Lezione 6 - 16_12 - Biology Lecture Notes PDF

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This document provides detailed lecture notes on biology, encompassing various molecular mechanisms and processes. The notes focus on cellular changes, focusing on mutations, systems of DNA repair, and cancer biology, offering a thorough overview of relevant biological phenomena.

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Sommario 1. Mutazioni...................................................................................................................................................... 2 1.1 Mutazioni Puntiformi....................................................................................................

Sommario 1. Mutazioni...................................................................................................................................................... 2 1.1 Mutazioni Puntiformi............................................................................................................................. 2 1.2 I trasposoni.............................................................................................................................................. 3 1.3 Mutazioni dovute ad eventi chimici o fisici........................................................................................... 4 2. Sistemi di riparazione............................................................................................................................... 5 2.1 Correzione di bozze................................................................................................................................. 5 2.2 Riparazione appaiamenti errati.............................................................................................................. 6 3. Riparazione Per Escissione Di Basi........................................................................................................... 7 4. Riparazione Per Escissione Dei Nucelotidi................................................................................................... 7 4.1 Come funziona il sistema NER:............................................................................................................... 7 5.Patologie Tumorali....................................................................................................................................... 10 5.1 Quali fenomeni biologici interessano?................................................................................................ 10 6. Cancerogenesi......................................................................................................................................... 11 7. Meccanismi Difensivi.............................................................................................................................. 11 7.1 Categorie di Geni/Prodotti............................................................................................................. 11 8. Principali proteine coinvolte nei tumori................................................................................................ 12 8.1 Recettori Tirosin Kinasi......................................................................................................................... 12 8.2 Proteina RET.......................................................................................................................................... 13 8.3 Recettore per EGF................................................................................................................................. 13 8.4 Proteina RAS......................................................................................................................................... 14 8.5 Proteina Rb............................................................................................................................................ 14 8.6 Proteina p53.......................................................................................................................................... 15 8.7 miRNA................................................................................................................................................... 16 9. L’insorgenza del Cancro è un Fenomeno Raro oppure No?.................................................................. 16 10. Caratteristiche delle Cellule Neoplastiche......................................................................................... 16 11. Adesione al substrato......................................................................................................................... 18 12. Mutazioni Aggiuntive Portano ad uno Stadio di Malignità............................................................... 18 13. Bilancio tra Proliferazione e Morte Cellulare..................................................................................... 18 14. Sviluppo di un Carcinoma nel Tessuto Epiteliale del Colon............................................................. 19 15. Coinvolgimenti di Fattori Diversi nella Progressione della Patologia Tumorale............................. 19 16. Confronto tra i Cromosomi in una Cellula Normale e in una Cellula Cancerosa............................. 20 1 BIOLOGIA – LEZIONE 6 Data: 16/12/2024 Professore: Elisabetta Trabetti Sbobinatore n°1: Vittoria Gasperini Sbobinatore n°2: Giada Scaglioni Revisionatore: Aurora Bellini Mutazioni e Tumori 1. Mutazioni 1.1 Mutazioni Puntiformi Le mutazioni si possono considerare come dei cambiamenti del nostro genoma che possono essere mantenuti nelle generazioni, poiché, grazie al meccanismo di replicazione semiconservativo del DNA, qualora si instaurino delle mutazioni che non vengono riparate o ripristinate nella loro sequenza normale, allora queste si manterranno nel corso delle generazioni. Le mutazioni, inoltre, possono instaurarsi nel genoma delle cellule somatiche o della linea germinale, con differenze se interessano coppie di nucleotidi, un nucleotide, porzioni più importanti di geni, cromosomi, o il genoma nella sua interezza. Le mutazioni puntiformi comprendono alterazioni che coinvolgono la sostituzione di basi o la modifica della sequenza nucleotidica tramite inserzioni o delezioni di nucleotidi. Nel caso delle sostituzioni di basi, è possibile distinguere tra due tipi principali: le transizioni e le transversioni, in base alla natura chimica della base coinvolta e di quella che la sostituisce. Si parla di transizione quando la sostituzione delle basi avviene all’interno della stessa categoria (una purina viene sostituita da una purina, una pirimidina viene sostituita da una pirimidina). Le transversioni, invece, si verificano quando il cambiamento di una base coinvolge il passaggio da una tipologia all’altra, cioè tra pirimidina e purina o viceversa. Questo tipo di mutazione consente una maggiore varietà di combinazioni e possibilità di cambiamento nella sequenza delle basi. Le mutazioni puntiformi, che avvengono all’interno di porzioni codificanti di un gene, possono avere effetti diversi sulla struttura della proteina. A seconda dell’effetto che la mutazione del gene ha sulla struttura della proteina, queste possono essere:  SINONIME o SILENTI: La sostituzione di una base non modifica l’amminoacido codificato a causa della ridondanza del codice genetico. 2 Esempio: GAA → GAG (entrambe codificano per glutammato).  