Infermieristica Pediatrica PDF
Document Details
Uploaded by Deleted User
Tags
Summary
This document provides information on pediatric nursing, covering topics such as child development, health factors that affect children and the role of families during illness. It explores different family types and the concept of family-centered care (FCC) in healthcare.
Full Transcript
INFERMIERISTICA PEDIATRICA MALATTIA E OSPEDALIZZAZIONE DEL BAMBINO Lo SVILUPPO PSICOMOTORIO DEL BAMBINO è suddiviso in tappe che devono essere raggiunte alle età consuete altrimenti si sospetta una condizione patologica. ETA’ DELLO SVILUPPO: periodo neonatale Neo...
INFERMIERISTICA PEDIATRICA MALATTIA E OSPEDALIZZAZIONE DEL BAMBINO Lo SVILUPPO PSICOMOTORIO DEL BAMBINO è suddiviso in tappe che devono essere raggiunte alle età consuete altrimenti si sospetta una condizione patologica. ETA’ DELLO SVILUPPO: periodo neonatale Neonato 0-30 gg Prima infanzia Lattante dal 1° mese in poi Seconda infanzia Bambino 2-5 anni Età scolare 6-11 anni Pubertà Durata 2-5 anni; 11-13 anni femmine e 12-15 anni maschi Adolescenza 14-16 anni femmine, 15-17 anni maschi Giovinezza 17-21 anni Adulto FATTORI CHE POSSONO COMPROMETTERE LA SALUTE Tumori Incidenti/traumi: annegamento, sicurezza stradale, cadute, soffocamento Infezioni: respiratorio, gastrointestinali, sepsi, nascita pretermine, denutrizione Una volta che il bambino contra la malattia può poi reagire in modi differenti a seconda: - età - stadio di sviluppo intellettivo - esperienze precedenti - qualità delle relazioni con le figure di riferimento - assetto psicologico interno Durante il periodo di malattie è fondamentale che il bambino abbia alle sue spalle un nucleo familiare presenta e che possa aiutare nell’affrontare questo periodo. La famiglia è: un gruppo sociale i cui membri hanno specifici ruoli, interagiscono l’un l’altro e hanno diversi punti di forza e bisogni La famiglia è il primo ambiente sociale che permette all’ individuo di confrontarsi con altri e con un gruppo: provvede a necessità biologiche, ma anche psicologiche, emotive ed educative. FAMIGLIA Ogni bambino è fortemente influenzato, nel suo sviluppo, dall’ ambiente in cui cresce e vive. La famiglia è il più importante capitale di ogni società umana. FUNZIONI DELLA FAMIGLIA: - Protezione - Educazione - Supporto emotivo - Sostegno nelle avversità - Socializzazione - Sviluppo dell’orientamento dell’identità sessuale e personale Esistono due tipologie di famiglie: 1. FAMIGLIE FUNZIONALI: nessuno dei membri domina sull’altro e c’è considerazione per ogni componente della famiglia (sviluppo di un senso di autostima positiva) 2. FAMIGLIE DISFUNZIONALI: caratterizzate da scontri e ostilità tra i coniugi che non condividono gli interventi educativi nei confronti di figli, cui mandano messaggi contraddittori e incoerente (senso di responsabilità irragionevole, paure, ansie, scarsa fiducia in sè stessi, senso di disorientamento e mancanza di sicurezza) CARETTRISTICHE DEI NUCLEI FAMILIARI: Famiglia NUCLEARE: composta da madre, padre e figli che vivono sotto lo stesso tetto. Forma più diffusa di famiglia Famiglia MONOPARENTALE: composta da un unico genitore, padre o madre, che vive solo con i propri figli, a causa di un divorzio, lutto o scelta personale Famiglia MISTA: presenza di 2 partner che appartengono a gruppi culturali differenti Famiglia ALLARGATA-INTERNAZIONALE: nuclei abitativi con figli che vivono con un genitore vero e un patrigno/matrigna. (presenti nonni, zii....) Famiglia COMUNITARIA: insieme di individui che condividono lo stesso ambiente fisico e tecnologico, formando un gruppo riconoscibile con interessi comune Famiglia OMOGENITORIALE: costituita da genitori dello stesso sesso Altre Tipologie di Famiglia: l’adozione o l’affido FAMILY CENTERED CARE (FCC) Un approccio assistenziale che identifica il nucleo familiare del bambino con problemi di salute come un elemento imprescindibile e centrale nel programma di cura. Occorre prestare attenzione e cercare di soddisfare i bisogni non solo del bambino ma quelli di tutta la famiglia impegnata accanto a lui. Questa tipologia di approccio riconosce la famiglia come entità centrale nella vita del bambino, cui dà stabilità e costanza. Componenti dell’FCC: RISPETTO COLLABORAZIONE SUPPORTO Lavorare con e per le famiglie migliora le dinamiche di teamwork, ottimizzando i processi e migliorando il raggiungimento degli obiettivi Questo modello comprende: PARTECIPAZIONE DELLA FAMIGLIA l’infermiere mantiene la supervisione dell’assistenza, può insegnare aspetti assistenziali alla famiglia CONDIVIDERE l’assistenza con la famiglia (il professionista è a supporto dei familiari che forniscono l’assistenza primaria) ASSISTENZA GUIDATA dai genitori (l’infermiere è consulente per chiarire gli aspetti tecnici) Approccio olistico e orientato a esplorare non tanto i problemi e le debolezze della famiglia, quanto i punti di forza da valorizzare e suoi quali pianificare l’assistenza infermieristica al bambino. PRINCIPI DEL RAPPORTO DI COLLABORAZIONE: o RISPETTARE ogni bambino e la sua famiglia o RICONOSCERE e rispettare ogni DIVERSITA’ razziale, etnica, culturale e socioeconomica o INDIVIDUARE e costruire punti di forza nel bambino e nella famiglia o FACILITARE la scelta degli