Virologia 2021/2022 PDF
Document Details
Uploaded by Deleted User
2021
Samuele Fontani
Tags
Summary
This document provides a summary of virology including the first written record of virus, how virus were discovered, and the different types of viruses. It details topics such as virus replication, genetics, cultivation, pathogenicity, oncogenic viruses, HIV, influenza viruses, vaccines, coronavirus, and viral hepatitis.
Full Transcript
2021/2022 Biotecnologie 2° semestre Samuele Fontani I virus.........................................2-10 La replicazione virale.............................. 11-27 La genetica virale................................28-32 La coltivazione e la titolazione..................
2021/2022 Biotecnologie 2° semestre Samuele Fontani I virus.........................................2-10 La replicazione virale.............................. 11-27 La genetica virale................................28-32 La coltivazione e la titolazione.......................33-42 La patogenesi delle infezioni virali....................43-49 I virus oncogeni.................................50-68 Il virus HIV....................................69-75 I virus influenzali............................... 76-84 I vaccini virali..................................85-93 Il coronavirus..................................94-103 I virus epatici................................. 104-113 1 I virus La prima testimonianza scritta di un’infezione virale risale al 1400 a.C. Il geroglifico, ritrovato a Menfi, ritrae il sacerdote del tempio di Siptah con i tipici segni di una poliomielite paralitica (claudicante, con il piede destro più sottile e in una determinata posizione). Il termine virus deriva dal latino “veleno” I. Nel 1892, Dmitri Ivanowski dimostrò che estratti di foglie di tabacco malate, passati attraverso un filtro di ceramica in grado di trattenere i batteri, potevano ancora trasmettere la malattia ad altre piante. Questo perché erano passati i virus, entità biologiche molto più piccole dei batteri, infatti si parla di dimensioni che vanno dai micron ai nanometri; II. Nel 1898, Martinus Beijerinick confermò ed estese i risultati di Ivanowski e sviluppò per primo il concetto di “virus” come agente filtrante infettante; III. Agli inizi del 900 inizia la vera storia della virologia, secondo cui i virus sono agenti non solo piccoli che si replicano solo nell’ospite e NON nel brodo di coltura; IV. 1901 primo virus umano: il virus della febbre gialla nell’istituto di Walter Reed, uno degli istituti più importanti di virologia; V. 1908 virus del Sarcoma di Rous e poliovirus; VI. 1915 batteriofagi; VII. 1933 il virus dell’influenza. I virus sono gli organismi viventi più abbondanti del pianeta, infatti studi di metagenomica di campioni ambientali amplificati e sequenziati mostrano che i geni virali costituiscono la maggior parte della geosfera. I virus inoltre hanno un’importanza determinante, non diversa dai batteri, sulla evoluzione e anche sull’origine del DNA e dei mammiferi. I virus sono parassiti intracellulari obbligati, cioè possono solo crescere e replicare all’interno di una cellula. Il loro genoma è costituito da DNA o RNA, diverso dai batteri che presentano entrambi, e all’interno della cellula il genoma virale si replica e dirige la sintesi di altre componenti virali, sfruttando il sistema cellulare. La progenie virale, cioè i virus prodotti dalle cellule (virioni), sono centinaia di migliaia ed andranno ad avviare un nuovo ciclo infettivo. Questi organismi però mancano di un sistema generatore di ATP, di attività metabolica, di membrane interne e ribosomi (eccezione arenavirus) e presentano un solo tipo di acido nucleico anche se alcune famiglie possono avere delle tracce di genoma custodito all’interno del proprio capside. I virus possono infettare: mammiferi e uccelli, anfibi rettili e pesci, piante e funghi, insetti, batteri. In figura è possibile osservare la macrodifferenza delle grandezze che sono riferite alle singole cellule: il nucleo cellulare di una cellula eucariotica è circa 2800nm; il batterio è 2000nm; nel caso dei virus, quelli che hanno dimensioni maggiori sono gli smallpox 250nm, però recentemente sono stati scoperti dei virus ambientali che non sembrano infettare l’uomo (mimivirus o virus di pandora) che hanno dimensioni intorno ai 1000nm. Particelle molto piccole sono rappresentate dai parvovirus intorno ai 20 nm e poliovirus 28nm. 2 Queste diverse dimensioni si ripercuotono anche sulla loro osservazione, che avviene in maniera diversa: per i batteri è possibile la visualizzazione al microscopio ottico con una particolare colorazione, mentre per osservare i virus è necessario il microscopio elettronico per poter andare a vedere la loro morfologia. La morfologia dei virus è molto varia e serve al riconoscimento della famiglia virale di appartenenza. Anche i genomi virali differiscono per dimensione (es. il parvovirus potrà contenere un genoma molto piccolo, mentre lo smallpox potrà contenere un genoma più grande). Morfologia dei virus → I virus possono avere una struttura elicoidale o icosaedrica, strutture di base del capside virale (contenitore proteico del genoma virale). Nel caso del virus a struttura elicoidale il genoma è a forma di molla intersecato all’interno della struttura tubulare, formata da proteine a forma di fagiolo del capside detti capsomeri; anche il virus a forma icosaedrica (20 facce triangolari e 12 vertici) possiede il DNA all’interno di una struttura proteica (capside) formata da proteine di forma sferica. Questo icosaedro può essere visualizzato a seconda dell’asse di rotazione: o se osserviamo la struttura da un vertice in alto (fivefold axis), si presenterà con 5 facce triangolari→ asse di rotazione di 5; o se osserviamo la struttura da davanti (threefold axis), si presenterà un triangolo singolo; o se osserviamo la struttura di lato (twofold axis), si potrà osservare 2 facce triangolari soltanto. Tutto questo influenza la distribuzione dei capsomeri sulla superficie. → Possono avere strutture più complesse come la struttura isometrica del virus influenzale, struttura sferica con all’interno frammenti genomici e all’esterno l’envelope o pericapside, una struttura lipoproteica che viene arricchita da spicole esterne (spikes) rappresentate da glicoproteine virali caratteristiche del virus. La morfologia non permette di capire se si tratta di un virus influenzale, questo è permesso grazie all’utilizzo di anticorpi specifici marcati. → Forma di spillo, tipica del batteriofago, che dal punto di vista patogenetico ha un’importanza considerevole perché il fago può portare delle caratteristiche geniche all’interno della cellula batterica (es. produzione di alcune tossine). La forma è costituita da una testa a forma icosaedrica con all’interno il genoma, un collare ed una coda contrattile. Quest’ultima è una piastra d’adesione provvista di fibre e, nel momento in cui il batteriofago infetta la cellula batterica, le fibre aderiscono attraverso la piastra al recettore della cellula batterica, così la coda si contrae come se fosse una molla e la testa del batteriofago aderisce sulla superficie della cellula batterica, iniettando il genoma all’interno di essa. Sia i virus con simmetria elicoidale sia i virus con altre forme di simmetria possono acquisire l’envelope, che viene osservato al microscopio elettronico e permette di individuare anche le spicole. es. il virus della rabbia (Rhabdovirus) ha una struttura a “bullet”, a proiettile. es. Adenovirus ha una struttura icosaedrica con strutture proteiche allungate che si possono associare in gruppi di 5 (pentoni) o in gruppi di 6 (esoni). 3 La classificazione virale si ha in base a: natura del genoma nel virione; simmetria del capside; presenza di envelope o pericapside; dimensione del virione e capside. La classificazione gerarchica del virus parte da: a. famiglia a cui appartiene, indicata dal suffisso viridae (es. picornaviridae); b. sottofamiglia; c. genere, indicato dal suffisso virus; d. specie; e. ceppo/tipo. es. Sars Cov-2: famiglia=coronaviridae, genere=β coronavirus, specie=Sars Cov-2, ceppo=omicron; es. famiglia=picornaviridae, genere=enterovirus (virus enterici trasmessi per via oro-fecale), rhinovirus (virus del raffreddore), aphtovirus, hepatovirus (virus dell’epatite A), cardiovirus (virus che causano infezioni e problemi a livello cardiaco). ‼ Morfologicamente questi hanno le stesse caratteristiche, cambia solo il recettore. Componenti virali Proteine o proteine strutturali, costituiscono la struttura del virus; o proteine di membrana, permettono il riconoscimento del recettore della cellula sensibile; o enzimi, intervengono nella replica del virus; Acido nucleico: o DNA; o RNA; Envelope o pericapside (presente solo in alcune famiglie), i virus che ne sono privi sono definiti nudi. Questa è una struttura lipoproteica che deriva dalla cellula ospite, in particolare dalla membrana plasmatica, dalla membrana nucleare e dalla membrana del Golgi, ed avvolge il nucleocapside. Il capside serve per la protezione del genoma e, per quanto riguarda i virus nudi, per il riconoscimento dei recettori e presenta una struttura regolare a partire da subunità irregolari. Più il genoma è piccolo e più deve sfruttare strategicamente la sua potenzialità: il genoma piccolo cercherà di limitarsi a sintetizzare le proteine essenziali per la sopravvivenza per la replica del virus (economia di genoma). La simmetria può essere elicoidale o icosaedrica, le forze che legano insieme i protomeri del capside sono non covalenti e l’interazione tra le proteine del capside e il genoma virale è un’interazione proteina- proteina, proteina-acido nucleico, proteina-lipidi. es. Il virus del mosaico del tabacco (TMV) è di forma cilindrica e in caso di denaturazione vengono disaggregati i dischi di natura proteica (ogni singolo spicchio rappresenta una subunità proteica, contenente il genoma). Durante l’assemblaggio invece, prima si formano i dischi con all’interno uno spazio vuoto dove poi entra il genoma; una volta entrato si associa con i legami non covalenti alle pareti e, via via che viene allungato il genoma all’interno di questa struttura cava, si replica e infine viene coperto con i dischi proteici, fino ad ottenere la particella virale finale. 