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6 - DNA E REPLICAZIONE.pdf

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L’INFORMAZIONE GENETICA 3.5 Le macromolecole organiche – acidi nucleici ACIDI NUCLEICI Un acido nucleico è un polimero di nucleotidi. Un nucleotide è un formato da: un fosfato – l’acido fosforico; uno zucchero pentoso; una base azotata – g...

L’INFORMAZIONE GENETICA 3.5 Le macromolecole organiche – acidi nucleici ACIDI NUCLEICI Un acido nucleico è un polimero di nucleotidi. Un nucleotide è un formato da: un fosfato – l’acido fosforico; uno zucchero pentoso; una base azotata – guanina, adenina, citosina, timina o uracile. Gli acidi nucleici, chiamati così perché particolarmente abbondanti nel nucleo delle cellule, sono di due tipi: il DNA (Acido DesossiriboNucleico) e l'RNA (Acido RiboNucleico). Il primo è detentore dell'informazione genetica, il secondo provvede a tradurre l'informazione genetica, contenuta nel DNA, nel linguaggio delle proteine. I nucleotidi sono composti ricchi di energia, si trovano anche come trasduttori secondari di segnali chimici portati da alcuni ormoni e come componenti della struttura di importanti coenzimi. 3.5 Le macromolecole organiche – acidi nucleici Il nucleoside: base + zucchero Base azotata Zucchero 3.5 Le macromolecole organiche – acidi nucleici Il nucleotide: estere fosforico di un nucleoside (al C5) 3.5 Le macromolecole organiche – acidi nucleici I nucleotidi che fanno parte di Il Legame Fosfodiesterico un filamento di DNA sono uniti fra loro da un legame che intercorre fra l’atomo di O dell’OH legato al C3 ed il P legato al C5. Questo legame, covalente, viene detto fosfodiesterico. Le estremità di un’elica sono differenti e possiamo distinguere una polarità, normalmente indicata con 5’ e 3’, ad indicare le posizioni degli atomi di C a cui sono legati i gruppi funzionali che contraggono il legame fosfodiesterico. 3.5 Le macromolecole organiche – acidi nucleici In un singolo filamento di DNA, che può essere lungo anche molti milioni di nucleotidi, gli zuccheri ed i gruppi fosforici si ripetono, alternandosi, in una struttura costante ed uguale, il cosiddetto scheletro, mentre le basi azotate sono presenti in una sequenza che è variabile da molecola a molecola. La doppia elica del DNA La doppia elica del DNA Le regole di Chargaff Una molecola di DNA è formata da due filamenti contrapposti, uniti da legami idrogeno (deboli) che si formano fra le basi azotate, rispettando alcune regole: ciascuna base di un filamento forma una coppia con una base dell’altro filamento, che viene quindi detto complementare. La guanina si appaia con la citosina e l’adenina con la timina (uracile se si tratta di RNA), cioè una purina si appaia sempre con una pirimidina. Le coppie G-C sono unite da 3 legami idrogeno, mentre le coppie A-T/U da 2 legami a idrogeno. La doppia elica del DNA La molecola di DNA è costituita da due catene avvolte a formare una doppia elica. le due catene sono complementari e antiparallele; i legami tra i nucleotidi all’interno di ciascuna catena sono legami covalenti, mentre quelli che uniscono i due filamenti sono legami a idrogeno; l’elica ha diametro costante e avvolgimento Le parti idrofiliche (fosfati e ribosi) sono rivolti all’esterno, in destrogiro. contatto con l’H2O La doppia elica del DNA Diametro 2 nm Distanza tra le coppie di basi = 0.34 nm un passo 10 basi 3,4 nm Le basi possono essere raggiunte dai "solchi" La doppia elica del DNA È possibile indurre la transizione da una conformazione di DNA ad un’altra variando le condizioni ambientali. Le tipologie di elica più facilmente riscontrabili sono A, B e Z. La forma B è quella originariamente descritta da Watson e Crick ed è la principale. sinistrosa= ruota verso La forma A è favorita in condizioni di Conformazioni del DNA sinistra disidratazione. La doppia elica è destrosa=ruota verso destra destrorsa, più larga e più corta dell’elica B. Le coppie di basi sono maggiormente ruotate rispetto all’asse dell’elica. Presenta 11 coppie di basi per giro. Il DNA-Z è una doppia elica