Organismi viventi, metodo scientifico e macromolecole PDF
Document Details
Uploaded by IdyllicAgate4956
Università Cattolica del Sacro Cuore - Milano (UCSC MI)
Tags
Summary
Questo documento fornisce informazioni su organismi viventi, entropia, flusso di energia e nutrizione. Discute le differenze tra organismi viventi e non viventi, il ruolo del metabolismo e del nutrimento. Illustra i concetti chiave del metodo scientifico. Sono inoltre elencati i diversi tipi di proteine e di diversi aspetti dell'alimentazione.
Full Transcript
ORGANISMI VIVENTI E NON VIVENTI ENTROPIA E FLUSSO DI ENERGIA La materia non vivente si degrada nel tempo perché risente della seconda legge della termodinamica: tutta la materia presenta nell’universo tende al caos, subisce l’effetto dell’entropia, tende al disordine. PERCHÉ GLI ORGANISMI VIVENTI...
ORGANISMI VIVENTI E NON VIVENTI ENTROPIA E FLUSSO DI ENERGIA La materia non vivente si degrada nel tempo perché risente della seconda legge della termodinamica: tutta la materia presenta nell’universo tende al caos, subisce l’effetto dell’entropia, tende al disordine. PERCHÉ GLI ORGANISMI VIVENTI SFUGGONO ALL’ENTROPIA? (principale differenza tra viventi e non) Perché gli organismi viventi sono percorsi continuamente da un flusso di energia chimica, che gli permette di sfuggire momentaneamente all’entropia. Momentaneamente perché quando l’organismi muore il flusso di energia si interrompe e torna ad essere sotto l’effetto dell’entropia; infatti, dopo la morte il corpo si decompone. Inoltre, gli organismi viventi, grazie alla riproduzione, riescono a trasmettere alla progenie questa capacità di sfuggire all’entropia. Il flusso di energia chimica è il risultato del metabolismo dei nutrienti assunti dall’organismo. Gli organismi viventi di dividono in autotrofi ed eterotrofi in base a come assumono i nutrienti. Organismi autotrofi (piante): producono da soli il nutrimento. Prendono materia inorganica (co2 e h2o) e la trasformano in materia organica (carboidrati). Organismi eterotrofi (uomo): non riescono a trasformare la materia inorganica in organica; quindi, si cibano di autotrofi o eterotrofi per assumere molecole energetiche per trasformarle in carboidrati. Entrambi sono importanti perché sono necessari per mantenere equilibrio e continuità della vita sulla Terra. Gli autotrofi usano co2 e h2o come substrato per produrre o2 e prodotto organici grazie all’energia solare. Questi prodotti vengono poi utilizzati dagli eterotrofi per mantenere il flusso di energia. Se una categoria non c’è, il ciclo non funziona e inevitabilmente una categoria scompare. Gli eterotrofi prendono l’o2 e lo usano per la respirazione cellulare: processo molecolare con cui le cellule producono energia (ATP). Noi respiriamo perché se no si interrompe il flusso di o2 necessario a mantenere continuata la produzione del flusso di energia chimica. L’o2 è fondamentale per le reazioni biochimiche che avvengono all’interno della cellula. 4 NUTRIZIONE NEGLI ORGANISMI VIVENTI PERCHÉ UN ORGANISMO VIVENTE SI DEVE NUTRIRE? Soddisfazione dei bisogni energetici per il mantenimento delle strutture dell’organismo Rifornimento dei materiali per accrescimento e riparazione dei tessuti e delle strutture dell’organismo Necessità di elementi nutrizionali (h2o, vitamine e Sali minerali) che non hanno funzione energetica ma sono essenziali I lipidi e i carboidrati servono per produrre energia. Il 95% dell’energia prodotta dall’organismo deriva dai lipidi. Le proteine vengono scomposte per ricavare gli amminoacidi necessari per produrre le proteine necessarie per accrescere i tessuti ecc. Le vitamine sono precursori di enzimi. Quando le assumiamo la loro struttura viene modificata e diventano coenzimi, aiutanti degli enzimi. Quindi dalla modificazione delle vitamine si formano molecole che aiutano gli enzimi che producono energia cellulare. Es. Vitamina C è necessaria per la produzione di collagene che serve a mantenere posizione e struttura degli organi; se non è abbastanza si sviluppa una malattia: scorbuto, il corpo inizia ad avere emorragie interne perché i tessuti (ad es. dei vasi sanguigni) non mantengono la loro struttura. La vitamina c si assume con la frutta e verdura fresca (arance, kiwi, fragole, prezzemolo, peperoncino). Es. Vitamina A permette di avere una vista ben funzionante perché lavora con le cellule della retina. Ci sono vitamine solo di origine vegetale (B-9) o solo di origine animale (B-12). Per questo avere una dieta vegana o vegetariana è pericoloso se non si è seguiti da un dietologo che prescrive gli integratori necessari. Assumere diverse tipologie di alimenti garantisce una dieta equilibrata che permetti di avere tutte le molecole necessarie per il corretto funzionamento delle cellule del nostro corpo. Se no si arriva a patologie. L’ALIMENTAZIONE PER L’UOMO aspetti positivi Privarsi di alimentazione per tanto tempo influisce sulla psiche Cultura: il cibo rispecchia la cultura di un paese, ogni nazione/etnia ha particolari modi di cucinare il cibo. Mangiare in un certo modo, dividere i pasti in un certo modo. Condivisione: mangiare insieme è un momento di socializzazione Aspetti negativi: Disordini alimentari: il cibo diventa qualcosa che soddisfa il bisogno di controllo che viene meno in altri aspetti della vita Solitudine: mangiare da soli aumenta il senso di solitudine 5 SCIENZA E METODO SCIENTIFICO COS’È LA SCIENZA? La scienza è un’area del sapere umano (conoscenza) caratterizzata da un metodo che ha due requisiti: rigore e oggettività. Vuol dire che tutti i risultati scientifici vengono ottenuti usano un metodo rigoroso e riproducibile. Ci sono diversi tipi di scienze: 1. Scienze matematiche: algebra, geometria 2. Scienze fisiche: fisica, chimica, biologia 3. Scienze mediche: medicina 4. Scienze umane: psicologia, sociologia ARISTOTELE (V SEC A.C.) Aristotele fu uno dei primi ad individuare gli scopi della scienza: ciò che spinge l’uomo a fare ricerca scientifica. L’uomo fa ricerca scientifica in primis perché è una persona curiosa e vuole scoprire il perché delle cose, vuole capire come funzionano i fenomeni. Per farlo deve seguire delle regole. IL METODO SCIENTIFICO Il metodo scientifico è l’insieme di diverse fasi che un ricercatore deve seguire ed applicare. Tutte queste fasi vanno seguite perché solo con l’applicazione di tutte otteniamo risultati scientifici: 1. Osservazione: guardare un fenomeno più e più volte, perché bisogna essere certi di quello che si sta vedendo. Non basta una sola osservazione. Caratteristiche: attenta, curiosa, senza pregiudizi. 