4 Esiste una regola che stabilisce il numero di proteine che ricoprono il virus e, ovviamente, più è grande il virus e più questo deve avere un numero maggiore di capsomeri che lo ricoprono. Per poter calcolare il numero di capsomeri presenti su un capside si utilizza il calcolo del numero di triangolazione T, dato dal numero di triangoli in cui può essere suddivisa una faccetta triangolare dell’icosaedro. es. Adenovirus ha un T=25, per calcolare il numero delle subunità capsomeriche si fa N=(10xT)+2, quindi N=252. es. la struttura del poliovirus è un icosaedro e le proteine VP1, VP2 e VP3 sono proteine strutturali ripetute su ogni faccia triangolare dell’icosaedro, per questo ha un T=3. Al di sotto di queste si trova VP4. Nell’immagine al microscopio elettronico possiamo osservare diverse morfologie di virus: parvovirus, icosaedrici molto piccoli; papillomavirus; adenovirus; morbillivirus, virus del morbillo, ha una struttura pleiomorfa, allungata, dove si vedono le glicoproteine esterne; influenzavirus; parainfluenzavirus, virus che assomiglia molto al morbillo; herpesvirus, si nota una struttura icosaedrica del nucleocapside con capsomeri che sembrano cavi all’interno e l’envelope intorno; poxvirus, struttura complessa formata da una membrana esterna e una membrana più interna, sembra quasi un bivalve, con all’interno il core che contiene il DNA e diversi enzimi. Questi hanno un genoma a doppio filamento e covalentemente chiuso alle estremità, risultando così circolarizzato. I batteriofagi sono virus complessi e possono essere di forma classica (T4), ma anche di forma basilare costituiti da un singolo filamento di DNA o RNA circondato e ricoperto da proteine. Le proteine virali intervengono nelle interazioni virus-cellula ospite (es. neuraminidasi). Le protein kinasi, presenti non in tutti i virus, hanno attività chinasica (es. HBV, HSV); gli enzimi necessari alla trascrizione del genoma, di mRNA (es. RNA pol RNA dipendente, peculiare del virus, o RNA pol DNA dipendente nei poxvirus, gli unici tra i virus a DNA capaci di replicare a livello del citoplasma grazie alla presenza di questo enzima, e infine trascrittasi inversa nei retrovirus e nell’HBV). Il genoma può essere a DNA o RNA, singola e doppia elica, lineare e circolare, unico o frammentato; esso si trova strettamente impacchettato nel capside ed è associato a ioni + o a proteine basiche per neutralizzare le cariche negative dei gruppi fosfato. È necessario un innesco per la replicazione, di solito sono estremità ridondanti, ripetute o associate a varie proteine; in alcuni casi, come nei retrovirus, vengono utilizzati dei tRNA come primer per l’avvio della duplicazione. L’informazione genomica di questi virus deve essere sfruttata al massimo perché il genoma è piccolo di dimensioni, quindi il virus sfrutta tecniche diverse come l’utilizzo di geni sovrapposti o splicing alternativo per produrre più proteine (da un frammento genico si ottengono più proteine). 5 Il genoma a RNA può essere sia di polarità positiva, quindi si comporta come un messaggero, che negativa, cioè non si comporta come messaggero; ci sono anche dei genomi ambi senso che hanno una parte di sequenza a polarità positiva e una parte a polarità negativa. Classificazione di Baltimore La classificazione di Baltimore divide le famiglie virali in base alla caratteristica del genoma. Virus con genoma a DNA 1. Viene fatta una prima distinzione in base alla simmetria del capside, che può essere icosaedrica o complessa. ‼ Della simmetria complessa fanno parte solo i poxviridae; 2. La seconda distinzione è costituita da virus nudi o con envelope, in genere ci sono molti virus nudi e pochi con envelope. 3. La terza distinzione è rappresentata dall’architettura del genoma. a. Tra i virus nudi ci sono: i. a doppio strand di DNA circolare, che appartengono alla prima classe replicativa di Baltimore (es. il polioma, il papilloma virus e gli adenovirus); ii. a singolo filamento di DNA, rappresentati solo dai parvovirus, appartengono alla seconda classe di Baltimore. b. Tra i virus con envelope, tutti con doppio filamento, troviamo gli Herpesviridae (lineare) ed Hepadnaviridae (circolare) che è il virus dell’epatite B. 4. Tra le proprietà dei virus è necessario vedere anche chi possiede la polimerasi virale, quella polimerasi che sintetizza il DNA partendo da uno stampo di DNA. Nessuno dei virus citati e rappresentati utilizza la polimerasi propria, ad eccezione di: ▪ Hepadnavirus, che hanno una retrotrascrittasi; ▪ Poxvirus, gli unici che replicano all’interno del citoplasma poiché presentano la RNA pol DNA dipendente che sintetizza un messaggero che codifica per una DNA-polimerasi DNA dipendente virus specifica che permette la replica della progenie virale, mentre gli altri si replicano nel nucleo utilizzando una RNA pol RNA dipendente per la sintesi della polimerasi virale e la polimerasi virale DNA dipendente che sintetizza il genoma della progenie virale. Virus con genoma a RNA 1. Per prima cosa valutiamo la simmetria del capside, che può essere icosaedrica o elicoidale. 2. Successivamente, anche in questo caso, analizziamo se sono nudi o se presentano envelope. 3. La terza distinzione è rappresentata dall’architettura genomica. 4. Il passo successivo è la classificazione Baltimore: a. III classe replicativa → tipica della famiglia Reoviridae perché sono gli unici virus a RNA che hanno un doppio strand RNA, mentre gli altri hanno tutti un singolo strand RNA; 6 b. IV classe replicativa → Caliciviridae e Picornaviridae (nudi, con RNA positivo e quindi funziona come messaggero), Flaviviridae e Togaviridae (con envelope e con RNA positivo); c. V classe replicativa → virus con envelope (genoma a single strand RNA negativo, non fungono da messaggero, ma portano con sé una RNA polimerasi RNA dipendente). A questa famiglia appartengono i Filovirus, Rhabdovirus, Bunyavirus, Orthomyxovirus (virus influenzale), Paramyxovirus (virus respiratori), Arenavirus (poco frequenti); 5. Infine analizziamo la presenza della polimerasi virale: quelli della IV classe sono virus che avendo un genoma a polarità positiva non hanno bisogno di avere la polimerasi, viceversa quelli della V classe che hanno genoma a polarità negativa devono avere all’interno del virione l’RNA pol RNA dipendente. Fasi di replica virale Si divide in fasi: 1. adsorbimento = attacco ai recettori; 2. penetrazione; 3. uncoating; 4. trascrizione, traduzione; 5. replicazione del genoma; 6. assemblaggio; 7. rilascio Nel momento in cui il virus infetta la cellula deve trovare una cellula sensibile che presenta i recettori specifici, infatti non tutti i virus possono infettare tutti i tipi cellulari. Una volta che il virus ha passato la fase dell’adsorbimento, questo deve penetrare nella cellula e, una volta entrato, c’è la fase di uncoating, cioè la liberazione del genoma virale dalle proteine che lo rivestono. A seconda del tipo di virus esso andrà nel nucleo o nel citoplasma e lì inizierà la trascrizione e la sintesi del genoma nella progenie virale, i messaggeri virali andranno a tradurre le proteine virus specifiche che si accumulano nel citopasma e così i genomi verranno assemblati e rivestiti dalle proteine virali a costituire il capside o nucleocapside. I virus nudi a questo punto usciranno dalla cellula per lisi cellulare, mentre i virus provvisti di envelope escono attraverso la gemmazione che favorisce la fuoriuscita delle particelle virali nella forma originaria. 7 Alcuni dei più importanti recettori conosciuti sono: nel caso del virus influenzale il recettore è l’acido sialico, presente su quasi tutte le cellule epiteliali; per l’HIV è il recettore CD4; nel caso del poliovirus il CD155 (appartiene alla superfamiglia delle immunoglobuline); nel caso del Rhinovirus sono le ICAM; nel caso del Epstein Barr virus è presente il recettore CD21 sulle cellule B; nel caso degli Herpes implex virus sono gli eparan solfato. La morfologia ricorda molto i recettori appartenenti alla superfamiglia delle immunoglobuline; gli adenovirus e i coxackie virus hanno un recettore comune CAR, il morbillo ha il recettore CD46, per l’human corona virus vi è l’ammino peptidasi N, il recettore del Sars Cov 2 è ACE2. Una volta avvenuto il riconoscimento del recettore cellulare, prima della penetrazione avviene la fusione. La fusione avviene per i virus che hanno envelope, mentre i virus nudi penetrano per microfagocitosi, per cui il virus entra all’interno del citoplasma attraverso un endosoma che poi si apre e libera il nucleocapside all’interno del citoplasma. I virus provvisti di envelope come HSV entrano attraverso una fusione della proteina dell’envelope stesso con proteine della membrana citoplasmatica. Questa fusione favorisce la penetrazione del nucleocapside all’interno della cellula. Nel caso degli Orthomixoviridae (virus influenzali), il virus entra per fagocitosi dopo essersi legato ai recettori dell’acido sialico. In seguito alla formazione dell’endosoma si attiva un meccanismo di fusione dell’envelope virale con la membrana dell’endosoma stesso, favorendo la liberazione del nucleocapside. Dopo lo scapsidamento si ha la liberazione dell’acido nucleico (uncoating). → Osservando l’ingresso del poliovirus, il virus si lega al recettore specifico (CD155) e può rilasciare direttamente nel citoplasma il proprio genoma, ma molto spesso entra all’interno dell’endosoma per microfagocitosi, rilasciando il genoma in un secondo momento. Il poliovirus ha sulla singola faccia triangolare dell’icosaedro tre proteine VP1, VP2 e VP3 (strutturali) e sotto la VP4. Il genoma è legato alla proteina VPg (tipica dei picornavirus), nel momento in cui il virus si trova all’interno della struttura endosomica la VP1 legata dal recettore lega la membrana dell’endosoma, grazie a VP2 e VP3, e determina un cambiamento conformazionale che provoca l’apertura di un canale dalla superficie del capside e permette la liberazione del genoma. → Nel caso del virus influenzale questo si lega a 2 proteine di superficie: l’emmaglutinina che riconosce il recettore dell’acido sialico e la neuraminidasi. Nel momento in cui avviene il legame il virus influenzale entra per microfagocitosi all’interno dell’endosoma, qui la proteina M2 della matrice funziona come pompa ionica e favorisce l’ingresso degli ioni H+ all’interno dell’endosoma, determinando un pH acido. Questo pH acido favorisce un cambiamento conformazionale a livello dell’emmaglutinina, la quale si fonde con la membrana dell’endosoma, liberando tutte le ribonucleoproteine che sono presenti all’interno. 