approcci di cura e offrire sostegno o GARANTIRE FLESSIBILITA’ all’interno dei contesti di cura o CONDIVIDERE con continuità informazioni oneste e imparziali o COLLABORARE con la famiglia in tutti i livelli di cura o STIMOLARE in ogni bambino e la sua famiglia i punti di forza Quando parliamo di minori il consenso informato per qualsiasi procedura è fondamentale e in questo caso si deve sempre fare riferimento ai tutori legali. Il bambino non sempre ha gli strumenti per comprendere adeguatamente un’informazione ed esprimere un consenso o meno legato alla sua malattia/cura; dai 7 anni è più agevole ottenere la sua partecipazione all’assenso/dissenso, assieme ai genitori, ancor meglio dai 12 anni perché più consapevoli. L’art. 8 della carta dei diritti del bambino in ospedale afferma che: «il bambino ha diritto ad essere coinvolto nel processo di espressione dell’assenso/dissenso alle pratiche sanitarie che lo riguardano». COMUNICARE CON IL BAMBINO Il bambino invia segnali all’esterno e ha una serie di bisogni derivanti dalla situazione di malattia. Obiettivo: - Cercare di comprendere pensieri e sentimenti che egli esprime - Rispondere in modo efficace La comunicazione è necessaria per facilitare i trattamenti e perché il bambino non sia solo. L’adulto deve assumere il punto di vista sulle cose proprio del bambino e non parlare sulla base di una propria idea personale. Componente non verbale = messaggi più significativi Attenzione: volto, gesti, postura, tono della voce Una comunicazione efficacie prevede: ASCOLTO ATTIVO: verificare quanto il paziente desidera sapere; dare spazio al paziente durante tutto il colloquio TEMPI: cercare di tenere distinti i tempi di comunicazione della diagnosi e dei trattamenti LUOGO: importanza del contesto INFORMAZIONI: chiare ed esaustive, con un linguaggio adeguato; attenzione al non verbale FEEDBACK: verificare la comprensione di quanto detto La comunicazione non verbale influisce moltissimo sulla comprensione dei bisogni di cui necessita il bambino: - Mimica facciale e gestualità - Sguardo - Vocalizzazioni non verbali - Comportamento spaziale - Postura ed aspetto esteriore - Contatto corporeo INFERMIERE E GENITORI In contesti delicati come la gestione del nucleo familiare di un bambino malato è fondamentale la gestione delle informazioni; infatti: 1. Alla diagnosi devono essere presenti medico, infermiere e genitori 2. Al colloquio medico e genitori 3. Per chiarimenti invece bastano infermiere e genitori Il benessere del bambino è inestricabilmente legato al benessere della sua famiglia e della comunità in cui vive. Sono stati individuati quindi 8 aspetti da tenere conto per riuscire a sviluppare un piano assistenziale centralizzato sull’intero sistema familiare: 1. Riconoscere che la famiglia è l’elemento costante nella vita del bambino, mentre il sistema sanitario e il personale al suo interno sono presenze temporanee 2. Facilitare la collaborazione tra genitori e figure professionali a ogni livello 3. Condividere con i genitori l’informazione sulle cure che vengono fornite al bambino nel modo più completo possibile, ma anche emotivamente caldo e supportivo 4. Implementare i provvedimenti e le iniziative che forniscono sostegno emozionale ed economico e rispondono ai bisogni della famiglia 5. Individuare le risorse familiari e individuali e favorire le strategie di coping 6. Comprendere i bisogni emozionali ed evolutivi del bambino e dell’adolescente e includerli nel progetto assistenziale 7. Incoraggiare e facilitare il sostegno all’interno della coppia genitoriale e tra genitori 8. Verificare che il progetto assistenziale abbia caratteristiche di flessibilità, apertura e risponda ai bisogni della famiglia Esigenze della famiglia: Stare con il malato Essere d’aiuto, collaborare Assicurazioni sul benessere del bambino Avere informazioni Esprimere/scambiare emozioni TIPOLOGIE DI FAMIGLIE FAMIGLIA NORMALE: o Adeguato adattamento alla malattia (diagnosi e prognosi) o Capacità di integrare con gli operatori le modalità di intervento (sia tecnico che relazionale) o È in grado di chiedere aiuto relativamente ai bisogni specifici o È in grado di valutare nel modo giusto e richiedere nei tempi adeguati l’intervento o Ha una buona percezione del livello relazionale stabilito tra operatori e famiglia o È presente una comunicazione aperta in entrambe le direzioni o C’è una condivisione della sofferenza FAMIGLIE PROBLEMATICHE: Sono famiglie in cui c’è incapacità di adattarsi alla malattia del bambino e di trovare soluzioni e strategie per difendere il nucleo familiare da situazioni di stress elevato. Se l’evento stressante (malattia) diventa troppo elevato la famiglia può disgregarsi, i legami possono affievoliscono, viene a mancare il tessuto familiare di sostegno. In questi casi sono necessari interventi sociali e sanitari integrati. Tra queste tipologie di famiglie troviamo: FAMIGLIA RIGIDA, CONFLITTUALE, ANNULLANTE e SQUALIFICANTE. FAMIGLIA RIGIDA: C’è un basso livello di espressione delle emozioni C’è un bisogno estremo di controllo che spesso si esprime in un’attenzione quasi ossessiva alle terapie, oppure alle regole alimentari, del sonno... Si richiedono spesso spiegazioni e rassicurazioni sulla malattia e la terapia Le richieste, rispetto ai tempi