Approccio Riabilitativo nelle Lesioni del SN PDF

Summary

This document describes the rehabilitative approach to neurological conditions, specifically focusing on hemiplegia and stroke. It discusses various neurological syndromes, the characteristics of hemiplegia in terms of posture and movement, definitions of stroke, and the role of stroke units, including the importance of early intervention. The content also covers sensorimotor dysfunction and associated challenges, as well as functional cortical impairments.

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APPROCCIO RIABILITATIVO NELLE LESIONI DEL SN BAZZAN PDF SLIDE DA 192 PAG EMIPLEGIA E RIABILITAZIONE Le lesioni del NC e sindromi sensomotorie possono essere classificate in: o Sindrome del primo motoneurone o Sindrome del secondo motoneurone o Sindrome extrapiramidale o Sindrom...

APPROCCIO RIABILITATIVO NELLE LESIONI DEL SN BAZZAN PDF SLIDE DA 192 PAG EMIPLEGIA E RIABILITAZIONE Le lesioni del NC e sindromi sensomotorie possono essere classificate in: o Sindrome del primo motoneurone o Sindrome del secondo motoneurone o Sindrome extrapiramidale o Sindrome cerebellare Un danno al Sistema Nervoso Centrale porta a cambiamenti in velocità del movimento, variabilità del movimento, frazionamento del movimento, coordinazione spazio-temporale. Il soggetto emiplegico in foto (paziente con lesione emisferica destra e quindi emiplegia sinistra) in stazione eretta mantiene un determinato assetto posturale con delle caratteristiche peculiarità: - generale spostamento del carico sull’arto inferiore sano; - come conseguenza del carico solo sull’arto inferiore sano si ha una lateroflessione del tronco verso il lato opposto alla plegia (in questo caso il tronco è lateroflesso verso destra); il capo è “buttato” verso il emisoma sano (lateroflessione verso il lato sano); - “apertura” dell’arto superiore sano per mantenere l’equilibrio in ortostatismo. Il soggetto emiplegico (paziente con lesione emisferica destra e quindi emiplegia sinistra) in foto in stazione seduta sembra “incastrato” nell’angolo sinistro della carrozzina e con l’arto inferiore sano (e spesso anche con l’arto superiore sano) esercita una spinta rispettivamente sulla pedana e sul bracciolo della carrozzina come se, in questo modo, trovasse la possibilità di far fronte alla richiesta di equilibrio e stabilità che viene meno con un emisoma “anestetizzato” e intrinsecamente debole. DEFINIZIONE DI STROKE: 1 Un’improvvisa comparsa di segni e/o sintomi riferibili a deficit focale e/o globale (coma) delle funzioni Cerebrali, di durata superiore alle 24 ore (altrimenti è un TIA: attacco ischemico transitorio) o ad esito infausto, non attribuibili ad altra causa apparente se non vasculopatia cerebrale. Ictus ischemico: 81%. Vi è un arresto/diminuzione del flusso ematico per: o trombosi di un’arteria o embolia o ipoperfusione sistemica Ictus emorragico: 19%. Stravaso ematico per rottura di pareti vasali in malformazioni vascolari (es: malformazioni artero-venose MAV) o aneurismi in sede: o intracerebrale primaria 15% o sub aracnoidea (ESA) 4% o più raramente: trombosi dei seni venosi intracranici e anomalie vascolari congenite e vasculiti. Nella congiunzione tra rete venosa e arteriosa ci possono essere delle iperproliferazioni di vasi che possono creare una iperfragilità che diventano anche malfunzionanti e facilmente possono rompersi e causare emorragia. L’ANEURISMA CEREBRALE è la dilatazione di un’arteria del cervello che può rompersi e causare un’emorragia subaracnoidea. I siti più comuni dell’aneurisma sono: o Arteria comunicante anteriore 30% o Arteria cerebrale media 20% o Arteria comunicante posteriore 25% o Arteria cerebrale anteriore 4% o Arteria carotidea anteriore 8% o Arteria cerebellare posteriore inferiore 3% INTERVENTO PRECOCE: è decisivo per la riduzione del danno e della prognosi e se fatto prima delle 4-5 ore è potenzialmente molto efficace. È utile intervenire precocemente per minimizzare il rischio di morte del pz per cause cerebrali, cardiocircolatorie, respiratorie, infettive e metaboliche, per contenere gli esiti della malattia limitando il danno cerebrale e le sue conseguenze e per evitare le recidive di danno vascolare dell’encefalo. L’intervento riabilitativo fin dal ricovero in Stroke Unit permette di ridurre la trasformazione da penombra ischemica a lesione strutturata del tessuto cerebrale? Non vi è al momento un parere unanime sulla tempistica dell’inizio della riabilitazione; il razionale di un inizio precoce della riabilitazione (da 1-2 giorni a 1-2 settimane dall’evento) sta nell’ottimo outcome dei pazienti mobilizzati entro 24 ore dall’evento e nei rischi che comporta l’allettamento (ovvero danni secondari e terziari da immobilizzazione), primi fra tutti trombosi venose profonde, lesioni da decubito e polmoniti da stasi. D’altro canto, una precoce mobilizzazione potrebbe avere un effetto negativo sulla zona di penombra ischemica, dal momento che la posizione verticale riduce la pressione di perfusione cerebrale. Vi è quindi un generale consenso sull’iniziare la fisioterapia diversi giorni dopo lo stroke anche se i risultati preliminari 2 dello studio AVERT, riguardante la riabilitazione entro 24 ore, suggeriscono che la fisioterapia immediata è ben tollerata senza un aumento di eventi avversi. TERAPIA INTENSIVA-STROKE UNIT: si effettua una valutazione della sede lesionale e successivo intervento: o Ictus ischemico: sciogliere il coagulo nelle prime 4-5 ore (TROMBOLISI / TROMBECTOMIA) o Emorragia cerebrale: eventuale intervento neurologico Monitoraggio nelle prime 48 ore: o Sorveglianza delle funzioni vitali (ritmo cardiaco e FC, pressione arteriosa, saturazione dell’ossigeno nel sangue e temperatura). o Prevenzione delle infezioni urinarie (evitando per esempio il catetere vescicale) e polmonari. o Stato nutrizionale: riconoscere la presenza di un disturbo della deglutizione (disfagia) o Prevenzioni delle trombosi venose profonde in pazienti a rischio elevato. o Trattamento delle eventuali crisi epilettiche e l’edema cerebrale. L’ictus cerebrale è quindi una compromissione funzionale complessa che evolve nel tempo e nello spazio. Può comprendere: o perdita delle attività funzionali, Deficit motori e Alterazione del tono o alterazioni del livello di coscienza, o deficit funzionali corticali superiori, o deficit visivo, o disfagia o Alterazioni della sensibilità o percezione disturbata o Alterazione dell’equilibrio o Alterazioni dell’apparato locomotore o Dolore, Depressione, disforia LA DISFUNZIONE SENSOMOTORIA PROBLEMI ASSOCIATI ALLE PERCEZIONE DISTURBATA o Stato di IPERTONO su base ipotonica o Ricerca di apporto informazionale compensatorio posizioni articolari estreme, pressione eccessiva sulla superficie d’appoggio, uso di uno sforzo inadeguato di attività semplici. Abbiamo inoltre: o Iperattività e risposte veloci e disordinate ai comandi o Incapacità di eseguire compiti nonostante un’adeguata attività muscolare o Incapacità di percepire gli stimoli del lato affetto o Incapacità di adattare il comportamento a situazioni o compiti diversi o Apparente perdita di iniziativa-motivazione ELEMENTI DI CLINICA - SEMEIOTICA NEUROLOGICA - ESAME E VALUTAZIONE L’esame e valutazione viene fatta allo stato e livello di coscienza: 3 o CONFUSIONE: il pz è sveglio, disorientato spazio temporalmente, comprensione ridotta e risposte verbali o motorie avvengono con latenza, apatia e inerzi. o SONNOLENZA: immerso in uno stato simile al sonno dal quale può essere svegliato facilmente, ma altrettanto tende a riaddormentarsi. o STUPORE: giace in un sonno profondo dal quale può essere risvegliato solo da stimoli energici; durante la veglia stato confusivo e può rispondere a domande e sequenza motorie semplici (..minima coscienza). o COMA: stato di incoscienza dal quale il malato non può essere risvegliato nemmeno da stimoli dolorosi. o STATO VEGETATIVO: grave disfunzione degli emisferi cerebrali, con sufficiente risparmio del diencefalo e del tronco encefalico tale da preservare i riflessi neurovegetativi e motori e il normale ciclo sonno-veglia. I pazienti possono avere riflessi complessi, che includono movimenti oculari, sbadigli, e movimenti involontari in risposta a stimoli dolorosi, ma non mostrano consapevolezza di sé stessi o dell'ambiente che li circonda. Principali deficit a carico dei nervi cranici: o II ° - lesioni vie ottiche retrochiasmetiche: EMIANOPSIA. o III° – IV° - VI° oculomotori: ptosi palpebrale, diametro pupillare, riflesso fotomotore, movimenti oculari coniugati. o V° - deficit sensitivo territori del trigemino, deficit motorio paresi muscolatura masticatoria. o VII°- lesione vie sovranucleari del faciale che colpisce i muscoli dei due terzi inferiori della faccia. o XII° - deficit ipoglosso: deviazione dal lato sano a riposo e deviazione verso paretico in protusione della lingua (azione omolaterale genioglosso). DEFICIT A CARICO DELLA SENSIBILITÀ Lesioni a livello di: tronco cerebrale, talamo, capsula interna e corteccia cerebellare: o SENSIBILITA’ PROTOPATICA: riconoscimento della presenza e del tipo di stimolo: tattile termica dolorifica 4 o SENSIBILITA’ EPICRITICHE: profonde e complesse. o localizzazione dello stimlo: indicare, nominare o, meglio, riconoscere su disegno il punto in cui è stato toccato (topognosia). o discriminazione tattile: stimolo doppio contemporaneo dalle punte di un compasso ( 1-2 mm polpastrelli , 40 mm dorso...) PALLESTESIA: diapason sulle protuberanze ossee. STATOCHINESTESIA: sensibilità profonda e complessa relativa alla posizione e al movimento. BARESTESIA: angolo di mobilizzazione. STEROGNOSIA riconoscimento oggetti. GRAFOESTESIA riconoscimento lettere. DISTURBI DELLE FUNZIONI CORTICALI SUPERIORI 1. APRASSIA = deficit della programmazione del movimento, in assenza di deficit motori. Un disordine del movimento volontario non può essere chiamato aprassia se dipende da: o Difetto di comprensione linguistica o Demenza o Difetto elementare sensitivo o motorio Come si manifesta il deficit di programmazione? - difficoltà nell’ideare i singoli atti motori che compongono un gesto - difficoltà nell’eseguire L’aprassia è quindi la difficoltà a compiere gesto finalizzato in assenza di disturbi del movimento, l’incapacità del paziente di realizzare gesti richiesti dall’esaminatore in assenza di deficit sensomotori elementari, difficoltà di comprensione del compito, mancato riconoscimento dell’oggetto da usare (apr. utilizzazione). o Ideativa: incapacità di eseguire gesti che richiedano sequenze complesse. o Ideomotoria: incapacità ad eseguire i corretti movimenti che compongono il gesto. o Dell’abbigliamento: tentativi fallimentari e/o grotteschi. o Costruttiva: ridotta capacità ad eseguire una costruzione o disporre oggetti nello spazio. o Orofacciale: disturbo di coordinamento nei movimenti dell’apparato faringo bucco-facciale (su comando- imitazione di espressioni 2. DISTURBI DELL’ATTENZIONE SELETTIVA: capacità di concentrarsi su un compito specifico. MULTICANALIZZATA: capacità di focalizzare e di reagire nello stesso tempo a diversi stimoli. 