8 → Nel caso del virus dell’HIV, il legame principale avviene con il CD4 presente sui linfociti T ed ha necessità di 2 corecettori importanti, CCR5 e CXCR4. Le glicopoteine dell’HIV presenti sull’envelope sono la gp120 e la gp41. gp120 riconosce il CD4, riconosciuta e legata anche dal corecettore CCR5; questo legame favorisce l’attivazione della proteina gp41, la quale è una proteina di fusione che permette l’avvicinamento dell’envelope virale alla membrana cellulare, determinando un cambiamento conformazionale della gp120 che si apre per favorire l’adesione. A questo punto entra l’acido nucleico all’interno della cellula. Come avviene la fase di budding (gemmazione) dopo la fase di replica? Il nucleocapside si pone al di sotto della membrana citoplasmatica cellulare e nel frattempo la membrana della cellula ospite ha acquisito sulla superficie le glicoproteine virali, provviste di una sequenza amminoacidica di tipo idrofobico, così da potersi inserire nella parte dell’envelope. Il nucleocapside viene spinto verso l’esterno della cellula, da cui gemma, acquisendo l’envelope arricchito delle glicoproteine virali. Molto spesso la liberazione per gemmazione non rompe la cellula, ma le cellule fondono tra di loro perché si formano delle specie di ponti intercellulari. ‼ I virus nudi escono per lisi cellulare, i virus con envelope escono per gemmazione. I batteriofagi sono i virus che infettano le cellule batteriche e possono dare origine a un ciclo litico o a un ciclo lisogeno. Nel ciclo litico la cellula batterica si rompe, liberando tanti batteriofagi, come avviene nel caso di un’infezione da parte di un virus litico su una cellula eucariotica. In questo ciclo il fago inserisce il proprio genoma, il quale entra all’interno della cellula batterica e comincia a replicarsi come un qualsiasi virus batterico: si formano diverse copie, vengono trascritte le proteine necessarie per la testa, per il collare ecc.. e questo porta alla lisi della cellula batterica. Il ciclo lisogeno viene mediato da un fago temperato, un fago non particolarmente virulento che ama integrarsi nel cromosoma batterico. Quando il fago temperato si integra nel genoma della cellula batterica viene espressa una proteina fagica che blocca la trascrizione degli altri geni litici, quindi il genoma fagico rimane silente all’interno della cellula fino a quando non si risveglia, in questo caso la proteina che blocca i geni litici non viene più prodotta e il ciclo del fago inizia, producendo i batteriofagi con la lisi della cellula. Viene detto temperato perché rimane allo stato di pro-fago all’interno del cromosoma batterico, per poi iniziare un ciclo litico solo in risposta a certi induttori esterni. Una volta integrato può essere trasmesso alla cellula batterica sorella (i batteri si dividono per scissione binaria), quindi le cellule figlie ereditano questo tipo di pro-fago. 9 La lisogenia è un fenomeno molto importante perché, pur contenendo basse quantità di fagi infettivi, non vanno incontro a lisi. Nel caso in cui il batteriofago viene integrato si chiama pro-fago, questo si può integrare in posizioni random o in posizioni ben precise nel cromosoma della cellula ospite e si integra con un meccanismo di crossing-over fra il genoma fagico circolarizzato e il genoma dell’ospite e si può scindere dopo induzione andando incontro a ciclo litico. In natura può accadere da parte di alcuni batteriofagi la conversione fagica, dovuta alla presenza di batteriofagi temperati perché agiscono con effetti sul fenotipo del batterio. es. tossina difterica del corynebacterium diphtheriae oppure quella eritrogenica dello streptococcus piogenes oppure quella botulinica, prodotte dal clostridium botulinum e secrete da questi pro-fagi. Quindi il profago presente all’interno della cellula batterica è silente, ma ha un gene che produce quella tossina e rende da un punto di vista fenotipico molto pericoloso il batterio, che di per sé non produrrebbe tossina. Massimizzare la capacità codificante del genoma Questi virus hanno dei genomi molto piccoli e devono cercare di produrre il maggior numero di proteine necessarie per la loro sopravvivenza e per la replica. Questo avviene attraverso i meccanismi seguenti: 1) meccanismo delle poliproteine Il genoma di mRNA raffigurato con il codone AUG che codifica per la guanosina metilata in posizione 7 e il codone di stop. Molto spesso viene prodotto un singolo e grosso mRNA che codifica per una poliproteina che attraverso self-proteasi virali verrà proteolizzata, cioè sottoposta a clivaggio fino a produrre le singole proteine virali (es. picornavirus, flavivirus, alphavirus, retrovirus); 2) meccanismo del leaky scanning La struttura dell’mRNA è sempre la stessa, ma in questo caso si ha un non riconoscimento e quindi una perdita del primo AUG. Pertanto in alcuni casi viene prodotta la proteina che parte dal primo AUG, mentre nel secondo caso non viene riconosciuto il primo AUG e quindi si ha la formazione della proteina più piccola partendo dal secondo AUG (es. HIV type 1); 3) meccanismo del re-initiation Ci sono alcuni genomi virali che sono in tandem, con un AUG e un codone di stop, perciò questi ri-iniziano il proprio mRNA a partire dall’ AUG seguente. Solitamente ci sono delle sequenze intergeniche che portano alla produzione di diverse proteine; 4) meccanismo del nonsense suppression o suppression of termination In questo caso vi sono due codoni di stop UGA e UAA, una proteina riconosce il primo stop codon e un’altra proteina non riconosce UGA perché la riconosce come nonsense e continua la sintesi proteica fino ad arrivare al secondo stop codon; 5) meccanismo di ribosomal frameshifting In questo caso la proteina parte dall’AUG e legge fino al primo stop codon, poi c’è un errore di lettura dell’mRNA e salta una base (y), per questo motivo va avanti con un codice di lettura diverso fino ad arrivare al secondo stop codon e in questo caso si avrà una proteina più lunga. 10 La replicazione virale Come sappiamo, i virus possono essere divisi in diverse classi in base a certi parametri, uno di questi è la tipologia di genoma. Esistono infatti virus a DNA single strand o double strand, oppure a RNA (la maggior parte) dei quali una sola famiglia, i Reoviridae, presenta un genoma a double strand, tutti gli altri sono a singolo filamento. Altre classi replicative includono i retrovirus e Hepadnavirus che hanno la caratteristica comune di utilizzare la trascrittasi inversa, con la differenza che i retrovirus hanno RNA a singolo filamento mentre l’Hepadna (virus dell’epatite B) ha un genoma a DNA a doppio filamento. Ricordiamo la classificazione di Baltimore: - I classe → virus a DNA double strand; - II classe → virus a DNA single strand; - III classe → virus a RNA double strand; - IV classe → virus a RNA single strand con polarità positiva; - V classe → virus a RNA single strand con polarità negativa; - VI classe → retrovirus; - VII classe → Hepadnaviridae. Strategie di replicazione dei virus a DNA Il genoma dei deossiribovirus è formato da una molecola di DNA solitamente bicatenaria e lineare. Fanno eccezione i virus appartenenti alle famiglie Papovaviridae e Papillomaviridae, il cui DNA ha una struttura circolare, i virus della famiglia Hepadnaviridae, che presenta un DNA parzialmente bicatenario, e la famiglia Parvoviridae, il cui DNA è lineare ma monocatenario. La sintesi degli mRNA virali e la replicazione del genoma generalmente avvengono nel nucleo, fanno eccezione i poxvirus, che si replicano completamente nel citoplasma. La replicazione di alcuni virus a DNA avviene solo in cellule che stanno replicando il proprio genoma, poiché in questa condizione la cellula fornisce le condizioni necessarie alla replicazione del DNA virale. Altri deossiribovirus producono invece delle proteine che inducono la cellula a entrare nella fase di replicazione; questi virus, infatti, sintetizzano prodotti che vanno a interagire con molecole che hanno un ruolo chiave nella regolazione del ciclo cellulare. Come per i ribovirus, anche per i deossiribovirus è possibile distinguere quattro diverse strategie replicative, una per i virus con genoma monocatenario (Parvoviridae) e tre per i virus a genoma bicatenario. Una prima strategia replicativa (classe 1A) che può essere osservata nei virus a genoma bicatenario è quella relativa a Herpesviridae, Adenoviridae, Poliomaviridae e Papillomaviridae (gli ultimi due in passato erano classificati nella stessa famiglia con il nome Papovaviridae). I virus appartenenti a queste famiglie utilizzano per la loro trascrizione le RNA polimerasi-DNA dipendenti della cellula; pertanto iniziano la trascrizione nel nucleo della cellula ospite, dove si trovano gli enzimi necessari. Negli adenovirus e negli herpesvirus i prodotti vengono sintetizzati in tre tempi con produzione di tre distinti gruppi di messaggeri che portano alla produzione di tre classi di proteine: precocissime α, precoci β (attività enzimatica e regolatoria, RNApol virale) e tardive γ (componenti strutturali del virione, es. capside, envelope). Nelle famiglie Papovaviridae e Papillomaviridae il genoma viene trascritto in due tempi con formazione di due gruppi di mRNA (precoci e tardivi). Gli Adenoviridae sono caratterizzati dalla presenza di Inverted Terminal Repeats e della TP (Terminal Protein). I Poliomaviridae hanno un DNA a doppia elica circolare. 11 Una seconda strategia replicativa (classe 1B), sempre dei virus con DNA bicatenario, è quella intrapresa dai poxvirus, i quali svolgono l’intero ciclo replicativo nel citoplasma. Il virione presenta sia una RNA polimerasi-DNA dipendente sia fattori di trascrizione capaci di innescare questo processo. La trascrizione, operata da questi elementi virali, porta alla sintesi di mRNA precoci che sono tradotti in diverse proteine comprendenti fattori di crescita, DNA polimerasi, RNA polimerasi e altri fattori necessari alla sintesi del DNA virale. Quest’ultimo, una volta prodotto (sempre nel citoplasma), verrà trascritto in mRNA intermedi e tardivi e assemblato nella nuova progenie virale. I Poxviridae presentano terminal repeats e inverted repeats covalentemente legate alle estremità; questo comporta che talvolta il genoma assuma una forma circolare a singolo filamento, come se si denaturasse. La terza strategia di replicazione (classe 2) riguarda la famiglia Parvoviridae, di cui fanno parte virus in grado sia di replicarsi autonomamente sia la cui replicazione dipende dalla presenza nella cellula ospite di un virus helper come Adenoviridae e Herpesviridae. Nel caso dei virus autonomi, come il parvovirus umano B19, la replicazione avviene solo in cellule che si trovano nella fase S del ciclo cellulare. Il genoma monocatenario virale deve raggiungere il nucleo, dove polimerasi e fattori della cellula provvedono alla sintesi della catena complementare. Quest’ultima si può formare grazie alla presenza all’estremità del genoma di sequenze ripetute invertite, che ripiegandosi a forcina formano un innesco a doppia catena necessario alla DNA polimerasi cellulare per iniziare la sintesi. La molecola bicatenaria neoprodotta viene poi tagliata da una proteina virus-specifica, dando luogo a due catene polinucleotidiche complementari. La quarta strategia replicativa riguarda la