pari alla riduzione dei CE che quell’unità avrebbe generato). La tassa ottimale per unità di inquinamento e t da O a We conviene pagare la tassa (CMRI > t). Da We a Wmax conviene ridurre l’inquinamento (CMRI < t) RIASSUMENDO La curva dei (BMNP – t) può essere interpretata come una curva dei costi di riduzione dell’inquinamento quando l’unica maniera per controllare l’inquinamento sia ridurre il livello di produzione. La curva di CMRI è l’analoga curva di costo quando per ridurre l’inquinamento è possibile utilizzare idonee tecnologie e attrezzature. 32 Prof.ssa Silvia Novelli Il produttore può anche scegliere la maniera meno costosa di ridurre l’inquinamento: sia riducendo il livello di produzione sia riducendo il livello di inquinamento Ad esempio: - Da A a B, CMRI < BMNP – t → è meno costoso ridurre l’inquinamento che la produzione - Da B a O, CMRI > BMNP – t → ridurre la produzione e meno costoso che ridurre l’inquinamento Le curve evidenziate mostrano il sentiero di “costo minimo” della reazione alla regolamentazione Le principali criticità delle tasse ambientali sono: - L’incertezza circa la conoscenza (di almeno parte) delle funzioni di danno per la società (CME) e di profitto privato delle aziende (BMNP): o Asimmetrie informative (gli inquinatori hanno informazioni che il regolatore non ha e non hanno incentivi a rivelare la verità) o I costi d’informazione sostenuti dalla parte pubblica possono superare i benefici dell’efficienza - L’incertezza circa l’equità della loro applicazione - La loro inefficienza in caso di mercati non concorrenziali (…ma questo vale per tutti gli strumenti economici) APPLICAZIONI IN PRATICA Viste le criticità di questi strumenti, le tasse ambientali sono tipicamente distanti dal modello teorico nell’applicazione. Ci sono poi dei settori produttivi per i quali è comunemente riconosciuto che i produttori detengano i “diritti di proprietà” sulle risorse che gestiscono, di conseguenza l’imposizione di tasse è dunque percepita come iniqua. Ad esempio, in ambito agricolo e forestale per la risoluzione di problemi ambientali sono molto più frequenti gli standard Definizione della Commissione Europea (adottata anche da Eurostat): “una imposta la cui base imponibile è una unità fisica (o una proxy) di qualcosa che ha un comprovato, specifico impatto negativo sull'ambiente” Le tasse ambientali hanno una base di imposta fisica calcolata sui costi/prezzi o quantità dei fattori produttivi inquinanti o dei prodotti inquinanti (non sulla quantificazione monetaria dei costi esterni, che è oggetto dell’economia dell’ambiente). Ragioni per la loro introduzione (spesso combinate fra di loro): - Per coprire i costi (“internalizzare i costi”) → finalizzate a incorporare il costo dei servizi ambientali e dei danni (compresa la loro riparazione) nel prezzo dei prodotti, dei servizi e delle attività che li causano (es. il gettito [entrata complessiva derivante da uno o più tributi] può essere utilizzato per coprire le spese dei servizi ambientali e delle misure di riduzione delle emissioni/impatti, quali il trattamento delle acque) 33 Prof.ssa Silvia Novelli - Per incentivare → destinate a modificare il comportamento dei produttori e/o dei consumatori spingendoli a utilizzare le risorse in modo più “eco-efficiente” - Per fiscalità ambientali → destinate in primo luogo ad aumentare il gettito fiscale, utilizzabile per migliorare la spesa ambientale e/o per ridurre le tasse sul lavoro, sul capitale e sul risparmio In sintonia con la definizione delle linee guida statistiche, le imposte ambientali si dividono in: - Imposte sull’energia → imposte sui prodotti energetici utilizzati sia per carburazione (es. benzina e gasolio) che combustione (c.d. usi stazionari, es. oli combustibili, gas naturali, carbone, energia elettrica). Includono la tassazione delle emissioni di CO2. - Imposte sul trasporto (carburanti esclusi) → comprendono principalmente le imposte relative alla proprietà, alla registrazione e all'uso dei veicoli a motore oltre che ad altri mezzi di trasporto (es. aerei) - Imposte sull’inquinamento e le risorse → che comprendono: o Imposte sulle emissioni di prodotti inquinanti (esclusa la CO2!), misurate o stimate, nell’aria e nell’acqua, la gestione