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This document discusses inflammation, a crucial biological response to harmful stimuli. It examines acute inflammation, its triggers, mechanisms, and cells involved. The text also explores the relationship between inflammation and various diseases and conditions.

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TARGETED THERAPY............................................................................................................. 163 IMMUNOTERAPIA.................................................................................................................. 164 CHEMIOTERAPIA....................

TARGETED THERAPY............................................................................................................. 163 IMMUNOTERAPIA.................................................................................................................. 164 CHEMIOTERAPIA.................................................................................................................. 165 SINTHETIC LETALITY............................................................................................................. 165 INFIAMMAZIONE ACUTA INTRODUZIONE L’infiammazione consiste nell’attivare e portare cellule che sono di natura infiammatoria in una certa sede. L’infiammazione si attiva in seguito ad un agente patogeno, e si è evoluta per contrastare ed eliminare microrganismi, è una risposta protettiva. Un primo paradosso è che tra i farmaci più venduti al mondo ci siano gli antinfiammatori, se questa è una risposta protettiva, perché spendere soldi per diminuire l’infiammazione? La risposta infiammatoria non è sempre innescata solo da un patogeno, ad esempio se ho una contusione (sbatto la testa) in pochi minuti ho una risposta infiammatoria, questo perché c’è un danno cellulare e tissutale. Le cellule uccise rilasciano materiale cellulare nello spazio intercellulare, se io ammazzo qualcosa, bisogna sistemare ciò che è stato ucciso. La prima cosa è un processo di rimozione delle cellule morte, per creare spazio per nuove cellule (ricostruire il tessuto). Si producono localmente dei fattori come fattori di crescita, fattori angiogenici. Dal punto di vista evoluzionistico quando subivamo ferite, dovevamo ripararle e non morire. Lo scopo evoluzionistico è arrivare all’età fertile. Ciò che scatena l’infiammazione è quindi: - Infezione (agenti patogeni) - Danno tissutale - Stress tissutale e malfunzionamento C’è una risposta fisiologica e una patologica. La risposta fisiologica può degenerare e deragliare in una risposta eccessiva e patologica (per esempio malattie infiammatorie croniche, fibrosi, metaplasie, tumori). I meccanismi di induzione possono essere esogeni (di natura microbica oppure non microbici come allergeni, sostanze estranee come schegge, sostanze tossiche, irritanti), oppure endogeni (derivati dalle cellule, tessuti, plasma o ECM). I segni classici dell’infiammazione sono tumor (gonfiore), calor (calore), rubor (rosso), dolor (dolore), functio lesa (funzione ridotta). Lo scopo della risposta infiammatoria è quindi consentire la migrazione di cellule infiammatorie nella sede e far funzionare le cellule infiammatorie che già sono nel tessuto. La cellula per migrare da un punto A un punto B necessita di strade come sangue e linfa, altrimenti rimodellando il tessuto connettivo, cascando in una cavità sierosa. La via principe per giungere al sito di infiammazione è il sangue o la linfa. Se arrivano attraverso il sangue, devono percorrere i vasi. Nel sangue ci sono globuli rossi (milioni per microlitro di sangue), bianchi (migliaia per microlitro) e piastrine. Devono uscire i leucociti ma non gli eritrociti, ma i leucociti sono molti di meno. I leucociti devono oltrepassare diverse barriere anatomiche (endotelio, matrice sotto-endoteliale, poi parenchima ecc). Ci sono 3 sistemi dove non abbiamo matrice sotto- endoteliale (fegato, milza, midollo), qui il passaggio di cellule è continuo attraverso sinusoidi. Sono necessari dei meccanismi facilitatori: - Vasodilatazione - Aumento permeabilità capillare - Chemiotassi (gradiente che guida il percorso di molecole) - Opsonizzazione (facilita il riconoscimento del patogeno, per esempio riconoscendo forme chimiche che rivestono il patogeno) Ci sono poi meccanismi effettori: - Fagocitosi - ROS - Altri mediatori citotossici La risposta infiammatoria non è sempre necessaria per la rigenerazione del tessuto danneggiato da infezioni o da altre cause infettive. Se la lesione causa due lembi di pelle molto vicini esiste una rigenerazione automatica. Cellule reclutate Ci sono cellule residenti che rispondono subito alla lesione ossia i macrofagi e i mastociti (nel connettivo). I mastociti contengono granuli con qualcosa che devono rilasciare in fretta, sono già pronti a rilasciarla, agisce in secondi o minuti; quelle senza granuli devono trascrivere e tradurre (impiegano ore). Si innescano poi delle modificazioni del tessuto, per esempio di vasi, e successivamente avviene la reclutazione di cellule del sangue (il primo che arriva è il neutrofilo che impiega qualche ora per raggiungere