Lezione n° 03 - Biologia Vegetale - PDF

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Università degli Studi di Torino

2020

Daniele Friolotto / Sara Greco

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biology plant biology cellular biology botany

Summary

These notes from a lecture on plant biology cover the structure and function of the plant cell wall, including the primary, secondary, and primordial cell walls. The lecture explains the role of plasmodesmata in cell-to-cell communication, and the difference between symplastic and apoplastic pathways. The notes provide a detailed overview of the composition of the primary cell wall.

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Daniele Friolotto / Sara Greco - Lezione n° 03 - Biologia vegetale Prof.ssa Silvia Perotto 12/10/2020 6. Invia segnali chimici, sia allo stesso organismo, ma anche alla componente biotica dell’ambiente. Data la complessità della parete non ci si sorprende a sapere che ci...

Daniele Friolotto / Sara Greco - Lezione n° 03 - Biologia vegetale Prof.ssa Silvia Perotto 12/10/2020 6. Invia segnali chimici, sia allo stesso organismo, ma anche alla componente biotica dell’ambiente. Data la complessità della parete non ci si sorprende a sapere che circa il 15% dei geni della cellula sono coinvolti nella formazione o/e nella modificazione della parete cellulare. La parete cellulare accompagna la cellula nella divisione cellulare, nella distensione (dove aumenta di dimensioni) e durante il differenziamento. Particolarmente importante il lavoro che ha durante la distensione perché determinerà la forma e funzione cellulari. 1. Parete primordiale: è la parete che si forma durante la divisione cellulare, è la prima parete che notiamo dopo la citodieresi. 2. Parete primaria: si forma subito dopo la parete primordiale e accompagna la cellula nella distensione cellulare. 3. Parete secondaria: la troviamo solo in alcuni tipi cellulari dove la parete gioca un ruolo fondamentale nella cellula (si forma durante il differenziamento). PARETE PRIMORDIALE 010 Nelle cellule animali durante la citodieresi si forma un anello contrattile di filamenti che strozza la membrana plasmatica e porta alla separazione delle due figlie, questo è reso possibile dai confini plastici e deformabili della cellula. Nelle cellule vegetali non ci potrà essere uno strozzamento della membrana a causa della rigidità della parete cellulare, quindi viene costruita un’altra parete fra le due cellule figlie che si sono venute a formare, questa parete è la parete primordiale. 6 Daniele Friolotto / Sara Greco - Lezione n° 03 - Biologia vegetale Prof.ssa Silvia Perotto 12/10/2020 Il piano di divisione delle cellule figlie è molto importante, esso viene definito nella pre-profase con la comparsa della banda pre-profasica, una struttura citoscheletrica formata da un addensamento di microtubuli corticali sotto la membrana plasmatica che durante la mitosi andrà a dissolversi lasciando spazio a un’altra struttura citoscheletrica responsabile della deposizione della parete primordiale: il fragmoplasto, che riutilizza la tubulina e altre proteine usate nel fuso mitotico per costruire dei microtubuli in grado di trasportare materiale (soprattutto vescicole provenienti dal Golgi) per formare la parete primordiale. Il fragmoplasto viene posizionato esattamente dove era presente la banda pre-profasica, grazie a una memoria molecolare (tra cui delle isoforme di chinesina) lasciata dalla banda pre-profasica. Il fragmoplasto è formato da microtubuli disposti perpendicolarmente al piano di deposizione della parete primordiale, sui quali passano delle vescicole (prodotte dall’apparato del Golgi), attaccati ad essi grazie a delle proteine motrici e si vanno a unire e fondere nella zona equatoriale del fragmoplasto, formando una piastra in crescita partendo dal centro fino ad arrivare alla periferia della cellula con all’interno il materiale portato dalle vescicole. Nella nuova parete primordiale si vengono a creare dei plasmodesmi, ovvero dei canali di comunicazione tra cellule vicine, proprio mentre viene formata la parete primordiale. In alcuni punti le vescicole non si fondono completamente e lasciano dei canali tra le due cellule. Il reticolo endoplasmatico inoltre passa attraverso il canale formando una struttura tubulare, il desmotubulo, che mette in comunicazione il reticolo endoplasmatico delle cellule vicine. I plasmodesmi sono delimitati dalla membrana plasmatica, inoltre internamente sono formati da proteine acti-miosiniche che uniscono il desmotubolo alla membrana plasmatica, allargando o contraendo le maglie che consentono il passaggio di molecole da una cellula all’altra. 7 Daniele Friolotto / Sara Greco - Lezione n° 03 - Biologia vegetale Prof.ssa Silvia Perotto 12/10/2020 Sono stati fatti esperimenti con molecole polimeriche marcate fluorescenti di diverse dimensioni iniettandole con microiniezioni all’interno di singole cellule. Si notava che le molecole più grandi non uscivano dalla cellula perché la fluorescenza era limitata alla singola cellula, così si è diminuita man mano la grandezza delle cellule iniettate fino a trovare la misura minima per il passaggio delle molecole, ovvero il limite di esclusione molecolare in condizioni fisiologiche normali, 1kDa (kilodalton), che permette il passaggio di ioni di piccole molecole, ma non di grossi polimeri. Ci sono d'altronde delle condizioni per cui la permeabilità dei plasmodesmi può variare: Diminuendo la permeabilità Se è presente un danno meccanico, i plasmodesmi si occludono grazie al polimero callosio che blocca completamente il passaggio attraverso i plasmodesmi. Durante il differenziamento di alcuni tipi cellulari i plasmodesmi vengono permanentemente chiusi, come le cellule guardia degli stomi che per funzionare usano un sistema osmotico e quindi devono essere delimitate da una membrana semi-permeabile continua. Aumentando la permeabilità Si è scoperto mediante l’infezione virale, dove il passaggio dell’acido nucleico è accompagnato da una proteina di grandi dimensioni (40 kDa). Così come i virus, anche la pianta usa i plasmodesmi per far passare proteine di trascrizione e mRNA. Simplasto: insieme delle cellule che comunicano attraverso plasmodesmi. La comunicazione può interessare sia molecole diverse che molecole segnale, ad esempio un insetto che si posa sulla foglia scatena una serie di segnali che vengono mandati a tutta la pianta che si comporta di conseguenza. 000 O O O globulare torpedo way Durante lo sviluppo embrionale abbiamo nei primi stadi di sviluppo fino alla fase a cuore, un embrione rappresentato da un unico simplasto, mentre passando allo stadio torpedo e all’embrione maturo avviene una separazione dei domini simplastici. Questo esperimento dimostra l’importanza dei simplasti nel gametofito della felce (protallo, che deriva dalla germinazione della meiosporaploide). La meiospora germina dando origine a una 8 Daniele Friolotto / Sara Greco - Lezione n° 03 - Biologia vegetale Prof.ssa Silvia Perotto 12/10/2020 struttura pluricellulare filamentosa, dove le cellule comunicano tra di loro tramite plasmodesmi presenti nelle pareti trasversali. Si sviluppa formando il gametofita. Si può interrompere la comunicazione cellulare tramite plasmolisi, mettendo il gametofito precoce in una soluzione fortemente ipertonica che, richiamando acqua verso l’esterno, contrae il volume cellulare rompendo (e poi risaldando) le membrane cellulari, e interrompe i plasmodesmi. Inserendo il gametofita in una soluzione ipotonica, lo riportiamo in una condizione osmotica normale. In seguito notiamo che ogni cellula produce il suo protallo, questo perché essendo stati distrutti i plasmodesmi non riescono più a comunicare o coordinarsi, ed essendo totipotenti ognuna potrà dare origine all’intero organismo. La comunicazione simplastica è importantissima durante lo sviluppo e il differenziamento degli organismi vegetali. Oltre al simplasto, che è una via di comunicazione e movimento basata sulla continuità del citoplasma attraverso i plasmodesmi, è presenta un’altra via: quella apoplastica, basata sulla vicinanza delle cellule e più specificatamente sul contatto delle pareti cellulari; per cui una sostanza in soluzione può spostarsi da un punto all’altro rimanendo all’esterno della membrana plasmatica. L’unico modo per passare dall’apoplasto al simplasto (e viceversa) è passare attraverso i trasportatori di membrana. 