famiglia Hepadnaviridae a cui appartiene il virus dell’epatite B. Questi virus hanno un genoma circolare bicatenario con un’interruzione nella catena a polarità positiva. Il genoma, prima di essere trascritto, viene trasportato nel nucleo, dove viene trascritto in DNA completamente bicatenario. Successivamente, sempre a opera di enzimi cellulari, avviene la trascrizione che porta alla formazione di due classi di RNA noti come genomici e subgenomici. Questi ultimi funzionano esclusivamente da messaggeri e codificano per le proteine strutturali dell’envelope e per la proteina X. L’RNA genomico ha invece una duplice funzione: messaggero (codifica per le proteine del core e per la polimerasi virale) e stampo per la trascrizione inversa della catena negativa di DNA virale. Questi virus, similmente ai retrovirus, attraversano una fase di retrotrascrizione operata, anche in questo caso, da una polimerasi virale che ha funzione di DNA polimerasi-RNA dipendente (trascrittasi inversa). Herpesviridae Gli Herpesvirus seguono la prima strategia di replicazione, vediamo in dettaglio come avviene il processo. Esso inizia con la penetrazione del virus nella cellula attraverso un meccanismo di fusione con la membrana cellulare innescato dal legame del virus a recettori specifici di natura glicoproteica (eparansolfati) sulla membrana cellulare. La penetrazione nella cellula è mediata da una molecola di adesione intercellulare che fa parte della superfamiglia delle immunoglobuline, la nectina-1. In questa fase avviene la fusione del pericapside con la membrana cellulare e quindi il rilascio del capside nel citoplasma che va ad attaccarsi a un poro nucleare rilasciando il genoma nel nucleo. La sintesi delle proteine virali avviene secondo tre fasi ben coordinate tra loro. Durante la prima fase vengono sintetizzate almeno sei proteine α precocissime, tradotte da messaggeri αRNA. Queste a loro volta stimolano la sintesi di DNA e regolano la trascrizione dei geni precoci codificanti la sintesi delle proteine β. Nella seconda fase, le proteine β controllano la sintesi degli acidi nucleici virali e in particolare del DNA virale e includono una DNA polimerasi-DNA dipendente e una timidina chinasi. Altre proteine precoci regolano la degradazione degli acidi nucleici cellulari e portano alla comparsa dell’effetto citopatico seguito da morte cellulare. 12 Nelle prime fasi della replicazione ad opera della DNA polimerasi virale, il genoma assume forme circolari e forma concatameri testa-coda; infatti successivamente si replica mediante il meccanismo del cerchio rotante (rolling circle) dando origine a singoli genomi ciascuno incorporato nel procapside. La terza fase è caratterizzata dalla produzione in elevata quantità di proteine γ (tardive) che vengono assemblate per dare origine al capside direttamente nel nucleo della cellula, al tegumento o per essere incorporate nell’envelope virale durante la fase di gemmazione. I capsidi contenenti il DNA virale si associano quindi alle membrane nucleari e gemmano all’esterno del reticolo endoplasmatico verso il citoplasma. In questo comparto cellulare le proteine del tegumento si associano con il capside virale che gemma nell’apparato del Golgi per acquisire il pericapside virale. Il virus viene quindi rilasciato in seguito a lisi cellulare. Va sottolineato che la fase di assemblaggio avviene per tappe successive durante le quali il DNA virale neosintetizzato viene incluso nel capside virale; tutto il processo di replicazione dal punto di vista temporale richiede diciotto ore circa per il suo compimento. Adenoviridae Anche questa famiglia di virus appartiene alla classe 1A, pertanto la loro replicazione è molto simile a quella degli Herpesviridae. Il DNA si replica solo in parte in forma circolare e comunque in maniera diversa rispetto all’Herpesvirus. Il ciclo completo dura circa 24 ore e si possono distinguere due fasi: la fase precoce, che si conclude con la replicazione del genoma, e quella tardiva, che la segue. L’adsorbimento alle cellule avviene tramite la porzione distale delle fibre. Queste riconoscono sulla superficie delle cellule una proteina appartenente alla superfamiglia delle immunoglobuline denominata CAR (Coxsackievirus Adenovirus Receptor, recettore per entrambi i virus); gli adenovirus umani della specie B riconoscono invece la proteina di membrana CD46 (un recettore per il complemento). Una seconda interazione recettoriale avviene tra il polipeptide III della base del pentone e alcune integrine cellulari. Il complesso virus-integrine innesca la formazione di zone ad alta densità di clatrina e la formazione dell’endosoma. Qui il pentone si attiva quando scende il pH e rompe l’endosoma: il virus viene liberato direttamente nel citoplasma. Il trasporto verso il nucleo è mediato dal sistema microtubulare, nei pressi del nucleo il capside virale subisce un processo di progressivo smantellamento programmato (scapsidazione), che coinvolge la proteasi virale, fino a che il DNA complessato con il polipeptide VII attraversa la membrana nucleare e si associa alla matrice nucleare tramite la proteina terminale. Nel nucleo si avvia la trascrizione (bidirezionale) a opera della RNA polimerasi II della cellula. L’immagine mostra la mappa genetica delle unità trascrizionali e dei principali mRNA sul genoma di adenovirus. Per primo si attiva il gene E1A (dall’inglese early), seguito gli altri geni precoci E1B, E2, E3, E4, i geni precoci-tardivi IX e IVa2, per finire con la grande unità trascrizionale dei geni tardivi (L, dall’inglese late). Ciascuna di queste unità trascrizionali dà origine a diversi RNA messaggeri per l’utilizzo di diversi siti di poliadenilazione e/o per splicing alternativo, da cui derivano peptidi con funzione e sequenza a volte parzialmente condivise, a volte uniche. La mappa trascrizionale si completa con la presenza di una o due unità trascrizionali dette VA (virus associated) che codificano per piccoli RNA trascritti dalla RNA polimerasi III e non tradotti. 13 Il gene E1A viene espresso a partire da un promotore costitutivo e viene tradotto in due diverse proteine per splicing alternativo dei trascritti. Le funzioni di queste proteine sono molteplici e si esplicano a carico sia del genoma virale sia del sistema di controllo della replicazione cellulare. E1A funziona come transattivatore dei promotori degli altri geni di adenovirus e di molti geni cellulari; sebbene sia in grado di legarsi e agire direttamente sul DNA, la sua funzione si basa prevalentemente sulla capacità di interagire con fattori trascrizionali cellulari, a cui sono sensibili i promotori virali precoci. Infatti, è in grado di stimolare la trascrizione legandosi alle proteine responsabili del riconoscimento della TATA box (complesso TFIID) o a fattori trascrizionali delle famiglie ubiquitarie AP1 e CREB, inoltre si lega alle proteine della famiglia pRB (p105, p107, p130), che sono inibitori del fattore trascrizionale E2F. Il legame di pRB con E1A comporta la sua degradazione ubiquitino-mediata, liberando E2F dall’inibizione. Poiché E2F è un fattore chiave per la trascrizione di molti geni responsabili della fase S del ciclo cellulare, la sua attività incontrollata provoca la transizione dalla fase G1 alla fase S della cellula infettata. Atri virus a DNA hanno sviluppato nella loro evoluzione strategie simili, perché durante la fase S si crea l’ambiente molecolare (disponibilità di molecole ed enzimi) ideale per la replicazione dei loro genomi. Tra gli altri geni di adenovirus espressi precocemente, E1B ed E4, trascritti da promotori sensibili a E1A, codificano per proteine che si legano al fattore cellulare p53. Questa proteina rappresenta una specie di fusibile di sicurezza per l’organismo, in quanto agisce in situazioni di stimolazione patologica della cellula (per oncogeni attivati o proteine virali come E1A). Quando attivata, è in grado di stimolare la trascrizione di alcuni geni specifici della regolazione della replicazione cellulare e del processo apoptotico, bloccando la replicazione del DNA e portando a morte cellule potenzialmente pericolose. E1B ed E4, legandosi alla p53, inibiscono le sue capacità transattivanti e ne abbreviano l’emivita (tramite ubiquitinazione e degradazione proteasomica), proteggendo la cellula infettata da un importante meccanismo di difesa antivirale. Un peptide minore, derivato dal gene E1B per splicing alternativo, presenta elevata omologia con le proteine cellulari della famiglia bcl2, e come alcune di queste sembra essere un inibitore della cascata delle caspasi, un altro meccanismo proapoptotico. Nelle fasi tardive del ciclo replicativo, E1B ed E4, associate in un complesso multiproteico con proteine cellulari, permettono il trasporto degli RNA messaggeri virali nel citoplasma. Questo avviene a scapito dei trascritti cellulari, probabilmente per la compartimentalizzazione della trascrizione virale e il sequestro in queste zone dei fattori cellulari deputati al trasporto. Mentre nella cellula si creano le condizioni adatte, la trascrizione del gene E2 fornisce le proteine necessarie per la replicazione del genoma: la proteina preterminale (pTP, precursore della proteina terminale), la polimerasi e la proteina legante il DNA a singolo filamento (DBP); le tre proteine interagiscono tra loro e con proteine cellulari in un complesso multiproteico. Entrambe le estremità del genoma possono fungere da origine di replicazione, in quanto sono dotate di brevi sequenze (conservate tra le diverse specie di adenovirus) identiche su ciascuna estremità, che vengono riconosciute dal complesso proteico proteina pTP/polimerasi. La polimerasi si associa alla TP (per la prima duplicazione) o alla pTP (per le successive) legata alle estremità con funzione di primer della catena nascente; la DBP, che svolge attività elicasica, si associa in lunghi polimeri lungo il singolo filamento da duplicare e spiana la strada alla polimerasi. 