Cavità Toracica e Mediastino PDF
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Università degli Studi del Piemonte Orientale 'Amedeo Avogadro'
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This document provides information about the thoracic cavity and the mediastinum, including definitions, boundaries, and the anatomical structures within. It details the different parts of the mediastinum like the anterior and posterior aspects, and their connection to other anatomical structures.
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LE CAVITA' CORPOREE E IL MEDIASTINO Definizione: parte anatomica circoscritta da membrane. Nella cavità toracica si ritrovano la **cavità pleurica** delimitata dalle membrane pleuriche e dalle pleure che contengono i polmoni, proseguendo si ritrova la **cavità pericardica**, cioè quella porzione d...
LE CAVITA' CORPOREE E IL MEDIASTINO Definizione: parte anatomica circoscritta da membrane. Nella cavità toracica si ritrovano la **cavità pleurica** delimitata dalle membrane pleuriche e dalle pleure che contengono i polmoni, proseguendo si ritrova la **cavità pericardica**, cioè quella porzione delimitata dal pericardio. Il pericardio avvolge il muscolo cardiaco. E' importante soffermarsi sul **mediastino**, il quale è una regione anatomica. Esso infatti è delimitato dalle seguenti parti anatomiche: - il limite anteriore è dato dalla faccia posteriore dello sterno; - il limite posteriore è dato dai corpi vertebrali delle vertebre toraciche, quindi la porzione anteriore dei corpi vertebrali delle vertebre toraciche segnano il limite posteriore della regione mediastinica; - inferiormente il mediastino è limitato dal diaframma; - lateralmente troviamo le facce mediastiniche delle pleure; - superiormente rimane aperto per permettere il passaggio di grossi vasi e di altre strutture anatomiche, ad esempio l'esofago. Convenzionalmente si prende come limite superiore mediastinico un piano trasversale. Esso passa all'altezza della prima costa, si porta posteriormente attraversando il disco intervertebrale tra C7 e T1, quindi tra l'ultima vertebra cervicale e la prima toracica. Pertanto è vero che non troviamo un limite anatomico, ma vi è un limite convenzionale preciso che segna anche il limite superiore mediastinico. Si noti che c'è una grande differenza nel fare riferimento alla cavità pericardica e al mediastino. Infatti se nella cavità pericardica si ritrova soltanto il miocardio, nel mediastino come si può notare da questo preparato anatomico dove vengono allontanate le facce mediali pleuriche, si vede che sono presenti altri elementi anatomici. Si possono distinguere infatti all'interno del mediastino diverse sezioni dove si trovano elementi anatomici distinti: pericardio, cuore, origine dei grossi vasi, trachea, bronchi, esofago, timo, nervi frenici, diverse stazioni linfonodali, tessuto adiposo. Il mediastino a sua volta lo si può dividere come mediastino anteriore e posteriore. Il limite che viene considerato per trovare il limite tra mediastino anteriore e posteriore è un piano frontale. Esso attraversa la trachea all'altezza della sua biforcazione, essendo un piano frontale permette di individuare una parte anteriore e una posteriore. Secondo la divisione proposta da Condorelli, la parete posteriore del mediastino anteriore non è artificiale, ma reale, e costituita da un setto connettivale che è uno sdoppiamento dell'aponeurosi cervicale media che scende sui grossi vasi della base del cuore e sul pericardio. Da questo punto il setto che divide mediastino anteriore da mediastino posteriore, è costituito dalla faccia posteriore del sacco pericardico. - Anteriore e medio piano inferiore: pericardio e cuore; - Piano superiore: grossi vasi e timo; - Posteriore: esofago, aorta discendente, vene azygos, nervi vaghi, trachea, bronchi, linfonodi. La differenza è molto sottile, in ogni caso gli elementi anatomici che sono compresi nel mediastino anteriore e posteriore sono i medesimi. **Come si presenta il mediastino?