MISSENSO o DI SENSO: La sostituzione porta a un amminoacido diverso nella proteina finale. Esempio: CAT → CCT (istidina → prolina). La proteina che si viene a creare può avere la stessa funzionalità di quella “originale” (= stessa categoria che annulla l’effetto sulla proteina finale) oppure avere una funzionalità alterata e causare delle patologie importanti.  NON-SENSO: La sostituzione crea un codone di stop prematuro, causando una proteina tronca (incompleta e spesso non funzionale). Esempio: TGG → TGA (triptofano → stop).  FRAME SHIFT: slittamento della cornice di lettura che provoca conseguenze piuttosto gravi (dovute ad una lettura differente della sequenza). Altre mutazioni, invece, possono verificarsi durante la meiosi e riguardano alterazioni nel numero di cromosomi, spesso causate da mancate disgiunzioni durante la separazione cromosomica. Come si può osservare nell'immagine, durante la meiosi I può accadere che la coppia di cromosomi omologhi non si separi correttamente, oppure, durante la meiosi II, i cromatidi fratelli potrebbero non separarsi in modo adeguato. In entrambi i casi, l’effetto finale è la formazione di cellule aploidi con un cromosoma in più o in meno. Ovviamente durante il processo di fecondazione queste cellule possono portare a delle anomalie. Il termine aneuploidia fa riferimento a quelle cellule che presentano un numero anomalo di cromosomi, come la presenza di un cromosoma soprannumerario. Alcune aneuploidie degli autosomi sono compatibili con la vita, ad esempio la trisomia 21 (Sindrome di Down). I soggetti affetti da questa patologia, infatti, raggiungono l’età adulta. Altre, come le trisomie dei cromosomi 13 (Sindrome di Patau) e 18 (Sindrome di Edwards), sono generalmente meno compatibili con la vita. Le fecondazioni derivanti dall’incontro tra uno spermatozoo normale e una cellula uovo in cui non si è verificata la disgiunzione dei cromosomi X possono dare origine a diverse combinazioni di cromosomi sessuali. Queste condizioni possono portare allo sviluppo di patologie compatibili con la vita, grazie al fenomeno di inattivazione del secondo cromosoma X. Di conseguenza anche gli individui caratterizzati da XXX o XXY possono avere di fatto una vita “normale”. Fa eccezione il caso in cui sia completamente assente il cromosoma X, una condizione non compatibile con la vita. 1.2 I trasposoni Altra possibile causa di mutazione è quella che riguarda alcuni segmenti mobili del DNA, i cosiddetti “elementi trasponibili” o “trasposoni” → sequenze di DNA che possono essere inserite in una posizione diversa da quella che è la loro posizione originale. La scoperta di questi elementi mobili ha permesso di comprendere che il genoma è molto più dinamico e plastico di quanto si ritenesse in passato, anche se il tasso di mutazione per spostamenti di questi elementi è molto basso. Possono essere sequenze che interessano lunghezze di centinaia o migliaia di basi che si spostano in una posizione diversa da quella 3 originale. Questi spostamenti possono andare a causare delle alterazioni nella funzione di un gene, possono interromperlo, modificarlo e di conseguenza a non permetterne la normale espressione. Oppure possono dare origine ad attivazioni nuove nel gene laddove si inseriscono in posizioni “particolari”. La scienziata che ha studiato questo fenomeno è Barbara McClintock, insignita del Premio Nobel per la Medicina nel 1983. È stata la terza donna a ricevere questo riconoscimento e la prima a ottenerlo in solitaria. Nei suoi studi, si è concentrata sulle possibili cause della variazione della pigmentazione, quindi di colore osservata nei chicchi di mais all’interno della stessa pannocchia. Con i suoi studi, la scienziata ha dimostrato che l’assenza di pigmentazione è causata dallo spostamento di sequenze di DNA, che interrompono la funzionalità dei geni responsabili della pigmentazione. Esistono, inoltre, elementi di DNA che possono spostarsi vicino o lontano dalla loro posizione originale, anche su cromosomi differenti. Questo spostamento può avvenire attraverso eventi di trascrizione e poi di retrotrascrizione (retrotrasposoni), che comportano il trasferimento dell'elemento in una nuova posizione. 1.3 Mutazioni dovute ad eventi chimici o fisici Alterazioni di natura chimica (modifiche a una base nucleotidica) o fisica (come i mutageni fisici, ad esempio i raggi X o i raggi ultravioletti) possono causare la rottura di uno o entrambi i filamenti del DNA. Queste modifiche possono portare alla perdita di basi, creando siti apurinici o apirimidinici. Inoltre, possono formarsi dimeri di timina o sostanze che formano gruppi voluminosi (come il benzo(a)pirene) che si inseriscono tra le basi, creando ingombro sterico che impediscono alla DNA polimerasi di svolgere correttamente la sua funzione di replicazione del DNA. Anche il metabolismo e lo stress ossidativo concorrono, attraverso la produzione di sostanze chiamate radicali liberi (o ROS - specie reattive dell'ossigeno) alla compromissione di determinate strutture. Queste molecole, oltre a causare danni alle membrane cellulari, possono alterare la struttura delle proteine e provocare danni al DNA. Tuttavia, ogni organismo possiede meccanismi specifici per affrontare i danni che si verificano a livello del DNA. Questi sistemi di riparazione, presenti in tutti gli esseri viventi, sono progettati per identificare e correggere i danni o le modificazioni chimiche che possono compromettere la struttura del DNA. I primi studi su tali meccanismi sono stati condotti nei batteri (e poi anche nell’uomo), che dispongono di sistemi di riparazione altamente efficaci. È stato osservato che anche una sola disfunzione in uno di questi sistemi può portare a conseguenze significative. Questi sistemi di riparazione del DNA sono costituiti da una o più proteine specializzate che vanno a riparare i danni o le modificazioni all’interno del DNA. Tuttavia, affinché questi processi siano efficaci, è fondamentale che i vari meccanismi collaborino in modo coordinato. Devono essere in grado di riconoscere con precisione le alterazioni, diagnosticare l'irregolarità e ripristinare lo stato normale del DNA. La riparazione può essere diretta grazie all’azione di proteine con funzione enzimatica. Ad esempio, in caso di un danno chimico come l'aggiunta di gruppi alchilici a una base del DNA, queste proteine possono rimuovere direttamente i gruppi alterati. Un altro esempio è la correzione di dimeri di timina, in cui gli enzimi idrolizzano i legami anomali tra le basi, ristabilendo la struttura corretta del DNA. 4 La riparazione diretta da parte degli enzimi, come nel caso della guanina, può essere influenzata da agenti mutageni alchilanti, che aggiungono un gruppo etilico o metilico alla base. Un esempio di agente mutageno alchilante è l'etil-metan sulfonato (EMS), utilizzato come insetticida e anche nella preparazione di farmaci grazie alla sua attività antiproteasica. L'aggiunta di un gruppo etilico porta la guanina modificata ad associarsi in maniera anomala con la timina e lo stesso può avvenire con la timina, che quindi non si associa all’adenina, ma con la guanina. Gli enzimi alchiltransferasi invece riconoscono un gruppo etilico anomalo presente sulla base e lo rimuovono, quindi agiscono in maniera diretta per ripristinare la condizione normale. Le fotoliasi, invece, sono enzimi che riconoscono i dimeri di timina causati dalle radiazioni ultraviolette e scindono i legami che li uniscono. Questo processo avviene grazie alla presenza di un cromoforo, una molecola in grado di immagazzinare e trasferire l'energia luminosa necessaria per rompere il legame. 