2. Problema: dopo aver osservato un fenomeno devo chiedermi qual è la domanda su cui voglio basare la mia ricerca. 3. Ipotesi di soluzione: ipotizzare dove può portarti la ricerca. L’ipotesi è quella che deve essere verificata nella ricerca. 4. Verifica o confutazione dell’ipotesi: avviene attraverso l’applicazione di protocolli oggettivi 5. Conclusione o teoria: quando verifico che la mia ipotesi è vera diventa teoria. Se la mia ipotesi non è vera bisogna ricominciare da capo. 6. Comunicazione: è una delle parti fondamentali della ricerca scientifica. un ricercatore comunica la teoria alla comunità scientifica attraverso articoli scientifici (scritti in inglese). Attraverso articoli, presentazioni e convegni. Convegni e Presentazioni: in 15 min il ricercatore deve riassumere il suo lavoro davanti a una platea di altri ricercatori che a fine presentazione possono fare domande. 6 Articoli Scientifici: articoli scritti in modo chiaro e dettagliato in cui si possono notare tutte le fasi del metodo; c’è una sezione chiamata materiali e metodi perché i ricercatori devono riportare la metodologia e i materiali utilizzati e come li hanno utilizzati. Questo perché i ricercatori che lo leggono devono avere la possibilità di replicarlo a casa. Nell’ultima parte dell’articolo i ricercatori spiegano i risultati ottenuti. La comunicazione è una delle fasi fondamentali del metodo scientifico in quanto la scienza è basata sulla condivisione dei risultati per arrivare al progresso scientifico. Questo perché le ricerche portano ad altri interrogativi e altre ricerche che generano nuove teorie. Questa porta Perché è importante per il progresso. PROCESSO DI PUBBLICAZIONE DI UN ARTICOLO SCIENTIFICO Processo di pubblicazione è un processo estremamente complesso perché prima di essere pubblicato il materiale va spedito per un controllo anonimo (più revisori anonimi: altri ricercatori dello stesso campo che non sanno chi ha scritto l’articolo). Se non funziona: l’articolo viene rigettato e il ricercatore deve ricominciare da capo. Se va bene: viene pubblicato. Via di mezzo: articolo interessante ma alcune cose non sono chiare; quindi, i ricercatori hanno tot tempo per chiarire i punti oscuri. Quando l’articolo è chiaro, interessante e replicabile viene pubblicato. Questa verifica viene fatta anche per verificare che la ricerca sia stata fatta seguendo il metodo scientifico. LE TEORIE SCIENTIFICHE NON SONO ETERNE Possono cambiare nel tempo perché vengono fatte nuove ricerche e scoperte scientifiche che possono confutare quelle precedenti. Es. il dogma centrale della biologia, formulato intorno alla meta degli anni 50, spiega il flusso dell’informazione genetica da DNA, a RNA, a proteine. Prima formulazione: è una strada a senso unico, il gene non può tornare indietro. Poi, però, vennero scoperti i retrovirus (es. covid, HIV) che utilizzano come materiale genetico l’RNA (non il DNA come gli altri virus). Questo non invalida la prima formulazione del dogma, ma la modifica. 7 ESEMPI DI RICERCA SCIENTIFICA ESPERIMENTO DI GRIFFITH Inizio 900, Griffith faceva ricerche per trovare la cura per la polmonite (vaccino). Ha messo in piedi un piano sperimentale che prevedeva due ceppi batterici (uno virulento e uno no) della stessa famiglia: Diplococcus pneumoniae. - Ceppo R (non virulento) (rough): sprovvisto della capsula polisaccaridica*, messo su una piastra batterica forma colonie con aspetto rugoso. (struttura esterna che circonda alcune cellule batteriche, scopo: proteggere il batterio dall’attacco del sistema immunitario) *capsula polisaccaridica = struttura esterna di alcune cellule batteriche che le protegge dall’attacco del sistema immunitario - Ceppo S (virulento) (smooth): dotato di capsula polisaccaridica che, messo sulla piastra batterica, forma colonie tonde, bianche, lucidissime e lisce. Visto che possiedono questa struttura esterna il sistema immunitario non riesce a distruggere i batteri Griffith è partito usano questi due ceppi e li ha iniettati in diversi gruppi di topi per vederne l’effetto. Il suo piano sperimentale prevedeva 4 condizioni in cui venivano usati i batteri dei due ceppi iniettati in gruppi diversi di topi. 1. ha iniettato i batteri del ceppo S Griffith ha iniettato i batteri del ceppo S in un gruppo di topi che hanno sviluppato la polmonite e sono morti. Quindi ha fatto dei prelievi e ha notato che il sangue conteneva batteri del ceppo S vivi, questo perché il sistema immunitario dei topi non è riuscito a distruggerli. 2. ha iniettato i batteri del ceppo R Poi Griffith ha iniettato i batteri del ceppo R in un altro gruppo topi, questi non hanno sviluppato la polmonite e sono sopravvissuti. Ha fatto prelievi anche a questi e ha notato che nel loro sangue non c’erano batteri R, questo perché sono stati distrutti dal sistema immunitario. 3. ha iniettato batteri del ceppo S morti Sapendo che un calore intenso è in grado di uccidere i batteri. Quindi Griffith ha preso i batteri del ceppo S e li ha uccisi con il calore. Dopodiché li ha iniettati in un altro gruppo di topi che non hanno sviluppato la polmonite e sono sopravvissuti. Questo perché nel loro sangue erano presenti batteri S morti. 