9 Daniele Friolotto / Sara Greco - Lezione n° 03 - Biologia vegetale Prof.ssa Silvia Perotto 12/10/2020 COMPOSIZIONE PARETE PRIMORDIALE La parete primordiale contiene unicamente molecole della famiglia delle pectine, formate principalmente da monomeri di acido galatturonico, derivato del galattosio dato dalla sostituzione di un gruppo alcolico con uno carbossilico. Omogalatturonano (o Poligalatturonano) = polimero formato da monomeri di acido galatturonico Ramnogalatturonano = all’acido galatturonico si alterna il ramnosio Caratteristica dei poligalatturonani è quello di dare origine a dei gel, ovvero delle matrici che agiscono da collante per le cellule vicine. La gelificazione è resa possibile dai gruppi carbossilici dell’acido galatturonico con ioni bivalenti come il calcio, che sono abbondanti nella parete cellulare. O Il gruppo carbossilico è un acido debole che può trovarsi nella forma neutra quando presenta la forma indissociata (COOH); tuttavia ha la tendenza a rilasciare l’atomo di idrogeno sotto forma di protone restando così in una forma dissociata con tendea una carica netta CE 01 negativa. L’equilibrio tra forma associata e dissociata 0 dipende dal pH. Essendo la costante di dissociazione intorno a 3, in ambienti molto acidi tenderà a mantenere la o forma indissociata, mentre trovandosi in ambienti con pH superiore a 3 (quindi o Eugène Fan neutri o basici) tenderà a spostarsi nella forma dissociata. del dipectorssucalcio 10 pecunifda collante Daniele Friolotto / Sara Greco - Lezione n° 03 - Biologia vegetale Prof.ssa Silvia Perotto 12/10/2020 La forma dissociata ha l’utilità di interagire, formando legami salini (ovvero legami che interessano cariche opposte) con ioni bivalenti come il calcio (Ca2+); avendo due cariche positive, una di esse potrà interagire con la carica negativa del gruppo carbossile dissociato e l’altra carica occuparla in un legame salino con un’altra carica negativa di un gruppo dissociato di acido galatturonico che fa part di una catena diversa. La formazione dei legami salini (ionici) permette che le due catene siano fortemente legate e questo porta alla formazione del gel di pectato di calcio. La consistenza del gel di pectato può essere regolata da: pH della parete cellulare; con un pH acido, il gruppo carbossile tenderà ad essere poco dissociato e formando pochi ponti salini il gel sarà più fluido, mentre con un ambiente più neutro/basico favorisce i gruppi dissociati e la formazione dei ponti salini, quindi avremo un gel più rigido e consistente. Grado di metilazione dei gruppi carbossilici; aggiungendo un gruppo metile al gruppo carbossile dell’acido galatturonico tramite enzimi, il gruppo carbossile non potrà più dissociare (indipendentemente dal pH) e quindi avremo un gel più fluido. L’acido galatturonico viene sintetizzato, già metilato, dal Golgi; successivamente parte dei gruppi metilici vengono eliminati dalla Pectina-Metil-Esterasi che libera i gruppi carbossilici così da riformare i ponti salini. 11 Sara Greco / Michelle Guichardaz – Lezione n° 4 – Biologia Vegetale – Prof.ssa Perotto Silvia – 13/10/2020 LA PARETE CELLULARE II La parete primaria La cellula vegetale alla fine della divisione cellulare forma una parete di divisione, che separa le due cellule figlie, detta parete primordiale. Quest’ultima si forma grazie ad una struttura citoscheletrica particolare, ovvero il fragmoplasto che dirotta le vescicole golgiane dverso la zona equatoriale. Queste vescicole contengono al loro interno un particolare tipo di polimero, la pectina (acido poligalatturonico), che è in grado di formare dei gel trattenendo grandi quantità di acqua, quando è in presenza di ioni calcio. Inizio Fine Le cellule derivate da una divisione cellulare, in particolare nei meristemi, che andranno incontro ad un processo di differenziamento, formeranno un altro tipo di parete che è la parete primaria. La cellula, avendo depositato la parete primoradiale, per ispessire la parete stessa lavora come un muratore all’interno di una casa, nel senso che tutti i materiali di costruzione che verranno utilizzati per ispessire la parete cellulare sono sintetizzati all’interno della cellula. Dunque partendo dalla parete primordiale che è la parte più esterna, la parete primaria e quella secondaria sono aggiunte procedendo dalla periferia verso l’interno della cellula (direzione centripeta). Questo è valido soprattutto per la componente polisaccaridica, che è la componente principale nella parete cellulare sia primaria, sia secondaria. Una volta depositati i materiali di parete, questi rimangono laddove sono stati depositati, dunque la parete primordiale permane anche nelle fasi successive della vita della cellula ma cambia nome. Anziché chiamarla parete primordiale, nel momento in cui compare la parete primaria, assume il nome di lamella mediana poiché è lo strato che divide esattamente a metà la strada che separa le due cellule figlie. 1 Sara Greco / Michelle Guichardaz – Lezione n° 4 – Biologia Vegetale – Prof.ssa Perotto Silvia – 13/10/2020 La parete primaria Cellula del Cellula di dimensioni definitive Meristema Si forma una volta che è stata depositata la parete primordiale dopo la citodieresi ed accompagnerà le cellule derivate durante una fase importante della loro vita che è la crescita per distensione. È da ricordare che nella crescita in dimensioni di un organismo vegetale ci sono due eventi molto importanti che sono la crescita per divisione, osservabile nei meristemi, e una crescita volumetrica ovvero la crescita per distensione. Ponsile celluletotipotenti che trovino mieesnel La parete primaria da una parte deve garantire la rigidità e la protezione esterna della cellula, fungendo da involucro protettivo; d’altra parte deve consentire l’espansione del volume cellulare. Per capire come queste siano collegate è necessario conoscerne la composizione. Lo strato giallo in alto rappresenta la parete primordiale che ha già cambiato nome in lamella mediana, ed è uno strato che lascia intravedere ciò che si trova al di sotto ma che in realtà è molto omogeneo, essendo costituito dal pectato di calcio. Nella parete primaria, invece, ci sono varie componenti, tra cui una componente fibrillare, che si nota meglio nella figura a destra, ricavata da una vera foto di una parete cellulare al microscopio elettronico a scansione. Inoltre alla comonente fibrillare si accompagna il componente di matrice, ovvero del componente amorfo. La componente fibrillare nelle piante è formata da cellulosa (presente per circa il 20% ,dunque in quantità limitate ma tali da garantire la giusta rigidità), mentre la componente di matrice è formata da una serie di polimeri come le pectine (45%) e le emicellulose (35% e compaiono per la prima volta, in quanto non esistono nella parete primordiale), ed anche da proteine, acqua e sali (60%). Le proteine strutturali, ovvero quelle che costituiscono la struttura della parete primaria, sono presenti in quantità minima, infatti in condizioni fisiologiche possono essere ignorate. componente Firmare Iocenvios componente di MIME 2 IIMnosa potereacque esin Sara Greco / Michelle Guichardaz – Lezione n° 4 – Biologia Vegetale – Prof.ssa Perotto Silvia – 13/10/2020 Queste proteine diventano più abbondanti nei momenti di stress; quando una pianta, ad esempio, è attaccata da un patogeno o ci sono degli stress ambientali come la temperatura, aumenta la quantità di queste proteine che vanno a rinforzare la struttura di parete. La maggior parte delle proteine che si trova nella parete primaria è di tipo enzimatico. Si trovavano già nella parete primordiale, infatti ci sono molte proteine che vanno a modificare la pectina come le pectinmetilesterasi, che sono enzimi residenti nella parete. Analogamente molte proteine enzimatiche sono presenti nella parete primaria dove svolgono varie funzioni. Questa modalità di costruzione (ovvero con la presenza di una componente fibrillare che dà resistenza meccanica alla parete, e di una componente di matrice), è una caratteristica di quegli organismi che sono dotati di parete cellulare. Un esempio è la composizione della parete cellulare dei funghi, in cui la componente fibrillare è sostituita dalla chitina e da altre componenti di matrice, che sono sempre dei polisaccaridi complessi. Le componenti di matrice Tutte le componenti di matrice sono sintetizzate nel sistema di endomembrane; in particolare le proteine destinate all’esterno della cellula iniziano la loro formazione a livello del reticolo endoplasmatico. Passano poi nel Golgi dove verranno glicosilate. Nelle cellule vegetali il Golgi diventa un organulo di neosintesi, per quanto riguarda tutta la componente polisaccaridica della matrice della parete, tra cui consideriamo anche le pectine nonostante sappiamo essere dei derivati di zuccheri. Quindi, pectine ed emicellulose sono sintetizzate nel Golgi, anche se gli enzimi che sono responsabili della loro sintesi, sono distribuiti in maniera diversa sulle diverse cisterne. Golgi Emicellulose Pectine Nell’immagine sovrastante possiamo notare una tipica organizzazione dell’apparato del Golgi, formato da cisterne cis, al di sopra del quale si trova il reticolo endoplasmatico da cui derivano le vescicole contenenti materiali come le proteine. Ci sono inoltre le cisterne mediane e le cisterne trans, ed infine il transgolgi network. 