2. Sistemi di riparazione Per garantire la massima fedeltà nella replicazione del DNA e assicurare che le cellule figlie contengano le stesse informazioni corrette della cellula madre, disponiamo di sistemi di riparazione che agiscono durante la replicazione e anche a processo terminato. Questi sistemi sono dati da:  CORREZIONE DELLE BOZZE: correzione di errori che si vengono a formare durante il processo di replicazione del DNA.  RIPARAZIONE APPAIAMENTI ERRATI (mismatch): Si tratta di un sistema proteico che interviene dopo l'azione della DNA polimerasi, al termine della replicazione oppure durante il processo stesso. Questo meccanismo può avvalersi di un sistema di escissione di basi (BER - Base Excision Repair) o di un sistema di escissione di nucleotidi (NER - Nucleotide Excision Repair) per correggere gli errori di appaiamento. 2.1 Correzione di bozze Un concetto fondamentale è che, come organismi, possediamo sistemi in grado di intervenire per riparare i danni al genoma. Tuttavia non c’è un’efficacia del 100% e questi meccanismi non sono in gradi di elidere completamente tutte le mutazioni che si vengono ad instaurare. Un sistema di correzione degli errori nelle basi inserite durante la replicazione è rappresentato dalla capacità della DNA polimerasi di riconoscere e correggere i propri errori. La DNA polimerasi, infatti, possiede un’attività di "proofreading" (correzione di bozze) che le consente di individuare un appaiamento errato delle basi. Grazie alla sua attività esonucleasica in direzione 3’→5’, è in grado di rimuovere i nucleotidi inseriti in modo errato e sostituirli con quelli corretti. Si stima che durante la sintesi dei filamenti complementari, l'DNA polimerasi, nonostante la sua elevata velocità di processività, introduca 1 errore ogni 100.000 basi. Quindi per ogni cellula dovremmo avere ad ogni divisione circa 30 mila mutazioni. Tuttavia, grazie alla sua attività esonucleasica di correzione, la precisione aumenta notevolmente, riducendo il tasso di errore di circa 100 volte. 5 2.2 Riparazione appaiamenti errati Questo sistema interviene per correggere gli appaiamenti errati che la DNA polimerasi non è riuscita a rilevare durante il processo di sintesi del DNA. Le proteine coinvolte sono in grado di individuare la base complementare inserita in modo errato e inducono dei tagli che rimuovono non solo la base sbagliata, ma anche una porzione di nucleotidi adiacenti. Successivamente, la DNA polimerasi procede nuovamente con la sintesi corretta della sequenza. I sistemi di riparazione portano ad un errore finale di 1:1010, quindi un miglioramento di 100 mila volte nella fedeltà di mantenere appaiamenti corretti. Questo sistema di riparazione dell’appaiamento errato è stato molto studiato nei batteri, tuttavia il meccanismo non si discosta di molto da quello dell’uomo. Questo sistema, noto anche come "riparo dell’appaiamento errato", è guidato dalla metilazione del DNA. Proteine specifiche, come MutL, MutS e MutH, svolgono un ruolo cruciale in questo processo. Se queste proteine sono alterate, le mutazioni non vengono correttamente eliminate. Il sistema rileva l'errato appaiamento delle basi, riconosce il filamento contenente la base non corretta e procede con il taglio della porzione difettosa. Successivamente, un nuovo filamento viene sintetizzato in modo corretto, ripristinando l’integrità della sequenza. → nel caso dell’immagine viene messa la citosina e non la timina in corrispondenza della guanina. Il processo è definito guidato da metile perché la proteina MutH riconosce il filamento in cui le basi sono metilate, identificandolo come il filamento parentale. Di conseguenza, dopo aver distinto il filamento neosintetizzato da quello parentale, MutH taglia specificamente il filamento di neosintesi (quello corretto). Anche nell’uomo sono presenti sistemi di riparazione del DNA, e si è osservato che una delle proteine coinvolte presenta una composizione amminoacidica identica per il 25% a quella di una proteina di riparazione del mismatch presente nel batterio Escherichia coli. Questo suggerisce un’omologia tra le sequenze proteiche, indicando che tali sistemi sono molto antichi. Si ritiene, infatti, che si siano sviluppati ed evoluti in seguito all’immissione di ossigeno nell’atmosfera da parte di organismi capaci di compiere la fotosintesi, evento che ha portato alla formazione di specie reattive dell’ossigeno (ROS). I nomi dei componenti di questi sistemi di riparazione di appaiamenti errati (mismatch repair) → MLH1, MSH2 (che stanno per omologo 1 e 2 della proteina mutata L o S), MSH6 MLH3, MSH3. Non è stato rilevato un omologo dell’H che riconosce le basi metilate e quindi i meccanismi sono in corso di studio. 6 3. Riparazione Per Escissione Di Basi La riparazione per escissione di basi (BER, Base Excision Repair) è un meccanismo di correzione del DNA che coinvolge diverse proteine ed enzimi specifici per rimuovere e sostituire basi danneggiate o anomale. Questo processo si svolge in più fasi: 1. Riconoscimento e rimozione della base danneggiata: a. L'enzima DNA glicosilasi identifica la base alterata e la separa dallo scheletro zucchero-fosfato del DNA, lasciando un sito apurinico o apirimidinico (AP), ovvero privo di base. 2. Rimozione dello zucchero-fosfato: a. Un' endonucleasi AP-specifica (endonucleasi AP) taglia il legame fosfodiesterico e rimuove il residuo dello zucchero- fosfato, lasciando un piccolo "vuoto" nella catena del DNA. 3. Sintesi della base corretta: a. La DNA polimerasi riempie il vuoto inserendo il nucleotide corretto complementare alla base presente sulla catena opposta. 4. Sigillatura del DNA: a. L'enzima DNA ligasi collega il nuovo nucleotide al filamento di DNA mediante un legame fosfodiesterico, ripristinando l'integrità della doppia elica. 4. Riparazione Per Escissione Dei Nucelotidi Il sistema di riparazione NER (Nucleotide Excision Repair) è un meccanismo che permette la sostituzione di più nucleotidi danneggiati, a differenza del sistema BER (Base Excision Repair) che interviene solo su singole basi. Questo processo viene attivato quando si verificano danni più estesi al DNA, come quelli causati da radiazioni ultraviolette o da mutageni chimici e fisici, che portano alla formazione di distorsioni strutturali nella doppia elica del DNA. Un esempio tipico è la formazione di dimeri di timina. 4.1 Come funziona il sistema NER: 1. Riconoscimento del danno: Enzimi specifici rilevano le distorsioni nella doppia elica causate dalle alterazioni, come i dimeri. 2. Taglio della regione danneggiata: Una volta individuata l’area alterata, vengono effettuati dei tagli ai lati del segmento danneggiato. Questo processo è facilitato da enzimi chiamati endonucleasi. 3. Apertura della doppia elica: L’elicasi interviene per separare i due filamenti di DNA nella zona danneggiata, permettendo la rimozione del segmento alterato. 7 4. Sintesi del nuovo filamento: La DNA polimerasi sintetizza un nuovo tratto di DNA complementare al filamento sano, sfruttando il principio della complementarietà delle basi (A-T, G-C). 