di prognosi, sono chiare e frequenti C'è un disagio, in genere, per qualunque variazione di programma medico – infermieristico FAMIGLIA “CONFLITTUALE”: - Sono presenti conflitti aperti e possono presentarsi difficoltà evidenti di relazione con i curanti - C'è un rischio di coinvolgimento degli operatori che, per poter comunicare vengono indotti, frequentemente, ad allearsi e/o a schierarsi con uno dei membri - È possibile un’estensione del conflitto all’équipe, agli altri operatori del gruppo di lavoro, per le alleanze differenti all’interno di essa, indotte dai familiari - Sono presenti conflitti latenti per cui si evidenzia un basso livello di “complicità” familiare ed un alto livello di comportamenti verbali o azioni aggressivi FAMIGLIA “ANNULLANTE”: Il malato frequentemente vive solo e la “solitudine” è evidenziata dal fatto che egli vive da solo anche la malattia, sia in termini di presa in carico psicologico e relazionale che di assistenza Si assiste all’assenza o al ritiro dei familiari non disponibili a dare aiuto È difficile, talvolta impossibile, l’attuazione di programmi di assistenza domiciliare e quindi sono frequenti le ospedalizzazioni I caregiver rinunciano all’assistenza e a volte abbandonano il malato e delegano ad altri l’assistenza FAMIGLIA “SQUALIFICANTE”: Spesso viene richiesta la presenza di più operatori del settore e/o l’applicazione di più metodologie terapeutiche Si può assistere alla gestione “manipolante” delle terapie Utilizzando il messaggio non verbale (sguardo disapprovante) o la verbalizzazione aperta, riferita ad altri operatori (squalifica incrociata) In queste situazioni l’infermiere deve: Nello svolgimento della sua attività, dovrebbe privilegiare la disponibilità personale, il rapporto empatico con il paziente e la sua famiglia, il rispetto dell’autonomia e della libertà della persona ammalata, la capacità di integrarsi e collaborare con altre professionalità Il ruolo dell’infermiere sembra essere quello di colui destinato ad armonizzare evidence-based nursing ed umanizzazione della cura per ottenere un prodotto assistenziale di alta qualità e di alta soddisfazione per coloro che soffrono. I fattori che possono essere usati per mediare all’interno della relazione tra la famiglia e la malattia del bambino sono: 1. Disponibilità risorse socioeconomiche della famiglia (rete di sostegno) 2. Abilità di risoluzione dei problemi e strategie di coping (orientamento al problema e non all’emotività) 3. Risorse di coping dei genitori e loro convinzioni riguardo la situazione PIANIFICAZIONE ASSISTENZIALE PRINCIPI FONDAMENTALI DELL’INERMIERISTICA: - PERSONA: individuo singolo, caregiver, famiglia, gruppo e comunità. Nell’assistenza infermieristica pediatrica comprende il bambino/adolescente (soggetto in età pediatrica) e la sua famiglia - AMBIENTE: diversi setting di vita e il sistema di relazioni con gli altri e con il mondo che lo circonda - SALUTE: prodotto dell’interazione tra la persona in relazione e l’ambiente in cui vive - INFERMIERISTICA: scienza olistica della salute, che soddisfa i bisogni di natura fisica, emozionale, psicosociale, culturale e spirituale nella persona assistita ASSISTENZA INFERMIERISTICA: Metodo di gestione dell’assistenza infermieristica basato su un approccio sistematico di PROBLEM SOLVING e DECISION MAKING: rappresenta il metodo scientifico ed è caratterizzato da un procedimento logico, costituito da una sequenza di fasi, allo scopo di individuare i bisogni/problemi di salute di una persona, famiglia e di gestire le prestazioni assistenziali più idonee a risolverli. Metodo di natura cognitiva, dinamico e ciclico, centrato sui problemi di salute, sulle risorse e sulle risposte della persona assistita, pianificato e diretto al conseguimento di risultati, flessibile e applicabile universalmente. FASI DEL PROCESSO FASE 1: VALUTAZIONE INFERMIERISTICA Comprende la narrazione da parte del bambino/famiglia (sulle condizioni fisiche e sulle loro abilità funzionali) e l’accertamento infermieristico. La valutazione iniziale globale infermieristica è un ascolto empatico (ascolto attento, silenzioso, non giudicante e assertivo dell’infermiere) e una raccolta di dati, sintomi e segni. Identificazione dei problemi di salute attuali, di rischio o di promozione della salute. TIPOLOGIE DI VALUTAZIONE: VALUTAZIONE INIZIALE GLOBALE: effettuata durante il primo incontro tra infermiere e bambino/famiglia, identifica le aree funzionali e disfunzionali e offre una base di dati completa VALUTAZIONE MIRATA: raccoglie in breve tempo ulteriori dati su un problema di salute già identificato, che richiede approfondimento ai fini di un corretto processo diagnostico VALUTAZIONE CONTINUA: si effettua dopo la valutazione iniziale, al fine di monitorare i cambiamenti nello stato funzionale di salute del bambino/famiglia su un problema infermieristico già identificato VALUTAZIONE D’EMERGENZA: si attua in situazioni di pericolo per la vita, su pochi aspetti essenziali dello stato di salute del bambino/famiglia, necessari per i trattamenti immediati ACCERTAMENTO COMPLETO→ È suddiviso in 4 sottofasi: o RACCOLTA DEI DATI: processo attraverso cui sono ottenute informazioni sul bambino con la famiglia. I dati possono essere SOGGETTIVI (SINTOMI), Comprendono