3. AFASIA: disturbo della comunicazione verbale che consegue ad una lesione acquisita del SNC e interessa una o più componenti del complesso processo di comprensione e di produzione di messaggi verbali. L’afasia non è un disturbo di articolazione della parola, un disturbo di fonazione e non consegue a disturbi di coscienza. Esame informale delle capacità linguistiche attraverso: o Eloquio spontaneo 5 o Denominazione o Comprensione o Ripetizione o Prove di scritture e lettura Conseguente alla specifica area lesionale si caratterizzano tipologie diverse di afasia come: 1. LESIONE PREROLANDICA: BROCA o linguaggio spontaneo non fluente o ripetizione alterata o comprensione orale buona o lettura normale o scrittura alterata 2. LESIONE RETROROLANDCA: WERNICKE o linguaggio spontaneo fluente o ripetizione alterata o comprensione orale alterata o lettura e scrittura alterate 3. LESIONE PRE E RETRO-ROLANDICA: GLOBALE o linguaggio spontaneo non fluente o ripetizione, comprensione orale, scrittura e lettura alterate 4. DISTURBI NEUROFISIOLOGICI (dell’insight): Tra i DISTURBI NEUROFISIOLOGICI (dell’insight) troviamo: ANOSOAGNOSIA: il soggetto non comprende cosa gli sia capitato, si comporta come se fosse in grado di... ANOSODIAFORIA: incapacità di immaginare, prevedere e spiegare cosa comporta la loro malattia. EMISOMATOAGNOSIA: ridotta, dimazzata raffigurazione mentale del proprio schema corporeo (inter e pericorporeo). EMINEGLIGENZA SPAZIALE UNILATERALE (EMIATTENZIONE): ridotta esplorazione dello spazio extracorporeo della parte somatica plegica, ridotta capacità di orientarsi, usare e riconoscere stimoli visivi e uditivi ivi provenienti. LO SCHEMA CORPOREO Definizione di postura: “La postura è essenzialmente la posizione assunta dalle varie parti del corpo le une rispetto alle altre e rispetto all’ambiente circostante.” (forza di gravità, attriti). Il controllo posturale prevede meccanismi neurofisiologici per mantenere la posizione stabile (equilibrio) contro la gravità, tentare di produrre risposte che anticipano i movimenti volontari nella direzione desiderata, stabilizzare parti del corpo per permettere il movimento in altre parti e per correggere rapidamente gli spostamenti del centro di gravità o recuperare la postura dopo perturbazione. Per una corretta postura si ha un’integrazione tra le informazioni visive, vestibolari e somato-sensoriali (recettori cutanei, articolari e muscolari). 6 GRAVICETTORI Sono PROPRIOCETTORI che si trovano nello stomaco, intestino, apparato renale e danno raddrizzamento antigravitario. Si stimolano tramite la coattivazione di addominali e multifidi e costituiscono una via separata e autonoma necessaria per percepire l’orientamento del corpo in relazione alla gravità. Si tratta di una vera e propria seconda via (oltre alla via vestibolare) per percepire l’orientamento rispetto alla gravità. Questa via va dalle viscere del tronco alla parte posterolaterale del talamo e da qui all’area parietale. I recettori del sistema gravirecettivo sono: - PRESSOCETTORI dai reni attraverso il nervo renale al cervelletto. - TENSOCETTORI nei legamenti dei grandi vasi (vena porta) o della massa dei visceri addominali ancorati al rachide (veicolati attraverso il nervo frenico o vago. Questi gravicettori sono attivati dalla forza peso e dall’’aumento della pressione intra addominale per azione della muscolatura della core stability. LA POSTURA o In condizioni normali viene data + importanza alle afferenze somatosensitive. o Nell’apprendimento: inizialmente viene data + importanza alle afferenze visive. o Nei pz neurologici è data + importanza alle afferenze visive. La continua integrazione, evoluzione, selezione tra informazioni visive, vestibolari e somato-sensoriali crea una rappresentazione interna della postura corporea chiamato: SCHEMA CORPOREO POSTURALE. I movimenti controllati dallo schema corporeo possono essere modellati con precisione dall'intenzione e dallo scopo. Lo SCHEMA CORPOREO comprende la geometria corporale, la cinetica e l’orientamento rispetto alla gravità. La rappresentazione dello schema corporeo si trova a livello del lobo parietale, nella corteccia somato-sensitiva (somato-estesica) primaria (giro post-centrale). Head (1998) parla di ‘Schema posturale’: lo schema posturale è una realtà plastica, in perpetua costruzione e in rapporto con le afferenze sensoriale enterocettive e propriocettive: posizione del corpo nello spazio. Non è un insieme di percezioni, credenze e attitudini, ma un insieme di funzioni sensoriali motorie che operano sotto il livello ideazionale. Gioca un ruolo dinamico nel governo della postura e del movimento a livello automatico (l'ideazione porta con se tutto il bagaglio che ci serve come attività posturale per sostenere il movimento). Immagine del corpo: “Non è solamente ciò che il soggetto integra progressivamente nel corso delle sue relazioni col mondo e della sua maturazione, ma anche e soprattutto ciò che l’universo di linguaggio in cui vive foggia e gli permette di nominare” 7 “L’immagine del bambino nello specchio costituisce per lui un’esca in cui si riconosce e in cui si identifica, e che infine assume ridendo, giocando. Essa costituisce anche l’accesso del bambino al simbolismo perché questa ‘forma’ che raccoglie le parti fino ad allora sparse del suo corpo ne farà un ‘me’ un ‘io’, soggetto del discorso” (Jacques Lacan). STABILITA’ POSTURALE: è l’abilità di controllare il centro di massa (COM) relativo alla base di supporto (BOS). Coinvolge il coordinamento delle strategie di movimento per stabilizzare il COM durante i movimenti auto generati e quelli generati da un fattore esterno. Il controllo posturale e le attività di balance possono essere influenzati dalla corteccia, ma sono regolate dal tronco encefalico. Corteccia e controllo posturale: Mantenere il baricentro all’interno dei limiti di stabilità è guidato in modo molto potente dalla Corteccia e questo è importante per il movimento iniziato volontariamente. Il controllo posturale è molto meno automatico di quello che si pensava. Per mantenere la stabilità servono: ATTENZIONE e MOTIVAZIONE. AREA 46 L’attenzione inizia nell’area 46, che è un’area della corteccia prefrontale - dorsolaterale, viene attivata dal Sistema reticolare ascendente (SARA) attraverso il talamo. Quindi per poter avere un controllo posturale adeguato: - ho bisogno di essere sveglio, - ho bisogno di essere attento, - ho bisogno di essere motivato. Attraverso il controllo propriocettivo è possibile accedere a pattern di movimento che sono già in memoria: 1. GENERATORI CENTRALI DI PATTERN 2. REAZIONI DI BALANCE AUTOMATICHE 3. ABILITA’ IMPARATE IN PRECEDENZA Tutte queste fonti d’informazione contribuiscono a riattualizzare lo schema corporeo. 1. I GENERATORI CENTRALI PATTER (G.C.P.) Sono RETI NEURONALI istituiti per attività motorie che si ripetono con molta frequenza, per produrre movimenti ritmici come IL CAMMINO, IL NUOTO, IL SALTO, LA RESPIRAZIONE, LA MASTICAZIONE. Il CPG è un particolare gruppo di interneuroni spinali che genera attività ritmica anche in assenza di input sensoriale dalla periferia. Ritmogenesi e Formazione del Pattern sono prodotte da interneuroni di primo e secondo ordine posizionati tra la lamina IV e VII di Rexed. Nel secondo ordine includiamo i neuroni Ia, Ib e le cellule di Renshaw. 8 SITI ATTIVI PER I GCP: - Tronco dell’encefalo: all’interno della formazione reticolare - Midollo spinale: rete neuronale della regione toraco-lombare; è presente un’attività significativa anche livello cervicale. Controllo posturale e movimento avvengono in due momenti diversi: CONTROLLO DUALE Prima si crea la postura e poi avviene il movimento; durante il movimento aumenta il controllo posturale. 2. REAZIONI DI BALANCE Sono l’insieme delle reazioni automatiche che possono attivarsi in risposta ad un movimento come reazioni di equilibrio, reazioni di raddrizzamento, reazioni di appoggio. REAZIONI DI EQUILIBRIO → MANTENERE L’EQUILIBRIO Sono cambi del tono (aggiustamenti) posturale del tronco, dei piedi, che si verificano in ogni movimento che accade nella testa e nelle estremità attraverso lo spostamento di parti del soma che compensano lo spostamento del centro di gravità. REAZIONI DI RADDRIZZAMENTO → RECUPERARE L’EQUILIBRIO Sono reazioni di equilibrio attivate dallo spostamento del centro di gravità al di fuori della base d’appoggio 9 Mantengono l’allineamento normale della testa nello spazio, della testa e collo con il tronco e del tronco con le estremità. REAZIONI DI APPOGGIO → AUMENTARE LA BASE DI APPOGGIO Appaiono con lo spostamento di peso rapido ed imprevisto fuori dalla base di sostegno quando risultano insufficienti sia le reazioni di equilibrio che di raddrizzamento. - delle braccia paracadute / delle gambe passi di protezione Le reazioni di balance descritte possono essere effettuate attraverso: 1. STRATEGIA DI CAVIGLIA E STRATEGIA DI ANCA 2. STEPPING STRATEGY STRATEGIE DI CAVIGLIA Riportano COM in una posizione di stabilità attraverso il movimento del corpo centrato prevalentemente alla caviglia / articolazioni metatarsali medie. Usate più comunemente in situazioni in cui la perturbazione dell’equilibrio è piccola e la superficie di supporto è piccolo. La strategia di caviglia: al massimo della gerarchia del controllo delle perturbazioni posturali, “è l’espressione fisica, della attività della catena multi cinetica”. Prerequisiti funzionali: 1. estensione, abduzione dell’anca, 2. controllo della stabilità centrale (allineamento del tronco –base appoggio). 