il sito di infezione). I neutrofili sono diverse migliaia (70%) e vivono poco, vanno nel sito di infezione e muoiono, questo recluta altri neutrofili e muoiono; quindi, in poco tempo escono sempre più neutrofili. Dopo i neutrofili arrivano i monociti (ce ne sono parecchi) che diventano macrofagi (i macrofagi nel tessuto connettivo sono pochi, sono molti nel fegato e nella milza). Infine, sopraggiungono anche eosinofili (ma sono pochi e meno importanti). IMMUNITÀ INNATA Esistono dei recettori definiti PRR (pattern recognition receptors), che scatenano cascate trascrizionali che portano alla produzione di molecole come citochine e chemochine, interferoni, IL-1β ecc. Alcuni PRR sono i Toll like receptor (Toll significa strano in tedesco). Jules Hoffmann notò che una famiglia di Toll attivava NF-kβ (mediando infiammazione). Vennero poi caratterizzati i Toll-like receptor (TLR). I PRR sono quindi: - TLR (Toll-like receptor) - RLR (RIG-like receptor) - NLR (NOD-like receptor) Questi PRR si sono mantenuti uguali nel corso dell’evoluzione, quindi sono importanti e inoltre anche quello che viene riconosciuto dal recettore non cambia mai. Quindi quello che viene riconosciuto è fondamentale per far sopravvivere il patogeno, altrimenti questi sarebbero mutati (non possono mutare perché il patogeno morirebbe). La famiglia TLR è ampia, se uno è difettoso, gli altri compensano. Molti di questi sono in membrana, altri sono dentro la cellula (negli organelli) perché riconoscono patogeni intracellulari. Per esempio, TLR4 lega il LPS (lipopolisaccaride), attiva una cascata di trasduzione che porta all’attivazione di NF-KB che trascrive alcuni geni pro-infiammatori, oppure interferoni (IRFs). Tutte le citochine agiscono localmente, in maniera autocrina e paracrina. Bruce Beutler scoprì che TLR4 lega il LPS che si trova nella parete batterica dei Gram- (quindi in assenza di questi recettori, i topini venivano infettati da batteri Gram-). PAMPs sono pathogen associated molecular patterns, esistono anche i MAMPs ossia Micro-organism associated molecular patterns; sono strutture essenziali per la sopravvivenza dei microorganismi, ce sono tanti come LPS , LAM (lipoarabinomannano), mannani e peptidoglicani, acido lipoteicoico, peptidi formilati (N-metil-Metionina). Gli agonisti del TLR sono farmaci che fanno avere più risposta infiammatoria, attivazione del sistema immunitario. MyD88 è unico (a differenza dei TLR che sono tanti e ridondanti), quindi una deficienza di MyD88 causa patologia. NF-kβ è un master gene dell’infiammazione, e fa tante cose diverse, aumenta la produzione di citochine, chemochine, molecole di adesione (importanti per l’endotelio), controlla il ciclo cellulare, controlla l’apoptosi. Ci sono però infiammazioni sterili, ossia lesioni che danneggiano il tessuto, senza infezione da parte di patogeni. Ci sono DAMPs (Damage-associated molecular patterns), ossia pattern associati al danno (come HMGB-1). Uno dei mediatori dell’infiammazione è l’interleuchina 1, che, insieme a IL18, non fa quello che fanno le altre citochine che seguono il pathway secretorio di una cellula, ma viene sintetizzata come precursore che per uscire deve ricevere un taglio proteolitico, attraverso l’inflammasoma. L’inflammasoma è una macrostruttura che compare nel citosol, è un sistema recettoriale che riconosce cose diverse, questi recettori si mettono insieme, usano adattatori molecolari (ASC), questo richiama enzimi come le caspasi (coinvolte nell’apoptosi) che taglia l’IL1 da forma inattiva a forma attiva → Quindi, in sintesi questo complesso di recettori riconoscono qualcosa, reclutano adattatori e caspasi che attivano l’interleuchina 1. I recettori dell’inflammasoma riconoscono PAMPs e DAMPs, oltre a tagliare l’IL1β nella sua forma attiva, attivano anche la Gasdermina che fa dei buchi nella membrana plasmatica, che causa la piroptosi (una morte della cellula molto veloce che fa rilasciare tanti DAMPs). Un dominio molto comune è la pirina che causa la febbre. È mutata in senso attivante nella febbre familiare mediterranea. FASI DELLA RISPOSTA INFIAMMATORIA Le fasi della risposta infiammatoria sono: - Modificazioni vascolari nel distretto colpito - Extravasazione dei leucociti - Attività battericida 1. MODIFICAZIONI VASCOLARI Abbiamo vasodilatazione, aumento di permeabilità e stasi venosa. La vasodilatazione è data dal rilassamento della muscolatura liscia arteriolare, il tubo è molto dinamico, ha capacità di allargarsi e restringersi, grazie a mediatori solubili. L’aumento di permeabilità è dato dal fatto che le cellule si contraggono, le giunzioni diventano meno stringenti e abbiamo aumento della permeabilità. La pressione idrostatica è la pressione esercitata da un fluido in un dato punto, la pressione oncotica è esercitata dai soluti del sangue che attirano acqua (esercitata dall’albumina, è tantissima, grammi per litro, da sola esercita la maggiorparte della pressione oncotica). In condizioni normali abbiamo Pi>π nelle arteriole (esce fluido), e il contrario (π>Pi) nelle venule (viene riassorbito ciò che è uscito). In condizioni infiammatorie subito dopo la lesione, abbiamo vasodilatazione, aumento della