4. ha iniettato batteri del ceppo S morti e batteri del ceppo R vivi Griffith ha preso batteri S uccisi con il calore, li ha mischiati con batteri R vivi e li ha iniettati in un quarto gruppo di topi che hanno sviluppato la polmonite e sono morti. Dai prelievi è emerso che nel sangue erano presenti batteri S vivi. 8 Conclusione: esiste una macromolecola, chiamata da Griffith “principio trasformante”, capace di passare dai batteri S morti agli R vivi, trasformandoli permanentemente in S vivi. Quando questo principio trasformante è entrato nei batteri R ha portato l’informazione per produrre la capsula trasformandoli in S. Inoltre, è resistente al calore in quanto i batteri S erano stati uccisi con il calore ma il principio trasformante è rimasto vivo. Lui non ha mai ipotizzato la natura di questa macromolecola. ESPERIMENTO DI AVERY, MACLEOD E MCCARTHY (continuo di Griffith) Avery, MacLeod e McCarthy proseguono l’esperimento di Griffith cercando di capire la natura di questo “principio trasformante”. Dalla ricerca di Griffith era emerso che si trattava di una macromolecola che conteneva tutte le informazioni genetiche di un batterio. In una cellula le macromolecole potevano essere 4: proteine, acidi nucleici, polisaccaridi e lipidi. Siamo nella prima metà del 900, si sapeva pochissimo del DNA; infatti, la maggior parte della comunità scientifica dell’epoca era convinta che fossero le proteine in grado di immagazzinare l’informazione genetica, e che quindi costituissero il principio trasformante introdotto da Griffith. Questo perché sapevano che le proteine avevano migliaia di strutture diverse, erano formate da una sequenza più o meno lunga di combinazioni diverse di 20 amminoacidi ed erano implicate in tutte le funzioni svolte dalla cellula. Del DNA non si sapeva quasi niente. Si credeva fosse una macromolecola semplice situata nel nucleo e costituita da 4 nucleotidi diversi per 4 basi azotate, non si sapeva nulla della sequenza del DNA; infatti, pensavano che fosse del tutto casuale delle basi azotate. Nel 1943, Avery, MacLeod e McCarthy partono dalle osservazioni fatte da Griffith sul principio trasformante, costruiscono un piano sperimentale per cercare di verificarne la natura. Sono partiti dall’ipotesi che potesse essere una proteina, un acido nucleico, un polisaccaride o un lipide. L’esperimento di divide in due parti: la prima in cui scoprono che l’informazione genetica si trova negli acidi nucleici; e la seconda in cui scoprono in quale acido nucleico si trova (DNA). 9 PARTE 1: Hanno testato i batteri R vivi su ogni tipologia di macromolecola degli S vivi. 1. hanno ottenuto l’estratto cellulare dei batteri S Prima di tutto hanno ucciso i batteri S e ne hanno conservato l’estratto cellulare, cioè l’insieme delle macromolecole presenti all’interno della cellula, che si ottiene rompendo la membrana plasmatica del batterio in modo che le macromolecole all’interno fuoriescano. 2. hanno separato le varie macromolecole Hanno separano le varie macromolecole (DNA e RNA, proteine, lipidi, polisaccaridi) in 4 diverse provette. 3. Hanno mescolato le singole provette con i batteri R vivi e le hanno iniettate nei topi Hanno preso le singole provette e le hanno mescolate con batteri R vivi, ottenendo 4 mix diversi: 1. batteri R + acidi nucleici degli S 2. batteri R + proteine degli S 3. batteri R + polisaccaridi degli S 4. batteri R + lipidi degli S Hanno poi iniettato questi 4 mix in 4 diversi gruppi di topi. Avery, MacLeod e McCarthy hanno osservato che il gruppo di topi che ha sviluppato la polmonite ed è morto è stato quello a cui erano stati iniettati batteri R + acidi nucleici S. Inoltre, solo in questo gruppo di topi, facendo le analisi del sangue, sono stati trovati batteri S vivi. Conclusione: ha ipotizzato che il principio trasformante di Griffith fosse un acido nucleico. Ora dovevano solo capire quale dei due (DNA o RNA). PARTE 2: Hanno testato i batteri R vivi su ogni acido nucleico degli S morti 1. hanno diviso gli acidi nucleici in due provette Hanno preso il mix di acidi nucleici dei batteri S e l’hanno diviso due provette per ottenere il DNA in una e l’RNA nell’altra. Nella prima provetta hanno aggiunto l’enzima DNasi, in grado di degradare solo il DNA, ottenendo RNA. Mentre nella seconda hanno aggiunto l’enzima RNasi, ottenendo DNA. 2. hanno aggiunto batteri R vivi alle due provette e le hanno iniettate ai topi Hanno miscelato ognuna di queste provette con batteri R e le hanno poi iniettate in due diversi gruppi di topi. Il gruppo di topi che ha sviluppato la polmonite ed è morto è quello a cui erano stati somministrati DNA degli S + batteri R; e solo qui nel sangue son stati trovati batteri S vivi. 10 Conclusione: Avery, MacLeod e McCarthy hanno teorizzato che il principio trasformante di Griffith fosse costituito dalla molecola di DNA, che quindi era la depositaria dell’informazione genetica di ogni organismo vivente. L’integrazione nei batteri R del DNA dei batteri S dava origine a una trasformazione permanente ed ereditaria. Questa teoria è stata pubblicata sul Journal of Experimental Medicine nel 1943. Quando uscì l’articolo molti ricercatori continuavano a sostenere che il principio trasformante di Griffith fossero le proteine, perchè quando il gruppo di Avery hanno separato l’estratto grezzo erano rimaste delle proteine nella provetta con gli acidi nucleici; quindi, avevano osservato DNA complessato con proteine. Sono serviti anni di esperimenti per capire che è il DNA a contenere l’info genetica. ESPERIMENTO MODERNO MULTIDISCIPLINARE: DIPARTIMENTO DI PSICOLOGIA E DI BIOCHIMICA DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE È uno studio multidisciplinare estremamente complesso e approfondito effettuato da psicologi e biologi dell’università Cattolica del Sacro Cuore (tra cui Daniela Tavian e Alessandro Antonietti), il cui scopo è stato verificare se esiste una correlazione tra il tipo di mutazione del gene MECP2 e il decorso della sindrome di Rett nelle pazienti. Questo perché se conosco già il decorso della patologia, posso assumere terapie preventive in una bambina che ha appena iniziato a sviluppare questa sindrome, in modo da alleviare la sintomatologia finale trattandola prima. Ad oggi non esiste cura per la Sindrome di Rett, ma solo trattamenti per far vivere al meglio le donne affette da questa sindrome. I biologi si sono occupati dell’analisi genetica e dell’identificazione delle tipologie di mutazioni. Gli psicologi si sono occupati della somministrazione di items per valutare tante diverse aree del cervello. La Sindrome di Rett è una malattia neurodegenerativa congenita grave dello sviluppo che colpisce 1 bambina su 10.000. Porta a gravi disabilità motorie e cognitive. Lo sviluppo clinico della patologia è diviso in 4 fasi e al termine le donne che ne sono affette non hanno una vita autonoma. È causata dalla mutazione di un gene localizzato sul cromosoma X (necessario per far nascere un bambino vivo): nel 97% dei casi è nel gene MECP2 (che può presentare diverse mutazioni); nel restante 3% nel gene CDKL5 o FOXG1. Dal punto di vista clinico, il decorso della malattia si può presentare in 5 modalità. 