5. Saldatura finale: La DNA ligasi chiude i legami tra i nucleotidi appena inseriti e il filamento di DNA preesistente, completando la riparazione. L’immagine riporta il meccanismo per escissione dei nucleotidi dove sono presenti quattro proteine diverse con insieme dna polimerasi e ligasi.  Sistema NER in E. coli → Proteine UvrA, UvrB, UvrC, UvrD, DNA polimerasi e ligasi. Inizialmente possiamo avere un dimero di timina che non è stato individuato, così arrivano le proteine che vanno a scansionare il DNA e quindi rilevano la distorsione, e reclutano un'altra componente proteica che è in grado di indurre il taglio a monte e a valle della distorsione. L’elicasi che riconosce il sito a cui legarsi e così apre la doppia elica che comporta il rilascio il frammento anomalo e poi la DNA polimerasi sintetizza il filamento nuovo e infine la ligasi provvede a saldarlo.  Il sistema NER nell’uomo è più complesso, ma il meccanismo simile (riconoscimento, taglio, apertura e rilascio, sintesi e polimerizzazione con saldatura delle estremità. Se non funziona questo sistema, possono portare all’insorgenza di patologie piuttosto importanti). Dal punto di vista selettivo, una mutazione può essere:  VANTAGGIOSA → l'organismo che la porta si adatta meglio all'ambiente (garantisce una migliore fitness e di conseguenza una più elevata capacità riproduttiva). Questo lo porta ad avere un vantaggio di popolazione.  SVANTAGGIOSA → l’organismo che porta la mutazione si adatta male all'ambiente e non sopravvive.  NEUTRA → non ha effetti sull'adattamento dell'individuo (non ha di fatto né vantaggi né svantaggi). Un concetto fondamentale delle mutazioni è che il loro effetto dipende strettamente dall'ambiente in cui si manifestano. La stessa mutazione può avere conseguenze diverse in contesti ambientali differenti. Ad esempio:  In alcuni ambienti, una mutazione può risultare vantaggiosa per l’organismo e quindi essere conservata nella popolazione. (un caso classico è il vantaggio dell'eterozigote, per sopravvivere ad altre malattie).  In altri contesti, invece, la mutazione potrebbe rappresentare uno svantaggio e quindi essere progressivamente eliminata dagli organismi meno adatti alla sopravvivenza. La mutazione è un meccanismo pre-adattativo ed è considerata il motore dell'evoluzione, in quanto genera i cambiamenti genetici su cui agisce successivamente la selezione naturale. Attraverso questo processo, si formano nuovi alleli che contribuiscono alla variabilità genetica tra gli individui di una stessa specie e che, nel tempo, possono anche portare alla formazione di nuove specie. La teoria dell’evoluzione che si basa su concetti darwiniani si basa sull’ipotesi che in ogni individuo avvengano dei cambiamenti CASUALI che vengono poi selezionati in base alla capacità di adattamento all’ambiente 8 circostante. Come aveva espresso un genetista famoso Luigi Luca Cavalli Sforza “La mutazione propone, la selezione dispone” (La mutazione di fatto “propone” un cambiamento su cui poi la selezione naturale agisce). Questa immagine rappresenta una ricostruzione basata sull’analisi delle mutazioni del DNA. Si ipotizza che questo potesse essere il fenotipo di un bambino appartenente alla specie Neanderthal, ottenuto dall’analisi del DNA estratto da resti ossei ritrovati a Gibilterra. Lo studio ha rilevato all'interno del DNA una mutazione puntiforme nel gene MC1R, che ha causato una ridotta attività della proteina correlata alla pigmentazione. Questo ha determinato una pelle più chiara e capelli rossi. È quindi presumibile che alcuni individui di Homo neanderthalensis presentassero questo tipo di caratteristiche fenotipiche. Le alterazioni del gene FOXP2, noto per il suo ruolo nella regolazione delle capacità di produzione del linguaggio e della parola, possono causare difficoltà significative in queste funzioni. Questo gene è presente sia nell’Homo sapiens che nell’uomo di Neanderthal, mentre risulta differente nello scimpanzé. Poiché la sequenza del gene FOXP2 nei Neanderthal è identica a quella dell’Homo sapiens, si ipotizza che anche i Neanderthal possedessero una capacità di linguaggio simile. Una recente pubblicazione su Nature descrive lo studio di un gruppo di scienziati asiatici che hanno scoperto resti di ominidi attribuibili, secondo i ricercatori, a un nuovo genere umano, denominato Homo juluensisensis. Questo genere presenta caratteristiche distintive, come una mascella e denti di grandi dimensioni, che lo differenziano dall’Homo erectus e lo rendono più simile agli uomini di Denisova. Per quanto riguarda la mutazione, gli eventi che casualmente possono insorgere nel genoma e causare danni, possono essere messi in riparazione da dei sistemi efficienti, dando stabilità al genoma, oppure se non vengono riparati in maniera efficiente causare una instabilità del genoma che è sicuramente fonte della variabilità intra e inter specie ma che può causare anche l’insorgenza di patologie genetiche ereditarie o somatiche. 9 5.Patologie Tumorali 5.1 Quali fenomeni biologici interessano? Il cancro è la malattia genetica di una cellula somatica, perché riguarda alterazioni del genoma che sono riscontrabili nelle cellule cancerose e derivate dall’interazione tra i geni e l’ambiente. Ci sono alterazioni a livello del genoma. Le cellule che hanno queste capacità (che riguardano il cancro) sono cellule che crescono in maniera incontrollata, conseguenza di mutazioni a carico del DNA di queste cellule. Ci sono caratteristiche simili di cellule che riguardano tipologie di cancri diversi, quindi non c’è un’unica malattia ma ci sono delle somiglianze (ad esempio crescita incontrollata). La maggior parte dei tumori ha una natura somatica che riguarda l'organismo ma che non viene ereditata dalle generazioni successive perché non facendo parte della linea germinale non viene trasmessa (nel 99% di mutazioni somatiche e solo una minima parte rappresenta gli eventi familiari). Il comune denominatore di tutte le forme neoplastiche è la mutazione. Possono essere mutazioni somatiche che insorgono nel “periodo” post zigotico oppure mutazioni che avvengono nella linea germinale (produzione gameti) e quindi possono portare a insorgenza di casi familiari. Si parla quindi di una malattia genetica principalmente somatica che agisce a livello cellulare. Il controllo della proliferazione e della morte programmata delle cellule è regolato da sistemi complessi che garantiscono il mantenimento dell'equilibrio cellulare. La crescita delle cellule è bilanciata dal tasso di proliferazione e dalla morte cellulare programmata, in modo da assicurare una produzione continua di nuove cellule senza un accumulo eccessivo. Questo bilanciamento è reso possibile dall’interazione di diverse vie di segnalazione, che regolano:  La progressione del ciclo cellulare, attraverso segnali che promuovono l’avanzamento.  L’arresto del ciclo cellulare, con segnali che agiscono come “freni” per impedirne un avanzamento incontrollato.  