Summary

This document is a summary of botanical concepts, specifically focusing on plant cells, vacuoles, and cell walls. It details the structures, functions, and origins of these key components of plant cells. The document also describes the processes of cell division and growth, explaining the differences between young and mature plant cells.

Full Transcript

Riassunti di botanica Le piante come tutti gli organismi viventi è formata da cellule, ovvero le cellule vegetali che a differenza di quelle animali hanno una forma caratteristica geometrica, è immobile, contiene molta acqua ed è autotrofa. Come la cellula animale, però, anche la cellula vegetale ha...

Riassunti di botanica Le piante come tutti gli organismi viventi è formata da cellule, ovvero le cellule vegetali che a differenza di quelle animali hanno una forma caratteristica geometrica, è immobile, contiene molta acqua ed è autotrofa. Come la cellula animale, però, anche la cellula vegetale ha bisogno di un organulo deputato al controllo (direzione dei lavori) che è il nucleo, un organulo per la sintesi, impacchettamento e trasporto di materiali (Ret. Endop. e Golgi) eccetera. Le peculiarità della CV. In termini di organuli sono: parete cellulare, vacuolo e plastidi. Inoltre il citoplasma e gli organuli non occupano tutto lo spazio interno della cellula, esso è in gran parte utilizzato dal vacuolo. Il concetto di rapporto superficie/volume in botanica è molto importante poiché la differenza di forma della CV ora ha un senso. Infatti la forma sferica delle cellule animali ha un minore rapporto di S/V rispetto ad una cellula poliedrica. Le CV, dopo aver avuto origine da una divisione mitotica e dopo essersi accresciute per diventare delle dimensioni della madre, si dividono esse stesse originando a loro volta cellule che seguiranno lo stesso iter di crescita. Queste cellule chiamate cellule meristematiche o cellule giovanili non perdono la capacità di crescere e dividersi, viceversa, altre cellule una volta raggiunta la dimensione ideale perdono la capacità di dividersi si accrescono ulteriormente e si differenziano. Cellula vegetale giovanile Le CVG hanno: 1. Alto indice N/C 2. Parete sottile, costituita da esigua parete primaria di natura celluloso-peptica 3. Proplastidi, ovvero plastidi indifferenziati 4. Piccoli vacuoli 5. Capacità di dividersi Queste sono le cellule artefici dell’accrescimento in lunghezza dei fusti e delle radici. Cellula vegetale adulta Le CVA hanno: 1. Basso indice N/C 2. Parete spessa e talora modificata (a seconda del tesuto) 3. Plastidi differenziati 4. Ampio sistema vacuolare 5. Perdita capacità divisione Il vacuolo Questo organulo è esclusivo delle CV ed è delimitato dal tonoplasto e contiene il succo vacuolare. Infatti il vacuolo può essere paragonato ad una cisterna che occupa il 90% della cellula e che nelle cellule giovanili occupa meno spazio. Il tonoplasto è una membrana asimmetrica, povera di steroli ma ricca di proteine (carriers). Il continuo vacuolare, vario, da reazione acida (ph = 4,5/6 a differenza del citoplasma che è 7 circa). Gioele Statuto Pagina 1 di 88 Origine: prende origine dai provacuoli che formano una vacuolizzazione diffusa per poi estendersi e fondersi originando un’unica cisterna. L’origine dei provacuoli va cercata nel reticolo endoplasmatico seguito di un accumulo di proteine tipiche del tonoplasto oppure da un insieme di tubuli che si fondono a formare una gabbia (insieme di endomembrane collegate alla faccia trans dell’apparato del Golgi). Tonoplasto: membrana asimmetrica ricca di proteine di trasporto (carriers, acquaporine, pompe di protoni) Contenuto: il contenuto ha un PH acido (4,5/6), ha una composizione diversa rispetto al citoplasma e contiene acqua, sostanza in soluzione, sostanze in sospensione e inclusi solidi. Gli inclusi liquidi sono: 1. Ioni/sali inorganici, rilasciati nel citoplasma tramite portatori specifici (ioni: K+ Ca2+ NO3 eccetera). 2. Acidi organici, metaboliti in eccesso prodotti da ciclo Krebs. 3. Zuccheri, come monosaccaridi (glucosio e fruttosio), disaccaridi (saccarosio e maltosio) e polisaccaridi (inulina, polimeri del mannosio e mucillagini). Questi hanno funzione di riserva e osmotica. 4. Amminoacidi e ammidi, come: arginina, leucina, glutammina, istidina, asparagina eccetera. Funzione di omeopatica e riserva azoto. 5. Proteine enzimatiche, ovvero idrolasi coinvolte nella funzione litica. 6. Olii eterei, i quali non sono chimicamente ben definiti poiché possono essere composti da più sostanze diverse. Hanno funzione vessillare e di difesa. 7. Glicosidi, sono prodotti di condensazione di una m molecola di zucchero con un composto non zuccherino. Sono sostanze amare, idrosolubili e appresenti in piante velenose. Funzione detossificante e di difesa. 8. Flavonoidi/composti fenolici, ovvero composti contenenti almeno un gruppo fenolico e i loro derivati. In particolare i flavonoidi sono sostanze pigmentate presenti nei fiori, frutti e foglie (antociani [blu ambiente basico rosso ambiente acido], flavoni e flavonoli [giallo, bianco]). Funzione vessillare. 9. Alcaloidi, ovvero composti ciclici-basici contenenti azoto, insolubili in acqua, incolori, amari. Hanno funzione di difesa e riserva di azoto/di prodotti di rifiuto dell’azoto. 10. Tannini, sono polifenoli solubili in acqua e che all’aria si ossidano. Sono sostanze astringenti (allappano) nei frutti acerbi (maturi no perché insieme a mucillagini) e hanno funzione di difesa. 11. Resine, ovvero miscugli di sostanze chimiche, perlopiù solide, colorate, fondenti al calore, non volatili. Le resine sono insolubili in acqua ma non in solventi organici. Possono essere essudati di piante per natura fisiologica o patologica. Le si ottengono mediante incisione della corteccia e hanno funzione di difesa contro putrefazione e parassiti. Gli inclusi solidi invece possono essere sostanze che superano la soglia di solubilità non acqua causa di precipitazione/cristallizzazione, come: Gioele Statuto Pagina 2 di 88 1. Corpi proteici, ovvero riserve proteiche accumulate nei semi, i quali una volta disidratati a causa della maturazione porta alla precipitazione delle proteine. La formazione dei vacuoli contenenti proteine nel seme avviene in due modi: 1. Proteine solubili vengono inviate nel vacuolo dove si accumulano. 2. Proteine poco solubili formano aggregati nel lume del Ret. End. Le porzioni contenenti proteine gemmano originando i corpi proteici, eventualmente inglobati in vacuoli. 2. Cristalli di ossalato di calcio, i quali possono avere forme diverse. Nel reticolo cristallino l’assalto di calcio è associato con un numero variabile di molecole d’acqua: il grado d’idratazione influenza il processo di cristallizzazione. Le tipologie di cristalli sono: druse o macle, rafidi, stiloidi e sabbia cristallina. Le possibili funzioni dei cristalli sono: 1. Sequestro di calcio dal citoplasma, 2. Detossificazione dall’eccesso di acido ossalico 3. Difesa contro gli erbivori (tessuti diventano inappetibili agli animali). Funzione: le funzioni del vacuolo possono essere riassunte in due macrofunzioni anche se in realtà sono più di due. Queste sono: 1. Funzione osmotica, ovvero che il vacuolo regola l’economia dell’acqua nella cellula (stato turgore) 2. Funzione di contenitore polivalente, cioè che il succo vacuolare può contenere una grande varietà di sostanze (come fosse una dispensa o un cestino) Il vacuolo non è un contenitore inerte, bensì e sede di attività metabolica che si realizza a livello sia del tonoplasto che del succo vacuolare. Inoltre contiene e controlla l’omeostasi citoplasmatica (gli scarti delle reazioni non vengono eliminati ma raccolte nel vacuolo e messe a disposizione di qualora attività metaboliche lo richiedessero). Le altre funzioni sono: 1. Riempimento dei vuoti, ovvero che quando la cellula cresce la massa citoplasmatica (distensione) non segue di pari passo il vacuolo che deve crescere altrimenti si creerebbero degli spazi vuoti. 2. Facilitazione scambi tra cellula e ambiente esterno, poiché il vacuolo confina il citoplasma favorendo gli scambi tra citoplasma e ambiente circostante alla cellula. 3. Funzione meccanica, ovvero il turgore della cellula permette la consistenza delle giovani piantine e dei movimenti di turgore di cellule specifiche come: la regolazione degli scambi gassosi tramite l’apertura e la chiusura degli stomi, i movimenti ritmici di apertura e chiusura di fiori e foglie (nictinastie), i movimenti rapidi, ad es. nelle piante carnivore o nella mimosa pudica (seismonastie), i movimenti di orientamento direzionale, ad es. le foglie che si orientano verso il sole (tropismi) 4. Segregazione, in alternativa all’escrezione i prodotti di scarto vengono conservati. 5. Deposito, cioè la stessa funzione sopracitata ma con i materiali di riserva. 6. Funzione litica: il vacuolo presenta un’attività metabolica legata alla presenza di enzimi litici (proteasi, fosfatasi, nucleasi, glicosidasi). Gioele Statuto Pagina 3 di 88 7. Funzione omeostatica: grazie al vacuolo viene preservata la funzionalità del citoplasma controllando il pH, consentendo la resistenza al freddo (l’aumento della concentrazione del succo vacuolare causa abbassamento punto di congelamento), consente la resistenza al secco e al sale (presenza di molecole particolarmente idrofile e aumento della concentrazione dei soluti nel vacuolo) Fenomeni osmotici: quando parliamo di questo fenomeno è chiaramente necessario conoscere il significato del termine osmosi. Per osmosi intendiamo la diffusione di acqua secondo il gradiente di concentrazione attraverso una membrana semipermeabile. Le membrane biologiche (plasmalemma, tonoplasto e membrane degli organuli) si comportano come membrane semipermeabile. La differenza di concentrazione di ioni/molecole tra succo vacuolare e ambiente esterno determina se l’acqua sarà in entrata o uscita. Le forze in gioco nel comportamento osmotico sono la pressione osmotica (p) dovuta al vacuolo e la pressione di turgore (Pt) Ψ=p-P t Ψ è detta tensione di assorbimento (potenziale dell’acqua). Lo stato di turgore corrisponde a Ψ = 0 (p = P ). t In una condizione ipertonica, l’acqua fuoriesce dal vacuolo. Questo riduce il suo volume e conduce al distacco del plasmalemma dalla parete cellulare: stato di plasmolisi. Entro certi limiti la plasmolisi è reversibile: in soluzione ipotonica il vacuolo recupera il suo volume iniziale e riprende a esercitare una pressione contro la parete: deplasmolisi. La parete cellulare Una delle caratteristiche della cellula vegetale è la presenza della parete cellulare che pero non è presente in tutte le CV. Per esempio nelle zoospore, i gameti di alghe e funghi né le cellule gamiche delle piante superiori. Le sue funzioni principali sono: 1. Funzione meccanica 2. Protezione e sostegno protoplasti 3. Funzione di difesa 4. Esercitare contropressione elastica che bilancia la pressione osmotica (turgore) Biogenesi: la parete cellulare si forma in tre momenti che prevedono la formazione della lamella mediana, lamella primaria e lamella secondaria. Gioele Statuto Pagina 4 di 88 Formazione della lamella mediana: durante la mitosi i microtubuli costruiscono un’impalcatura denominata fragmoplasto. I microtubuli servono a orientare le vescicole dell’apparato del Golgi che poi si fonderanno con il plasmalemma. Durante la fusione di queste il fragmoplasto si dissolve. Adesso siamo nella telofase e tra le due cellule vi è un setto che le divide e non appartiene né all’una né all’altra. Questo setto è la lamella mediana che ha funzione cementante data la sua composizione chimica. Sono sostanze