** A parte i limiti che si sono trovati e descritti, immaginiamo di osservare il mediastino come una proiezione dello spazio mediastinico sul torace. Quello che si ottiene è una forma irregolare a quadrilatero che presenta le parti più larghe superiormente, mentre i lati laterali si restringono. La proiezione dello spazio mediastinico sulla parete anteriore è un qualcosa che assomiglia un po' a una clessidra, per questo restringimento centrale. Si individuano 6 pareti: una parete anteriore, una parete posteriore, due pareti laterali, una parete inferiore ed una parete superiore. La parete anteriore, leggermente convessa e a forma di x, corrisponde all'area che si trova compresa tra i due seni anteriori della pleura. Perché c'è questo restringimento in proiezione sul torace? Perché a coprire parzialmente lo spazio mediastinico sono le porzioni mediali polmonari, che qui si vedono indicate in azzurro. La parte mediastinica superiore non è l'unico punto aperto, infatti ci sono altre aperture nella cavità mediastinica anteriore, quella che contiene il cuore; posteriormente è in continuità con il mediastino superiore ed inferiormente il mediastino anteriore è in continuità con il tessuto preperitoneale addominale anteriore. Sapere che ci sono punti di pervietà tra uno spazio anatomico e l'altro può essere importante sia dal punto di vista chirurgico che clinico. Per esempio quando si parla di infezioni, sanguinamenti, in alcune situazioni sapere che c'è uno spazio anatomico delimitato che presenta aperture può essere un vantaggio. In chirurgia, essere a conoscenza di tali punti di pervietà può essere altrettanto un vantaggio ogni volta che si taglia un tessuto, infatti quando è possibile è meglio evitarli in una chirurgia conservativa. Rimanendo nel mediastino anteriore, in particolare nella sua parte inferiore troviamo **pericardio** e l'organo cardiaco. Il pericardio è un sacco fibro-sieroso che avvolge il cuore e l'origine dei grossi vasi (alla base del cuore). Ha la forma di un cono cavo leggermente appiattito in senso antero-posteriore, la cui base, aderente al diaframma, è diretta in basso, mentre l'apice, diretto in alto, corrisponde ai grossi vasi. Il sacco pericardico è **formato da due foglietti**: un foglietto **viscerale (epicardio)**, sottilissimo, che ricopre la superficie del cuore dall'apice alla base e che si prolunga in parte sui grossi vasi, dove si riflette per continuare con il foglietto **parietale**, molto robusto perché è rinforzato da una lamina fibrosa, la quale costituisce con esso una formazione unica. Il foglietto parietale ha colore bianco opaco si distingue dalle pleure che lo circondano, che invece sono sottili e traslucide. La porzione più esterna del pericardio parietale se si vuole suddividere la parte laminare da quella più profonda viene indicata come **pericardio fibroso**. E' necessario fare attenzioni alle dimensioni, non si deve pensare che ci sia così tanto spazio. In realtà i due foglietti sono quasi attaccati l'uno all'altro, c'è solo un sottile strato che può essere considerato uno spazio virtuale. Tra i due foglietti è presente una cavità pericardica, nella quale è presente il liquido pericardico, che ha un ruolo molto importante a livello meccanico: minimizzare gli attriti tra organo cardiaco e strutture esterne contenute nel mediastino durante le fasi di sistole e diastole del ciclo cardiaco. Il liquido pericardico può assumere un significato anche diagnostico: esso può subire delle modificazioni in termine di contenuto. Ad esempio, in uno stato infiammatorio c'è l'aumento della quantità di contenuto della cavità pericardica avendo delle conseguenze sull\'attività cardiaca. Le fasi di sistole e diastole non hanno più tutto quello spazio dove avvenire e ciò provoca inevitabilmente ad un affaticamento dell'organo cardiaco con conseguenze sia sulla circolazione polmonare che sistemica. Un altro importante dato che può venire dal liquido pericardico è nel contenuto di questo. Se la caratteristica della trasparenza viene a mancare può essere determinata da uno stato infettivo di tipo batterico, il colore può virare verso il rosso o qualche sua sfumatura, in quanto è presente un sanguinamento che viene raccolto qui. Pertanto dallo studio del liquido pericardico si possono avere delle indicazioni sulle condizioni di salute cardiaca. Questa immagine fa comprendere non solo la struttura del pericardio, ma si può anche osservare la parte muscolare dell'organo cardiaco: il miocardio. Ci sono due punti posteriori di discontinuità del pericardio: **i seni pericardici**. Essi sono il **seno trasverso** e il **seno obliquo**: - Seno trasverso: si estende tra il compartimento arterioso antero-superiore e quello venoso postero-inferiore; - Seno obliquo: delimitato dalle vene polmonari e dal fondo cieco che superiormente è dato dal pericardio parietale che si riflette sulla superficie cardiaca. Osservando il cuore posteriormente si può notare