La morte cellulare programmata, regolata da vie che controllano il processo di apoptosi. Perché si sviluppi un tumore è necessario che si verifichi uno sbilanciamento genico, cioè un’alterazione nei livelli dei prodotti genetici che favorisce la proliferazione cellulare a scapito della morte programmata delle cellule. Questo squilibrio porta le cellule a crescere in modo incontrollato. Dal punto di vista biologico, si può dire che si instaura una sorta di conflitto evolutivo tra la selezione naturale che agisce a livello cellulare e quella che opera a livello dell’intero organismo. La mutazione che avvia il processo tumorale conferisce alle cellule un iniziale vantaggio selettivo, permettendo loro di crescere e replicarsi più rapidamente rispetto alle cellule normali. Questo vantaggio favorisce la formazione di una massa tumorale, poiché su queste cellule agisce una forte pressione selettiva per sopravvivere e proliferare. Tuttavia, dal punto di vista dell’organismo, queste mutazioni risultano svantaggiose, poiché la crescita del tumore compromette la salute generale e, nella maggior parte dei casi, porta alla morte dell’individuo. Paradossalmente, questo effetto può essere considerato "vantaggioso" in termini evolutivi, poiché impedisce la trasmissione di tali mutazioni alla progenie, limitandone la diffusione nella popolazione. La distinzione tra la forma maligna e quella benigna: 10  Benigna: crescita anomala ed incontrollata, massa circoscritta, le cellule hanno una morfologia che è simile a quella del tessuto di origine, si trovano localizzate e hanno una INCAPACITÀ DI INVASIONE (rimangono nella sede di dive si sono formate), di conseguenza non sono invasive. Vanno ad interferire con la funzionalità delle altre cellule (degli organi adiacenti ad esempio). Per questa ragione molto spesso vengono rimosse chirurgicamente.  Maligna: le cellule sono molto diverse dal tessuto di origine, invasive e metastatiche, sono capaci di invadere i tessuti circostanti (possono essere trasportare dal tessuto sanguigno o quello linfatico → metastasi). Queste possono provocare una serie di alterazioni genetiche successive. Per passare da una forma benigna ad una maligna è necessario che si instaurino mutazioni diverse a carico delle cellule che portano questa caratteristica di malignità. Quello che è stato visto che c’è un’origine clonale (le cellule con queste mutazioni formano cloni geneticamente identici) —> non si tratta di una malattia unica ma dipende da diversi fattori. 6. Cancerogenesi Come sappiamo, ci sono dei punti di controllo importanti per la progressione del ciclo cellulare nelle nostre cellule, se questi vengono superati la cellula prosegue, altrimenti si ferma. Ad esempio: se il controllo mi indica che il DNA è corretto, e che quindi può essere duplicato, prosegue con la duplicazione; altrimenti si ferma, ripara e poi prosegue. Questi check point che si trovano anche nelle cellule tumorali, sono però difettosi, infatti i meccanismi di controllo diventano in qualche modo non funzionanti, por- tando a una prima mutazione che crea una variante che fa proliferare la cellula in modo più veloce rispetto alle altre portando a sua volta a una produzione maggiore delle cellule e quindi una maggiore probabilità che possano insorgere anche altre mutazioni. Questo clone (gruppo di cellule geneticamente omogeneo) che si crea tende ad espandersi fino ad invadere l’organismo. L’omogeneità che viene rinvenuta nella massa fa sì che anche quando c’è un’osservazione, con palpazione o ai raggi X per l’individuazione di una massa, già ci siano milioni di cellule presenti che derivano da queste alterazioni che si sono replicate in maniera incontrollata. 7. Meccanismi Difensivi Per proteggerci dall’insorgenza di queste crescite incontrollate delle cellule, i nostri organismi hanno dei mec- canismi di difesa almeno fino all’età riproduttiva, proprio per assicurare che ci sia la possibilità di dare origine alla prole e quindi mantenere la specie. Le cellule che potenzialmente hanno capacità tumorale, e quindi delle mutazioni, vengono riparate e messe sulla “buona strada” oppure vengono indotte al suicidio, ovvero la morte programmata chiamata apoptosi. Il concetto base è che nessuna singola mutazione generalmente può eludere questi meccanismi di riparazione, o di indirizzo ad apoptosi, nessuna singola mutazione è in grado di trasformare una cellula normale in una cellula tumorale, ma è necessario che ci siano eventi di mu- tazione diversi. Questi interessano geni diversi che danno dei prodotti importanti per il controllo del ciclo cellulare. 7.1 Categorie di Geni/Prodotti  I geni gate-keeper sono delle categorie o dei prodotti di geni che sono implicati nell’insorgenza dei tumori. Sono dei geni, prodotti delle proteine, che fanno da sentinelle e che riguardano la progressione della vita della cellula, del ciclo cellulare (avanzamento o arresto) e dell’apoptosi. 11  I geni care-keeper sono delle proteine codificate da dei geni che si occupano di sorvegliare e garan- tire l’integrità del genoma. Sono prodotti delle proteine che funzionano a livello fisiologico per promuo- vere l’avanzamento o l’arresto del ciclo cellulare, per mandare in apoptosi oppure sono proteine che si occupano di assicurarsi l’integrità del genoma. Tipologie:  I mismatch-repair sono sistemi che si assicurano che il genoma sia integro, si assicurano che gli ap- paiamenti in caso di errori vengano corretti, se non funzionano queste alterazioni rimangono.  A livello genetico abbiamo i protoncogeni che se mutati diventano oncogeni e quindi danno origine a delle proteine che hanno attività protoncogenica.  Gli oncosoppressori sono dei soppressori del tumore che si occupano dell’arresto del ciclo cellulare fisiologico. Vengono definiti soppressori del tumore perché impediscono fisiologicamente la progres- sione del ciclo cellulare.  I prodotti dei geni mutatori sono quelle proteine che si occupano di andare a sorvegliare l’integrità del genoma, ma che se non funzionano, inducono le cellule ad essere più prone a eventi di mutazione. Non sono mutatori, ma se vengono alterati non funzionano e possono instaurare dei meccanismi di mutazione che rimangono. 8. Principali proteine coinvolte nei tumori In questa immagine che schematizza una cellula con il nucleo, ci sono piccoli numeri indicanti dei prodotti delle proteine che a vario titolo sono coinvolte nel ciclo cellulare. Si possono vedere: i fattori di crescita, i re- cettori dei fattori di crescita, ma anche proteine che trasducono il se- gnale (proteine adattatrici o di proteine di attracco), la cascata delle chi- nasi e anche dei fattori di trascrizione, attivati o inattivati. Possono esserci le proteine che controllano il ciclo cellulare (cicline, chi- nasi), oppure anche proteine che vanno a influenzare l’apoptosi. Si può vedere la telomerasi, che è un enzima importante per assicurare che non ci sia un accorciamento precoce soprattutto nelle cellule della linea ger- minale che si dividono in maniera molto frequente, in modo che non ci sia un invecchiamento cellulare. A vario titolo tutte queste, e non solo queste, possono essere alterate, possono essere coinvolte (e di fatto lo sono se alterate) nell’insorgenza di queste divisioni incontrollate delle cellule, che possono avere un’alte- razione di tipo sia quantitativo che qualitativo. Nel caso dei prodotti che normalmente promuovono la divisione cellulare, si parla di proteine che sono au- mentate nella loro quantità, ma non modificate, oppure possono essere proteine modificate che hanno quindi delle mutazioni che agiscono sulla qualità, che possono dare la formazione di nuovi prodotti, infatti con le traslocazioni cromosomiche si possono formare dei geni dimerici che hanno dei prodotti e funzioni nuove. Esempi di alterazioni nelle proteine e quindi cause di mutazioni nei geni che sono responsabili di questi pro- dotti: 8.1 Recettori Tirosin Kinasi 12 I recettori tirosin kinasi li abbiamo visti nelle vie di segnalazione, sono