Summary

This document discusses the levels of organization in living matter, focusing on cells, tissues, and the specific characteristics of epithelial tissues. It covers topics like cell theory,  different types of cells, and the functions of various tissues. It also emphasizes the structural and functional differentiation of epithelial cells, their specializations, and classifications.

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LIVELLI DI ORGANIZZAZIONE DELLA MATERIA VIVENTE Negli esseri pluricellulari, più cellule aventi analoghe caratteristiche morfo-funzionali si aggregano a formare i tessuti, che sono oggetto di studio dell’istologia. Negli organismi più complessi, tessuti con diverse caratteristiche morfologiche e fun...

LIVELLI DI ORGANIZZAZIONE DELLA MATERIA VIVENTE Negli esseri pluricellulari, più cellule aventi analoghe caratteristiche morfo-funzionali si aggregano a formare i tessuti, che sono oggetto di studio dell’istologia. Negli organismi più complessi, tessuti con diverse caratteristiche morfologiche e funzionali si aggregano a formare gli organi. Gli organi e gli apparati, insiemi di organi diversi che cooperano allo svolgimento di una stessa funzione. Più apparati formano un organismo complesso. Il termine cellula fu coniato dal microscopista inglese Robert Hooke che, esaminando un pezzetto di sughero con un rudimentale microscopio ottico, notò la presenza di tanti piccoli quadrati o “cellette”. Si dovette arrivare al 1855perchè Rudolf L.K. Virchow enunciasse la teoria cellulare che si può così riassumere: → Tutti gli organismi viventi sono costituiti da cellule; → Tutte le cellule derivano da cellule preesistenti; → Le cellule sono le più piccole unità viventi. Prendendo in considerazione i parametri morfologici tutte le cellule presentano: → Una membrana cellulare che separa l’ambiente interno dall’ambiente esterno; → Una regione contente DNA; → Un citoplasma, ovvero una regione semi-fluida contenete il resto dei “macchinari”. Le cellule non sono tutte uguali. Inoltre, esistono delle forme di vita non cellulari come nel caso dei virus e dei batteriofagi, che sono composti unicamente da un acido nucleico e da un involucro proteico. Le cellule dell’organismo umano sono assai varie per forma, dimensioni e capacità funzionali. Il processo che porta alla formazione di tanti tipi cellulari differenti è detto differenziamento. Tutti gli organismi pluricellulari derivano dalla moltiplicazione per divisione cellulare di una cellula iniziale, chiamata zigote, cellula derivata dalla fusione del gamete maschile con quello femminile. Le prime cellule che originano dalla divisione dello zigote sono tutte uguali e si considerano totipotenti, si realizza poi il differenziamento cellulare alla fine del quale il potenziale differenziativo si è ristretto a molteplici (pluripotenti), alcune (multipotenti) o ad una sola specifica funzione (unipotenti). Una volta differenziate, tutte le cellule che presentano le stesse caratteristiche morfo-funzionali formano tessuti specializzati, come il tessuto epiteliale, il tessuto connettivo, il tessuto muscolare e il tessuto nervoso. Oltre a condividere morfologia e funzione, le cellule appartenenti allo stesso tessuto condividono il meccanismo di formazione, ovvero la derivazione embriologica. Durante la terza settimana di sviluppo prenatale, l’embrione ha un aspetto trilaminare, essendo formato da tre foglietti sovrapposti: → Ectoderma: foglietto più esterno e superficiale: → Mesoderma: foglietto intermedio; → Endoderma: foglietto più interno e profondo. Il mesenchima, tessuto connettivo embrionale, viene considerato il quarto foglietto embrionale. Alcune popolazioni cellulari possono riunirsi in comunità organizzate a costituire gli epiteli. Per far ciò sono necessarie due importanti condizioni strutturali: la presenza di un supporto su cui attaccarsi (lamine basale) e la possibilità di connettersi fisicamente e di comunicare con le cellule adiacenti tramite complessi di giunzione. TESSUTO EPITELIALE Il tessuto epiteliale è costituito da cellule piccole poste a mutuo contatto fra loro con interposizione di scarso materiale extracellulare (matrice). Le cellule epiteliali formano delle lamine o anche degli ammassi solidi da cui derivano le ghiandole esocrine ed endocrine. Gli epiteli sono tessuti superficiali esposti e formano una sorta di barriera di comunicazione. La scarsità di matrice extracellulare determina alcune importanti caratteristiche come la mancanza di una propria vascolarizzazione che, se fosse presente, comprometterebbe la compattezza del tessuto. L'apporto di ossigeno e sostanze nutritive avviene per diffusione dai capillari del connettivo su cui le lamine epiteliali poggiano mediante l’interposizione di una membrana o lamina basale. Sono invece presenti sottili terminazioni nervose. Il tessuto epiteliale è capace di rigenerarsi. Le cellule staminali indifferenziate si dividono per mitosi asimmetrica generando nuove cellule staminali e nello stesso tempo capaci di rigenerarsi. Il tessuto epiteliale è pertanto un tessuto ad elevato turnover (capace di rinnovarsi per tutto il corso della vita). Le principali funzioni dei tessuti epiteliali si possono così riassumere: → Protezione: dei tessuti sottostanti dai vari stimoli fisici, chimici e meccanici; → Scambio e trasporto di sostanze; → Produzione di secrezioni specializzate; → Captazione di stimoli. SPECIALIZZAZIONI DELLA MEMBRANA PLASMATICA DELLE CELLULE EPITELIALI Una cellula epiteliale generalmente presenta: → Una superficie libera (apicale): non attaccata ad un’altra cellula, ma rivolta oppure a contatto con l’esterno o con la cavità o lume di un organo interno; → Una superficie laterale: a contatto con altre cellule epiteliali; → Una superficie basale: adesa o rivolta verso la membrana basale. Le specializzazioni della superficie libera sono rappresentate da ciglia, microvilli e stereociglia. Le ciglia sono sottili estroflessioni citoplasmatiche dotate di mobilità che caratterizzano la superficie dei tratti delle vie aeree e genitali femminili. I microvilli sono estroflessioni digitiformi del citoplasma. I microvilli sono presenti sulla superficie di cellule assorbenti o secernenti ed aumentano la superficie assorbente di ogni singola cellula di rivestimento. Le stereociglia sono dei lunghi microvilli localizzati sulla superficie delle cellule dell’epididimo e del dotto deferente. Sulla superficie laterale si possono rinvenire tre tipi di giunzioni associati a formare il complesso giunzionale: → Giunzioni strette o occludenti: garantiscono il controllo della permeabilità tessutale; → Giunzioni ancoranti: favoriscono l’adesione meccanica alle cellule vicine; → Giunzioni serrate o comunicanti: consentono il passaggio di piccole molecole segnale o nutritizie da una cellula all’altra. A livello della superficie basale le uniche giunzioni presenti sono gli emidesmosomi che garantiscono l’adesione delle cellule epiteliali alla membrana basale. La membrana basale è costituita da tre strati: → Lamina lucida: a contatto con la membrana plasmatica delle cellule tramite dei ponti formati dalle integrine; → Lamina densa: formata da molecole della matrice extracellulare; → Lamina reticolare: è composta da fibre reticolari di collagene III e collagene VII. Il tessuto epiteliale comprende tre sottotipi funzionali: → Epiteli di rivestimento: costituiti da lamine cellulari poste a rivestire la superficie esterna dell’organismo e/o le cavità interne degli organi; → Epiteli ghiandolari: costituiti da elementi secernenti; → Epiteli sensoriali: specializzati nella captazione di vari stimoli. EPITELI DI RIVESTIMENTO Agli epiteli di rivestimento spettano le funzioni di protezione, scambio e trasporto di sostanze. La classificazione viene fatta in base a due criteri: → Il numero degli strati; → La morfologia cellulare. Si parla di epiteli semplici nel caso in cui le cellule sono disposte in un unico strato. Cono coinvolti nel trasporto dei materiali. Si parla di epiteli composti quando le cellule sono disposte in due o più strati hanno la funzione principalmente di protezione e di resistenza alle abrasioni. Prendendo in considerazione la morfologia cellulare gli epiteli vengono detti: → Pavimentosi o squamosi: quando sono costituiti da cellule appiattite dove il parametro è dimensionalmente meno rilevante; → Cubici: quando le cellule presentano parametri dimensionali che si equivalgono; → Cilindrici: quando le cellule presentano come parametro prevalentemente l’altezza. Gli epiteli pavimentosi semplici sono formati da un singolo strato di cellule appiattite. Si tratta di epiteli molto sottili e delicati che risultano essere particolarmente adatti per lo scambio di sostanze. Comprendono: → Mesoteli: che delimitano la cavità corporee; → Endoteli: localizzati all’interno di cuore e vasi sanguigni; → Epitelio alveolare; → Epitelio della capsula di Bowman (rene). Gli epiteli pavimentosi stratificati sono gli epiteli più robusti ed esposti a sollecitazioni meccaniche severe. Le cellule degli strati superficiali vengono eliminate man mano che procede la divisione delle cellule degli strati profondi. Gli epiteli pavimentosi stratificati possono essere di due tipi cheratinizzati e non cheratinizzati. L'epitelio pavimentoso stratificato cheratinizzato costituisce l’epidermide ed è caratterizzato dalla presenza di cellule prive di nucleo e di organuli citoplasmatici, trasformate in squame cornee per la presenza di filamenti di cheratina che le induriscono e le rendono impermeabili all’acqua. L'epitelio pavimentoso stratificato non cheratinizzato è composto da più strati di cellule ed è in contatto con la membrana basale. Questo epitelio costituisce il rivestimento interno della cavità orale, faringe, esofago, corde vocali e vagina. Gli epiteli cubici e cilindrici semplici sono costituiti da un singolo strato di cellule cubiche o cilindriche e rivestono gli organi e condotti escretori, sono ottimi per l’assorbimento e per la secrezione. L'epitelio cubico semplice riveste i dotti di molte delle ghiandole esocrine e le ovaie. L'epitelio cilindrico riveste i dotti efferenti dei testicoli, l’utero e i piccoli bronchi. L'epitelio cubico stratificato possiede solo un paio di starti cellulari e riveste i dotti di alcune ghiandole esocrine. L'epitelio cilindrico stratificato è composto da più strati di cellule. È localizzato solo in alcuni limitati distretti corporei, come nella congiuntiva dell’occhio. Epiteli con caratteristiche peculiari sono l’epitelio di transizione e l’epitelio pseudostratificato. Nel primo tipo la morfologia cellulare sia il numero degli strati variano al variare del “grado di riempimento” dell’organo di appartenenza. Nel secondo tipo si osservano più file di nuclei a diversa altezza. Tutte le cellule sono a contatto con la membrana basale, ma non tutte arrivano a contatto con il lume, essendo di diversa altezza. L'epitelio pseudostratificato contribuisce a formare le tonache mucose dell’apparato respiratorio (nasale, faringea, tracheale, bronchiale). EPITELI GHIANDOLARI Buona parte dell’attività secernente nel nostro organismo è affidata agli epiteli ghiandolari, che si organizzano in organi secernenti, detti ghiandole, specializzati nella produzione e secrezione di sostanze che svolgono una varietà di funzioni biologiche nell’organismo. La secrezione è un processo molto complesso e articolato che comporta la sintesi, l’elaborazione, l’accumulo e l’esocitosi di un prodotto in grado di svolgere una funzione biologica. In base alle caratteristiche morfo-funzionali e alla destinazione del loro secreto, le ghiandole vengono classificate in esocrine ed endocrine. Le ghiandole esocrine agiscono localmente, sono provviste di dotti escretori e le secrezioni sono riversate all’esterno dell’organismo o all’interno di un organo cavo. Le ghiandole endocrine sono prove di dotti escretori, le secrezioni (ormoni) vengono riversate nel liquido interstiziale e quindi nel flusso sanguigno ed agiscono a distanza su organi “bersaglio”. Ogni ghiandola prende origine da un epitelio di rivestimento: una proliferazione cellulare locale dà origine ad un agglomerato di cellule (zaffo epiteliale), che