14 Polyomaviridae Le particelle virali hanno capside icosaedrico nudo, senza involucro, con diametro di 45-50 nm. Il capside è costituito da 72 capsomeri, a loro volta formati da 5 copie della proteina virale VP1 disposte simmetricamente attorno a una copia della proteina VP2 o VP3. Solo la proteina VP1 è esposta alla superficie del capside, quindi rappresenta il maggiore bersaglio della risposta immunitaria. I virioni mantengono l’infettività anche dopo trattamento con formalina, acido, etere ed esposizione al calore (50 °C). Il genoma è formato da DNA a doppia elica circolare di circa 5000 paia di basi, è composto da sei geni, i quali sono posizionati su entrambi i filamenti e spesso sono sovrapposti. Il DNA comprende tre regioni funzionali: precoce, tardiva e non codificante. La regione precoce, espressa prima della replicazione del DNA, codifica gli antigeni “T grande” e “t piccolo” (“t” sta per “tumorali”, per via del contesto in cui sono stati inizialmente identificati), mentre la regione tardiva codifica le proteine strutturali espresse dopo la replicazione del DNA (VP1, VP2, VP3 e una piccola proteina tardiva, denominata LP1 o anche agnoproteina). La regione di controllo non codificante (NCRR) contiene promotori, origine di replicazione e sequenze di controllo della trascrizione in grado di legare numerosi fattori trascrizionali cellulari. L’assorbimento avviene attraverso il legame della proteina VP1 con residui di acido sialico, che costituiscono il recettore cellulare e sembrano essere specifici per le diverse specie di poliomavirus. JCPyV è in grado di infettare anche le cellule gliali, utilizzando il recettore per la serotonina. Il virione penetra nella cellula per endocitosi, viene trasportato nel reticolo endoplasmico (dove comincia la spoliazione) e infine il DNA virale arriva nel nucleo, dove si verifica la replicazione. La trascrizione avviene ad opera della RNA polimerasi II cellulare. Le fasi precoce e tardiva sono dirette da diversi promotori e procedono su eliche opposte. Le proteine precoci dei poliomavirus umani e di SV40 sono costituite dagli antigeni T e t, mentre alcuni poliomavirus animali codificano anche una terza proteina, l’antigene “T medio”. Le proteine precoci promuovono la replicazione del DNA virale (legandosi all’origine di replicazione, despiralizzando il DNA virale e reclutando diversi fattori cellulari), ma sono importanti anche nel promuovere la progressione del ciclo cellulare, in particolare l’ingresso nella fase S. Infatti, i poliomavirus solitamente infettano cellule quiescenti, ma per la loro replicazione richiedono la piena attività metabolica e replicativa della cellula. Queste funzioni di stimolazione cellulare vengono svolte soprattutto dall’antigene T, che contrasta anche i processi apoptotici indotti dalla replicazione del DNA virale. Dopo la replicazione del DNA virale, che viene svolta dalla DNA polimerasi cellulare, viene trascritto un RNA che, sottoposto a splicing, originerà le proteine strutturali e l’agnoproteina. Le proteine strutturali vengono traslocate nel nucleo, dove formeranno i capsomeri; i capsomeri successivamente verranno assemblati nelle particelle virali e il DNA verrà incorporato nel virione. Le funzioni dell’agnoproteina non sono ancora conosciute nei dettagli, ma essa è in grado di destabilizzare le membrane cellulari, facilitando l’uscita delle particelle virali neoprodotte. La progenie virale viene rilasciata sia mediante la lisi della cellula infettata, sia attraverso vescicole esocitiche senza morte cellulare. 15 Parvoviridae La famiglia dei Parvovirus ha un genoma a DNA a singolo filamento positivo, fa infatti parte della seconda classe replicativa. Generalmente questi virus, date le loro ridotte dimensioni, possono replicarsi solo in presenza di altri virus (es. adenovirus), in tal caso prendono il nome di Dependovirus; i Parvovirus autonomi invece, si replicano soltanto durante la fase S della cellula ospite. Il Parvovirus più conosciuto è il B19, responsabile della quinta malattia. La particella virale, 23 nm in diametro, è priva d’involucro lipidico ed il capside ha simmetria icosaedrica ed è formato da due proteine. Come conseguenza della sua struttura compatta, il virione è estremamente stabile (resiste a pH compresi fra 3 e 9 e alla temperatura di 56 °C per 60 minuti) e semplice dal punto di vista antigenico (esiste un solo sierotipo del virus). Il capside racchiude un DNA lineare, di circa 5600 nucleotidi, in cui una lunga regione codificante è delimitata alle estremità da brevi sequenze non tradotte. La regione codificante, di circa 4800 nucleotidi, comprende due geni non sovrapposti: il gene in posizione 5′ codifica per la proteina non strutturale NS1, l’altro per le proteine strutturali del capside VP1 e VP2. VP2 è la proteina più rappresentata costituendo oltre il 96% delle proteine totali del capside, mentre VP1 ha una sequenza amminoacidica che per circa 2/3 è identica alla VP2, ma ha dimensioni nettamente maggiori per la presenza di un ulteriore segmento di circa 230 residui. Al suo interno contiene un motivo di circa 80 aminoacidi, presente in molti parvovirus, che ha omologia con la proteina fosfolipasi A2 (PLA2) e la cui attività potrebbe essere importante nelle fasi iniziali della replicazione virale. La proteina NS1 è fosforilata e svolge funzioni catalitiche multiple (ATPasi, elicasi, endonucleasi sito-specifica) e funzioni regolatorie, tra cui una pronunciata citotossicità. Esistono altre due piccole proteine la cui funzione è sconosciuta, anche se si ipotizza che svolgano un ruolo nel ciclo biologico e nella patogenesi del virus. Le due regioni terminali non tradotte, di circa 400 nucleotidi, contengono sequenze palindromiche uguali e assumono una complessa struttura secondaria fondamentale per la replicazione del DNA virale e per la sua incorporazione nel virione. B19 penetra nella cellula tramite assorbimento in seguito al legame con uno specifico recettore e successiva endocitosi. Il recettore, un glicolipide noto come globoside o antigene P, è espresso principalmente su eritrociti maturi e cellule immature della linea eritroide ma si trova anche su megacariociti, cellule endoteliali, cellule della placenta e cellule del fegato e del miocardio fetale. Gli individui che ne sono geneticamente sprovvisti (1 su 200 000 circa) sono naturalmente resistenti all’infezione. Una volta entrato nella cellula (anche grazie all’interazione con specifiche molecole co-recettoriali, come le integrine α5β1), il virione, racchiuso in vescicole citoplasmatiche, raggiunge il nucleo e quindi libera il DNA genomico. Le fasi ulteriori della replicazione sono dipendenti dallo stato di attivazione della cellula ospite. B19, infatti, dà infezione produttiva soltanto in cellule in attiva moltiplicazione ma, a differenza di altri virus come adenovirus e poliomavirus, non è in grado di modificare lo stato moltiplicativo cellulare. La replicazione del DNA virale è piuttosto complessa, si ritiene che il genoma sia convertito in una molecola di DNA bicatenario chiusa covalentemente; questo avverrebbe a opera di due enzimi cellulari: una DNA polimerasi che sintetizza il filamento complementare riconoscendo come innesco la struttura secondaria all’estremità del genoma e una ligasi che unisce il filamento complementare a quello parentale. 16 L’intermedio bicatenario subisce poi un taglio a un’estremità a opera della proteina virale NS1, che determina un nuovo punto d’innesco per la replicazione e la sintesi di un al tro intermedio. Gli RNA messaggeri sono trascritti da una RNA polimerasi cellulare e trasportati nel citoplasma, dove vengono tradotti nelle varie proteine virali. All’infezione delle cellule eritroidi segue la produzione di tutti i messaggeri virali e la sintesi di tutte le relative proteine. L’infezione di altri tipi di cellule determina invece la produzione preferenziale dell’RNA messaggero che codifica per la proteina NS1, il cui accumulo porta a lisi citotossica della cellula senza produzione di progenie virale. Negli stadi tardivi della replicazione, le proteine del capside sono assemblate nel citoplasma a formare precursori vuoti che, arrivati al nucleo, inglobano il DNA virale e assumono la forma di particelle mature poi rilasciate per lisi. Si noti che nelle preparazioni virali il numero di particelle con DNA a polarità positiva è equivalente a quello delle particelle con DNA a polarità negativa e sono sempre presenti anche virioni vuoti, privi cioè di DNA. La classe 1A comprende gli Herpesviridae, gli Adenoviridae i Polyomaviridae e Papillomaviridae. La sintesi del DNA è grossomodo uguale per tutti: utilizzano DNA polimerasi virali codificate dall’RNA proprio, e RNApol-DNA-dipendenti cellulari per la sintesi di alcuni trascritti. Nello specifico, gli Herpesviridae utilizzano la replicazione rolling circle; gli Adenoviridae la replicazione bifasica (unica famiglia a DNA che non utilizza il primer per la replica ma la TP); i Poxvirus si replicano nel citoplasma perché utilizzano l’RNApol virus- specifica e quindi possono utilizzare il proprio RNA direttamente per la sintesi dei messaggeri. La classe 2 invece è composta sostanzialmente dai Parvovirus i quali spesso necessitano dell’ausilio di altri virus helper; l’innesco è dato dalla formazione di una forcina e la sintesi dei messaggeri avviene ad opera della RNApol cellulare, così come la sintesi del DNA viene effettuata dalla DNApol cellulare. Strategie di replicazione dei virus a RNA I virus a RNA sono gli unici organismi che presentano l’informazione genetica codificata da una molecola di RNA. La cellula non possiede polimerasi capaci di sintetizzare RNA su stampi di RNA, pertanto i virus con questo tipo di genoma devono codificare per una RNA polimerasi-RNA dipendente (RpRd). I virus a RNA sono molto più diversificati rispetto ai virus a DNA, nella maggior parte dei casi sono provvisti di envelope ma possono anche essere nudi e sono tutti monocatenari ad eccezione di una famiglia, appartenente alla classe 3 replicativa, che invece è a doppio strand. Reoviridae La famiglia Reoviridae è una delle più grandi famiglie di virus e l’unica delle otto famiglie di virus con genoma a RNA a doppio filamento in grado di infettare i mammiferi. Comprende 15 generi, di cui cinque sono in grado di infettare l’uomo e gli animali: Orthoreovirus, Rotavirus, Orbivirus, Coltivirus e Seadornavirus; i restanti infettano le piante, gli insetti o i pesci. I Reoviridae possiedono un genoma segmentato con 10- 12 segmenti (“minicromosomi”) di dsRNA; questo riveste un ruolo importante nella loro rapida evoluzione in quanto favorisce il riassortimento genico in caso di coinfezione tra ceppi di uno stesso genere. Tra le proteine strutturali del virus è inclusa la polimerasi virale. Il reovirus è un virus nudo ma è caratterizzato da un doppio capside, all’interno del quale sono racchiusi i segmenti del doppio strand di DNA. Della famiglia dei Reoviridae fanno parte i Rotavirus, virus gastroenterici particolarmente incisivi sui neonati, sono pertanto causa di mortalità infantile nei paesi economicamente emergenti in cui le condizioni igienico-sanitarie sono scadenti. Sono stati messi a punto dei vaccini contro questi virus che hanno permesso di abbassare la mortalità ad essi correlata. 