recettori dei fattori di crescita, dove normalmente il fattore di crescita induce la dimerizzazione e quindi una autotransfosforilazione che ne segue e poi una cascata di chinasi e quindi fosforilazioni per arrivare a indurre la risposta. Ci può essere una muta- zione che mi porta di fatto a una delezione del gene o che porta a una mancanza di una porzione del recet- tore. In questo caso, non ha il dominio citoplasmatico, e quindi ha un’attivazione indipendente, non agisce con una cascata di trasduzione del segnale in risposta a una molecola segnale di un ligando, ma è sempre attivo indipendentemente dal fatto che sia presente o meno un fattore di crescita. Oppure come è indicato nell’immagine più a destra (figura c), ho una mutazione che si tratta di un’amplificazione del gene, quindi delle duplicazioni del gene, che portano a una produzione anomala di questo recettore che se amplificato sarà in grado di trasdurre, in maniera amplificata, il segnale e di conseguenza ci sarà una maggiore velocità nell’andare a progredire nel ciclo cellulare e quindi nella divisione delle cellule, si divideranno più rapida- mente, da qui appunto un numero maggiore di cellule che portano queste alterazioni. 8.2 Proteina RET Un altro esempio è un recettore sempre di tipo tirosin chinasico che è sensibile a dei segnali neurotropici che derivano dalla glia. Normalmente abbiamo una trasduzione del segnale normale con delle proteine segnale adattatrici che generano una cascata di fosforilazioni, ma se ci sono delle alterazioni che portano ad un prodotto e quindi alla formazione di un recettore che dimerizza in maniera anomala e anche che de- termina un’attivazione intrinseca dei suoi domini citoplasmatici chinasici, lavora ed è attivo in maniera indipendente dalla presenza normale che si avrebbe dal segnale esterno che arriva alle cellule. C’è una stimolazione alla proliferazione perché c’è una trasduzione continua del segnale anche in assenza del segnale stesso che arriva all’esterno. 8.3 Recettore per EGF Il recettore per il fattore di crescita epidermico sap- piamo che normalmente non dimerizza in presenza della molecola del ligando, ma ci sono delle proteine adattatrici, una che riconosce i siti fosforilati delle tiro- sine e l’altra che viene quindi reclutata, attivata, che è in grado di indurre la proteina ad attivarsi e quindi a scambiare nucleotide guanidico, il GDP con il GTP. Si è visto che ci sono delle alterazioni del recettore nelle masse tumorali o neoplasie, ma anche iperespressioni delle cellule, quindi può essere presente in maggiore quantità, perché il recettore è sottoposto a uno stimolo autocrino esagerato, nel senso che la cellula produce i segnali di questi fattori di crescita e quindi si autoalimenta nell’andare in progressione nel ciclo cellulare. 13 8.4 Proteina RAS La proteina RAS è una proteina che è inattiva se legata al GDP, ma che se si attiva in risposta al segnale che arriva, scambia questo nucleotide guanidico e quindi poi attraverso una cascata di reazioni porta di fatto a un segnale di divisione cellulare. È stato osservato come una singola variazione di un nucleotide che porta a una variazione di un codone, e quindi alla produzione di un amminoacido diverso, di fatto rende questa pro- teina RAS attiva, cioè non è in grado di idrolizzare il GTP, rimanendo sempre legata al GDP, anche in assenza del segnale, la cellula viene indotta ad andare continuamente in divisione. L’immagine sopra riassume quello che abbiamo visto di questa molecola segnale che arriva il recettore con attività tirosin chinasica, una proteina adattatrice si lega e va a indurre la proteina RAS a scambiare il nucleo- tide guanidico, induce la fosforilazione e l’attivazione di Raf che è la prima chinasi con tre K che va ad attivare un’altra chinasi la MEK che a sua volta viene fosforilata l’altra chinasi che va a influire sui fattori di trascrizione e quindi vengono prodotti, trascritti, dei geni importanti per la progressione del ciclo cellulare. È stato visto che alterazioni nella proteina RAS possono essere date da una incapacità, o almeno diminuzione, della sua attività GTPasica oppure anche che possono determinare un aumento della sua capacità di scambio col GTP e di andare sempre in attivazione. 8.5 Proteina Rb La proteina Rb è una proteina che controlla in maniera negativa l’avanzamento del ciclo cellulare, fa da “freno” alla progressione del ciclo cellulare. Questa proteina si associa a dei fattori di trascrizione, uno di questi è E2F che è importante per andare ad attivare la trascrizione dei geni. Normalmente Rb complessa questi fattori di trascrizione in modo che non siano liberi di andare, sono dei freni alla progressione del ciclo. Se arriva lo stimolo alla progressione nel ciclo cellulare Rb viene fosforilata, di conseguenza il fattore di tra- scrizione è libero di andare a legare quelle sequenze di geni bersaglio affinché possano essere trascritti. Rb è implicata nell’arresto della progressione del ciclo tra G1 e S, se arriva lo stimolo, il fattore di crescita fa andare in divisione e quindi viene fosforilata e si possono attivare quei geni responsabili della produzione della ciclina B importante per l’attivazione delle chinasi specifiche e poi viene prodotta la ciclina E. Questa va ad attivare anche la trascrizione del fattore di crescita stesso (E2F), si ha quindi una sorta di attivazione di geni tutti finalizzati a far progredire la cellula in divisione. Mutazioni a carico del gene che codifica per questa proteina Rb sono presenti nel 40% delle patologie tumorali, quindi è un freno molto importante, fisiologico, 14 alla progressione del ciclo. Perché è stato visto che alterazioni fanno sì che la proteina non sia in grado di legare questi fattori di trascrizione che di conseguenza possono continuare ad andare a stimolare la trascri- zione dei geni che inducono la cellula a passare da G1 a S. La proteina Rb è stata evidenziata nel primo gene alterato con attività oncosoppressiva (tumor soppressor gene) ed è stata evidenziata in un tumore raro, il retino blastoma (da qui la definizione Rb). È stato osservato anche che ci sono delle proteine prodotte da certi virus, come il papilloma virus, che producono una proteina che lega la proteina Rb dando lo stesso effetto della fosforilazione, perché sottrae la proteina Rb dal fattore di trascrizione rendendolo libero. Riassumendo il concetto del recettore del fat- tore di crescita con attività tirosin -chinasica, sono evidenziate le proteine segnale, la pro- teina RAS, la proteina G monomerica che può essere anch’essa alterata; oppure ci possono essere alterazioni a livello delle altre proteine, nella cascata di trasduzione del segnale, per- ché poi alla fine questo segnale che arriva all’esterno induce una trasduzione del se- gnale che si concretizza con la fosforilazione di Rb che quindi lascia libero il fattore di tra- scrizione che va a influire sulla trascrizione di quei geni che producono le cicline che sono importanti per l’attivazione delle chinasi ma anche del fattore di trascrizione stesso. Andare a intervenire o sulle mutazioni che insorgono a livello di quello che può essere un attivatore del ciclo cellulare come RAS oppure interferire con il vario funzionamento di una proteina che ha una funzione di freno, porta allo stesso risultato (es. autovettura in discesa: se acceleriamo o se non freniamo, il risultato è lo stesso). 