3 Sara Greco / Michelle Guichardaz – Lezione n° 4 – Biologia Vegetale – Prof.ssa Perotto Silvia – 13/10/2020 Gli enzimi costituenti le pectine risiedono nell’apparato del Golgi e la sintesi delle pectine stesse inizia a livello delle cisterne cis. Questo si può vedere utilizzando degli anticorpi verso la molecola nascente di pectina, oppure degli anticorpi verso l’enzima responsabile della sintesi. Per quanto riguarda la sintesi delle emicellulose, notiamo che gli enzimi coinvolti nella sintesi delle emicellulose e del polimero in crescita si vedono nelle cisterne trans, il che indica che questi enzimi hanno effettivamente una diversa localizzazione. In entrambi i casi, vengono impacchettati all’interno di vescicole di secrezione e inviati verso la membrana plasmatica con la quale si fonderanno, per rilasciare verso l’esterno il loro contenuto. Le pectine Le pectine sono una famiglia che comprende diversi polimeri, come gli omogalatturunanio o poligalatturonani, o l’acido poligaratturonico che è quello caratteristico della parete primordiale. Nella parete primaria figurano anche i ramnogalatturonani (I e II), e gli xilogalatturonani. Si tratta di polimeri più complessi, con una maggior varietà di monomeri, diversi legami e ramificazioni. Lo schema sovrastante a sinistra, mostra uno schema di come potrebbero essere le interazioni tra questi vari componenti delle pectine e di come dare origine a dei reticolati molecolari, tenuti insieme dagli ioni calcio, responsabili della formazione del pectato di calcio. 4 Sara Greco / Michelle Guichardaz – Lezione n° 4 – Biologia Vegetale – Prof.ssa Perotto Silvia – 13/10/2020 Le emicellulose Si tratta di polimeri che compaiono per la prima volta nella parete primaria. Sono dei polimeri estremamente eterogenei, molto numerosi come tipologia e complessi come struttura ed organizzazione. La parte finale del nome ci indica qual è la componente dominante, cioè lo scheletro che costituisce la molecola stessa. Gli xiloglucani, che sono le molecole più studiate tra le emicellulose, hanno il glucano come scheletro carbonioso. Si tratta di un polimero del glucosio; in particolare gli xiloglucani sono basati su polimeri della molecola di glucosio, della forma β con dei legami β-1,4. Gli xiloglucani indicano anche quali sono gli altri zuccheri particolarmente segnale ormonale all'interno devorganismo abbondanti, come lo xilosio, il quale forma delle brevi ramificazioni oppure IIIa endogeno delle ramificazioni più lunghe insieme o ad altri zuccheri, come il galattosio o o il fucosio. Gli xiloglucani sono le emicellulose più abbondanti nella parete cellulare o delle angiosperme dicotiledoni, una pianta-fiore. o Analogamente gli xilani, altri tipi di emicellulose, sono dei polimeri abbastanza semplici basati sulla o ripetizione di monomeri di xilosio con delle ramificazioni. I mannani sono dei polimeri del mannosio a cui si agganciano catene laterali formate da zuccheri diversi, a seconda della tipologia. Nel galattomannano, ad esempio, delle molecole del galattosio sono parte delle ramificazioni che si attaccano alla catena di base del mannosio. Le emicellulose svolgono importanti funzioni nella parete primaria (ma poi anche nella secondaria). Nella parete primaria sono dei polimeri che interagiscono strettamente con la cellulosa ed entrano a far parte del meccanismo della distensione. Dal punto di vista strutturale, le emicellulose formano dei legami idrogeno con la superficie delle molecole di cellulosa. Nell’immagine a lato, in rosso è rappresentata la cellulosa mentre i serpentelli grigi rappresentano molecole di emicellulosa che interagiscono tramite legami idrogeno (ovvero legami deboli, non covalenti, ma che sommati tra di loro danno un legame abbastanza forte), con la superficie della cellulosa. In seguito, a causa delle loro ramificazioni si staccano e vanno ad attaccarsi da altre parti. Le molecole di emicellulosa, dunque, formano delle griglie che tengono insieme diverse fibrille di cellulosa. 5 Sara Greco / Michelle Guichardaz – Lezione n° 4 – Biologia Vegetale – Prof.ssa Perotto Silvia – 13/10/2020 Un’altra caratteristica molto importante delle emicellulose è che, insieme ad altri componenti di matrice della parete, possono dare origine a molecole di natura informazionale. La parete cellulare, infatti, non è solo una struttura fisica che circonda la cellula, la protegge e le conferisce rigidità, ma è anche una fonte di informazioni sottoforma di molecole. Quest’ oligosaccaride deriva dall’idrolisi dello xiloglucano. Vi è infatti il glucano alla base, con delle ramificazioni di xilosio, più delle ramificazioni di fucosio e galattosio. Questo particolare oligosaccaride, con la seguente formula, rappresenta un segnale ormonale che nelle cellule in coltura, come nei calli, può favorire il differenziamento cellulare in un senso piuttosto che in un altro. Segnale di Interazione Questi segnali sono coinvolti nella comunicazione con altri organismi. Le piante interagiscono con la componente biotica dell’ambiente, quindi devono far fronte a residui o microrganismi sia patogeni, ma anche potenziali simbionti mutualisti. Per comunicare con questi organismi si servono di molecole, molte delle quali si originano dalla matrice della parete cellulare vegetale, anche se dei segnali si possono liberare anche dalla parete cellulare dei microrganismi. Nelle figure in alto possiamo notare quelli che sono stati i primi oligosaccaridi ad essere individuati, con ruoli informazionali, infatti viene utilizzato il termine oligosaccarine per dare una connotazione quasi ormonale a questi oligosaccaridi. Si tratta di frammenti di polimeri più lunghi. La cellula vegetale ha dei recettori che sono in grado di riconoscere gli oligosaccaridi e, a seconda del tipo di oligosaccaride e della sua natura, potrà scatenare delle reazioni di difesa che porteranno la pianta a resistere all’attacco da parte di un patogeno. Un caso molto studiato, da un gruppo di ricercatori di Roma che ha avuto molti riconoscimenti per questa scoperta, è il fatto che la pectina, in particolare poligalatturonico, un polimero molto semplice formato dalla ripetizione di monomeri di acido galatturonico, può essere un potente elicitore, ovvero una molecola in grado di scatenare le risposte di difesa nella pianta, a patto che abbia una lunghezza compresa tra 8 e 15 ripetizioni di acido galatturonico. Dunque, frammenti più lunghi o più corti non hanno effetto. Essendoci un andamento a curva gaussiana, la molecola più attiva nello scatenare le risposte di difesa della pianta è a 12 unità di acido galatturonico. 6 Sara Greco / Michelle Guichardaz – Lezione n° 4 – Biologia Vegetale – Prof.ssa Perotto Silvia – 13/10/2020 La pianta ha imparato a riconoscere questo frammento di pectina come un segnale che identifica l’attacco di un patogeno, perché i patogeni come i funghi, possiedono molte armi di attacco, tra cui enzimi che attaccano la parete cellulare della pianta. Quindi, se abbiamo un fungo o un altro patogeno filamentoso che attacca la parete della cellula vegetale, la prima cosa da fare è erodere la parete cellulare. componente ribumore nelFunghe I funghi produconoPEPTINAS dellopront degradare quello Ioplint lopercepisce e riconosce l'oligogaratturonde punti mondo enumi asuo Caxana o giocanosina.to il riconos progens onin punti pereer cellisvegana PIANTA e FUNGH Come si nota dalla figura in alto, un fungo produce degli enzimi che vanno ad agire sulle componenti della parete. Una delle classi di composti della parete cellulare è la pectina, infatti molti funghi possiedono delle pectinasi che sono in grado di tagliare l’acido poligalatturonico in maniera casuale all’interno, liberando dei frammenti, gli oligomeri, di dimensioni diverse a seconda del tempo che ha avuto a disposizione l’enzima per poter tagliare. Tra questi ci saranno sicuramente degli oligomeri della lunghezza in grado di scatenare una risposta di difesa della pianta. La pianta ha dei recettori che sono in grado di percepire quando vengono a prodursi degli oligomeri di pectina e, attraverso la percezione di questi oligomeri, sente la presenza di qualcuno che sta digerendo la parete. La percezione di questi oligogalacturonidi scatena delle difese generiche nella pianta, tra cui produzione di composti antimicrobici, enzimi di difesa, di stress ossidativo. 