11 Osservazione: I ricercatori sono partiti sapendo che le mutazioni dei geni MECP2, CDKL5 e FOXG1 causano la sindrome di Rett, loro studiarono in particolare quelle del gene MECP2 perché nel 97% dei casi è la mutazione di questo gene a cause la malattia. Inoltre, sapevano che ci sono 5 diverse modalità di presentazione e decorso della sindrome di Rett. Problema: 1. Quali sono i fattori responsabili delle diversità delle caratteristiche cliniche e del decorso 2. Esiste uno strumento in grado di rilevare e misurare i diversi gradi di disabilità psicologica, cognitiva, fisica delle pazienti affette da Rett Ipotesi: 1. Mutazioni diverse localizzate lungo la proteina MECP2 sono responsabili della diversità clinica? 2. La RARS (Rett Assesment Rating Scale) è uno strumento adatto ad esprimere varietà e la severità delle aree sintomatiche delle pazienti affette da Rett? Verifica sperimentale: Biologi e psicologi hanno agito in parallelo, sottoponendo 114 ragazze affette da Rett a due tipi di analisi: 1. Analisi genetica: hanno sequenziato tutto il gene MECP2, nucleotide per nucleotide, per trovare le mutazioni di ogni ragazza 2. Valutazione del profilo neuro-cognitivo: hanno assegnato una scala RARS da compilare al care giver delle ragazze E infine hanno confrontato i dati del profilo genetico e del profilo RARS di ogni paziente. Questo è il gene MECP2 e i numerini colorati sono i nomi delle mutazioni identificate (numero del nucleotide mutato). I numeri tra parentesi di fianco alle mutazioni indicano in quante ragazze è stata trovata quella mutazione. 12 Questa è la scala RARS, è una scala elaborata da psicologi (tra cui A. Antonietti). A sinistra ci sono le macroaree del cervello. A destra ci sono i punti che dovevano compilare i care giver delle ragazze, assegnando un punteggio (da 0 a 10) in base a quanto problematica fosse quell’area. Con i punteggi della scheda RARS è stato stabilito il grado di disabilità di ogni paziente ed è stato stilato questo grafico. Il grado di disabilità è stato diviso in: severe (90%), moderate (65%) e mild (50%). P152R, R306C, T158M, R133C sono le mutazioni più frequenti e il loro grado di disabilità. Le mutazioni scritte in questo modo (P152R, R306C, T158M, R133C) vuol dire che è mutato un solo amminoacido e si chiamano mutazioni missenso e sono quello con conseguenze più lievi. Conclusione: c’è una correlazione genotipo-fenotipo per la sindrome di Rett; mutazioni diverse del gene MECP2 determinano condizioni di diversa gravità nell’espressione della sindrome. A mutazioni più gravi corrispondono RARS più gravi. Relativamente alle mutazioni missenso più frequenti, si può notare che le pazienti con queste mutazioni presentano uno specifico profilo di disabilità nelle diverse aree considerate. L’articolo è stato pubblicato sul Research in Developmental Disabilities nel 2014. 13 MACROMOLECOLE Le macromolecole che hanno dato origine alla vita sono acidi nucleici (DNA e RNA) e proteine. ACIDI NUCLEICI Tutti gli organismi viventi hanno un progetto formativo-costruttivo secondo il quale si sviluppa la struttura e l’insieme delle attività metaboliche dell’organismo stesso. Questo progetto formativo è scritto nel materiale genetico: DNA e RNA (per i retrovirus che hanno il materiale genetico nel RNA). Genotipo = è il materiale genetico di una persona, l’insieme degli alleli di un individuo. Fenotipo = è quello che vediamo di una persona, è la risultate delle informazioni genetiche contenute in quella persona e le interazioni che queste hanno avuto con l’ambiente (genotipo + ambiente). Nel 1940 con Avery, MacLeod e McCarthy è stato scoperto che il DNA è la nostra macromolecola informazionale; quindi, contiene le informazioni per lo sviluppo e la funzionalità dell’organismo. Questa informazione è contenuta in sequenze di 4 nucleotidi disposti in modo causale non casuale. I nucleotidi vanno a formare le molecole di DNA, ognuna di queste molecole DNA è compattata in un cromosoma (DNA + proteine), l’insieme dei cromosomi formano il genoma di un organismo vivente. Genoma = è l’insieme dei cromosomi che contengono l’informazione genetica totale di un organismo. Esiste una relazione tra la quantità di DNA nel genoma di un organismo e la complessità dell’organismo stesso. Ci sono delle eccezioni: alcuni anfibi e un tipo di gigli che contengono più nucleotidi del genoma umano ma sono meno evoluti. DNA o acido desossiribonucleico contiene il genoma della maggior parte degli organismi viventi, mentre in alcuni virus (retrovirus) è contenuta nel RNA o acido ribonucleico. STRUTTURA Ogni nucleotide è formato da: - 1 gruppo fosfato - 1 zucchero: ribosio o desossiribosio (se non ha il gruppo OH in posizione 2’) - 1 base azotata: purine (adenina e guanina) pirimidine (citosina e timina, DNA, uracile, RNA) Tra purine e pirimidine c’è una differenza di ingombro sterico: ovvero la capacità di occupazione dello spazio, maggiore nelle purine che hanno struttura più grande delle pirimidine. DNA e RNA sono formati da nucleotidi uniti fra loro con un legame fosfodiesterico, un legame covalente, quindi forte. Questo perché le eliche di DNA non devono spezzarsi altrimenti l’informazione andrebbe persa; infatti, la molecola di DNA è quasi indistruttibile. 