pectiche e proteine, che sono rispettivamente polisaccaridi, polimeri dell’acido galatturonico. Le cellule adiacenti rimangono tra loro connesse grazie a i plasmodesmi ovvero sottili briglie di citoplasma che permette la traslocazione di sostanze tra loro. Le sostanze pectiche in questione sono insieme di polisaccaridi complessi composti da: acido galatturonico, ramnosio, arabinosio e galattosio. Le caratteristiche funzionali di queste sostanze sono che formano legami con l’acqua formando soluzioni viscose (gel) e gli ioni Ca2+ e Mg2+ permettono il legame tra catene diverse. Gioele Statuto Pagina 5 di 88 Formazione della parete primaria: durante l’accrescimento per distensione delle due cellule la parete primaria si appone contro la lamella mediana. La morfologia della parete primarie non deve contrastare l’accrescimento delle cellule, quindi è formato da materiale fibrillare, composto da fibrille di cellulosa, immerso in una matrice formata da acqua, emicellulose, sostanze pectiche, proteine strutturali ed enzimatiche. Le fibrille di cellulosa sono appressate e legate tra loro mediante legami idrogeno. Il motivo per cui l’accrescimento non è ostacolato è dato dal fatto che la matrice è preponderante sul materiale fibrillare. Inoltre le fibrille di cellulosa sono disposte secondo uno schema a tessitura dispersa. Formazione della parete secondaria: una volta che le cellule sono cresciute in estensione arriva il momento in cui la parete cellulare cresce in termini di spessore, questo avviene con la formazione della parete secondaria. Infatti la parete secondaria è formata da tre strati composti dallo stesso materiale ma con tre disposizioni differenti. I materiali della parete secondaria sono gli stessi della parete primaria, pur variando la relazione tra di essi. Materiale fibrillare preponderante sulla matrice. Le fibrille di cellulosa sono disposte parallelamente le une rispetto le altre (tessitura parallela). I tre strati sono: 1. Tessitura fibrosa, fibrille disposte parallelamente all’asse cellulare Gioele Statuto Pagina 6 di 88 2. Tessitura a elica, fibrille disposte obliquamente all’asse cellulare 3. Tessitura anulare, fibrille disposte perpendicolarmente all’asse cellulare La disposizione in questione aumenta la rigidità e grazie ai plasmodesmi e ad un assottigliamento in corrispondenza di essi vi è comunicazione tra una cellula e l’altra. La cellulosa: è ideale come materiale fibrillare perché è lineare e poco estensibile, raggiunge elevato grado di polimerizzazione (2/6000 residui), le catene si associano tra loro a formare microfibrille ed è estremamente stabile. La cellulosa viene sintetizzata da un sistema multi enzimatico chiamato cellulosa sintetasi, si trova a livello del plasmalemma. Sintetizza le singole fibrille di cellulosa che si appaiono formando le microfibrille che a loro volta si appaiono e formano le macrofibrille. La matrice: formato da: 1. emicellulose: ovvero un gruppo eterogeneo di polisaccaridi complessi a catena ramificata e provengono dall’apparato del Golgi e vengono trasportate in vescicole fino al plasmalemma. 2. Sostanze pectiche: sostanze polisaccaridiche sintetizzate nel RER 3. Proteine strutturali: contribuiscono alla struttura della parete (estensine: proteine insolubili, ricche di idrossiprolina e glicosilate, sintetizzate nel RE, modificate nel Golgi e una volta esortiate in parete si legano tra loro) 4. Proteine enzimatiche: legate all’attività biologica della parete (perossidasi, espansine, transglicolidasi, idrolasi e ossido-reduttasi Crescita della parte primaria e crescita della cellula La forza che guida l’accrescimento cellulare è la pressione di turgore. Grazie alla modifica dei legami tra polimeri parietali la parete primaria può assecondare la crescita per distensione. La disposizione delle microfibrille definisce come la cellula crescerà nello spazio (cellule isodiametriche o allungate) Gioele Statuto Pagina 7 di 88 Modificazioni parietali La conquista delle terre emerse da parte delle piante ha reso necessario l’elaborazione di nuovi polimeri parietali caratterizzati da alcune proprietà favorevoli alle nuove necessità delle piante in ambiente subaereo. 1. Aumentare la capacita di sostegno 2. Ottimizzazione del trasporto di acqua dalle radici alle foglie 3. Limitazione della perdita d’acqua per evaporazione Le modificazioni parietali possono interessare tutte e tre le pareti/lamelle e le sostanze che determinano le modificazioni possono essere: 1. Incrostanti: si depositano nella matrice della parete 2. Apposte: si depositano in coma di lamelle a ridosso della parete In base alla modificazione e alla sostanza identifichiamo di seguito le diverse modificazioni parietali: 1. Lignificazione (lignina) 2. Cutinizzazione (cutina) 3. Suberificazione (suberina) 4. Gelificazione (mucillagini/gomme) 5. Mineralizzazione (minerali) Gioele Statuto Pagina 8 di 88 6. Pigmentazione (flobafeni) Lignificazione: matrice parietale incrostata con lignina, conferisce rigidità alla parete cellulare (lignificazione tipica di cellula dei tessuti meccanici) Cutinizzazione: polimero di natura grassa (cutina), interessa parete di cellule epidermiche della pianta, conferisce impermeabilità, la cellula rimane viva a differenza della lignificazione e in ambienti aridi l’eccessiva deposizione di cutina va a formare uno strato esterno chiamato cuticola. Suberificazione: contro la parete primaria apposte delle lamelle di suberina che essendo di natura grassa rende impermeabile, conferisce resistenza ai parassiti (adattamento delle piante più recente rispetto alla cutinizzazione, presente solo nelle spermatofite). Gelificazione: può essere patologico (dovuto a gomme prodotte in seguito a ferite) o fisiologico (dovuto a mucillagini che aumentano l’idrofilia della parete), interessa l’intero mondo vegetale (capsula di cianobatteri e microalghe eucariotiche, parete cellulare della alghe rosse e gelificazione parietale nelle piante superiori) e comporta aumento notevole di polisaccaridi idrofili in parete rispetto ai polisaccaridi strutturali. Mineralizzazione: deposizione di sostanze inorganiche nella matrice parietale o gli spazi interfibrillari. Si divide in silicizzazione (cellule epidermiche di graminacee) e calcificazione (foglie ruvide delle cucurbitacee). Pigmentazione: Impregnazione della parete con sostanze pigmentante di natura fenolica: flobafeni (tannini ossidati). La pigmentazione è spesso associata alla morte della cellula. I flobafeni conferiscono resistenza alla marcescenza. Determinano la colorazione del legno (es. duramen di noce ed ebano) I plastidi Sono organuli cellulari tipici delle cellule vegetali autotrofe eucariotiche. I plastidi però non sono presenti in funghi e i procarioti. Nelle cellule meristematiche i plastidi sono presenti ma ancore indifferenziati mentre nelle cellule adulte sono presenti plastidi differenziati e funzionanti (funzione specifica in relazione a tessuto). L’origine di questo orfanello risale ad un relazione simbiotica tra un procariote fotosintetico ed una cellula eucaristica primitiva (come i mitocondri). Tutti i plastidi hanno una morfologia generale: 1. Hanno un doppio involucro formato da membrana interna ed esterna. 2. All’interno è presente una fase solubile definita come stroma, dove si trovano ribosomi 70s (di tipo procariotico) e RNA, DNA circolare e non associato a istoni 3. Sono organuli semiautonomi, in quando sono in grado di riprodursi per divisione e svolgere la sintesi di alcune proteine. Anche se dipendono in gran parte dalla sintesi diretta dal nucleo cellulare. Quindi lo sviluppo di un plastidio è sotto il duplice controllo del DNA nucleare e del DNA plastidiale (molte proteine Gioele Statuto Pagina 9 di 88 presenti nei plastidi vengono codificate da geni nucleari, sintetizzate nel citoplasma e poi portate nel plastidio). Classificazione: in base al tipo di metabolismo 1. Cromatofori fotosinteticamente attivi (pigmentati) A. Cloroplasti 2. Cromatofori fotosinteticamente inattivi (non pigmentati) B. Proplastidi C. Ezioplasti D. Leucoplasti Cromatofori fotosinteticamente attivi Cloroplasti: le cellule dei tessuti verdi contengono molti piccoli cloroplasti (70/150) a differenza delle alghe verdi che ne possiedono soltanto uno o due molto grandi. Il passaggio da un unico voluminoso cloroplasto a molti più piccoli si presume sia avvenuto a tappe nel corso dell’evoluzione. Sono organuli di forma lenticolare con diametro di 5/10µm nello stroma sono immersi i tilacoidi, sacculi delimitati da un’unità di membrana, sono disposti gli uni sugli altri e una pila di essi viene chiamata grana. Sono collegati tra loro da tilacoidi singoli detti integrana. I tilacoidi dei grana e intergrana sono connessi tra loro. Il numero di grana varia in funzione dell’ambiente in cui si trova la pianta. Più l’ambiente sarà buio più cloroplasti saranno presenti, siccome in essi avvengono le reazioni della fase luminosa della fotosintesi. Nello stroma sono anche presenti DNA plastidiale, RNA, ribosomi 70s, granuletti di amido primario, gocce lipidiche e gli enzimi coinvolti nella fase oscura della fotosintesi. Pigmenti fotosintetici: ovvero molecole capaci di assorbire determinate lunghezze d’onda dello spettro visibile: 1. Clorofille: si divide in tre diversi tipi di clorofille (A,B,C), si trova in tutti i vegetali capaci di fotosintesi ossigenica. Sia A che B sono formate da un anello porfirinico modificato. 2. Carotenoidi: sono pigmenti accessori di colore rosso-arancione e giallo, hanno un ruolo anche di protezione della clorofilla da stress fotoossidativo. Costituiti da una lunga catena di atomi di C che termina con due anelli. Consentono dia assorbire lunghezze d’onda diverse da quelle assorbita dalla clorofilla. Si dividono in: 1. Caroteni: molecole non ossigenate. 2. Xantofille: molecole ossigenate. Tipologia di pigmenti: Gioele Statuto Pagina 10 di 88 1. Essenziali: clorofilla A e batterioclorofilla A. 2. Accessori: clorofilla B/C, ficobiline e carotenoidi. Cenni fotosintesi ossigenica: avviene nel cloroplasto ed è un processo endoergonico che immagazzina l’energia luminosa nei legami chimici di composti organici (zuccheri). Comporta la riduzione della CO2 adopera dell’H20. l’O2 prodotto deriva dall’H2O. Possiamo distinguere due fasi: Fase luminosa: luce catturata e convertita in forme utili per la cellula (ATP e NADPH). Avviene nei tilacoidi. Più precisamente la luce viene catturata dai pigmenti e grazie ad una catena di trasporto degli elettroni questi riducono il NADP+ in NADPH. Inoltre in alcuni punti al flusso di elettroni è accoppiata la formazione di un gradiente di H+ e sintesi di ATP. Fase oscura: ATP e NADPH forniscono l’energia per l’organizzazione del carbonio (ovvero sintesi degli zuccheri). Avviene nello stroma. Più precisamente attraverso una serie di reazioni catalizzate da enzimi la CO2 viene organicata. È una reazione endoergonica la cui fonte di energia è l’ATP e l’agente riducente il NADPH. Entrambe le fasi sono strettamente collegate chiaramente poiché una fornisce le fonti energetiche necessarie e l’altra la materia prima da trasformare. L’attività fotosintetica produce anche zuccheri che si concentrano nel cloroplasto. Gli zuccheri sono osmoticamente attivi e richiamerebbero acqua nel cloroplasto fino a farlo scoppiare, ma grazie alla condensazione del glucosio si forma l’amido primario (i granuli di amido presenti nel cloroplasto come visto in precedenza). Cromatofori fotosinteticamente inattivi Leucoplasti: plastidi fotosinteticamente inattivi, hanno funzione di riserva, sono incolori, metabolicamente attivi. Si dividono in: 1. Amiloplasti:si trovano nei parenchimi amiliferi di semi, fusti, radici e frutti. Non hanno un sistema di membrane, stroma caratterizzato dalla presenza di enzimi per la sintesi e l’idrolisi dell’amido secondario, contengono ribosomi 70s, DNA circolare e sono attivi metabolicamente. Negli amminoplasti differenziati lo stroma confine grandi riserve di amido II. Possono trarre origine direttamente da proplastidi o derivare da una trasformazione di cloroplasti. Talora gli amiloplasti in presenza di luce si trasformano in cloroplasti. 