sentimenti, affermazioni, percezioni riferite dal bambino e dalla sua famiglia durante il colloquio, e OGGETTIVI (SEGNI), Informazioni misurabili o osservabili, ottenute attraverso i sensi, con l’utilizzo di strumenti o apparecchiature (es. polso, PA, glicemia). Possono essere raccolti da FONTI PRIMARIE (bambino assistito), o FONTI SECONDARIE (Qualora il bambino sia troppo piccolo, incosciente, confuso o inattendibile o a integrazione della fonte primaria. Es. altri componenti della famiglia). o VALIDAZIONE DEI DATI: conferma della loro veridicità e accuratezza o ORGANIZZAZIONE DEI DATI: sistemazione dei dati in modo ordinato, preferibilmente secondo un modello teorico o REGISTRAZIONE DEI DATI: con documentazione specifica infermieristica cartacea o informatizzata MODELLI DI GORDON: 11 modelli che permettono di avere un approccio olistico ed infividuare le problematiche principali del paziente. FASE 2: DIAGNOSI INFERMIERISTICA È la risposta umana di promozione della salute, di rischio o attuali, a bisogni / problemi di salute o di vita, mediante l’analisi dei dati raccolti nella valutazione iniziale, per poter poi definire i risultati di salute sensibili all’assistenza infermieristica adeguati e selezionare gli opportuni interventi infermieristici. Definizione di diagnosi infermieristica (NANDA-I 1990, MODIFICATA 2009 E 2013: è un giudizio clinico riguardante una risposta umana di una persona singola, caregiver, famiglia, gruppo o comunità a condizioni di salute/processi vitali, o una vulnerabilità a tale risposta. CARETTRISTICHE DELLE DIAGNOSI: 1. TITOLO (nome della diagnosi) 2. DEFINIZIONE (descrizione chiara e precisa della diagnosi) 3. CARATTERISTICHE DEFINENTI (segnali osservabili, segni e sintomi) 4. FATTORI CORRELATI (cause, circostanze, fatti influenti) 5. FATTORI DI RISCHIO (influenze che aumentano il problema) 6. POPOLAZIONI A RISCHIO (gruppi suscettibili allo stesso componente). Non sono modificabili in modo autonomo dall’infermiere 7. CONDIZIONI ASSOCIATE (diagnosi mediche, aspetto medico, condizioni non modificabili dall’infermiere). Non sono modificabili in modo autonomo dall’infermiere FASE 3 E 4: PIANIFICAZIONE DELL’ASSISTENZA INFERMIERISTICA Consiste nella formulazione scritta di un piano individualizzato o standard per casistica, finalizzato a orientare l’assistenza, garantendone la continuità e permettendo la delega o l’attribuzione di alcune attività. COMPONENTI DELLA PIANIFICAZIONE 1. DEFINIZIONE DI UN RAGGRUPPAMENTO DI DIGNOSI PRIORITARIE 2. LA DESIGNAZIONE DEI RISULTATI DI SALUTE che la persona assistita e la famiglia possono raggiungere e di relativi indicatori di risultato 3. LA PIANIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI INFERMIERISTICI E DELLE RELATIVE ATTIVITA’ FASE 3: FORMULAZIONE DEI RISULTATI ATTESI E DEGLI INDICATORI DI RISULTATO Formulazione dei risultati attesi, misurabili e realistici, per il bambino e per la sua famiglia, e dei relativi indicatori di risultato, indicatori specifici da valutare per verificare se i risultati sono stati raggiunti o se c’è stato un progresso verso il loro raggiungimento RISULTATI: descrivono uno stato della persona che è sensibile all’assistenza infermieristica e agli interventi infermieristici, e sono direttamente collegati alla diagnosi infermieristica INDICATORI DI RISULTATO: situazioni misurabili, realistiche e molto specifiche, espresse con un parametro preciso che dev’essere raggiunto FASE 4: PIANIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI È costituita da 2 momenti: la scelta degli interventi e relative attività infermieristiche, necessarie al raggiungimento dei risultati previsti e la loro prescrizione in forma scritta, cartacea o informatica INTERVENTO: qualsiasi prestazione, basata sul giudizio clinico e sulla conoscenza, che l’infermiere mette in atto per migliorare i risultati della persona assistita FASE 5: GESTIONE/ATTUAZIONE DEGLI INTERVENTI INFERMIERISTICI Concreta realizzazione degli interventi assistenziali pianificati. Può essere realizzata direttamente dall’infermiere e/o da altri professionisti/operatori, previa educazione e verifica da parte dell’infermiere dell’acquisizione della competenza specifica. La gestione/attuazione si compone di diversi STEP: 1. Valutazione continua, da effettuarsi a ogni incontro con il bambino e/o la sua famiglia, prima di effettuare l’intervento 2. Ridefinizione delle priorità in caso di cambiamenti nello stato di salute del bambino 3. Effettuazione degli interventi, adottando se necessarie procedure evidence based standardizzate 4. Valutazione dell’effetto immediato 5. Documentazione scritta di quanto effettuato nella cartella infermieristica cartacea/informatica In questa fase, l’infermiere effettua sia gli interventi da lui prescritti sia quelli prescritti dal medico, in modo autonomo o in collaborazione con altri professionisti della salute. Gli interventi possono essere di diverso TIPO: Educativi, di Supervisione, Psicosociali, Psicomotori, Di sostegno, Di monitoraggio, Di mantenimento e Di coordinamento assistenziale FASE 6: VALUTAZIONE FINALE Si valuta se l’intero processo ha condotto ai risultati prefissati, in relazione a quanto messo in atto dall’infermiere. La valutazione finale richiede i seguenti STEP: 1) Revisione dei risultati