3. stabilità - della scapola per poter mantenere la testa dritta, sguardo all’orizzonte STRATEGIA D’ANCA Controlla i movimenti del COM producendo ampi e rapidi movimenti all’articolazione dell’anca. Usata per ristabilire l’equilibrio in risposta a perturbazioni rapide e ampie o quando la superficie di appoggio è più piccola dei piedi es: In piedi su una asta, o su una base di supporto mobile. AGGIUSTAMENTI POSTURALI ANTICIPATORI (APAs) Sono movimenti che voi iniziate ma non avete ideato, eseguite ma non ci pensate mentre li eseguite, sono nel vostro schema corporeo (perché non potreste eseguirli se non ci fossero), quindi sono parte del comportamento appreso automatico e precedono e accompagnano quello che volete fare. Sono patterns pre-programmati di attivazione muscolare che permettono stabilità centrale e corretto allineamento posturale di fronte alle forze perturbanti attese, che intervengono durante il movimento. Gli APA permettono la stabilità necessaria per il movimento segmentario. Il Comando centrale per il movimento volontario degli arti è associato con un comando simultaneo feedforward anticipando una perturbazione posturale aspettata. Quindi la consapevolezza di potenziali perturbazioni condiziona il programma motorio per far fronte all'effetto avverso prima del movimento. o Complessi aggiustamenti posturali anticipatori coinvolgono molti gruppi muscolari sinergici. o Sono appresi, ma eventualmente diventano automatici, essendo scaturiti da un'intenzione specifica di movimento. APAs & stoke 10 La debolezza del comando neurologico ai muscoli posturali e la reintegrazione delle informazioni afferenti contribuiscono all’instabilità posturale nello stroke. Questo porta a strategie di fissazione che impediscono al paziente di sviluppare movimenti di adattamento e limita le possibilità stesse di movimento. LA CORE STABILITY È la “Capacità di controllare la posizione e il movimento del tronco sulla pelvi e le gambe, per consentire una corretta produzione, trasferimento, controllo della forza e del movimento a livello degli arti”. La core stability è garantita dall’ attivazione di muscoli stabilizzatori assiali primariamente richiamati dagli aggiustamenti posturali anticipatori ed accompagnatori del movimento. Area delimitata da addominali (anteriormente), paraspinali e glutei (posteriormente), diaframma (superiormente), pavimento pelvico e muscolatura dell’anca (inferiormente). TRASVERSO DELL’ADDOME: aumenta la pressione intra-addominale e tensiona la fascia toracolombare; la sua attivazione crea stabilità per permettere un corretto movimento degli arti. OBLIQUO INTERNO ED ESTERNO: importante azione stabilizzatrice; agiscono sulle coste (depressori) e sul tronco/bacino. RETTO DELL’ADDOME: muscolo mobilizzatore che avvicina bacino e torace, flettendo la colonna vertebrale. MULTIFIDO: muscolo monoarticolare che permette il movimento dei grandi muscoli pluriarticolari; un aumento di solo il 5-10% nella sua attivazione dà la stabilità spinale necessaria per il movimento. QUADRATO DEI LOMBI: agisce non solo come stabilizzatore del tronco sul piano frontale, ma sui tre piani di movimento. In sintesi: - Tutti i livelli del Sistema Nervoso Centrale sono coinvolti nel controllo posturale. L'integrità dei più alti livelli dei SNC comprese le aree motorie della corteccia è necessaria per gli aggiustamenti posturali anticipatori. L'integrità dei centri della corteccia è necessaria per la generazione degli aggiustamenti posturali compensatori. - Il controllo posturale adattativo richiede un cervelletto intatto. - La fonte di origine dei pAPA è la corteccia parietale. Questa è la prima via che si “accende” (fino a 300 ms prima che cominci il movimento) e incarica dell’esecuzione il tratto cortico-reticolo-spinale pontino, in particolare due nuclei: il pontis oralis e il pontis caudalis. QUADRI CLINICI PIU’ FREQUENTI IN BASE ALL’EMISFERO COLPITO Nell’emisfero dominante (il sinistro nei destrimani) siano responsabili delle funzioni linguistiche e delle altre forme di attività cognitiva connesse con il linguaggio; nell’emisfero non dominante (il destro nei destrimani) si attua 11 L’INTEGRAZIONE DELLO SCHEMA CORPOREO. LESIONE SINISTRA EMIPLEGIA DESTRA => disturbi del linguaggio, dislessia alcune forme di aprassia, agnosia per i colori sindromi depressive. LESIONE DESTRA EMIPLEGIA SINISTRA => problemi di schema corporeo (emiasomatognosia, anosognosia), emineglet, disorientamento spazio – temporale, comportamento disforico, indifferente. Diagnosi SINDROMICA TOPOGRAFICO – PATOLOGICA metodo semplice, veloce, adatto alla situazione dell’urgenza. Nell’ictus ischemico permette al clinico di orientare quali saranno le sindromi e le caratteristiche in base all’area intaccata. TACS: total anterior circulation sindromes o deficit emifaccia + arto superiore + arto inferiore (emiparesi o emiplegia) controlaterale la lesione o afasia (se emisfero dominante) o eminattenzione se emisfero non dominante con o senza sindrome sensitiva o emianopsia omonima PACS: Partial anterior circulation sindromes Meno grave della TACS. Quando sono presenti più deficit essi devono sempre essere riferibili allo stesso emisfero. deficit sensitivo /motorio + emianopsia; deficit sensitivo /motorio + funzione corticale superiore (afasia, disfasia, disordine visuospaziale, discalculia) deficit funzione corticale superiore + emianopsia deficit motorio / sensitivo puro (meno esteso che in s. lacunare) deficit funzione corticale sup. isolata Quindi a seconda di quanto sia periferica l’occlusione avremo caratteristiche differenti. POCS: Posterior circulation syndromes paralisi di almeno un nervo cranico omolaterale con deficit motorio e/o sensitvo controlaterale deficit motorio e/o sensitivo bilaterale disturbo coniugato dello sguardo (orizzontale o verticale ) disfunzione cerebellare, senza deficit delle vie lunghe (cerebello-cortico-midollari o cerebello-vertibolo-midollari) omolaterale 12 emianopsia isolata o cecità corticale LACS: Lacunar sindromes Sindrome caratterizzate da una piccola zona ischemica confinata al territorio di un singolo vaso, legata forse a malattia arteriosa dei piccoli vasi (arterie perforanti: perpendicolari al circolo di Willis, difficilmente vanno incontro ad occlusioni), spesso correlata con ipertensione o diabete. Si può manifestare in: Ictus sensitivo (PSS) o motorio PMS) puro Ictus sensitivo/ motorio puro SMS Emiparesi atassica (AH) Ictus sensitivo (PSS) o motorio (PMS) puro: o Sintomi puramente monolaterali o Interessamento di almeno due aree su tre (volto, braccio, gamba) o Interessamento completo degli arti coinvolti Ictus sensitivo/ motorio puro SMS o PMS e PSS associati (segni e sintomi motori e sensitivi monolaterali) o Assenza di disfunzione dei centri celebrali superiori o di deficit del campo visivo Emiparesi atassica (AH) o Segni cerebellari e piramidali ipsilaterali o Con o senza disartria o Assenza disfunzione centri superiori o di deficit del campo visivo (+ sindrome della “mano goffa”: non è un vero e proprio comportamento dell’atassia, disartria, atassia omolaterale – paresi crurale) Solo in TACS e PACS ha senso la ricerca di stenosi carotidee sintomatiche da proporre per intervento di endoarterectomia carotidea. La patologia dei piccoli vasi (LACS) ha di solito un buon esito spontaneo… Non bisogna sottoporre questi pazienti a trattamenti pericolosi come la trombolisi. SPREAD: STROKE PREVENTION AND EDUCATIONAL AEARENESS DIFFUSION Ictus Cerebrale: Linee Guida Italiane di Prevenzione e Trattamento Le lesioni totali del circolo anteriore TACS, siano esse destre o sinistre, definite secondo la classificazione di Bamford, correlano con una più elevata probabilità di disabilità residua grave, mentre non vi sono differenze apprezzabili fra gli altri sottotipi, in termini di esito funzionale. La presenza di condizioni morbose non disabilitanti, nei soggetti che subiscono un ictus, ha impatto sfavorevole sulla mortalità, ma non riduce l’entità del recupero funzionale, influenzandone unicamente la latenza. TONO MUSCOLARE: DEFINIZIONI È il grado di tensione che esiste in un muscolo normale indipendentemente dalla contrazione volontari. Elasticità di un muscolo normale, il suo stato di salute. La forza con la quale il muscolo resiste all’allungamento, cioè la sua rigidità condizionata da meccanismi neurali (riflessi / fusi neuromuscolari) e non neurali (ponti fra le fibre muscolari). 13 Il tono normale deve essere abbastanza alto per prevenire il collasso del corpo dentro la forza di gravità, ma sufficientemente basso per permettere al corpo di muoversi contro e dentro la gravità in modo armonico (provvede alla stabilizzazione dinamica parti prossimali e al movimento porzioni più distali) UPPER MOTOR NEURON SYNDROME (UMNS) La sindrome è un termine che descrive un comportamento motorio che si verifica in pazienti che per varie ragioni hanno avuto una lesione al SNC. Paralisi cerebrale, Sclerosi Multipla, Stroke, Trauma cranici, Encefalopatie sono tutte sofferenze encefali che possono intaccare il 1° motoneurone. Un disordine del controllo motorio dovuto in parte al ridotto controllo della corteccia sul midollo spinale (release effect) e caratterizzato da debolezza, deficit di coordinazione, spasticità, aumento dei riflessi miotatici e liberazione dei riflessi muscolo-cutanei. La UMNS rappresenta il prodotto della compromissione di molte vie discendenti (sindrome para-piramidale) non solo delle vie cortico-spinali. SEGNI da IPOFUNZIONAMENTO DEBOLEZZA MUSCOLARE MANCANZA DI COORDINAZIONE/DESTREZZA (DEXTERITY) AFFATICABILITA’ LENTEZZA DEL MOVIMENTO COCONTRAZIONE* RIFLESSI DI MASSA (SINERGIE PATOLOGICHE)* PERDITA DEL CONTROLLO POSTURALE (per diaschisi con cervelletto e midollo) SEGNI da IPERFUNZIONAMENTO AUMENTO DEI RIFLESSI TENDINEI CON IRRADIAZIONE (riflesso patellare) CLONO BABINSKY LA SPASTICITÀ SPASMI ESTENSORI SPASMI FLESSORI REAZIONI ASSOCIATE COCONTRAZIONE* RIFLESSI DI MASSA DISTONIE RIGIDITA’ ATETOSI UMNS: a seguito della lesione, questi segni positivi e negativi emergono, evolvono ed interagiscono fra loro, formando un quadro clinico dinamico durante la fase di recupero in esiti di stroke. Segni nell’UMNS più frequenti nella nostra pratica clinica: Spasticità e suoi schemi tipici Riflessi di massa Clono Reazioni associate Sincinesie 14 Cos’è la spasticità: nonostante la spasticità sia difficile da definire, neurologi medici, fisioterapisti la riconoscono quando si presenta all’interno di un quadro clinico. Alla fine, ciò che pensano lo applicano nella valutazione – trattamento. È un disordine motorio che si sviluppa gradualmente in risposta ad una parziale o completa perdita del controllo sopraspinale sulle funzioni del midollo spinale. È caratterizzata da un’alterazione dei pattern di attivazione delle unità motorie che seguono ad un comando centrale o ad input periferico che porta alla co - contrazione, a movimenti di massa ed a pattern posturali anormali. Disordine del movimento caratterizzato da un aumento velocità-dipendente dei riflessi tonici di stiramento (tono muscolare) con esagerazione dei riflessi tendinei, del riflesso derivante dalla ipereccitabilità del riflesso da stiramento. È uno degli aspetti della sindrome del motoneurone superiore (1980) Allo stiramento, il muscolo oppone resistenza di tipo: 1. “coltello a serramanico” vie (para)piramidali inizialmente intensa poi diminuisce bruscamente superata una certa ampiezza articolare permettendo il completamento del movimento. Una volta rilasciato il muscolo torna alla sua posizione iniziale 2. resistenza continua vie extrapiramidali dall’inizio a fine “range” (a tubo di piombo: nel parkisoniano) o si distribuisce secondo una topografia caratteristica o di intensità variabile fluttuante anche nell’arco della stessa giornata Definita da SPASM: gruppo di supporto professionisti in riabilitazione, per l’assemblaggio e revisione in letteratura circa la Valutazione e La Misura Della Spasticità. Disordine del controllo sensomotorio, derivante da una lesione del primo motoneurone, che si manifesta come una intermittente o costante attivazione involontaria dei muscoli. Grazie a studi realizzati con la tossina botulinica (iniettata anche a livello della placca neuromotoria per bloccare l’acetilcolina e bloccare la trasmissione di contrazione a quel muscolo), che la maggior parte delle risposte in flessione del muscolo dell’emiplegico adulto non sono patologiche, non sono ipertoniche. L’evidenza statistica dimostra che l’80% dei pazienti non necessitava di botulino, perché avevano EMG negativo, che mostrava una debolezza dell’antagonista e un debole controllo volontario dell’arto che produce un pattern stereotipato. Quindi: il botulino si inocula quando c’è iperattività a riposo del muscolo così da spegnerlo, ma si scoprì che in caso di spasticità il braccio rimane flesso, non si rilascia. La spasticità è un fenomeno polifattoriale condizionata da: ridotto controllo discendente riduzione dell’afferenza periferica ipereccitabilità dei motoneuroni a e gamma iporeflessia degli organi del golgi perdita dei meccanismi di inibizione reciproca (modulazione interneuroni) perdita del “contrasto anticipatorio “ modificazioni biomeccaniche muscolari reazioni associate. Modificazioni delle strutture connettivali Modificazioni legate all’immobilizzazione muscolare (posizioni di accorciamento) aumentata la proporzione di collagene nelle fibre muscolari. 