2. Lipidoplasti: plastidi con riserva lipidica, derivano dal cloroplasto che si disorganizza perdendo la clorofilla e trasformandosi in una goccia d’olio voluminosa. Amido: incluso solido dei plastidi è un polisaccaride polimero dell’alfa-glucosio: legami alfa 1,4 e ramificazioni alfa 1,6 (struttura del glucosio 123456 si forma H2O tra la punta 1 e la coda 4 del glucosio. Rimane fuori ossigeno che andrà a formare il legame con la coda). In generale è legato alla presenza di clorofilla B e rappresenta la forma di riserva glucidica più importante per alghe verdi, briofite, pteridofite Gioele Statuto Pagina 11 di 88 eccetera. Nelle piante superiori l’amido II di riserva si accumula sotto forma di granuli nelle radici, nei fusti e nei semi. Durante la fotosintesi viene prodotto il glucosio che in parte viene utilizzato dalla pianta mentre dall’altra parte viene preso e conservato. Per poterlo conservare però deve essere trasformato saccarosio che è adatto al trasporto dalle foglie alle radici. In seguito verra trasformato in amido II 1. Produzione di zuccheri e formazione di amido primario 2. Idrolisi dell’amido primario e formazione del saccarosio (glucosio+fruttosio). Il glucosio non può rimanere nel plastidio quindi quello che non viene utilizzato diventa amido I (amido di transizione). 3. Trasporto di saccarosio agli organi di riserva. 4. Sintesi di amido secondario. La produzione di amido negli amiloplasti deriva dalla condensazione di molecole di glucosio prodotte precedentemente dalla fotosintesi. Viene deposto in granuli, cristallizza attorno a una regione (ilo) e cristallizza in modo ciclico (presenza di striature). La forma, le dimensione, la struttura dell’ilo e la evidenza delle striature dipende da pianta a pianta. Cromoplasti: plastidi fotosinteticamente inattivi, mancano di un sistema tilacoidale (anche se possono avere qualche membrana interna), elevato contenuto lipidico e basso contenuto di ribosomi, RNA e proteine. Non possiedono clorofilla, ma sono comunque colorati grazie alla presenza di carotenoidi. La loro funzione è quella vessillare infatti si trovano nei frutti e nei fiori. Dal plastidio giovane (proplastidio) possono formare diverse forma adulte come: cloroplasto, amiloplasto e cromoplasto. Ezioplasto: il proplastidio in assenza di luce si differenzia nell’ezioplasto che è più grande dei proplastidi. Presenta un accumulo di protoclorofille (asociate a proteine e carotenoidi). Presenta anche un sistema di tubuli assemblati a dare una struttura paracristallina in associazione a protilacoidi. Proplastidio: è lo stadio giovanile nelle cellule dei meristemi primari ed è di piccoli dimensioni. Sono incolori o quasi infatti hanno piccole quantità di pigmento (protoclorofille) legata a proteine. All’interno hanno un sistema di tilacoidi appena accennato (protilacoidi), l’amido si forma da zuccheri esogeni (amido secondario). Il differenziamento da una forma all’altra dipende da fattori endogeni alla pianta e da fattori esogeni. Il differenziamento di un proplastide in cloroplasto dipende dalla luce per esempio. Infatti le protoclorofillide insieme alla luce danno la clorofillide che associato al fitolo da la clorofilla. Stadio finale dello sviluppo dei plastidi: le foglie autunnali perdono progressivamente il colore verde e ingialliscono, perché la clorofilla viene degradata più velocemente dei carotenoidi. Nel cloroplasto il sistema tilacoidale viene demolito e le sostanze utili sono trasportate in altri organi della pianta. Si ottiene così un plastidio alterato in cui il sistema tilacoidale è sostituito da globuli lipidici Gioele Statuto Pagina 12 di 88 (gerentoplasto simile nella struttura al cromoplasto). Un cromoplasto completamente differenziato non può più trasformarsi in cloroplasto. Istologia Tallofite: hanno un corpo non suddiviso in radici, foglie e fusto quindi non possiedono organi veri. È caratterizzato da pseudotessuti senza funzioni specifiche. Son tallofite le alghe, i funghi, i licheni eccetera. Le cellule che costituiscono i talli più complessi possono formare degli agglomerati compatti. Cormofite: la conquista dell’ambiente terrestre comporta massimo livello di specializzazione per: l’economia del’acqua, la nutrizione, il sostegno e la riproduzione. Infatti le cormofite sono piante con veri organi e veri tessuti. Il loro corpo infatti è suddiviso in radici, fusto e foglie. Gioele Statuto Pagina 13 di 88 Cormofite Tallofite Tessuti veri: sono tessuti caratteristici delle cormofite e si tratta di aggregati cellulari derivati dall’associazione congenita di cellule madri che si sono divise nelle tre direzioni dello spazio. Le loro caratteristiche sono: 1. Lamella mediana 2. Parete cellulare pluristartificata 3. Plasmodesmi 4. Porocanali e punteggiature 5. Specializzazione morfo-funzionale 6. Spazi intercellulari (circolazione dei gas) Pseudotessuti Caratteristiche: 1. Cellule madri che si dividono anche secondo solo una direzione 2. Anche altri tipi di citodieresi 3. Anche altri tipi di giunzione tra cellule 4. Livello di specializzazione più basso 5. Assenza di veri e propri spazi intercellulari Tessuti meristematici Sono costituiti dalle cellule meristematiche, ovvero cellule non differenziate e totipotenti. Si dividono secondo un modello ordinato nello spazio e nel tempo. Morfologicamente sono cellule piccole, isodiametriche, con elevato rapporto nucleo Gioele Statuto Pagina 14 di 88 citoplasma, plastidi indifferenziati, piccoli vacuoli e numerosi ribosomi (con parete sottile). Quindi si dividono in meristemi primari e secondari. I meristemi primari sono meristemi già presenti nell’embrione, da essi prendono origine i tessuti adulti del corpo primario della pianta. Sono reponsabili dell’accrescimento longitudinale della pianta. Si dividono in: meristemi apicali e meristemi intercalari. I meristemi apicali sono i principali responsabili dell’accrescimento in lunghezza delle piante. Localizzati all’apice del fusto e delle radici. I meristemi intercalari sono inseriti tra i tessuti definitivi aduli della pianta, contribuiscono all’accrescimento in lunghezza del fusto. Si trovano a livello dei nodi del fusto delle graminacee per esempio. Meristemi primari Meristemi apicali Meristemi intercalari I meristemi secondari non sono presenti nell’embrione ma compaiono successivamente. Determinano l’accrescimento in diametro del fusto e della radice, sono quindi caratteristici di piante che si accrescono anche in diametro. Danno origine ai tessuti adulti secondari della pianta. Le cellule derivano da cellule già differenziate che riprendono l’attività mitotica riacquistando la capacità di divisione. Sono quindi cellule grandi, allungate, con parete più spessa e con un grosso vacuolo centrale. Si dividono in: Gioele Statuto Pagina 15 di 88 1. Meristemi cambiali: comprendono: Cambio cribo-vascolare: posizione interna. Cambio subero-fellodermico: posizione periferica. 2. Meristemoidi: cellule che ritornano allo stato embrionale per originare peli pluricellulari e apparati stomatici. 3. Meristemi avventizi: cellule che si sdifferenziano, per originare radici avventizie (radici che non prendono origine dai meristemi dell’apice radicale) e tessuti cicatriziali. Meristemi secondari I tessuti parenchimatici: costituiscono la struttura tessutale fondamentale della pianta, infatti sono alla base di gran parte dei tessuti molli (tessuti di riempimento). Le cellule sono di forma variabile (spesso prismatica), con parete primaria sottile e di solito separate da piccoli spazi intercellualri. Hanno un’intensa attività metabolica anche se alcune possono andare incontro ad apoptosi. Si dividono in base alla funzione: 1. Parenchima clorofilliano: costituito da cellule specializzate nello svolgimento della fotosintesi, cellule ricche di cloroplasti e hanno pareti molto sottili per facilitare assorbimento radiazione luminosa. La forma varia in dipendenza dell’organo di cui fa parte (rotondeggiante, lobata e cilindrica). È sempre di origine primaria quindi si trova esclusivamente nel corpo primario della pianta. 2. Parenchima di riserva: tessuti di cellule specializzate per l’accumulo di sostanze di vario tipo. Si trova per lo più nel midollo dei fusti, nei rizomi, nei bulbi, nei tuberi, nelle radici, nei frutti e nei semi. Ha origine primaria e secondaria e le riserve sono accumulate in: amiloplasti, vacuoli, corpi lipidici e parete cellulare. Gioele Statuto Pagina 16 di 88 3. Parenchima aerifero: caratteristico delle piante acquatiche, tra le cellule vi sono ampi spazi intercellulari che possono formare dei canali aeriferi (le cellule si dispongono in catenelle/trabecole). Può essere sia di origine primaria che secondaria. Può avere anche altre funzioni: riserva (aerenchima amilifero), fotosintesi (clorenchima aerifero) e galleggiamento. 4. Parenchima acquifero: tessuto specializzato per l’immagazzinamento di acqua, si trova per lo più in piante grasse. Le cellule sono ricche di mucillagini (mucillagini contenute nei vacuoli, sono polisaccaridi idrofili che trattengono l’acqua e la rilasciano lentamente) e possono avere origine primaria e secondaria 5. Parenchima conduttore: permette il trasporto trasversale di sostanze, infatti è costituito da cellule allungate perpendicolarmente all’asse longitudinale della pianta. Origine secondaria e costituisce i raggi midollari del cilindro centrale del fusto. Tessuti tegumentali: Sono anche detti tessuti di rivestimento o di protezione. La loro origine può essere primaria o secondaria in base al tipo di tessuto di cui stiamo parlando. Sono la prova dell’adattamento delle piante alla vita subaerea. Si dividono in: 1. Tessuti tegumentali esterno primari 2. Tessuti tegumentali esterni primari 3. Tessuti teguumentali esterni secondari Più precisamente stiamo parlando di: epidermide, mesoderma, rimoderna, endoderma e sughero. La loro funzione è quella di proteggere la pianta dagli agenti esterni ma possono anche trattenere dei flussi di sostanze. Le altre caratteristiche comuni sono: 1. Assenza di spazi intercellulari 2. Modificazioni parietali caratteristiche 3. Creano una separazione tra due ambienti I tessuti citati prima di origine primaria sono: 1. Epidermide (esterno) 2. Rizoderma (interno) 3. Esoderma (interno) 4. Endoderma (esterno) Mentre quelli di origine secondaria sono: 1. Sughero (esterno) Epidermide: tessuto che deriva dal protoderma. È lo stato più esterno di foglie e di fusticini erbacei. Composto da cellule vive in forma lineare o sinuosa non presenta spazi intercellulari. Le sue cellule hanno grandi vacuoli (anche pigmentati, flavonoidi) e protoplastidi (cloroplasti solo nelle piante d’ombra). Possono presentare lo strato esterno della parete con cere o cutina. La cutina può anche essere coperta da uno stato di cera. Generalmente è monostratificato ma nelle piante che vivono in ambienti aridi l’epidermide può essere pluristratificato. Dal meristema apicale (protoderma), riveste il corpo primario del germoglio. Con la crescita in diametro del fusto, l’epidermide viene lacerata e sostituita da cellule suberificate (sughero). Gioele Statuto Pagina 17 di 88 Le sue funzioni sono: 1. Protezione, che va dagli agenti patogeni ai danni meccanici, agli agenti atmosferici e all’eccesso di radiazioni. 