7 Sara Greco / Michelle Guichardaz – Lezione n° 4 – Biologia Vegetale – Prof.ssa Perotto Silvia – 13/10/2020 Tra le risposte di difesa della pianta c’è la produzione di enzimi in grado di attaccare componenti della parete fungina. Come il fungo attacca la pianta e la sua parete cellulare con delle pectinasi, la pianta che percepisce la presenza di queste molecole segnale, gli oligogalacturonidi, a sua volta produce degli enzimi che vengono rilasciati e che, nel caso in cui il fungo fosse vicino alla pianta, andranno ad attaccare componenti sia fibrillari, sia di matrice. Questa azione da parte degli enzimi della pianta andrà a liberare dalla parete fungina degli oligosaccaridi, che sono a loro volta dei potenti elicitori delle risposte della pianta. La presenza degli oligogalacturonidi è già di per sé un segnale importante di allerta per la parete cellulare; la presenza e l’accumulo di questi oligosaccaridi è un’ulteriore conferma che porta ad aumentare le difese della pianta, in alcuni casi verso un particolare tipo di patogeno. E La cellulosa IIII osate mostrare È un omopolimero formato da β-glucosio Il motivo strutturale di base ripetuto è quello del disaccaride cellobiosio Non è mai ramificata È una molecola orientata, come tutti i polisaccaridi, in cui riconosciamo un carbonio-1 libero ad un’estremità e un carbonio-4 libero all’altra estremità. Questi due carboni non sono equivalenti, in quanto nella sintesi, l’allungamento di una catena di cellulosa avviene sempre dalla coda La singola catena di cellulosa non si trova mai da sola nella parete cellulare, perché queste molecole così lineari tendono a sovrapporsi con altre molecole di cellulosa, fino a formare una microfibrilla di cellulosa. Quando si osserva al microscopio elettronico una parete cellulare di una cellula vegetale, non si vedono le singole catene di cellulosa, ma si vedono le microfibrille cioè degli aggregati di diverse catene di cellulosa tenuti insieme da legami idrogeno. Il numero di catene di cellulosa in una singola microfibrilla è stato studiato, inizialmente, con delle tecniche di tipo chimico-fisico, dette tecniche diffrattometriche. È stata stimata una quantità pari a circa 40 catene di cellulosa per ogni microfibrilla. Vedremo come, utilizzando un approccio molecolare, questo numero sia stato definito in modo più preciso. 8 Sara Greco / Michelle Guichardaz – Lezione n° 4 – Biologia Vegetale – Prof.ssa Perotto Silvia – 13/10/2020 All’interno della microfibrilla di cellulosa le singole catene sono tenute insieme da legami idrogeno, i quali si formano in quanto negli zuccheri ci sono tanti gruppi alcolici. L’ossigeno è un atomo fortemente elettronegativo, quindi accorpa su di sé la parziale carica negativa. L’idrogeno del gruppo ossidrile, invece, mantiene una parziale carica positiva. Quindi come per l’interazione tra le molecole d’acqua, qui abbiamo un’interazione tra le catene di cellulosa con i rispettivi gruppi ossidrilici, a formare tanti legami singolarmente deboli, ma che nella somma danno una coesione estremamente forte alla microfibrilla di cellulosa, tant’è che quest’ultima è equiparata come forza meccanica all’acciaio. Noi utilizziamo tantissimo la cellulosa, sia come cellulosa nativa, sia come cellulosa modificata nelle preparazioni industriali. La cellulosa nativa la usiamo nella produzione di carta ed è una delle componenti principali del legno. Inoltre, è utilizzata come fibra tessile, sia come cotone (che in senso botanico non è propriamente una fibra), sia come lino. Diversa è la cellulosa ottenuta da procedimenti industriali, come la cellulosa modificata. In questi processi si interviene con dei reagenti drastici, quali acidi o basi forti, per scomporre e dissolvere la microfibrilla di cellulosa, allontanando le singole catene che vengono poi lasciate riassemblarsi autonomamente, sia in una forma “a filo”, dunque tubulare, sia a formare dei film. Si ottiene una cellulosa rigenerata. I materiali che si ottengono sono, ad esempio, la viscosa (rigenerazione in forma filamentosa), oppure il cellophane (rigenerazione che forma film). Tutte le parole che iniziano per “cello” derivano dalla cellulosa. Possono poi esserci delle modifiche chimiche per l’aggiunta di gruppi funzionali, che portano alla formazione di celluloide, materiale utilizzato nella costruzione degli occhiali e un tempo usato come materiale di costruzione dei film cinematografici. 9 Sara Greco / Michelle Guichardaz – Lezione n° 4 – Biologia Vegetale – Prof.ssa Perotto Silvia – 13/10/2020 Una caratteristica, valida anche per la microfibrilla di O cellulosa, è quella di avere le o catene di cellulosa tutte e orientate le une parallele alle altre. È possibile dunque riconoscere ad una stessa estremità tutti i carboni 1 liberi e all’altra estremità tutti i carboni 4 liberi. (foto in alto) Al contrario, nella cellulosa rigenerata le catene sono orientate in senso antiparallelo, che è l’organizzazione più stabile dal punto di vista energetico. Si avranno quindi catene che si alternano con carbonio 1 e carbonio 4. (foto in basso). La sintesi della cellulosa comprende due aspetti: 1) La polimerizzazione della molecola, cioè la costruzione del polimero con il legame di nuove subunità; una catena in crescita. Avviene ad opera di un complesso enzimatico tecnici a detto cellulosa sintasi, che è formato da diverse subunità e si trova nello spessore della membrana plasmatica, dunque in un luogo diverso rispetto a quello occupato da tutti gli altri enzimi coinvolti nella sintesi delle componenti di matrice (come pectine ed emicellulose che sono e sintetizzate nell’apparato del Golgi, all’interno della cellula, dove sono presenti gli enzimi biosintetici. Queste componenti polisaccaridiche sono impacchettate all’interno di vescicole destinate alla secrezione, si fondono con la membrana plasmatica e rilasciano all’esterno il loro contenuto). Una componente fibrillare come la cellulosa sarebbe difficile da gestire con un trasporto di tipo vescicolare a causa della natura rigida e allungata delle microfibrille. La posizione della cellulosa sintasi sulla membrana plasmatica è la collocazione migliore che consente a questo complesso enzimatico, di poter prelevare i precursori per la sintesi della catena direttamente dal citoplasma, sottoforma di zuccheri ad alta energia. Ciò consente di polimerizzarli direttamente rilasciando la catena in crescita verso l’esterno. Le catene di cellulosa si uniscono a formare una microfibrilla di cellulosa tramite la formazione di legami idrogeno. Nelle piante la cellulosa ha un’organizzazione caratteristica, che forma una “rosetta”, ottenuta da 0 6 subunità. Nell’immagine a lato è ricostruito lo schema basato su osservazioni di membrane plasmatiche di cellule vegetali, in tal caso trattate con la tecnica del freeze-etching. Si separano i due strati del doppio strato fosfolipidico della membrana per vedere le componenti proteiche integrali della membrana stessa. 10 Sara Greco / Michelle Guichardaz – Lezione n° 4 – Biologia Vegetale – Prof.ssa Perotto Silvia – 13/10/2020 La cellulosa sintasi non è sempre organizzata in rosetta, in quanto questo è tipico delle piante, ma ci sono altri organismi che producono cellulosa nella parete, come alghe e batteri. In tal caso la cellulosa sintasi è formata da subunità che si dispongono linearmente (complesso lineare). Anche in questo caso, ogni subunità produce delle catene che vanno ad aggregarsi formando una microfibrilla. Attraverso degli studi molecolari si è capito come sia fatto il complesso della cellulosa sintasi tramite l’identificazione dei geni corrispondenti alle proteine che vanno a far parte del complesso della cellulosa sintasi stesso. Si è capito qual è il numero esatto di catene di cellulosa che noi troviamo nella microfibrilla alla fine del processo di sintesi. In particolare, si è scoperto che ogni subunità della rosetta è formata da 6 proteine; di fatto sono 3 isoforme diverse di cellulosa sintasi (tipo I, II e III), che sono presenti ciascuna a coppie all’interno di una subunità. i È 0 39 1 S o Ipepedeognuno crea una catenadi cellulosa In totale ci sono 36 proteine enzimatiche (6 proteine x 6 subunità), ciascuna delle quali produce una catena di cellulosa, per un totale di 36 catene di cellulosa che andranno ad autoaggregarsi in una microfibrilla di cellulosa. Il funzionamento della cellulosa sintasi spiega anche perché in una microfibrilla di cellulosa nativa tutte le catene sono orientate parallelamente perché tutti gli enzimi lavorano in parallelo. 11 Sara Greco / Michelle Guichardaz – Lezione n° 4 – Biologia Vegetale – Prof.ssa Perotto Silvia – 13/10/2020 2) una volta che sono depositate nella parete. Questo ha una ricaduta sulla forma che la cellula andrà ad assumere una volta finita l’espansione cellulare. Si può avere un orientamento casuale delle microfibrille di cellulosa, e in tal caso si tratta di disposizioned di microfibrille disperse. Non c’è una direzione prevalente delle microfibrille in quanto sono orientate in maniera casuale, randomizzata. Nella cellula che andrà incontro al fenomeno della distensione cellulare, dunque ad una espansione in volume (l’espansione deriva da una forza che dall’interno spinge verso l’esterno), le microfibrille opporranno una resistenza uniforme in tutte le direzioni, quindi la cellula tende ad espandersi in maniera isodiametrica, arrivando ad avere una forma sferica alla fine della distensione. 