dei rifiuti solidi e le imposte per l’abbattimento del rumore e delle vibrazioni o Tasse per estrazione o l'utilizzo di una risorsa naturale. Comprendono quelle imposte sulle licenze di caccia, pesca e attività simili, in quanto queste attività comportano una riduzione delle risorse naturali. Le imposte sull’estrazione di petrolio o di gas non sono più catalogate come imposte sulle risorse (non rientrano nelle tasse ambientali) L’APPLICAZIONE IN EUROPA Chi paga queste tasse? Nel 2017 a incidere maggiormente sono le tasse sull’energia pari al 76,9% dei tributi riscossi (di cui il 51% pagata da industriali e il 47% da consumatori finali); seguono quelle sui trasporti (19.8%) mentre sono minoritarie le tasse su inquinamento e risorse (3.3% del totale). La % di gettito a carico delle diverse attività è diversa nei differenti Paesi. Una parte rilevante è sempre a carico delle famiglie e del settore manifatturiero, estrazione, produzione di energia applicazione in Italia. 57 miliardi di euro di gettito nel 2017, pari a circa l’7,9% del gettito tributario totale (sopra la media UE) e al 3,3% del PIL I costi esterni dei settori di attività sono stimati per i gas serra, i principali inquinanti atmosferici, i metalli pesanti e il rumore dei mezzi di trasporto. Il valore monetario stimato riguarda gli effetti sanitari, i danni agli edifici, le perdite di produzione agricola, e la riduzione di biodiversità dovuta ai fenomeni di acidificazione e all’eccesso di nutrienti azotati. I costi esterni dei settori di attività nel 2013, al massimo livello di disaggregazione del conto delle emissioni atmosferiche. Il totale dei costi esterni stimato nel 2013 supera leggermente i 50 miliardi di euro, di cui il 66,9% a carico dei settori produttivi e il 33,1% a carico delle famiglie. Ma le famiglie pagano il 70% in più dei loro costi esterni ambientali, mentre le attività economiche pagano il 26% in meno. Fra le attività economiche, i comparti dell’agricoltura e dell’industria pagano rispettivamente il 93% e il 27% in meno dei loro costi esterni ambientali, mentre il comparto dei servizi paga il 57% in più di quel che dovrebbe. GLI STANDARD AMBIENTALI Sono gli strumenti più diffusi per il controllo dell’inquinamento e sono gli unici utilizzabili quando un’emissione o un prodotto causano effetti irreversibili gravi o inquinamenti inaccettabili e dunque devono essere fissati dei limiti per legge (no discrezionalità dell’inquinatore). Definire uno standard significa fissare un livello di esternalità negativa (es. la concentrazione di un determinato inquinante nell’ambiente) e vietarne il superamento 34 Prof.ssa Silvia Novelli Spesso gli standard vengono fissati sulla base di: - Valutazioni mediche circa gli effetti potenzialmente dannosi per la salute umana - Criteri ecologici connessi al funzionamento degli ecosistemi - Compromessi politici In questi casi la soluzione non coincide con quella economicamente efficiente (l’ottimo sociale o livello ottimale di esternalità) In ogni caso, questo approccio implica: - La presenza di attività di monitoraggio e controllo - La possibilità di imporre sanzioni a chi supera gli standard. Le sanzioni possono essere: o Amministrative o Penali Occorre dunque una pubblica amministrazione efficiente, in grado di eseguire controlli con tempestività e competenza e seguire l’evoluzione della ricerca in campo ambientale. Da un punto di vista economico, le sanzioni rappresentano dei costi per i produttori. Lo standard dovrebbe essere fissato al livello di produzione che rende il BMNP pari ai CME (Standard = OWE). Questo richiede la conoscenza (di almeno parte) delle curve dei BMNP e dei CME (come per le tasse!). CRITICITÀ È complessa l’esatta identificazione della quantità di esternalità (es. inquinamento) nel punto in cui BMNP = CME. Inoltre, è necessaria la definizione della sanzione (multa) “ottimale”, che dipende anche dall’efficacia dei controlli. I controlli possono essere: - Perfettamente efficaci → la sanzione è imposta tutte le volte che lo standard è violato (es. tutte le volte che il livello di produzione ottimale viene superato) - NON perfettamente efficaci → la sanzione è incerta (es. c’è la possibilità di non pagare la multa anche se lo standard è stato violato) SE I CONTROLLI SONO PERFETTAMENTE EFFICACI Per raggiungere l’ottimo sociale, la sanzione per unità di prodotto che eccede OE dovrebbe essere almeno pari a OM. Per ogni unità prodotta oltre a OE, il produttore deve pagare un costo aggiuntivo di (almeno) OM quindi la multa è superiore al suo profitto marginale, di conseguenza produrre oltre a OE non è redditizio. 