si approfonda nel connettivo sottostante. Nel caso delle ghiandole esocrine, lo zaffo non perde la connessione con l’epitelio d’origine e tale connessione si trasformerà nel dotto escretore. La connessione zaffo/epitelio di rivestimento viene persa nelle ghiandole endocrine, per cui l’agglomerato cellulare residuo viene diffusamente vascolarizzato per convogliare il secreto nel circolo sanguigno. Le grosse ghiandole multicellulari sono ricoperte da una capsula connettivale da cui si dipartono dei sepimenti o setti connettivali che suddividono l’organo in tante concamerazioni chiamati lobi e lobuli. Le unità secretorie costituiscono il parenchima ghiandolare. Il connettivo, che penetra nel parenchima e ne costituisce il supporto meccanico e trofico rappresenta lo stroma ghiandolare. GHIANDOLE ESOCRINE Nelle ghiandole esocrine più complesse le cellule della parte terminale dello zaffo, che invadono il connettivo, si differenziano in cellule secernenti, andando a costituire il cosiddetto adenomero (porzione secernete della ghiandola). Le cellule comprese tra adenomero ed epitelio di rivestimento danno origine al dotto escretore. La classificazione delle ghiandole esocrine può essere effettuata in base a diversi criteri morfo-funzionali: → Numero di cellule che costituiscono la ghiandola: ghiandole unicellulari e pluricellulari; → Forma dell’adenomero: ghiandole tubolari, acinose e alveolari; → Tipo di dotti: ghiandole semplici, ramificate e composte; → Modalità di secrezione: ghiandole merocrine, apocrine e olocrine; → Tipo di secreto: ghiandole sierose, mucose e miste. Le ghiandole esocrine unicellulari rappresentano l’esempio più semplice di ghiandola esocrina e sono costituite da cellule isolate accolte in seno all’epitelio di rivestimento. Uno degli esempi più classici è rappresentato dalle cellule caliciformi mucipare che si trovano intercalate tra le cellule epiteliali di rivestimento che delimitano il tratto digerente ed alcune porzioni del tratto respiratorio. Le ghiandole esocrine pluricellulari sono costituite da più elementi secernenti. Queste ghiandole vengono detto intraparietali, quando sono comprese nella parete dell’organo all’interno del quale riversano il secreto ed extraparietali, se si sviluppano al di fuori dell’organo cavo a cui sono connesse. In base alla struttura delle unità secernenti le ghiandole pluricellulari si suddividono in: → Tubolari: gli adenomeri hanno forma allungata in sezione longitudinale, con un lume interno visibile circondato da cellule di forma per lo più cubica o cilindrica; → Acinose: gli adenomeri hanno forma sferica, il lume è circondato da cellule di forma piramidale; → Alveolari: gli adenomeri hanno forma sferica con un ampio lume centrale delimitato da cellule di forma cubica. In base al tipo di dotti, le ghiandole si differenziano in: → Semplici: un solo adenomero ed un singolo dotto escretore (ghiandole sudoripare e intestinali); → Ramificate: unico dotto che fa capo a più adenomeri (ghiandole sebacee); → Composte: più adenomeri e più dotti escretori (ghiandola mammaria). In base alle modalità di secrezione, le ghiandole esocrine si suddividono in: → Merocrine: quando il secreto è rilasciato mediante esocitosi; → Apocrine: quando la parte apicale del citoplasma viene rilasciata insieme alle vescicole di secrezione; → Olocrine: quando le cellule secernenti maturano e muoiono, diventando esse stesse il prodotto di secrezione. In base alla natura del loro secreto le ghiandole esocrine si definiscono: → Sierose: se elaborano un secreto acquoso, fluido, ricco di enzimi; → Mucose: se elaborano un secreto denso, ricco di glicoproteine che costituisce il muco; → Miste: se costituite da adenomeri che producono muco e adenomeri che producono materiale sieroso. A questi tipi di secreto vanno aggiunti altri tipi di secreto quali: → Sebo: prodotto dalle ghiandole sebacee, ricco di acidi grassi e trigliceridi; → Sudore: prodotto dalle ghiandole sudoripare, ricco di acqua e sali minerali; → Lacrime: prodotte dalle ghiandole lacrimali, ricche di acqua e contenenti in minore quantità le proteine. GHIANDOLE ENDOCRINE Le ghiandole endocrine non hanno azione locale, ma sistemica. Questo è dovuto alla liberazione di un prodotto di secrezione, chiamato ormone, in grado di raggiungere attraverso il circolo sanguigno i diversi distretti anatomici irrorati, localizzati anche a distanza dagli elementi secernenti. Il prodotto ormonale potrà esplicare la sua azione solo su cellule bersaglio, dotate cioè di recettori specifici per quel determinato ormone. Nel suo insieme, il sistema endocrino è costituito da ghiandole e cellule deputate alla produzione di ormoni. L'attività del sistema endocrino è fortemente correlata a quella del sistema nervoso. Tra i due sistemi esiste un’importante connessione anatomica e funzionale, rappresentata dall’ipotalamo, il che giustifica l’utilizzo del termine sistema neuroendocrino. Sono stati individuati dei criteri di classificazione in base ai seguenti parametri: → Numero di elementi secernenti: ghiandole unicellulari e pluricellulari; → Strutture: a nidi e cordoni, a follicoli, a isolotti, interstiziali; → Caratteristiche chimiche degli ormoni prodotti: a secrezione steroidea e non steroidea; → Derivazione embriologica. Le ghiandole unicellulari sono disperse in tessuti epiteliali di rivestimento o ghiandolari esocrini localizzati negli apparati digerente, respiratorio ed urogenitale (sistema endocrino diffuso). Le ghiandole pluricellulari sono dei veri e propri organi facenti parte del sistema endocrino e comprendono: ipofisi ed epifisi, tiroide, le 4 paratiroidi, timo, surrene, pancreas, ovaie, testicoli, placenta. Le ghiandole pluricellulari possono essere quindi distinte, in base alla struttura, in ghiandole a nidi, cordoni, follicoli, isolotti e interstiziali. I nidi sono degli aggregati cellulari di forma circolare che non presentano un lume centrale né un orientamento concentrico delle cellule, ma sono circondati da una ricca rete di capillari. I cordoni sono invece costituiti da file di cellule endocrine intervallate a capillari sottili e dilatati, chiamati sinusoidi. L'omone da secernere viene immagazzinato nelle cellule e viene rilasciato in seguito all’arrivo di un segnale specifico. Nelle ghiandole di tipo follicolare le cellule costituiscono la parete di strutture rotondeggianti, chiamate follicoli, contenenti una cavità all’interno nella quale si riversa e si accumula il prodotto di secrezione. Quando arriva un segnale di rilascio, l’ormone viene riassorbito dalle cellule follicolari e liberato nel liquido interstiziale per poi passare nel torrente circolatorio. Tra le ghiandole organizzate ad isolotti va citato il pancreas endocrino, in cui le cellule secernenti ormoni si dispongono in cordoni raggruppati in strutture circolari intercalate alle restanti e prevalenti strutture del pancreas esocrino. Le ghiandole di tipo interstiziale sono invece rappresentate dalle gonadi maschili e femminili. Rispetto alla natura chimica del prodotto di secrezione, le ghiandole endocrine possono dirsi a secrezione steroidea o non steroidea. Le uniche ghiandole secernenti ormoni steroidei sono il surrene e le gonadi. Tutte le altre ghiandole secernono ormoni non steroidei. In relazione alla loro natura chimica, gli ormoni hanno diversi meccanismi di azione. Gli ormoni peptidici e/o proteici si legano a recettori proteici di membrana. Le proteine recettoriali sono localizzate sulla superficie esterna della membrana e sono in grado di riconoscere molecole informative presenti nello spazio extracellulare legandosi ad esse (ligandi). A differenza degli ormoni peptidici e/o proteici, gli ormoni steroidei, essendo solubili nei fosfolipidi di membrana, attraversano con facilità la membrana cellulare, ma per espletare la loro azione richiedono la presenza di un recettore proteico citoplasmatico che veicoli l’ormone nel nucleo, dove esso potrà interagire con il suo gene bersaglio. Per quanto concerne l’embriogenesi, le ghiandole endocrine possono derivare da: → Ectoderma di rivestimento o dall’ectoderma neurale; → Mesoderma: come nel caso di rene e gonadi; → Endoderma: come nel caso della tiroide, paratiroidi, timo, fegato e pancreas. IPOTALAMO L’ipotalamo è l’organo di connessione tra il sistema nervoso centrale e il sistema endocrino. Ipotalamo e ipofisi formano un sistema integrato di tipo neuroendocrino, definito sistema o asse ipotalamo-ipofisario, in cui le cellule neuroendocrine dell’ipotalamo secernono peptidi che agiscono sulle cellule secernenti dell’adenoipofisi regolandone l’attività. Tra gli ormoni secreti dell’ipotalamo vanno menzionati: → GnRH: è l’ormone di rilascio per le due gonadotropine ipofisarie LH e FSH; → TRH: è l’ormone di rilascio per la tireotropina ipofisaria TSH; → GHRH: è l’ormone di rilascio per l’ormone della crescita ipofisario GH; → CRH: è l’ormone di rilascio per gli ormoni ipofisari ACTH e MSH, → Dopamina: inibente il rilascio dell’ormone prolattina da parte dell’adenoipofisi; → Somatostatina: inibente il rilascio degli ormoni ipofisari GH e TSH. L'ipotalamo è inoltre il responsabile della secrezione di due ormoni da parte di due gruppi di neuroni chiamati nuclei sopraottico e paraventricolare. I neuroni del nucleo sopraottico secernono ADH, ormone antidiuretico che agisce a livello dei dotti collettori renali favorendo il riassorbimento di acqua e di conseguenza regolando il volume del plasma sanguigno e la pressione arteriosa. I neuroni del nucleo paraventricolare secernono ossitocina, che nella femmina è coinvolta nell’induzione del parto e della secrezione di latte. Nel maschio una serie di risultati preclinici suggerisce un ruolo dell’ossitocina nel controllare la prima parte del riflesso eiaculatorio. IPOFISI L'ipofisi è una ghiandola endocrina cui spetta il compito di coordinare l’attività di molte altre ghiandole facenti parte del sistema endocrino. L'ipofisi secerne ben nove ormoni diversi coinvolti nel controllo della tiroide, surreni e gonadi e di una serie di processi fondamentali per la vita. L'ipofisi è anatomicamente suddivisa in due porzioni principali (l’ipofisi anteriore e l’ipofisi posteriore) unite tra loro da una sottile porzione intermedia e connesse all’ipotalamo mediante il peduncolo ipofisario. L'ipofisi anteriore (adenoipofisi) è di natura epiteliale, mentre, l’ipofisi posteriore (neuroipofisi) è di natura nervosa. La connessione tra ipotalamo e ipofisi è sia di tipo anatomico che funzionale essendo presente il cosiddetto sistema portale ipotalamo-ipofisario di connessione vascolare e ormonale. Gli ormoni prodotti da neuroni ipotalamici vengono liberati nei capillari a livello del peduncolo ipofisario; quindi, trasportati dalle vene portali ipofisarie all’adenoipofisi dove si forma un secondo letto capillare, a livello del quale gli ormoni possono influenzare le cellule dell’adenoipofisi grazie al rallentamento del circolo. A livello della neuroipofisi arrivano i cosiddetti tratti ipotalamici ovvero fasci di assoni amilenici die neuroni ipotalamici neurosecernenti dei nuclei sopraottico e paraventricolare che vanno ad immettere in circolo gli ormoni ADH e ossitocina in un territorio privo di barriera emato-encefalica. Quindi la neuroipofisi non è la sede di produzione ormonale ma è la sede in cui avviene l’immissione in circolo di ormoni secreti da neuroni ipotalamici. Istologicamente, la neuroipofisi è costituita da una rete di fibre nervose (assoni mielinici) e da cellule gliali di sostegno chiamate pituiciti. Le cellule dell’adenoipofisi si possono distinguere in popolazioni di cellule acidofile, basofile e cromofobe. Si è visto che le cellule acidofile sono costituite dalle cellule somatotrope secernenti l’ormone somatotropo (GH) e dalle cellule mammotrope secernenti prolattina (PRL). Le cellule basofile comprendono le cellule gonadotrope secernenti l’ormone follicolo-stimolante (FSH) e l’ormone luteinizzante (LH), le cellule corticotrope secernenti l’ormone adrenocorticotropo (ACTH). Le cellule cromofobe sono considerate cellule quiescenti o indifferenziate o cellule secernenti ACTH. In sintesi, le cellule dell’adenoipofisi secernono due tipi di ormoni: → ormoni ad azione