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CAPITOLO 2 LA SPIAGGIA EMERSA.pdf

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EvocativeSanJose1449

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LA SPIAGGIA EMERSA CAPITOLO 2 La sabbia dal punto di vista geologico è una roccia sedimentaria clastica (derivato dalla disgregazione di rocce preesistenti), cioè formata da frammenti di piccole dimensioni, i clasti, termine più edotto per riferirsi ai granelli di sabbia. La parola c...

LA SPIAGGIA EMERSA CAPITOLO 2 La sabbia dal punto di vista geologico è una roccia sedimentaria clastica (derivato dalla disgregazione di rocce preesistenti), cioè formata da frammenti di piccole dimensioni, i clasti, termine più edotto per riferirsi ai granelli di sabbia. La parola clasto deriva infatti dal greco antico klastós e indica qualcosa di frantumato. La sabbia è suddivisa in due sottoclassi dimensionali: -Molto grossolana -Molto fine Mentre la composizione della sabbia è perennemente di frammenti litici di piccole dimensioni, cioè il rimanente di rocce più grandi che hanno subito importanti processi di erosione; gran parte di questo materiale proviene dall’ambiente terrestre, per questo motivo gli ambienti sabbiosi sono limitati alle aree più costiere. Mentre la componente abiotica (si riferisce a qualsiasi elemento non vivente presente in un ecosistema.) è straordinariamente ricca di: feldspati (minerale delle rocce eruttive), minerali appartenenti alla crosta continentale, frammenti di ossidiana, magnetiti …. e soprattutto ricca di quarzo. È presente un articolo 1162 del Codice della navigazione in cui scritto che è reato estrarre materiali del territorio marittimo. Acanthocardia tuberculata, mollusco bivalve (le valve sono conchiglie) filtratore abbondante sui bassi fondali sabbiosi comunemente noto come “cuore di mare”. L'etimologia del nome scientifico di questa specie affonda le sue radici nel greco antico, con il genere formato dalle parole ákanthos, cioè “spinoso”, e kardía, ovvero “cuore”. Si potrebbe quindi tradurre come “cuore spinoso dai tubercoli”, e il motivo è semplice: quando è in vita le due valve chiuse formano la romantica silhouette di un cuore cosparso di costolature, tubercoli o spine. Ovatura di Muricidae È una strana struttura bianca e rotondeggiante di circa 10 centimetri di diametro. È costituita da decine, forse centinaia di vescicole sacciformi (sacciforme sta per sacchetto) forate con cura. Da un punto di vista squisitamente etimologico, è a tutti gli effetti un porifero, parola formata da póros e fero, cioè “portatore di fori”. Ma in un contesto zoologico questo termine indica solo ed esclusivamente gli invertebrati appartenenti al phylum Porifera, comunemente noti come “spugne di mare”. Egli nasce dall’accoppiamento di due animali appartenenti alla famiglia Muricidae che sono: Hexaplex trunculus “murice troncato.” Bolinus brandaris anche “murice spinoso”. Sono entrambi animali predatori e la loro stagione d’amori inizia tra la primavera e l’estate. Si stima che ogni femmina possa produrre ammassi ovigeri contenenti tra le 100 e le 200 capsule, ognuna di esse ha al suo interno tantissime uova, di solito dalle poche decine o anche oltre ottocento. Sfruttano queste ovature per proteggere la prole, si rivela “uno scudo plasticoso” ma efficace. In genere nel momento della deposizione si possono imbattere in più femmine per “collaborare” alla formazione di ammassi che conterranno le uova per poi ognuna di loro abbandonarli al loro destino. Ogni uovo fuoriesce dopo poche settimane, un giovane esemplare che presenta già una protoconca, cioè la piccolissima conchiglia che hanno i gasteropodi nelle prime fasi di vita. Migliaia e migliaia di microscopici gasteropodi lunghi poco più di un millimetro. Non tutti ovviamente riescono a sopravvivere. Questa enorme procreazione si chiama Strategia R, cioè che basano la prole sulla quantità e non sulla qualità. Stando senza genitori abbiamo una prole numerosissima, di dimensioni ridotte ma con una crescita rapida. Neverita josephinia o “natica” la cui conchiglia rosa e globosa è un rinvenimento comune in spiaggia. Egli appartiene alla famiglia Naticidae. Tra la primavera e l'estate edifica la sua ovatura, deponendo gli ammassi unistratificati di uova in una matrice mucosa che solidifica in acqua, agglutinando la sabbia. Non essendo fissate a un substrato ma adagiate sulla sabbia, è frequente che le onde le trasportino a riva. Di solito il loro pasto è a base di bivalvi: telline e vongole non mancano quasi mai, Il bivalve viene “abbracciato” dal suo morbido ma implacabile piede e, nel contempo, la natica secerne una grossa quantità di muco, quasi soffocandolo. Ora la preda non può più muoversi. Non che di norma i bivalvi si muovono molto, ma quando la natica gli si para davanti, ogni possibile tentativo di fuga viene vanificato. Appena la preda è inerme, inizia la sua perforazione. la natica inizia a “trapanare” il bivalve ancora vivo, e dopo avere trovato il punto più consono inizia a raschiare la conchiglia della sua preda con la radula, una sorta di lingua cartilagine estroflessibile ricoperta da decine di minuscoli e affilatissimi dentelli. L'attività di raschiamento porta il predatore a compiere un giro completo, la cui conseguenza sarà proprio il foro perfettamente circolare. Nel frattempo la preda è lì sotto, viva ma totalmente inerme, e pian pianino viene perforata. È un lavoro molto faticoso, ed è necessario riposarsi una manciata di minuti. In questo momento usa la sua “arma” chimica che le permette di sciogliere chimicamente il carbonato di calcio della conchiglia. Tutto questo processo può durare ore e anche giorni. Talitrus saltator o “pulce di mare” è un crostaceo anfipode, (sono piccoli crostacei, spesso senza una conchiglia dura, che vivono in ambienti acquatici, sia marini che d'acqua dolce.) quindi un lontano parente di granchi e gamberi che, a differenza dei suoi simili, può vivere anche in ambiente terrestre. Lungo poco più di un centimetro, presenta un corpo compresso lateralmente, quattro antenne e sette paia di zampe, un aspetto analogo a quello di gran parte delle altre specie di anfipodi. La principale caratteristica di questa specie è la sua grande abilità nel salto in alto e nel salto in lungo. Egli generalmente muore per disidratazione nelle ore più calde. Posidonia oceanica è una pianta marina. Da essa sono legate (ma non prodotte dalla Posidonia oceanica) delle sferette pelose chiamate Egragropila. O “polpetta di mare”, il suo nome affonda le sue origini nel greco antico ed è formato dalle parole aegagros, “capra selvatica”, e pilos, cioè “peli ammassati”. Posidonia, essendo una pianta, perde le foglie. Crescendo, sul suo rizoma si accumulano i resi. dui delle sue foglie che, ormai morte, si sfibrano. Anche a causa dell'erosione meccanica operata dai movimenti del mare, quando i rizomi vengono persi o si indeboliscono tendono a rilasciare le fibre vegetali. Sono filamenti ricchi di lignocellulosa (scarti secchi derivanti da vegetali), quindi particolarmente persistenti e resistenti. Se ci sono le condizioni che possono provocare un ricircolo dell'acqua, come gradini o dislivelli sommersi, le fibre vegetali vengono letteralmente appallottolate in un processo continuo. Più il fenomeno è duraturo, più le egagropile crescono in dimensioni. Non sono altro che gomitoli di fibre vegetali. Le foglie morte di Posidonia trasportate dalle onde e dalla corrente arrivano alla spiaggia e passando il tempo esse si accumulano, fino a formare 2,5 metri di spessore. Essi vengono chiamati banquette, ciò crea un ambiente anomalo, ma un habitat favorevole per diverse specie terrestri e marine che per loro rappresenta un ottimo banchetto. È un ambiente così particolare e unico che ci ospitano alcune specie endemiche. Essa oltre a proteggere la spiaggia, limitando l’erosione costiera, trattenendo sedimento e attenuando la forza delle onde, impattano positivamente anche sulle più distanti dune costiere, prevenendo l'aridità e fornendo i nutrienti necessari a sostentare la vegetazione.

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