come la struttura del pericardio è in continuità con i grossi vasi. (Il seno obliquo del pericardio è un recesso a forma di J posto dietro l\'atrio sinistro, tra le vene polmonari di destra e di sinistra (che gli sono laterali) e la superficie anteriore dell\'esofago (posteriore), è raggiungibile inferiormente e permette di accedere allo spazio compreso tra le due coppie di vene polmonari. Il seno trasverso è un recesso posto tra le guaine che ricoprono la vena cava superiore e quella comune dell\'aorta e del tronco polmonare, il suo \"tetto\" sono le due arterie polmonari e la superficie inferiore dell\'aorta ascendente, inferiormente vi sono le superfici superiori degli atri destro e sinistro che costituiscono il suo \"pavimento\", anteriormente vi sono l\'aorta ascendente e il tronco polmonare e posteriormente la vena cava superiore. Entrambi questi recessi sono di grande importanza chirurgica. Il seno trasverso è un punto di pervietà importante chirurgicamente, perché permette il passaggio da una porzione laterale all'altra, mentre il seno obliquo è una parte contenuta e non si può attraversare. IL PERICARDIO Il pericardio è stato presentato come una struttura che ottimizza il battito cardiaco, ma il pericardio ha anche un altro ruolo, che è più strutturale e meno meccanico. Il cuore è come se fosse sospeso all'interno del mediastino, e per mantenerlo in sede nel mediastino ci sono dei punti nei quali la massa cardiaca può ancorarsi a strutture. Per fare ciò è il pericardio che interviene, sulla parte esterna, fibrosa e più resistente, vanno ad aderire dei legamenti che servono a sostenere il cuore nella cavità mediastinica. I legamenti del pericardio: - **il legamento sterno-pericardico superiore,** ovvero che dallo sterno va al pericardio e posteriormente del manubrio dello sterno. Poi va ad aderire e si pone in continuità con la faccia anteriore del pericardio fibroso. - **il** **legamento sterno pericardico inferiore** il quale mette in continuità e crea una struttura di sospensione tra la porzione inferiore dello sterno e l'apice del cuore. Il cuore ha una faccia diaframmatica, ovvero ha una faccia che appoggia sul diaframma per cui anche il pericardio aderisce ed è in contatto con il centro frenico del diaframma, nella sua parte superiore. - **il legamento freno-pericardico anteriore** e il **legamento frenopericardico dorsale**. - **I legamenti freno-pericardici**: sono i legamenti che originano dalla colonna vertebrale e che creano strutture che sospendono il miocardio nella regione mediastinica. Si dividono in diversi fasci, una parte anteriore e una esteriore. La parte parietale è collegata con i legamenti perchè è la parte più fibrosa, dove si è osservata la lamina fibrosa che inspessisce, che appartiene al pericardio più esterno (fibroso e con ruolo strutturale, più spesso). E' necessario che il cuore non possa muoversi nella regione mediastinica, quindi ci sono i legamenti che lo trattengono. Il secondo vantaggio è che oltre a sospenderlo nello spazio mediastinico, ma non in maniera troppo rigida, così il cuore può muoversi leggermente e il maggior spostamento cardiaco si ha in decubito laterale sinistro, ovvero quando il paziente è posizionato sul fianco sinistro. Inoltre il cuore presenta un movimento rotatorio e segue i movimenti diaframmatici. *Rapporti del pericardio* **Faccia anteriore:** è fortemente convessa nel senso verticale ed è in rapporto con lo sterno e le cartilagini costali. Proiettata sulla piastra sterno-costale, essa corrisponde superiormente ad una linea che unisce la seconda articolazione sterno-costale destra alla prima sinistra; inferiormente ad una linea orizzontale che passa per la base del processo xifoideo e sorpassa di 2 cm il margine destro dello sterno e di 6-8 cm il margine sinistro; lateralmente ad una linea curva leggermente convessa in fuori, che riunisce, nei due lati, le estremità delle due linee rette sopra citate. Può essere divisa in due porzioni: - una porzione coperta o retropleuropolmonare, che comprende la parte sinistra e la parte destra della faccia anteriore. E' in rapporto con la faccia mediale del polmone corrispondente, dalla quale la separa la pleura mediastinica. Questa non aderisce al pericardio, infatti uno strato adiposo le separa. - una porzione libera o extrapleuropolmonare a forma di triangolo molto irregolare, la cui base, diretta in basso, corrisponde all'articolazione sternale delle settime cartilagini costali, mentre l'apice sta