definiti con il bambino e/o la sua famiglia 2) Monitoraggio e valutazione dei dati raccolti 3) Determinazione del raggiungimento dei risultati 4) Eventuale revisione del piano di assistenza DOCUMENTAZIONE DELL’ASSISTENZA INFERMIERISTICA Tutti i professionisti della salute (infermieri compresi) hanno l’obbligo di documentare l’intero processo assistenziale, i monitoraggi e le valutazioni finali effettuate. La documentazione infermieristica, sia cartacea, sia su supporto informatico DEVE ESSERE: accurata, chiara, completa, sintetica, oggettiva, strutturata, tempestiva e leggibile. Inoltre, non sono da dimenticare alcuni principi base che regolano il rapporto tra professionista e bambino/famiglia: LA RISERVATEZZA, L’ACCESSO GARANTITO ALLA DOCUMENTAZIONE SANITARIA E ALL’INFORMAZIONE, LA PRECISIONE E LA CONCISIONE. CONVULSIONI FEBBRILI Episodi che si presentano nel corso di una patologia febbrile in bambini precedentemente sani. Devono essere distinte dalle convulsioni prolungate che si hanno in bambini con patologia convulsiva e che vengono esacerbate dalla febbre. EZIOLOGIA: accompagnano infezioni intercorrenti specialmente malattie virali, tonsilliti, faringiti e otiti; spesso si presentano con schema ereditario anche se ad oggi non si ha una motivazione della loro manifestazione. INCIDENZA: bambini soprattutto fra i 6 mesi e i 3 anni MANIFESTAZIONI CLINICHE: - la maggior parte sono convulsioni generalizzate tonico-cloniche - di solito durano meno di 20 minuti - la febbre è alta e supera i 38,8°C rettali - solitamente le convulsioni si hanno in concomitanza con l'aumento della temperatura piuttosto che con un periodo prolungato con febbre VALUTAZIONE DIAGNOSTICA: Bisogna cercare di identificare le cause di ogni episodio convulsivo per poter discutere le sue implicazioni e la prognosi con i genitori del bambino. L’ esame diagnostico comprende: - esame obiettivo con particolare attenzione all’ esame neurologico - esame del liquor - esame urine ed emocromo - tampone naso faringeo, emocoltura ed urinocoltura o altre indagini adeguate a identificare la causa della febbre - glicemia, calcemia ed elettroliti sierici - EEG - Raggi al cranio al momento della prima convulsione ASSISTENZA INFERMIERISTICA: 1. Occuparsi del controllo e di attività mirate alla riduzione della febbre 2. Attività riguardanti il prima e il dopo l’episodio convulsivo: somministrare i farmaci prescritti, mettere il bambino in un luogo dove poterlo osservare attentamente, controllare frequentemente i segni vitali e lo stato neurologico e controllare frequentemente il bambino e riportare eventuali modificazioni del comportamento, irritabilità, irrequietezza, apatia EDUCAZIONE DEI GENITORI: 1. Rimanere calmo e pronto ad intervenire se il bambino ha una convulsione in presenza dei suoi genitori 2. Ripetere consigli rassicuranti e realistici, come una convulsione non indica che la causa che l'ha provocata sia grave 3. Spiegare mostrare l'intervento di emergenza in caso di convulsioni 4. Sottolineare che è importante rivolgersi al medico quando il bambino ha febbre alta, spiegare come misurare la temperatura e la necessità dell'immediata somministrazione dei farmaci antipiretici quando la febbre sale 5. Confermare le indicazioni del medico sulla terapia anticonvulsiva A DOMICILIO: 1. In caso di un nuovo episodio febbrile in un bambino che ha già presentato una precedente crisi convulsiva febbrile bisogna cercare di prevenirla nel seguente modo: Liberare il corpo da eccessivi indumenti, somministrare farmaci per abbassare la temperatura, applicare borsa di ghiaccio in testa o fare spugnature tiepide a tutto il corpo 2. In caso di convulsione in atto: somministrare valium per via rettale, portare il bambino presso il più vicino ospedale INTERVENTI PER PREVENIRE L’IPERTERMIA E LE COMPLICANZE: - monitorare la temperatura corporea dopo la somministrazione di antipiretici e/o trattamenti - applicare spugnature o bagni con acqua tiepida - insegnare al bambino e ai genitori l'importanza di assumere un adeguato apporto di liquidi per prevenire la disidratazione - monitorare il bilancio idrico - valutare l'adeguatezza del vestiario in rapporto all'ambiente e all'attività fisica - mantenere il bambino scoperto e vestito con indumenti leggeri di cotone - educare sull’utilità di fare docce e bagni tiepidi senza l'uso di sapone (più volte al giorno quando fa caldo) - insegnare ai genitori come riconoscere i sintomi dell'ipertermia o del colpo di calore (rossore cutaneo, cefalea, affaticamento) - quando indicato applicare coperte da ipotermia e monitorare la temperatura INTERVENTI PER PREVENIRE L'IPOTERMIA E LE COMPLICANZE DI UNA TERMOREGOLAZIONE INEFFICACE: - Spiegare ai genitori dei neonati che i bambini piccoli sono più esposti alla perdita di calore - garantire una temperatura ambientale costante compresa tra i 25 e i 26°C e coprire il bambino (per il bagno l'ambiente deve essere riscaldato a 28°C) - dopo il bagno asciugare subito il bambino avvolgendolo in un telo caldo di spugna per evitare l'evaporazione - evitare l'esposizione a correnti d'aria (finestre aperte, ventilatori, condizionatori) - prima di toccare il bambino riscaldare le mani e gli oggetti con cui verrà a contatto per ridurre la perdita di calore - monitorare la