0 Si dice che la crescita è isotropica. HEInel momento 11th in cui inizia dellemuorbite f dipeno Quando le microfibrille di cellulosa sono orientate, la distensione, la cellula non incontrerà resistenza uniformemente in tutte le direzioni in quanto l’espansione sarà maggiore laddove la cellulosa tende a circondare la cellula. Quindi la cellula tende ad espandersi verso la direzione di minore resistenza: verso l’alto se le microfibrille sono orientate in orizzontale, mentre se sono I disposte in verticale si espanderà in orizzontale. La crescita si dice anisotropica. E E “Come fa la cellula a governare questo fenomeno, come fa a controllare la direzione in cui vengono depositate e l’orientamento delle microfibrille in parete?” la cellula può controllare molto bene ciò che avviene al suo interno, all’interno della membrana plasmatica, ma ha poco controllo diretto su quello che succede nella parete che è un comparto all’esterno della cellula. Fondamentale è il ruolo del citoscheletro, in particolare dei microtubuli corticali. Questi ultimi si osservano soprattutto in interfase, ovvero il momento in cui viene sintetizzata la parete primaria, e corrono I S subito sotto la membrana plasmatica. Nell’immagine a lato si notano dei microtubuli III paralleli presi tangenzialmente sotto la membrana plasmatica. e orticadirettamente 12 mutabile sono microrbrie CREGAN Sara Greco / Michelle Guichardaz – Lezione n° 4 – Biologia Vegetale – Prof.ssa Perotto Silvia – 13/10/2020 La stessa disposizione si nota nell’immagine in basso a destra, in cui sono evidenziati dei microtubuli al microscopio a fluorescenza: qui i microtubuli sono stati evidenziati da una sonda marcata, fluorescente. La stessa cellula, riportata nell’immagine in alto a destra, è osservata in campo chiaro per far capire i confini e il nucleo in posizione centrale. C’è una correlazione tra l’orientamento dei microtubuli corticali e l’orientamento delle microfibrille di cellulosa (quindi microtubuli dentro la cellula e microfibrille di cellulosa all’esterno della membrana plasmatica), ed è scaturita da una serie di esperimenti fatti con delle sostanze in grado di depolimerizzare i microtubuli, o di alterarne l’organizzazione e la polimerizzazione. Se si interferiva con la polimerizzazione dei microtubuli, si osservava poi un’alterazione della deposizione e dell’orientamento delle microfibrille di cellulosa in parete. “Che tipo di relazione e come una struttura all’interno della cellula può governare qualcosa che accade al suo esterno?” attraverso un controllo del complesso enzimatico della cellulosa sintasi. CES-GFP Tubulina-RedGFP immagine sovrapposta (A + B) Nell’immagine sovrastante viene dimostrato come la cellulosa sintasi si muova nello spessore della membrana plasmatica durante la sintesi della cellulosa. (A) Ricostruzione di una serie di immagini prese a tempi scalari, ogni 10 secondi. È la fotografia al microscopio a fluorescenza della posizione della cellulosa sintasi, resa visibile dal legame con la proteina GFP. Vediamo solo una traccia della cellulosa sintasi, in quanto questa si muove nel tempo. In questo caso ogni 10 secondi la vediamo in una posizione diversa sulla membrana plasmatica. (B) La tubulina è stata evidenziata attraverso una serie di proteine chimeriche. Si è legata alla proteina RedGFP. Questo perché, si è ipotizzato che la cellulosa sintasi si fosse spostata per opera del complesso dei microtubuli corticali. (C) Sovrapponendo le immagini (A + B) in corrispondenza della colorazione arancione, c’è un perfetto match del CES-GFP e della Tubulina-RedGFP. Questo esperimento dimostra che la cellulosa sintasi si muove nello spessore della membrana plasmatica in correlazione con i microtubuli corticali. Su questa osservazione sono state costruite due ipotesi in grado di spiegare questo movimento: - Ipotesi (modello) del monorail monidad - Ipotesi (modello) del guard rail 13 Sara Greco / Michelle Guichardaz – Lezione n° 4 – Biologia Vegetale – Prof.ssa Perotto Silvia – 13/10/2020 Il modello del monorail (modello della monorotaia) prevede che il complesso della cellulosa sintasi sia direttamente collegato, attraverso delle proteine di collegamento, con i microtubuli corticali pur rimanendo nello spessore della membrana plasmatica. Questo modello correla direttamente la posizione, il movimento della cellulosa sintasi con l’orientamento dei microtubuli corticali. Il modello del guard rail non prevede un contatto diretto della cellulosa sintasi con i microtubuli corticali, ma prevede che questi interagiscano con la membrana plasmatica e limitino il movimento laterale della cellulosa sintasi, costringendola a spostarsi lungo una direzione definita dalla posizione dei microtubuli. Questo modello non prevede particolari proteine di collegamento; la cellulosa sintasi è libera e dal punto di vista del movimento può prevedere un movimento della cellulosa sintasi spostata in avanti dai polimeri in crescita, che fuoriescono dal complesso della cellulosa sintasi stessa. Io mannaro o C Modello del monorail sempre Mia Modello del guard rail Ii collegamento aggiunti micro.am Tra i due modelli quello più verosimile è quello del monorail perché è stata scoperta una proteina, detta CSI1 (cellulose synthase interactive protein), che interagisce con il complesso della cellulosa O sintasi e che è in grado di collegare la subunità CESA della cellulosa sintasi con i microtubuli III corticali. Questa proteina (una β catenina, presente anche nelle cellule animali), potrebbe anche essere implicata nell’indirizzamento della cellulosa sintasi dal luogo di sintesi, che è il sistema delle endomembrane, fino alla zona della membrana plasmatica in prossimità dei microtubuli corticali. 14 Sara Greco / Michelle Guichardaz – Lezione n° 4 – Biologia Vegetale – Prof.ssa Perotto Silvia – 13/10/2020 La parete primaria: i meccanismi della distensione cellulare La parete primaria deve soddisfare un apparente paradosso, cioè quello di mantenere un sostegno rigido alla cellula al suo interno, dunque una resistenza meccanica in grado di limitare fortemente le deformazioni della cellula; ma d’altra parte deve consentire una grossa deformazione che è l’espansione in volume della cellula. Esistono due tipi di deformazione: deformazione elastica e deformazione plastica. Distensione elastica Distensione plastica non mF TI Differenti distico i dinamometro si allunga setorni sebrno piisucs C’è un’analogia con un sistema fisico costituito da un dinamometro. A sinistra notiamo un esempio di distensione elastica, in cui applicando ad un dinamometro una forza deformante (in tal caso un peso in un campo gravitazionale), si ha la deformazione del dinamometro con l’allungamento di una barra. La deformazione si dice elastica nel momento in cui togliendo la forza deformante, il dinamometro torna alle dimensioni originali. La parete cellulare durante le sue normali funzioni va incontro ad una limitata deformazione di tipo elastico. Diverso è ciò che succede nella deformazione plastica. In tal caso, prendendo in considerazione il dinamometro possiamo applicare una forza deformante. Si ha deformazione plastica quando rimuovendo la forza deformante, non si torna alle dimensioni originali ma il corpo mantiene la deformazione. Questo si osserva nelle cellule vegetali nel momento della distensione cellulare. Il modello di organizzazione della parete che meglio sostiene le prove sperimentali è quello proposto da due ricercatori americani, Carpita e Gibeaut. Secondo questo modello nella parete primaria esisterebbero tre reticolati molecolari tra loro indipendenti in giallo ci sono le pectine, in cui si osserva un reticolato formato da ponti salini nel pectato di calcio (tra cui ci sono i ramnogalatturonani); le proteine, che in condizioni fisiologiche sono poco presenti; infine quello più importante ai fini della resistenza meccanica è quello costituito dalle microfibrille di cellulosa + le emicellulose, che interagiscono tra di loro. dimetilino tinto con lostss 15 mercoledi des Sara Greco / Michelle Guichardaz – Lezione n° 4 – Biologia Vegetale – Prof.ssa Perotto Silvia – 13/10/2020 NIUNO Questo è un modello che è stato proposto soprattutto per le angiosperme dicotiledoni, in cui le emicellulose più abbondanti sono gli xiloglucani. Gli xiloglucani hanno uno scheletro carbonioso costituito da molecole di glucosio, tenuti insieme da legami β1-4 con delle ramificazioni. Il legame β1-4 è lo stesso della cellulosa, quindi non sorprende il fatto che queste molecole di emicellulosa interagiscano, nelle zone in cui non ci sono ramificazioni, con le catene di cellulosa presenti nelle microfibrille. La presenza di ramificazioni