vicino alla 3° articolazione condro-sternale sinistra, ed i margini toccano il fondo dei seni anteriori della pleura. Questo triangolo è in gran parte nascosto dallo sterno. **Faccia posteriore:** è in rapporto con gli organi contenuti nel mediastino posteriore. - Esofago, discende verticalmente fra le vene polmonari di destra e le vene polmonari di sinistra (diverticolo di Haller). (disfagia nel decorso delle pericarditi: la disfagia nelle pericarditi è un sintomo che si manifesta quando l\'infiammazione del pericardio, il sacco che circonda il cuore, causa difficoltà nella deglutizione. Questo avviene principalmente per la vicinanza anatomica tra il pericardio e l\'esofago.) - Nervi vaghi; - Aorta discendente - Vena azygos; **Margini laterali:** Sono in rapporto con la pleura mediastinica che li separa dai polmoni. Sono uniti alla sierosa pleurica da un tessuto connettivo lasso, nel quale decorrono i vasi diaframmatici superiori e i nervi frenici. → nel caso di pericardite si può vedere l'infiammazione della sierosa propagarsi al nervo frenico à singhiozzo. **Base:** poggia sulla convessità del diaframma, alla quale aderisce per un'estensione che varia da 9 ad 11 cm nel senso trasversale e da 5 a 6 cm nel senso antero-posteriore. Questa zona di aderenza del pericardio al diaframma nel suo insieme prende la forma di un ovale irregolare con l'estremità maggiore a destra e con l'asse maggiore obliquo in avanti e a sinistra. **Apice:** abbraccia i grossi vasi arteriosi e venosi e si confonde gradatamente da una parte con la tonaca avventizia di questi vasi, dall'altra con il tessuto connettivo del piano superiore del mediastino. Qui si trova inserito il setto fibroso, il quale parte dall'estremità superiore del sacco pericardico e va a fissarsi sulla incisura giugulare dello sterno, lateralmente anche sulla prima costa; questi fasci costituiscono il legamento sospensore del pericardio. In corrispondenza al punto in cui l'apice del pericardio si unisce ai vasi cardiaci, il foglietto parietale della sierosa si continua con il foglietto viscerale. CAVITA' PERICARDICA Ombra di opacità in caso di aumento di fluido pericardico. Vasi e nervi del pericardio: è un tessuto quindi necessita di un adeguato apporto di sangue e quindi vascolarizzazione. Le arterie principali del pericardio originano dalla toracica interna (mammaria interna), sia dal gruppo delle sue collaterali anteriori sia delle collaterali posteriori e, soprattutto tra queste, dall'arteria diaframmatica superiore (o pericardio-frenica). Esistono anche arterie accessorie del pericardio in parte di origine toracica (arterie bronchiali, esofagee) e in parte di origine addominale. Le vene del pericardio sboccano: posteriormente, nella vena azygos, anteriormente, nelle vene diaframmatiche superiori; qualche vena porta il sangue direttamente nella vena cava superiore e nelle vene brachiocefaliche. Per quanto riguarda la parte di innervazione, i nervi sono in rapporto con i rami del nervo frenico e del nervo vago, nonché del simpatico. LA FUNZIONALITA' DEL CUORE Gli organi splancnici, cuore compreso, hanno una doppia innervazione in quanto la loro attività non è controllata dalla volontà, ma dal **sistema nervoso autonomo (SNA)**, suddiviso in **sistema parasimpatico e simpatico**. La suddivisione simpatica è quella che si attiva nelle situazioni di emergenza e ha un effetto stimolatore sull'attività cardiaca, mentre quella parasimpatica ha un'azione inibente; pertanto, il cuore lavora con ritmi più contenuti. È vero che, per buona parte, l'attività cardiaca è regolata dal sistema nervoso centrale (SNC), ma non è l'unico sistema di controllo: l'attività cardiaca si adatta alle esigenze sistemiche e quindi lavora collaborando con altri sistemi. Il sistema nervoso funziona tramite vie afferenti, dette **vie sensitive**, che portano informazioni al SNC. Il SNC raccoglie le informazioni ed elabora una risposta efferente, cioè in uscita, di tipo motorio. Lo schema fa riferimento non solo alle informazioni che arrivano nei centri cerebrali superiori, come la corteccia, ma anche ai recettori sensoriali. Il nostro sistema nervoso si serve principalmente di **3 tipi di recettori sensoriali:** - **i propriocettori**, recettori che permettono di percepire il movimento e quindi di controllarlo, si trovano nella massa muscolare scheletrica e nelle articolazioni: nella prima parte del corso si è detto che il movimento è dato da un lavoro muscolare e da un fulcro, cioè