pressione idrostatica e aumenta la fuoriuscita di liquido (edema, tumor) e minor riassorbimento, qui abbiamo anche stasi e quindi esce anche albumina → si sbilanciano le due pressioni. Il tumor in medicina è detto edema (presenza di liquido negli spazi interstiziali), può essere infiammatorio o non infiammatorio. L’edema infiammatorio (sterile o causato da patogeno) si chiama essudato: - Ha una densità superiore a 1012 g/ml - Proteine > 3 g/l - Presenza di LDH (lattato deidrogenasi è un enzima citoplasmatico, che, se è al di fuori delle cellule, significa che le cellule si sono rotte e morte). L’LDH era presente nei neutrofili, ossia cellule del sangue che muoiono in fretta nel sito di infiammazione - Presenza di leucociti L’edema senza caratteristiche infiammatorie è detto trasudato (ha le caratteristiche opposte all’essudato), è solo liquido non infiammato. Le cause di un trasudato sono 3 insufficienze, quella cardiaca in cui si ha stasi, quella epatica perché non vengono prodotte abbastanza proteine e quindi la pressione oncotica si abbassa, quella renale perché il glomerulo non funzione e si perde nelle urine albumina (albuminuria). Kwashiorkor è la malattia del bambino quando arriva il fratellino, perché non c’è più il latte per il bambino, quindi il bambino è malnutrito, è edematoso (sembra ben nutrito, ma non lo è). Mediatori solubili: la risposta di vasodilatazione deve esser molto veloce, deve essere qualcosa di immediatamente disponibile, non possono essere sintetizzate proteine. - Le due ammine maggiormente coinvolte sono istamina e serotonina. La serotonina vasodilata in infiammazione ma vasocostringe in emorragia. Sono ammine vasoattive con rilascio immediato (vasodilatano e possono anche a portare aumento di permeabilità, febbre e dolore). - Ci sono poi gli eicosanoidi (derivati dall’AA) che hanno azione vasodilatatrice. La produzione di prostaglandine e leucotrieni deve avvenire in fretta, motivo per il quale si ottengono da fosfolipidi di membrana, non necessitano processi trascrizionali e traduzionali, ma direttamente dai fosfolipidi di membrana (aggrediti dalla PLA2). Tramite la PLA2 si può ottenere anche la lisofosfatidil colina da cui si ottiene PAF. - La molecola che ha maggiore azione di aumentare la permeabilità capillare è la platelet activating factor (PAF). - Molecole come il TNF sono molto potenti a preparare l’endotelio. 2. EXTRAVASAZIONE LEUCOCITARIA È un processo fondamentale conservato in cellule staminali e metastasi tumorali. Viaggiare dentro il sangue è difficile, ci sono compressioni e velocità altissime; quindi, i leucociti sono dei viaggiatori professionisti. Quindi per le cellule dei tumori che metastatizzano è difficile viaggiare nel sangue, quindi cambiano, si riarrangiano per assumere caratteri fenotipici e genotipici di cellule infiammatorie. Le cellule (leucociti) escono dai capillari e dalle venule (perché le velocità sono minori rispetto alle arteriole, non è pensabile che una cellula esca dalle arteriole). I capillari, arteriole e venule sono tutte diverse in ogni distretto. L’extravasazione si divide in alcuni processi fondamentali: - Tethering: cambiare forma per uscire meglio - Rolling: rotolare sulla parete - Activation: attivare la superficie con molecole di adesione - Arrest: la cellula si arresta In un liquido le cose corpuscolate stanno al centro, perché al centro si viaggia più velocemente, alle pareti si viaggia piano. Quando c’è una diramazione, cambiano le pressioni, perché il liquido spinge contro le pareti. I globuli rossi spingono le cellule verso le pareti. Grazie alle forze emodinamiche, le cellule si sono appiattite e si sono avvicinate alle pareti (tethering, 1). In seguito, c’è il rolling (2), quindi le cellule rotolano sulla superficie, e rallentano grazie a interazioni molecolari, grazie a molecole già presenti che si chiamano selettine (quelle e-selectin sull’endotelio e quelle l-selectin sui leucociti), queste riconoscono proteine o sull’endotelio o sul globulo bianco. Sono interazioni blande che permettono rotolamento e rallentamento. Questo rotolamento è un meccanismo di controllo che dice al leucocita che c’è qualcosa che non va. Le chemochine sono mediatori solubili che creano un gradiente, e agiscono dicendo all’endotelio che deve attivarsi e cambiare per far extravasare i leucociti. È molto complesso ma è fondamentale che sia così perché, se una cellula esce dove non deve, è un problema. Le chemochine ne vengono prodotte moltissime (geni molto espressi) e sono sia dentro il sangue, sia nei tessuti. C’è tanta ridondanza nelle chemochine, le chemochine sono dei codici di aviazione postale, sono un’indicazione fondamentale per localizzare l’infiammazione. Devono dire ai neutrofili di andare lì, ma per esempio non ai linfociti, quindi hanno un codice complesso. L’attivazione (activation, 3) permette di rendere funzionali molecole di superficie dette integrine (sulla membrana dei leucociti); per esempio LFA-1 che interagisce con ICAM-1 sull’endotelio, oppure Mac-1 con ICAM-2, oppure VLA-4 con VCAM-1. Queste interazioni sono molto più forti e permettono l’adesione del leucocita sull’endotelio e il suo arresto (arrest, 4). La diapedesi è la fuoriuscita del leucocita; Un leucocita esce tra due cellule endoteliali nella maggiorparte dei casi, ci sono casi più complessi in cui esce passando attraverso le cellule endoteliali. Le cellule endoteliali sono unite da diverse molecole di adesione, il leucocita per passarci attraverso senza far uscire liquido, fa finta di essere lui stesso una cellula endoteliale, comincia ad esprimere quelle molecole di adesione e pian piano attraversa l’endotelio, impiega circa mezz’ora. Con la microspia intravitale si vede che non avvengono sempre i processi citati prima (tethering, rolling, ecc), a volte i leucociti si incastrano nel capillare e bloccano il sangue, le altre cellule devono trovare bypass; può poi arrivare un altro leucocita che si scontra con quello incastrato, lui si ferma e quello bloccato riparte. Oppure può succedere che un leucocita si fermi e va controcorrente, lentamente sale in direzione opposta → questo per capire che non succede sempre come citato nei libri, o come detto in precedenza. Il leucocita quindi è uscito dall’endotelio, ma deve attraversare i tessuti, deve avvenire migrazione interstiziale che è mediata da gradienti (non solo di chemochine). 3. ATTIVITÀ BATTERICIDA - Fagocitosi: un macrofago/neutrofilo per fagocitare un patogeno o cellula morta deve riconoscerla ed essere sicuro di doverla fagocitare, poi deve “mangiarla” in un fagosoma, quello che c’è dentro al fagosoma è quello che c’era fuori, il batterio non è ancora morto. Il fagosoma deve maturare dentro la cellula fagocitica per diventare in grado di uccidere il batterio; quindi, si fa fondere il fagosoma con i lisosomi, che sono organelli pieni di enzimi digestivi; si ottiene così il fagolisosoma, dentro il quale il batterio ha difficoltà di sopravvivenza. Generiamo 2.4 milioni di eritrociti al secondo e lo stesso numero è eliminato dalle cellule di Kupffer. Il turnover di neutrofili è 1x10 11 al giorno. Dentro il fagolisosoma c’è un grosso consumo di ossigeno, perché c’è la NAPH ossidasi che porta dentro ossigeno molecolare, che poi viene disaccoppiato per fare H2O2 (azione disinfettante). Ma l’acqua ossigenata è un blando disinfettate, la candeggina (acido ipocloroso) è il disinfettante più forte, e viene prodotta all’interno del fagolisosoma, ma è molto pericolosa. - Batteriolisi mediata dal complemento - NET (Neutrophil Extracellular Traps) MANIFESTAZIONI GENERALI L’infiammazione è locale ma può avere manifestazioni generali che costituiscono la sickness syndrome: - Febbre - Astenia - Iperalgesia - Inappetenza - Letargia La sickness syndrome si manifesta tanto più l’infiammazione è elevata. Ci sono diversi “hubs”: - Il fegato infiammato fa la acute-phase response, vengono prodotte molte proteine. Si può misurare la PCR (C reactive protein), è una proteina prodotta nei giorni dell’infiammazione (in grandi quantità) e viene misurata subito e sempre in un paziente ricoverato. Ci sono altre proteine come aptoglobina, fibrinogeno, albumina (diminuisce nella acute-phase response). La Proteina C reattiva è un’opsonina, una proteina che riveste batteri/cellule morte, e li rende più appetibili per essere riconosciuti. Nelle analisi del sangue si misura la Velocità di Eritro-sedimentazione (VES), ossia quanto ci mette il sangue a sedimentarsi (in assenza di anticoagulante): in infiammazione questo valore aumenta. - Il midollo ha una risposta proliferativa (cellule staminali) durante un’infiammazione. Nella conta leucocitaria se i neutrofili sono maggiori, quasi sicuramente si ha un’infiammazione. - L’ipotalamo determina febbre (aumento della temperatura corporea), è una risposta protettiva, ci sono aspetti che la febbre facilita (maggiori neutrofili), ma non si sa molto. Allora se è una risposta protettiva, perché prendo antipiretici? Se te lo puoi permettere, bisogna lasciare andare, non prendere antipiretici, perché la febbre velocizza la guarigione. Quindi entro certi limiti la febbre fa bene. L’area ottica dell’ipotalamo controlla la temperatura, quindi coordina la risposta febbrile. Ci sono 3 citochine fondamentali (IL1, TNF, IL6), attivano l’area ipotalamica che è ipervascolarizzata, sente quello che c’è in periferia, e nell’ipotalamo abbiamo amplificazione del segnale con produzione di PG (PGE2). L’ipotalamo vasocostringe, determina piloerezione (brividi), aumento di grasso bruno (termogenesi), tachicardia ecc. Nel grasso bruno abbiamo la termogenina, che dissipa il gradiente della catena respiratoria; quindi, avvengono reazioni esotermiche e produzione di calore. In linea di massima queste risposte messe in atto sono protettive ma in clinica a volte ci sono manifestazioni veloci e forti di sickness syndrome che devono essere controllate e contenute (shock). INFIAMMAZIONE CRONICA WOUND REPAIR Lesioni di prima intenzione sono lesioni con taglio sottile (lembi di pelle vicini), in cui abbiamo riparazione senza processo infiammatorio; nelle altre lesioni abbiamo sempre infiammazione. Dopo una lesione (taglio), serve qualcosa che riempia il buco in fretta, altrimenti se il buco rimane aperto i batteri proliferano rapidamente. La riparazione di tessuto e formazione di