2. Regolazione della traspirazione e degli scambi gassosi 3. Altre funzioni metaboliche (secrezione, movimento, riserva e percezione) Cuticola con Parete Citoplasma Nucelo In alto una cellula epidermica normale con: Citoplasma parietale Grande vacuolo con pigmenti Proplastidi (talora con leucoplasti e cromoplasti. Cloroplasti nelle piante sciafile e acquatiche) Parete ispessita Cutinizzazione e cuticolarizione nelle cellule epidermiche: fenomeno assente nelle piante sommerse e nelle radici, scarsa cuticola anche nelle piante di luoghi umidi. La cuticola oltre a ricoprire la superficie esterna della parete delle cellule epidermiche, penetra tra le pareti radiali e forma i chiodi della cuticola. Spesso utilizzano questa tecnica piante acquatiche e piante nei luoghi secchi per evitare la marcescenza. Gioele Statuto Pagina 18 di 88 Rivestimenti tricomatosi: sono peli o tricomi e derivano da cellule epidermiche che sono andate in contro a divisione. A maturità possono essere vivi o morti. Fano parte: 1. Peli di protezione: morti a maturità, pieni di aria, riflettono la luce 2. Peli escretori: vivi, rilasciano metaboliti secondari o sali 3. Peli urticanti: vivi, rilasciano sostanze urticanti 4. Peli traspiranti: vivi, aumentano la superficie 5. Peli radicali o assorbenti 6. Papille: peli conici vivi che conferiscono aspetto vellutato a molti fiori 7. Peli aggrappanti: organi di attacco, morti 8. Squame assorbenti: assorbimento di acqua Quindi i rivestimenti tracomatosi sono chiamati anche emergenze, non derivano solo da cellule epidermiche ma anche da tessuti sotttoepidermici. Infatti gli aculei di rosa sono detti emergenze o appunto aculei ma non spine. Apparati stomatici: sono formati da delle aperture chiamate stomi che mettono in contato con la pianta con l’ambiente esterno. Sono il sistema di regolazione degli scambi gassosi con l’esterno. Gli stomi sono formati da due cellule guardia che durante la fotosintesi con l’ingrossamento del vacuolo si aprono. Questo poiché sono cellule a forma di rene e sono posizionate nei punti di giunzione della fotosintesi. Di notte si chiudono. Gli stomi sono presenti nelle aree verdi delle foglie e nei rizomi, in base alla loro posizione sulla lamina fogliare si dividono in: 1. Sulla pagina inferiore ipostomatica (caso comune) Gioele Statuto Pagina 19 di 88 2. Sulla pagina superiore epistematica (foglie natanti) 3. Su entrambe le foglie epistematica anfistomatica 4. Assenti astomatica (non ha bisogno di scambio di gas) Oppure anche rispetto al piano dell’epidermide: 1. Allo stesso livello (caso comune) 2. Sopraelevati (piante equatoriali) Ordine degli stomi può essere: 1. File parallele 2. Sparsi Fenomeno della guttazione: fenomeno per il quale sulla superficie esterna della pianta si possono osservare delle gocce di acqua ma non sono rilasciate dall’evaporazione ma dall’escrezione dell’acqua da parte degli stomi. Tipico di piante che devono rilasciare acqua (anche in ambiente umido). Rizoderma 1. Tessuto tegumentale esterno che ricopre il corpo primario della radice, caratterizzata da un zona di attivo assorbimento dell’acqua (zona pilifera). L’epidermide ricopre il corpo primario del germoglio (a diretto contatto con l’atmosfera). 2. Le cellule vive con parete sottile di natura celluloso-pectica non cutinizzata, se le cellule fossero cutinizzate l’assorbimento dell’acqua ne verrebbe ostacolato. 3. Formano estroflessioni unicellulari e lunghi peli radicali (zona di assorbimento dell’acqua e di sali minerali). 4. Stomi assenti e non c’è fotosintesi e nemmeno scambio di gas. 5. Riveste una zona limitata, ma fondamentale, della radice. 6. Il rizoderma ha vita breve e la funzione tegumentale è assunta dalle cellule dell’ultimo strato del cilindro corticale (esoderma) la parte cellulare subisce delle modificazioni e si produce una stratificazione di suberina Esoderma 1. Tessuto tegumentale esterno della radice al di sopra della zona attiva di assorbimento dell’acqua (zona pilifera). Non è il sughero Gioele Statuto Pagina 20 di 88 2. Deriva dalla modificazione delle cellule più esterne del parenchima del cilindro corticale 3. Sono presenti sia cellule vive che cellule morte, quest’ultime piene di aria. Rimangono quindi dei punti di perfezione con cui continua ad avere contatti con l’esterno 4. Sostituisce lo strato pilifero quando questo cade 5. Pareti cellulari con suberina Biogenesi dell’esoderma 1. Nelle cellule una lamella di suberina viene deposta contro la parete 2. Successivamente si aggiungono altri strati di cellulosa e lignina 3. Le cellule tendono a morire con la maturazione della radice 4. Alcune cellule non si modificano: punto di permeazione che permettono alla radice di non essere isolata dall’ambiente esterno. Esoderma Endoderma È un tessuto primario interno presente in radici, rizomi e fusti di piante acquatiche. Costituisce l’ultimo strato del cilindro corticale ed è formato da uno strato di cellule vive prive di spazi intercellulari. Caratterizzato dalle bande del Caspary (bande di parete radiali e trasversali impregnate di suberina) ha una funzione filtrante per le soluzioni assorbite dal terreno. Funge anche da barriera per le soluzioni che passano dal cilindro corticale al cilindro centrale. Gioele Statuto Pagina 21 di 88 parte gialla, cilindro corticale Endoderma L’endoderma ha una diversa funzione in base alla posizione nella radice: 1. Nella zona pilifera della radice l’endoderma è allo stadio primario con un monostrato di cellule del caspary e ha funzione filtrante 2. Nella porzione radicale in cui la zona pilifera viene lacerata (quando il rizoderma cade) nella zona dell’esoderma non ci sono più peli radicali quindi perde funzione filtrante. Si forma il secondo stadio che assume funzione meccanica grazie a lamelle di suberina apposte alla parete cellulare Sughero Tessuto tegumentale esterno di origine secondaria (da meristema secondario), si trova in cellule che vanno in contro ad accrescimento in diametro. Deriva dall’attività del cambio subero-fellodermico. Quando l’epidermide si lacera il sughero lo sostituisce. È il tipico tessuto tegumentale che ricopre il corpo secondario del fusto e della radice. Le sue cellule sono morte, piene d’aria e appiattite trasversalmente. È un tessuto pluristratificato poiché il fellogeno ogni anno produce verso l’esterno uno strato di sughero. Non ci sono spazi intercellulari. È una barriera impermeabile a gas e acqua, ha proprietà coibenti e di difesa contro i parassiti e agenti chimici. Presenta delle interruzioni dette lenticelle. Epidermide lacerata Sughero Fellogeno della lenticella Gioele Statuto Pagina 22 di 88 Lenticelle Poiché il sughero è fatto di materia morta ed è impermeabile la pianta ha bisogno di contatti con l’esterno, ciò avviene grazie alle lenticelle. Avvengono scambi gassosi nella struttura secondaria. Queste lenticelle si presentano come delle verruche di forma lenticolare, disposte per lo più longitudinalmente, talora trasversalmente. Biogenesi della lenticella: 1. All’inizio della sua attività in corrispondenza della futura lenticella, il fellogeno produce un tessuto parenchimatico (sughero) che giunge a lacerare l’epidermide. 2. Le cellule esposte all’aria muoiono e si sfarinano mentre il fellogeno della lenticella continua a produrre nuove cellule: lenticella aperta. 3. In autunno il fellogeno della lenticella produce un stato di sughero: lenticella chiusa. 4. In primavera il fellogeno forma di nuovo cellule parenchimatiche che premendo contro il sughero lo lacerano riaprendo la lenticella. 5. L’apertura delle lenticella non è regolabile. Tessuti meccanici Tessuto che si è sviluppato con la conquista della terra ferma da parte delle piante. Difatti le piante terrestri sono sottoposte a forze di pressione (peso chioma), forze di trazione (oscillazione da parte del vento) quindi alla resistenza a sforzi meccanici dovuti al peso e resistenza al piegamento. Quando la pianta è giovane il solo turgore Gioele Statuto Pagina 23 di 88 delle cellule è abbastanza per tenerle in piedi ma nelle piante adulte il solo turgore non basta quindi ci sono dei tessuti specializzati per il sostegno. Infatti abbiamo: Collenchima, ovvero un tessuto meccanico primario (interessa il corpo primario della pianta) e degli organi giovani in via di accrescimento. La sua caratteristica è la flessibilità. Le cellule sono vive e allungate in senso assiale. La parete primaria ha degli ispessimenti celluloso-pectici non uniformi. Lungo le pareti tangenziali è possibile osservare del collenchima lamellare mentre agli spigoli collenchima angolare. In relazione agli spazi intercellulari si può trovare collenchima lacunato le cellule collenchimatiche possono anche essere fotosintetizzanti. Sclerenchima, ovvero un tessuto primario o secondario che genera una parete cospicuamente e uniformemente ispessita, spesso lignificata. La continua deposizione degli strati parietali riduce progressivamente il lume cellulare. È tipo di organi che hanno completato la crescita ed esisto o due tipologie di cellule sclerenchimatiche: 1. Sclereidi: cellule isodiametriche o di forma irregolare, mai allungate e con parete lignificata. Le sclereidi organizzate danno isole pietrose (deterrente per erbivori), endocarpo nei frutti (protezione del seme) e tegumenti del seme. Oppure ci sono cellule organizzate come idioblasti che formano il picciolo e lamina di Nymphaea (mantengono aperti i canali auriferi). 2. Fibre: sono celle sottili e allungate macroscopicamente, spesso sono filiformi. Si distinguono sulla base della localizzazione: xilari (appartengono al legno, sempre lignificate) e extraxilari (corticali, liberiane e non sempre lignificate). Hanno una frequente crescita apicale, mentre aumenta in senso centripeto lo spessore della parete, la cellula continua ad accrescersi agli apici. Infine hanno una parete cellulosica o lignificata. Fibre usate in campo tessile Le lunghe e resistenti cellule delle fibre possono essere impiegate come fibre tessili. Le fibre sono inserite nel contesto di un organo (fusto, foglia): per il loro utilizzo devono essere separate. Facilmente separabili per macerazione: processo di digestione delle pectine (lamella mediana). Costituiscono le fibre tessili. Aspetti citologici delle fibre tessili La morbidezza della fibra decresce all’aumentare dal contenuto in lignina nelle pareti cellulari: 1. Linum usitatissimum (lino): sola cellulosa 2. Cannabis sativa (canapa): 50% lignina 3. Corchorus sp. (juta): 70% lignina Per uso tessile, la fibra deve avere un basso contenuto di lignina (adatte alla tessitura): canapa e lino (fibre liberiane). Fibre con alti contenuti di lignina possono essere solo intrecciate. Gioele Statuto Pagina 24 di 88 Tessuti conduttori: Sono tessuti di origine sia secondaria che primaria e sono deputati al trasporto delle sostanze. Hanno cellule dalla forma allungata disposte una sopra l’altra. Nascita di trasporto dal basso verso l’alto (sali minerali) e dall’alto verso il basso (fotosintati e acqua). Si dividono in: 1. Tessuto vascolare: trasporto della linfa grezza 2. Tessuto cribroso: trasporto linfa elaborata I veri e propri tessuti conduttori sono presenti nelle cormofite mentre nelle altre piante ci sono diversi modi per il passaggio delle sostanze. Tessuto vascolare Trasporta la linfa grezza dalle radici verso le foglie assortiti dal suolo. Il trasporto è ascensionale e ciò si riflette sulla morfologia delle cellule. Il tessuto è