17 Nel momento in cui il Reovirus entra nella cellula dopo aver riconosciuto e legato il recettore, attraverso un meccanismo di endocitosi entra nell’endosoma all’interno del quale viene effettuato un primo uncoating del primo strato capsidico che avvolge il virus. In seguito a ciò avviene il rilascio del core del virus, all’interno del quale viene avviata la trascrizione di un RNA positivo sullo stampo dell’RNA negativo ad opera della RNApol RNA-dipendente. Gli RNA così prodotti possono seguire due destini: o vengono avviati alla sintesi di proteine capsidiche e di enzimi quali la RNApol virale, oppure possono andare ad incapsidarsi nel primo capside vuoto. Nel secondo caso, a partire da questo filamento positivo che funge da stampo, viene sintetizzato il filamento complementare negativo, poiché ovviamente anche la progenie virale deve avere un genoma a doppio strand. Successivamente alla replicazione viene aggiunto lo strato capsidico esterno e poi, per lisi cellulare, il virus verrà rilasciato. Virus a RNA (+) I virus che presentano RNA monocatenario monofilamento a polarità positiva, non necessitano di trascrivere il loro genoma poiché il loro acido ribonucleico può funzionare da RNA messaggero ed essere così immediatamente tradotto. Questa caratteristica ha portato alla definizione di genoma infettante, poiché capace di portare alla produzione di particelle virali complete anche quando privato di tutti i componenti proteici. Nei Picornaviridae e nei Flaviviridae il prodotto della traduzione è una poliproteina che viene successivamente processata da proteasi. I prodotti virali comprendono sia proteine strutturali che funzionali. Queste ultime sono di fondamentale importanza per la sintesi dei nuovi genomi. Infatti, affinché l’RNA virale si replichi è necessaria la sintesi di una RNA polimerasi-RNA dipendente capace di copiare RNA su uno stampo di RNA. L’RNA genomico deve dapprima essere trascritto in RNA complementare a polarità negativa, che a sua volta costituisce lo stampo per la sintesi di RNA di progenie (a polarità positiva). In altri virus a RNA a polarità positiva, quali i togavirus e i calicivirus, si ha prima la traduzione dell’estremità 5′, che codifica per le proteine funzionali, mentre dopo la replicazione del genoma vengono prodotti mRNA subgenomici che produrranno le proteine strutturali corrispondenti all’estremità 3′. Dato che questi virus utilizzano per la loro replicazione solo enzimi virali che vengono prodotti subito dopo l’entrata del virus nella cellula, essi si replicano nel citoplasma e non necessitano di veicolare enzimi nel virione. 18 Picornavirus Il ciclo replicativo virale ha inizio con l’interazione specifica recettore cellulare- antirecettore virale che permette l’ingresso e la liberazione del genoma nel citoplasma della cellula ospite. Per molti picornavirus, l’internalizzazione del virione avviene per endocitosi mediata da recettore e la scapsidazione all’interno del fagolisosoma è favorita dall’acidità endosomiale. In entrambi i casi, l’RNA genomico virale si ritrova nudo nel citoplasma cellulare e si comporta da messaggero (è infatti a polarità positiva) per essere subito tradotto. La mancanza del CAP in 5′ non impedisce la sua efficiente traduzione, che avviene tramite il riconoscimento interno della sequenza IRES. La traduzione inizia alla base 700-1000 per proseguire ininterrotta fino al codone di stop vicino all’estremità 3′ dell’mRNA virale. Si produce così una poliproteina precursore che viene subito tagliata nelle proteine virali mature dalle due proteasi virali appena sintetizzate: 2A e 3C. La proteasi 2A ha anche un’altra importante funzione: è in grado di degradare un fattore cellulare che consente l’inizio cap-dipendente della traduzione. Essendo inattivata la traduzione della maggior parte degli mRNA cellulari (silenziamento della sintesi proteica cellulare detto shut-off), i poliribosomi traducono efficientemente l’RNA virale a polarità positiva. Tra le proteine virali neoformate, un’importante funzione spetta alla RNA polimerasi-RNA dipendente 3D, che è in grado di replicare il genoma virale. A partire dal poli-A 3′ terminale viene trascritto un intermedio replicativo a polarità negativa e poi, da questo, in quantità molto maggiori vengono prodotti i genomi a polarità positiva. Gli RNA virali neoformati sono a loro volta tradotti e replicati fino all’accumulo nel citoplasma della cellula infettata di un’enorme quantità di proteine e di genomi virali. Le proteine capsidiche si autoassemblano in protomeri, cinque dei quali formano i pentameri. La struttura definitiva del capside icosaedrico è data dall’interazione dei 12 pentameri con l’RNA genomico virale. L’accumulo delle particelle virali e la sofferenza cellulare portano, in tempi variabili dopo l’infezione (7-8 ore in poliovirus, 12-48 ore in altri picornavirus), alla liberazione dei virioni di progenie per lisi cellulare, con l’eccezione degli Hepatovirus liberati attraverso processi secretori. Togaviridae Il ciclo replicativo inizia con il legame di E2 (anticorpi specifici neutralizzano l’infettività virale) a un recettore di membrana. In seguito all’adsorbimento il virus viene internalizzato mediante endocitosi e fusione delle membrane mediata dal pH acido all’interno dell’endosoma. L’ambiente acido favorisce infatti la dissociazione del dimero E1/E2 e la trimerizzazione di E1, che, nella nuova conformazione, espone un dominio idrofobico che funziona come peptide di fusione (un processo che ricorda quanto succede alla subunità HA2 dei virus dell’influenza). Il successivo evento di scapsidazione rende l’acido nucleico disponibile per l’inizio della traduzione. 19 L’espressione dei geni è regolata in modo caratteristico, si distinguono infatti due fasi di trascrizione/traduzione. Nella prima fase a partire dall’RNA genomico vengono tradotte le sole proteine non strutturali (fase precoce), mentre le proteine strutturali si ottengono in una seconda fase da un mRNA subgenomico, corrispondente alla porzione 3′ del genoma (fase tardiva). Questa regolazione riflette, da una parte, l’esigenza di rendere disponibile per la traduzione anche la seconda ORF dell’RNA genomico e, dall’altra, la necessità del virus di regolare verso l’alto la quantità di proteine strutturali, attraverso la formazione di un mRNA subgenomico fortemente favorito dall’accumulo di RNA polimerasi virale. Una volta diventato accessibile ai ribosomi, l’RNA genomico viene parzialmente tradotto per produrre le proteine non strutturali (espressione della ORF al 5′). Queste proteine sono responsabili per la replicazione del genoma attraverso la trascrizione di un intermedio replicativo (RNA complementare a orientamento negativo o antigenoma) che funge da stampo per la sintesi di due specie di RNA (+), distinte per il diverso coefficiente di sedimentazione in RNA genomico e RNA subgenomico. La traduzione dell’RNA subgenomico neosintetizzato risulta nella produzione delle proteine strutturali (espressione della ORF al 3′). L’abbondanza di mRNA subgenomico permette la produzione di grandi quantità di proteine strutturali necessarie per l’assemblaggio. La proteina del capside (C) è tradotta per prima e viene scissa dalla poliproteina nascente (per autocatalisi negli alphavirus o per attività di una segnal-peptidasi cellulare nel virus della rosolia) rimanendo nel citoplasma, dove si assembla per formare i capsidi; il rimanente polipeptide presenta la sequenza segnale che favorisce la sua traslocazione nel lume del reticolo endoplasmatico, dove viene scisso dalle proteasi cellulari nelle singole proteine dell’involucro (E2 ed E1) che vanno incontro al processo di maturazione e glicosilazione nel Golgi prima di essere rilasciate sulla membrana cellulare. L’assemblaggio avviene a livello della membrana cellulare e l’involucro viene acquisito per gemmazione dalla cellula. Il rilascio del virus e la maturazione sono quasi simultanei. Virus a RNA (-) Questi virus devono immediatamente provvedere alla trascrizione del loro genoma dal momento che l’RNA a polarità negativa non può essere tradotto. La trascrizione per la formazione dei messaggeri avviene a opera di una polimerasi virale veicolata dal virione insieme al genoma. La traduzione dell’mRNA neoformato porta alla produzione di proteine strutturali e non strutturali. La RpRd neosintetizzata e alcune proteine nucleocapsidiche hanno il ruolo di mediare la trascrizione dell’RNA genomico in una molecola di RNA a polarità positiva, definita antigenomica, che viene utilizzata esclusivamente come stampo per la sintesi dell’RNA di progenie. Alcune famiglie di virus a genoma negativo hanno la caratteristica di presentare un genoma segmentato. es. Nella famiglia Bunyaviridae il genoma è costituito da 3 segmenti distinti, mentre nella famiglia Orthomyxoviridae ritroviamo 7-8 segmenti; in questo caso ogni segmento viene trascritto separatamente da una trascrittasi associata al virione. Un’altra peculiarità della famiglia Orthomyxoviridae è quella di avere, all’estremità 5′ dei suoi mRNA, sequenze non virali legate al CAP; queste sequenze vengono sottratte agli mRNA cellulari in formazione e pertanto la replicazione di questi virus prevede una localizzazione nucleare. 20 Alcuni virus a RNA segmentato, come gli arenavirus (con 2 segmenti) e alcuni bunyavirus, hanno un genoma ambisenso, sia con polarità positiva che negativa. In questi casi il genoma si comporta inizialmente come negativo e viene trascritto in mRNA che porta alla produzione di proteine nucleocapsidiche e della RpRd. Queste catalizzano la replicazione dell’RNA attraverso la sintesi di un antigenoma (RNA negativo) che serve sia da stampo per la trascrizione di mRNA che codificano per le proteine strutturali sia per la produzione di nuovi genomi di progenie. Rhabdoviridae Alla famiglia Rhabdoviridae appartengono almeno 100 diversi virus che infettano una grande varietà di ospiti: vertebrati, invertebrati e piante. I virus appartenenti a questa famiglia che infettano l’uomo causano tutti infezioni a carico del sistema nervoso centrale. Il più importante per l’uomo è il virus della rabbia, un virus neurotropo responsabile di un’encefalite acuta quasi sempre letale. La prima fase della replicazione virale prevede il legame della proteina G del virus alle cellule bersaglio. Tuttavia, non è ancora stato completamente chiarito quante o quali siano tutte le molecole e i recettori presenti sui neuroni che si legano alla proteina G. Il primo recettore identificato in grado di legare la proteina G è il recettore nicotinico per l’acetilcolina (nAchR). Tale molecola è tuttavia presente nelle cellule nervose a livello del sistema nervoso centrale ma, a livello della giunzione neuromuscolare, si trova solamente sulla membrana muscolare e non sulla membrana nervosa presinaptica. Per tale motivo è improbabile che tale molecola medi l’ingresso