35 Prof.ssa Silvia Novelli Se la sanzione per unità fosse inferiore a OM, per il produttore sarebbe conveniente produrre oltre a OE (l’ottimo sociale), quindi potrebbe spingersi fino a OF, poiché la multa (OL) è più bassa del suo profitto marginale. L’inquinatore produrrebbe OF (non OE), con un livello di inquinamento OWF > OWE, dunque OM e la sanzione ottimale. SE I CONTROLLI NON SONO PERFETTAMENTE EFFICACI Se ci sono molti inquinatori dispersi in una certa area ognuno dei quali contribuisce in piccola parte a produrre l’inquinamento complessivo (tipico in agricoltura o delle piccole imprese). I produttori fanno le loro scelte valutando la probabilità di incorrere nella multa. In altre parole, stimano il valore atteso della multa (VA). VA = multa · probabilità di prendere la multa Il produttore compara il valore atteso della multa con il BMNP dell’attività che produce l’impatto. Il valore atteso della multa deve essere almeno OM. Es. se chi supera gli standard è controllato 1 volta su 10 il valore atteso della sanzione è in media pari a 1/10 della multa. Se la sanzione necessaria per raggiungere l’ottimo è di 20€ e la probabilità di prenderla è 1/10 allora la sanzione dovrebbe essere fissata ad almeno 20 · 100 = 200€; in questo modo il valore atteso della multa sarà 20€ (BMNO = CME); VA = 200 · 1/10 = 20€. In questo modo, anche se sanzionato 1/10, sarà pagata in media almeno una sanzione peri a 200/10 = 20€ per ogni infrazione, il che induce il produttore a non produrre lo standard. 36 Prof.ssa Silvia Novelli Per raggiungere l’ottimo sociale con uno standard: - Lo standard deve essere fissato in corrispondenza del livello di produzione ottimo (BMNP = CME, per esempio tasse, anche in questo caso può esistere un problema informativo) - La sanzione deve essere pari a OM (il CME all’ottimo) - La sanzione deve essere certa - Nel caso la sanzione non sia certa è necessario valutare il suo valore atteso TIPI DI STANDARD Ci sono diversi tipi di standard: - Standard sull’uso degli input → ad es. vietare l’uso del packaging, vietare l’uso di date sostanze oltre un dato limite) - Tecniche produttive → standard di processo - Quantità di produzione → standard quali-quantitativi di prodotto - Qualità dei prodotti - Emissioni → standard di emissione, permettono la localizzazione delle fonti e quindi la zonizzazione. - Livelli di inquinamento ambientale → standard di qualità del corpo recettore. Questi derivano dal precedente in quanto emissioni e livelli di inquinamento ambientale richiedono la localizzazione delle fonti. Standard di processo (molto usate in paesi sviluppati, soprattutto USA) - Prevedono che certe installazioni fisse e/o tecnologie siano conformi alle caratteristiche prescritte dal legislatore (es. uso di filtri che abbattono il particolato, altezza delle ciminiere…). - Non sono in genere costo-efficienti, ci sono infatti strumenti meno costosi che ottengono gli stessi risultati. - C’è uno scarso incentivo all’efficienza dinamica, essendo uno strumento rigido (tutti li devono rispettare senza flessibilità) impedisce e non incentiva la ricerca di soluzioni meno costose ma altrettanto (o più) efficienti - Sono semplici da implementare ed efficaci nell’ottenere rapidamente forti riduzioni delle emissioni quando le soluzioni tecnologiche esistono ma non sono diffusamente adottate Standard qualitativi e quantitativi di prodotto - Impongono quote di produzione che teoricamente dovrebbero essere fissate al livello di produzione OE, tale per cui il CME delle emissioni legate alla produzione sia uguale al BMNP. Questo implica una costanza del rapporto fra produzione e emissioni, ma non dà incentivi all’efficienza dinamica (es. l’adozione di tecnologie che riducano le emissioni per unità di prodotto). - Per essere costo-efficiente dovrebbe essere diversa per ogni fonte (azienda) - Dettano norme