porta alla presenza di un ingombro sterico per cui le emicellulose, ad un certo punto, si devono staccare dalla microfibrilla di cellulosa per poi andare ad interagire con microfibrille diverse, in altre zone lineari. In tal modo si creano dei legami tra le microfibrille di cellulosa mediate dalle emicellulose. I legami tra le emicellulose e le microfibrille di cellulosa sono dei legami idrogeno, però a fronte di un singolo legame debole bisogna considerare il numero dei legami e il numero di molecole che sono coinvolte. Questo tipo di organizzazione dà una spiegazione della resistenza meccanica della parete, perché se le singole componenti fossero indipendenti tra di loro la resistenza sarebbe bassa, in quanto se le microfibrille scivolassero in una matrice amorfa la resistenza sarebbe abbastanza bassa. Il modello dà anche ragione della deformazione elastica, in quanto una struttura a rete come quella precedentemente vista, può essere facilmente deformata. Spiega anche la deformazione plastica nel momento in cui vengono scissi i legami che tengono insieme queste varie componenti. La cellula vegetale può andare incontro ad un fenomeno di distensione cellulare solo in una finestra temporale ben precisa, durante la quale la cellula è “competente” alla distensione. CLASSIADOMAND.name Le tappe della distensione cellulare: Forza 1) Aumento della pressione interna (pressione osmotica o pressione di turgore) all’interno si deve creare una forza che spinge verso le pareti, favorendo l’espansione cellulare faraaeromonechederivadalrichiamodell'oca 2) Acidificazione della parete cellulare fai IIIa 97L sonica 3) Allentamento delle microfibrille di cellulosa sinergia La distensione cellulare ha bisogno di una sinergia tra comparti diversi della cellula, in particolare tra chi crea la pressione interna e il vacuolo. Tenoconosubito intonano dopoquelladelladivisione camion Aumento della pressione interna restii aicompetentidelladivisione Il vacuolo è un organulo che si forma dopo la divisione cellulare, e nel momento in cui compare nella cellula un grosso vacuolo centrale, allora si può avere all’interno di questo organulo un forte richiamo di acqua, attraverso dei processi osmotici. Attraverso questi meccanismi osmotici che comportano una forte riduzione del potenziale idrico all’interno della cellula, c’è questo forte richiamo d’acqua che aumenta la pressione membron pressionecontro verso l’esterno. Si passa da una pressione media all’interno del vacuolo di 3 bar ad una pressione di 10 bar. (come confronto ricordare che la pressione di uno pneumatico è di 2,5 bar). 0 16 Sara Greco / Michelle Guichardaz – Lezione n° 4 – Biologia Vegetale – Prof.ssa Perotto Silvia – 13/10/2020 In condizioni normali la pressione può essere sopportata dalla parete che esercita una contropressione, ma che al momento della distensione cellulare andrà a rilassarsi portando all’aumento di volume. L’acidificazione è causata dall’attivazione di particolari pompe presenti sulla membrana plasmatica delle cellule vegetali, ovvero le pompe protoniche ATPasiche. Gene Prelevano protoni dall’interno della cellula, dal citoplasma, e li trasportano contro gradiente all’esterno utilizzando dell’energia metabolica sottoforma di ATP. C’è un’estrusione di protoni che finiscono nella parete e ne riducono il pH. Questa acidificazione della parete ha diverse conseguenze; ad esempio, si aumenta la fluidità del gel di pectato di calcio. Questo perché il gruppo carbossile, che se dissociato può formare i ponti salini con il calcio, in ambiente acido tende a trasformarsi nella sua forma indissociata. Tra le altre conseguenze figura l’attivazione di enzimi e proteine che lavorano sui legami che tengono insieme le microfibrille di cellulosa con le emicellulose nello specifico reticolato. L’auxina è un ormone correlato con la distensione cellulare e stimola direttamente l’attività delle pompe protoniche ATPasiche. aunet.com.ve Allentamento delle microfibrille di cellulosa a causa Si tratta di un taglio delle emicellulose che tengono insieme le diverse microfibrille nel modello di Carpita e Gibeaut. Solo con il taglio di questo legame, le emicellulose saranno libere di consentire l’espansione cellulare. Sono stati studiati tutti gli enzimi in grado di agire sulle emicellulose, tra cui gli enzimi idrolitici XET. 0 Ci sono molti endoglucanasi, ovvero degli enzimi che tagliano le emicellulose all’interno della molecola; ci sono le glicosidasi che possono essere specifiche per il tipo di zucchero, che tagliano in posizione esterna, dunque singoli monomeri. ChHms AGUA W Ci sono poi le XET (xiloglucando-endo-transglicosidasi) il cui substrato è lo xiloglucano, che tagliano all’interno della molecola e che ricuciono, quindi sono in grado di risaldare le estremità tagliate di una molecola di emicellulosa. Questo meccanismo è rappresentato nella figura a lato. 0 Prima della distensione questi enzimi devono poter tagliare i legami covalenti che uniscono e bloccano il movimento delle microfibrille di cellulosa, in modo tale che le microfibrille possano scorrere le une rispetto alle altre. Alla fine della distensione è importante la formazione di nuovi etlibero ponti che restituiscono alla parete la sua resistenza o meccanica. 17 Sara Greco / Michelle Guichardaz – Lezione n° 4 – Biologia Vegetale – Prof.ssa Perotto Silvia – 13/10/2020 Il taglio dei legami covalenti della catena dello xiloglucano è solo uno dei meccansimi con cui si possono allentare le microfibrille di cellulosa. Ci sono delle proteine, dette espansine, in grado di allentare i legami tra microfibrille di cellulose separando le emicellulose dalla cellulosa, rompendo i legami idrogeno che tengono unite queste molecole. O esporsigo (guardare filmato) E’ stato eseguito negli anni ‘90 e si tratta di un esperimento abbastanza semplice. Già si conoscevano le XET, quindi si sapeva dell’esistenza di enzimi in grado di tagliare legami non covalenti nelle emicellulose, ma c’era il sospetto che ci fosse qualcosa di più. (Nell’immagine a lato notiamo una pianta eziolata a sinistra e una pianta alla luce a destra.) Sono state utilizzate, come sistema sperimentale, delle piante eziolate ovvero piante che sono fatte crescere al buio. In queste condizioni la pianta modifica il proprio piano di sviluppo. Le piante hanno estrema plasticità fenotipica, dunque lo stesso genoma può mettere in atto modalità di crescita diverse a seconda delle condizioni ambientali. Se l’ambiente è buio, la pianta germinata dal seme metterà tutte le proprie riserve energetiche nella crescita, cercando di allungarsi il più possibile per raggiungere una fonte luminosa. Non perderà tempo a produrre delle belle foglie ricche di clorofilla, perché non essendoci luce non ha senso preparare degli organi per la fotosintesi; tutta l’energia è impiegata nell’allungamento attraverso il meccanismo della distensione cellulare. Successivamente sono stati tagliati dei segmenti dalla parte subapicale, ovvero la zona che va incontro a distensione cellulare. Una parte dei segmenti è stata utilizzata per un’estrazione biochimica delle proteine presenti nella parete cellulare. Attraverso delle classiche operazioni di tipo biochimico in laboratorio, il tessuto è stato omogenizzato, le pareti cellulari sono state lavate ed isolate e da qui sono state estratte e frazionate le proteine, utilizzate poi in una tappa successiva dell’esperimento. Un altro set di segmenti è stato utilizzato per l’esperimento più propriamente detto. Sono stati inizialmente grattati in superficie perché era importante poter controllare il pH all’interno del segmento. Gli strati superficiali degli organi epigei sono rivestiti da uno strato impermeabile, dunque per dare accesso alle soluzioni acquose questo strato è stato rimosso, grattando la superficie. È stata poi attuata la tecnica del congelamento-scongelamento che serve a rompere le membrane cellulari, poiché il congelamento porta alla formazione di cristalli di ghiaccio che sono di volume maggiore rispetto all’acqua in fase liquida. Questo è un passaggio importante perché nell’esperimento si voleva togliere alle cellule di questo segmento, la possibilità di controllare la pressione interna attraverso l’attività del vacuolo. 