costituito da delle tubazioni dette vasi, formati da unita cellulari chiamate articoli o elementi disposti gli uni sugli altri. Per poter trasportare le soluzioni dal basso verso l’alto le cellule subiscono modificazioni: Hanno pareti ispessite e lignificate, la colonna di acqua raggiunge la chioma grazie alla forza di aspirazione delterminata dalla cospicua traspirazione di vapore acqueo da parte delle foglie. Flusso mantenuto anche grazie alla forza di coesione delle molecole d’acqua. Gli articoli dei vasi a maturità sono cellule morte (riassorbimento del protoplsato), per facilitare trasporto. In base al tipo di ispessimento parietale i vasi si dividono in: 1. Vasi anulati (Negli organi in fase di crescita!lignificazione localizzata) 2. Vasi anulo-spiralati (Negli organi in fase di crescita!lignificazione localizzata) 3. Vasi spiralati (Negli organi in fase di crescita!lignificazione localizzata) Anche 1. Vasi reticolati (Strutture rigide non estensibili, in organi che hanno completato l’accrescimento!i vasi hanno pareti molto più lignificate) 2. Vasi punteggiati (Strutture rigide non estensibili, in organi che hanno completato l’accrescimento!i vasi hanno pareti molto più lignificate) 3. Vasi scalariformi (Strutture rigide non estensibili, in organi che hanno completato l’accrescimento!i vasi hanno pareti molto più lignificate) Gioele Statuto Pagina 25 di 88 Tracheidi Hanno una parete trasversale integra e punteggiata, piccolo diametro (0,03mm) hanno elementi lunghi e di forma affusolata. Originano da vasi chiusi, il trasporto nei vasi è ostacolato dalla presenza di pareti trasversali. Infine hanno un flusso lento Trachee Hanno pareti trasversali riassorbite parzialmente o completamente con un ampio diametro (0,3mm), articoli a forma di tamburo, in genere vasi reticolati e punteggiati. Originano da vasi aperti e il trasporto non è ostacolato. Infine hanno un flusso veloce. Fibrotracheidi Sono elementi tipici delle gimnosperme. Svolgono sia la funzione di sostegno che di conduzione, hanno pareti particolarmente ispessite. A seconda del periodo una funzione prevale sull’altra. In primavera, quando c’è più bisogno del trasporto delle soluzioni il lume si allarga e così svolgono principalmente la funzione di conduzione. In inverno quando c’è più bisogno di sostegno il lume si restringe e c’è un maggiore ispessimento parietale. Le componenti delle fibrotracheidi sono: 1. Toro: ispessimento id suberina 2. Areole: detta anche punteggiatura areolata è in parte ricoperta da un bordo di parete secondaria. Gioele Statuto Pagina 26 di 88 Quando una delle due fibrotrachiedi adiacenti viene a essere fuori uso per esempio a causa di una bolla d’aria che interrompe la continuità della colonna d’acqua, il toro viene aspirato, così da occludere la punteggiatura per isolare la fibrotracheide danneggiata. 1. Il toro è nella posizione centrale, il flusso passa normalmente 2. Se una delle due cellule deve essere messa fuori uso (perché, ad esempio, è entrata una bolla d'aria) Si crea una forza per cui siamo risucchio del toro verso l’apertura della punteggiatura che va ad obliterare l'apertura areolata. Tessuto cribroso Trasporta la linfa elaborata dalle foglie a tuti gli organi di utilizzo della pianta. Ha un trasporto di tipo discensionale. Sono formati da cellule impilate le une sulle altre a dare una sorta di tubo. Sono chiamate anche elementi cribrosi e sono associate ad altre cellule (cellule sorelle). Le cellule cribrose sono cellule definite vive anche se hanno un protoplasma ridotto a un sottile strato di citoplasma addossato alla parete, durante il differenziamento perdono nucleo e organuli. Vivono a carico delle cellule sorelle che sono molto attive metabolicamente. Sono chiamate così perché derivano dalla stessa cellula madre dell’elemento cribroso. Sono collegate da plasmodesmi ramificati. Gli elementi cribrosi sono di natura celluloso-pectica. Le placche cribrose: semplici (fori disposti casualmente) e composte (fori disposti secondo delle aree precise) Gioele Statuto Pagina 27 di 88 Placca cribrosa semplice Placca cribrosa composta Xilema e floema Sono un insieme di tessuti conduttori riuniti in fasci vascolari e cribrosi. I fasci vascolari sono composti da: 1. Elementi di conduzione (trachee o tracheidi) 2. Elementi meccanici xilema 3. Elementi parenchimatici I fasci cribrosi sono composti da: 1. Elementi di conduzione (trachee o tracheidi) 2. Elementi meccanici floema 3. Elementi parenchiamtici Entrambi percorrono il cormo della pianta per tutta la sua lunghezza e come detto prima formano i fasci. Un fascio è un insieme di elementi appartenenti a tre tessuti diversi. Gioele Statuto Pagina 28 di 88 Parliamo di xilema quando il tessuto cribro-vascolare è impegnato nel trasporto della linfa grezza. Parliamo di floema quando il tessuto cribro-vascolare è impegnato nel trasporto della linfa elaborata. Il differenziamento degli elementi che compongono i fasci non è simultaneo nel fascio stesso ma dal primo differenziamento si forma rispettivamente protoxilema e protofloema successivamente si differenziano in metaxilema e metafloema. Le porzioni xilematiche e floematiche possono essere separate da uno strato di cellule ancora in grado di differenziarsi (fascio aperto) o essere a diretto contatto tra di loro senza strati cellulari interposti (fascio chiuso crescita secondaria impedita). Tipi di fasci Vengono classificati in base alla disposizione reciproca di xilema e floema: 1. Fasci radiali o alterni 2. Fasci collaterali 3. Fasci bicollaterali 4. Fasci concentrici Fasci Radiali o alterni Xilema e floema sono disposti su raggi alterni e danno origine a cordoni che prendono il nome di arche. Le arche sono alterne, sia il protofloema che il protoxilema sono esarchi e metaxilema e protoxilema sono endarchi. metafloema Fasci collaterali Caratterizzati da una porzione xilematica e una floematica che stanno sullo stesso raggio. Il floema sta verso l’esterno e lo xilema sta verso l’interno. Sono epici del fusto e possono essere: 1. Aperti: c’è una porzione cribro-vascolare. 2. Chiusi: tipico delle dicotiledoni che non vanno incontro ad accrescimento secondario in spessore. Gioele Statuto Pagina 29 di 88 Chiuso PF: protofloema MF: metafloema MX: metaxilema PX: protoxilema Aperto La riproduzione La riproduzione è un processo mediante il quale un individuo da origine a uno o più discendenti a lui simili e capaci di riprodursi. Però non sempre le piante sono in fase riproduttiva, infatti, possono anche essere nella fase vegetativa. L’olocarpia è il meccanismo per il quale l’intero organismo passa alla fase riproduttiva. Tipica di organismi unicellulari e alghe verdi coniugate. L’eucarpia invece è il meccanismo per il quale soltanto una parte del corpo della pianta assume la funzione riproduttiva. È tipica delle piante superiori, organismi pluricellulari e funghi. La transizione alla fase riproduttiva è scaturita da fattori genetici e ambientali. In relazione alle conseguenze che la fase riproduttiva determina alla pianta madre abbiamo Piante monocarpiche porta alla morte della pianta madre. Piante policarpiche la pianta madre sopravvive e quindi può nuovamente riprodursi. Ci sono diversi tipi di riproduzione per le piante: 1. Vegetativa o agamica 2. Per sporogonia 3. Sessuale o gamica Riproduzione vegetativa o agamica Non comporta l’intervento dei gameti, genera individui con patrimonio genetico dei genitori. Vi è una assenza di fenomeni sessuali e quindi di ricombinazione genetica. Esistono cinque forme di riproduzione agamica: 1. Per scissione 2. Per gemmazione Gioele Statuto Pagina 30 di 88 3. Per sporulazione 4. Per frammentazione del tallo 5. Per frammentazione del cormo Scissione Avviene la nascita di una cellula figlia per mitosi. Si forma un setto trasversale in direzione centripeta nella zona equatoriale della cellula madre, una volta raggiunte le dimensioni finali la cellula figlia si stancherà. È tipico di organismi unicellulari (procarioti, microalghe e alcuni lieviti). Gemmazione Sulla cellula madre si forma una gemma (protuberanza), a collegare la madre e la gemma vi è un istmo da cui passa il materiale genetico. Una volta diventata una cellula indipendente la gemma si distacca a causa della diversa composizione della parete. Infatti nel lievito di birra per esempio la parete della cellula madre è formata da beta-glucani mentre la parete della cellula figlia è composta da chitina. Il setto che si forma a livello della strozzatura avviene con la formazione di un anello di chitina. La gemma quindi può accrescersi sulla madre oppure staccarsi precocemente e crescere indipendentemente. Frammentazione del tallo Consiste nel distacco di una porzione del tallo delle piante inferiori capace di accrescersi indipendentemente. Si tratta per esempio della rigenerazione dell’intero micelio da una piccola porzione di ife fungine oppure della formazione di nuovi organismi di alghe filamentose partendo dalla frammentazione di uno preesistente. Sporulazione Gioele Statuto Pagina 31 di 88 Consiste nella produzione di spore per mitosi, è caratteristica di molti funghi e alcune alghe. Il frammento prodotto è costituito da una sola cellula. Le spore generano nuovi individui attraverso attraverso una serie di mitosi. Le mitospore possono essere endogeno o esogene. Le spore endogene vengono prodotte all’interno di ife fungine specializzate (sporcisti) e vengono rilasciate da lacerazioni o aperture. Le spore esogene dette conidi vedono prodotte a catenella all’esterno di ife fungine specializzate dette ife conidiofore. Si possono dividere anche in relazione al movimento: zoospore se si muovono nuotando con dei flagelli oppure aplanospore se si muovono utilizzando il vento o animali. Riproduzione sessuata o gamica Avviene in seguito all’unione di due gameti con corredo cromosomico aploide. L’unione dei due gameti porta alla formazione di una cellula diploide detta zigote (singamia). Ciò comporta la plasmogamia (fusione dei citoplasmi) e la cariogamia (fusione dei nuclei). Entrambi in maniera simultanea danno origine al sincarion ovvero una cellula diploide. Talvolta però plasmogamia e cariogamia non avvengono contemporaneamente, la cariogamia avviene secondariamente perciò si ha la formazione di un dicarion. I processi di riproduzione sessuata possono coinvolgere semplici gameti (gametogamia) o intere strutture che recano i gameti (gametangiogamia). gameti uguali per forma e dimensione, generalmente flagellati e legati al mondo Tipi di gametogamia acquatico 1. Isogamia: si tratta dell’unione di due gameti di forma simile ma di dimensioni diverse. Sono gameti flagellati che si devono unire con il gamete di polarità opposta. Molto legata all’acqua e deve produrre una grandissima quantità di gameti perché ambiente acquatico molto vasto. 2. Anisogamia: uguale all’isogamia ma la cellula uovo è molto più grande. 