15 L’ipertono (precoce elicitazione di componenti funzionali correlate allo stato di accorciamento/densificazione del connettivo) è il risultato di componenti neurali e biomeccaniche Tixotropia tissutale → passaggio gel – sol per energia meccanica incremento della sensibilità allo stiramento delle fibre intrafusali. Debolezza/deficit di attivazione/sincronizzazione funzionale La debolezza muscolare non è correlata alla spasticità del muscolo antagonista. Il deficit di attivazione comporta una riduzione del numero di fibre muscolari attivate, scarsa sincronizzazione e ridotta “scarica” delle unità motorie (impoverimento quindi globale neuro-motorio) Nel muscolo “spastico” osserviamo una atrofia selettiva delle fibre muscolari veloci e velocemente affaticabili mentre si osserva una ipertrofia delle fibre lente e resistenti alla fatica. Nell’approccio clinico e nel tentativo di misurazione è necessario differenziare caratteristiche muscolari tipiche della UMS come cocontrazione e distonia spastica, resistenza allo stiramento offerta da rigidità parkinsoniana piuttosto che da retrazioni tendinee. Permane una oggettiva difficoltà data dalla inscindibilità, nell’ipertono spastico, tra ciò che è fattore neurogeno (aumento frequenza di scarica dei motoneuroni) a ciò che più dipende dalle variazioni delle proprietà viscoelastiche muscolari. TELEONOMIA DELLA SPASTICITÀ: in biologia, termine introdotto da J. Monod (1970) per indicare il finalismo insito nelle strutture e nelle forme tipiche degli organismi viventi, dovuto all’azione della selezione naturale, che favorisce le strutture e le funzioni adatte allo svolgimento delle attività vitali ed elimina quelle inadeguate). Prodotto del deficit di controllo dei centri superiori sui centri spinali: sintomo del deficit di inibizione prodotto della plasticità neurale prodotto della riorganizzazione strutturale e/o funzionale a livello spinale (ricreazione di circuiti funzionali che strutturano meccanismi più semplici per la contrazione muscolare) l’iperattività riflessa può essere concettualizzata come una risposta adattativa. STRATEGIA DI COMPENSO IPERTONICA COME “RIEMPIMENTO PERCETTIVO “ Al sistema di controllo possono giungere informazione alterate o può non essere in grado di interpretarle. Esso, comunque, le utilizza per strutturare una azione specifica. Debolezza e disturbi della sensibilità, portano l’organismo ad incrementare il tono per es: degli arti per aumentarne la percezione sia durante il gesto o per ridurre al minimo le varianti informazionali nelle posture (immobilità ipertonica) IPOTESI DI LAVORO dall’osservazione clinica: «La prima volta che un paziente scende dal letto (in acuto) è flaccido, e dopo alcune settimane, dopo molte ripetizioni diventa rigido, non solo dal lato emiparetico, ma anche dal lato meno affetto. Nei pazienti la rigidità è una reazione a un movimento volontario realizzato senza controllo posturale…. (?)» Riassumendo la spasticità è multifattoriale e dipende da: 1. movimenti compensatori, tentate soluzioni 2. controllo motorio 3. proprietà elastiche del muscolo 16 4. proprietà delle fibre muscolari 5. percezione 6. set posturale, allineamento biomeccanico 7. fattori ambientali LE REAZIONI ASSOCIATE Le reazioni associate sono reazioni posturali senza controllo volontario e possono essere provocate spesso da attività che destabilizzano il corpo. La reazione associata include muscoli in parti del corpo che sono lontane dall’area di spostamento. Sono una risposta positiva del SNC perchè mostrano un recupero, però sono sempre accompagnate da una selettiva debolezza – tono basso. Spesso sono registrate all’interno di attività muscolari normali, cioè non sono reazioni ipertoniche e non fanno parte della spasticità. Sono legate piuttosto alla mancanza di controllo posturale adeguato. Sono una reazione alla perdita di stabilità necessaria per mantenere la postura o muoversi. Le reazioni associate sono in parte un segno di protezione o reazione vestibolare per perdita di controllo posturale. Possono essere modificate se il controllo posturale aumenta la sua efficacia e se aumenta l’equilibrio agonista-antagonista. Per quanto la spasticità sia stata considerata causa principale di disabilità dopo lesione centrale, molti autori concordano oggi nel definire che i segni negativi siano più determinanti nel produrre il deficit funzionale e le limitazioni biomeccaniche. L'incremento del tono non è attualmente riconosciuto come la causa principale della disfunzione del movimento. È stato ampiamente riconosciuto che i principali deficit funzionali dopo una lesione cerebrale siano prevalentemente dovuti ai segni negativi come la debolezza e la perdita di destrezza più che alla spasticità. La contrattura è la complicazione secondaria comune della paresi e della debolezza che seguono un danno al SNC. L’incapacità di muovere le articolazioni a pieno range dovuto alla debolezza è la causa principale delle limitazioni biomeccaniche. In aggiunta, la presenza di segni positivi nelle UMNS come la spasticità, può avere un ruolo nello sviluppo delle componenti non neurali con ulteriore riduzione del ROM. Soggetto emiplegico dx nel tentativo di dirigere l’arto in un gesto di presa: 17 Osservazione video: 1. Emiplegica dx, passaggio posturale eretto-supino (video 1, donna): Macroscopicamente: può essere considerata autonoma perché fa il passaggio da sola. Arto superiore: la mano sx protegge la dx perché sa che durante la camminata potrebbe ciondolare. Il braccio dx ha sincinesie patologiche: ovvero movimenti associati patologici che compaiono durante movimenti a carico di altre parti del corpo. La pz ha sincinesie patologiche flessorie agli arti superiori e, in stazione eretta, l’arto inferiore è iperesteso: estensione di ginocchio e flessione plantare di caviglia (co-contrazione dei muscoli per consentirle di stare in piedi, questa co-contrazione è poco modulabile. Questa co-contrazione aumenta nel momento in cui viene sollecitato nel compiere movimenti). Sollecitazione addominale per portare entrambe le gambe sul lettino. Nella “caduta” bisogna avere un ben controllo eccentrico degli addominali, lei però ha adottato una strategia si è ancorata ai sui flessori d’anca per scendere sdraiata. Comportamento dell’arto inferiore: in partenza tende a fare il primo passo con l’arto sano: sceglie una colonna di stabilità dx; poi ha difficoltà nel sganciare il piede da terra, che in stazione eretta è in una posizione di spinta (flessione plantare). Mentre si sta sedendo sul lettino mantiene l’arto inferiore dx in estensione: non riesce a cambiare il pattern estensorio in flessiorio, la gamba sx quindi deve flettersi maggiormente. Si carica più sulla gamba sx e poi si lascia cadere sul lettino. Dinamica dell’arto inferiore dx complessivo durante la discesa da seduta a supina: il ginocchio sballonzola e rimane aggrappata ai suoi flessori d’anca. Non riesce ad appoggiare il piede dx per fare i “ponte” e posizionarsi bene supina. Ha una carenza di schemi motori, ha uno schema rigido, ma comunque è “funzionale” poiché lo sa fare da sola. 2. Emiplegica dx, passaggio posturale supina-seduta (video 4, donna): Braccio dx: rimane flesso per tutto il passaggio, durante il passaggio ha ulteriormente flesso polso e dita: questa co-contrazione patologica si enfatizza durante lo sforzo eseguito nel passaggio posturale. Usa il sx per eseguire il passaggio spingendosi sul lettino. Arti inferiori: usa il sx per spingersi in stazione seduta. L’agganciamento ai sui addominali fa entrare in uno schema flessorio i suoi arti inferiori. Avendo difficoltà negli addominali usa una strategia: usa l’arto inferiore sx come “lancio” per poi agganciarsi ad essa per sollevarsi. Passaggio posturale guidato da un operatore: passaggio seduta-supina aiuto: porre un cuneo sul letto per raggiungere la posizione semi-declina, in questo modo riesce a raggiungere la posizione senza che vada poi in iperlordosi, slanciare le gambe e aggrapparti ai suoi flessori d’anca. Sentendo l’appoggio dietro la schiena prima (grazie ai cuscini) ha permesso di eliminare quella parte del passaggio posturale che le avrebbe permesso l’irradiazione. 3. Passaggio supina declina-seduta: triplice flessione guidata dell’arto inferiore partendo dalla caviglia, poi fletto il ginocchio e poi anca. Questo è stato fatto per evitare che questa gamba venisse lanciata per potersi poi aggrappare ad essa per sollevarsi (ciò che si vedeva nel passaggio posturale senza aiuto), l’abbiamo quindi portata fuori dal suo schema di movimento. 18 Da qui porto in eccentrica i sui flessori d’anca andando a portare l’arto plegico giù dal letto. Con una mano il terapista le tiene il piede in dorsiflessione facendole sentire da punto di vista propriocettivo la pressione sul tallone. Poi appoggia il suo piede su un tavolino, in modo che abbia un’afferenza tattile. Ora faccio fare un’attività di contrazione degli addominali, adeguata alle sue capacità, e la porto in stazione seduta. I movimenti devono essere lenti per contrastare gli stretch-reflex. Con una mano le si prende il tenar della mano sana e le si indirizza l’arto superiore verso l’alto e l’avanti e seguendo quella traiettoria lei arriva alla stazione seduta. In questo modo lei non ha irradiato perifericamente (ovvero non ha scalciato con l’arto plegico in estensione ginocchio) poiché è stato fatto un lavoro alle sue esigenze. 4. Emiplegico destro uomo: Utilizza il bastone, ma non si carica sopra eccessivamente Il suo problema principale è la percezione. Non ha il controllo della situazione, lui è molto più statico risetto alla donna. È quindi molto più invalidante rispetto alla donna. Non esplora lo spazio, ha bisogno di guardarsi i piedi. 5. Video chiusura armadietto con le chiavi: Per lo sforzo è come se entrasse in apnea. Il pz ha sincinesie di imitazione: imita il movimento di apertura della chiave anche con l’altra mano sana. In questo pz l’area motoria non è così devastata. In fini riabilitativi: rendere cosciente il pz del fatto che lui sta muovendo l’altra mano, quindi deve imparare a non disperdere il compito. Ha avuto una compromissione delle vie cerebellari. 