diretta: GH o STH, PRL e MSH; → ormoni trofici: ACTH, TSH, FSH e LH. Le azioni svolte dagli ormoni ipofisari sono le seguenti: → GH o STH: serve alla deposizione del calcio nel tessuto osseo, alla proliferazione dei condroblasti a livello delle metafisi delle ossa lunghe, al processo di sintesi proteica e all’aumento della massa muscolare; → ACTH: è l’ormone che stimola la corticale del surrene a scernere glucocorticoidi (cortisolo); → TSH: è l’ormone che stimola l’attività ormonale della tiroide; → Gonadotropine LH e FSH: sono gli ormoni che, nell’uomo, promuovono la spermatogenesi e controllano la produzione degli ormoni sessuali da parte dei testicoli, mentre nella donna regolano la maturazione dei follicoli e la secrezione di ormoni da parte delle ovaie; → PRL: è l’ormone che, nella donna, garantisce lo sviluppo mammario in età puberale e assicura il processo di lattazione nella fase successiva al parto; → MSH: è l’ormone che agisce sui melanociti della pelle, per regolarne la pigmentazione. EPIFISI Nel 1958 fu scoperto che l’epifisi produce, solo in assenza di luce, un importante ormone, la melatonina, una proteina sintetizzata a partire dal triptofano, precursore anche del neurotrasmettitore serotonina, che incide sullo sviluppo sessuale degli individui e ne regola il ritmo sonno-veglia. Infatti, alla melatonina è stata attribuita anche un’azione inibente sul rilascio ipofisario di gonadotropine e ormone della crescita e tumori dell’epifisi sono stati associati a pubertà precoce. Un suo malfunzionamento può influire negativamente sul sistema immunitario e cardiovascolare, nonché diminuire la vitalità fisica. L'epifisi, contrariamente alle altre ghiandole endocrine, non è sotto il controllo di fattori di rilascio o inibizione provenienti dalla circolazione sanguigna, ma sotto quello del sistema nervoso simpatico in risposta alla cui stimolazione verrebbe inibita la secrezione di melatonina. Si può quindi considerare come un trasduttore neuroendocrino che converte impulsi nervosi in variazioni della secrezione ormonale. Istologicamente, l’epifisi ha un parenchima organizzato in cordoni e con due tipi di cellule: i pinealociti e le cellule interstiziali. I pinealociti o cellule parenchimali sono deputati alla sintesi di melatonina producono, inoltre, una matrice proteica che va incontro a calcificazione. Col passare degli anni a partire dalla pubertà si accumulano nell’epifisi concrezioni calcaree denominate acervuli. Le cellule interstiziali formano lo stroma ghiandolare e sono costituite da cellule gliali modificate con funzioni di supporto trofico. TIROIDE La tiroide ha una forma a H o a farfalla essendo costituita da due lobi connessi attraverso un istmo mediano. Come tutti gli organi pieni o parenchimatosi, la tiroide è provvista di una capsula connettivale che invia in profondità setti di tessuto connettivo che suddividono l’organo in lobuli e offrono passaggio a vasi e nervi. Il parenchima ghiandolare è organizzato in follicoli tiroidei, vescicole chiuse di forma rotondeggiante contenenti colloide che rappresenta una forma di deposito degli ormoni tiroidei. Tali ormoni vengono immagazzinati per un tempo variabile nell’interno dei follicoli, per passare gradualmente in circolo in quantità proporzionata alle esigenze dell’organismo. I follicoli normalmente hanno dimensioni e aspetto diverso in relazione al loro momento funzionale: quelli più grandi hanno molta colloide accumulata al loro interno e un epitelio piuttosto schiacciato essendo in fase di quiescenza; i più piccoli hanno meno colloide e un epitelio più alto perché attivi nella sintesi o nella scissione della tireoglobulina (glicoproteina che sequestra all’interno della colloide lo iodio legato agli ormoni tiroidei). La parete dei follicoli è formata da un epitelio cubico costituito da tireociti tra cui sono intercalate cellule C. Attorno ai follicoli è presente una ricca rete di capillari fenestrati all’interno dei quali riversare il secreto e da cui attingere i substrati e i segnali ormonali per la sintesi degli ormoni tiroidei. I tireociti hanno la capacità di sintetizzare nel RER la tireoglobulina, captare attivamente ioni ioduro dal sangue e ossidarli a iodio molecolare sul versante interno del follicolo, quindi, legarlo ai residui della tireoglobulina per dare luogo alla formazione di molecole di monoiodotirosina e diiodotirosina dalla cui fusione deriveranno la tiroxina (T4) e la triiodotironina (T3). L'ormone T3 è così chiamato perché contiene tre atomi di iodio, mentre il T4 ne contiene quattro. In risposta al TSH ipofisario i tireociti emettono pseudopodi che consentono l’inglobamento di gocciole di colloide contenente tireoglobulina che viene degradata nelle sue componenti non iodate da enzimi proteolitici di natura lisosomiale in maniera da liberare gli ormoni steroidei. Entrambi gli ormoni sono liposolubili e vengono trasportati attivamente nelle cellule dove si legano a recettori nucleari. L'ormone prodotto dalle cellule C è la tireocalcitonina che, insieme al suo antagonista paratormone, regola i livelli plasmatici del calcio e il processo di mineralizzazione e rimodellamento osseo. Attraverso i suoi ormoni, la tiroide regola i seguenti processi: → Il metabolismo corporeo; → Lo sviluppo scheletrico e cerebrale, a partire dalla vita fetale; → La sintesi proteica; → Lo sviluppo della pelle, dell’apparato pilifero e degli organi genitali; → La frequenza e la forza di contrazione del cuore; → La temperatura corporea; → L'ematopoiesi. Poiché la tiroide funzioni correttamente è molto importante l’assunzione di iodio. Se lo iodio è insufficiente e si determina una condizione di ipotiroidismo, la ghiandola aumenta di dimensioni formando il cosiddetto gozzo nel tentativo di compensarne la carenza. Questa forma patologica porta al cretinismo. Il gozzo può essere però causato anche da una condizione opposta di ipertiroidismo, che si verifica quando la tiroide sintetizza ormoni in eccesso. PARATIROIDI Le paratiroidi sono generalmente di numero 4. Queste piccole ghiandole sono organizzate in cordoni circondati da una rete di sinusoidi. La popolazione cellulare più numerosa è rappresentata dalle: → cellule principali: ricche di glicogeno e granuli secretori contenenti paratormone (PTH). Queste cellule sono in grado di legare il calcio ematico a livello del recettore di membrana provocando il blocco della secrezione di PTH; → Cellule ossifile: hanno un citoplasma più acidofilo rispetto alle cellule principali. Le cellule ossifile compaiono nel bambino di 5-6 anni di età e aumentano di numero con il progredire dell’età senza tuttavia senza mai raggiungere quello delle cellule principali. Oltre alle cellule ossifile tipiche, sono state descritte anche cellule ossifile di transizione e cellule ossifile in degenerazione. Nel corso dell’evoluzione le paratiroidi hanno acquisito grande importanza per i mammiferi diventando i principali regolatori del calcio sierico. Il paratormone è un ormone peptidico che viene secreto in risposta a bassi livelli di calcio: per riportali alla norma esso agisce a livello osseo, favorendo il riassorbimento di calcio da parte degli osteoclasti, e a livello renale, riducendo la secrezione urinaria di calcio e inducendo la produzione di calcitriolo che facilita l’assorbimento intestinale di calcio. La vitamina D ha un ruolo importante per lo sviluppo dell’osso e della dentizione. L'importanza del paratormone si evince facilmente analizzando il ruolo metabolico del calcio che è coinvolto in numerosi processi quali la trasmissione dell’impulso nervoso, la contrazione muscolare, la coagulazione del sangue, l’adesione cellulare e il funzionamento di alcuni ormoni ed enzimi. Di conseguenza, la concentrazione del calcio nel sangue (calcemia) deve rimanere relativamente costante. Quando la concentrazione di calcio nel sangue diminuisce (ipocalcemia), le ossa rilasciano il minerale, aumenta l’assorbimento intestinale dello stesso e diminuisce la sua escrezione urinaria. Quando la calcemia sale eccessivamente (ipercalcemia), il calcio viene depositato nelle ossa, escreto con maggior facilità e assorbito in minor misura. L'ipocalcemia può essere asintomatica oppure può provocare crampi muscolari a livello del dorso e delle gambe a causa delle alterazioni del potenziale elettrico della membrana cellulare che portano ad un’aumentata eccitabilità neuromuscolare. L'ipocalcemia grave può causare tetania, laringospasmo o convulsioni generalizzate. La tetania è caratterizzata da sintomi sensitivi consistenti in parestesie delle labbra, della lingua e delle dita delle mani e dei piedi. Viceversa, l’ipercalcemia determina una riduzione dell’eccitabilità muscolare e nervosa oltre a nausea, vomito, stipsi, debolezza, perdita di appetito, dolori addominali e calcoli renali. SURRENE Il surrene presenta una corticale di colorito giallastro per il contenuto in lipidi e una midollare di colorito rossastro per la presenza di numerose lacune vascolari. Il parenchima della parte corticale deriva dal mesoderma ed è organizzato in cordoni variamente disposti nelle tre diverse zone in cui viene suddivisa la corticale ovvero la zona glomerulare, la zona fascicolata e la zona reticolare. Nella zona glomerulare i corti cordoni sono ripiegati a gomitolo. Il loro prodotto è l’aldosterone ed è un ormone mineralcorticoide che viene sintetizzato a partire dal colesterolo sotto il controllo del sistema renina-angiotensina. L'azione dell’aldosterone consiste nello stimolare la ritenzione di sodio a livello de tubulo renale e, di conseguenza di acqua, e l’escrezione di potassio a livello dei dotti collettori determinando un effetto antidiuretico e il rialzo della pressione arteriosa e modificando la composizione in elettroliti dei liquidi corporei. La zona fascicolata è formata da cellule cubiche disposte in cordoni paralleli intercalati a una sottile rete di sinusoidi. A differenza delle cellule della zona reticolare, contengono un più elevato numero di gocciole lipidiche che tendono ad associarsi in cluster dando alle cellule un aspetto chiaro e schiumoso (spongiociti). Le cellule della zona fascicolata secernono ormoni glucocorticoidi sotto il controllo dell’ACTH. Il principale ormone, ovvero il cortisolo, viene secreto in risposta a stress fisici o psichici, rappresentando quindi per l’organismo un mezzo fondamentale per l’adattamento allo stress. Questa classe di ormoni ha effetti sul metabolismo degli zuccheri favorendo la sintesi di glucosio a partire da substrati non carboidratici come gli amminoacidi. Gli effetti a livello a cutaneo ed osseo sono essenzialmente catabolici. A livello cardiovascolare aumentano il tono vasale e la gittata cardiaca e a livello del sistema immunitario hanno effetti antinfiammatori riducendo la risposta umorale e cellulare. Nella zona reticolare le cellule producono ormoni androgeni quali DHEA e DHEAS e l’androstenedione, che vengono convertiti al di fuori del surrene in testosterone ed estrogeni. Nei soggetti di DHEA solfato sono più elevate, quelle di DHEA invece non mostrano significative differenze fra i due sessi. Il DEHA sembra essere coinvolto in numerose funzioni biologiche, tra le quali ricordiamo la regolazione e la stimolazione delle funzioni sessuali, la produzione di mielina. A differenza della corticale, il parenchima della midollare è organizzato in nidi e cordoni di cellule basofile alternati ad ampie lacune vascolari. Le cellule sono chiamate feocromociti perché contengono granuli capaci di precipitare i sali di cromo assumendo una colorazione bruna e sono innervate da fibre simpatiche pregangliari colinergiche. La derivazione embriologica delle creste neurali giustifica la diversa struttura della midollare e la diversa natura degli ormoni prodotti che non sono steroidei, come nel caso della corticale, ma catecolamine ovvero composti chimici derivati dall’amminoacido tirosina chiamati adrenalina e noradrenalina che vengono definiti ormoni dello stress perché quando rilasciate in modo massivo mettono l’organismo in condizioni di rispondere a situazioni di emergenza aumentando il flusso sanguigno a cuore e polmoni, accelerando il battito cardiaco. In particolare, l’adrenalina riduce