sinistrorsa, ci sono 12 bp per giro e la struttura appare più sottile ed allungata, è tipica delle sequenze che presentano modifiche chimiche come la metilazione e dei tratti di DNA ricchi di basi C e G. La scoperta del DNA La scoperta del DNA La scoperta del DNA La scoperta della struttura a doppia elica L’antefatto coinvolge essenzialmente i ricercatori di tre laboratori: Pauling al Caltech di Pasadena; Wilkins e Franklin al King’s College di Londra; Crick e Watson al Cavendish di Cambridge. Toccò a Pauling il primo successo, quando nel 1951 risolse la struttura delle proteine fibrose, scoprendo le strutture secondarie: α-elica e foglietto β. La scoperta del DNA IL CONTRIBUTO DI ROSALIND FRANKLIN Rosalind Franklin ha condotto gli esperimenti che hanno permesso di fotografare ai raggi X la struttura del DNA, la cui interpretazione ha permesso di dedurne la struttura tridimensionale. La posizione degli atomi in una sostanza chimica cristallizzata può essere determinata in base al quadro di diffrazione dei raggi X che l’hanno attraversata. Il quadro del DNA è estremamente regolare e ripetitivo. La scoperta del DNA WATSON E CRICK Nel 1953 i due scienziati ipotizzarono che il DNA si componesse di due catene di nucleotidi disposte a formare una doppia elica. Ciascuna purina, composta da due anelli, si trova di fronte ad una pirimidina, composta da un singolo anello (tramite ponti idrogeno), in accordo con i risultati di Chargaff. Lo scheletro esterno è formato da desossiribosio alternato a gruppi fosfato. Il bozzetto compare sulla rivista scientifica Nature il 25 aprile del 1953. La scoperta della struttura del DNA conteneva in se alcune ipotesi importanti di funzionamento. Primo fra tutti, suggeriva un meccanismo di duplicazione della molecola che sfruttava l’apertura della doppia elica mediante rottura dei legami idrogeno e la sintesi di nuovi filamenti usando i due originali come stampo. PROCARIOTI ED EUCARIOTI PROCARIOTI EUCARIOTI DNA libero nel citoplasma DNA protetto nel nucleo Una sola molecola di DNA Più molecole di DNA (cromosomi) DNA circolare DNA spiralizzato sotto forma di cromatina NO istoni DNA avvolto intorno a PROTEINE ISTONICHE Costituito solo da sequenze codificanti Costituito da sequenze codificanti (ESONI) e NON codificanti (INTRONI) Il genoma di una cellula procariote è più semplice mentre il corredo cromosomico eucariotico è molto più complesso sia nell’organizzazione sia nella regolazione dell’attività enzimatica. Il numero di cromosomi degli eucarioti, però, non dipende dalla complessità della specie; solo per fare qualche esempio: i cani hanno 78 cromosomi, i topi 42 ed i gatti 38. Il compattamento del DNA IL COMPATTAMENTO DEL DNA Il compattamento del DNA Il DNA è la molecola informazionale delle cellule. Ognuna delle cellule nel nostro corpo contiene circa 1.5 gigabyte di informazioni genetiche. Sia nei procarioti sia negli eucarioti la quantità di DNA è impressionante: un cromosoma circolare di E. coli (procariote) misura circa 1 mm, ma il batterio ha una lunghezza di circa 2 µm. la lunghezza totale della molecola di DNA umano è circa 2m, ma questa molecola deve stare in un nucleo di circa 10-15μm di diametro. Il compattamento del DNA Compattamento del DNA Il DNA deve essere strettamente compattato. Il meccanismo di ripiegamento deve permettere l’accesso all’informazione contenuta nel DNA per il corretto svolgimento di processi di replicazione e trascrizione, e permettere un’efficiente trasmissione alle cellule figlie. Nel nucleo il materiale genetico si trova sotto forma di cromatina, suddivisa in: Eucromatina: trascritta, geni housekeeping e geni tessuto specifici Eterocromatina: non sembra presentare attività di trascrizione. Distinguiamo: Eterocromatina costitutiva: definita come una struttura che non altera la sua condensazione durante tutto il ciclo cellulare; Eterocromatina facoltativa: reversibile, il suo stato dipende dalla fase dello sviluppo o dal tipo cellulare esaminato, così come nel cromosoma X inattivato dei mammiferi. Il compattamento del DNA I nucleosomi L'unità