14 Foto di un’emielica (un solo filamento) di DNA Gli acidi nucleici sono direzionali: collegando l’estremità 5’ con quella 3’ i ricercatori hanno scoperto che quando il DNA viene replicato e trascritto intervengono enzimi che sono direzionali, copiano il DNA dall’estremità 5’ a quella 3’, formando legami 5’-3’ e mai 5’-5’ o 3’-3’. DIFFERENZE TRA DNA E RNA: a. Struttura: DNA due filamenti, RNA uno b. Zucchero: desossiribosio e ribosio c. Basi azotate: timina e uracile DIVERSI TIPI DI DNA E RNA DNA nucleare: i 46 cromosomi che rappresentano il genoma umano. Contiene l’informazione per la sintesi della maggior parte delle proteine contenute del nostro corpo. DNA mitocondriale: molecola di DNA circolare che si trova nei mitocondri, le nostre centrali energetiche, e contiene delle sequenze codificanti. RNA citoplasmatico: è l’insieme di mRNA (messaggero), tRNA (transfert), rRNA (ribosomiale), compie la sua azione nel citoplasma. Vengono sintetizzati nel nucleo partendo dal DNA nucleare, maturano velocemente e vengono trasportati a livello citoplasmatico, qui svolgono la traduzione. Grazie all’azione di queste 3 RNA possiamo produrre delle proteine specifiche. DOGMA CENTRALE DELLA BIOLOGIA: L’informazione è all’interno del DNA che poi viene trascritto in RNA, poi le molecole di RNA con la traduzione l’mRNA viene tradotto in proteine. Il flusso dell’informazione è a senso unico: DNAà RNAà proteine. Poi sono stati scoperti i retrovirus in cui si parte dal RNA che viene trascritto in DNA (che si unisce a quello dell’organismo che infettano), ritrascritto in RNA e poi tradotto in proteine. Questo avviene grazie alla retrotrascrittasi inversa, che trascrive l’RNA in DNA. Quindi nei retrovirus: RNA à DNA à RNA à proteine. 15 FUNZIONI PRINCIPALI DEL DNA: a. Depositario dell’informazione genetica di un organismo DNA che codifica proteine: b. Replicazione: replica sé stesso prima che la cellula si divida in due cellule figlie, attraverso mitosi (nelle cellule somatiche) e meiosi (nelle cellule germinali) c. Trascrizione: meccanismo che serve a sintetizzare molecole di RNA che vengono poi tradotte in proteine. Il DNA deve essere trascritto in RNA perché solo una parte viene trascritta e tradotta. DNA che non codifica proteine (maggior parte del DNA): d. Codifica gli RNA che non codificano per proteine ma ne regolano l’espressione: non contengono le informazioni per costruire le proteine ma regolano l’espressione dei geni dell’mRNA, dicono quando e quanto una proteina deve esprimersi. h e. Mantengono la struttura dei cromosomi: mantenendo l’informazione interna. Due parti fondamentali dei cromosomi sono i telomeri e i centromeri. I telomeri sono l’estremità terminale di un cromosoma, composta di DNA altamente ripetuto, che protegge l'estremità del cromosoma stesso dal deterioramento o dalla fusione con cromosomi confinanti. Questo è fondamentale perché i ricercatori hanno scoperto che la DNA polimerasi (responsabile della replicazione) non inizia proprio a 5’ e non finisce proprio a 3’ ma un pochino più in basso: ad ogni replicazione noi perdiamo una piccolissima parte di DNA quindi i telomeri servono a preservare e restituire le informazioni genetiche riguardo l’invecchiamento di una persona; infatti, sono detti “orologio molecolare”. Tutti i nostri cromosomi sono dotati di un centromero (centro del cromosoma, punto di incontro della x), formato da sequenze di nucleotidi che non codificano ma che prendono contatto con le proteine del fuso mitotico (cellule somatiche) o meiotico (cellule germinali). CARATTERISTICHE DEL DNA: a. Dimostrazione che il DNA è materiale genetico ereditario b. Struttura a doppia elica c. Complementarità delle basi puriniche e pirimidiniche d. Cromatina e cromosomi e. Replicazione f. Trascrizione g. Il codice genetico h. Mutazioni 16 a. DIMOSTRAZIONE CHE IL DNA è IL MATERIALE GENETICO EREDITARIO Negli anni si è arrivato a intuire e dimostrare che il materiale genetico di un organismo è contenuto nel DNA. Questo è stato dimostrato grazie a due esperimenti: - esperimento Griffith - esperimento Avery, MacLeod e McCarthy b. STRUTTURA DOPPIA ELICA Parte rossa: legame fosfodiesterico, catena di gruppi fosfato e di zucchero. La doppia elica: - antiparallela: abbiamo un’estremità 5’-3’ e quella complementare 3’-5’ - complementare: le basi hanno complementarità; C-G, T-A purine: adenina e guanina pirimidine: timina e citosina c. COMPLEMENTARITÀ DELLE BASI PURINICHE E PIRIMIDINICHE Le basi azotate dei due filamenti di DNA non sono disposte in maniera casuale, ma in modo che siano complementari tra loro. Adenina – Timina ; Citosina – Guanina Il legame tra T-A è un doppio legame a idrogeno, mentre quello tra C-G triplo legame a idrogeno. I legami a idrogeno sono legami molto deboli quindi si possono rompere facilmente. Questo è utile per replicazione, si separano e una si replica, e trascrizione, si separano e una viene trascritta. 17 d. CROMATINA E CROMOSOMI La doppia elica del DNA nudo è legata a delle proteine, gli istoni. Il nucleosoma è formato da: 8 proteine istoniche + filamento di DNA che fa due giri attorno alle proteine. La parte rossa (1) rappresenta la doppia elica, in realtà il DNA non è nudo ma legato a delle proteine dette istoni. Il DNA unito agli istoni prende il nome di nucleosoma. La corda rossa più spessa rappresenta la doppia elice semplificata che gira due volte attorno a 8 proteine istoniche. Segue un tratto singolo con 1 istone, chiamato H1 (2). È come se si formasse una collana di perle che in alcuni punti diventa più fitta creando un solenoide (3). Nella parte finale si forma una configurazione a fiore: questa è una sezione trasversale dei nostri cromosomi (4). Quindi: dentro il nostro nucleo il DNA si associa a delle proteine chiamate istoni, formando i nucleosomi. Gli istoni sono proteine piccole con una percentuale molto alta di amminoacidi carichi positivamente (lisina e arginina) quindi di legano con forza al DNA in quanto carico negativamente (grazie ai gruppi fosfato). Si dividono in due gruppi: - istoni dei nucleosomi: H2A, H2B, H3, H4 - H1: media il compattamento dei nucleosomi L’insieme di tutti i nucleosomi forma la cromatina: che organizza e compatta il materiale genetico all'interno del nucleo delle cellule eucariotiche, regolando l'accesso al DNA per la trascrizione e la replicazione. Poi la cromatina si addensa in strutture sempre più compatte fino a formare i cromosomi, che contengono l’informazione genetica. Sono rappresentati a forma di x, perché sono formati da due cromatidi fratelli uniti al centro dal centromero. In ogni cellula umana ci sono 22 paia di cromosomi omologhi (non identici, ma uno di origine materna e uno di origine paterna) + 2 cromosomi sessuali (XX o XY); per un totale di 46 cromosomi. I ricercatori hanno denominato le coppie di cromosomi con i numeri da 1 a 22, partendo dalla coppia più lunga. 