l’attività contrattile delle cellule mioepiteliali delle ghiandole salivari e la dismissione di saliva, mentre aumenta il rilascio di sudore per favorire la termoregolazione. In sintesi, in virtù degli ormoni prodotti i surreni sono coinvolti in processi e meccanismi quali: → La risposta acuta agli eventi stressanti e improvvisi; → Lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari nell’uomo; → Il desiderio sessuale nella donna; → Il controllo della pressione arteriosa; → Il mantenimento dei livelli di sodio e potassio nel sangue; → Il controllo della frequenza cardiaca. PANCREAS Il pancreas è una voluminosa ghiandola extra parietale. Il parenchima pancreatico è una ghiandola anficrina essendo costituito da una componente a secrezione esocrina e da una componente a secrezione endocrina. Il pancreas esocrino è una ghiandola acinosa o tubolo-acinosa composta a secrezione sierosa pura. Gli acini sono formati da un monostrato di cellule acinose di forma piramidale e da cellule centroacinose di forma piatta che costituiscono la parte iniziale del dotto intercalare. Più dotti intercalari confluiscono nei dotti interlobulari, che sboccano a varia altezza nel dotto di Wirsung. Le cellule acinose presentano granuli apicali contenenti zimogeno, ovvero la forma inattiva dei numerosi enzimi pancreatici che vanno a formare il succo pancreatico, prodotto di secrezione del parenchima ghiandolare esocrino. Il succo pancreatico ha un pH basico a causa dell’elevato contenuto in ioni bicarbonato e contiene enzimi proteolitici, enzimi glicolitici, enzimi lipolitici e nucleasi. La basicità del succo pancreatico contribuisce alla neutralizzazione dell’acidità del succo gastrico. L'aumento dell’acidità del materiale digerito proveniente dallo stomaco, che rischierebbe di “bruciare” la mucosa duodenale, è lo stimolo utile per indurre la secrezione di secretina da parte delle cellule S delle cripte duodenali. Questo ormone agisce sui dotti intercalari del pancreas stimolando il rilascio di acqua e bicarbonato. Quando il pH del duodeno si avvicina alla neutralità il rilascio di secretina viene inibito. Oltre che a livello pancreatico, la secretina agisce anche sul fegato, stimolando la secrezione della bile. Il pancreas endocrino è costituito da circa 1 milione di ammassi di forma rotondeggiante dispersi come isole (isole pancreatiche o isole di Langerhans) nel contesto del parenchima esocrino di tutte le porzioni del pancreas anche se prevalentemente nel copro e nella coda. Le cellule endocrine sono disposte in cordoni alternati a una rete di capillari fenestrati e provviste di una ricca innervazione. Mediante metodiche di immunoistochimica sono stati identificati almeno 5 diversi citotipi che secernono ormoni diversi. 1- Le cellule α (alfa) secernono glucagone, ormone proteico che innalza la glicemia stimolando la glicogenolisi e la gluconeogenesi e patica. Lo stimolo utile per attivare la secrezione delle cellule a è l’ipoglicemia determinata dall’azione dell’insulina pancreatica, da condizioni di digiuno o da attività fisica prolungata di intensità medio-alta. Il glucagone interviene anche nel metabolismo lipidico. 2- Le cellule β sono responsabili della sintesi e secrezione di insulina in risposta all’aumento di concentrazione di glucosio nel sangue. L'insulina è un ormone ipo0glicemizzante perché favorisce l’ingresso di glucosio a livello epatico e muscolare. È infatti l’ormone dell’immagazzinamento: estrae i carboidrati e gli amminoacidi in eccesso e li mette da parte nel tessuto adiposo. Ma è anche un ormone di immobilizzazione dato che blocca il glicogeno nel fegato e nei muscoli, impedendo che possa venirne rilasciato. La sua azione antagonizza quella del glucagone, che è invece l’ormone di mobilizzazione che libera i carboidrati che sono stipati nel fegato sotto forma di glicogeno. Una volta liberato, il glucosio entra in circolo nel sangue per mantenere la corretta glicemia, provvedendo a un adeguato funzionamento del cervello. L'equilibrio, quindi, dipende da due fattori: la quantità di cibo e il rapporto proteine/carboidrati di ogni pasto. Infatti, quanto più i carboidrati che ingeriamo sono ad alto indice glicemico tanto più stimolano la secrezione di insulina, le proteine invece quella di glucagone. La perdita o distruzione delle cellule β porta alla condizione clinica nota come diabete di tipo 1, caratterizzato da un’insufficiente secrezione di insulina; il diabete di tipo 2 è invece dovuto a un deficit di secrezione di insulina o alla resistenza dei tessuti all’insulina stessa. Entrambe le presentano iperglicemia, poliuria e polidipsia. 3- le cellule spesso sono quasi tutte raggruppate in una singola zona periferica dell’isola e secernono il polipeptide pancreatico che viene secreto in risposta all’ipoglicemia indotta da insulina e inibisce la secrezione di somatostatina e il rilascio degli enzimi pancreatici e della bile nell’intervallo tra i pasti. 4- le cellule presentano granuli di notevoli dimensioni contenenti un ormone polipeptidico, la somatostatina, che inibisce il rilascio di insulina e glucagone e di acido cloridico nello stomaco nonché la secrezione di succo pancreatico. 5- le cellula secernono grelina un ormone che stimola l’appetito e i cui livelli aumentano prima dei pasti per decrescere circa 1 ora dopo e che è considerato l’antagonista della leptina, ormone prodotto dal tessuto adiposo che induce sazietà ove presente in concentrazioni elevate. La grelina stimola, inoltre l’adenoipofisi a secernere l’ormone della crescita. FEGATO Il fegaot sebbene sia una ghiandola anficrina tale funzione è svolta dalla stessa tipologia cellulare, l’epatocita. Il fegato gioca un ruolo fondamentale nel metabolismo e svolge una serie di processi tra cui l’immagazzimento del glicogeno, la sintesi delle proteine del plasma e la rimozione di sostanze tossiche dal sangue. Inoltre, produce la bile che è il prodotto della secrezione esocrina importante del processo di digestione dei grassi, ed è fino al 6° mese di vita intrauterina il più importante organo emopoietico. Il fegato è delimitato da una capsula fibrosa da cui si dipartono setti e trabecole connettivali che penetrano nel parenchima epatico, suddividendo in 4 lobi e relativi lobuli. Il lobo epatico è l’unità morfologica e presemta al centro la vena centrolobulare, in cui converge una rete di sinusoidi intercalata ai cordoni di epatociti. Alla periferia del lobulo sono presenti gli spazi o triadi portali così definiti perché contengono al loro interno una ramificazione della vena porta, una dell’arteria epatica, un condotto biliare e spesso anche piccoli vasi linfatici e ramificazioni nervose. Il parenchima epatico ha un’organizzazione tipica delle ghiandole endocrine. Ciascuna lamina di epatociti è separata dall’altra da un sinusoide venoso, derivante dalla ramificazione della vena porta che decorre nello spazio portale. Tra epatociti e sinusoidi venosi c’è un piccolo interstizio chiamato spazio di Disse, in cui avvengono gli scambi tra epatociti e sangue venoso portale ricco di sotanze nutritizie provenienti dall’intestino. Tra un epatocita e l’altro sono presenti piccole docce dette canalicoli biliari. I canalicoli biliari drenano in dotti di calibro maggiore, i canali di Hering, questi a loro volta ai condotti biliari degli spazi portali, che drenano nei condotti biliari epatici e quindi nel dotto coledoco. Nel parenchima epatico si riscontra la presenza di almeno sei diverse tipologie cellulari. 1- epatociti devono assolvere diverse funzioni. Tra queste vanno menzionate la sintesi dei sali biliari e del colesterol, la coniugazione della bilirubina, l’idrolisi del glicogeno a glucosio, il recupero dello iodio dagli ormoni T3 e T4, la detossicazione di alcool e droghe liposolubili. La membrana plasmatica dell’epatocita rivolta verso il sinusoide è provvista di numerosi microvilli, mentre nel versante a contatto con gli epatociti adiacenti forma la parete dei canalicoli biliari che vengono sigillati lateralmente da giunzioni occludenti per impedire la fuoriuscita della bile negli interstizi cellulari. A livello dei canalicoli biliari si accumulano numerose vescicole di esocitosi, contenenti la bile. La bile è un liquido di colore giallo-verde a pH basico per la presenza di bicarbonati, è infatti una sospensione acquosa di elettroliti, sali biliari, fosfolipidi, colesterolo, pigmenti biliari e proteine; grazie alla presenza di sali biliari si comporta da “detergente”, emulsionando i grassi e partecipando così al loro assorbimento a livello dell’intestino tenue. La bile inoltre ha anche un’azione battericida nei confronti dei microbi introdotti con il cibo e provvede all’eliminazione della bilirubina. In corrispondenza del versante sinusoidale dall’epatocita vengono riversati i prodotti della secrezione endocrina ovvero numerose proteine plasmatiche, vitamine che si accumulano all’interno degli epatociti che è un vero e proprio ormone peptidico che si produce in risposta al GH ipofisario e che agisce su numerosi organi bersaglio, quali osso, cartilagine, muscolo scheletrico. 2- le cellule stellate chiamate così per la loro forma stellata e sono localizzate nello spazio di Disse compreso tra epatociti e sinusoidi epatici. Queste cellule hanno il compito di secernere le principali componenti della matrice e sono fondamentali nella riparazione del fegato a seguito di lesioni o interventi chirurgici sostituendo gli epatociti danneggiati con tessuto cicatriziale. La risposta rigenerativa invece è dovuta agli stessi epatociti differenziali che proliferano in caso di danni lievi o per consentire un ricambio tessutale nel fegato normale. Essi si comportano quindi da cellule staminali unipotenti commissionate e sono capaci di rispondere rapidamente ai danni subiti. 3- le cellule ovali sono cellule staminali bipotenti, che si trovano all’interno del canale di Hering e vengono attivate quando il danno epatico è esteso e cronico o se la proliferazione degli epatociti è inibita. 4- le cellule endoteliali sinusoidali costituiscono l’endotelio dei sinusoidi venosi fenestrati del fegato e sono unite attraverso le giunzioni aderenti. Le fenestrature presenti tra le cellule sono molto ampie e riunite in complessi così che il sangue può facilmente riversarsi negli spazi di Disse e venire a contatto con i microvilli degli epatociti. 5- i colangiociti sono le cellule epiteliali del dotto biliare e contribuiscono alla secrezione della bile. 6- le cellule di Kupffer si collocano nel lume dei sinusoidi venosi. La loro funzione è quella di rimuovere per fagocitosi eventuali detriti presenti nel sangue in afflusso agli epatociti, ma possono anche stimolare il sistema immunitario mediante la secrezione di numerosi fattori e citochine. Rimuovono gli eritrociti invecchiati o danneggiati agendo in modo complementare alla milza. GONADI MASCHILI E FEMMINILI Le gonadi maschili o testicoli sono accolti in una sacca fibromuscolare, chiamata scroto, che li colloca al di fuori della cavità addominale per preservare il processo di spermatogenesi che è molto sensibile alla temperatura. Oltre a produrre i gameti maschili o spermatozoi, i testicoli hanno il compito di produrre gli ormoni sessuali maschili chiamati androgeni, tra i quali il testosterone. Il testosterone e altri ormoni androgeni vengono prodotti dalle cellule interstiziali del testicolo (cellule di Leydig) che vengono così definite perché localizzate nell’interstizio tra i tubuli seminiferi dove avviene la produzione di spermatozoi. Si tratta di cellule con formazioni cristalline costituite da proteine dette cristalloidi. Al microscopio elettronico presentano caratteristiche citologiche tipiche delle cellule a secrezione steroidea. In risposta all’ICHS ipofisario le cellule di Leydig producono testosterone e altri androgeni che regolano le fasi terminali della spermatogenesi. A sua volta, l’FSH ipofisario agisce sulle cellule del Sertoli, cellule nutrici della linea germinale localizzate all’interno dei tubuli seminiferi, che in risposta producono: estrogeni a partire da androgeni, un fattore stimolante le cellule di Leydig, l’ABP (che sequestra gli androgeni nella parete del tubulo seminifero), inibina (che blocca il rilascio di FSH) e attivina (che lo induce). Le gonadi femminili o ovaie sono localizzate nella pelvi in rapporto con l’infundibolo nella tuba uterina. Le ovaie sono coperte in superficie da un epitelio cubico o pavimentoso semplice erroneamente definito epitelio germinativo, perché si riteneva che da esso derivassero i gameti. Al di sotto dell’epitelio si trova una sottile tonaca fibrosa detta tonica albuginea e al di sotto si trova la zona corticale contenenti i gameti femminili o ovociti all’interno di strutture sferoidali chiamati follicoli ovarici. In profondità alla zona corticale c’è la zona midollare in cui si trovano vasi sanguigni, linfatici e terminazioni nervose. La componente endocrina dell’ovaio è costituita dai follicoli ovarici, dal corpo luteo e dalle cellule interstiziali. Gli ormoni prodotti dalle ovaie sono gli estrogeni e il progesterone. Gli estrogeni comprendono tre diversi tipi di ormoni: l’estradiolo, l’estriolo e l’estrone. Oltre ad essere secreto dall’ovaio, l’estrone viene prodotto nel tessuto adiposo per conversione dell’androstenedione. Gli estrogeni vengono sintetizzati e secreti dalle cellule follicolari che formano la tonaca granulosa dal follicolo. La secrezione è sotto il controllo dell’FSH ipofisario che converte gli androgeni in estrogeni. Gli androgeni vengono secreti dalle cellule della teca interna in risposta alla stimolazione dell’LH ipofisario. Le cellule della teca interna, stimolate dall’LH, assorbono il colesterolo dal sangue e lo utilizzano per la sintesi dell’androstenedione che viene attivamente trasferito alle cellule della granulosa. Qui l’androstenedione viene dapprima convertito in testosterone e quest’ultimo aromatizzato in estradiolo. L'estradiolo è responsabile dello sviluppo e mantenimento dei caratteri sessuali secondari femminili e della maturazione della ghiandola mammaria. In sintesi, i testicoli provvedono alla formazione dei gameti maschili e alla produzione di testosterone, che controlla lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari maschili. Le ovaie provvedono alla formazione dei gameti femminili e alla produzione di estrogeni e progesterone: i primi controllano lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari femminili, il secondo prepara l’utero a un’eventuale gravidanza e le mammelle ad un eventuale lattazione. Nell'uomo viene prodotto dalle cellule interstiziali di Leydig anche progesterone, la cui concentrazione è molto importante perché è stato scoperto che inibisce la caduta dei capelli e l’ipertrofia della prostata, mentre ad alte dosi può sopprimere la produzione di androgeni portando ad atrofia dei testicoli e della prostata. SISTEMA NEUROENDOCRINO Con il termine sistema neuroendocrino ci si riferisce ai neuroni del sistema nervoso centrale e periferico e alle cellule derivate dal neuroectoderma o dall’endoderma, che hanno la capacità di sintetizzare, immagazzinare e secernere ormoni e/o i loro precursori con modalità endocrina, paracrina (azione su cellule vicine) e autocrina (azione sulla cellula secernente) e autocrina. Secondo le più recenti evidenze anatomiche, si distingue un sistema neuroendocrino confinato (CNES), comprendente i tessuti ghiandolari neuroendocrini all’interno di strutture anatomicamente definite, e un sistema neuroendocrino diffuso (DNES), che rappresenta la più vasta popolazione di cellule endocrine nel corpo umano e comprende cellule endocrino “disperse” in vari organi e tessuti al di fuori del sistema nervoso centrale. Alcune cellule del sistema endocrino diffuso erano state inizialmente identificate per la capacità di ridurre i sali di cromo e d’argento (cellule cromaffini e argentaffini) e per la capacità di legare i sali di argento senza ridurli (cellule argirofile). Successivamente, prendendo in considerazione caratteristiche morfologiche, istochimiche e funzionali, le cellule sono state suddivise in due gruppi: → Cellule enterocromaffini: cellule che contengono ammine biogene endogene (dopamina); → Cellule EC-like: cellule che elaborano ammine solo dopo la somministrazione di un precursore. Il CNES comprende cellule della midollare del surrene, gangli e paragangli, mentre le cellule del DNES sono presenti nel tratto gastro-enteropacreatico, nell’apparato respiratorio, urogenitale. Nel tratto gastroenterico i principali ormoni sono: → Secretina; → Gastrina; → Colecistochinina; → Peptide inibitorio gastrico; → Motilina; → Grelina. Che svolgono un’azione di controllo sulla motilità dei visceri e sulla secrezione di enzimi digestivi. Nell'apparato respiratorio vengono rilasciati ormoni peptidici: → Serotonina; → Calcitonina; → ADH; → ACTH. Nell'apparato urogenitale le cellule iuxtaglomerulari del rene secernono: → Renina; → Angiotensina, → Aldosterone. Che insieme determinano l’aumento della pressione arteriosa. La cute sintetizza i derivati della POMC: → CRH; → Urocortina; → Catecolamine; → Acetilcolina, → Vitamina D. A livello cardiaco, i cardiomiociti dell’atrio destro producono il peptide natriuretico atriale che, favorendo l’escrezione di sodio e acqua a livello renale, riduce la pressione arteriosa. Il timo, oltre ad avere un ruolo centrale nella regolazione della funzione immunitaria, può estendere la sua influenza a componenti non immunologiche del coro, tra cui il sistema neuroendocrino. Le cellule epiteliali del timo producono infatti ormoni timici che sono attivi sui circuiti nervosi ed endocrini. In molti distretti corporei le cellule neuroendocrine possono andare incontro a processi patologici quali iperplasia e neoplasia. I tumori neuroendocrini sono tumori rari che originano dal sistema neuroendocrino e che mostrano analoghe caratteristiche fenotipiche essendo in grado di sintetizzare e secernere peptidi e amminoacidi modificati. TESSUTO CONNETTIVO Il tessuto connettivo è costituito da cellule piccole e poco numerose, di forma varia, disperse in un’abbondante matrice extracellulare che le cellule stesse sintetizzano e secernono, il tessuto connettivo è ricco di nervi e vasi attraverso cui media lo scambio di nutrienti tra i diversi tessuti ed il sistema circolatorio. Tutte le tipologie di tessuto connettivo derivano dal mesoderma. Il mesoderma è l foglietto embrionale intermedio che dà origine al mesenchima. Alla famiglia di cellule di derivazione mesenchimale appartengono: → Fibroblasti, macrofagi, mastociti e adipociti; → Globuli rossi, globuli bianchi, piastrine e cellule staminali emopoietiche; → Condroblasti; → Osteoblasti. Le principali funzioni dei tessuti connettivi si possono così riassumere: → Collegamento tra tessuti; → Demarcazione e separazione; → Sostegno; → Riserva/trofismo; → Isolamento/ammortizzamento; → Trasporto/trofismo; → Difesa/protezione; → Riparazione. I tessuti connettivi risultano costituiti da due componenti strutturali comuni, presenti in diverse proporzioni nei diversi sottotipi: → Matrice extracellulare; → Cellule: sintetizzano e secernono la matrice. A sua volta la matrice comprende delle strutture proteiche filamentose, chiamate fibre e una sostanza fondamentale o sostanza amorfa. Le fibre sono strutture proteiche extracellulari che conferiscono alla matrice extracellulare resistenza meccanica ed elasticità. Tre sono i tipi principali di fibre: → Fibre collagene; → Fibre reticolari; → Fibre elastiche. Le fibre collagene sono in grado di resistere specificamente alle sollecitazioni di trazione. Se osservate a fresco, le fibre collagene hanno un colorito biancastro e vengono pertanto dette fibre bianche. Le fibre collagene vengono assemblate nell’ambiente extracellulare a partire da una proteina, chiamata tropocollagene, che viene sintetizzata dai fibroblasti dei connettivi propriamente detti o da altre cellule tessuto-specifiche. Le molecole di tropocollagene interagiscono latolateralmente tra loro mediante legami crociati covalenti intermolecolari. Deficit di enzimi coinvolti nella formazione di legami crociati stabili determinano anomalie nell’assemblaggio delle fibrille collagene. Nell'organismo umano sono stati individuati più di 25 tipi di collagene. Il collagene di tipo I forma fibre abbastanza spesse nel connettivo propriamente detto, nell’osso e nel dente. Il collagene di tipo II è esclusivo della cartilagineialina ed elastica. Il collagene di tipo III forma le fibre reticolari. Il collagene di tipo IV costituisce la tipica intelaiatura della membrana basale. Il collagene di tipo VII forma piccoli aggregati, noti come fibrille di ancoraggio, fra la membrana basale e le fibre sottostanti di collagene I e III. Le fibre reticolari si localizzano attorno ai vasi e formano reti delicate tra tessuti o all’interno di organi parenchimatosi, creando una complessa struttura tridimensionale. Sistemi di colture in vitro e studi morfogenetici hanno dimostrato che le fibre reticolari compaiono precocemente, per poi “maturare” nelle fibre collagene tipiche. Le fibre elastiche sono formate dalle proteine elastina e fibrillina e sono particolarmente abbondanti nella matrice extracellulare di alcuni distretti corporei a cui conferiscono proprietà di allungamento e di ritorno elastico. Sono fibre che si deformano come un elastico quando sollecitate per poi tornare istantaneamente alla forma e lunghezza iniziali una volta cessata la sollecitazione. La sostanza fondamentale occupa gli spazi compresi tra le cellule e le fibre e consistente in prevalenza di tre gruppi di molecole: → Glicosamminoglicani; → Proteoglicani; → Glicoproteine. I glicosamminoglicani (GAG) grazie alla presenza di gruppi anionici hanno la capacità di legare enormi quantità di acqua, rendendo gelatinosa e viscosa la sostanza amorfa. L'acido ialuronico è il GAG più diffuso nei tessuti adulti. I GAG possono essere presenti nella sostanza fondamentale in forma monomerica o associati a un core proteico a formare proteoglicani. I proteoglicani possono associarsi a all’acido ialuronico per formare grossi complessi che richiamando al loro interno grandi quantità di acqua, conferiscono alla matrice extracellulare una notevole resistenza alla compressione. In virtù dell’elevato peso molecolare, si oppongono al movimento di microrganismi e cellule metastatiche. Un altro componente della sostanza fondamentale è rappresentato dalle glicoproteine. Si tratta di proteine adesive che possiedono dei siti di legame per facilitare l’attacco delle cellule alla matrice extracellulare. In generale si tratta di grosse molecole specifiche per i diversi tessuti connettivi, quali la fibronectina e la laminina nei connettivi propriamente detti, la condronectina nel tessuto cartilagineo e l’osteonectina e l’osteocalcina nel tessuto osseo. In base alla funzione, i tessuti connettivi possono essere classificati in: → Tessuti connettivi propriamente detti; → Tessuti connettivi di sostegno; → Tessuti connettivi con funzione trofica. Il termine “connettivo” si riferisce a due tipi di connessione: → Connessione meccanica: consente di ancorare tessuti fra loro o di sostenere e proteggere gli organi; → Connessione funzionale: consente e facilita il transito di sostanze e/o di cellule. TESSUTO CONNETTIVO PROPRIAMENTE DETTI I tessuti connettivi propriamente detti comprendono tipologie lasse e dense. Un connettivo di tipo lasso è permeabile ed è la sede privilegiata di meccanismi di difesa. Un connettivo di tipo denso è in grado di opporre notevole resistenza alle sollecitazioni meccaniche. Ai connettivi lassi appartengono: → Mesenchima; → Tessuto mucoso; → Tessuto fibrillare lasso; → Tessuto reticolare. Dei connettivi densi fanno parte: → Tessuto fibrillare denso regolare; → Tessuto fibrillare denso irregolare: suddiviso in collageno ed elastico. MESENCHIMA Il mesenchima è il tessuto connettivo embrionale che provvede al collegamento tra i diversi tessuti presenti nell’embrione e nel feto è costituito da cellule mesenchimali dotate di forma irregolare separate da un’abbondante matrice ricca di sostanza amorfa e povera di fibre. TESSUTO CONNETTIVO MUCOSO Il tessuto connettivo mucoso è un tipo di connettivo lasso che si trova esclusivamente nel cordone ombelicale. È detto anche gelatina di Wharton ed è costituito da fibroblasti, macrofagi e numerose cellule staminali di tipo