3. Oogamia: è il massimo dell’evoluzione ed è adottata da tutte le piante terrestri. Unione di un grosso avete femminile privo di flagello con un piccolo gamete maschile provvisto di flagelli (ancora dipendente da acqua). Gioele Statuto Pagina 32 di 88 Riproduzione per sporogonia In alghe, funghi, briofite e pteridofite. Si tratta di produzione di spore per meiosi (meiospore) con un vantaggio, ovvero la velocità di diffusione della specie. Le meiospore differiscono dai gameti poiché le spore germinando originano un nuovo individuo aploide, mentre i gameti non germinano ma devono fondersi per formare una cellula diploide. Differiscono dalle mitospore poiché le meiospore si sono generate per meiosi e quindi hanno un corredo cromosomico aploide mentre le mitospore hanno il corredo della cellula madre che le ha generate (aploide o diploide). Cicli ontogenetici Per ciclo ontogenetico si definisce il ciclo vitale di un organismo. Dal punto di vista cariologico la vita si svolge in due fasi: 1. Aplofase (corredo cromosomico aploide) 2. Diplofase (corredo cromosomico diploide) Sulla base del momento i cui avviene la meiosi e delle generazioni che caratterizzano l’organismo si distinguono tre cicli vitali fondamentali (cicli ontogenetici): 1. Ciclo diplonte 2. Ciclo aplonte 3. Ciclo aplodiplonte Ciclo diplonte Dopo la gamia lo zigote 2n produce per mitosi una generazione diploide (individuo diploide), questa in seguito andrà in contro alla meiosi e darà vita ai gameti n. Non vengono prodotte meiospore. Ciclo aplonte È uguale al ciclo diplonte ma al contrario. Uno zigote entra subito in meiosi e da vita a quattro meiospore che germineranno e daranno origine per mitosi un individuo aploide (aplofito). L’aplofito darà origine ai gameti per mitosi. Gioele Statuto Pagina 33 di 88 Ciclo aplodiplonte È un insieme dei due cicli precedentemente descritti. Dopo la gamia lo zigote 2n va in diverse mitosi che creano le sporofite 2n. Queste vanno in meiosi e producono meiospore, successivamente germinano ovvero attraverso una serie di mitosi danno origine a un individuo, il gametofito che produrrà gameti per mitosi. Ciclo diplonte Ciclo aplonte Ciclo aplodiplonte Gioele Statuto Pagina 34 di 88 Le generazioni possono essere: 1. Isomorfiche: splorofito e gametofito hanno la stessa morfologia. 2. Antitetiche eteromorfiche: diversa morfologia di gametofito e sporofito. Nel ciclo aplodiplontico organismi diversi e meno evoluti avevano una predominanza del gametofito sullo splorofito con conseguenza la colonizzazione delle terre emerse. Situazione debole: situazione aploide più soggetta a variazioni (mutazioni a seguito di variazioni ambientali). Tutte le piante terrestri hanno un ciclo aplodiplonte ma con una progressiva riduzione del gametofito (più sporofito 2n). Inizialmente erano le briofite (muschio presepe) ad avere la predominanza del gametofito sullo sporofito. Però con l’evoluzione le pteridofite (felci)hanno avuto la meglio grazie alle sporofite, fino ad arrivare alle angiosperme. Il fiore delle Angiosperme Le spermatofite sono piante a cui la disseminazione della specie è affidata al seme. Le gimnosperme si affidano ad un seme nudo (tipo pinolo) mente le angiosperme si affidano al frutto che contiene il seme. Il fiore è costituito da un ramo ad accrescimento definito con internodi raccorciati e recante foglie modificate per la funzione riproduttiva. I fiori possono essere solitari o riuniti in gruppi, la schiusa del fiore viene definita antesi. Il peduncolo è il ramo che porta il fiore, e elaborato da tessuto cribroso (fiore come pozzo di fotosintati). Il ricettacolo o talamo è la porzione finale che contiene i nodi, è anche la porzione finale del peduncolo sulla quale si inseriscono le parti fiorali. I pezzi fiorali sono i sepali che insieme formano il calice, i petali che insieme formano la corolla, gli stami che sono foglie modificate con funzione di riproduzione che insieme formano l’androcelo e i carpelli che riuniti in uno o più pistilli formano il gineceo. Il calice che è l’insieme dei sepali ha una funzione di protezione e talora vessillare. Può essere deciduo o persistente. Se i sepali sono distinti si parla di calice dialisepalo se invece i sepali sono fusi si parla di calice gamosepalo La corolla è l’insieme dei petali, ha una funzione di protezione e vessillare (richiamo insetti impollinatori). Generalmente dopo la fecondazione appassisce e non è presente nei fiori impollinati dal vento. Gioele Statuto Pagina 35 di 88 Verticilli fiorali Con l’evoluzione siamo passati dai verticilli fiorati separati tra loro a verticilli fiorati fusi. Questo è importante perché il gineceo dal quale dipende la formazione dell’embrione deve essere il più protetto possibile (tutti i vermicelli proteggono). I vermicelli fertili sono: Androceo (stami), apparato riproduttore maschile. Gineceo (carpelli e pistillo), apparato riproduttore femminile. Sulla base della presenza dei verticilli fiorali abbiamo: 1. Fiori ermafroditi (perfetti) = stami + pistilli 2. Fiori unisessuali (imperfetti) = satminiferi o pistilliferi. Possono essere portati sullo steso individuo (pianta monoica tipo mais e zucca) oppure portati su individui diversi (pianta dioica tipo ortica e actinidia). Nelle foglie che formano i verticilli fertili si verifica il processo di meiosi che porta alla formazione delle meiospore. Le meiospore germinando originano gametofiti maschili e femminili microscopici ridotti a sole poche cellule. Il fiore delle angiosperme L’androceo è l’apparato riproduttore maschile delle angiosperme ed è formato da stami riuniti insieme. Antera ovvero la porzione fertile Gioele Statuto Pagina 36 di 88 inserita all’interno del talamo/ricettacolo e sullo stame. Lo strato più esterno è uno strato di rivestimento detto esotecio, sotto c’è uno stato meccanico detto endotecio, responsabile dell’apertura dell’antera. Le deiscenza si ha per effetto del cambiamento della curvatura dello strato meccanico. Le cellule dell’endotecio hanno ispessimenti a U rivolti verso l’interno. La diminuzione di umidità determina i movimenti igroscopici che inducono l’apertura. Ciascuna sacca pollinica è tappezzata all’interno da uno strato di cellule con funzione nutritiva per le cellule madri del polline. All’interno della sacca pollinica è contenuto il tessuto archeosporiale costituito da cellule madri delle microspore che per meiosi danno origine ciascuna a quattro microspore. 1. Esotecio: stato tegumentale esterno. 2. Endotecio: situato internamente all’esotecio, cellule molto grosse con ispessimenti parietali a U (parete sottile rivolta verso esotecio). Determina apertura antera per liberazione polline. 3. Tappeto: stato di cellule che riveste la cavita della sacca pollinica. Nutre le cellule fertili e contribuisce alla formazione della parete dei granuli pollinici. 4. Archeosporio: insieme delle cellule fertili. Le sacche polliniche contengono il tessuto archeosporiale 2n, formatosi da cellule madri elle microspore. Sacca pollinica = microsporangio. Prima mitosi: ciascuna microspora entra in mitosi e forma il granulo binucleato, inizia effettivamente la generazione gametofitica, avviene nella sacca pollinica. La microspora compie una prima mitosi asimmetrica generando due cellule, la più piccola delle quali viene poi inglobata nella cellula grande. Avviene così la formazione del granulo pollinico binucleato. Seconda mitosi: segue una seconda mitosi a carico della cellula rigenerativa. Da origine a due nuclei spermatici, alla fine sia un grappolo pollinico che trinucleato (due nuclei spermatici e uno vegetativo). Il granulo pollinico in contatto con l’apparato femminile germinerà. Gioele Statuto Pagina 37 di 88 Deiscenza dell’antera: una volta che in granuli pollinici sono maturi e si son verificate le divisioni mitotiche allora si apre l’antera dovuta a un movimento idroscopico del tessuto più interno (endotecio). I granuli pollinici vengono rilasciati nell’acqua o nell’aria, l’impollinazione può avvenire in maniera diversa a seconda dello stato in cui vive la pianta. Diversi tipi di impollinazione: 1. Impollinazione anemogama: polline trasportato dal vento 2. Impollinazione zoogama: polline trasportato con insetti on animali impollinatori 3. Impollinazione idrogama: trasporto con corrente d’acqua La tipologia di un granulo di polline è specie specifico, avviene un riconoscimento di tipo biochimico con l’apparato riproduttore femminile con piante della stesa specie. Il pistillo È l’apparato riproduttore femminile, uno o più pistilli formano il gineceo. Il pistillo è formato da uno o più carpelli ovvero foglie modificate con funzione riproduttiva, dette macrosporofili. I carpelli ripiegandosi e saldandosi formano il pistillo composto da stigma stilo e ovario. L’ovario racchiude uno o più ovuli costituiti da due tegumenti che avvolgono un tessuto pluricellulare detto nocella. Il gineceo Anch’esso fa parte dell’apparato riproduttore femminile, è costituito da uno o più pistilli costituito a sua volta da un numero specie specifico di carpelli. L’ovulo è legato all’ovario grazie all’interno dell’ovaio, è legato anche alla placenta che è il tessuto da cui si originano gli ovuli. L’ovulo è legato alla placenta da un funicolo che prende il nome di calaza. Inoltre è protetto da due tegumenti primina e secondina, che si interrompono nel micropilo. La nocella è il tessuto interno le cui cellule sono 2n esso fa ancora parte dello sporofito. Esistono due tipi di ovuli: 1. Ovulo anatropo (tende a curvarsi) 2. Ovulo ortotropo (sta dritto) Interno dell’ovulo, come si arriva alla formazione del gametofito femminile Gioele Statuto Pagina 38 di 88 Di tutto il tessuto della nocella (2n) una sola cellula madre delle microspore va incontro a meiosi e forma quattro macrospore n. Di queste quattro macrospore tre degenerano e solo una effettivamente rimane. Va incontro a tre mitosi successive, dando origine a sette cellule pari a 8 nuclei. Comincia così la fase gametofitica dove si ottiene un polienergide 8-nucleato. Formazione del sacco embrionale Tre nuclei si cellularizzano, e vanno a imporsi nelle estremità del micropilo. Le due cellule laterali sono chiamate cellule sinergiche mentre quella centrale è l’oosfera ovvero il gamete femminile. Dalla parte opposta ci sono altri tre nuclei cellularizzati dette cellule antipodali e al centro ci sono due nuclei che all’inizio non cellularizzano e prendono il nome di nuclei polari (superiore e inferiore). Impollinazione Avviene in diverse fasi: 1. Deposito dei granuli di polline sullo stigma, adesione e riconoscimento segnali biochimici. Rimane attaccato grazie a delle papille che rilasciano una sostanza vischiosa 2. Reidratazione e germinazione del granulo pollinico (perché non entra direttamente), formazione del tubetto pollinico. Se non c’è il riconoscimento non avviene. 3. Accrescimento del tubetto nello stilo (tessuto di trasmissione) fino all’ovario. Porta in apice il nucleo vegetativo (funzione di allungare il tubetto), e dietro un Gioele Statuto Pagina 39 di 88 altro nucleo (che è uno dei gameti) che nel frattempo va incontro a mitosi. Nel tubetto pollinico ci sono tre nuclei: uno che sta all’apice e gli altri due che sono gameti. 