18 Sara Greco / Michelle Guichardaz – Lezione n° 4 – Biologia Vegetale – Prof.ssa Perotto Silvia – 13/10/2020 Il vacuolo è l’organulo che inizia a creare la pressione, dunque la spinta verso l’esterno. Si voleva poter controllare il fenomeno applicando una forza esterna, quindi si è annullata la capacità del vacuolo di richiamare l’acqua interrompendo il processo osmotico, con la rottura delle membrane. Questo è un pre-trattamento comune a tutti i segmenti; successivamente i segmenti sono stati divisi in due gruppi sperimentali. ugrast cenettaun detonare Il primo gruppo è stato mantenuto in Farsi condizioni native, il che significa che nelle pareti cellulari di queste cellule sono ancora attivi tutti gli enzimi. L’altra metà dei segmenti è stata inattivata al calore; è stata fatta una rapida bollitura che ha denaturato le proteine inattivandole. A questo punto tutti i segmenti sono stati inseriti in una piccola celletta piena di liquido, che poteva essere cambiato. Al segmento del fusto è stato attaccato un peso, in modo da mimare l’esperimento con il dinamometro. Con l’applicazione della forza costante si è potuta misurare la deformazione plastica di questo segmento inserito nella celletta sperimentale. È stato poi calcolato l’allungamento in percentuale rispetto alle dimensioni iniziali. esperimento Nel grafico a lato vengono riportati i risultati dei segmenti mantenuti nelle condizioni native, dove sono attive tutte le proteine presenti in parete, tra cui le XET e tutto il necessario per rilasciare i legami tra le microfibrille di cellulosa. È un controllo positivo che ci mostra come funziona il sistema: se il segmento viene tenuto in una soluzione a pH neutro (7), non c’è un aumento in percentuale di lunghezza, non c’è deformazione plastica. Nel momento in cui il liquido presente nella celletta viene sostituito con un tampone a pH acido, il segmento inizia ad aumentare di dimensioni, dunque inizia a verificarsi il fenomeno della distensione cellulare, che si misura come somma di tutte le cellule presenti in quel segmento. Questo dimostra che l’acidificazione della parete cellulare è sufficiente per indurre la distensione cellulare. In questo grafico viene mostrato l’andamento dei segmenti in cui le proteine sono state inattivate dal calore, tramite una denaturazione termica. Anche a pH acido non si osserva nessun aumento delle dimensioni, il che significa che l’acidificazione della parete è una condizione necessaria ma non sufficiente per indurre l’espansione cellulare. Sono necessarie delle componenti che possono essere aggiunte al sistema come frazioni proteiche, attraverso la purificazione biochimica che era stata fatta in parallelo. Sono state testate varie frazioni proteiche, estratte dalla parete cellulare, e si è misurato quale fosse in grado di indurre la distensione cellulare. Tra queste sono state ritrovate le XET e sono state scoperte le espansine. 19 Sara Greco / Michelle Guichardaz – Lezione n° 4 – Biologia Vegetale – Prof.ssa Perotto Silvia – 13/10/2020 Le espansine Una volta sequenziata la sequenza amminoacidica, sono proteine interessanti, in quanto possiedono dei domini coerenti con la loro funzione in parete. In particolare, hanno un peptide segnale, il quale indica che sono secrete nel comparto di parete; hanno un dominio (non sono veri e propri enzimi in quanto tagliano dei legami deboli ovvero i legami idrogeno), e hanno un dominio in grado di legare la cellulosa (CBD = cellulose binding domani) che serve all’espansina per muoversi lungo la microfibrilla di cellulosa per esplicare la sua funzione attraverso il sito catalitico. Si può immaginare che al momento della distensione cellulare, sia le XET che le espansine (e forse altre proteine che ancora non consociamo), agiscano in sinergia per andare a separare le microfibrille di cellulosa in modo che, dietro la pressione esercitata dal vacuolo contro la parete, le microfibrille di cellulosa possano scivolare le une rispetto alle altre, dando luogo al fenomeno della distensione cellulare. Alla fine di questo processo le XET saranno gli enzimi in grado di ricreare i ponti ed i legami tra le emicellulose e le microfibrille di cellulosa. Riassumendo La pressione osmotica insieme all’acidificazione della parete portano all’allentamento dei legami tra cellulosa ed emicellulosa consente alla parete di distendersi. La direzione dell’accrescimento cellulare dipende dall’orientamento delle microfibrille di cellulosa Terminata la distensione, si riformano i legami tra cellulosa ed emicellulosa Durante tutto il processo di distensione cellulare c’è una continua sintesi di materiale di parete (lo spessore della parete cellulare rimane costante). 20 Marin Masha / Lorena Munaro - Lezione 5 - Biologia Vegetale - Prof.ssa Silvia Perotto - 19/10/2020 LA PARETE SECONDARIA Nel differenziamento cellulare alcune cellule sintetizzano la parete secondaria, che non è sempre presente in tutti i tipi cellulari della fase adulta, ma soltanto in quelli in cui è necessario un rafforzamento o caratteristiche chimico-fisiche particolari della parete stessa. La formazione di questa parete avviene dopo 4 tappe: Formazione della parete primordiale che delimita la cellula in divisione; La parete primordiale rimane come lamella mediana, che una volta depositata dalle due cellule figlie rimane la parete primaria, la quale unisce e cementa le due cellule figlie; Abbiamo una fase di distensione cellulare; Dopodiché avremo, solo nei tipi cellulari in cui è prevista nel programma di sviluppo, la formazione e deposizione della parete secondaria. Questa segue una direzione centripeta nella deposizione, cioè dall’esterno verso l’interno, pertanto l’inspessimento di questa parete porterà alla riduzione del lume cellulare. Durante la fase di formazione e deposizione della parete secondaria le cellule rimangono a contatto tra loro attraverso i plasmodesmi, ovvero canali citoplasmatici che nascono al momento in cui la cellula si divide e permangono per tutta la vita cellulare. Nella parete secondaria troviamo delle componenti presenti nella parete primaria, con variazioni della loro abbondanza relativa, insieme poi a nuove molecole. I componenti con modifica dell’abbondanza relativa sono: Componenti in aumento: la cellulosa, che ha un fortissimo aumento di quantità rispetto alla parete primaria, possiamo identificare la parete secondaria quindi come una parete cellulosica. Questa aumenta non solo la sua abbondanza ma anche il senso di lunghezza, inoltre le singole catene di cellulosa presenti nella parete secondaria 1 Marin Masha / Lorena Munaro - Lezione 5 - Biologia Vegetale - Prof.ssa Silvia Perotto - 19/10/2020 aumentano il loro grado di polimerizzazione. Le microfibrille di cellulosa, con una disposizione elicoidale, hanno l’orientamento mediato e regolato dall’orientamento dei microtubuli corticali che dirigono il movimento della cellulosa sintasi e negli strati successivi, che vengono depositati di parete secondaria cambia l’angolo, per cui riusciamo ad ottenere nello spessore della parete secondaria degli strati di cellulosa in cui le microfibrille hanno tutti i possibili orientamenti nel piano, questo aumenta notevolmente la resistenza meccanica (la microfibrilla di cellulosa può essere paragonata ad un filo d’acciaio). Componenti in riduzione: le pectine, a discapito della cellulosa si riducono fortemente. L’acqua viene ridotta anch’essa di pari passo con le pectine (poiché formano i gel di pectato di calcio che trattengono grandi quantità di acqua). Le emicellulose vengono ridotte anch’esse, però rimangono in quantità rilevante perché mantengono la loro funzione di collegamento tra le microfibrille di cellulosa. Infine, le proteine strutturali scompaiono quasi completamente, mentre rimangono invariate rispetto alla parete primaria tutte quelle proteine che avevano un ruolo enzimatico nella parete. Nella parete secondaria, però, compaiono molecole nuove. Un esempio è la comparsa della lignina, una macromolecola che ha una distribuzione peculiare: non è infatti limitata alla parete secondaria, ma si distribuisce anche negli strati precedenti della parete. Questo perché, come le altre componenti nuove della parete secondaria, fa eccezione alla regola della deposizione centripeta. 