18 e. LA REPLICAZIONE DEL DNA Avviene durante la fase S (di sintesi) del ciclo cellulare e precede la fase di divisione cellulare. La replicazione avviene secondo un meccanismo semi-conservativo, per cui ogni nuova molecola di DNA conserva uno dei due filamenti della molecola madre, mentre l’altro si replica. Ogni molecola di DNA figlia ha un filamento "vecchio" e uno "nuovo". Questo processo è altamente regolato e gli enzimi coinvolti correggono gli errori per evitare mutazioni, che possono causare malattie. Questo meccanismo è stato dimostrato con l’esperimento di Meselson e Stahl. ESPERIMENTO DI MESELSON E STAHL (1958) Meselson e Stahl per dimostrare che la replicazione avviene secondo un meccanismo semi-conservativo hanno utilizzato i batteri, perché coltivarli è facile ed economico, e perché si replicano velocemente: a 37° un batterio si replica in 30 minuti. 1. Beuta da 2L, brodo con azoto 15N Hanno preso una beuta da 2L con i batteri in un brodo di coltura, con nucleotidi con un isotopo dell’ azoto più pesante: 15N, per giorni. Ottenendo batteri con la molecola di DNA costituita di azoto pesante. 2. Hanno diviso il contenuto in due beute da 1L. A. DNA pesante a 15N Hanno lavato i batteri della prima beuta da 1L e hanno aggiunto una soluzione che li ha lisati, hanno estratto e purificato il DNA di questi batteri. Hanno messo il DNA estratto in una provetta con una soluzione di cloruro di cesio a gradiente stratificato, gradiente di intensità minore in alto e man mano che si scende la soluzione si addensa. Poi hanno messo la provetta in una centrifuga: il DNA si è posizionato nel punto di densità pari al suo, si è posizionato quasi sul fondo. B. DNA ibrido, 15N e 14N Hanno lavato i batteri della seconda beuta da 1L e li hanno messi in un brodo con azoto leggero, 14N. Hanno messo il tutto a 37° per 30 min: i batteri si erano replicati, formando DNA ibrido in quanto conteneva sia isotopo 15N che 14N. Poi hanno diviso i batteri in due beute da 500 mL. Hanno lisati i batteri della prima beuta da 500 mL e ne hanno estratto il DNA, l’hanno inserito in una provetta di cloruro di cesio e messo il tutto in una centrifuga. Il DNA si è posizionato a metà provetta perché rispetto a quello precedente è più leggero. Qui Meselson e Stahl avevano già capito che la replicazione del DNA avviene in modo semi-conservativo. 19 C. DNA leggero 14N e DNA ibrido Hanno lavato i batteri della seconda beuta da 500 mL e li hanno messi in un brodo con azoto leggero 14N a 37° per 30 min. Dopo una replicazione li hanno lisati, hanno estratto il DNA e l’hanno messo nel cloruro di cesio. Il DNA si è stratificato in due punti diversi: uno a metà provetta (come fase B), l’altro quasi in cima. FORCELLE DI REPLICAZIONE Per velocizzare la replicazione, nei geni umani, si formano le forcelle di replicazione: punti in cui il DNA si apre durante la duplicazione, permettendo la copia delle sue due catene. Si formano dove gli enzimi replicativi possono leggere e duplicare il DNA per preparare una nuova cellula e si attivando indipendentemente su ciascun cromosoma. Una volta che le forcelle hanno replicato il DNA le due emieliche si separano dal filamento madre in direzioni opposte. FASI DELLA REPLICAZIONE La replicazione del DNA è un processo semiconservativo, in cui ciascun filamento della doppia elica originaria funge da stampo per uno nuovo. Ogni molecola di DNA figlia ha un filamento "vecchio" e uno "nuovo". Questo processo è altamente regolato e gli enzimi coinvolti correggono gli errori per evitare mutazioni, che possono causare malattie. 1. Apertura dell'elica (DNA elicasi) Il processo di replicazione del DNA inizia con l'azione dell'enzima DNA elicasi, che rompe i legami a idrogeno tra le basi azotate. Questo provoca l'apertura della doppia elica, separando i due filamenti di DNA. 2. Stabilizzazione dei filamenti (Single Strand Binding Proteins) Una volta separati, i filamenti devono essere mantenuti stabili e separati. Questo è il compito delle single strand binding proteins, che impediscono ai due filamenti di riassociare i legami a idrogeno. 20 3. Sintesi dei nuovi filamenti (DNA polimerasi e primasi) La DNA polimerasi è l'enzima principale che costruisce i nuovi filamenti. Tuttavia, essa non può iniziare la replicazione da sola. Serve un primer di RNA, prodotto dalla DNA primasi che fornisce un punto di inizio per la polimerasi. La DNA polimerasi aggiunge quindi nucleotidi complementari uno alla volta, formando i nuovi filamenti, unendo i nucleotidi con legami fosfodiesterici. - Filamento veloce e filamento lento: La DNA polimerasi lavora solo in direzione 5' a 3', quindi uno dei filamenti (il filamento veloce viene sintetizzato in modo continuo, mentre l'altro (il filamento lento) viene sintetizzato in brevi frammenti chiamati frammenti di Okazaki. - Unione dei frammenti di Okazaki: La DNA ligasi ha il compito di unire i frammenti di Okazaki per formare un filamento continuo, dopo che la DNA polimerasi ha eliminato i primer di RNA. 4. Correzione degli errori (Proofreading) La DNA polimerasi svolge anche un'attività di correzione delle bozze (proofreading). Durante la replicazione, l'enzima verifica che i nucleotidi siano corretti e, se trova un errore, lo corregge, prevenendo mutazioni. 5. Riduzione della tensione torsionale (Topoisomerasi) Durante l'apertura dell'elica, si crea una tensione nella parte ancora chiusa del DNA. L'enzima topoisomerasi agisce per ridurre questa tensione, tagliando temporaneamente uno o entrambi i filamenti, evitando che il DNA si spezzi. Enzimi coinvolti nella replicazione del DNA PROTEINA FUNZIONE DNA elicasi Srotola il DNA DNA polimerasi Polimerizza i desossiribonucleotidi DNA primasi Costruisce il filamento di innesco (RNA) DNA ligasi Salda le interruzioni tra i frammenti Topoisomerasi Annullano la tensione torsionale 21 COS’ È IL GENE ? Gene = minima sequenza di DNA in grado di codificare per un peptide o polipeptide (prodotto proteico). Il gene inizia con il promotore che regola l’espressione del gene, positivo o negativo in base ai fattori di trascrizione, proteine che si trovano nel nucleo. Poi l’unità trascritta, cioè la parte del gene che viene trascritta, composta da esoni e introni: Esone= sequenze codificanti di nucleotidi. Contengono l’informazione per la codifica della proteina. Introni = sequenze non codificanti di nucleotidi che vengono trascritte ma vengono rimossi prima che l’mRNA esca dal nucleo, rendendo il gene maturo. Svolgono lo splicing. AUG è il