l'articolazione, intorno al quale si crea il movimento. Fatta questa considerazione, è ben comprensibile come questi due punti siano strategici per dare informazioni sensoriali di movimento e di staticità (assenza di movimento) al SNC: con il movimento si attivano i propriocettori che inviano continuamente informazioni sul movimento compiuto e ciò, di conseguenza, permette, insieme ad altre vie sensitive, di imporre il movimento e di controllare l'equilibrio. Per quanto riguarda l'attività del cuore, hanno una funzione importante nel controllo e nella modulazione dell'attività cardiaca. Infatti, compiendo un movimento, come può essere una corsa, dove l'attività muscolare aumenta, il cuore, a sua volta, dovrà adattare il suo lavoro alle necessità metaboliche e ciò si esplica tramite l'attivazione dei propriocettori, considerabili come una delle vie afferenti sensitive che comunicano con il SNC. - **I chemocettori**, recettori che percepiscono cambiamenti chimici sia dell'ambiente esterno, sia dell'ambiente interno al nostro corpo. Per quanto riguarda l'ambiente interno si intendono modificazioni chimiche dei fluidi corporei. - **i barocettori**, recettori specializzati nel percepire variazioni relative alla pressione sanguigna. Queste informazioni periferiche vengono raccolte e trasmesse al SNC, precisamente a livello del tronco encefalico, dove sono presenti i centri autonomi per il controllo dell'attività cardiaca, attraverso le vie nervose afferenti. I centri autonomi del controllo cardiovascolare elaborano la risposta motoria in uscita che si può esplicare o tramite la divisione parasimpatica o tramite la divisione simpatica. **Tramite la divisione simpatica si ha un aumento dell'attività cardiaca**, quindi si attivano i centri cardioacceleratori che causano, sul cuore, l'aumento della frequenza del battito cardiaco andando ad agire sulle cellule pacemaker, cellule che si ritrovano a livello nodo seno-atriale capaci di iniziare la depolarizzazione e, pertanto, di dare inizio all'attività elettrica del cuore. I centri cardioacceleratori fanno si che le cellule pacemaker depolarizzino con una frequenza maggiore causando, automaticamente, l'aumento della frequenza dei battiti cardiaci. Aumentare la frequenza cardiaca, però, non è l'unico modo per **aumentare l'attività cardiaca, un secondo metodo è quello di aumentare la forza di contrazione.** Questi due eventi, frequenza e forza di contrazione, lavorano insieme per regolare la gittata cardiaca, cioè la quantità di sangue immessa nel circolo sanguigno nell'unità di tempo: sapendo che in un minuto, a riposo, si immettono nella circolazione X litri di sangue, aumentando la frequenza cardiaca o/e la forza di contrazione del cuore non si immetterà più nella circolazione, in un minuto, una quantità X di sangue ma una quantità maggiore, aumentando di conseguenza la gittata cardiaca. Se, invece, i nostri recettori sensitivi periferici forniscono un'informazione che ha come conseguenza una risposta motoria di tipo inibitorio, allora viene attivata la divisione parasimpatica. **La divisione parasimpatica agisce sul cuore**, anche se non esclusivamente, **tramite il nervo vago**, uno dei dodici nervi encefalici. Questo è molto particolare in quanto, sebbene sia un nervo encefalico, distribuisce la sua innervazione a tutto il tronco, quindi torace e addome, innervando alcuni organi del tronco, tra cui il cuore**. Il nervo vago, sul cuore, ha azione inibitoria** pertanto, al contrario di quanto succede quando viene attivata **la divisione simpatica, diminuisce la frequenza dei battiti cardiaci** agendo, ancora una volta, sulla frequenza di depolarizzazione del nodo seno-atriale e, in parte, anche del nodo atrio-ventricolare. I **chemocettori, percepiscono** **variazioni chimiche del sangue**. In particolare, i cambiamenti della chimica del sangue sono da associare a variazioni del pH e ciò è dovuto principalmente a variazioni della pressione parziale dell'ossigeno. I chemocettori si ritrovano nel primo tratto della carotide esterna, poco più superiormente rispetto alla biforcazione che divide il tratto comune delle arterie carotidi, chiamato appunto arteria carotide comune, in arteria carotide esterna ed interna. Il punto in cui si ritrovano i chemocettori è indicato come **glomo carotideo**. È possibile reperire altri chemocettori sull'arco aortico. In particolare, questi si vanno a collocare nei glomi aortici situati tra i tre vasi arteriosi (o emergenze) che originano dall'arco