di qualità dei prodotti (es. che i prodotti agricoli non contengano più di una certa quantità di residui chimici derivanti da pesticidi) Standard di emissione - Tipicamente dettano la quantità massima di sversamento consentito nel recettore (es. emissioni tollerabili in aria, acqua e suolo). - C’è un problema di aggiornamento delle norme, le quantità sversate infatti variano al variare del numero di imprese. - Per essere costo-efficiente lo standard dovrebbe essere specifico per ogni impresa, in funzione degli specifici costi e benefici marginali delle diverse fonti (problema informativo) - Non c’è un incentivo all’efficienza dinamica 37 Prof.ssa Silvia Novelli Standard di qualità del corpo recettore (ambientale) - Tipicamente accoppiati a uno standard di emissione, definiscono il livello volito di una qualità ambientale (PM10 in aria, nitrati nell’acqua…). - Se non si raggiunge la qualità voluta occorre rendere più restrittivi gli standard di emissione - Possibilità di introdurre standard differenziati per aree o per tipologia/dimensione dell’attività. - È lo strumento più duttile ma anche più discrezionale Un esempio di standard del corpo recettore è la Direttiva Nitrati. La direttiva europea 91/676/CEE detta i criteri, i vincoli e i divieti a cui attenersi nella gestione della fertilizzazione organica. Riguarda le pratiche di fertilizzazione dei terreni agricoli condotta con gli effluenti provenienti dalle aziende zootecniche e con le acque reflue delle piccole aziende agro-alimentari. In Italia la Direttiva è stata recepita dalla relativa normativa nazionale che demanda alle Regioni l’attuazione sul territorio di quanto previsto. La direttiva preveda la designazione di Zone Vulnerabili da Nitrati di origine agricola (ZVN), nelle quali la qualità dell’acqua è compromessa (o è a rischio) a causa della presenza di pressioni di tipo agricolo. Richiede, in queste aree, la regolamentazione dell’utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici. Fissa standard (limiti massimi) per l’apporto di azoto zootecnico all’anno (valori medi aziendali): - Fuori ZVN → 340 kg/ha - Dentro ZVN → 170 kg/ha Sono state fissate delle sanzioni che variano in funzione della tipologia, della gravità e della reiterazione dell’infrazione. In ambito naturalistico gli strumenti di comando e controllo sono implementati nella forma di: - Zonizzazioni e definizione di aree protette - Prescrizioni e divieti - Permessi o licenze con limiti massimi di raccolta o prelievo (es. funghi) - Standard di qualità (es. acqua) - Norme per la protezione delle risorse (direttiva habitat, direttiva uccelli, rete natura2000) Il rispetto di tali norme e vincoli è obbligatorio e la trasgressione comporta il pagamento di sanzioni. Sia le tasse che gli standard si basano sul principio di “chi inquina paga”: - Con la tassa i soggetti possono scegliere tra ridurre l’inquinamento o pagare più tasse - Con gli standard i soggetti sono costretti a sostenere i costi di riduzione dell’inquinamento per evitare la multa In definitiva entrambi gli strumenti generano dei costi per il produttore: quale dei due costi è più costo- efficiente (meno costoso a parità di risultato)? TASSE VS STANDARD È possibile dimostrare che le tasse sono più efficienti in termini di costi sociali degli standard (con varie eccezioni). A livello aggregato, la definizione di uno standard comporta costi totali di riduzione dell’inquinamento (CRI) più elevati rispetto all’uso di una tassa che permette di rispettare lo stesso standard. Questo perché con gli standard tutte le imprese devono raggiungere lo stesso livello di inquinamento, indipendentemente dalle loro funzioni di CMRI. Con le tasse, invece, le imprese con CRI maggiori riducono meno inquinamento di quelle con CRI minori Esistono però delle eccezioni che si verificano quando c’è incertezza circa la posizione della curva dei BMNP, gli standard possono essere talvolta più efficienti (meno costosi). Un’errata conoscenza della 38 Prof.ssa Silvia Novelli posizione della curva dei BMNP determina una scorretta definizione di standard e tasse, con conseguente perdita di benessere rispetto all’ottimo sociale. Se il legislatore non conosce la posizione della curva del BMNP ma conosce la