6. Video elevazione arto superiore: Fa un gesto di “lancio” Sballottamento finale: clono LA PLASTICITA’ DEL SNC IN SEGUITO A LESIONE o IL RECUPERO SPONTANEO 19 o RIORGANIZZAZIONE DEI MECCANISMI NEURONALI indotti dalla pratica Capacità adattive del cervello che gli consentono di modificarsi a livello microstrutturale in risposta a sollecitazioni sia intrinseche che estrinseche all’organismo. Le modifiche sono: ultrastrutturali (rimaneggiamenti sinaptici) delle mappe corticali Modificazioni ultrastrutturali Turnover o rimaneggiamento di terminali sinaptici fenomeno che avviene in molte fasi della vita o in condizioni fisiologiche: nel periodo maturativo per ogni tipo di apprendimento; o nella vita adulta: in risposta a variazioni dei livelli neurotrasmettitoriali ed ormonali di fronte a problemi nuovi o in condizioni para-fisiologiche: compensazione di perdita di microcircuiti neuronali (es. invecchiamento) o in condizioni patologiche: fenomeni di recupero dopo lesioni focali del SNC con invasione di siti sinaptici liberi da parte di assoni non lesionati e fenomeno dello sprounting. Capacità del SNC di modellare la propria fisiologia e anatomia a livello cellulare in risposta a stimoli interni ed esterni. Dopo stroke: RECUPERO ESTRINSECO Compensatorio, adattivo. La funzione è compensata, viene sostituita ex-novo. L’emisfero sano subisce modificazioni morfologiche sovente in senso ipertrofico. RECUPERO INTRINSECO Possibilità di riottenere un controllo nervoso sugli arti paralizzati in grado di permettere il ripristino di una motricità funzionale. Ipertrofia delle zone perilesionali. La riorganizzazione corticale è “use-dependent” ed è guidata da specifici stimoli che arrivano dall’esterno, e controllata da alcune terapie. La natura del recupero spontaneo post stroke o Diaschisi shock celebrale Effetti a distanza di una lesione cerebrale, che provoca una brusca disconnessione funzionale, anche fra aree e strutture che non sono anatomicamente connesse fra loro. La d. si evidenzia durante il decorso clinico delle lesioni ischemiche (o emorragiche) cerebrali e cerebellari. Nel danno cerebrale si ha una prima fase acuta di shock, dove l’inibizione è molto ampia e coinvolge molte zone del cervello e dei circuiti nervosi: per es., corrisponde, in un ictus (per inibizione corticospinale), alla paralisi flaccida della fase acuta, accompagnata al mancato controllo sfinterico. Dopo questa fase alcuni circuiti neuronali, quelli formati da poche sinapsi, si deinibiscono e si riorganizzano. o Primo recupero spontaneo: prime 3 – 4 settimane dopo la lesione 20 o Recupero tardivo: dopo la 3°-4° settimana attraverso i meccanismi di sprouting, smascheramento e ridondanza. L’adattamento della performance motoria: I COMPENSI o modificazione della “priorità” del SNC da economia a stabilità o il movimento patologico o adattamento alle condizioni proprie muscoloscheletriche (vincoli) o caratteristiche dell’ambiente esterno nel determinare il feedback La riorganizzazione dei meccanismi neuronali indotti dal trattamento Modificazioni anatomiche o SMASCHERAMENTO: aree alternative possono sostituire le danneggiate attraverso attività modificate in sinapsi preesistenti. o SPROUTING DENDRITICO E ASSONALE: proliferazione di processi dendritici ed assonali da neuroni non danneggiati. o RIGENERAZIONE ASSONALE: ricrescita di aree danneggiate verso la loro situazione prelesionale (principalmente nel SNP: reazioni gliari) o SINAPTOGENESI: perdita e ricostruzione di sinapsi in risposta alla stimolazione (talvolta in risposta allo sprouting neurale). Riorganizzazione sinaptica. Modificazioni fisiologiche o Aumento di sensibilità a particolari neurotrasmettitori es: modificazione della modulazione colinergica o noradrenergica sullo spazio sinaptico indotta da fenomeni di tipo attenzionale. o Fenomeno del “potenziamento a lungo termine”: un cambio attività dipendente nella efficacia sinaptica base fisiologica per l’immagazzinamento delle informazioni nel cervello (?) EVOLUZIONE DELLA RIPRESA MOTORIA RELATIVA AL TONO MUSCOLARE ⇒ NORMOTONIA ⇒ IPOTONIA PROLUNGATA ⇒ IPERTONIA ⇒ DISTONIA NORMOTONIA 21 Dall’ipotonia iniziale si ha una ricomparsa della motricità globale degli arti con sequenza motoria normale (arto superiore). IPERTONIA Attività motorie caratterizzate da ripresa prossimo distale, dapprima all’arto inferiore, secondo gli schemi patologici tipici delle sinergie primitive, possibilità limitate per la motricità della mano. Solo un 30% circa dei casi evolve così. IPOTONIA PROLUNGATA Prolungato permanere dello stato iniziale di flaccidità al tronco ed agli arti senza alcuna ripresa motoria oltre il limite della 2° - 4° settimana. Può evolvere verso: o IPOTONIA PROLUNGATA PSEUDOPERIFERICA. Simile alla lesione del 2° motoneurone: “piede cadente” + recurvatum del ginocchio o FORMA MISTA Arti permangono ipotonici sia al fulcro prossimale che a quello intermedio, anca instabile, recurvatum, ipo o ipertono secondario al piede deambulazione possibile solo con ausili, mano in semiflessione, arto sup. non funzionale ma autogestibile. o RIPRESA DISTO-PROSSIMALE. Compare spesso tardivamente, a diversi mesi dall’ictus, ha prognosi favorevole. Inizia con movimenti selettivi della mano e coinvolge via via i fulcri fino alla spalla...CON EVOLUZIONE VERSO LA DISTONIA. Con la ripresa del fulcro intermedio e prossimale comparsa di fluttuazioni toniche agonisti – antagonisti (lesione sistema extrapiramidale). Compromette l’utilizzo funzionale della mano. DISTONIA Disturbo qualitativo del movimento rispetto a un deficit di forza – ampiezza (inadeguata fissazione innervaz. reciproca) o DISTONIA IPERCINETICA Oscillazioni rapide incontrollate degli arti nella fase del gesto o DISTURBO IPOCINETICO – SPAZIALE Tentativo di fissare i propri arti in posture estreme, bizzarre (iperestensione dita, gomito, caviglia...) con ridotta iniziativa motoria, gesti rallentati, riduzione mov. Associati. o DISTONIA MISTA Pur assumendo posture auto fissanti anomale riesce a svincolarsi da esse per attuare movimenti (discronometrici) non sempre con successo. EVOLUZIONE VERSO LA DISTONIA Scelta primaria dopo fase ipotonica breve o Giunge al cammino precocemente con caratteristico “tallonamento” (passo dell’oca) o Arto superiore: o in sinergia flex.= abd., semiflex.al gomito e polso (ulnare) e pollice ++ add. o in sinergia est.= abd. , esteso ed intraruotato , mano semiflex. o a pugno. Scelta secondaria ad un lungo periodo di ipotonia, evoluzione disto – prossimale Con il recupero dei fulcri prossimali aumentano le oscillazioni acquisizione di cammino incerto con distacco 22 ritardato esagerata oscillazione. Questi tipi di forme di recupero dipendono da una compromissione delle vie extrapiramidale e da deficit sensitivo. SCELTE MISTE Conseguenti a lesioni non strettamente riferibili ad aree celebrali o sistemi di fibre (vasculopatie multiple) Sovrapposizione di più sindromi piramidali + exrapiramidali (es. distonia ipocinetica). LA PIANIFICAZIONE DELL’ASSISTENZA RIABILITATIVA SPREAD: STROKE PREVENTION AND EDUCATIONAL AWARENESS DIFFUSION Linee Guida Italiane di Prevenzione e Trattamento Nella pianificazione dell’intervento riabilitativo è indicato definire le priorità del piano di trattamento in ragione della gerarchia funzionale del recupero dell’autonomia e delle esigenze assistenziali. (GRADO C) È indicato che il progetto riabilitativo sia il prodotto dell’interazione tra il paziente e la sua famiglia e di un team interprofessionale, coordinato da un esperto nella riabilitazione dell’ictus. Il team deve riunirsi periodicamente per identificare i problemi aperti, definire gli obiettivi riabilitativi più appropriati, valutare i progressi e pianificare la dimissione. CARATTERISTICHE DEL PROGETTO RIABILITATIVO INDIVIDUALE (PRI) 23 indicazione del medico responsabile; pianificazione sulla base delle abilità residue e delle attività recuperabili, dei fattori ambientali, contestuali e personali dei bisogni e delle preferenze del paziente e dei familiari; identificazione degli esiti desiderati, delle priorità e delle aspettative del paziente, dei familiari e del team che ha preso in carico il paziente; valutazione delle problematiche del paziente, anche se non sono oggetto di interventi riabilitativi specifici; definizione del ruolo dei singoli componenti del team riabilitativo, rispetto alle azioni previste per il raggiungimento degli esiti desiderati; esplicitazione degli obiettivi a breve, medio e lungo termine, con i tempi previsti e le azioni necessarie al loro raggiungimento; comunicazione al paziente ed ai familiari in modo comprensibile ed appropriato; documentazione condivisibile di ogni intervento realizzato dal team riabilitativo. INDICAZIONI CONTENUTE NEL PROGRAMMA RIABILITATIVO modalità di presa in carico da parte di una determinata struttura dell’area riabilitativa redatta dal professionista sanitario di riferimento; interventi specifici durante il periodo di presa in carico in relazione ad; obiettivi immediati ed a breve termine da raggiungere da parte di ciascun professionista sanitario; misure di esito atteso appropriate per la valutazione degli interventi secondo scelte certificate; tempo di verifica di un dato esito; verifica periodica e relativi aggiornamenti; riferimento costante al progetto riabilitativo. GPP: È indicato vagliare la disponibilità delle risorse da distribuire per la durata del periodo da dedicare al recupero funzionale, prima di proporre il programma riabilitativo, onde accertarne la fattibilità. VALUTAZIONI NECESSARIE AL CONTENIMENTO DELLA DISABILITÀ RESIDUA DOPO L’ICTUS (SPREAD 2007) o Valutazione clinica durante la fase acuta o Screening riabilitativo o Valutazione all’ammissione in struttura riabilitativa o Valutazione durante la riabilitazione o Valutazione dopo la dimissione (GRADO D) È indicato programmare controlli longitudinali per verificare il raggiungimento degli obiettivi sulla base della previsione del tempo necessario all’ottenimento dei risultati attesi e valutare l’autonomia raggiunta dal paziente nelle attività della vita quotidiana utilizzando il Barthel Index o la Functional Independence Measure (FIM). 24 IL CAMMINO o PARAMETRI SPAZIO-TEMPORALI DEL CAMMINO: sono parametri che ci descrivono in generale, in termini di distanze e tempo, il passo. o MOVIMENTI DEL CENTRO DI MASSA: CoM => ci permette di calcolare la spesa energetica del cammino e sviluppare modelli della locomozione. o MOVIMENTI DEI SEGMENTI CORPOREI: conoscendo i movimenti dei segmenti corporei è possibile calcolare gli angoli articolari. o ATTIVITA’ MUSCOLARE: attraverso l’elettromiografia riesco a percepire informazioni sull’attivazione muscolare. Ground reaction force (GRF) => attraverso una pedana si dà la misurazione della forza rispetto al peso. Sapendo forza e centro di rotazione posso calcolare => I MOMENTI MECCANICI GAIT CYCLE => ciclo del passo, unità fondamentale e funzionale del cammino. La locomozione è una serie ciclica di movimenti. Il ciclo inizia con il contatto del tallone (0%) => Heel contact, Heel strike o initial contact. A seguire ci sono 2 semi-passi per completare il passo. Il ciclo termina con il contatto dello stesso piede al passo successivo (100%). STRIDE (passo/falcata): movimenti fra successivi contatti iniziali dello stesso piede. Dal piede destro al piede destro. STEP (semi-passo): movimenti fra successivi contatti iniziali di piedi opposti. Dal piede destro al piede sinistro. 