4. Penetrazione del tubetto (perché si è accresciuto) attraverso il micropilo e apertura a livello di una sinergide Doppia fecondazione Avviene nelle angiosperme, entrambi i due nuclei spermatici compiono una fecondazione. Il tubetto pollinico entra a livello del microfilo allungandosi grazie al nucleo vegetativo. Il nucleo vegetativo non ha più funzione quindi degenera. I due nuclei spermatici fanno la doppia fecondazione. Un nucleo spermatico si fonde con il nucleo dell’oosfera generando lo zigote 2n mentre l’altro nucleo spermatico si fonde col nucleo proendospermatico generando il nucleo triploide 3n dell’endoderma secondario. Formazione del seme Lo zigote 2n costituisce la prima cellula della nuova generazione sporofitica: attraverso una complessa serie di mitosi origina l’embrione. Il nucleo centrale 3n va incontro a divisione tumultuose, la cellula aumenta di dimensioni, originando infine un tessuto nutritivo per l’embrione: endoderma endosperma secondario o albume. I tegumenti dell’ovulo continuano a svolgere la funzione di protezione e diventano tegumenti del seme. Gioele Statuto Pagina 40 di 88 Le angiosperme sono delle spermatofite perché formano i semi. Il seme è contenuto all’interno del frutto contrariamente alle gimnosperme dove il seme è “seme nudo”. L’ovulo con doppia fecondazione diventa il seme L’ovario che contiene l’ovulo, con la doppia fecondazione diventa il frutto (anche detto pericarpo suddiviso in tre parti: endocarpo [parte interna], mesocarpo [parte intermedia] ed epicarpo [parte esterna]). La differenza tra queste tre parti stabiliscono la tipologia di frutto. Gioele Statuto Pagina 41 di 88 Organografia vegetale Per arrivare dal seme alla plantula avviene la germinazione del seme. Dopo la fecondazione, l’ovario del fiore diventa frutto che contiene i semi. All’interno del seme è presente l’embrione. Una volta nel terreno il seme germina, e poi si forma il germoglio (che si accresce) come la radice si ha tutta la fase vegetativa della pianta. Ad un certo punto la pianta entra in una fase riproduttiva e nelle angiosperme si forma il fiore e con la doppia fecondazione si ha la formazione del frutto e del seme. Generalita del seme È tipico delle spermatofite, seria dalla trasformazione dell’ovulo dopo la fecondazione. A completa maturazione è costituito da tre parti: 1. Degli involucri protettivi (tegumenti) 2. Tessuto di riserva di varia natura e localizzazione 3. La piantina in miniatura (embrione) Il seme puo avere dimensioni variabili e varia morfologia.ogni seme ha una duplice funzione: propagare la specie nel tempo e propagare la specie nello spazio, queste due funzioni sono garantite dalla sua particolare morfologia e dal suo stato si forte disidratazione Significato biologico del seme 1. Nuova struttura di propagazione della specie: spermatofite (gimnosperme e angiosperme. Nelle angiosperme è nel frutto). 2. Stadio quiescente (disidratato) ricco di riserve nutritievche sostengono la germinazione durante la formazione della plantula. Quando avverrà l’assorbimento d’acqua da parte del seme si avrà l’attivazione delle riserve nutritive (si passa da uno stato disidratato a uno idratato. Avviene all’inizio della germinazione la formazione della plantula). 3. Nelle angiosperme l’albume triploide (o endosperma secondario) costituisce la riserva di sostanze nutritive durante l’embriogenesi. Tipologie di riserve nel seme 1. Amido 2. Proteine 3. Lipidi 4. Polisaccaridi parietali Quando il seme deve germinare si avrà un assorbimento d’acqua che permette l’attivazione idrolasi che vanno a scindere i polimeri (amido in glucosio, le proteine aminoacidi e i lipidi in acidi grassi). Tutte riserve che vengono usate dall’embrione per germinare. Gioele Statuto Pagina 42 di 88 Non tutte le riserve che servono per la germinazione del seme si trovano nell’endosperma secondario (tessuto 3n che si forma nella doppia fecondazione). In alcuni semi di alcune piante è una riserva extraembrionale (al di fuori dell’embrione e dell’endosperma secondario tipo graminacee). In alcuni semi si parla di riserve embrionali perché è contenuta a livello di foglie modificate “embriofili” (foglie embrionali che sono cotiledoni). L’endoderma in quel caso non ha più ruolo quindi degenera. Embrione dicotiledoni Embrione monocotiledoni Germinazione del seme Ha inizio quando si verificano delle condizioni precise: 1. Presenza di acqua 2. Temperatura adeguata Gioele Statuto Pagina 43 di 88 3. Presenza di ossigeno 4. Allontanamento possibili sostanza inibitrici Tutte condizioni necessarie per cui si interrompa lo stato di quiescenza. Quando l’acqua torna disponibile i tegumenti del seme si indeboliscono e i tessuti profondi riescono ad assumere acqua dall’esterno, ciò permette l’attivazione degli enzimi idrolitici che renderanno disponibili i materiali di riserva per l’embrione in accrescimento. Con la germinazione del seme si verificano: 1. Progresiva riduzione e scomparsa delle strutture di riserva (endosperma, cotiledoni) 2. Scoppio dei tegumenti 3. Crescita dell’embrione 4. Formazione della plantula (fuoriesce dai tegumenti del seme la radichetta) Nelle prime fasi l’embroine si comporta da eterotrofo utilizzando le sostanze di riserva contenute nell’endosperma, consumate queste sostanze inizia la fase autotrofa. Grazie all’inverdimento del germoglio che in presenza di luce inizia la fotosintesi. Germinazione ipogea ed epigea Plantule con seme ipogeo, il seme rimane sotto terra. Plantule con seme epigeo, il seme viene portato fuori dal terreno. Fagiolo, seme epigeo 1. Inibizione dell’acqua 2. Il seme germina 3. Fuoriesce la radichetta 4. La nuova piantina si inserisce nel terreno e si formano anche le radici laterali 5. Esce la parte del germoglio ma il seme fuoriesce e espone i cotiledoni Gioele Statuto Pagina 44 di 88 6. Per portare al di fuori i cotiledoni è necessaria la struttura dell’asse ipocotile (punto di unione tra cotiledoni e radice) che si allunga molto 7. I cotiledoni diventano verdi e inizia ad effettuare una prima fotosintesi per le prime foglie vere 8. Si formano le foglie e i cotiledoni degenerano Pisello, seme ipogeo 1. Il seme rimane al di sotto del terreno 2. Esce prima la radichetta e successivamente la parte del germoglio grazie all’allungamento dell’asse epicotile (tratto che sta tra la prima fogliolina e i cotiledoni) 3. Vengono portati all’esterno le prime foglioline che iniziano a fare la fotosintesi Asse ipocotile È l’asse compreso tra i cotiledoni e la radichetta, ha funzione di riserva e generalmente durante lo sviluppo, fusto e radice inglobano l’asse ipocotile, che quindi scompare. A ciò fanno eccezione le piante biennali (carota, ravanello, barbabietola eccetera), che hanno un ipocotile piuttosto allungato ed evidente. L’ipocotile non è n vero fusto ma una zona di transizione tra radice e fusto. Gioele Statuto Pagina 45 di 88 Riepilogo: Sistema caulinare Il fusto deriva dall’apice del germoglio dell’embrione ed il sistema caulinare è composto da fusto principale e rami. Ha diverse funzioni quali: 1. Sostegno: per foglie, fiori e frutti 2. Conduzione: collegamento radici e foglie 3. Riserva 4. Fotosintesi: fusti erbacei 5. Altre funzioni: fusti modificati per lo svolgimento di altre funzioni Gioele Statuto Pagina 46 di 88 Ipocotile e fusto Fusto e caule formato dall’attività dell’apice del germoglio. Il primo segmento del furto (asse epicotile) è la parte che congiunge i cotiledoni con il primo nodo, il primo punto di inserzioni delle vere foglie. È la parte che si allunga quando il seme ipogeo. Le appendici del fusto sono: rami e foglie. L’asse ipocotile è la porzione tra radici e cotiledoni, è quello che si allunga quando la plantula del seme esce all’esterno. L’asse embrionale è interposto tra radichetta e cotiledoni. Con la formazione della plantula, l’ipocotile viene inglobato nel fusto o nella radice. Il fusto è una serie di nodi e internodi. I nodi sono punti di inserzione tra foglie e gemme ascellari. Gli internodi stanno tra due nodi successivi e la loro lunghezza varia da pinta a pianta. Ramificazione del fusto Esistono due tipi di ramificazione: 1. Monopodiale: dominanza apicale. L’apice del fusto principale permane per tutta la vita della pianta. Si accresce indefinitamente poiché le cellule meristematiche continuano a dividersi per tutta la vita della pianta. Dal fusto principale prendono origine i fusti di primo ordine e da questi quelli di secondo ordine. L’asse principale sarà sempre più lungo degli assi laterali. Tipico di abeti, quercia, aceri e frassini. 2. Simpodiale: il fiuto principale arresta presto il suo accrescimento. Prendono grande sviluppo i rami di primo ordine, che dopo una certa fase di allungamento si arrestano e così via. Ramificazione tipica di tiglio, olmo e castagno. Portamento delle piante Il portamento delle piante erbacee dipende dal momento della fioritura: 1. Annuali: svolgono tutto il loro ciclo vitale, dalla germinazione del seme allo sviluppo della pianta, alla fioritura, fruttificazione e maturazione dei semi, in una sola stagione poi muoiono. 2. Biennali: piante che svolgono tutto il loro ciclo vitale in solo due stagioni, fiorendo e fruttificano nel secondo anno. 3. Perenni: svolgono il loro ciclo vitale in più stagioni, spesso arrivando alla fioritura solo dopo due o più anni. Naturalmente possono essere più o meno longeve. Gioele Statuto Pagina 47 di 88 Sviluppo di una pianta biennale Sviluppo di una pianta annuale Gioele Statuto Pagina 48 di 88 Le piante legnose formano molto tessuto legnoso, sono sempre perenni e possono avere i seguenti tipi di portamento: 1. Arboreo: con aspetto di albero, cioè un tronco evidente anche se a volte breve, da cui si dipartono i rami. 2. Arbustivo: cioè prevalentemente legnoso dappertutto e con numerosi fusti principali di dimensioni più o meno equivalenti. Manca un fusto principale (tronco). Tipico di frutici, rosmarino. 3. Semiarbustivo: la parte inferiore dei fusti diviene legnosa e rimane viva anche durante l’inverno, mentre le parti superiori sono di consistenza erbacea muoiono ad ogni autunno e si riformano nella primavera successiva. Tipico di suffrutici, lavandula. Accrescimento del fusto L’accrescimento longitudinale avviene nei meristemi primari, accrescimento per lunghezza. Avviene grazie a: 1. Acrescimento apicale per mezzo dei meristemi apicali 2. Accrescimento per distensione delle cellule durante ill differenziamento, nella zona subapicale 3. Accrescimento intercalare per opera dei meristemi intercalari situati a livello dei nodi L’accrescimento in diametro avviene per mezzo dei meristemi secondari (crescita secondaria) Gemma È lo stadio giovanile del fusto, comprende le varie parti del germoglio allo stato embrionale (cono o apice vegetativo, primordi dei rami e bozze fogliari). Nella gemma troviamo una parte che darà origine all’asse principale e una parte che darà origine alla appendici laterali cioè rami e foglie. Le gemme possono essere classificate in base a: 1. Posizione 2. Tipo di organo originato 3. Aspetto Le gemme principali sono: 1. Gemme apicali/principali 2. Gemme laterali/acellari 3. Gemme fiorali 4. Gemme avventizie Le gemme hanno la capacità di far crescere la pianta durante la stagione favorevole (specialmente nelle piante che vivono in climi temperati). Gemme avventizie Possono essere disposte in vario modo sul fusto, ma anche sulla radice o foglie. Gioele Statuto Pagina 49 di 88 Gemme ibernanti I meristemi apicali sono protetti dal freddo, dalla penetrazione di acqua, dall’evaporazione grazie alle perule (foglie modificate), aventi consistenza cuoiosa e secernenti resine impermeabilizzanti come pioppo o ippocastano oppure rivestite da una fitta peluria. La formazione di perule è specie specifica. Hanno una funzione protettiva dell’intera gemma durante la stagione avversa in modo tale che soltanto con la primavera si possa avere l’attività del meristema apicale in maniera non alterata da un ambiente freddo. Dimensione delle gemme In genere le dimensioni sono assai modeste ad eccezione del cavolo cappuccio o del cavolo verza. Morfologia della gemma La parte più apicale è l’apice vegetativo dove ci stanno le cellule meristematiche iniziali, scendendo ci son le bozze fogliari, che via via che si allontanano dall’apice vegetativo sono sempre più conformate e le bozze fogliari sono inserite a livello dei nodi. Già a livello della gemma c’è la sequenza nodi-internodio. All’ascella delle bozze fogliari abbiamo i primordi dei rami, che all’inizio sono soltanto accennati ma man mano che ci spostiamo alla base assumono essi stessi la formazione di una morfologia di una gemma. Già a livello dei primordi dei rami abbiamo all’apice le gemme che sono laterali o ascellari. Procambio, protoderma e meristema fondamentale Sono