2 Marin Masha / Lorena Munaro - Lezione 5 - Biologia Vegetale - Prof.ssa Silvia Perotto - 19/10/2020 MODIFICAZIONI DELLA PARETE SECONDARIA Le modificazioni che avvengono in questa parete portano la deposizione di nuove molecole, infatti ad ogni modificazione corrispondono molecole caratteristiche. (vedi immagine accanto). In genere, a parte la mineralizzazione, tutte le altre modificazioni prevedono la comparsa di molecole organiche tendenzialmente idrofobiche che portano ad una ulteriore riduzione della quantità d’acqua. Inoltre, raramente queste molecole sono depositate (come i polisaccaridi) in direzione centripeta perché sono formate da monomeri di piccole dimensioni che si muovono diffondendo facilmente nella matrice. Vengono poi bloccate attraverso la formazione di legami covalenti, quindi formazione di macromolecole, direttamente in parete. Per cui a differenza dei polisaccaridi, che sono molto grossi e rimangono dove vengono depositati o direttamente sulla membrana o attraverso il movimento vescicolare dal Golgi, questi monomeri molto piccoli si muovono diffondendo nella matrice. Varie tappe dell’evoluzione molecolare ed evoluzione biologica sono state possibili grazie alla comparsa di nuove molecole nelle pareti. Per esempio, nell’immagine sottostante abbiamo il momento della colonizzazione delle terre emerse quindi della colonizzazione da parte di organismi inizialmente acquatici di un ambiente terrestre e questa tappa è stata possibile grazie alla comparsa di molecole in grado di impermeabilizzare la superficie, cosa che fanno le cutine all’interno di una cuticola, questo per evitare la perdita di un'eccessiva quantità di acqua e quindi disidratazione di organi esposti all’atmosfera. Un’altra tappa importantissima è stata la crescita in altezza, che è andata a separare gli organi responsabili della raccolta di acqua dal suolo agli organi coinvolti nella fotosintesi. Pertanto, l’acqua ha dovuto essere trasportata dalla radice fino alle foglie con la comparsa di tessuti di trasporto ed è indispensabile per questi tipi cellulari un forte rafforzamento di tipo cellulare, che è stato possibile con la comparsa e l’utilizzo della lignina. La suberina è verosimilmente comparsa al momento in cui l’ambiente è andato incontro a grossi cambiamenti climatici, infatti questa è il componente principale del sughero che è un ottimo isolante termico, per cui nei momenti di raffreddamento del clima e delle glaciazioni la comparsa della suberina ha consentito la sopravvivenza in questi ambienti delle piante. Quindi le grandi conquiste nell’evoluzione delle piante si basa su delle novità a livello di nuove molecole comparse, molte di queste sulla parete cellulare. 3 Marin Masha / Lorena Munaro - Lezione 5 - Biologia Vegetale - Prof.ssa Silvia Perotto - 19/10/2020 CUTICOLARIZZAZIONE È la più antica forma di modificazione, che si osserva solo negli organi epigei ed in particolare nei loro strati superficiali dell’epidermide (questi organi sono esposti all’aria) con la presenza della cuticola, ovvero uno strato di materiale idrofobico composto da cere e cutine che rende la superficie dell’epidermide idrofobica e impermeabile ad acqua e gas. Quindi la presenza della cuticola negli organi epigei è importante per limitare fortemente la perdita di acqua sotto forma di vapore acqueo. La cuticola quindi rende l’epidermide impermeabile all’acqua e rende anche impermeabile a gas, nasce poi il problema di consentire degli scambi gassosi che favoriscano la fotosintesi, infatti negli organi che prevedono una cuticola compaiono delle strutture regolabili di scambio gassoso chiamate stomi. La cuticola è uno strato di materiale idrofobico, che può essere staccato dallo strato epidermico. La comparsa della cuticola è precoce nell’embrione e riveste l’epidermide nella porzione che originerà gli organi epigei della pianta. Nell’immagine a fianco si vede una grande presenza di 4 Marin Masha / Lorena Munaro - Lezione 5 - Biologia Vegetale - Prof.ssa Silvia Perotto - 19/10/2020 cuticola nella superfice della pianta, poiché si tratta di una pianta in ambiente molto secco, quindi si deve protegge da un'eccessiva evaporazione. Si nota anche come la deposizione di cuticola sia asimmetrica rispetto all’epidermide per cui si forma soltanto sulla parete tangenziale esterna. Le cere sono le componenti più idrofobiche della cuticola e sono composte da: Idrocarburi alifatici, sono le componenti più idrofobiche in assoluto tra le due perché hanno degli alcani, ovvero catene formate solamente da atomi di carbonio ed idrogeno molto polari. Questi idrocarburi vanno a costituire le cere epicuticolari, la parte più esterna della cuticola (come si vede dall’immagine di una superfice della cuticola dove cristallizzano a formare nano strutture); Ceridi, sono esteri dati dalla reazione tra un alcol presente in una lunga catena alifatica, cioè lunghe catene di atomi di C legate ad atomi d’idrogeno che però portano ad un’estremità un gruppo ossidrile che reagisce con il gruppo carbossilico di un acido alifatico. Questi sono leggermente meno idrofobici degli idrocarburi alifatici per la presenza di due atomi di ossigeno che creano una leggerissima polarità.. Questa organizzazione particolare della superficie della cuticola ha ispirato delle applicazioni nanotecnologiche, infatti questa organizzazione delle cere cuticolari è alla base di un particolare fenomeno detto effetto loto studiato nelle piante che vivono in ambiente palustre come il loto (Nelumbo nucifera). Questa pianta pur trovandosi in ambienti molto sporchi ha delle foglie pulite, questo è dovuto ad un’azione autopulente basata sulla forte idrofobicità delle 5 Marin Masha / Lorena Munaro - Lezione 5 - Biologia Vegetale - Prof.ssa Silvia Perotto - 19/10/2020 cere epicuticolari alla loro nano struttura, quindi la goccia d’acqua che si posa sulla superfice non aderisce ma tende a rotolare, con una certa pendenza della superfice, portando con sé lo sporco. Questo principio è stato applicato nell’ideazione di materiali come vernici, tessuti che sono detti “autopulenti”. Le cutine sono più semplici rispetto alle cere, poiché sono formate solo da esteri di idrossiacidi e sono leggermente più idrofile. Hanno gruppi alcoli non legati con i quali possono formare legami con i polisaccaridi di parete funzionando come collante tra cere e componente polisaccaridica. Idrossiacidi sono molecole alifatiche a lunga catena che presentano un gruppo carbossilico ma hanno un o più gruppi ossidrilici, sulla stessa molecola quindi abbiamo sia dei gruppi alcolici sia dei gruppi acidi (gruppi carbossilici). Possiamo formare dei legami estere attraverso la reazione di un gruppo carbossilico di una molecola con il gruppo alcolico di un’altra molecola, venendo a creare in questo modo dei reticolati tridimensionali in cui non tutti i gruppi alcolici sono necessariamente impegnati in un legame, così le cutine possono mantenere un certo numero di gruppi alcolici che le rendono leggermente più idrofiliche rispetto alle cere. Questa è un'immagine che ricostruisce, ingrandita, la cuticola di uno strato epidermico per cui noi osserviamo nella zona più esterna i cristalli delle cere epicuticolari e cere ancora dello strato più esterno della cuticola stessa. Dopodiché passiamo ad una zona in cui si arricchiscono le cutine, che avendo questa caratteristica di punti di maggiore polarità sono in grado di interagire con la componente polisaccaridica sottostante e funzionare da collante, tenendo insieme la parte più idrofobica con la parte più idrofilica, quindi fare da giunzione tra le cere e la componente polisaccaridica. Quindi nella parete cuticolarizzata, le cere sono più esterne e le cutine più interne, secondo un gradiente di idrofobicità. Per quanto riguarda la biosintesi di questi componenti le cutine vedono una biosintesi inizialmente nei plastidi degli acidi grassi a 16 e 18 atomi di C, questi acidi escono dai plastidi e raggiungono il reticolo endoplasmatico, dove vengono idrossilati ad opera di citocromi p-450 a formare gli idrossiacidi. A questo punto raggiungono con modalità non chiare (movimento vescicolare o come singole molecole) il plasmalemma dove vengono trasferiti in parete, anche qui con modalità non chiare (attraverso fusione delle vescicole golgiane o con trasportatori ABC). 6 Marin Masha / Lorena Munaro - Lezione 5 - Biologia Vegetale - Prof.ssa Silvia Perotto - 19/10/2020 Nella via di biosintesi delle cere, in particolare la formazione delle paraffine che vanno a far parte delle cere epicuticolari. Si parte da acidi grassi che sono derivati sempre dai plastidi e giungono al reticolo endoplasmatico dove agiscono delle elongasi, che allungano la catena. Qui entra in gioco una decarbossilasi che toglie il gruppo carbossile terminale di questi lunghi acidi grassi per trasformarli in idrocarburi, i quali raggiungeranno la membrana plasmatica sempre con meccanismi non chiari andranno alla parete. Nell’ambiente di parete sono note delle proteine in grado di trasferire i lipidi (lipid trasfer protein) che consentono a queste molecole molto idrofobiche di attraversare tutto lo strato idrofilico polisaccaridico della parete cellulare fino ad arrivare allo strato più esterno. Per quanto la sintesi dei ceridi chiaramente si ripercorrono in parte le tappe viste per la produzione delle cutine. LIGNIFICAZIONE Mentre la cuticolarizzazione serviva ad impermeabilizzare le superfici esterne, la lignificazione è in grado di conferire alle cellule della parete una grande resistenza di tipo chimico e meccanico. Per cui questa modificazione è stata utilizzata in tessuti come: Tessuti sostegno consentendo l’aumento di dimensione; Tessuti di protezione per proteggere strutture molto preziose nel ciclo vitale della pianta, come l’embrione all’interno dei semi (es. noci); Tessuti di conduzione come quelli che portano l’acqua dalle radici fino alle foglie. Qui la parete lignificata è l’unica struttura che rimane alla fine del differenziamento cellulare dove l’int

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