relazione fra la sua pendenza e quella del CME allora può comunque prendere una decisione ponderata: - Se la curva del CME è molto ripida → un piccolo incremento di output determina un notevole incremento di inquinamento (l’attività economica è molto inquinante). Quindi, rispetto a un (incerto) basso incremento di profitti privati, usare lo standard è meglio. - Se la curva del BMNP è molto ripida → una piccola diminuzione dell’output determina una notevole contrazione dei profitti. Quindi, rispetto a una (incerta) piccola riduzione dei danni sociali, usare la tassa è meglio Quando invece l’incertezza riguarda la posizione della curva dei CME, la perdita di benessere sociale è la stessa con standard e tasse, sia quando i CME sono sovrastimati che sottostimati. Sia gli standard sia le tasse richiedono monitoraggio, che comporta costi I costi di monitoraggio dipendono da: - Oneri amministrativi - Natura dell’inquinamento → inquinamento puntuale o diffuso Non è detto a priori se i costi di monitoraggio siano maggiori con gli standard o con le tasse Quando un inquinante è talmente dannoso da dover essere totalmente vietato sono preferibili gli standard (anche in ambito naturalistico, ad esempio per quanto riguarda la gestione dei parchi, gran parte delle prescrizioni si configurano come divieti totali, quindi standard). In questo caso la curva del CME è verticale (i costi marginali esterni associati all’uso dell’inquinante sono “infiniti”; un esempio è l’amianto). In queste circostanze non ha senso imporre una tassa perché le entrate non potranno mai essere riscosse. Gli standard non incentivano a introdurre innovazioni per ridurre ulteriormente l’inquinamento una volta raggiunto lo standard (non si incorre in nessuna sanzione fino al raggiungimento dello standard). Le tasse (per unità di inquinante) incentivano la continua ricerca di tecnologie a più basso costo per ridurre l’inquinamento, poiché sono pagate anche sul livello ottimale di inquinamento (conseguentemente l’inquinatore è continuamente incentivato a ridurre l’inquinamento) Dunque, il vantaggio delle tasse sugli standard è l’efficienza dinamica. Le tasse sono però solitamente avverse o poco gradite da produttori, politici e molti ambientalisti. Comparando l’effetto di un sussidio con quello di una tassa a livello di singola impresa o di mercato 39 Prof.ssa Silvia Novelli In assenza di regolamentazione per l’impresa il prezzo corrisponde a P e la quantità a Q; per il mercato la quantità di equilibrio è pari a OQ. EFFETTO DI UNA TASSA Per l’azienda, nel breve periodo: - Costi marginali più alti - Costi medi più alti - Ottimo di produzione ridotto da q a q*, dove il prezzo è pari al nuovo CM (CM + tassa) Per il mercato, nel lungo periodo: - A fronte di costi medi di produzione superiori, alcune imprese escono dal mercato - La curva di offerta di mercato si sposta verso sinistra - Il nuovo equilibrio nel lungo periodo è P1Q1 (corrispondente a un più alto prezzo e a una minore quantità) Nel lungo periodo, il risultato finale e un livello di inquinamento inferiore EFFETTO DI UN SUSSIDIO Per l’azienda, nel breve periodo: - Costi marginali più alti (ogni unità addizionale implica la perdita del sussidio; perdere un sussidio equivale a pagare una tassa) 40 Prof.ssa Silvia Novelli - Costi medi più bassi (perché per ogni unità al di sotto del livello prescritto di inquinamento l’azienda riceve il sussidio) - Ottimo di produzione ridotto da q a q*, dove il prezzo è pari al nuovo CM (CM + sussidio) Per il mercato, nel lungo periodo: - Con costi medi minori, alcune nuove imprese entreranno nel mercato - La curva di offerta di mercato si sposta verso destra - Il nuovo equilibrio nel nuovo periodo è P2Q2 (corrispondente a un prezzo più basso e a una maggiore quantità) Nel lungo periodo, il risultato finale e un livello di inquinamento superiore (piu imprese, ciascuna delle quali produce meno) Per comparare in maniera rilevante l’efficacia di sussidi e tasse occorre valutare gli effetti che provocano sul mercato nel lungo periodo: - Con una tassa sia l’offerta delle singole aziende sia quella aggregata di mercato decrescono e con esse l’inquinamento - Con un sussidio l’offerta di mercato aumenta e con essa il livello di