del virus nei neuroni motori o sensoriali. È tuttavia possibile che tale recettore aiuti il virus a localizzarsi a livello della giunzione neuromuscolare o che possa consentire una iniziale replicazione, virale nelle cellule muscolari striate prima della successiva invasione del motoneurone, all’interno del quale entra per endocitosi. Altri recettori o co-recettori presenti a livello delle membrane nervose presinaptiche, e che potrebbero svolgere un ruolo nell’infezione delle cellule neuronali, sono la molecola di adesione neuronale nota anche come NCAM1 e il recettore a bassa affinità per il fattore di crescita neuronale (p75NTR, noto anche come BeX e NGFR). L’ingresso nella cellula avviene mediante endocitosi clatrina- dipendente, cui segue il trasporto retrogrado delle vescicole endocitate lungo l’assone. Tale processo consente al virus di raggiungere il corpo del neurone, che è il solo distretto cellulare in cui il virus trova le condizioni per replicarsi. A questo livello avviene la fusione dell’involucro pericapsidico con la membrana della vescicola endocitica, mediante un meccanismo pH-dipendente. La fusione è mediata dai cambiamenti conformazionali della proteina G, cui segue la liberazione del nucleocapside nel citoplasma. La replicazione e la trascrizione del virus avvengono nel citoplasma dei neuroni all’interno di aggregati basofili con matrice eosinofila visibili al microscopio ottico, noti come i corpi del Negri dal nome di colui che li descrisse per primo nel 1903. Questi ultimi non rappresentano aggregati amorfi ma aree di attiva replicazione, nella cui organizzazione e localizzazione intracellulare sono coinvolte proteine virali e cellulari, tra cui il Toll-like receptor 3 e la HSP70. Dopo il rilascio del RNP nel citoplasma, la struttura condensata ed elicoidale del nucleocapside si apre e si rilassa, consentendo l’inizio della trascrizione del genoma a polarità negativa in mRNA a polarità positiva. La trascrizione, operata dalla RNA polimerasi-RNA dipendente, già presente nel virione, inizia dall’estremità 3′ del genoma virale portando alla trascrizione di un frammento di RNA leader di 55- 58 basi (leRNA), poliadenilato ma privo di CAP, e alla successiva trascrizione di cinque mRNA monocistronici. In maniera sequenziale vengono prodotti gli RNA messaggeri delle cinque proteine virali, tutti poliadenilati e dotati di 21 CAP necessari alla traduzione. Tale meccanismo di terminazione e inizio della trascrizione (stop-start) consente alla polimerasi di interrompere la trascrizione a livello di specifiche sequenze del genoma virale, di ignorare le regioni intergeniche e di riprendere la trascrizione all’inizio della sequenza del gene successivo. Tuttavia, la polarità del processo di trascrizione e la diversa sequenza delle regioni intergeniche porteranno alla maggior produzione di leRNA e di mRNA di proteine strutturali secondo un gradiente 5′ > 3′. La sequenza leRNA contiene inoltre il segnale di incapsidazione che le consente di legarsi alla nucleoproteina. Il legame della proteina N con la sequenza leader permette il passaggio dalla trascrizione alla replicazione del genoma. Infatti la proteina N, che avvolge progressivamente il trascritto, interagisce con il complesso L- P, costringendo la polimerasi virale ad estendere a tutta lunghezza la trascrizione del genoma, senza interrompersi ai segnali di stop, portando in tal modo alla formazione dell’intermedio replicativo a polarità positiva. Dunque, anche il filamento a polarità positiva verrà inizialmente incapsidato, ma il suo ruolo principale sarà quello di stampo per la trascrizione dei genomi virali a polarità negativa ad opera delle RNA polimerasi-RNA dipendenti. Gli RNA messaggeri codificanti per le proteine N, P, M ed L sono tradotti dai ribosomi liberi nel citoplasma, mentre quello della proteina G viene tradotto dai ribosomi legati al reticolo endoplasmatico al fine di far entrare la proteina G nel pathway secretorio e consentirne la glicosilazione nel Golgi. La proteina G raggiungere la membrana plasmatica nelle regioni dei lipid raft. La fase finale della replicazione prevede l’assemblaggio delle componenti virali e il rilascio dei virioni dalla membrana plasmatica. In questo processo interviene la proteina M, che media il legame fra il complesso RNP e la porzione intracitoplasmatica della glicoproteina G. Orthomyxoviridae L’influenza è una malattia acuta, in genere autolimitante, causata dall’infezione di virus appartenenti alla famiglia Orthomixoviridae, comunemente chiamati virus dell’influenza. Il meccanismo di replicazione dei membri della famiglia Orthomyxoviridae non si discosta significativamente nelle sue tappe fondamentali da quello dei paramixovirus e di altri virus a RNA a polarità negativa, con l’importante eccezione che gli Orthomyxoviridae hanno una tappa nucleare del processo replicativo. Il virus si lega tramite le spicole glicoproteiche a recettori specifici mucoproteici, situati sulla membrana plasmatica della cellula ospite, costituiti essenzialmente da glicani contenenti acido sialico (acido acetilneuraminico). La neuraminidasi virale catalizza la rottura della molecola dell’acido sialico presente in una porzione del recettore. L’emagglutinina virale permette l’entrata del virus nella cellula ospite attraverso il suo legame al recettore. Il passo successivo è la penetrazione del nucleocapside virale all’interno della cellula, che, nel caso del virus dell’influenza, avviene tramite endocitosi mediata da recettore. In pratica, le particelle virali vengono inglobate in endosomi che si generano dalla membrana plasmatica della cellula ospite dopo l’adsorbimento del virus su di essa. L’ambiente acido dell’endosoma, al cui abbassamento del pH partecipa anche la pompa ionica rappresentata dalla proteina M2 del virus che + facilita l’ingresso di ioni H , causa l’attivazione di proteasi cellulari all’interno dell’organulo e la successiva proteolisi di una porzione dell’emagglutinina. Tale evento causa un importante cambiamento conformazionale e una conseguente attivazione della componente fusogena della porzione HA2 della proteina HA. La vicinanza tra involucro pericapsidico e membrana dell’endosoma, unitamente alla suddetta attivazione della proteina 22 HA, rendono possibile la fusione dell’involucro virale con la membrana dell’endosoma, la liberazione delle proteine nucleocapsidiche e il rilascio del materiale genetico nel citoplasma. È avvenuta così la scapsidazione. Successivamente, e cioè quando il genoma è libero all’interno del citoplasma, iniziano le fasi che prevedono la trascrizione dell’RNA e la traduzione delle proteine. Il nucleocapside grazie all’intervento della proteina NP viene traslocato nel nucleo. La prima trascrizione viene detta trascrizione primaria; essa avviene ad opera di enzimi virali (RNA polimerasi-RNA dipendente), la cui azione dipende tuttavia da oligonucleotidi cellulari dotati di cap (che fungono da primer per l’RNA polimerasi) e da altri enzimi cellulari. La trascrizione del genoma deve avvenire necessariamente nel nucleo, in quanto le catene nascenti di RNA virale sfruttano le sequenze cap degli mRNA cellulari per poter essere trasportate nel citoplasma ed essere tradotte. In effetti, a differenza di quanto si verifica per altri virus a RNA negativo, la replicazione del virus influenzale non procede in cellule in cui venga inibita farmacologicamente (ad es. con actinomicina D o mitomicina C) la trascrizione del DNA. Ogni gene è rappresentato da un singolo mRNA e si ritiene che i diversi mRNA originino dall’azione dell’RNA polimerasi virale sui singoli filamenti. Alcuni trascritti subiscono processi di splicing che portano alla formazione di mRNA codificanti proteine diverse, come ad esempio le proteine M1 e M2 o NS1 e NS2. La trascrizione primaria e la successiva traduzione rendono possibile la produzione di proteine che intervengono attivamente nelle fasi successive della replicazione virale. Una di queste è rappresentata dalla replicazione dell’RNA genomico, che porta alla produzione sia di nuovi genomi per la progenie virale sia di nuovi filamenti su cui possa avvenire la trascrizione di mRNA per la traduzione di proteine. La maggior parte di questi eventi avviene nel nucleo e si ritiene che parte del materiale prodotto (es. la proteina NP) ritorni poi nel nucleo. Recentemente è stato stabilito che il livello della proteina NP è di fondamentale importanza per la regolazione in senso temporale del ciclo replicativo. In sostanza, soltanto quando la proteina NP raggiunge un certo livello viene avviata la fase dell’assemblaggio del nucleocapside, che avviene quindi nel nucleo della cellula infetta. La maturazione vera e propria avviene invece a livello della membrana cellulare. In questa sede le glicoproteine virali HA e NA, glicosilate durante il trasporto nel reticolo endoplasmatico e nell’apparato del Golgi, sostituiscono quasi interamente le proteine cellulari sulla membrana plasmatica. Prima dell’avvicinamento del nucleocapside alla membrana citoplasmatica, la proteina M1 si aggrega a formare uno strato in corrispondenza della superficie interna della membrana. In seguito avviene l’associazione del nucleocapside con gli altri componenti virali. Si ritiene che il meccanismo di packaging responsabile dell’inclusione dei diversi nucleocapsidi nella particella virale sia anch’esso regolato da proteine virali, anche se tutt’oggi questi eventi rappresentano una delle fasi meno conosciute dell’intero ciclo replicativo dell’influenza. Subito dopo, o durante, quest’ultima fase la progenie virale comincia a essere rilasciata negli spazi extracellulari attraverso il processo di gemmazione, comune a molti virus rivestiti. Si ritiene che la proteina NA, presente sull’involucro pericapsidico, intervenga in modo da facilitare il distacco dei virioni gemmanti e conseguentemente rendere più efficiente l’infezione di nuove cellule adiacenti. Il rilascio dei virioni inizia in vivo circa 8 ore dopo l’infezione e dura diverse ore; la cellula non viene lisata subito ma muore lentamente e tardivamente, forse a causa delle alterazioni metaboliche causate dalla replicazione. 