cicatrice è un fenomeno protettivo. Le patologie infiammatorie portano a cicatrici che rimangono nel tempo (esito negativo delle infiammazioni croniche). Il processo di wound repair si può dividere in 4 fasi: - Sanguinamento: deve essere fermato il sanguinamento e tappato il buco - Infiammazione - Proliferazione - Rimodellamento Nella prima fase (24-72 h) dobbiamo fare coagulazione e portare infiammazione; per depositare matrice dobbiamo indurre la proliferazione di fibroblasti e miofibroblasti (vengono resi simili ai fibroblasti per depositare matrice). La master cytokine della deposizione di matrice in seguito a ferita e infiammazioni croniche è TGFβ, prodotta da molte cellule come macrofagi (nei tessuti) e anche dalle piastrine (centinaia di migliaia di piastrine per microlitro). Con la produzione di questa citochina stimoliamo cellule a proliferare, per formare un tessuto di granulazione (capillari che proliferano velocemente e gemmano da quelli preesistenti). Questa è quindi la seconda fase (2-10 gg), ossia la proliferazione e rimodellamento. Quando questo processo deraglia, per problemi soprattutto di rimodellamento, avviene fibrosi (che caratterizza tutte le infiammazioni croniche). Sotto il tessuto di granulazione, mentre si forma l’esca (nome medico della crosta), tutto quello che c’era prima comincia a proliferare. La spinta proliferativa di tessuti complessi molto spesso dipende da staminali. Ci sono cellule labili che muoiono e cellule staminali continuano a proliferare (epidermide, intestino, midollo ecc), cellule stabili (epatociti), cellule perenni (neuroni). Il rimodellamento della matrice viene fatto dalle metalloproteasi (MMP), prodotte da molte cellule. Quando la cicatrice rimane visibile all’esterno gonfia si chiamano cheloidi cicatriziali. INFIAMMAZIONE CRONICA Una cosa cronica è qualcosa che persiste nel tempo. Ci sono patologie che si definiscono croniche quando qualcosa che si può misurare dell’infiammazione, come un marcatore, rimane nel tempo (per 1/3/6 mesi, dipende dalla patologia). Tutte le infiammazioni croniche erano acute? È difficile dare una risposta logica. Gli esiti dell’infiammazione acuta dipendono dall’intensità e dalla durata dello stimolo, dalla sede, dalla risposta dell’ospite, e possono essere: - Completa risoluzione - Formazione di un ascesso - Cicatrice (sostituzione del tessuto danneggiato con tessuto fibroso, cheloide) - Progressione verso flogosi cronica L’infiammazione cronica può essere quindi esito di infiammazione acuta (a volte anche molto precedenti nel tempo, anni prima, spesso anche asintomatica), infezione intracellulare persistente e risposta immune cellulo-mediata, prolungata esposizione a sostanze tossiche esogene o endogene, reazioni immunitarie anche verso i tessuti dell’organismo (autoimmunità). La risoluzione dell’infiammazione è temporalmente legata all’eliminazione dell’agente causale. Si pensa che per eliminare il patogeno faccio infiammazione fino a che non ho eliminato il patogeno, ma l’organismo ha una serie di armi a disposizione limitate, se riesce a combattere il patogeno bene, se non riesce, l’organismo non procede a combattere il patogeno, sennò si muore di infiammazione; allora bisogna trovare un metodo per conviverci. Ci sono meccanismi che, a prescindere dall’esito della battaglia, spengono l’infiammazione. Se questi meccanismi, che normalmente autoregolano, vanno a deragliare, si possono avere patologie che ulteriormente cronicizzano. Loops di spegnimento dell’infiammazione: - Meccanismi molecolari cell-autonomous: ci sono meccanismi intrinseci della cellula infiammatoria (si autoregola per evitare di fare eccessiva infiammazione). Un esempio è che NFKβ stimola la produzione di tanti fattori proinfiammatori, e stimola anche la trascrizione di molecole che ne regolano il suo spegnimento secondo un feedback negativo (l’inibitore è Ikβ, poi altre proteine come A20). - Mediatori lipidici: PG e leucotrieni agiscono da mediatori dell’infiammazione, ma dopo qualche giorno emergono altri lipidi mediatori (che derivano da AA o altri acidi grassi) che hanno funzione antiinfiammatoria e sono le risolvine e protettine. - Efferocitosi: capacità di cellule fagocitiche di mangiare corpi apoptotici. Ogni giorno moltissimi neutrofili muoiono nel tessuto infiammato, devono essere mangiati dopo l’apoptosi. È importante che vengano eliminate le cellule apoptotiche perché ancora hanno l’integrità della membrana ma dopo minuti/ore necrotizzano e perdono l’integrità della membrana, rilasciando il contenuto citosolico e quindi anche DAMPs che stimolano l’infiammazione. Hanno dei segnali detti eat me signals. Un macrofago che mangia questi neutrofili apoptotici, diventa antiinfiammatorio rilasciando risolvine e protettine. I macrofagi possono avere fenotipo proinfiammatorio o antiinfiammatorio a seconda del contesto. FIBROSI La fibrosi è un processo per cui in un organo o tessuto aumenta la componente connettivale rispetto a quella parenchimale. La deposizione di matrice è importante, ma quando la matrice rimane lì in eccesso porta a fibrosi. Tante cellule fanno TGFβ, che fa proliferare e secernere matrice a fibroblasti e