fondamentale della cromatina, il nucleosoma, è composta da DNA e proteine istoniche. Questa rappresenta il primo livello di compattazione del DNA. Un ruolo fondamentale nel ripiegamento del DNA negli eucarioti è svolto da proteine specializzate, classificate in ISTONI (proteine strutturali) PROTEINE CROMOSOMICHE NON ISTONICHE (differenti funzioni, es enzimi) Gli istoni sono proteine basiche, cariche positivamente. A livello delle code N-terminali, gli istoni possono essere soggetti a numerose modifiche post-traduzionali quali acetilazioni, metilazioni, fosforilazioni, ADP-ribosilazioni e ubiquitinazioni. Queste modifiche sono convolte nella regolazione genica, nella riparazione e replicazione del DNA e nell’assemblaggio della cromatina. Il compattamento del DNA Ogni nucleosoma è formato da un core costituito da 8 proteine istoniche (H2A, H2B, H3 e H4 – due per tipo) intorno al quale si avvolge un segmento di DNA della lunghezza di 140 bp. Il quinto tipo di istone (H1) si trova all’esterno del DNA e lo tiene fermo in una specie di morsa. I nucleosomi sono disposti come perle di una collana, la distanza tra un nucleosoma e l’altro è di circa 7 nm e il diametro di ogni perla misura circa 10-11 nm. I nucleosomi sono collegati da brevi tratti di DNA chiamati linker. Il compattamento del DNA Nel secondo livello di spiralizzazione, la collana di perle si avvolge su se stessa formando una fibra elicoidale compatta (di circa 30 nm di spessore) secondo 2 modelli: modello solenoidale: 6 nucleosomi/giro con un buco centrale di 11 nm, il DNA linker non attraversa l’asse del solenoide Modello a zig-zag: il DNA linker attraversa l’asse longitudinale della fibra La fibra di 30 nm forma delle anse bloccate alla base da una struttura proteica o matrice, detta SCAFFOLD NUCLEARE. Quest’ultima è formato da H1, topoisomerasi II e altre proteine come le SMC Le proteine SMC (Structural Maintenance of Chromosomes) fanno parte della classe delle condensine, un complesso proteico molto importante nel compattare la cromatina Il compattamento del DNA Un ulteriore riavvolgimento di questa fibra forma una serie di domini ad ansa che a loro volta si spiralizzano originando una struttura più spessa con un diametro di circa 300 nm. Il compattamento del DNA Si definisce cromosoma il massimo livello di compattamento della cromatina (spessore di circa 1400 nm), visibile al microscopio ottico durante la divisione cellulare, in particolare durante la metafase. Il compattamento del DNA Negli eucarioti tutte le cellule ad eccezione di quelle specializzate per la riproduzione sono chiamate cellule somatiche. Queste cellule sono diploidi, cioè contengono ciascuna una doppia serie di cromosomi che si indica con 2n. Ogni cromosoma, quindi, è presente in duplice copia: il primo proviene da un genitore, il secondo dall’altro. Per esempio, l’uomo possiede 46 cromosomi: 23 di origine materna e 23 di origine paterna. Tutte le cellule diploidi dell'organismo umano contengono 22 coppie di autosomi e 1 coppia di cromosomi sessuali. Le cellule gonadiche (ovociti e spermatozoi) dette cellule aploidi contengono solo 23 cromosomi singoli e non in coppia. In particolare ciascun ovocita ha 22 autosomi ed 1 solo cromosoma sessuale che è sempre X. Mentre lo spermatozoo ha 22 autosomi ed un solo cromosoma sessuale che può essere o X o Y. Questo spiega perché il sesso del nascituro è determinato dal maschio. Il compattamento del DNA I due cromosomi che costituiscono una coppia sono chiamati cromosomi omologhi. I membri di una coppia di omologhi sono simili per dimensione e forma. Inoltre, due cromosomi omologhi portano gli stessi geni: portano cioè l’informazione per il controllo degli stessi tipi di caratteristiche genetiche, sebbene non l’identica informazione. Ad esempio, i membri di una coppia di cromosomi omologhi possono portare il gene che specifica la struttura dell’emoglobina β ma uno potrebbe avere l’informazione per la catena β dell’emoglobina normale mentre l’altro potrebbe specificare la forma anomala di emoglobina associata all’anemia falciforme. Gli esperimenti