23 Bunyaviridae La famiglia Bunyaviridae comprende circa 350 specie virali a RNA monocatenario trisegmentato a polarità negativa. Il virus si àncora alle cellule dell’ospite attraverso interazioni di tipo sterico con il dimero glicoproteico Gn-Gc e da queste è fagocitato per endocitosi. Il basso pH endosomiale induce la fusione del virus con la membrana dell’endosoma e il successivo rilascio del genoma virale nel citoplasma (uncoating). L’ingresso del virus è mediato dall’interazione delle glicoproteine con una serie di fattori espressi sulla superficie delle cellule bersaglio; uno tra questi è il recettore DC-SIGN (dendritic cell-specific intercellular adhesion molecule-3-grabbing non integrin), una lectina Ca2+- dipendente espressa in cellule dendritiche, macrofagi, megacariociti, linfociti B e piastrine. Nel caso degli hantavirus patogeni, le glicoproteine legano le integrine β3, mentre quelli non patogeni i recettori β1. Oltre al DC-SIGN sono stati individuati altri recettori che, insieme a dei “fattori di attacco”, sono in grado di svolgere un’analoga funzione (es. glicosaminoglicani GAG). L’internalizzazione endocitotica di diversi bunyavirus avviene secondo vari processi di pinocitosi, la maggior parte dei quali prevede endocitosi clatrina-mediata. Una volta arrivato nel citoplasma, il genoma virale inizia la fase di replicazione, mediata dalla RpRd, senza richiedere alcun intervento di fattori nucleari. L’RpRd trascrive l’RNA virale in una molecola di RNA a polarità positiva definita antigenomica cRNA (trascrizione primaria), che non funziona da RNA messaggero, bensì da stampo per la sintesi di altre molecole di RNA della progenie. Come già detto, nel caso particolare dei bunyavirus, l’RNA è segmentato e il genoma mostra un modulo ambisenso, cioè a polarità positiva e negativa. L’RNA genomico è trascritto in mRNA (trascrizione secondaria) dalla polimerasi virale, segue quindi la traduzione e la successiva sintesi delle proteine virali: tale processo avviene in contemporanea con il precedente. Gli mRNA dei segmenti L ed S vengono tradotti dai ribosomi liberi nel citoplasma, diversamente dagli mRNA del segmento M che vengono tradotti dai ribosomi adesi al reticolo endoplasmatico. L’insieme delle proteine e del genoma neosintetizzati forma i complessi ribonucleoproteici (RNP), che insieme alle glicoproteine raggiungono infine l’apparato di Golgi. Vengono riconosciuti due meccanismi di rilascio dei virioni maturi: → esocitosi dall’apparato del Golgi in vescicole che si fondono con la membrana plasmatica nella fase finale di rilascio del virus; → meccanismo di gemmazione direttamente dalla membrana plasmatica. Genoma dei retrovirus I retrovirus appartengono alla 6° classe replicativa. Sono gli unici virus diploidi in quanto presentano un genoma con due filamenti di RNA presentanti polarità positiva, entrambi ubicati all’interno del nuclocapside, tenute insieme in più regioni attraverso l’appaiamento di basi. Strutturalmente presentano un 5’CAP e una coda di poliA all’estremità 3’ e, come si può vedere dalla figura, vicino al 5’ presentano un tRNA variabile a seconda della tipologia di virus. Per il loro processo replicativo sono gli unici virus che richiedono uno specifico RNA cellulare (tRNA).. 24 La caratteristica che contraddistingue i retrovirus è l’avere una trascrittasi inversa che permette loro di sintetizzare DNA a partire da RNA. Tramite una prima retrotrascrizione si ottiene un ssDNA (DNA a singola elica) che successivamente subisce un processo di duplicazione per diventare a doppio filamento. A questo punto il DNA è integrato nel genoma della cellula ospite in maniera random (provirus) diventando parte del suo corredo genomico, il quale sarà suscettibile alla RNApol 2 per subire il processo di trascrizione che porterà alla successiva sintesi proteica dopo i processi di splicing. Il passaggio finale sarà l’assemblaggio delle proteine strutturali e dei nuovi genomi che andranno a riformare il nucleocapside e la conseguente liberazione di cloni da parte della cellula infetta. Guardando la figura e prendendo come riferimento l’ultima sequenza, si nota che il genoma è costituito da un’estremità 5’ e una 3’ caratterizzata da sequenze uniche affiancate rispettivamente da sequenze ripetute che si trovano esternamente rispetto a U5 e U3. Nel momento in cui il genoma del virus viene integrato e trasformato in DNA a doppio filamento si nota un cambiamento delle estremità: divengono due sequenze ripetute U3-R-U5 sia al 5’ che al 3’ (figura in alto), chiamate anche LTR (long terminal repeats) poiché hanno vari siti di riconoscimento (polimerasi, enhancer) per favorire il processo trascrizionale del DNA. Nel dettaglio: R: corta sequenza che forma ripetizioni dirette ad entrambe le estremità del genoma ed è importante durante il processo di replicazione, costituisce anche un segnale di poliadenilazione; U5: sequenza unica non codificante, prima parte del genoma ad essere retrotrascritta, rappresenta un sito importante per l’integrazione; PBS: 18 bp complementari al 3’ del tRNA; Leader: 90-500 bp non tradotta, contiene sequenze SD (shine-delgarno) e il sito (riconoscimento del genoma virale da parte delle proteine del nucleocapside per permettere l’assemblaggio); Gag: geni che codificano per le proteine del capside, quindi proteine con funzione strutturale; Pol: geni che codificano per le polimerasi (trascrittasi inversa, integrasi e RNasi); Env: codificanti le glicoproteine dell’envelope; PPT: circa 10 bp, costituisce il sito di inizio della sintesi del filamento di DNA durante la replicazione virale; U3: regione unica non codificante (200-1200 bp) contenente elementi promoter. es. processo di replicazione dell’HIV In generale, osservando anche l’immagine, l’HIV si lega al CD4 e ai suoi recettori specifici. Per fusione si immette all’interno della cellula nel citoplasma, interviene la trascrittasi inversa per permettere la conversione in cDNA che si inserisce nel nucleoplasma e qui viene integrato dal DNA cellulare. Conseguentemente avviene la trascrizione, così anche il DNA virale verrà trascritto come messaggero e una parte del quale andrà a sintetizzare le proteine, mentre il resto andrà a sintetizzare l’RNA genomico che avrà la stessa lunghezza in bp del virale e che infine sarà associato alle proteine di membrana e sarà internalizzato in una vescicola esocitotica che si staccherà formando il virus HIV maturo. 25 Andando a vedere il processo più nello specifico, vediamo che all’interno del nucleosoma, una volta che si è formato l’RNA dal nuovo DNA a doppio filamento, grazie alla trascrizione esso subirà vari processi di splicing al fine di ottenere la sintesi di varie proteine che costituiscono proteine strutturali, mentre l’RNA neoformato sarà invece rappresentativo della progenie virale. Durante il processo di trascrittasi inversa si viene a creare un primo DNA a polarità negativa complementare all’RNA+. A questo punto l’RNasi H degrada il filamento fino al punto PPT, da cui partirà la duplicazione del filamento stampo per ottenere DNA+ complementare a quello negativo trascritto in precedenza. Al termine di questo processo si ottiene un genoma double strands con due polarità. Nell’immagine viene descritto tale processo in maniera più chiara. Il filamento verde è un RNA con legato alla sequenza PBS il tRNA. Avviene la sintesi del filamento del DNA (celeste) in direzione 5’-3’. Essendoci un’energia di sequenza “rr” la polimerasi salta sull’altro filamento e da qui il DNA continua ad essere sintetizzato sull’altro estremo del genoma virale (deduco in direzione 3’-5’). Nel mentre l’RNA continua ad essere degradato ad opera della RNasiH. La sequenza PBS viene copiata due volte: la prima dall’RNA genomico, la seconda dal tRNA primer andando ad ottenere estremità del DNA che saranno giustapposte da un appaiamento complementare delle sequenze PBS. Dopo ciò ci sarà la sintesi completa del secondo filamento di DNA (DNA+) così, una volta eseguita, si avrà la forma completa del DNA double strands. Il genoma dell’HIV, oltre ad avere gag, pol e env, possiede altre proteine importanti essenziali nella regolazione. Queste sono derivanti da meccanismi di splicing di RNA compreso tra il gene POL e la sequenza LTR al 3’. Genomi a DNA, Hepadnaviridae (HBV) L’HBV è caratterizzato da avere un doppio filamento parziale di DNA, circolare e aperto, con associata la DNApol RNA-dipendente (trascrittasi inversa). Il genoma è molto piccolo, con una lunghezza del frammento- di 3,5kb e del frammento+ diviso in due parti variabili nelle diverse componenti 1,7-2,8kb. Esistono però tre trascritti principali, tutti provenienti dallo stesso filamento, che condividono il 3’ ma hanno tutti un 5’ diverso. Il genoma circolare presenta il filamento interno positivo e incompleto, mentre quello esterno è negativo. Le proteine si trovano all’esterno del tutto, sovrapposte al genoma. Antigene S (226aa): antigene dell’HBV più importante poiché porta alla produzione di anticorpi neutralizzanti verso il virus, infatti il vaccino contro l’HBV è basato proprio su queto antigene. Presenta delle zone definite preS1 e preS2; Proteina P (832aa): polimerasi a trascrittasi inversa; 26 Proteina C (183aa): proteina del core, la quale presenta una preC (29aa). Il gene codificante tale proteina codifica anche per l’antigene E dell’HBV derivante dalla produzione di un mRNA, sollecitato da una AUG interna alla sequenza genica stessa; Proteina X (154aa): codificata da geni sovrapposti, possiede attività transattivante poiché riesce ad attivare la trascrizione di geni virali e cellulari data la precedente integrazione del genoma. Come primo punto, il DNA circolare incompleto di Hepadnavirus entrante all’interno della cellula subisce un processo di riparazione sul filamento+ e quindi il completamento del DNA circolare. Dopodiché si va incontro a trascrizione che genera RNA genomici e sub-genomici. ▪ mRNA genomici si associano alle proteine del core RT (trascrittasi inversa) e, attraverso tale processo, viene trasformato in cDNA a doppio filamento parziale il quale, infine, si andrà ad assemblare con le proteine prodotte dagli mRNA sub-atomici dando origine alla progenie virale; ▪ mRNA sub-genomici che portano alla sintesi con traduzione di diverse proteine dell’envelope e della proteina X. Il virione dell’HBV si lega ed entra all’interno della cellula, dove avviene l’unfolding, per poi passare al trasporto del genoma virale all’interno del nucleo, dove viene riparato ad opera di enzimi cellulari divenendo cccDNA a doppio filamento. Questo viene successivamente trascritto, generando due tipologie di RNA: uno di dimensioni variabili, suscettibile a processi di splicing per andare ad ottenere la sintesi delle proteine, l’altro di dimensioni identiche al genoma (RNA genomico) associato alla RT che si “incapsida” con la proteina del core e, una volta subito il processo di trasformazione, si ottiene il DNA double strands. Nel frattempo, il cccDNA ha prodotto i frammenti preS1 e preS2 (antigene S) che, tramite un processo di glicosilazione, costituiscono le proteine dell’envelope. Infine il virione fuoriesce per esocitosi dalla cellula. Quindi… Genoma RNApol RNA-dip RNA infettivo Evento iniziale Plus-stranded RNA No