miofibroblasti; se la matrice depositata è tanta, cambia chimicamente e assume forme chimiche più difficilmente digeribili dalle MMP. La matrice è necessaria farla in fretta quando c’è una lesione, quindi TGFβ deve essere già presente, viene depositato negli spazi extracellulari (interstiziali) in forma inattiva, quindi deve agire in fretta. Il TGFβ incontra i propri recettori su altre cellule (mesenchimali ed epiteliali) e attiva programmi genici per depositare matrice e far proliferare cellule. TGFβ fa inoltre transizione epitelio-mesenchimale EMT (trasforma cellule da epiteliali a mesenchimali, per renderle capaci di fare matrice). INFIAMMAZIONI CRONICHE GRANULOMATOSE Hanno generalmente esordio più subdolo di quelle non granulomatose, si vede solo dopo molto tempo che il paziente ha sviluppato la malattia. I granulomi sono 6 malattie (Tubercolosi, Sarcoidosi, Morbo di Crohn, Granulomatosi di Wegener, Berilliosi, Schistosomiasi). Il granuloma è una struttura istologica circolare; quando si vede una sfera è quasi sicuramente un programma di contenimento per chiudere qualcosa dentro (patogeni ma non solo). È probabile che quella cosa che viene racchiusa, se va in giro, fa male. Il granuloma a noi non fa male, sono cellule infiammatorie circondate da capsula fibrosa; se ne abbiamo tanti in un certo posto, abbiamo perdita di funzionalità del tessuto circostante e quindi ci ammaliamo dopo parecchio tempo. I granulomi possono contenere batteri, metalli, funghi, elminti, protozoi (tutti agenti esogeni), oppure agenti endogeni come cheratina ecc. Composizione del granuloma: al centro di alcuni granulomi ci sono cellule necrotiche (si parla di caseificazione), ci sono poi cellule epitelioidi (macrofagi con caratteristiche epiteliali), cellule giganti multinucleate (fusione di cellule epitelioidi e dendritiche), foamy cells (macrofagi con gocce lipidiche, in particolare colesterolo, sono molto importante nella placca aterosclerotica). Attorno ai granulomi abbiamo linfociti B, T e infine una capsula fibrosa. Per la formazione del granuloma abbiamo cellule che sono già lì, alcune cellule vengono da fuori, e il sistema immune riconosce determinate sostanze per fare questa struttura sferica di contenimento. Sarcoidosi: malattia polmonare (e non solo) caratterizzata da lesione granulomatosa, il nucleo non è caseoso (non ci sono cellule necrotiche, a differenza della TB). Negli USA era una malattia raziale perché colpiva soprattutto gli afroamericani, poi si capì che colpiva anche gli scandinavi. Non c’è eziologia chiara, diventa difficile avere terapie mirate, sono terapie solo sintomatologiche. Schistosomiasi: malattia infiammatoria cronica granulomatosa, è una malattia che colpisce molte persone (200 milioni di infetti e mezzo milione di morti), colpisce la fascia più povera dei continenti nelle zone equatoriali, dove fa caldo, perché il vettore è una lumaca che vive nelle acque calde nei tropici. L’uomo è l’ospite definitivo della Schistosomiasi, e la malattia viene da un verme detto schistosoma. Maschio e femmina vivono insieme nel fegato dell’uomo e sono immortali (mai visti morti), vivono lì tutta la vita. Il parassita fa delle uova che arrivano nell’intestino e vengono eliminate con le feci. Le uova vengono mangiate dalla lumaca d’acqua (arancione), si ammala e in 3 settimane nel mantello si forma una cercaria che è simile allo spermatozoo e vive poche ore, nuota nell’acqua, dentro la sua testa ci sono enzimi potenti che le permettono di penetrare nella pelle dell’uomo. Entra nell’uomo, risale il sistema linfatico, arriva nel fegato e cresce per diventare un verme adulto e incontrare il partner per copulare. Ogni tanto le uova non finiscono nell’intestino e finiscono nel parenchima epatico e dato che l’uovo contiene una tossina mortale, vengono fatti dei granulomi per contenere quell’uovo. Si crea così una reazione fibrosa che distorce il lobulo epatico, fino ad arrivare a insufficienza epatica e morte in maniera silente. Per studiare la schistosomiasi è necessario un modello di ospite definitivo simile all’uomo, quindi si usa il topo. INFIAMMAZIONI CRONICHE NON GRANULOMATOSE Il caso di infiammazione cronica non granulomatosa più famosa in medicina è l’epatite B. l’HBV un piccolo virus a DNA che infetta i mammiferi (genoma di 3.2 kDa). Le infezioni virali croniche dell’uomo sono HIV, HCV, HBV. Per l’HIV ci sono farmaci, per l’epatite B ci sono farmaci da prendere per tutta la vita (e anche un vaccino), per l’epatite C ci sono farmaci. Questi 3 virus infettano i primati, a un certo punto saltano nell’uomo e non riconoscono differenze fra bonobo, scimpanzè e uomo (siamo molto simili), ma non infettano i non-human primates (come i macachi). - È un virus epatotropo, ossia infetta una sola cellula del fegato (epatocita); dal punto di vista immunologico il fatto che lui non infetti cellule presentanti l’antigene in maniera professionale (macrofagi, cellule dendritiche ecc) che sono infettate da tutti gli altri virus, impatta molto sulla risposta immunitaria contro il virus. È un virus che infetta un organo che spinge verso la tolleranza immunitaria, il fegato dice al sistema immunitario di lasciarlo