8.6 Proteina p53 La proteina p53 si è visto essere alterata in più del 50% delle patologie tumorali presenti nell’uomo, questa proteina importante nel controllo da G1 a S e si occupa di andare a reclutare dei sistemi di riparazione del DNA, oppure di mandare in apoptosi le cellule. Se c’è una rilevazione di alterazione a livello del DNA, la cellula non entra in S, si ferma e ripara, questo grazie alla presenza di questa proteina p53 che induce la riparazione, se il danno viene riparato la cellula prosegue e si divide, oppure se il danno non è riparabile attiva una serie di altre molecole che portano ad apoptosi. Se questo meccanismo non funziona corret- tamente, qualora insorgessero delle alterazioni che danno van- taggio alla cellula nella sua repli- cazione, può essere mantenuta questa mutazione e di conse- guenza con l’insorgenza di altre mutazioni si può arrivare a una cellula che porta caratteristiche neoplastiche e di invasività. Questa immagine fa vedere la molecola di DNA e la proteina p53 che nel momento in cui viene rilevato un danno al DNA, viene fosforilata, di conseguenza andrà ad inibire quei geni che portano alla progressione del ciclo cellulare e anche eventualmente a indure il fenomeno di apoptosi. Quella della proteina p53 è quindi 15 un’alterazione sempre di un punto di controllo importante che dovrebbe funzionare normalmente per la progressione del ciclo cellulare. 8.7 miRNA Anche i microRNA possono essere coinvolti nelle patologie tumorali, nella formazione di questa produzione incontrollata e divisione delle cellule. I miRNA sono delle piccole molecole di circa 20 nucleotidi che possono avere come funzione quella di regolare in maniera negativa l’espressione dei geni, possono interessare an- che quei geni che producono delle molecole che promuovono, rallentano o arrestano il ciclo cellulare. Vanno di fatto a inibire la traduzione di quelle molecole che derivano dai geni protoncogeni o dai geni oncosoppres- sori che possono andare a causare la degradazione del DNA. Vengono definiti ONCOMIR quei miRNA che hanno come bersaglio i trascritti dei geni implicati nelle patologie tumorali contribuendo all’oncogensi. Un esempio del coinvolgimento di un microRNA si ha in una forma di leucemia, nella quale si è osservato che questo microRNA è meno espresso e che c’è un altro prodotto che è il prodotto del gene BCL2 che ha un’at- tività antiapoptotica, che invece è sovra espresso. L’ipotesi che è stata verificata è che la produzione di questa proteina antiapoptotica è meno inibita essendo questo microRNA meno espresso, quindi avendo più proteina BCL2 perché non è stata impedita la sua produzione, non è stata degradata, si ha una maggiore inibizione dell’apoptosi e quindi la cellula può invecchiare di più acquisendo la capacità di accumulare ulteriori muta- zioni, dunque non viene eliminata. 9. L’insorgenza del Cancro è un Fenomeno Raro oppure No? Se andiamo a considerare il fatto che per avere una trasformazione da cellula normale a tumore maligno siano necessarie mediamente 6 mutazioni, e considerando quello che è il tasso di mutazione di gene per cellula che è stimato per 10-6, considerando il numero di cellule presenti in una persona, la probabilità quindi è di 1:1023, sembra quindi molto rara la possibilità che si abbiano delle cellule neoplastiche che si devono formare. In realtà, purtroppo, non è così raro perché ci sono due meccanismi fondamentali che evitano questa rarità:  Le mutazioni che stimolano la proliferazione cellulare in modo da dare un vantaggio selettivo a quelle cellule che quindi si espandono più velocemente delle altre e presentano una maggiore possibilità di bersaglio per una mutazione successiva. Una mutazione che insorge in una cellula che le dà un vantaggio, fa sì che si formi un numero maggiore di cellule che hanno quella mutazione e che quindi possano rispetto alle altre normali andare incontro ad altri eventi di mutazioni fino alla forma neoplastica.  L’altro meccanismo è la presenza di mutazioni che vadano ad intaccare la stabilità del genoma sia a livello di sequenza che di numero di cromosomi. Vanno così ad aumentare il tasso della mutazione com- plessivo cioè riguardano quelle proteine e i geni che le codificano, che sono importanti per andare ad assicurare l’integrità del genoma, come i sistemi di riparazione degli appaiamenti errati, che se non ven- gono riconosciuti non vengono nemmeno corretti e quindi possono portare, laddove avvengano nei geni implicati nella progressione del ciclo cellulare nel senso positivo o di arresto, a una maggiore probabilità che le cellule vadano incontro a una divisione incontrollata. 10. Caratteristiche delle Cellule Neoplastiche Le cellule neoplastiche sono date da:  Una presenza incontrollata della divisione.  Capacità di invasione, di andare a metastatizzare in tessuti lontani da quello di origine per dare ori- gine ad altre masse con divisione incontrollata. 16  Possono anche produrre dei fattori di crescita per lo sviluppo di nuove vascolarizzazioni, essere favo- revoli all’angiogenesi.  Resistere all’apoptosi.  Evitare l’invecchiamento. Hanahan e Weinber hanno definito nel 2000 e rivisitato nel 2011 uno schema dove ven- gono riassunte le caratteristiche e le capacità che acquisiscono le cellule cancerogene:  La perdita della dipendenza dei fattori di crescita, sono cioè in grado di indurre la crescita indipendentemente dall’arrivo di un segnale o meno (caso dei recettori al- terati dei fattori di crescita)  Insensibilità ai segnali anti crescita (segnali che bloccano la progressione nel ciclo cellulare)  Immortalità cioè una non senescenza come potrebbe essere il fatto della telomerasi delle cellule neoplastiche che non dovrebbe essere così attiva, che assicura quindi una capacità di andare continua- mente in divisione  Capacità di invadere altri tessuti e quindi produrre delle metastasi, si è visto che hanno questa capa- cità le cellule neoplastiche di produrre, di mettere in membrana delle integrine che riescono a permet- tere di spostarsi nelle cellule di altri tessuti  Angiogenesi sostenuta cioè la capacità di produrre dei segnali che vadano a stimolare la produzione di nuove vie vascolari a partire da cellule dell’endotelio vascolare. Si possono vedere delle cellule normali che poggiano sulla lamina basale, abbiamo un vaso sanguigno e la forma- zione di queste cellule che hanno un vantaggio selettivo e quindi si riproducono molto più velocemente, e che sono in grado di produrre delle sostanze che sono dei fattori angiogenici, cioè che stimolano l’endotelio del vaso a formare nuove vie di vascolarizzazione portando il tumore ad essere altamente vascolarizzato e ad avere un vantaggio grazie a una maggiore recezione di fattori di crescita e nutrienti. L’immagine mostra l’evoluzione del tumore primario fino all’invasione e alla trasformazione in maligno con capacità invasiva e metastatica. Vi è un’angiogenesi molto spinta con l’invasione delle cellule tumorali nel distretto sangui- gno, che possono fermarsi anche in un organo o andare a proseguire anche in altri sempre grazie alla capacità inva- siva dei fluidi corporei. Poi possono andare a causare la formazione di masse che si dividono in maniera incontrol- lata in un distretto diverso. 