meristemi formati da cellule che derivano dalle cellule iniziali e le cellule derivate. Quindi dalle cellule che man mano, spostandosi verso il basso (sempre a Gioele Statuto Pagina 50 di 88 livello della gema però) danno origine alle cellule che entrano in distensione che sono pronte per il differenziamento. Queste zone che sono le zone dei meristemi/ promeristemi hanno un differenziamento diverso a seconda della posizione che le cellule assumono a livello del fusto. Il procambio sta in una zona più interna, da origine a tessuti conduttori. Il protoderma darà origine all’epidermide. Il meristema fondamentale da origine a tessuti parenchimatici più interni di riempimento. Anatomia e differenziamento del fusto Suddivisione del fusto apice-base 1. Zona embrionale (gemma[corpo primario]) 2. Zona di determinazione (gemma[corpo primario]) 3. Zona di differenziamento (gemma[corpo primario]) 4. Zona di struttura primaria (corpo primario) 5. Zona di struttura secondaria (corpo secondario) 1-2 qui ci sono le cellule iniziali e le cellule derivate che cominciano ad andare incontro a distensione 3-4 differenziamento e zona di struttura primaria. Le cellule iniziano a differenziarsi in un tessuto piuttosto che in un altro Zona embrionale Ci sono cellule iniziali e cellule derivate (promeristemi). Il cono vegetativo è formato da cellule meristematiche disposte in strati o in gruppi omogenei. Perché queste cellule iniziali diano origine a un cono vegetativo devono subire delle divisioni di tipo diverso. Supponiamo di aver due cellule iniziali, una rossa e una blu. Queste subiscono delle divisioni anticlinali. Ogni cellula si divide a formare due cellule figlie che si dispongono una a fianco all’altra, due rosse e due blu. La divisione anticlinale aumenta la superficie del cono ma contemporaneamente si avranno anche delle divisioni periclinari ovvero una divisione in spessore. L’alternanza di queste due divisioni da origine al con vegetativo. Gioele Statuto Pagina 51 di 88 La struttura del cono vegetativo nelle angiosperme (e solo nelle gimnosperme più sviluppate) segue la teoria della tunica e del corpus La tunica copre il cono vegetativo, è data dalle divisioni anticlinali delle cellule per la formazione della superficie. Il corpus serve per lo spessore, le divisioni delle cellule sono sia anticlinali che periclinali per aumentare la massa fondamentale della superficie. Nella gemma le cellule della zona centrale del cono vegetativo hanno funzione di cellule fondatrici del meristema. Zona di determinazione Le cellule meristematiche (quindi ancora in divisione) sono destinate al differenziamento sulla base della loro posizione. Si distinguono i seguenti strati di cellule: 1. Protoderma (darà origine alle cellule dell’epidermide ) 2. Protocambio (darà origine ai tessuti conduttori [sistema di conduzione], zona più centrale) 3. Meristema fondamentale (da origine a protocorteccia [tra protoderma e protocambio] e protomidollo [alll’interno del protocambio]) Esiste anche una stratificazione 1. Protoderma 2. Protocorteccia (fa parte di meristema fondamentale corticale) 3. Protocambio 4. Protomidollo (fa parte di meristema fondamentale midollare) Se dovessimo fare una sezione trasversale della zona vista fino ad ora, vedremo dall’esterno verso l’interno delle situazioni diverse nelle dicotiledoni e nelle Gioele Statuto Pagina 52 di 88 gimnosperme (vanno incontro ad accrescimento secondario in diametro) rispetto alle monocotiledoni Anello procambiale: procambio che si dispone come un anello Nelle monocotiledoni non abbiamo un anello procambiale ,a il procambio è localizzato all’intero dei cordoni (immerse nel midollo) Zona di differenziazione In questa zona le cellule vanno incontro ad accrescimento per distensione e quindi a differenziamento. Le cellule cominciano a diventare adulte e ad acquisire una determinata funzione sulla base del tessuto in cui andranno a far parte. Il differenziamento cellulare comporta che: 1. Dal protoderma si origina l’epidermide e quindi il sistema tegumentale 2. Dalla protocorteccia si originano i tessuti parenchimatici e meccanici che formeranno il cilindro corticale 3. Dal procambio si ordina il sistema di conduzione, quindi il tessuto vascolare e cribroso, nonché i tessuti meccanici e parenchimatici a essi associati nella costituzione dei fasci cribro-vascolari 4. Dal protomidollo si origina il parenchima di riserva tipico del midollo e dei raggi midollari La zona di differenziamento fa ancora parte della gemma apicale. Qui sono ben evidenti la suddivisione in nodi e internodi. Gioele Statuto Pagina 53 di 88 Monocotiledoni Non vanno incontro ad accrescimento secondario in spessore. Il protoderma da origine all’epidermide. La protocorteccia da origine alla corteccia, meglio detta cilindro corticale. A livello dei cordoni procambiali inseriti nel midollo tutta questa parte va a formare il cilindro centrale in cui il protomidollo origina il midollo e i cordoni procambiali vanno a costituire i fasci di tipo cribro-vascolare, di tipo collaterale chiuso che nelle monocotiledoni sono disposti in ordine sparso dove il floema è sempre rivolto verso l’esterno e lo xilema sempre verso l’interno. Dicotiledoni e gimnosperme Vanno incontro ad accrescimento secondario in diametro. Il protoderma origina l’epidermide La protocorteccia origina il cilindro corticale Protomidollo origina il midollo L’anello procambiale in alcune zone (indicate con i pallini neri nella figura) si differenziano e danno origine ai fasci cribro-vascolari che sono di tipo collaterale aperto che si dispongono come prima era disposto l’anello procambiale (seguono una circonferenza). Il floema è sempre rivolto verso l’esterno e lo xilema sempre verso l’interno. La zona tra un fascio e l’altro diventano cellule parenchiamtiche. Un parte del procambio rimane intrappolato e non differenziato tra floema e xilema del singolo fascio Dai cordoni procambiali al fascio Siamo nelle dicotiledoni e gminosperme. I cordoni procambiali devono differenziarsi per diventare fasci collaterali cribro-vascolari aperti. La parte tra i fasci si differenzia in cellule parenchiamtiche. A livello del singolo fascio abbiamo una porzione floematica (esterna) e una porzione xilematica (interna), nel mezzo c’è una zona di procambio non differenziato. Nella parte floematica c’è un protofloema esarco e il metafloema endarco. Nell’ambito dello xilema abbiamo il metaxilema esarco e il protoxilema endarco. Il differenziamento della porzione floematica è centripeta (da esterno a interno) mentre il differenziamento della porzione xilematica è centrifuga Gioele Statuto Pagina 54 di 88 (da interno a esterno). I fasci collaterali si dicono aperti, in quanto tra floema e xilema rimane una porzione di procambio, che andrà a formare il cambio cribro-vascolare premettendo a queste piante l’accrescimento secondario. Al contrario nelle monocotiledoni i fasci collaterali si dicono chiusi, per cui le monocotiledoni non vanno incontro ad accrescimento secondario in diametro. Struttura primaria del fusto È definitiva nelle monocotiledoni e transitoria nelle dicotiledoni e gimnosperme. Presenta un sistema di tessuti: 1. Sistema tegumentale (epidermide) 2. Sistema fondamentale (meristema fondamentale che deriva dal cilindro corticale e midollo) 3. Sistema di conduzione (fasci cribro-vascolari dove non c’è soltanto il tessuto di conduzione ma anche il floema e xilema che sono un insieme di tre tessuti. Vedere istologia) Gioele Statuto Pagina 55 di 88 Struttura primaria a livello degli internodi A livello dei nodi è più complesso a causa della fuoriuscita delle fogli che sono inserite a livello degli stessi. Se dovessimo fare una sezione a livello dell’internodo vedremmo (dall’esterno verso l’interno): 1. Epidermide, stomi e tricomi 2. Cilindro corticale, parte tra epidermide e cilindro centrale. Funzione: 1. Clorofiliana 2. Di riserva 3. Meccanica (collenchima e sclerenchima spesso organizzati in ipoderma meccanico, manca nelle gimnosperme) 3. Cilindro centrale, detto anche stele. Costituito da fasci cribro-vascolari inseriti all’interno di tessuto parenchimatico ovvero il midollo Modelli fondamentali di organizzazione della stele del fusto aereo nelle spermatofite In sezione trasversale di un fusto aereo abbiamo sempre da esterno verso interno: 1. Epidermide 2. Cilindro corticale, molto ampio nelle dicotiledoni e gimnosperme. Poco evidente in monocotiledoni Eustele È il cilindro centrale nelle dicotiledoni e gimnosperme. È una struttura eustelica, ovvero che i fasci cribro-vascolari di tipo collaterale aperto sono disposti secondo una circonferenza ordinatamente. Atactostele Nelle monocotiledoni la stele è molto ampia. Le monocotiledoni non andando incontro ad accrescimento secondario hanno questa situazione che permane per tutta la vita della pianta. Il cilindro centrale è molto ampio, costituisce gran parte della sezione del fusto e i fasci collaterali cribro-vascolari di tipo chiuso sono disposti in maniera disordinata, prende il nome di atactostele. Gioele Statuto Pagina 56 di 88 Struttura eustelica Gioele Statuto Pagina 57 di 88 Struttura atactostelica nelle monocotiledoni Fascio collaterale chiuso Gioele Statuto Pagina 58 di 88 Decorso dei fasci A livello dei nodi la struttura si complica in quanto avviene la fuoriuscita delle foglie e il picciolo è in diretto contatto con il nodo e il sistema di conduzione fuoriesce dal fusto ed entra a livello del picciolo. Accrescimento secondario del fusto Come detto l’accrescimento secondario del fusto è tipico delle gimnosperme e dicotiledoni. Questo aumento in diametro è dovuto all’attività dipleurica del cambio cribro vascolare che determina una crescita in spessore del cilindro centrale, invece l’aumento dello spessore del cilindro corticale è dovuto all’attività dipleurica del cambio subero-fellodermico. Dalla struttura eustelica (primaria del fusto) al cambio cribro-vascolare (secondaria) Nella struttura primaria le dicotiledoni e le gimnosperme hanno i fasci cribro- vascolari di tipo collaterale aperto, disposti regolarmente secondo una circonferenza formando la struttura eustelica. Cooperano alla formazione del cambio: 1. A livello di ciascun fascio tra floema e xilema c’è uno strato di procambio (promeristema non ancora differenziato). La porzione di cambio all’interno di ogni fascio è chiamato cambio intrafasciale. 2. Tra i fasci in struttura primaria si sono differenziate delle cellule parenchimatiche. Nel momento in cui si deve formare il cambio cribro-vascolare queste cellule parenchimatiche differenziate si sdifferenziano quindi hanno la morfologia di cellule adulte ma riprendono l’attività di mitosi. Tra un fascio e l’altro si forma il cambio interfasciale che è il vero cambio. Così si forma un anello continuo di cellule che riprendono l’attività meristematica, l’anello di cambio cribro-vascolare è la prima fase della struttura secondaria. Dalla struttura primaria alla struttura secondaria Nello schema, il cerchio blu è la struttura primaria quindi eustelica, e possiamo distinguere la zona dello xilema in verde e la zona del floema in arancione e la riga rossa continua che è il cambio cribro-vascolare. Sappiamo che il cambio cribro- vascolare ha attività dipleurica quindi forma lo xilema secondario verso l’interno e floema secondario verso l’esterno. Non confondere deuteroxilema e deuterofloema in quanto si intende xilema e floema secondario. Nel primo anno di età il cambio cribro-vascolare produce verso l’interno lo xilema secondario e verso l’esterno il floema secondario, quindi un cerchio che

Use Quizgecko on...
Browser
Browser