stare. È difficile che si sviluppino infezioni virali croniche nel polmone, perché lì abbiamo un’importante risposta infiammatoria, invece il fegato ha tolleranza immunogenica, è quindi un posto piacevole per la sopravvivenza dei patogeni. - È un virus non citopatico: un’infezione in cui il patogeno dentro la cellula uccide la cellula è detta citopatica, al contrario se non la uccide si dice non-citopatica. Le infezioni citopatiche sono più acute, invece quelle croniche sono fenomeni di simbiosi, conviviamo con questi virus che non hanno intenzione di farsi trovare e farci del male, vogliono stare dentro di noi (come fanno bilioni di altri virus non patogeni). È un virus che causa epatiti acute e croniche. HBV è uno dei grandi disastri della sanità mondiale (300 milioni di persone sono cronicamente infette dalla malattia, 1 milione di morti all’anno), meno del 3% dei pazienti sa di essere infettato. La maggiorparte dei pazienti è concentrata in Asia e Africa. In Italia il vaccino per il sistema nazionale costa 2.99€, i farmaci 3€ al mese. In africa non si riesce a vaccinare, stessa cosa in Asia e altri posti delle Americhe. Il virus è sempre lo stesso, muta molto poco, ma alcuni pazienti hanno infezione acuta e altri infezione cronica: - L’epatite acuta può essere anche violenta (in pochissimi casi è fulminante, ti uccide perché si sviluppa una risposta autoimmune contro il fegato molto forte, e si va in coma epatico, il cervello si spegne, perché aumentano i livelli di sostanze tossiche, normalmente metabolizzate dal fegato, come l’ammonio). L’epatite B acuta la sviluppa chi non si vaccina o non risponde ai vaccini (circa un 10%); i sintomi sono influenzali, se è molto acuta si ha ittero, è una malattia che non si tratta, si sta a casa e in 2/3/4 settimane si guarisce perché il sistema immune lo tiene sotto controllo per tutta la vita. I virus non citopatici non vengono del tutto eliminati, rimangono lì per mantenere la memoria immunologica. - Si genera un’epatite cronica nei pazienti dove il sistema immunitario non è del tutto sviluppato (nei neonati e nei bambini nei primi anni di vita). Virus HBV, HCV, HIV si trasmettono per via ematogena (sangue). Il virus non passa la placenta, ma attraverso scambi di sangue, e durante la gravidanza ci sono scambi di sangue e dato che il sistema immunitario non è sviluppato, il virus cronicizza. Parte una battaglia tra virus e ospite che dura tutta la vita; si muore delle complicanze dell’epatite cronica, ossia cirrosi (fibrosi) e carcinoma epatocellulare. Per 20 anni il paziente resta con viremia molto alta (quantità di virus nel sangue), non ha nessun sintomo, non si tratta, poi si ritorna a muovere il virus (vediamo un aumento delle transaminasi, che sono indice di danno epatico, e morte di epatociti), poi ritorna basso ecc. Bisogna sempre controllare se si sviluppa un carcinoma. Se un paziente soffre di epatite acuta, non si può fare biopsia, perché c’è rischio di sanguinamento, e dato che il fegato malato produce meno fattori di coagulazione, si avrebbe emorragia. Per studiarla si devono generare dei modelli animali, inizialmente si usavano gli scimpanzè, ma nel 2015 per motivi etici è stato vietato usarli, quindi si è passato al topo. Il prof ha generato dei topi transgenici, per far sviluppare il virus nell’epatocita, generando un modello murino di epatite. Per dimostrare che il virus del topo fosse infettante era necessario infettare uno scimpanzè o un uomo, e si è scelto lo scimpanzè. E per la prima volta si è potuto vedere cosa succede nel fegato umano dopo l’infezione nel corso delle settimane. Se ci sono transaminasi che si muovono nel sangue, significa che qualche epatocita sta morendo. In un grafico mostrato si vede che in due mesi il virus arriva al picco (infetta il 100% degli epatociti, ossia 3x10^11). In un nanolitro di sangue ci sono milioni di virioni. Se io do un virione allo scimpanzè posso dare via ad un’infezione. Questo significa che un nanolitro di sangue infettato è un’arma biologica in grado di infettare milioni di persone (in un normale rapporto sessuale si scambiano più di 1 nanolitro di sangue). Facendo sesso non protetto si rischia molto di più di prendere l’epatite B rispetto a HIV o HCV. Nell’HBV non solo non si hanno sintomi e non sai di essere infettato, ma anche la cellula non sa di essere infettata (non abbiamo attivazione trascrizionale di geni proinfiammatori) e il virus lo fa sequestrando dentro gusci proteici i PRR (non vengono riconosciuti dalla cellula). Dopo il picco di titoli virali nel sangue, abbiamo la fase di clearance virale (mediata da linfociti citotossici) che con fattori solubili uccidono il virus senza uccidere la cellula. Alla fine di un’infezione acuta hai tracce infinitesimali di virus che il sistema immune vuole tenere a bada per mantenere memoria immunologica per il resto della vita. Immunopatogenesi I linfociti uccidono la cellula che hanno riconosciuto attraverso lo scambio di molecole effettrici e la cellula muore per apoptosi. La membrana plasmatica della cellula è integra. Il fegato è pieno di fagociti che devono fare fagocitosi per mangiare la cellula apoptotica (cellule