GLI ESPERIMENTI Gli esperimenti La scoperta del PRINCIPIO TRASFORMANTE Nei nuclei dei leucociti Miescher identificò una sostanza contenente fosforo che chiamò nucleina. Grazie ai suoi esperimenti comprese che, nel nucleo cellulare, erano presenti una porzione acida (il DNA) ed una porzione basica (le proteine). Riuscì a isolare questa “nucleina” da ogni cellula analizzata, quindi, pur non avendo compreso appieno la portata della sua scoperta, Miescher intuì che la nucleina doveva essere connessa con l'eredità. Gli esperimenti - Griffith 1920 con avvento della spagnola tutti i malati morivano di polmonite. governo inglese obbliga a studiare il cocco della polmonite. tra i medici griffith nota due tipologie di batterio. Gli esperimenti di Frederick Griffith Nel 1928 Griffith stava studiando il batterio Streptococcus pneumoniae (pneumococco), agente patogeno della polmonite, e stava lavorando con due diversi ceppi: smooth Il ceppo S (liscio) costituito da cellule ricoperte da una capsula polisaccaridica che protegge dagli attacchi del sistema immunitario dell’ospite. Se iniettate nei topi, esse provocavano la polmonite (ceppo virulento). rugh Il ceppo R (ruvido) con cellule prive di capsula protettiva e non virulente. Inoculò in alcuni topi degli pneumococchi S uccisi e osservò che i batteri erano incapaci di produrre l’infezione. Somministrò a un altro gruppo di topi una miscela di batteri R vivi e batteri S uccisi e notò che gli animali contraevano la polmonite. Griffith trovò il sangue di questi animali pieno di batteri vivi con le caratteristiche del ceppo virulento S; concluse che in presenza degli pneumococchi S uccisi, alcuni degli pneumococchi R vivi si erano trasformati in organismi del ceppo virulento S. Questo dimostrava che un qualche “fattore di trasformazione”, estratto da pneumococchi S morti poteva agire sulle cellule R provocando un cambiamento ereditario. Gli esperimenti - Griffith Gli esperimenti – Avery, MacLeod, McCarty Avery, MacLeod, McCarty: il DNA è il materiale genetico Quale componente (proteine o DNA) è responsabile della trasmissione dei caratteri ereditari? Secondo la maggior parte degli scienziati i 20 amminoacidi erano un linguaggio più efficace per spiegare la grande variabilità genetica degli esseri viventi rispetto ai soli 4 nucleotidi. Avery, MacLeod e McCarty isolarono il materiale contenuto nei pneumococchi di tipo S patogeni, uccisi con il calore. L'estratto cellulare così ottenuto conteneva diverse tipologie di sostanze chimiche: proteine, lipidi, polisaccaridi e acidi nucleici. Per dimostrare che il DNA era effettivamente il principio trasformante, il gruppo di Avery approntò numerosi test biochimici: riuscirono a separare l'estratto cellulare nelle varie componenti chimiche al fine di testarle separatamente e comprendere quali fossero in grado di trasformare i batteri R non virulenti in batteri S virulenti. Gli esperimenti – Avery, MacLeod, McCarty Non tutta la comunità scientifica accettò i loro risultati: era difficile capire come la natura potesse avvalersi di un alfabeto semplicissimo, formato da 4 lettere, per scrivere il linguaggio della vita. Gli esperimenti – Hershey e Chase La conferma: Alfred Day Hershey e Martha Chase Nel 1952, Alfred Day Hershey e Martha Chase misero a punto un esperimento utilizzando traccianti radioattivi. 1. Prepararono una coltura di fagi marcati con 35S, zolfo radioattivo. Lo zolfo è presente solo nel rivestimento proteico ma non nel DNA. 2. Prepararono un'altra coltura di fagi marcati con 32P, fosforo radioattivo. Il fosforo è presente solo nel DNA ma non nel rivestimento proteico. Con le due colture di fagi vennero infettate due diverse colonie batteriche di E. coli. Il principio trasformante si sarebbe trovato all'interno delle cellule del batterio, dato che il virus le sfrutta per riprodursi. Il tutto venne centrifugato per portare sul fondo gli elementi più pesanti (cellule batteriche contenenti il materiale genetico), mentre gli elementi più leggeri rimangono nel liquido surnatante. Gli esperimenti – Hershey e Chase Le