inquinamento (le singole imprese riducono l’inquinamento ma il numero totale di imprese sul mercato aumenta) I SUSSIDI Il sussidio “premia” chi ha comportamenti più virtuosi. È un incentivo monetario che può essere corrisposto per: - Ridurre esternalità negative - Remunerare la produzione di quelle positive (in questo caso rappresentano una modalità di pagamento per i beni e servizi ambientali pubblici e per le esternalità positive) SUSSIDI PER RIDURRE LE ESTERNALITÀ NEGATIVE Nel corto periodo l’effetto del sussidio è simile a quello della tassa, modificando la convenienza economica dell’attività inquinante, induce le imprese esistenti a ridurre la quantità di inquinamento (es. installazione di tecnologie antinquinamento); nel lungo periodo però il sussidio può però causare l’ingresso di nuove imprese sul mercato, con un conseguente aumento della quantità totale di inquinamento. Si tratta di corrispondere un incentivo monetario (pagamento) alle aziende che inquinano sotto un certo livello prefissato: 41 Prof.ssa Silvia Novelli - W → livello prescritto (es. 10) - S → sussidio per unità di inquinamento al di sotto del livello prescritto (es. 1€) L’ammontare del sussidio ricevuto da un produttore che ha emesso una quantità di inquinamento M < W è S · (W-M) 1 · (10 - 7) = 3€ SUSSIDI PER INTERNALIZZARE LE ESTERNALITÀ POSITIVE - BMP → beneficio marginale della società in assenza di esternalità - BME → esternalità da compensare al produttore tramite il sussidio - BMS → beneficio marginale con l’esternalità positiva → BMO + BME (valore dell’esternalità) Per un produttore ricevere un sussidio equivale a ridurre i costi di produzione. Corrispondendo al produttore un sussidio pari al BME valutato all’ottimo produttivo, la curva del CMP si sposta a destra fino a intersecare la curva BMP all’ottimo. Le esternalità positive (BME) sono state così internalizzate (BMP = BMS) 42 Prof.ssa Silvia Novelli PERMESSI NEGOZIABILI È lo strumento che sta dietro al mercato dei crediti di carbonio. L’idea è stata introdotta da J.H. Dales (1968), ed è la seguente: un’autorità preposta alla regolamentazione stabilisce il livello desiderabile di emissioni (standard). L’autorità emette dei permessi per il livello stabilito, per poter “inquinare” e i produttori devono essere autorizzati tramite il processo dei permessi. I permessi possono essere venduti e comprati sul mercato (sono negoziabili). Il meccanismo di mercato porterà alla definizione di un prezzo di equilibrio dei permessi corrispondente all’ottimo sociale (l’offerta è fissa perché è stata stabilita dall’ente regolamentatore). Ogni azienda necessita di una quota di permessi per produrre considerando la curva dei CMRI (nel caso in cui l’unico modo di ridurre l’inquinamento fosse di diminuire la produzione useremo la curva di BMNP). Lo standard WE e il numero di permessi P sono fissati all’ottimo sociale (dove CMRI = CME). SP è la curva di offerta dei permessi, non varia con il prezzo perché la quantità dei permessi è regolata (fissa). Coloro che avranno la curva di riduzione dell’inquinamento più basso tenderanno a ridurre l’inquinamento, mentre quelli che hanno la curva di riduzione di riduzione dell’inquinamento più alta tenderanno a comprare i permessi. La curva dei CMRI può essere vista come una curva di domanda dei permessi. L’ente regolamentatore indica la quantità di permessi, il prezzo lo stabilisce il mercato (p* che starà all’intersezione tra domanda e offerta). - Alla destra di E è più conveniente mettere in atto strategie di riduzione dell’inquinamento che acquistare permessi (CMRI < p*) - Alla sinistra di E è più conveniente acquistare i permessi piuttosto che ridurre l’inquinamento Vantaggi - Si innescano meccanismi virtuosi mirati a ridurre l’inquinamento ulteriormente (i produttori che riducono le emissioni possono vendere i relativi permessi, o conservarli per esigenze future) - Attraverso il mercato e l’aggiustamento dei prezzi, il prezzo dei permessi si adegua automaticamente al livello generale dei prezzi (inflazione). Al contrario le tasse richiedono aggiustamenti normativi - In un mercato dei permessi veramente libero, i gruppi di pressione ambientalista potrebbero acquistare dei permessi al fine di ritirarli dal mercato