aortico. I glomi sono strutture microscopiche non individuabili macroscopicamente. **I barocettori**, invece, si trovano in parte sulla divisione della carotide comune, in questo caso, precisamente dove prende origine la carotide interna. Il punto in cui si riscontrano i barocettori è chiamato seno carotideo dove, a differenza del glomo carotideo, è riscontrabile una dilatazione e, pertanto, la prima parte della carotide interna rimane un po' più dilatata. I barocettori sono ritrovabili anche sull'aorta, sia disseminati sull'arco aortico, sia nella prima porzione dell'origine dell'aorta, ossia nell'aorta ascendente. I barocettori vengono stimolati da un **aumento pressorio**. Nella circolazione umana, il sistema ad alta pressione è costituito dal sistema arterioso, non a caso questi recettori si ritrovano nella carotide interna e sull'arco aortico. Invece, il sistema venoso è il sistema a bassa pressione dove non c'è una vera e propria pompa come il cuore nel caso del sistema arterioso. Quando la pressione aumenta oltre il limite normale, che è un range che varia tra i 120mmHg e 80mmHg. Il valore di 120mmHg corrisponde al valore della pressione sistolica, cioè la pressione che si origina durante la fase di contrazione, mentre il valore di 80mmHg alla pressione diastolica, la pressione che si ha durante la diastole ventricolare quando il cuore è rilassato e non contrae. **Quando il range fuoriesce da questo intorno di valori, si attivano i attivano i barocettori che hanno un'attività diretta sulla funzione cardiaca.** Se la pressione aumenta, i barocettori lavorano andando ad attivare il centro cardioinibitore e ad inibire il centro cardioacceleratore, ricordando che, parlando di SNA, si deve considerare sempre sia la componente simpatica, sia parasimpatica. Inibendo il centro cardioacceleratore e attivando il centro cardioinibitore, si va a diminuire direttamente la frequenza cardiaca e ciò ha come conseguenza anche una diminuita forza di contrazione. È altrettanto vero che questo non è l'unico modo per riportare la pressione arteriosa ai livelli normali: è sì possibile inibire l'attività cardiaca, ma è possibile modificare la pressione sanguigna agendo a livello dei vasi periferici e quindi a livello delle arteriole. È possibile un'azione di vasocostrizione e vasodilatazione, cioè è possibile agire sulla parte muscolare della parete dei vasi, in questo caso delle arteriole periferiche, per azione nervosa: quando si ha una vasocostrizione, la parte muscolare si contrae chiudendo il vaso, nel caso di una vasodilatazione si ha un rilassamento muscolare e quindi il lume periferico del vaso rimane più ampio. Se in questo caso l'obbiettivo è quello di abbassare la pressione, **l'azione nervosa**, che si esplica a livello dei vasi periferici, **è quella di vasodilatazione**: considerando una determinata lunghezza del letto vascolare e una quantità di sangue che si distribuisce in questo, è possibile approssimare una porzione di un'arteriola ad un condotto ed è quindi valido l'effetto Venturi. Nel caso della vasocostrizione si ha una contrazione dei muscoli della parete dei vasi e una riduzione del lume del vaso, quindi è come avere una riduzione della sezione del condotto e un aumento della pressione sanguigna, nel caso della vasodilatazione si ha dilatazione del lume del vaso, quindi un aumento della sezione e una riduzione della pressione sanguigna. Se si ha, per stimolazione dei barocettori, un'inibizione dell'attività cardiaca, in periferia l'attività sarà quella di inibire il centro vasomotore e ciò permette la vasodilatazione. Queste due attività insieme, quella che si esplica a livello centrale con riduzione della gittata cardiaca e quella che si esplica a livello periferico con la vasodilatazione, portano ad una riduzione della pressione sanguigna andando a ristabilire i valori normali che erano alterati. Nella condizione opposta, cioè nel caso in cui si ha una **diminuzione della pressione**, i barocettori vengono inibiti e si ha stimolazione del centro cardioacceleratore e un'inibizione del centro cardioinibitorio, con effetto attivatore sull'attività cardiaca, quindi aumento della gittata dovuto sia all'aumento della frequenza, sia della forza di contrazione. Di contro, l'effetto periferico sarà di vasocostrizione e quindi di attivazione del centro vasomotorio causando l'aumento della pressione sanguigna. I chemocettori si è già detto che rispondono ad una variazione della chimica del sangue