cellule infettate con i fagi marcati con il 32P contenevano anch'esse 32P: la radioattività era rilevabile sul fondo della provetta, dove c'erano le cellule. Questo indicava che il DNA era entrato nelle cellule batteriche. Le cellule infettate con i fagi marcati radioattivamente con il 35S non contenevano 35 S: la radioattività era rilevabile nel surnatante ma non sul fondo della provetta. Questo indicava che la componente proteica del fago non era entrata nelle cellule batteriche. Curiosità LA REPLICAZIONE DEL DNA «Non è sfuggito alla nostra attenzione il fatto che LA REPLICAZIONE l'appaiamento specifico delle basi che noi abbiamo postulato suggerisce immediatamente un possibile meccanismo di copia del materiale genetico.» Così scrivevano Watson e Crick nel concludere il loro celebre articolo del 1953. Il meccanismo semiconservativo L'esperimento di Meselson e Stahl del 1958 dimostrò che il DNA sfrutta un meccanismo di replicazione semiconservativo. Il meccanismo semiconservativo MESELSON E STAHL L’azoto è un componente essenziale del DNA, perciò, ogni volta che una cellula si divide e il suo DNA si duplica, quest’ultimo dovrà incorporare nuovi atomi di N per distribuirsi nelle cellule figlie. Meselson e Stahl fecero crescere Escherichia coli in un terreno di coltura nel quale la fonte di azoto disponibile conteneva l’isotopo pesante 15N. Per alcune generazioni i batteri continuarono a produrre le proprie molecole utilizzando quest’azoto “pesante”. Anche il DNA presente nei batteri era dunque un “DNA pesante”. Potevano “pesare” il DNA dei batteri utilizzando una particolare tecnica chiamata centrifugazione in gradiente di densità. Questa tecnica permette di separare macromolecole per mezzo della loro sedimentazione in un gradiente di densità sotto la spinta della forza centrifuga. La posizione della banda all’interno della provetta indica il “peso” del DNA, che sarebbe stato più vicino al fondo se più pesante. Prelevarono dalla loro coltura alcuni batteri e li trasferirono in un nuovo terreno in cui era presente soltanto il comune azoto “leggero” 14N. Il meccanismo semiconservativo Trascorso il tempo necessario per la formazione di una nuova generazione, prelevarono alcuni batteri da questa nuova coltura e ne estrassero il DNA. Dopo una centrifugazione in gradiente di densità, ottennero un’unica banda, posta in posizione superiore rispetto a quella del caso precedente. Dopo 2 generazioni il 50 % del DNA era composto da due eliche leggere e il 50% da un’elica pesante e una leggera. Il meccanismo semiconservativo ESERCIZIO Provate a calcolare la percentuale di molecole di DNA contenenti azoto pesante dopo 1, 2, 3 e 4 generazioni La replicazione batterica Il meccanismo – replicazione procariotica Un cromosoma batterico è costituito da 1-5×106 coppie di basi, circa 3.000-6.000 geni. Non ci sono introni. L’enzima chiave della replicazione è la DNA polimerasi. La struttura specifica dell'origine di replicazione può variare notevolmente tra le diverse specie, ma conserva alcune caratteristiche comuni, tra cui quella di essere ricca in adenina e timina. I procarioti presentano solitamente un singolo cromosoma circolare e, tipicamente, una singola origine di replicazione. Il meccanismo – replicazione procariotica La replicazione si svolge in 3 fasi: 1. inizio Un prerequisito fondamentale per la replicazione del DNA è la despiralizzazione della doppia elica. Questo espone le basi di ognuno dei due filamenti, rendendo possibile il loro appaiamento con i nuovi nucleotidi complementari. Il rilassamento della doppia elica comincia a livello dell’origine di replicazione. La DNA elicasi catalizza il rilassamento localizzato della doppia elica e alcune proteine (le SSB proteins) mantengono separati i due filamenti durante la duplicazione. L’apertura di una regione di DNA dà origine ad un’area a forma di Y, o forcella di replicazione. C’è una forcella ad ognuna delle estremità della regione aperta o bolla di replicazione. Il meccanismo – replicazione procariotica I procarioti hanno 5 tipi di DNA pol: polimerasi I, II, III, IV, V