primo codone dell’mRNA. ATG è il primo codone dei geni umani. Diventa AUG quando viene trascritto in mRNA. Ci sono geni, come il FOXC2, che non hanno introni ma sono formate da un unico esone. Splicing: meccanismo di formazione di RNA maturo. Tutti gli introni vengono rimossi. Splicing alternativo: alcuni introni non vengono rimossi e diventano parte codificante. f. LA TRASCRIZIONE DEL DNA Per essere utilizzata nella sintesi delle proteine, la sequenza di informazione del DNA deve essere trascritta in RNA. Esistono tre diversi tipi di RNA (mRNA, tRNA, rRNA), ma solo l’mRNA viene tradotto in proteina, anche se gli altri due tipi di RNA sono fondamentali per il processo di trascrizione. Filamento senso = filamento di DNA che funziona da stampo per la trascrizione. Filamento antisenso = filamento di DNA che consente la trasmissione ereditaria dell’informazione. La trascrizione avviene in maniera asimmetrica e riguarda la formazione dell’mRNA. Le elicasi separano i due filamenti di DNA, mentre l'RNA polimerasi polimerizza una catena complementare a uno dei due filamenti. Solo una delle due emieliche funge da filamento stampo. Dopo la trascrizione, l’mRNA passa dal nucleo al citoplasma, dove avviene la sintesi proteica sui ribosomi, utilizzando specifici tRNA. I tRNA sono gli "interpreti" molecolari del messaggio contenuto nell’mRNA. 22 FASI DELLA TRASCRIZIONE 1. Inizio: L'RNA polimerasi si lega al promotore del DNA, separando i filamenti di DNA. 2. Allungamento: L'RNA polimerasi legge il filamento stampo di DNA e sintetizza un filamento complementare di mRNA. 3. Terminazione: Quando l'RNA polimerasi raggiunge una sequenza di terminazione, il nuovo mRNA si stacca e la trascrizione si conclude. (L'mRNA poi esce dal nucleo per dirigere la sintesi proteica) g. IL CODICE GENETICO Il codice genetico presenta le seguenti caratteristiche: - Universale: Il codice genetico è mantenuto universale nel tempo, eccetto nei mitocondri. Questo permette di produrre proteine in diversi organismi tramite ingegneria genetica. - Degenerato o Ridondante: Un amminoacido può essere codificato da più codoni. - Senza interruzioni: Una volta identificato il primo codone (AUG), i nucleotidi vengono letti in triplette senza interruzioni fino al codone di stop. !!!! Un amminoacido può avere diversi codoni, ma un singolo codone codifica sempre per un solo amminoacido, poiché il codice genetico è specifico. Il codice genetico è composto da codoni: successioni di 3 nucleotidi. In natura esistono 20 amminoacidi, ma le combinazioni di triplette sono 64. PROCESSO DELLA SINTESI PROTEICA PROCESSO SEDE ENZIMI Replicazione (DNA à DNA) Nucleo, fase S DNA polimerasi Trascrizione (DNA à mRNA) Nucleo, fase G RNA polimerasi Traduzione (mRNA àproteine) Citoplasma (ribosomi, RER) tRNA e ribosomi 23 h. MUTAZIONI A CARICO DEL DNA Le mutazioni sono cambiamenti nel materiale genetico che possono essere trasmessi alla discendenza. Se la mutazione coinvolge una parte codificante del gene, può influenzare la proteina codificata, a meno che non si verifichi in una posizione ridondante del codice genetico. In genere, le mutazioni che coinvolgono il primo o il secondo nucleotide del codone sono più significative rispetto a quelle che coinvolgono il terzo. Le mutazioni possono essere negative, ad esempio quando interrompono la funzione di una proteina essenziale. Tuttavia, alcune mutazioni possono essere vantaggiose e favorire l'evoluzione. Alcuni agenti mutageni (chimici, radiazioni) possono causare danni al DNA, mentre altre mutazioni avvengono spontaneamente a causa di imperfezioni nei meccanismi molecolari. TIPOLOGIE DI MUTAZIONI Le mutazioni si dividono in due categorie: - Mutazioni geniche o puntiformi: Coinvolgono cambiamenti a livello di singoli nucleotidi. - Mutazioni cromosomiche: Coinvolgono intere porzioni di cromosomi, solitamente portando a una riduzione della variabilità genetica. Es. ANEMIA FALCIFORME L'anemia falciforme è un esempio di mutazione che coinvolge il codone 6 del gene dell'emoglobina. Questa mutazione provoca la formazione di fasci di emoglobina anomala, che rendono i globuli rossi meno flessibili e più inclini a rompersi, compromettendo il trasporto di ossigeno. PROTEINE TRADUZIONE La traduzione è il processo molecolare che porta alla conversione dell’RNA in proteina, partendo dall’mRNA, con l’aiuto di rRNA e tRNA. Durante la traduzione, l'informazione genetica contenuta nell’mRNA, sotto forma di codoni (triplette di basi), viene letta dai ribosomi nella direzione 5' → 3' e trasformata nella corrispondente sequenza di amminoacidi. CODONE E ANTICODONE Codone = è una sequenza di tre nucleotidi sull'mRNA che codifica per un amminoacido specifico durante la sintesi delle proteine. Codoni di stop = codoni che non codificano per amminoacidi, ma segnalano la fine della proteina. Anticodone = una sequenza di tre nucleotidi presente sul tRNA, complementare a un codone sull'mRNA, che permette di inserire l'amminoacido corretto durante la sintesi delle proteine. 24 Codoni e Anticodoni sono fondamentali per la traduzione, in quanto si basa sull'appaiamento complementare tra il codone dell’mRNA e l'anticodone del tRNA. L’ansa centrale del tRNA contiene l’anticodone, mentre all’estremità 3' è legato un amminoacido. tRNA O RNA TRANSFERT tRNA = molecola di 80 nucleotidi che trasporta gli amminoacidi ai ribosomi durante la sintesi delle proteine. Riconosce il codone corrispondente sull'mRNA grazie al suo anticodone e li accoppia (mRNA e codone). Il tRNA è formato da un anticodone e un sito di legame dell’amminoacido all’estremità 3’. Ogni molecola di tRNA è composta da un filamento che si ripiega in 3 anse, la più importante è quella intermedia I RIBOSOMI I ribosomi sono complessi macromolecolari ribonucleoproteici formati da rRNA e proteine ribosomiali, e sono responsabili della polimerizzazione delle sequenze di amminoacidi durante la sintesi proteica. Sono costituiti da due subunità: una maggiore e una minore. La subunità maggiore (60S) contiene tre rRNA e 50 proteine, mentre la subunità minore (40S) contiene un solo rRNA e 30 proteine. Funzione: coordinano il funzionamento di mRNA e tRNA rendendo possibile la sintesi di polipeptidi. FASI DELLA TRADUZIONE 3 fasi: 1. Inizio 2. Allungamento 