ma, generalmente, anche degli altri fluidi corporei, come ad esempio il liquido cerebrospinale. Per quanto riguarda il sangue, i chemocettori percepiscono diminuzioni di pH a seguito della diminuzione della pressione parziale dell'ossigeno (pO2). Una diminuzione della pO2 ha come conseguenza un aumento della pressione parziale di CO2 (pCO2). Quando il pH diminuisce, i chemocettori vengono stimolati e, di nuovo, l'attivazione di questi recettori causa una stimolazione dell'attività cardiaca del cuore. Ciò fa si che il sangue circoli più velocemente, non tanto a livello sistemico, ma nella circolazione polmonare. Quindi, la stimolazione dei chemocettori porta ad una stimolazione del centro cardioacceleratore e ad un'inibizione del centro cardioinibitorio, mentre sui vasi periferici, un effetto di vasocostrizione portando, di nuovo, ad un aumento della frequenza cardiaca e ad un aumento della forza di contrazione che, insieme, portano ad un aumento della gittata cardiaca. In questa condizione però si parla di una inadeguata ossigenazione del sangue; quindi, l'effetto dei chemocettori non può concentrarsi solo sull'attività cardiovascolare, ma deve certamente andare a coinvolgere anche l'attività polmonare e quindi l'attività respiratoria: se l'attività di stimolazione cardiovascolare serve a massimizzare e ad ottimizzare la piccola circolazione polmonare, ma non vengono stimolati i polmoni in maniera adeguata, l'ossigenazione non è comunque perfetta. Pertanto, si ha bisogno di una stimolazione dei centri respiratori che sono, nuovamente, centri autonomi che ritroviamo nel SNC e che portano ad un aumento della frequenza respiratoria. L'aumento combinato dell'attività cardiaca, al fine di far circolare più sangue nella circolazione polmonare, e della frequenza respiratoria fa si che si riesca a riportare i livelli di ossigeno alla normalità e quindi anche al normale valore del pH del sangue: si ritorna alla condizione in cui i chemocettori non si attivano. L'attività cardiaca dipende sì dai chemocettori, barocettori, propriocettori etc., ma questa segue anche le variazioni sistemiche e metaboliche in generale; quindi, collabora anche con altri organi splancnici, in particolare con i reni. **L'attività cardiovascolare è ampiamente coordinata a quella renale**: un altro modo per controllare la pressione sanguigna è quello di regolare la quantità di liquido (acqua) all'interno del sangue e i reni servono proprio a svolgere questa funzione. Una diminuzione di acqua nei fluidi corporei porta ad una diminuzione della pressione arteriosa, tant'è vero che negli ipertesi l'intervento farmacologico che corregge l'aumento della pressione arteriosa è la somministrazione di un generico diuretico che fa si che i pazienti eliminino più liquidi, tramite le urine, e che si abbia una conseguente diminuzione della pressione arteriosa. Il controllo pressorio dato dall'attività renale è un controllo a lungo termine rispetto al controllo pressorio dato dall'attività nervosa: generalizzando, i due sistemi di coordinamento sistemico sono **il SN**, quello veloce, e **il sistema endocrino**, quello lento, ma tutti e due servono a coordinare le attività sistemiche. In questo caso, il sistema nervoso è un sistema di controllo rapido e a breve termine, la sua azione si esplica nel momento in cui c'è una riduzione della pressione arteriosa e, per attività simpatica, agisce sul cuore aumentando la gittata cardiaca mentre, a livello periferico, agisce sui vasi arteriosi vasocostringendoli. Sempre nel caso di una riduzione della pressione, il controllo a lungo termine, cioè più lento rispetto al primo, si ha tramite il rilascio, da parte dei reni, di un ormone noto come renina. **La renina causa una sorta di cascata enzimatica**, infatti ha un'azione sull'angiotensinogeno, prodotto dal fegato, che, a sua volta, ha un'attività legata alla vasocostrizione periferica. Quindi l'angiotensinogeno, quando è in presenza di renina, si attiva e diventa angiotensina 1. L'angiotensina 1, per via di un'attività enzimatica, viene trasformato in angiotensina 2 ed è questo che ha effetto vasocostrittorio e coopera con il sistema nervoso simpatico, che si ricorda essere un controllo a breve termine. Tuttavia, questa cascata di attivazione enzimatica non si ferma qui, ma si parla di asse renina-angiotensina-aldosterone. **L'aldosterone è un altro ormone che ha un effetto sul controllo del volume ematico.