temperatura corporea del neonato e verificare la comparsa di complicanze da ipotermia (ipossia acidosi respiratoria, ipoglicemia, squilibri idroelettrolitici e calo ponderale) - insegnare ai genitori le modalità per una corretta misurazione della temperatura corporea a domicilio GESTIONE DEL DOLORE Il dolore è un’esperienza sgradevole sensoriale ed emotiva, associata a un danno tessutale reale o potenziale, o descritta nei termini di tale danno. È un sintomo frequente in corso di malattia, spesso segnale importante per la diagnosi iniziale, spia precoce di progressione di malattia o di sua variazione, elemento presente durante procedure diagnostiche e/o terapeutiche e costante riflesso di paura e ansia per tutto quello che la malattia comporta. SINTOMO CHE PIU’ MINA L’INTEGRITA’ PSICOFISICA DEL BAMBINO E CHE PIU’ ANGOSCIA E PREOCCUPA I FAMILIARI, CON UN NOTEVOLE IMPATTO SULLA QUALITA’ DELLA VITA DURANTE E DOPO LA MALATTIA. CLASSIFICAZIONE DEL DOLORE GESTIONE DEL DOLORE PROCEDURALE È fondamentale prevenire il discomfort del bambino GESTIONE DEL DOLORE --> INFORMAZIONE (deve essere sempre appropriate ad età e sviluppo del bambino) ADEGUATA a chi sarà sottoposto alla procedura per migliorare l’esperienza dolorosa e ridurre la paura, lo stress e l’ansia. È essenziale fornire informazioni in modo chiaro e onesto quali: - MOTIVO per cui la PROCEDURA viene svolta - IMPORTANZA DELLA STESSA e se dovrà essere ripetuta in seguito - DA CHI SARA’ EFFETTUATA E LA DURATA PREVISTA - LE STRATEGIE FARMACOLOGICHE E NON che verranno messe in atto - IL LUOGO IN CUI SARA’ SVOLTA Come valutare il dolore causato da procedure (PROCEDURALE): 1. PRIMA: per determinare il livello di dolore anticipatorio e di paura e lo stato di dolore corrente 2. DURANTE: per determinare se gli interventi per alleviare il dolore e la paura sono efficaci 3. DOPO: per determinare cos’ha funzionato bene o se devono essere pianificate modifiche IL DOLORE ESISTE IN TUTTE LE ETA’, NEL NEONATO E NEL BAMBINO, E DEVE ESSERE SEMPRE VALUTATO E TRATTATO IN MANIERA ADEGUATA, SIA IN OSPEDALE CHE NEL TERRITORIO (Ministero della Salute, 2010) A parità di stimolo, il neonato percepisce più dolore rispetto alle età successive Stimoli dolorosi ripetuti, senza copertura analgesica, determinano modificazioni strutturali e funzionali persistenti del sistema nocirecettivo/antalgico che permangono per tutta la vita e modificano la soglia del dolore; questo avviene perché a qualsiasi età il dolore lascia traccia nella memoria per questo è importante scegliere un’adeguata copertura analgesica. TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DEL DOLORE PROCEDURALE Accurata valutazione del soggetto (esame obiettivo completo, valutazione dei parametri vitali) e antropometrici) Raccolta anamnestica (valutazione familiare, informazioni riguardo a sedazioni precedenti e allergie) Anche per i neonati e bambini per la valutazione del rischio anestesiologico viene usata la classificazione ASA La sedo-analgesia procedurale rappresenta la somministrazione di un ansiolitico, un ipnotico e se necessario un analgesico per l’esecuzione della procedura. La somministrazione può avvenire per via: orale, intranasale, transmuscolare, endovenosa, rettale e intramuscolare. FARMACI E DISPOSITIVI PER L’ESECUZIONE DELLA ANALGOSEDAZIONE: o Crema anestetica topica o farmaci sedativi / analgesici o farmaci antagonisti / antidoti o farmaci per la gestione delle urgenze o pallone auto-espandibile con maschera facciale adeguata all’anatomia naso-buccale del bambino o aspiratore con sondini per aspirazione di calibro adeguato o apparecchio/sistema per aerosolterapia o cannula orofaringea di calibro adeguato o sorgente o2 o pulsossimetro e cardiomonitor L’analgosedazione è efficacie se: Rilassato, non piange o si lascia consolare Interagisce positivamente Non fa resistenza verbale o fisica Tollera gli operatori che applicano i dispositivi di monitoraggio e somministrano farmaci FASE DI RISVEGLIO Il risveglio da una sedazione profonda è considerata una delle fasi più critiche della sedazione, perché il bambino deve recuperare lo stato di coscienza ed è ancora a rischio di sviluppare complicanze. IL BAMBINO DEVE RECUPERARE IL COMPLETO STATO DI COSCIENZA IN MANIERA DOLCE E SPONTANEA. Favorire ove possibile, la posizione laterale di sicurezza e garantire la presenza dei genitori. CONTROLLO DEL DOLORE AL TERMINE DELLA PROCEDURA: In presenza di condizioni patologiche che determinano dolore costante, l’esecuzione di una procedura invasiva può esacerbare il livello di dolore percepito dal bambino o dall’adolescente. APPROCCI NON FARMACOLOGICI →METODI COGNITIVO COMPORTAMENTALI Efficaci nel trattamento del dolore cronico (cefalea, dolore addominale, dolore muscolo-scheletrico, dolore associato a disabilità) DISTRAZIONE focalizza l’attenzione del bambino su uno stimolo alternativo modificando la percezione sensoriale del dolore e riducendo ansia e paura RESPIRAZIONE agisce soprattutto su ansia e tensione che spesso enfatizzano le sensazioni dolorose BOLLE DI SAPONE associano distrazione e respirazione (adatte ai bambini in età prescolare) RILASSAMENTO assieme alla respirazione riduce ansia e tensione VISUALIZZAZIONE è una tecnica immaginativa complessa, si invita il bambino a immaginare a un