mesenchimale. Una forma di tessuto mucoso maturo è rappresentata dalla polpa dentaria contenuta nella cavità pulpare del dente. TESSUTO CONNETTIVO FIBRILLARE LASSO Il tessuto connettivo fibrillare lasso è detto anche tessuto areolare e rappresenta il più diffuso tessuto di riempimento. È localizzato al di sotto delle membrane basali su cui poggiano gli epiteli, costituendone il relativo supporto e apportando sostanze nutritive ed ossigeno di cui le cellule epiteliali hanno bisogno. Si localizza al di sotto del derma cutaneo formando il tessuto sottocutaneo, forma le tonache mucosa e sottomucosa degli organi cavi e lo stroma degli organi ghiandolari. TESSUTO CONNETTIVO RETICOLARE Il tessuto connettivo reticolare è caratterizzato da una sostanza fondamentale lassa. Le principali cellule sono le cellule reticolari. Il tessuto reticolare forma una delicata impalcatura all’interno degli organi parenchimatosi (linfonodi, midollo osseo) e contribuisce alla formazione delle membrane basali. Costituisce la componente reticolare della parete dei capillari sanguigni. TESSUTO CONNETTIVO FIBRILLARE DENSO Il tipo cellulare prevalente è rappresentato da fibrociti che si dispongono negli interstizi tra le abbondanti fibre. La disposizione e l’orientamento dei fasci di fibre. La disposizione e l’orientamento dei fasci rendono questo tessuto molto resistente alla trazione. In base allo specifico orientamento delle fibre si distinguono due varietà di connettivo fibrillare denso: regolare e irregolare. TESSUTO CONNETTIVO DENSO REGOLARE Nel tessuto connettivo denso regolare i fasci di fibre collagene possono decorrere parallelamente fra loro (a fasci paralleli) o incrociandosi (a fasci incrociati). Nel connettivo denso a fasci paralleli le fibre sono strettamente impacchettate e allineate lungo linee di trazione. La particolare resistenza alle forze di trazione rende questo tessuto adatto a formare i tendini, legamenti e aponeurosi (collegamento tra i muscoli). Nel connettivo denso a fasci incrociati i fasci di fibre formano lamelle sovrapposte l’una all’altra incrociandosi ad angolo retto. Tale orientamento determina la trasparenza della cornea. TESSUTO CONNETTIVO DENSO IRREGOLARE Il connettivo denso irregolare comprende il connettivo collageno ed elastico. Nel connettivo collageno le fibre più abbondanti sono collagene. Questo tipo di connettivo è localizzato nel derma cutaneo, nelle guaine di tendini, muscoli e nervi, nel periostio e nelle capsule esterne di numerosi organi. Il connettivo elastico è costituito prevalentemente da grossi fasci di fibre elastiche intercalati a fibre collagene. Nel momento di applicazione di forza traente, le fibre elastiche si estendono per poi riprendere le dimensioni originarie al cessare della forza. Per queste caratteristiche il tessuto connettivo elastico è presente nelle pareti dei vasi sanguigni e in particolare delle arterie di grosso calibro, nei tendini, nei legamenti vocali e nei legamenti gialli della colonna vertebrale. TESSUTI CONNETTIVI DI SOSTEGNO TESSUTO CARTILAGINEO Nell'embrione umano l’istogenesi della cartilagine inizia durante la V settimana di vita per differenziamento delle cellule mesenchimali che retraggono i loro prolungamenti e assumono i caratteri di cellule condroprogenitrici. Queste cellule si aggregano nei centri di condrificazione e divenute condroblasti iniziano a produrre fibre collagene rimanendo isolate all’interno di spazi della matrice chiamate lacune. Quando l’attività biosintetica del condroblasto diminuisce, la cellula prende il nome di condrocito. In una cartilagine matura le cellule singole sono rare, essendo invece presenti raggruppamenti di cellule, detti gruppi isogeni così definiti perché derivati dalla mitosi di un’unica cellula. Oltre alle cellule già menzionate nella cartilagine sono reperibili cellule con funzioni fagocitarie chiamate condroclasti. Nel tessuto cartilagineo, oltre alla componente cellulare è presente un’abbondante matrice extracellulare costituita a sua volta da due componenti: → Componente fibrillare; → Sostanza amorfa. La componente fibrillare è rappresentata da fibre collagene ed elastiche. Le fibre sono immerse in un’abbondante sostanza amorfa costituita da glicoproteine specifiche e da proteoglicani ricchi di GAG solforati, che conferiscono solidità alla matrice. Nonostante la consistenza solida, la cartilagine è molto flessibile ed elastica ed ha un contenuto di acqua pari al 60/80% in volume. Nel tessuto cartilagineo le cellule ricevono le sostanze nutritive dei vasi dei tessuti connettivi circostanti per diffusione attraverso la matrice extracellulare. La nutrizione della cartilagine avviene attraverso i tessuti connettivi circostanti ed in particolare attraverso i tessuti connettivi circostanti ed in particolare attraverso i vasi del pericondrio. Il pericondrio è un involucro di tessuto connettivo fibrillare denso che ricopre la cartilagine. È costituito da: → Uno strato esterno ricco di fibre collagene, detto strato fibroso; → Uno strato interno, detto strato condrogenico, ricco di cellule differenziate che possono differenziarsi in condroblasti in grado di secernere matrice extracellulare. Nelle cartilagini articolari, prive di pericondrio, il nutrimento arriva dal vicino tessuto osseo o dal liquido sinoviale contenuto all’interno della cavità articolare e prodotto dalla membrana sinoviale. Essendo prive di pericondrio e quindi non essendo capaci di attività riparative, le cartilagini articolari sono le prime ad andare incontro al processo di usura e degenerazione noto come artrosi. La cartilagine può accrescersi dall’interno oltre che per apposizione dall’esterno. Man mano che le cellule di un gruppo isogeno producono matrice, tendono a separarsi tra di loro, formando lacune separate e contribuendo all’aumento di volume della cartilagine. Nell'individuo adulto la cartilagine è localizzata solo in alcune sedi: → Naso; → Orecchio esterno; → Trachea; → Bronchi; → Coste; → Superfici articolari, → Sinfisi pubica; → Dischi intervertebrali; → Menischi articolari. Esistono tre diversi tipi di cartilagine: → Cartilagine ialina; → Cartilagine elastica; → Cartilagine fibrosa. CARTILAGINE IALINICA La cartilagine ialina viene così definita perché ha un colore bianco-bluastro. La cartilagine ialina ha una consistenza solida, è relativamente elastica. Nell'embrione e nel feto quasi tutto lo scheletro è costituito da cartilagine ialina, che sarà poi sostituita da tessuto osseo mediante il processo di ossificazione condrale. Ad ossificazione completata la cartilagine ialina rimane localizzata nell’apparato respiratorio, a livello dell’inserzione delle coste sullo sterno e sulle superfici articolari delle ossa. Questo tipo di cartilagine è simile ad un cuscinetto ammortizzatore che permette lo scorrimento delle superfici scheletriche impegnate nelle articolazioni mobili (diartrosi). I condrociti hanno forma e disposizione condizionate dalle sollecitazioni meccaniche, risultando perciò distribuiti in diversi strati: → Strato tangenziale: zona superficiale. Sono disposti a contatto con la cavità articolare; → Strato intermedio: zona mediana. Si dispongono ad arco con convessità rivolta verso la superficie; → Strato radiale: zona profonda. Sono orientati perpendicolarmente rispetto all’osso. CARTILAGINE ELASTICA La cartilagine elastica è localizzata nel padiglione auricolare, nel meato acustico esterno, nella tuba uditiva e nella laringe. Tra le cartilagini della laringe va menzionata l’epiglottide. Inoltre, grazie alle vibrazioni delle cartilagini elastiche della laringe si realizza la fonazione. La cartilagine elastica osservata a fresco è giallastra, flessibile ed elastica grazie alla presenza di numerose fibre elastiche e poche fibre collagene. CARTILAGINE FIBROSA La cartilagine fibrosa è presente a livello dei menischi articolari, dei dischi intervertebrali, della zona di inserzione dei tendini sulle ossa e della sinfisi pubica. Nei dischi intervertebrali la cartilagine fibrosa si localizza nell’anello fibroso periferico. In caso di ernia del disco, l’anello fibroso fissurato lascia erniare il nucleo polposo nel canale vertebrale, dove è possibile la compressione delle radici dei nervi spinali. La cartilagine fibrosa è una forma di transizione tra il connettivo denso e la cartilagine: la diagnosi differenziale tra i due tessuti si basa sulla forma delle cellule, che sono rotondeggianti e più voluminose dei fibroblasti/fibrociti del tessuto connettivo. TESSUTO OSSEO Il tessuto osseo è riccamente vascolarizzato e in grado di rinnovarsi continuamente. Grazie alla sua durezza, il tessuto osseo è il maggior costituente delle ossa. La resistenza alle forze di compressione, trazione e torsione, unite al modesto peso, rendono l’osso il materiale ideale per costruire lo scheletro. Le ossa sono molto leggere a causa della sua architettura interna che impiega osso compatto più pesante solo nei punti maggiormente sollecitati, mentre nelle zone profonde meno sollecitate è alleggerita da cavità da varia ampiezza contenenti il midollo osseo. Le ossa danno attacco ai muscoli tramite le inserzioni tendinee e fungono da leva per permettere il movimento articolare. Le ossa rappresentano una preziosa miniera di sali minerali, immagazzinando il 99% del calcio corporeo sottoforma di fosfati e carbonati. Grazie al processo di rimodellamento osseo il calcio viene continuamente deposto e mobilizzato dalle ossa, in maniera che la sua concentrazione ematica si mantenga costante (omeostasi). L'osso consta di componenti organiche quali cellule e fibre collagene immerse in una miscela di proteine, glicoproteine, proteoglicani e lipidi. OSSO COMPATTO E OSSO SPUNGOSO L'osso presenta 2 strutture: compatto e spugnoso. L'osso compatto appare come una massa densa e omogenea priva di cavità macroscopicamente visibili. Si definisce osso spugno un osso di aspetto poroso che presenta delle cavità contenenti midollo osseo emopoietico. La superficie esterna non articolare delle ossa è ricoperta dal periostio, tessuto connettivo fibrillare denso non calcificato e riccamente vascolarizzato che si inserisce sull’osso tramite fibre collagene perforanti dette fibre di Sharpey. Il periostio appare costituito da uno strato esterno fibroso ricco di fibre e vasi sanguigni e povero di cellule e da uno strato più profondo a contatto con l’osso, detto strato osteogenico di Ollier, contenente cellule con potenzialità osteogeniche (cellule osteoprogenitrici). Durante la crescita queste cellule assumono i caratteri citologici tipici degli osteoblasti attivi con funzioni osteoformative, mentre nell’adulto si trasformano in cellule osteoprogenitrici quiescenti con funzioni osteogeniche potenziali, che possono attivarsi nei casi di riparazione e rimodellamento. Un altro involucro dotato di potenzialità osteogeniche è rappresentato dall’endostio. L'endostio è una sottile lamina discontinua di cellule pavimentose che rivestono le trabecole dell’osso spugnoso e dei canali vascolari dell’osso compatto (canali di Havers e Volkmann). Le cellule dell’endostio sono osteoblasti attivi durante lo sviluppo e la crescita, mentre si trasformano in cellule osteoprogenitrici nell’adulto. STRUTTURA LAMELLARE L’osservazione al microscopio di un osso dimostra la presenza di lamelle disposte parallelamente tra loro e orientate in vario modo. Ciascuna lamella non è altro che uno strato di matrice extracellulare che mostra una componente minerale che le conferisce notevole durezza. Al confine tra una lamella e l’altra si trovano gli osteociti, le cellule mature dell’osso derivate dagli osteoblasti. Gli osteoblasti sono le cellule responsabili della produzione della matrice ossea. Essi secernono inizialmente una matrice non calcificata (osteoide) contenente le sole componenti organiche, per poi avviare il processo di mineralizzazione, rimanendo di conseguenza intrappolati nella matrice sotto forma di osteociti quiescenti. Questi risiedono in cavità dette lacune, da cui si dipartono sottili tunnel, chiamati canalicoli che accolgono i prolungamenti citoplasmatici degli osteociti che entrano in rapporto con l’endostio per scambiarsi nutrienti e molecole segnale. Il tessuto osseo si può quindi