** Nell'immagine si vede superiormente il nefrone formato da un corpuscolo renale, la prima parte del nefrone, dove avviene la prima filtrazione del sangue che ci permette di produrre la preurina. La preurina attraversa il tubulo renale, che è la struttura rappresentata in maniera lineare (anche se non è così nella realtà), dove abbiamo il riassorbimento di alcuni componenti. Con questo si intende che gli elementi riassorbiti non sono presenti dell'urina e vengono totalmente riacquisiti dal corpo come, ad esempio, il glucosio o gli amminoacidi. L'acqua ha una linea unica che poi si divide. Una delle due linee, quella continua, indica il riassorbimento di acqua in assenza di ADH (antidiuretic hormone o ormone antidiuretico, un ormone ipofisario), mentre la linea tratteggiata indica il riassorbimento di acqua in presenza di ADH: quando è presente si riassorbe più acqua e si produce un'urina più concentrata, questo ha come conseguenza il mantenimento di più liquidi nel corpo. Invece, senza ADH si elimina più acqua e si ottiene un'urina più liquida. In seguito all'attivazione del sistema renina angiotensina aldosterone, si ha come conseguenza anche la liberazione dell'ADH che ha un effetto sull'aumento della gittata cardiaca, in particolare ha un effetto diretto sull'aumento della pressione ematica in quanto la sua azione a livello renale fa si che venga riassorbita più acqua determinando un aumento del volume ematico e, quindi, aumentando la pressione sanguigna. Un altro ormone che entra in gioco in questo sottile equilibrio è l'aldosterone che non ha effetto diretto sul riassorbimento di acqua ma controlla il riassorbimento del sodio: il sodio e il potassio presentano un equilibrio che viene mantenuto dal nostro organismo, ad esempio, grazie alla pompa Na+/K+ ATPasi: aumentando il riassorbimento dell'uno, aumenta il rilascio dell'altro. Modificando il riassorbimento degli ioni, modifico la molarità del liquido che è fondamentale nel processo di filtrazione che avviene lungo il tubulo renale. Quindi, la secrezione dell'aldosterone non ha un effetto diretto sul riassorbimento dell'acqua ma sul riassorbimento degli ioni, tuttavia questo ha anch'esso un effetto nell'aumento del volume ematico e pertanto partecipa all'aumento della pressione arteriosa. Infine, a livello centrale sono presenti i centri del controllo della sete, che, una volta attivati, hanno la funzione di far percepire la sensazione di sete. In una condizione di diminuita pressione sanguigna, i centri del controllo della sete si attivano innescando la sensazione di sete. Bevendo, si immettono più liquidi nei fluidi corporei causando un aumento del volume ematico. Tuttavia, variando soltanto la componente liquida del sangue, quindi il contenuto di acqua all'interno di esso, si può andare incontro ad un'eccessiva diluizione del sangue, quindi, oltre una certa soglia, va adeguata anche la parte corpuscolata o cellulare del sangue, in particolare i globuli rossi. Quindi, sempre per attività renale, si ha un aumento di questa componente tramite un ormone che ha un effetto stimolatore sulla produzione di globuli rossi e che è chiamato eritropoietina. Pertanto, l'aumento del numero dei globuli rossi va a contribuire, nuovamente, ad un aumento del volume e della pressione ematica. In conclusione, andando ad agire tramite gli ormoni sull'attività cardiaca e sul contenuto ematico si va a ripristinare, con effetto a lungo termine, la pressione ematica nel corretto range di valori. Nel caso, invece, di un aumento del volume ematico e quindi della pressione sanguigna, entrano in gioco degli ormoni che il cuore stesso produce in parte e che sono chiamati peptidi natriuretici del cuore. I peptidi natriuretici vanno a lavorare, chiaramente con effetti opposti, su tutti gli elementi che abbiamo visto finora: aumentano l'eliminazione di sodio e, pertanto, aumentano l'eliminazione dell'urina e inibiscono il centro di controllo della sete con riduzione della sensazione di sete e, quindi, si ha una minore introduzione di liquidi. Altri effetti dei peptidi natriuretici sono da ritrovare sull'asse controllato dall'aldosterone e dall'ADH: si ricorda come l'eliminazione del sodio e l'aumento della perdita di urina dipendono dalla presenza dell'aldosterone e di ADH. In caso di un aumento della pressione sanguigna, intervengono anche adrenalina e noradrenalina che hanno un effetto di vasodilatazione sui vasi periferici e ciò porta ad una riduzione della pressione ematica o del volume ematico con il ripristino del corretto valore della pressione.