17 11. Adesione al substrato Mettendo in coltura cellule con caratteristiche tumorali è stato osservato che perdono la capacità di avere una distribuzione sul terreno di cultura su un monostrato e anche di un’inibizione da contatto, ovvero quando arri- vano a espandersi completamente si arresta la loro crescita con dei segnali che derivano dall’adesione cellula-cellula. Se si guarda lateralmente la pia- stra di cellule normali si può vedere che crescono in un monostrato, così come l’immagine al microscopio con contrasto di fase fa vedere una situa- zione piuttosto piatta di queste cellule. Le cellule con caratteristiche neo- plastiche invece, hanno la capacità di crescere anche in aggregati con questa forma sferoidale, non piatta, segno che sono state indotte a dividersi in ma- niera incontrollata. 12. Mutazioni Aggiuntive Portano ad uno Stadio di Malignità I sistemi che abbiamo di riparazione non riescono ad essere tutti evitati, bisogna che ci siano eventi successivi di mutazione per far sì che ci sia una formazione neoplastica. Se in una cellula abbiamo una prima mutazione che da una capacità proliferativa maggiore, per la mancanza dei freni o potenziamento di un prodotto che porta in divisione, la cellula avrà un vantaggio e di conseguenza la popolazione cellulare sarà più facilmente soggetta ad altre mutazioni fino alla trasformazione maligna della cellula. Tra le varie cause di mutazioni ci possono essere per quanto riguarda i geni oncosoppres- sori (fanno dei condotti che servono per dare un freno alla progressione del ciclo cellu- lare) delle modifiche di tipo epigenetico, ci possono essere dei silenziamenti a carico dei promotori dei geni o delle metilazioni del DNA, che portano ad una non espressione del prodotto che ha una funzione di arresto nel ciclo cellulare. 13. Bilancio tra Proliferazione e Morte Cellulare Il tasso di crescita di una popolazione è bilanciato dal tasso di divisione che è controbilanciato dal tasso di apoptosi. Difetti del ciclo cellulare che portino ad un aumento del tasso di divisione, oppure a una diminu- zione del tasso di apoptosi hanno comunque come risultato uno sbilanciamento di questi fattori che portano ad una crescita incontrollata. In questo schema è riassunto il bilancio tra la proliferazione e la morte cellulare, cioè l’effetto delle mutazioni sulla proliferazione cel- lulare o sulla morte cellulare. In verde sono rappresentati quei pro- dotti dei geni che normalmente danno una stimolazione, mentre con il rosso ciò che porta ad un freno. Danno uno stimolo alla progressione del ciclo cellulare: i prodotti de- gli oncogeni classici, la telomerasi, che porta ad un allungamento all’estremità dei cromosomi e quindi a una maggior durata della vita di una cellula, e i geni che producono l’apoptosi. Le proteine che mi danno un freno all’avanzamento sono le proteine Rb o p53, oppure quelle proteine che sono importanti per andare ad assicurare l’integrità del genoma. Che si abbia un’alterazione in uno di questi prodotti, che tenga la cellula in vita per un maggior periodo, oppure che si siano alterate quelle proteine che danno un freno o quelle proteine che dovrebbero rilevare delle alterazioni e andare a ripararle, si avrà una proliferazione cellulare aumentata. Così come se si ha un’al- terazione nei prodotti delle proteine modificate che dovrebbero indurre l’apoptosi oppure dei prodotti anti- 18 apoptosi, una sovraespressione in quello che dovrebbe fare da freno all’apoptosi, si avrà una morte cellulare diminuita e quindi di conseguenza uno sbilanciamento dovuto o a una velocizzazione del fenomeno di repli- cazione oppure perché la cellula non va in apoptosi. 14. Sviluppo di un Carcinoma nel Tessuto Epiteliale del Colon In questa immagine è riportato lo sviluppo dei passaggi della modifica delle cellule a livello dell’epitelio del colon. Nell’epitelio normale si ha la lamina basale, i vasi linfatici, i vasi sanguigni. In seguito a una proliferazione incontrollata per succes- sive mutazioni si avrà una capacità invasiva quindi di andare oltre il tessuto nor- male fino ad arrivare all’invasione ad esempio in questo caso di un linfonodo o di un vaso sanguigno con capacità di portare queste cellule alterate che danno un vantaggio produttivo, selettivo, anche in altri tessuti e organi. Si può vedere nell’immagine a dx come il sistema multi step della pro- gressione del tumore sia dovuto alle cellule che possono subire a vari livelli delle mutazioni, fa vedere sempre a livello dell’epitelio del colon la formazione di un polipo benigno, si tratta di una patologia di tumore al colon con formazione di polipi, questo polipo benigno ancor mag- giore e poi l’instaurazione della malignità. Le proteine coinvolte, sono delle proteine che sono dei regolatori della segnalazione, che possono essere inizialmente alterati e poi possono essere anche altre proteine alterate, quindi un’ulteriore mutazione a carico di una cellula con già un’altra mutazione preesistente, con una mutazione che insorge come quella della p53, per cui di fatto abbiamo più mutazioni. Possono essere anche quelle proteine del sistema RET o anche delle proteine che non vengono prodotte e quindi il gene viene silenziato. Abbiamo sempre o promotori o freni al ciclo cellulare, o impedimenti alla morte cellulare programmata, oppure alterazioni nella capacità di mantenere integrato il genoma. 15. Coinvolgimenti di Fattori Diversi nella Progressione della Patologia Tumorale Qui si vede nell’immagine una visione a 360° dei coinvolgimenti di fattori diversi nella progressione della patologia tu- morale. Si osservano diversi elementi che riguardano la divisione cellulare: i vari check-point nell’avanzamento o morte delle cellule, sistemi della segna- lazione cellulare che sono coinvolti nel ciclo, e anche proteine coinvolte nella divisione cellulare, le cellule con capa- cità invasiva presentano delle proteine di membrana tali da permettere loro di 19 andare a invadere e di avere una differente capacità di adesione tra le cellule che abitano il tessuto normale. 16. Confronto tra i Cromosomi in una Cellula Normale e in una Cellula Cancerosa Affianco viene riportato il confronto tra un cariotipo, una distri- buzione, una presenza di cromosomi, nella cellula normale e quelli che possono essere rinvenuti in una cellula cancerosa della stessa persona, considerando che non sia una patologia fami- liare, ma che sia solo di tipo somatica. Ci possono essere sia cro- mosomi che presentano delle rotture, delle perdite di basi, sia cromosomi che hanno delle replicazioni anomale, delle trasmu- tazioni, la commistura di porzioni di un cromosoma normale e di un altro, perdita, acquisizione di numero di cromosomi e di alcune porzioni. In questo caso si parla di una neoplasia già avanzata, maligna che porta a delle alterazioni che si ripercuotono sulle proteine coinvolte nella vita delle cellule. Domanda posta a lezione: “Una volta che il tumore è diventato maligno, l’organismo ha dei meccanismi di difesa personali o si può intervenire solo con terapie?” Nel momento in cui il vantaggio selettivo nei confronti della popolazione di cellule maligne si è messo in atto vuol dire che il vantaggio selettivo dell’organismo non è più in grado di agire e quindi l’unica pressione selet- tiva è quella di eliminare l’organismo. L’organismo non è in grado da solo perché sono già stati elusi tutti quei meccanismi di difesa che possono essere in atto nella protezione. Se abbiamo questa formazione vuol dire che l’organismo ha fallito nei suoi sistemi di difesa. 20

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