25 PARAMETRI SPAZIALI DEL CAMMINO Sono parametri che descrivono in generale il cammino in termini di distanze e tempi dei passi. Mediamente = 144cm, lunghezza dello stride. PARAMETRI DI DISTANZA o Lunghezza dello stride/passo: distanza fra due heel-contact successivi dello stesso arto (m) o Lunghezza dello step/semi passo: distanza fra due heel-contact successivi (m), solitamente sono uguali per entrambe le gambe. o Larghezza dello step: distanza laterale tra i talloni in step successivi (m). o Angolo del piede: angolo tra la linea di progressione del corpo e l’asse lungo del piede (deg). o Asse longitudinale del piede: dipende da come definisco il sistema di riferimento L’analisi del passo permette di identificare eventuali asimmetrie. PARAMETRI TEMPORALI o Cadenza (step-rate): numero di step nell’unità di tempo (steps/s) o Durata dello stride (stride-time): durata di uno stride (s) o Durata dello step (step-time): durata di uno step destro o sinistro (s) o Velocità del cammino: distanza percorsa al secondo (m/s) I parametri spazio-temporali variano con la velocità del cammino. Ad esempio, un aumento della velocità è generalmente associato a: o Spazio: aumento della lunghezza dello stride (o dello step) o Tempo: aumento della cadenza (o minore durata dello stride) STRIDE vs GAIT CYCLE Stride successivi possono avere caratteristiche diverse. Come si fa a caratterizzare il passo medio? Normalizzazione nel tempo (0%-100%), ottenendo il Gait cycle (divisione in percentuale dello stride, NORMALIZZAZIONE SUL TEMPO DELLO STRIDE). È una descrizione del passo espressa in % di tempo dello stride. 0% primo appoggio del piede destro, 100% appoggio successivo con lo stesso piede. SUDDIVISIONE DEL GAIT CYCLE o Fase di appoggio (stance phase): il piede è in contatto con il suolo (occupa il 60% dell’intero ciclo) o Fase di volo (swing phase): il piede è sollevato per l’avanzamento dell’arto (occupa il 40% dell’intero ciclo) o Doppio appoggio (double-limb support): entrambi i piedi in contatto con il suolo (2 fasi all’interno del gait cycle) => linee rosse o Singolo appoggio (single-limb support): un solo piede in contatto con il suolo (2 fasi) => linee verdi 26 Il primo periodo di doppio appoggio lo osserviamo dallo 0% al 10% 1. Il peso viene trasferito dall’arto inferiore sinistro a quello destro 2. Il peso grava interamente sull’arto inferiore destro e rimane in singolo appoggio fino al 50%. Durante questo periodo l’arto di sinistra è nella sua fase di volo mentre cerca di portarsi in avanti. Il secondo periodo di appoggio bipodalico lo osserviamo tra il 50% e il 60% del ciclo del cammino. 3. Trasferimento del peso del corpo dall’arto di destra all’arto di sinistra. Dal 60% al 100% la fase di appoggio è mono podalica sull’arto di sinistra, mentre il destro si trova in fase di volo. 4. Il peso grava interamente sull’arto inferiore sinistro La durata percentuale di queste fasi varia con la velocità del cammino. Diminuisce il doppio appoggio, ci avviciniamo alla corsa, in cui non abbiamo fase di doppio appoggio. Aumentando la velocità del cammino: o I periodi di double-limb support, ovvero di doppio appoggio, si accorciano o La stance-phase, la fase di appoggio si accorcia, la fase di volo si allunga SUDDIVISIONE DI STANCE E SWING Durante la fase di appoggio sono descritti 5 eventi: 1. Contatto del tallone: il tallone entra in contatto con il suolo => heel contact (0%) 2. Appoggio del piede: l’intera pianta del piede entra in contatto con il suolo => foot flat (8%) 3. Completo appoggio: Il CoM supera l’arto di supporto, in appoggio => mid stance (30% del ciclo) È definito anche come il momento in cui l’arto in fase di volo raggiunge l’arto in fase di appoggio (i piedi sono affiancati). 4. Distacco del tallone: il tallone cessa di essere in contatto con il suolo. Si verifica tra il 30% e il 50% del ciclo del cammino => heel off 5. Distacco delle dita: la punta del piede (le dita) cessa di essere in contatto con il suolo => toe off (60%). Tra il 40% e il 60% del ciclo del cammino si verifica il periodo di PUSH OFF e corrisponde al movimento di flessione plantare della caviglia => maggiore momento di propulsione. (Tra heel off e toe off c’è il PUSH OFF) 27 Durante la fase di volo descriviamo 3 momenti: 1) Oscillazione iniziale: va dal momento del sollevamento delle dita all’oscillazione intermedia à dal 60% al 75% del ciclo del cammino 2) Oscillazione intermedia: corrisponde al periodo che precede e segue l’evento di pieno appoggio dell’arto inferiore opposto, quando il piede dell’arto in volo passa accanto al piede in appoggio à dal 75 al 85% del ciclo del cammino. Da poco prima a poco dopo del mid-stance dell’arto opposto => mid swing 3) Oscillazione finale: periodo che va dalla fine dell’oscillazione intermedia al contatto del piede con il suolo a 85-100% del ciclo del cammino. Tra l’early swing e il late swing. Il passo può essere suddiviso in periodi, in base alle richieste funzionali necessarie ad eseguire tre compiti motori: 1) Accettazione del carico => trasferimento immediato del peso del corpo su un arto instabile, che prima si trovava in fase di volo (swing) 2) Contatto iniziale: il piede entra in contatto con il suolo. L’arto deve essere posizionato in modo da iniziare l’appoggio con il rotolamento del calcagno. 3) Risposta al carico => fase iniziale di doppio appoggio. L’arto deve assorbire l’impatto, stabilizzare il carico, far continuare la progressione. Appoggio singolo => un solo arto sostiene il peso del corpo 1) Appoggio intermedio: dallo stacco del piede controlaterale (opposto a quello appoggiato prima) al momento in cui il peso grava sull’avampiede. Obiettivo => Stabilità e progressione del corpo. 28 2) Appoggio terminale: fino all’appoggio del piede che era in volo. Il peso del corpo va oltre l’avampiede per favorire la progressione in avanti. Avanzamento dell’arto => posizionamento e oscillazione dell’arto in avanti. 3) Pre-oscillazione: dal contatto iniziale dell’arto controlaterale al distacco del piede omolaterale (doppio appoggio). Trasferimento del peso e posizionamento dell’arto per l’oscillazione. 4) Oscillazione iniziale: dal sollevamento del piede a quando il piede in oscillazione è prossimo a quello in appoggio. Sollevamento e avanzamento dell’arto. 1. Oscillazione intermedia: l’arto in oscillazione avanza fino a quando la tibia è verticale. Avanzamento dell’arto e sollevamento del piede dal suolo. 2. Oscillazione finale: l’arto in oscillazione avanza fino al contatto con il suolo. Completo avanzamento dell’arto e preparazione all’appoggio. PARTE NUOVA 29 RUOLO DELL’INPUT PERIFERICO L’attività CPG è modulata dall’afferenza sensoriale in senso fase-dipendente. Informazioni propriocettive dall’ ANCA: o Influenzano i CPG nel timing delle fasi di transizione e modulano l’attività globale dell’arto. o I propriocettori d’anca hanno forte influenza sull’inizio del cammino. o I fusi neuromuscolari dei flessori d’anca guidano la transizione tra fase di stance e di swing (estensione vera necessaria!) o Inputs dalla caviglia hanno un effetto inibitorio sulla componente flessoria dei CPG. o Segnali all’Ib dai tendini degli estensori di caviglia inibiscono gli stessi mn. in fase di riposo mentre li eccitano in fase di carico. La fase di swing non inizia finché l’arto non è scaricato. o Le fibre del gruppo 2 contribuiscono all’attivazione del soleo quando i plantaflessori sono rapidamente allungati durante il cammino. o In caso di contatto con un ostacolo i recettori cutanei facilitano la flessione se l’arto è in fase di swing. Lo stesso stimolo produce estensione in fase di carico. La muscolatura intrinseca agisce da primo stabilizzatore per facilitare l’attivazione della muscolatura estrinseca e sostenere la propriocezione del piede allo stesso modo in cui lavorano i muscoli lombo pelvici per la stabilità del tronco. ESPERIENZA PRATICA Il controllo posturale è permesso dall’azione di diversi sistemi discendenti che interagiscono tra loro per determinare un corretto controllo antigravitario, permesso tramite la corretta attivazione dei muscoli stabilizzatori. 30 Tra i circuiti di controllo posturale abbiamo i circuiti a feed-forward (sistema cortico-reticolo-spinale, un sistema che permette di produrre gli APA) e circuiti a feed-back (sistema vestibolo-spinale e tettospinale, ovvero circuiti che mettono in atto strategie compensatorie per andare a neutralizzare le perturbazioni esterne non previste durante il movimento). In seguito ad un danno corticale il sistema posturale che viene compromesso direttamente è il cortico-reticolo-spinale, il quale non potrà più andare a modulare l’azione degli altri sistemi antigravitari, i quali risulteranno quindi essere ugualmente compromessi, ma in modo indiretto. Perciò, ciò che si osserva a seguito di una lesione centrale a livello corticale, è una iperattivazione del sistema vestibolo spinale (o meglio, manca una sua modulazione da parte del cortico-reticolo-spinale) e questo comporta un deficit nel produrre i corretti APA e di conseguenza un deficit di controllo posturale. Si crea inbalance tra i sistemi discendenti di controllo posturale e ciò che ne consegue è un reclutamento di origine vestibolare sulla muscolatura non propriamente stabilizzatoria, ma mobilizzatoria. Si crea infatti una strategia di fissazione che impedisce a questi muscoli mobilizzatori di essere svincolati e utilizzati per produrre movimento. Il pz, infatti, per poter vincere la forza di gravità e mantenere una determinata postura, andrà a creare degli schemi fissatori con gli arti limitandone la possibilità di eseguire movimenti finalistici purché lui abbia conservato la possibilità di fare quel determinato movimento. Nel soggetto emiplegico: L’estensione antigravitaria è compromessa per l’effetto del danno centrale: o La “Deep Core” che produce stabilità pelvica e accelerazione lineare a partenza lombare è la più deficitaria in conseguenza al danno diretto o indiretto del sistema cortico-reticolo-spinale. o Il tentativo di mantenersi sostenuti contro la gravità è spesso compensato dalla testa, dal tronco superiore e dall’arto superiore meno affetto per opera dei sistemi tettospinale, vestibolospinale o per attività compensatoria dell’emisfero controlaterale. o Il deficit estensorio è evidente anche sul lato meno affetto. o Tutto questo porta a incapacità a produrre gli APA’s del tronco necessari per sostenere la postura antigravitaria e il movimento selettivo degli arti. ACCELERAZIONE LINEARE: o È un’estensione antigravitaria selettiva che si sviluppa vertebra per vertebra: a partenza sacrale, coinvolge tutta la colonna fino all’occipite. o È una co-attivazione (non co-contrazione) di addominali e multifidi che permette di muoverci eccentricamente contro gravità innalzando il centro di massa. o Coinvolge i muscoli della deep-core: Multifidi ed erettori spinali profondi Trasverso dell’addome Obliquo interno Pavimento pelvico Diaframma 31 Fibre posteriori