La DNA polimerasi I è implicata nel riempimento dei “gap” lasciati dalla rimozione dell’innesco e nella riparazione del DNA La DNA polimerasi III, un complesso multienzimatico costituito da numerose subunità, è l’enzima processivo più importante per la replicazione del DNA batterico. La processività consente all’enzima di catalizzare reazioni consecutive senza rilasciare lo stampo molecolare, catalizzando la formazione di migliaia di legami fosfodiesterici. Le DNA polimerasi II, IV e V sono coinvolte nella riparazione del DNA. La velocità di polimerizzazione della DNApol III è di circa 250-1000 nucleotidi/secondo. Le DNA Polimerasi inseriscono un nucleotide sbagliato ogni 104 – 105. L’attività esonucleasica 3’ e 5’ (proofreading o di correzione delle bozze) delle DNA polimerasi serve a ridurre questa frequenza di errori. Il meccanismo – replicazione procariotica La DNA polimerasi III aggiunge nucleotidi al nuovo filamento, seguendo tre regole: 1. Aggiunge nucleotidi solo all’estremità di una catena già esistente; L’esigenza di avere l’estremità di una catena già esistente alla quale aggiungere i nucleotidi significa che è necessario un breve filamento di RNA (primer a RNA), sintetizzato dalla primasi a cui agganciarsi per la sintesi del nuovo filamento di DNA. Il meccanismo – replicazione procariotica 2. Può copiare il DNA solo quando è rilassato e i filamenti sono separati; 3. Funziona solo in direzione da 5’ a 3’. Il meccanismo – replicazione procariotica I substrati per la sintesi del DNA sono i deossiribonucleotidi 5′-trifosfato, aggiunti uno alla volta all’estremità 3′ di un filamento di DNA preesistente. Ciascun nucleotide si appaia con la base complementare sullo stampo e successivamente la polimerasi forma il legame fosfodiesterico. Il meccanismo – replicazione procariotica Per iniziare il processo, la DNA polimerasi necessita di un primer di innesco, ovvero un terminale 3′-OH libero. La reazione richiede i quattro precursori, dATP, dGTP, dCTP, dTTP e la presenza del cofattore Mg2+. Il meccanismo – replicazione procariotica 2. Allungamento Il DNA viene sintetizzato in direzione 5’- 3’, quindi la DNA polimerasi III non ha problemi nel trascrivere la catena 3’ 5’, detta filamento veloce o leader, può aggiungere nucleotidi in modo continuo. Il movimento della forcella di replicazione presenta però dei problemi per la sintesi della seconda catena: il filamento lento o lagging. Il meccanismo – replicazione procariotica Il filamento nuovo viene sintetizzato in direzione 5’ 3’ in maniera discontinua, vengono trascritti frammenti di circa 1000 basi chiamati frammenti di Okazaki. Ogni frammento di Okazaki richiede un primer a RNA e l’enzima primasi catalizza la formazione di questo primer non appena la forcella di replicazione sia avanzata di una distanza sufficiente lungo il DNA. La polimerasi dunque aggiunge nucleotidi fino all’estremità 5’ del primer del frammento sintetizzato precedentemente. Infine la DNA polimerasi I sostituisce i primer con DNA e l’enzima ligasi unisce covalentemente i frammenti di Okazaki. Il meccanismo – replicazione procariotica TOPOISOMERASI La formazione della forcella introduce superavvolgimenti nelle regioni adiacenti della doppia elica che generano tensioni conformazionali risolte dall’azione di specifici enzimi, le topoisomerasi. Le topoisomerasi di tipo I catalizzano il rilassamento del DNA, un processo termodinamicamente favorito, tagliando una sola catena. Le topoisomerasi di tipo II utilizzano energia libera fornita dall’ATP per aggiungere superavvolgimenti al DNA, tagliando entrambe le catene. Il meccanismo – replicazione procariotica 3. TERMINAZIONE In E. coli le due forcelle di replicazione si incontrano in una regione terminale detta Ter, contenente ripetizioni di una sequenza di 20 coppie di basi. La sequenza Ter funziona come sito di legame per la proteina Tus (terminus utilization substance). La sequenza Ter è costruita in modo da risultare in una sorta di trappola dove la forcella di replicazione può entrare ma non uscire. A replicazione avvenuta i due cromosomi