luogo piacevole dopo aver indotto uno stato di rilassamento profondo DESENSIBILIZZAZIONE è la capacità di concentrazione mentale del bambino che viene utilizzata per ridurre la sensibilità di una precisa area corporea dalla quale giunge lo stimolo doloroso →METODI FISICI Posizionamento e il contatto corporeo (ad esempio il tocco non troppo invasivo, le carezze e il massaggio) Impacchi caldo-freddo, usati nel trattamento del dolore muscolare che si associa a tensione muscolare TENS (stimolazione elettrica nervosa transcutanea con trasmissione degli input nocicettivi a livello del midollo spinale) Agopuntura, indicata nel dolore cronico/ricorrenti Interventi ambientali (eliminazione di ciò che può determinare uno stress psicofisico quali luci e rumori) Suzione non nutritiva, riduce fenomeni dolorosi soprattutto legati a procedure invasive (offrire al bambino il seno materno, un ciuccio o la stessa mano) Il dolore va descritto in base alla localizzazione, all’intensità, alla qualità e alle caratteristiche associate. MISURAZIONE DEL DOLORE È necessario stabilire un metro di valutazione del dolore per trasformare un dato soggettivo in un dato il più possibile obiettivo, misurabile e confrontabile, tenendo presente che la base culturale e sociale modifica in partenza l’esperienza e quindi la percezione del dolore Se vogliamo trattare il dolore in modo efficace, è necessario misurarlo, cioè, renderlo quantificabile utilizzando strumenti adeguati, efficaci e validati dalla letteratura. COME MISURARE IL DOLORE: 1. Scale di autovalutazione: si basano sulla descrizione che il bambino riesce a dare del proprio dolore 2. Scale di etero-valutazione: persone diverse dal bambino (genitori/operatori sanitari) valutano e danno una misurazione del dolore provato dal bambino stesso 3. Metodi fisiologici: valutano l’effetto del dolore su parametri fisiologici (i più frequenti sono aumento di frequenza cardiaca, frequenza respiratoria, pressione arteriosa, sudorazione palmare, riduzione della saturazione transcutanea di ossigeno) 4. Metodi comportamentali: valutano le risposte comportamentali secondarie al dolore SCALA FLACC altre scale che si possono utilizzare sono: NRS, FACES SCALE e VAS. Ma la scala principalmente utilizzata nei bambini è la FACES SCALE. MISURAZIONE DEL DOLORE NEL NEONATO - PIPP: neonato pretermine - NPASS: neonato in terapia intensiva - NIPS: per dolore procedurale Trattamento farmacologico: L’accertamento del colore deve essere svolto dall’infermiere e il contesto in cui può farlo è: reparto, ambulatorio e a domicilio in caso di malati cronici. Ciò che più utilizzare per la valutazione sono le scale. Accertarsi sullo stato del dolore avvertito dal bambino, relazionarsi con lui e la famiglia per inquadrare la situazione fisica ed emotiva, fornire spiegazioni su strategie farmaceutiche e non che verranno applicate. PROCEDURA: riconoscere la diagnosi medica del bambino, considerare con attenzione il suo dolore non perdendo di vista ciò che può essere comunicato con segni fisici e comportamentali IMPORTANTE: mantenere sempre l’igiene in tutte le procedure. Il dolore va periodicamente controllato (registrando data e ora dell’accertamento e firma) durante il processo assistenziale, documentando gli interventi effettuati e le risposte agli interventi. La famiglia va sempre coinvolta per valutare e gestire il dolore del bambino. EMERGENZA PEDIATRICA Il bambino presenta problemi diversi da quelli dell’adulto, sia dal punto di vista clinico che psicologico. - Presenza di malattie specifiche - Diversa anatomia, fisiologia e rapidità di evoluzione del quadro clinico, rispetto all’adulto - Diverso impatto con l’ambiente ospedaliero La particolarità dell’assistenza è data dalle caratteristiche della persona assistita. Nel bambino le risposte al bisogno di assistenza sono in relazione: Condizione di salute/malattia Grado di sviluppo fisico, motorio, psichico, emotivo, relazionale Contesto culturale ed etnico Il bambino non può essere considerato al di fuori del nucleo familiare che assume un ruolo importante nel suo sviluppo psicologico e sociale. L’intervento di soccorso deve quindi essere globale e riguardare tutta la famiglia. Nella pianificazione è importante considerare: 1. Grado di dipendenza/autonomia 2. Modalità di comunicazione 3. Immagine mentale del corpo e l’immagine di sé 4. Il vissuto della malattia 5. L’elaborazione del dolore 6. I meccanismi di difesa 7. Le reazioni (angoscia, ansia, aggressività, insicurezza) 8. Le risposte alla sofferenza sia del bambino che della sua famiglia URGENZA: Si definisce come “urgenza” qualsiasi condizione patologica, ad insorgenza improvvisa e con evoluzione più o meno rapida, che metta in pericolo la sopravvivenza o la funzione di organi vitali, in assenza di adeguato trattamento, entro alcune ore o giorni Urgenza (presto): non immediato pericolo di vita, ma è necessario adottare un adeguato intervento terapeutico nel più breve tempo possibile EMERGENZA (SUBITO): pericolo di vita imminente per arresto cardiaco e/o respiratorio, per cui è indispensabile un immediato intervento terapeutico adeguato come la rianimazione cardio- polmonare sia di base, che avanzata, e l’uso di strumenti e presidi di emergenza. OGNI URGENZA PUO’ TRASFORMARSI IN