dello psoas Fibre mediali del quadrato dei lombi CORE: Cintura muscolare che mette in connessione trasverso dell’addome, obliquo esterno, dentato anteriore e romboidi. Attraverso una continuità fasciale che collega questi muscoli permette di creare una “cintura” che collega la porzione addominale con il cingolo scapolare. La deep core è l’anello di congiunzione tra la parte superiore e inferiore del corpo: il corretto orientamento della pelvi influenza il tronco superiore e le scapole e l’orientamento degli arti superiori ma anche la posizione dei femori e delle tibie in relazione all’attività del piede. Quindi un corretto controllo del core comporta un adeguato setting della scapola, ed un corretto setting posturale della scapola permette alle braccia di essere laterali al tronco e quindi in una posizione adeguata per oscillare (e non in uno schema di fissazione come invece si osserva in un pz con lesione al SNC). La stabilità del core consente di frazionare il movimento. Se ho una buona stabilità centrale io posso usare gli arti per frazionare il movimento. In caso di lesione centrale, i muscoli stabilizzatori del core non sono reclutati correttamente (causa dell’inbalance tra i sistemi discendenti) e tutto questo per compenso si vanno a reclutare i muscoli mobilizzatori che comporta la comparsa di uno schema di fissazione dove il movimento non può più essere frazionato. Esempio pratico: per un corretto passaggio posturale stand-to sit, nella prima fase del passaggio occorre mettere in atto una buona stabilità del core per consentire un corretto frazionamento del movimento a carico degli arti inferiori, ovvero consentire una iniziale flessione di anca, ginocchio e caviglia mantenendo una buona stabilita centrale: Questo frazionamento è permesso dalla strategia di caviglia In caso di un pz con lesione centrale il frazionamento di movimento non avviene poiché non ha una core performante e inoltre parte da una postura in chiave di fissazione e quindi ciò che si osserva è: non fraziona il movimento e mette in atto la strategia d’anca e non caviglia. (postura completamente diversa da quella sopra). 32 Tra i vari muscoli mobilizzatori quello che viene maggiormente reclutato come stabilizzatore in caso di lesione centrale è il gran dorsale. L’azione del gran dorsale è: estensione braccio, adduzione e intrarotazione. Questi sono esattamente i movimenti opposti al reaching (elevazione braccio, extrarotazione e abduzione) quindi possiamo dire che attivare il gran dorsale come stabilizzarore è controproducente perché limita il reaching. In più il pz assume degli atteggiamenti di fissazione con il braccio (intrarotazione e adduzione) che andranno a impedire il movimento del braccio stesso. Altro esempio pratico: se vogliamo fare deambulare un emiplegico con un deambulatore è necessario fargli impugnare il deambulatore nel modo corretto così da favorire un corretto setting della scapola e di conseguenza un suo coretto allineamento con l’anca e consentire per finire una corretta azione di forze idonee al movimento. Tenere braccia lungo i fianchi ed extraruotate (corretto) Emiplegico visto da davanti che impugna un deambulatore con braccia intraruotate e setting della scapola scorretto. TILT LATERALE: la scapola è parte integrante dell’attività del tilt laterale. o Trasferimento di carico all’interno della base d’appoggio: in stazione eretta: trasferimento del carico verso un piede, in stazione seduta: seduto: verso un emibacino/femore. o Incremento dell’attività estensoria/abduttoria dal lato del tilt: attivando la catena multicinetica che dall’ arto inferiore, richiama pelvi, tronco, scapola, testa. 33 o Estensione/abduzione per la stabilità laterale: elemento “invisibile” ma essenziale per il cammino bipede. o Il tilt laterale è alla base di alcuni movimenti quali: il reaching, single lega stance (anche nella camminata), in alcuni trasferimenti come il passaggio seduto supino. La STRATEGIA D’ANCA è più sollecitata quando è debole la strategia di caviglia: o I muscoli della caviglia che realizzano le strategie di balance sono tonicamente attivi prima della perturbazione. o L’affaticamento dei muscoli della caviglia e del piede porta ad una predominanza di strategie di anca. o Nella patologia la strategia d’anca è dominante a causa della debolezza estensoria e dell’assenza di attività distale Osservazione della POSTURA SEDUTA: o osservare eventuali asimmetrie o valutare se la postura è mantenuta attivamente (muscoli del core) oppure passivamente (strategia di fissazione tramite arti superiori) Passaggio SEDUTO-IN PIEDI: o fase 1: attivare la muscolatura del core (soprattutto zona del pavimento pelvico e glutei) o fase 2: traiettoria del Cop in avanti verso i piedi: flessione busto + accelerazione lineare verso l’alto o fase 3: alzata in piedi Cosa si deve valutare? o se ha capito il compito o se il carico in stazione seduta è simmetrico e idem lo sviluppo della spinta o se usa la mano meno affetta per tirarsi o se compaiono reazioni associate Facilitazione dell’accelerazione lineare del tronco da seduto: o Far fare al pz sempre prima un passaggio in piedi-seduto o Almeno il 50 % della coscia deve essere appoggiato sul lettino o Anche posizionate leggermente più in alto delle ginocchia o Femori allineati o Allineamento del bacino sul piano orizzontale per facilitare l’attività muscolare simmetrica o Punto chiave centrale mobile o Scapole e testa stabili o Prima direzione di movimento: tilt posteriore o pz seduto io mi metto dietro di lui (la sula lombare deve essere in neura, non partire già in estensione), posiziono le mani sulle creste iliache e i pollici li posiziono sopra il sacro e imprimo una 34 spinta verso l’alto e l’esterno: devo notare che le sue vertebre si estendano una ad una tracciando un vettore verso l’alto e in avanti (questo vettore deve finire con un’estensione leggera del capo). Fattori che ostacolano l’accelerazione lineare: o Flessori d’anca troppo attivi che inibiscono gli addominali profondi o Mal posizionamento dei femori o Ipotonia con conseguente asimmetria della colonna o Ipotonia addominale o Disallineamento pelvico (cedimento dell’emibacino del lato plegico per ipotonia degli estensori/abduttori d’anca) o Iperattività di gran dorsale, psoas (impediscono il tilt posteriore per l’attivazione del multifido) o Flessione del torace, rigidità del punto chiave centrale o Flessione del capo o Ischiocrurali corti o Scapole retratte o Retroposizione del femore con catena mediale più attiva della laterale o Incapacità dei muscoli posteriori al lavoro in eccentrica… Cosa posso fare per facilitare il compito? ✓ Facilitare sinergie muscolari efficaci per movimenti più efficienti. ✓ Facilitare o cambiare l’allineamento corporeo in relazione alla base d’appoggio rispetto la forza di gravità prima e durante le sequenze motorie. ✓ Ridurre la quantità di forza che il paziente usa per stabilizzare il corpo. ✓ Guidare la direzione, la forza, la velocità il “timing” dell’attività muscolare per il raggiungimento del compito. POSSIBILE: migliorando l’allineamento e l’attività neuromuscolare. NECESSARIO: portare il paziente in una situazione che richieda una strategia di movimento, una risposta precisa. LASCIARE CHE ACCADA: che abbia luogo e si manifesti secondo proprie modalità. Passaggio in PIEDI-SEDUTO (lavoro eccentrico): o Valutare caviglie, ginocchia, anche, tronco, ma soprattutto il setting della scapola. o Contribuisce a dare tono muscolare e la postura seduta deve essere mantenuta in modo attivo, per favorire il reaching Come farlo: o Fase 1: togliere peso agli arti inferiori andando a portare il bacino in posizione neutra: questo permette di scaricare peso dalle ginocchia e permetterle di flettersi. 35 o Fase 2: traslare anteriormente le ginocchia (questa è una conseguenza passiva della fase 1), non dobbiamo chiedere una flessione attiva di ginocchia (come scritto sopra nell’esempio pratico il pz emiplegico non tende a fare questo, ma tende a fare strategia d’anca). o Fase 3: il bacino dalla posizione neutra passa ora in leggera antiversione per consentire l’abbassamento del CoM posteriormente fino a raggiungere la seduta della sedia con i glutei. Come detto sopra, il pz emiplegico si siede a “strategia d’anca”: il pz si siede con flessione attiva anziché con un’estensione eccentrica. - Flette tanto il tronco in avanti - Antiverte il bacino fin da subito - Flette attivamente le anche - Iperestende le ginocchia (per cui è difficile il lavoro del quadricipite e tricipite surale) USANDO LE MANI IL TERAPISTA PUÒ o Direzionare, regolare e organizzare input tattili, propriocettivi e vestibolari o Facilitare sinergie muscolari efficaci per movimenti più efficienti o Facilitare o cambiare l’allineamento corporeo in relazione alla base d’appoggio rispetto la forza di gravità prima e durante le sequenze motorie o Ridurre la quantità di forza che il paziente usa per stabilizzare il corpo o Guidare la direzione, la forza, la velocità il “timing” dell’attività muscolare per il raggiungimento del compito o Ridurre o aumentare la flessibilità dei gradi di libertà per stabilizzare o muovere i segmenti corporei durante attività funzionali o Dare imput sensoriali durante il movimento e dare un feedback non verbale di correzione o Incrementare la capacità del paziente a diventare indipendente dalla guida del terapista o Guidare l’attenzione del paziente verso i principali aspetti del compito motorio… Nella fase avanzata del trattamento per facilitare ancora di più la capacità di reaching anteriore si fa imparare al pz ad assumere una corretta stazione monopodalica con elevazione del braccio alla testa: - Fase 1: stazione bipodalica, pian piano traslare il peso su un piede - Fase 2: scaricare completamente il peso da un piede per poi sollevarlo - Fase 3: elevare il braccio in extrarotazione portandolo vicino alla testa. - (in tutto il movimento occorre mantenere una buonissima stabilità laterale, il bacino deve rimanere orizzontale). CAMMINO PATOLOGICO 36 L'alterazione della capacità di deambulazione è uno dei più importanti esiti di disabilità post ictus; infatti, le alterazioni delle singole componenti del cammino hanno notevoli ripercussioni sulla prestazione globale della deambulazione ed aumentano il dispendio energetico, il consumo di ossigeno ed il rischio di caduta. Di conseguenza tradizionalmente, nella riabilitazione di pazienti con stroke acuti e subacuti, il miglioramento della deambulazione, rispettando sicurezza e velocità, si delinea come l’obiettivo principale da recuperare, sia per i fisioterapisti, che per gli stessi pazienti. A una settimana dallo stroke il 63% dei pazienti non è in grado di camminare autonomamente ed il 50% non è in grado di farlo neanche con assistenza, mentre il 13% può camminare con assistenza e il 37% può camminare autonomamente. Alla fine di 11 settimane di riabilitazione il 18% dei pazienti non è ancora in grado di camminare, l'11% può camminare con assistenza, mentre il 50% può camminare indipendentemente. I pazienti che hanno avuto un ictus hanno una deambulazione