definire lamellare, quando la matrice ossea si dispone a costituire lamelle, o fibroso non lamellare, nel caso in cui nella struttura non sono presenti lamelle ossee. → Tessuto osseo lamellare: costituisce lo scheletro definitivo dei mammiferi adulti e presenta fibre collagene disposte parallelamente in lamelle stratificate e osteociti tra una lamella e l’altra; → Tessuto osseo fibroso non lamellare: è costituito da fibre collagene raggruppate in grossi fasci paralleli o intrecciati, tra i quali sono compresi gli osteociti. Nell'uomo, questo tipo di tessuto costituisce tutti gli elementi scheletrici del feto e viene sostituito, nei primi anni di vita, dal tessuto osseo lamellare. Le lamelle ossee formano quattro tipi diversi di sistemi: → Il sistema circonferenziale esterno: le lamelle formano strati circolari nella parte più periferica della diafisi e ancorano il periostio all’osso con le perforanti di Sharpey; → Gli osteoni: costituiti da lamelle disposte in maniera concentrica attorno ad una cavità vascolare detta canale di Havers. L'osteone rappresenta l’unità strutturale dell’osso compatto. Ogni canale di Havers contiene fibre nervose e vasi sanguigni associati a tessuto connettivo. I canali di Havers di osteoni adiacenti sono collegati fra loro da canali trasversali od obliqui, detti canali di Volkmann; → Il sistema delle lamelle: le lamelle sono orientate in tutte le direzioni e rappresentano residui di osteoni riassorbiti durante il processo di rimodellamento osseo; → Il sistema circonferenziale interno: delimitante la cavità midollare centrale. I sistemi lamellari dell’osso spugnoso formano semplici trabecole. Ogni trabecola è rivestita da endostio ed è costituita da osteociti e lamelle parallele addossate le une alle altre. Le trabecole sono orientate in maniera irregolare, delimitando un labirinto di cavità intercomunicanti occupate da midollo osseo. Nell'osso spugnoso non sono presenti sistemi haversiani e le trabecole non sono attraversate da vasi sanguigni, che sono invece presenti nelle cavità midollari. COMPONENTI STRUTTURALI DEL TESSUTO OSSEO Nelle ossa in accrescimento si distinguono quattro tipologie cellulari: → Cellule osteoprogenitrici; → Osteoblasti; → Osteociti; → Osteoclasti. CELLULE OSTEOPROGENITRICI Le cellule osteoprogenitrici presentano caratteristiche di cellule staminali, essendo capaci di dare origine ad osteoblasti. Sono localizzate nello strato profondo del periostio, nell’endostio, sulla superficie delle trabecole e nel connettivo delle cavità midollari. OSTEOBLASTI Gli osteoblasti sono responsabili della sintesi della matrice ossea. Essi secernono inizialmente una matrice non calcificata (osteoide), per poi avviare il processo di mineralizzazione, rimanendo di conseguenza intrappolati nella matrice sotto forma di osteociti quiescenti. In prossimità della superficie cellulare si localizzano delle strutture rotondeggianti delimitate da membrana dette globuli calcificanti contenenti enzimi glicoproteici, questi enzimi interverrebbero nel processo di mineralizzazione dell’osso. OSTEOCITI Gli osteociti sono le cellule tipiche dell’osso maturo che perdono la capacità di divedersi e di produrre la matrice ossea, rimanendo intrappolate al suo interno. Si tratta di cellule che partecipano allo scambio dei minerali tra cellule e liquido interstiziale, contribuendo alla regolazione omeostatica della concentrazione di calcio. Appaiono localizzate all’interno delle lacune ossee e presentano una forma stellata dovuta alla presenza di sottili prolungamenti citoplasmatici e percorrendo dei sottili tunnel chiamati canalicoli, si connettono ai prolungamenti di altri osteociti per formare una rete di scambio di molecole segnale e nutritizie. OSTEOCLASTI Gli osteoclasti derivano da cellule migranti (preosteoclasti) di origine midollare. I preosteoclasti fanno parte della stessa linea differenziativa dei monociti e vengono trasportati dal torrente circolatorio nei siti di riassorbimento osseo dove danno origine agli osteoclasti maturi. Questi sono cellule adibite alla demolizione della matrice ossea. COMPONENTI ORGANICHE E INORGANICHE DELLA MATRICE EXTRACELLULARE Le componenti organiche della matrice ossea sono rappresentate da fibre collagene immerse in una sostanza amorfa contenente glicoproteine non collageniche e proteoglicani. Le fibre di collagene sono di tipo I. La componente inorganica è costituita perlopiù da cristalli di apatite (fosfato di calcio) e idrossiapatite (fosfato di calcio idrato). I cristalli appaiono come dei sottili aghi che ricoprono la superficie delle microfille di collagene. OSSIFICAZIONE Il processo di formazione dell’osso (ossificazione) consiste nella sostituzione di tessuti connettivi preesistenti con tessuto osseo e può avvenire sia a partire da tessuto connettivo mesenchimale (ossificazione diretta/membranosa), che da tessuto cartilagineo (ossificazione indiretta/condrale). I due processi avvengono in modo parallelo e presentano in ogni caso quattro fasi in comune: → Le cellule mesenchimali si differenziano in osteoblasti; → Gli osteoblasti sintetizzano la matrice organica del tessuto osseo; → La matrice organica viene mineralizzata con il contributo degli osteoblasti; → L'osso spugnoso neoformato di tipo non lamellare e diventa di tipo lamellare seguito del rimodellamento operato dagli osteoclasti e dagli osteoblasti. OSSIFICAZIONE DIRETTA/MEMBRANOSA L'ossificazione diretta avviene a partire dai centri di ossificazione che compaiono nel mesenchima. Nei centri di ossificazione si sviluppa una ricca rete vascolare e si addensano le cellule mesenchimali, che inizialmente proliferano per poi differenziarsi in cellule osteoprogenitrici, che a loro volta diventano osteoblasti secernenti. Gli osteoblasti secernono matrice organica (osteoide) e se ne circondano, rimanendo intrappolati al suo interno come osteociti. L'osso neoformato è di tipo fibroso ed è organizzato in trabecole circondate il mesenchima vascolarizzato (osso spugnoso). Via via che la disposizione di matrice ossea procede l’osso neoformato si accresce in spessore per apposizione di nuova matrice ossea. Sulla loro superficie sono rinvenibili numerosi osteoclasti, derivati dai preosteoclasti circolanti, che erodono l’osso, contribuendo al rimodellamento del primitivo tessuto osseo non lamellare a fibre intrecciate in tessuto osseo lamellare definitivo. Laddove l’osso dovrà rimanere spugnoso, le trabecole assumeranno un’organizzazione di tipo lamellare e andranno a circoscrivere spazi midollari. Laddove dovrà formarsi osso compatto, le trabecole si ispessiranno, colmando gli spazi vascolari e disponendosi in modo più regolare fino ad organizzarsi nei vari sistemi lamellari. Sulla superficie dell’osso neoformato il mesenchima si addenserà a formare il periostio. Una variante dell’ossificazione diretta è considerata l’ossificazione mantellare che avviene a livello del corpo della mandibola. La peculiarità di questa di ossificazione è che l’osso in formazione si modella attorno ad un abbozzo cartilagineo detto cartilagine di Meckel. Tale abbozzo cartilagineo ha la funzione di induttore del differenziamento in senso osteogenico del mesenchima circostante. OSSIFICAZIONE INDIRETTA L'ossificazione indiretta è tipica delle ossa lunghe e brevi e richiede la presenza di un abbozzo di cartilagine ialina. Nelle ossa lunghe, i primi segni di ossificazione (centri primari) compaiono nella parte centrale della diafisi. I condrociti dell’abbozzo cartilagineo diventano ipertrofici e inducono il differenziamento di cellule del pericondrio in cellule osteoprogenitrici e quindi in osteoblasti, i quali depositano un sottile manicotto osseo nella zona centrale della diafisi. In seguito, andando incontro a morte programmata lasciano liberi degli spazi che potranno essere occupati da osteoblasti, capillari e tessuto emopoietico e rilasciano dei fattori che provocheranno la mineralizzazione della matrice cartilaginea su cui gli osteoblasti depositeranno matrice ossea. Contemporaneamente avviene il processo di riassorbimento della matrice calcificata ad opera di condroclasti. La diafisi si accresce in lunghezza attorno al sottile collare osseo neoformato si organizza il periostio. Man mano che a livello diafisario si forma l’osso spugnoso primitivo, a livello epifisario compaiono i centri di ossificazione secondaria. I condrociti proliferano, si ipertrofizzano e vanno incontro ad apoptosi. Inizia quindi la deposizione di matrice ossea sui residui di cartilagine epifisaria calcificata che rimane all’interno delle trabecole ossee neoformate. Prima ancora che l’ossificazione primaria si terminata, inizia un processo detto di ossificazione secondaria, che consiste nella progressiva distruzione del tessuto osseo primitivo parte degli osteoclasti e la contemporanea sostituzione con tessuto osseo lamellare. ACCRESCIMENTO POSTNATALE A ossificazione completata, le uniche zone epifisarie che rimarranno cartilaginee sono rappresentate dalle superfici articolari e dalle piastre epifisarie. La cosiddetta piastra epifisaria si localizza nella zona di passaggio tra epifisi e diafisi e consente l’accrescimento in lunghezza delle ossa. La piastra epifisaria è detta anche cartilagine di coniugazione. Parallelamente all’aumento di lunghezza, le ossa aumentano anche di diametro e spessore. Dato che nell’osso non è possibile un accrescimento di tipo interstiziale l’accrescimento in spessore si realizza per apposizione periferica di nuovi strati di tessuto osseo a partire dal periostio Per normali crescita e ricambio del tessuto osseo è necessario l’apporto di adeguate quantità di vitamine e sali minerali, tra cui sali di calcio, magnesio e fosfato. TESSUTI CONNETTIVI CON FUNZIONE TROFICA Con la definizione di tessuti trofo-connettivali ci si riferisce a due tessuti particolari il sangue e la linfa. A questi si aggiunge il tessuto adiposo, che svolge la funzione di riserva energetica. SANGUE Il sangue è un fluido viscoso dal colore rosso bruno e pH 7.4. La volemia si modifica in base all’età. Il sangue circola in un sistema di canali chiusi, i vasi sanguigni, spinto da un organo propulsore, il cuore, ed è il veicolo ideale per il trasporto di sostanze. Il sangue è costituito da cellule e matrice extracellulare. A differenza degli altri tessuti connettivi, la matrice extracellulare, che viene detta plasma, è di natura liquida e non contiene fibre ma proteine disciolte in soluzione. Nel plasma sono sospese le cellule del sangue, che vengono dette elementi figuranti o corpuscolati comprendono: → Eritrociti o globuli rossi; → Leucociti o globuli bianchi; → Piastrine o trombociti. Le funzioni principali del sangue comprendono: → Il trasporto di sostanze nutritive dal tratto gastrointestinale alle cellule di tutto l’organismo; → Il trasporto di gas respiratori nel distretto polmonare e a tutte le cellule dell’organismo; → Il trasporto al rene dei prodotti di rifiuto rimossi dai vari distretti corporei; → La regolazione del pH e della temperatura corporea; → Il mantenimento della pressione osmotica dei liquidi tessutali; → La difesa da tossine e patogeni. È necessario che l’organismo provveda continuamente alla rimozione di cellule danneggiate e alla loro sostituzione. L'emopoiesi si realizza grazie alla proliferazione e al differenziamento di cellule staminali che danno origine alle diverse linee cellulari all’interno di specifici organi ematopoietici. L'emopoiesi ha luogo in diversi sedi nel corso della vita, iniziando durante la III settimana di sviluppo embrionale a livello del sacco vitellino, per poi avere luogo a livello epatico, splenico e midollare. Il midollo osseo con funzioni ematopoietiche viene detto midollo rosso ed è localizzato nell’adulto a livello delle ossa spugnose nonché nelle epifisi delle ossa lunghe, mentre in altre sedi viene sostituito da tessuto adiposo e viene pertanto chiamato midollo giallo. In caso di gravi emorragie il midollo giallo può riconvertirsi in midollo rosso e l’ematopoiesi riattivarsi anche nelle sedi di ematopoiesi extra midollare primitiva. Se si lascia sedimentare il sangue le diversi componenti si andranno a stratificare nella provetta formando un pellet solido e di colore rosso