3. Terminazione 25 1. INIZIO: assemblaggio del complesso traduzionale (ribosoma + mRNA + tRNA) L’mRNA maturo si lega alla subunità ribosomica minore. Quindi una molecola di tRNA iniziatore di lega al codone d’inizio dell’mRNA a livello del quale deve iniziare la traduzione; il tRNA iniziatore porta l’amminoacido metionina (met) e il suo anticodone (UAC) si lega al codone d’inizio (AUG). La subunità ribosomica maggiore si lega a quella minore, creando un ribosoma funzionale. La parte centrale contiene un RNA maturo che deve essere tradotto. Nel processo di traduzione non viene utilizzata l’ATP ma il GTP: questa reazione mette a disposizione dell’energia che permette di creare un ribosoma maturo. La maggior parte delle reazioni biochimiche utilizza l’ATP, in alcuni casi invece la GTP, non è ancora ben chiaro per quale ragione 2. ALLUNGAMENTO: formazione della catena polipeptidica 26 Una volta completata la fase di inizio, vengono aggiunti uno dopo l’altro gli amminoacidi. Ogni successiva aggiunta si verifica attraverso un processo di allungamento che si svolge in 3 fasi che si ripetono tante volte quanto il numero degli amminoacidi: a. Riconoscimento del codone: l’anticodone di una nuova molecola di tRNA legata allo specifico amminoacido si appaia col codone dell’mRNA nel sito A del ribosoma b. Formazione del legame peptidico: si forma tra i due amminoacidi che sono legati ai rispettivi tRNA (quindi sono allineati e vicini). A causa della formazione del legame peptidico, il polipeptide in formazione, lascia il tRNA nel sito P e rimane legato al tRNA nel sito A. ora il polipeptide ha un amminoacido in più. c. Traslocazione: il tRNA (scarico) presente nel sito P si stacca dal ribosoma, il quale provvede alla traslocazione dal sito A al sito P del tRNA legato al polipeptide. In questo modo, nel sito A viene ad essere esposto un nuovo codone da decodificare. 3. TERMINAZIONE: rilascio della proteina completa L’allungamento del polipeptide continua fino a quando nel sito A del ribosoma viene a trovarsi un codone di stop. I codoni di stop (UAA, UAG, UGA) non codificano per alcun amminoacido, ma segnalano la fine della traduzione. La catena polipeptidica completata si stacca così dal ribosoma, che si scinde nelle due subunità. 27 PROTEINE Il termine proteine deriva dal greco “proteios”, che significa “al primo posto” e suggerisce l’importanza di queste macromolecole. Le proteine costituiscono circa il 50% del peso secco della maggior parte delle cellule e partecipano praticamente a tutte le funzioni espletate dagli organismi. Ci sono diversi tipi di proteine: - Proteine strutturali: supporto (collagene, elastina, cheratina) - Proteine di deposito: deposito di amminoacidi - Proteine di trasporto: trasporto di altre sostanze (emoglobina) - Proteine ormonali: coordinamento delle attività corporee (insulina) - Proteine recettoriali: risposta a stimoli - Proteine contrattili: movimento (actine e miosina) - Proteine di difesa: protezione contro le malattie (anticorpi) - Proteine enzimatiche: accelerazione di reazioni chimiche L’uomo produce decine di migliaia di tipi diversi di proteine, ciascuna delle quali è caratterizzata da una struttura e una funzione specifica. Le proteine sono le molecole più sofisticate dal punto di vista della struttura, in conseguenza delle diverse funzioni che le proteine sono chiamate a compiere. Tuttavia, per quanto diverse, le proteine sono tutte polimeri costruiti a partire dallo stesso gruppo di 20 amminoacidi. AMMINOACIDI Gli aminoacidi sono i monomeri di base delle proteine. Gli amminoacidi sono formati da: - Atomo di C, legato covalentemente a 4 gruppi chimici - Atomo di H - Gruppo amminico - Gruppo carbossilico - Catena laterale (parte che contraddistingue gli amminoacidi) Tra gli aminoacidi si forma un legame peptidico, questo avviene quando due aminoacidi sono disposti in modo che il gruppo carbossilico di uno è vicino al gruppo amminico dell’altro. Un enzima catalizza l’unione dei due con una reazione di disidratazione. 28 Non c’è limite in natura al numero di amminoacidi utilizzati per comporre una proteina, questo dipende dalla disposizione degli amminoacidi e alla lunghezza delle proteine. CONFORMAZIONE DELLE PROTEINE La conformazione di una proteina dipende dalla sequenza degli amminoacidi, struttura primaria. Mentre la secondaria e la terziaria ne determinano la conformazione nello spazio. Quelle costituite da più catene polipeptidiche arrivano anche alla struttura quaternaria. Le strutture secondaria, terziaria e quaternaria si alterano se la proteina va in contro a un processo di denaturazione, processo irreversibile. Es. avere la febbre a 40° C per un lungo periodo può portare alla denaturazione delle proteine. Anche il pH è importante, per non alterare le proteine deve essere neutro ( 7 ). Struttura primaria: è fondamentale, corrisponde sequenza degli amminoacidi. Se ci sono anomalie in questa struttura, si verificano nelle mutazioni. (Es. anemia falciforme) Struttura secondaria: i segmenti della catena polipeptidica formano strutture regolari stabilizzate da legami a idrogeno che si formano lungo lo scheletro della catena. Esistono 2 tipi di struttura secondaria: - Alfa elica: lungo la catena si formano legami a idrogeno, creando un’aspirale. - Beta foglietto pieghettato: la catena si distende e si affianca ad altre catene, legate con legami ad idrogeno, formando una struttura simile a un foglio pieghettato. Struttura terziaria: definibile globulare, è caratteristica degli enzimi. È una struttura tridimensionale, un po’ alfa elica e un po’ beta foglietto. È stabilizzata sia da legami a idrogeno che da legami di solfuro (covalente) tra coppie di cisteina, più difficili da separare. Struttura quaternaria: è la risultante dell’aggregazione di due oi più catene polipeptidiche associate in una macromolecola funzionale. Es. collagene, proteina fibrosa con struttura quaternaria. Es. emoglobina, proteina globulare con struttura quaternaria. 29 Il processo per scoprire la conformazione pura delle proteine viene definito folding ed è un processo molto complesso. Ad oggi i biochimici hanno determinato la struttura tridimensionale di circa 10.000 proteine grazie alla cristallografia a raggi X delle nostre proteine pure. 30