di Kupffer). Arrivano cellule infiammatorie anche da fuori. Succede che rimangono delle cellule apoptotiche in situ, e dopo poche ore passano in necrosi e rilasciano DAMPs. I neutrofili sono le cellule più abbondanti che arrivano dal circolo per fare fagocitosi. Quando arrivano nei focolai infiammatori, rilasciano degli enzimi (collagenasi ecc) che sono metalloproteasi (MMP), servono per digerire matrice che è stata depositata de novo (ossia la cicatrice fatta dal fegato). Dopo che gli epatociti sono morti, lasciano buco e quel buco viene coperto da matrice prodotta dai fibroblasti. Tutto parte in pochi minuti dopo l’insulto infiammatorio. Gli epatociti possono rigenerare in maniera infinita e ogni anno si rifanno 10 fegati (continua rigenerazione e distruzione). I neutrofili che arrivano, producono metalloproteasi e mediatori di infiammazione, che portano cellula infiammatorie lì e arrivano nella sede di infezione linfociti. Il sistema si è evoluto a richiamare in sede cellule non specifiche (che spesso sono cause del danno immunologico, e molto del danno è qualcosa che si potrebbe evitare, ma non si riesce), queste cellule fanno un gran casino nella sede di infiammazione (per esempio lesioni tromboembotiche) e spesso fanno più danno dell’infezione stessa. A un certo punto, dopo 30 anni che si uccide un po’ ma non si fa fuori il virus, avvengono fenomeni fibrotici; da un lato la matrice diventa più difficilmente assorbibile e dall’altro l’epatocita invecchia e ci mette più tempo a rigenerare → l’effetto finale è un aumento di matrice e quindi si sviluppa un fenomeno fibrotico (cicatrice) fino all’ultimo stadio che è la cirrosi (distorsione del lobulo epatico, il metabolismo e la sua funzione vengono alterati, ed è necessario il trapianto). Un'altra complicanza tipica è il carcinoma epatocellulare, perché abbiamo cicli infiniti di morte e rigenerazione, e vengono generate sostanze come specie reattive e sostanze mutagene. Il carcinoma deriva da una mutazione che spinge la cellula a proliferare più velocemente e a non morire; quindi, in condizioni infiammatorie si espande velocemente ed è più soggetta a mutazioni. Quando arriva un clone molto veloce, il sistema immune non ce la fa più e si sviluppa il carcinoma. È un tumore molto aggressivo (durata media di vita 2 anni), nonostante non ce ne si accorge per 30/40 anni. Ci sono altre malattie croniche del fegato come la cirrosi biliare primaria, emocromatosi, alcolismo ecc. I linfociti usano un tappeto piastrinico, e le piastrine creano mini-aggregati che si appoggiano alla superficie dei sinusoidi epatici continuamente. Se in maniera casuale un linfocita passa da lì, trova quelle piastrine un po’ aggregate e il linfocita si attacca lì; successivamente fa il crawling, ossia striscia lungo l’endotelio sia con il flusso, sia controflusso alla stessa velocità. Per riconoscere la cellula infettata non extravasa mai, ma allunga degli pseudopodi (estroflessioni di membrana) che passano attraverso l’endotelio sinusoidale (cosa unica del fegato), ci mette circa mezzora per riconoscere un epatocita infettato (ha tanti controlli per riuscire ad ammazzarlo). I sinusoidi epatici hanno dei buchi, e attraverso quei buchi infila la sua protrusione e li usa per strisciare, come se si stesse arrampicando; è un sistema intelligente per uccidere le cellule perché il linfocita non deve sprecare tempo a extravasare. Noi possiamo dare dei veleni che uccidono gli epatociti nei topi a piccole dosi, per lungo tempo e questo causa fibrosi (si misura con un colorante che si chiama sirius red che colora collagene) e dopo mesi di trattamento c’è questa fibrosi. A questo punto si possono iniettare dei linfociti citotossici che riconoscono gli epatociti infettati e si vede che arrivano nel fegato ma non arrivano agli epatociti. In condizioni patologiche, infatti, avviene capillarizzazione perché i sinusoidi normalmente non hanno matrice sottoendoteliale, ma in queste condizioni si genera matrice e i sinusoidi diventano più difficili da essere attraversati. I linfociti, quindi, fanno fatica ad attaccare l’epatocita. Se un paziente fosse immunosoppresso completamente non svilupperebbe epatite, perché i sintomi derivano dall’attacco immunologico del nostro organismo (quindi se si lascia stare il virus, si può pensare di diminuire la risposta infiammatoria, quindi l’arrivo del linfocita nel fegato). Si può pensare di interferire nella comunicazione tra piastrine e linfociti, si possono usare quindi dei farmaci che diminuiscono la funzione piastrinica (non in maniera esagerata, per evitare emorragie, e poi deve costare poco, perché è in paesi poveri, e in più deve essere un farmaco che non deve essere conservato al freddo). Ci sono due farmaci per prevenire rischi trombotici che sono generici e sono la cardioaspirina e il clopidrogrel. Si sono usati questi farmaci e si vede che a 3 mesi dalla terapia viene ridotto il numero di linfociti che vanno nel fegato e determinano la reazione infiammatoria. L’impatto sulla fibrosi è molto significativo, viene ridotta tantissimo la fibrosi e l’incidenza di tumore epatico.

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