figli rimangono concatenati, possono essere separati solo dall’azione delle TOPOISOMERASI La replicazione eucariotica Il meccanismo – replicazione eucariotica La replicazione del DNA è abbastanza simile in eucarioti e procarioti. È semiconservativa, continua su un filamento e discontinua sull’altro. Richiede la sintesi di corti primer di RNA, l’allungamento dei primer da parte della DNA polimerasi e, sul filamento discontinuo, l’unione dei frammenti di Okazaki. INIZIO E ALLUNGAMENTO Negli eucarioti, la velocità di spostamento della forcella di replicazione è circa 10 volte minore, anche a causa della componente proteica della cromatina. La minore velocità di spostamento della forcella e la dimensione dei genomi eucariotici, richiedono che ci siano più origini di replicazione, diverse centinaia per cromosoma. Il segmento di DNA copiato a partire da un'unica origine di replicazione è detto replicone. Gli eucarioti possiedono molte DNA polimerasi, le principali sono: Polimerasi α : attività primasica, replicazione Polimerasi β : riparazione del DNA Polimerasi γ : enzima principale della repl. nei mitocondri e cloroplasti Polimerasi δ : enzima principale della replicazione Polimerasi ε : rimozione dei primer e riparo DNA Il meccanismo – replicazione eucariotica LA TERMINAZIONE NEGLI EUCARIOTI I cromosomi eucariotici sono lineari, perciò dopo la rimozione del primer terminale non è più possibile sostituirlo, perché non c’è un’estremità 3’ libera per l’attacco della DNApol. Pertanto il nuovo cromosoma presenta a entrambe le estremità un pezzetto di DNA a filamento singolo. Ogni ciclo replicativo accorcerà ulteriormente il cromosoma. Per evitare la perdita di informazioni vitali le estremità dei cromosomi presentano delle sequenze ripetitive chiamate telomeri. Ad ogni duplicazione il DNA può perdere 50-200 bp; perciò, dopo 20-30 divisioni, i cromosomi non possono più essere duplicati e la cellula muore. Il numero di divisioni cellulare che può compiere una cellula dipende dalla lunghezza dei telomeri. Il meccanismo – replicazione eucariotica RIASSUNTO DEGLI ENZIMI CHIAVE: DNA polimerasi: interviene nella replicazione e nei meccanismi di riparo Elicasi: interviene nello svolgimento dell’elica Topoisomerasi I e II: intervengono nel rilassamento e nel superavvolgimento del DNA Primasi: RNA polimerasi che sintezzano i “primers”, corte sequenze nucleotidiche che fungono da innesco. le proteine destabilizzatrici del DNA (Single Strand Binding Proteins) si legano ai nucleotidi per mantenere i filamenti aperti. All’origine si formano le cosiddette forcelle di replicazione che procedono in direzione opposta lungo il DNA; la replicazione dunque è bidirezionale. La telomerasi LA TELOMERASI Alcune cellule possono continuare a duplicarsi conservando il loro DNA telomerico. In queste cellule un enzima, la telomerasi, catalizza l’aggiunta di sequenze nucleotidiche alle estremità dei cromosomi. La telomerasi è un complesso ribonucleoproteico costituito da una trascrittasi inversa. È attivo solo nelle cellule germinali e nelle cellule del midollo osseo, si riattiva nelle cellule cancerose. La telomerasi La telomerasi Telomerasi e cancro La telomerasi può essere importante nella lotta contro il cancro: questo enzima è attivo in oltre il 90% delle cellule tumorali umane e può rappresentare un bersaglio promettente per i farmaci antitumorali. L’interesse per la telomerasi è legato anche all’invecchiamento. Se a cellule umane in coltura si aggiunge un gene che esprime alti livelli di telomerasi, i telomeri di quelle cellule non si accorciano; le cellule diventano immortali. CELLULE HeLa Le cellule HeLa sono cellule tumorali usate nei laboratori di tutto il mondo per fare ricerca. Quelle attualmente disponibili sono prodotte a partire da un primo ceppo prelevato nel 1951 dalla cervice uterina di una ragazza americana affetta, Henrietta Lacks. VIDEO STRUTTURA DNA https://www.youtube.com/watch?v=o_-6JXLYS-k CONDENSAZIONE E REPLICAZIONE https://www.youtube.com/watch?v=dKubyIRiN84

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