funzionale, caratterizzata da un’andatura plegica ottenuta dalla risultante dei movimenti compensatori, determinati dalla qualità e quantità delle funzioni residue di ogni paziente; di conseguenza ogni paziente sviluppa una sua andatura personale, con cinematica, cinetica e timing di attivazione muscolare che si rifà ad un pool di compensi o modelli tipicamente associati alla risposta del SNC, e quindi dell’organismo, allo stroke. Le più comuni alterazioni che si verificano dopo l'ictus possono essere classificate in 2 tipologie di problemi motori: 1. Primari o direttamente dovuti allo stroke, che si instaurano come deviazioni particolarmente accentuate durante la prima fase riabilitativa riconducibili all’interruzione delle vie discendenti; 2. Secondari o da apprendimento adattativo in risposta agli esiti primari e diretti dello stroke, riconducibili a processi neurali di adattamento suddivisi in: ✔ Passivi ✔ Attivi, ovvero strategie compensative automatiche imparate sia precedentemente che successivamente allo stroke. CONTROLLO NEURALE NEL CAMMINO PATOLOGICO La locomozione è un compito antico e per questo evolutivamente omogeneo e fisso nello schema corporeo in cui il sistema di controllo, in ogni fase, deve sostenere il peso, fornire stabilità frontale e laterale e mantenere la progressione sagittale del centro di massa, che permette di evitare possibili cadute. Il controllo offerto dai centri nervosi superiori permette un adattamento dei modelli dell'andatura fisiologici, ripetitivi e canonici all’ambiente, e alle perturbazioni dinamiche generate dai nostri stessi movimenti articolari (Winter 2009). A seguito di uno stroke, la via non primariamente danneggiata è la via vestibolo-spinale, che veicola le informazioni efferenti provenienti da tronco dell’encefalo e cervelletto, inducendo lo sproporzionato e non del tutto efficace utilizzo del sistema a feedback per sopperire alla perdita dei meccanismi di controllo anticipatorio a feedforward, in seguito alla lesione della via cortico-reticolo-spinale. Questo imbalance delle vie discendenti comporta una costante percezione di instabilità centrale, tale per cui il soggetto emiplegico, invece di sfruttare la caduta in avanti del centro di massa e le fasi del cammino a 37 favore di gravità, sarà portato ad andare contro gravità in ogni fase, con un notevole dispendio energetico, e a frenare l’avanzamento del centro di massa, limitando così la spinta propulsiva e la velocità. Nel capitolo precedente è stato spiegato come il cammino fisiologico sia un modello tripartito, finalizzato ad un compito o al raggiungimento di un obiettivo, guidato da un comando volitivo o emotivo. In condizioni fisiologiche in seguito al primo passo corticale, prende il via un processo ripetitivo e ciclico gestito dai CPG di primo e secondo livello, mentre nel paziente emiplegico l’inibizione dei CPG, dovuta all’interruzione della via corticoreticolo-spinale ed in parte dalla limitata velocità, delinea una deambulazione compensatoria totalmente corticale, fatta di tanti primi passi e bisognosa di una costante attenzione del paziente, che ne limita la potenziale proprietà di dualità di compito. L’alterazione del controllo neurale causa la perdita della capacità antigravitaria del tronco e una ridotta oscillazione degli arti superiori. La lesione della via cortico-reticolo-spinale riduce l’espressione della componente estensoria del tronco, mentre l’iperattività della via vestibolare determina un’iperattivazione compensatoria della catena flessoria, portando a compensi del tronco in flessione anteriore e lateroflessione. La conseguente instabilità posturale può essere compensata dalla fissazione degli arti superiori, alla quale contribuisce anche una limitata attivazione dei CPG cervicali responsabili della fase oscillatoria. Ciò comporta una ridotta possibilità del loro impiego in altre attività motorie finalizzate, una riduzione della spinta propulsiva ed un aumento del dispendio energetico durante la deambulazione. Nel controllo del cammino l’alterazione degli stimoli propriocettivi ed esterocettivi comporta un’alterata ricezione ed elaborazione delle informazioni tale per cui le efferenze conseguenti (per es. regolazione di velocità, direzione, lunghezza, etc.) e le fasi del passo non saranno adeguate alle condizioni esterne. CINETICA E CINEMATICA Da un punto di vista cinetico e cinematico l'andatura emiparetica è caratterizzata da asimmetria, con scarso controllo motorio selettivo, reazioni di equilibrio ritardate e perturbate e ridotto carico sull'arto paretico, mentre la progressione frontale simmetrica viene compromessa, con un'ampia variazione nei modelli di andatura correlati al grado di recupero. La coordinazione e l’alternanza degli arti inferiori nel ciclo del passo emiplegico vengono sostituiti da schemi di movimento di massa/sinergie nel lato plegico, che richiedono aggiustamenti compensatori del bacino e dell’emisoma meno affetto. L'asimmetria temporale nell'andatura emiplegica, osservata nel 55% dei pazienti emiplegici in grado di camminare, è comunemente descritta quantitativamente come un prolungato tempo di oscillazione dell’arto inferiore più affetto e/o un aumentato tempo della fase di stance dell’arto inferiore meno affetto. Il pattern di lunghezza del passo è meno frequente, infatti si presenta solo nel 33% dei pazienti ed è meno costante, in quanto solo in alcuni pazienti si evidenzia una lunghezza del passo paretico maggiore rispetto alla lunghezza standard (il rapporto tra lunghezza del passo paretico / lunghezza del passo non paretico è di 0,92), mentre in altri si evidenzia una maggiore lunghezza del passo nell’arto meno affetto. Balasubramanian et al hanno riportato come questa asimmetria nella lunghezza del passo sia correlata alla generazione della forza propulsiva durante la deambulazione emiparetica, e come i pazienti che hanno generato la minima propulsione paretica camminassero con passi paretici relativamente più lunghi, 38 suggerendo che una maggiore propulsione da parte della gamba meno affetta potesse essere un meccanismo che contribuisce ad aumentare la lunghezza del passo dell’arto più affetto. Limitare l’asimmetria nell'andatura del post-stroke è un obiettivo comune della riabilitazione, che si prefigge un recupero qualitativo del cammino e non solo un recupero funzionale. L’approccio tradizionale è funzionale in quanto considera l’asimmetria come un adattamento positivo compensativo, e per questo motivo è un tipo di approccio comunemente impiegato nel trattamento di pazienti emiplegici cronici, che presentano margini di miglioramento più limitati rispetto ai pazienti acuti e subacuti. Come misura clinica, la velocità è un indicatore delle prestazioni generali dell'andatura, associabile ad una riduzione di cadenza, lunghezza del passo e durata del tempo di doppio appoggio. Un passo lungo è prerequisito di un buon cammino mentre passi brevi e corti sono un segno prognostico negativo. Per questo motivo i pazienti che hanno avuto un ictus percorrono distanze più brevi con un maggiore consumo di ossigeno, (maggiore del 50% - 67% rispetto a soggetti sani e stessa velocità) e dispendio energetico variabili in base al grado di debolezza, spasticità ed allenamento. DISTURBI CINEMATICI IN PAZIENTI CHE HANNO AVUTO UNO STROKE La cinematica articolare nei pazienti emiplegici mostra un’elevata variabilità interindividuale e differisce da quella delle persone sane sia nella fase di stance che nella fase di swing FASE DI STANCE La fase di stance prevede l’appoggio e la tenuta del carico su un solo arto inferiore. È in questa fase che avviene la massima espressione della via vestibolo-spinale attivata a partire dal primo contatto del calcagno con il terreno e mantenuta durante l’intera fase di stance. Le maggiori fonti di input periferici che influenzano i CPG e la risposta dell’organismo arrivano dai distretti di anca e piede/caviglia, i cui movimenti rivestono quindi un ruolo centrale nella deambulazione. Più frequentemente nell’emilato più affetto si osservano un aumento del tempo di doppio appoggio e una diminuzione del tempo di stance, della lunghezza del passo e della falcata, con conseguente forzatura del ginocchio in iperestensione come meccanismo di compensazione per fornire un arto stabile per il carico. Inoltre, è possibile individuare un contatto iniziale a piede piatto in seguito ad una iperattività dei muscoli flessori plantari che limita la dorsiflessione di caviglia. Al momento del distacco del piede si evidenzia una diminuzione della flessione plantare, con una conseguente diminuzione della fase propulsiva del centro di massa ed un’aumentata lunghezza del passo controlaterale. IL BACINO L’orientamento del bacino nel paziente emiplegico è spesso scorretto in quanto il soggetto si lateroflette per rimediare ad un deficit di selettività e di movimento dell’anca, per portare avanti l’arto maggiormente affetto e per ridurre così la lunghezza della gamba nel momento dello swing, permettendo all’arto inferiore maggiormente affetto di passare la verticale senza colpire il suolo. All’evidenza di questo segno clinico contribuiscono la percezione di instabilità di tronco nel lato maggiormente affetto e la mancanza di controllo anticipatorio pAPA del lato meno affetto. Questa strategia è di fatto necessaria per compensare la frequente debolezza del medio gluteo e consecutiva incapacità di generare abduzione d’anca, necessaria per avere base stabile, tronco omolaterale esteso e tronco controlaterale in tenuta grazie agli addominali. Le conseguenze di queste alterazioni inducono il mantenimento di una base d’appoggio larga ed un aumento del tono flessorio sia a livello di tronco sia a livello di anca nella fase di swing. 39 Tuttavia, la premessa per un buon bacino stabile in cui sono permessi solo piccoli movimenti durante il cammino è data anche dalla stabilità della toracica che agisce come punto fisso. ESTENSIONE D’ANCA L'estensione dell'anca è importante perché sposta il tronco in avanti e proietta il centro istantaneo di massa sull’avampiede, contribuendo alla normale lunghezza del passo controlaterale. Tuttavia, nei pazienti emiplegici si assiste di frequente ad una diminuzione dell'estensione dell'anca per mancanza del tono estensorio; nel qual caso, il paziente tenta di sostituirlo con l’attivazione dei muscoli flessori, inefficaci nel mantenimento del carico nella fase di mid stance. Lo stroke comporta la perdita dell’attività estensoria d’anca in quanto il controllo selettivo di questa articolazione, della pelvi, dei pAPA e del tronco inferiore è gestito e attivato principalmente ad opera della via cortico-reticolo-spinale. Questo fenomeno porta il paziente a reclutare in maniera ancora più accentuata la muscolatura flessoria, in un atteggiamento che può consolidarsi in una rigidità o un accorciamento dei muscoli flessori, che inibiscono ancora maggiormente l’attività degli estensori già deboli. Tra i muscoli flessori d’anca iperattivi rivestono una particolare importanza, il tensore della fascia lat

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