contenente i globuli rossi, un anello sottile e biancastro contenente i globuli bianchi e le piastrine e, al di sopra, un liquido giallo chiaro, il plasma, che corrisponde a circa 55% del volume della provetta. Il restante 45% del volume della provetta corrisponde alla componente cellulare del sangue e viene definito ematocrito. L'ematocrito esprime la quota percentuale di cellule ematiche sull’intero volume sanguigno. Il plasma è un liquido di colore giallastro costituito principalmente da acqua che provvede al trasporto di molecole organiche ed inorganiche, proteine e altri soluti. Le proteine plasmatiche sono rappresentate da albumine prodotte dagli epatociti e adibite al trasporto di ormoni steroidei e di lipidi. Della frazione proteica fanno anche parte: → le globuline, secrete dai linfociti e con funzioni immunitarie; → il fibrogeno, prodotto legato al fegato e coinvolto nel processo di coagulazione del sangue; → Enzimi; → Proenzimi; → Ormoni. Tra gli altri soluti che compongono il plasma vanno menzionati gli elettroliti che contribuiscono alla pressione osmotica dei fluidi corporei. Sono inoltre presenti nel plasma nutrienti organici, quali lipidi, zuccheri e amminoacidi assorbiti a livello intestinale. In virtù della sua composizione, il plasma è responsabile di molte delle funzioni proprie del sangue, quali: → L'apporto di sostanze nutritizie ai vari tessuti; → Il drenaggio dei cataboliti; → La difesa immunitaria di tipo umorale; → La temporanea riparazione dei danni vascolari. ERITROCITI Gli eritrociti (globuli rossi) sono cellule altamente differenziate adibite al trasporto dei gas respiratori. Gli eritrociti sono privi di nucleo e di organuli citoplasmatici e per questo vengono definiti corpuscolati del sangue. Hanno forma di disco biconcavo del diametro e presentano un citoplasma acidofilo. Il citoplasma contiene una proteina acidofila che conferisce il colore rosso al sangue e che viene chiamata emoglobina. L'emoglobina è una molecola di medie dimensioni costituita da 4 catene polipeptidiche uguali a due a due, contenenti ciascuna al proprio interno una molecola di eme con al centro un atomo di ferro capace di legare e rilasciare lentamente l’ossigeno. Grazie all’emoglobina i globuli rossi sono in grado di caricarsi di O2 a livello degli alveoli polmonari per poi rilasciarlo per diffusione a livello di tessuti e organi periferici. La forma a disco biconcavo fornisce una superficie di diffusione relativamente ampia e è dovuta alla presenza di un robusto citoscheletro di membrana che consente agli eritrociti di impilarsi all’interno di capillari anche più piccoli del proprio diametro. La membrana dei globuli rossi presenta inoltre delle glico e lipoproteine con funzione antigenica che determinano l’appartenenza di ciascun individuo a un diverso gruppo sanguigno. Gli eritrociti permangono in circolo per circa 4 mesi e vengono rimossi dal circolo dai macrofagi presenti a livello della milza e del fegato. La formazione degli eritrociti avviene nell’adulto nel midollo osseo. LEUCOCITI I leucociti (globuli bianchi) sono deputati alla difesa dell’organismo contro l’attacco di agenti patogeni di varia natura. Tale compito viene espletato con modalità diverse: tramite fagocitosi e successiva lisi del patogeno (immunità aspecifica) o attraverso la produzione di molecole dirette contro bersagli specifici (immunità specifica). Un aumento patologico dei leucociti viene definito leucocitosi e si realizza in corso di infezioni batteriche più o meno gravi. La cosiddetta formula leucocitaria esprime il rapporto percentuale tra le singole classi di leucociti nel sangue periferico, dove normalmente sono più rappresentati i granulociti neutrofili rispetto ai linfociti. I globuli bianchi sono distinti in due categorie a seconda che siano provvisti o meno di grosse granulazioni citoplasmatiche: → Leucociti granulari; → Leucociti agranulari. LEUCOCITI GRANULARI I leucociti granulari vengono distinti in granulociti neutrofili, eosinofilo e basofili e vengono detti polimoformonucleati. I granulociti neutrofili hanno funzioni di difesa, essendo in grado di fagocitare batteri e sostanze estranee. Sono cellule che presentano un nucleo eterocromatico a banda o polilobato. Queste comprendono granuli primari azzurrofili, corrispondenti a lisosomi e contenenti enzimi idrolitici e granuli secondari contenenti enzimi e sostanze battericide come lisozima e fagocitina. I granulociti eosinofili sono provvisti di un caratteristico nucleo bilobato e mostrano evidenti granuli citoplasmatici contenti proteine basiche. Fagocitano i complessi antigene-anticorpo o attaccano i parassiti che risultano sensibili alla proteina MBP contenuta nei loro granuli. I granulociti basofili presentano un nucleo polilobato. Vengono anche chiamati mastociti circolanti e come nei mastociti anche i granuli dei basofili contengono eparina e istamina. I granulociti basofili e mastociti possiedono inoltre dei recettori di membrana per le IgE prodotte dalle plasmacellule in seguito alla stimolazione dei linfociti B da parte di antigeni specifici chiamati allergeni. Un loro aumento si riscontra nelle patologie tumorali del midollo osseo. LEUCOCITI AGRANULARI I leucociti agranulari comprendono monociti e linfociti. I monociti sono dei fagociti essendo in grado di fagocitare molti tipi di sostanze estranee. Sono i precursori dei macrofagi del tessuto connettivo. Il nucleo ha una caratteristica forma di ferro di cavallo o a fagiolo. I monociti maturi vengono immessi nel torrente circolatorio. Essi migrano nel tessuto connettivo, dove, dopo essersi trasformati in macrofagi. I macrofagi residenti si localizzano negli organi del cosiddetto sistema dei fagociti mononucleati, comprendenti fegato (cellule di Kupffer), polmone e milza (macrofagi alveolari e interstiziali), osso (osteoclasti) e sistema nervoso centrale (microglia). I linfociti sono in grado di riconoscere antigeni specifici (risposta immunitaria specifica). Sono cellule che popolano anche gli organi e i tessuti linfoidi, nonché la linfa. La linfa si forma per confluenza del liquido intercellulare e tessutale e si raccoglie nei capillari linfatici. La componente liquida della linfa, il liquido interstiziale, contiene minime quantità di sali, colesterolo, lecitina e numerosi prodotti del metabolismo tessutale. La componente corpuscolata è formata quasi esclusivamente da linfociti e da macrofagi. In circolo sono presenti linfociti piccoli, medi e grandi. I piccoli linfociti sono elementi ad elevato rapporto nucleo/citoplasma. Presentano un nucleo caratterizzato da cromatina fortemente condensata (eterocromatina). Nei grandi linfociti il nucleo ha un maggior contenuto di eucromatina Per l’origine e il ruolo svolto nell’ambito delle risposte immunitarie specifiche, i linfociti si distinguono in cellule B, T e NK (natural killer). I linfociti acquisita la competenza migrano nei linfonodi e nella milza, dove formano cloni di cellule identiche. Dopo la stimolazione mediante l’antigene proliferano e si differenziano in due popolazioni: → Cellule della memoria: non partecipano alla risposta immunitaria, ma rimangono nel clone e sono pronte a rispondere a quell’antigene; → Cellule effettrici: sono i linfociti immunocompetenti che possono essere classificate come Linfociti B e T. LINFOCITI B Si formano e divengono immunocompetenti nel midollo osseo, sono i linfociti responsabili della risposta immunitaria umorale. Si possono differenziare in plasmacellule e produrre anticorpi. LINFOCITI T Migrano dal midollo osseo al timo dove maturano. Costituiscono il sistema immunitario, con la risposta cellulo-mediata. Si suddividono in: → Linfociti T citotossici: contatto diretto ed uccisione delle cellule estranee o infette; → Linfociti T helper: inizio e sviluppo della risposta immunitaria; → Linfociti T suppressor: soppressione della rispsota immunitaria. NATURAL KILLER Sono in grado di uccidere le cellule estranee o trasformate senza l’intervento dei linfociti T. PIASTRINE Le piastrine non sono vere e proprie cellule, bensì frammenti cellulari. Esse rappresentano porzioni citoplasmatiche dei megacariociti. In ogni piastrina è osservabile una regione periferica chiara detta ialomero ed una regione centrale più scura detta granulomero. È evidente uno spesso rivestimento elettrodenso (glicocalice) costituito dai fattori piastrinici e plasmatici della coagulazione, un consistente apparato citoscheletrico costituito da microtubuli e microfilamenti. TESSUTO ADIPOSO Il tessuto adiposo è costituito da cellule adipose contenenti lipidi. Il tessuto adiposo svolge due diverse funzioni: come grasso di deposito, costituisce la più importante riserva energetica del corpo, una sorta di banca in cui si immagazzinano grassi; come grasso strutturale, mantiene la forma di determinate regioni corporee o ha funzioni di supporto e protezione meccanica in alcuni distretti particolarmente sollecitati. Il tessuto adiposo è inoltre un ottimo coibente, che evita la dispersione di calore. Il tessuto adiposo deriva da una cellula mesenchimale fibroblasto-simile, il lipoblasto all’interno della quale si accumulano lipidi sotto forma di molteplici piccole gocce che gradualmente confluiscono tra loro. Si individuano due diverse tipologie di tessuto adiposo: → Tessuto adiposo bianco; → Tessuto adiposo bruno. Nell'uomo la relazione tra i due tipi di tessuto adiposo appare più complessa. Il tessuto adiposo sarebbe un vero e proprio organo in cui i due componenti, il grasso bianco e il grasso bruno, si sviluppano l’uno a spese dell’altro in modo da mantenere costante il peso corporeo. TESSUTO ADIPOSO BIANCO Le cellule del tessuto adiposo bianco sono occupate quasi interamente da un’unica goccia lipidica che spinge lo scarso citoplasma, con i suoi organuli e il nucleo, verso la periferia cellulare. Le cellule adipose mature derivano da precursori mesenchimali detti lipoblasti multiloculari perché contengono numerose gocce lipidiche che nel corso del differenziamento si fondono in un’unica grossa goccia. TESSUTO ADIPOSO BRUNO Il tessuto adiposo bruno generalmente è più abbondante nel feto e nel neonato, poi tende a regredire trasformandosi in tessuto adiposo bianco. Il tessuto adiposo bruno appare di colore marrone chiaro, sia a causa della ricca vascolarizzazione sia per la presenza negli adipociti di citocromi colorati contenuti nei mitocondri. È formato da cellule piuttosto piccole contenenti numerose goccioline lipidiche. Anche in questo caso gli adipociti sono molto vicini gli uni agli altri, per cui la sostanza intercellulare è molto scarsa. Quando le cellule del corpo necessitano di energia chimica i trigliceridi accumulati nelle gocce lipidiche degli adipociti uniloculari del grasso bianco vengono scissi nel REL dall’enzima lipasi in acidi grassi e glicerolo, che vengono trasportati dal sangue alle varie sedi di utilizzo. Quando invece il corpo ha bisogno di energia sottoforma di calore vengono ossidati i trigliceridi degli adipociti multiloculari del grasso bruno. Diversi ormoni intervengono nel regolare l’equilibrio tra lipogenesi e lipolisi. Tra questi vanno menzionati l’epinefrina e la norepinefrina, prodotte dalla midollare del surrene, l’insulina pancreatica e la leptina. TESSUTO NERVOSO Il tessuto nervoso è parte integrante del sistema nervoso. Il tessuto nervoso è formato da miliardi di cellule, chiamate neuroni, assistite da cellule di supporto chiamate cellule gliali. Le complesse funzioni del sistema nervoso possono essere così sintetizzate: → Fornisce sensazioni sull’ambiente interno ed esterno; → Integra ed interpreta le informazioni sensoriali; → Risponde agli stimoli attivando gli organi effettori; → Coordina attività volontarie e involontarie; → È la sede di funzioni cognitive, emozioni, memoria... Il sistema nervoso è suddiviso in sistema nervoso centrale e sistema nervoso periferico. Il sistema nervoso centrale occupa una posizione assiale e per tanto viene detto nevrasse, ed è costituito da organi quali l’encefalo e il midollo spinale. L'encefalo è raccolto in una sorta di guscio osseo ed è costituito da tre porzioni: cervello, cervelletto e tronco encefalic

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