EMERGENZA. L’emergenza pediatrica è molto particolare ed è importante il riconoscimento tra un bambino a rischio evolutivo e un bambino “seriamente ammalato”. Quindi quando si soccorre un bambino vanno valutati i parametri vitali per osservare degli eventuali segni di allarme che possono indicare: Bambino non a rischio Bambino a rischio Bambino compromesso L’aspetto più difficile in questo caso è il riconoscimento di un bambino seriamente ammalato. Nel primo livello di assistenza è fondamentale discriminare tra: grande vastità di patologie, situazioni gravi e situazioni a rischio evolutivo. I punti chiave che riguardano l’emergenza pediatrica sono: 1. Comprendere variazioni anatomiche e fisiologiche per l’età 2. Sintomi e segni malattia acuta severa spesso aspecifici 3. Nel bambino le condizioni cliniche possono rapidamente cambiare in positivo e negativo 4. La terapia nei bambini va rapportata al peso ed età 5. Il supporto alla famiglia è importante quanto il trattamento medico sul bambino CRITICITA’ DEL PROCESSO DI SOCCROSO PEDIATRICO: - Prevalenza di bambini piccoli, con ovvie difficoltà di comunicazione e approccio - Limitazione della capacità di collaborare del bambino - Specificità del quadro clinico acuto del bambino, spesso secondario a patologie di riscontro raro nell'adulto - Variabilità del range di normalità dei principali parametri vitali in funzione dell'età ERRORI COMUNI: Trattare il bambino come un piccolo adulto Non usare equipaggiamento di dimensioni appropriate Interpretare come anomale variazioni normali dei PV Inizio tardivo del soccorso per sottovalutazione di una condizione potenzialmente grave, non ancora manifesta I sintomi principali per cui il bambino viene portato in pronto soccorso sono soprattutto febbre, dolore addominale, dispnea, trauma cranico e diarrea e vomito. ASPETTI RELAZIONALI La comunicazione è la premessa indispensabile per avviare e consolidare la relazione personale soccorritore - paziente Verbale: saper chiedere e dare informazioni in maniera adeguata e con chiarezza, evitando di usare termini tecnici Non Verbale: il silenzio e le pause nella conversazione, ma soprattutto i gesti e gli atteggiamenti Guardare in viso l'altra persona e assumere determinate posture è dimostrazione di disponibilità all'ascolto Il tono della voce è importante, perché può vanificare e apparire contradittorio rispetto alle parole La comunicazione deve essere empatica, che significa riconoscere le emozioni dell'altro e saperle condividere Il primo contatto del bambino e della famiglia avviene con i soccorritori. Questo può influenzare in senso positivo o negativo l'iter assistenziale successivo, a seconda che la comunicazione sia buona o cattiva. È importante che il genitore stia accanto al bambino per rassicurarlo, utilizzare giochi o libri per distrarre il bambino. Inoltre, l’alleanza terapeutica tra il personale sanitario e il bambino e i genitori è fondamentale. È quindi fondamentale avere un’abilità comunicativa per potersi rapportare con il bambino e i genitori; si deve fare in modo di far diventare i genitori degli alleati per riuscire a svolgere al meglio il nostro lavoro. In tutti i casi la TEMPESTIVITÀ e la QUALITÀ della risposta alle situazioni di emergenza-urgenza sanitaria condizionano il risultato. PRIMO APPROCCIO COL BIMBI DURANTE L’EMERGENZA: Il primo approccio al bambino in una situazione di emergenza deve identificare e trattare le alterazioni che costituiscono una minaccia immediata per la sopravvivenza. Si effettuano nel minor tempo possibile quegli interventi indifferibili che costituiscono l’ABC della rianimazione. RIANIMAZIONE CARDIOPOLMONARE IN CASO DI ARRESTO CARDIO RESPIRATORIO PRIMO STEP: VALUTAZIONE INIZIALE - Valutazione rapida e visiva che richiede colpo d’occhio ed esperienza, mirata a cogliere segni indicativi di situazioni di pericolo attraverso - Esame delle funzioni vitali secondo le regole dell’ABCD: A (Airways) = PERVIETA’ DELLE VIE AEREE B (Breathing)= RESPIRO C (Circulation)= CIRCOLO D (Disability)= DEFICIT NEUROLOGICI O ALTERAZIONI DELLO STATO DI COSCIENZA Individuazione precoce di segni o sintomi critici per la sopravvivenza (pallore, apnea-cianosi, sopore, incoscienza, emorragie, ustioni,etc) Come prima cosa va valutato l’aspetto generale: L’aspetto (sofferente o meno), La postura (antalgica, preferenziale, etc), L’andatura, Il colorito, L’interazione con l’ambiente e con gli Altri, Espressione del viso (paura, timore, collera, confusione, dolore) A: PERVIETA’ DELLE VIE AEREE Ostruzione? Difficoltà ad espettorare? Rumori respiratori? Presenza di tosse? Segni indicatori di pericolo: o Rumori respiratori anomali (stridori, sibili) o Salivazione eccessiva (scialorrea) o Tosse ostinata ad accessi, tosse abbaiante o Impossibilità a parlare B: RESPIRO Respiro superficiale, profondo, lento? Muscoli accessori? Difficoltà respiratorie? Alitamento delle pinne nasali? Segni indicatori di pericolo: Tachipnea, bradipnea, apnea Alitamento delle pinne nasali Utilizzo dei muscoli respiratori accessori C: CIRCOLO Colorito cutaneo, cute asciutta o sudata, sanguinamento? Petecchie? Porpora? Ematomi? Segni indicatori di pericolo: Segni cutanei: pallore intenso, cianosi, cute fredda e marezzata Emorragia incontrollabile D: DEFICIT NEUROLOGICO O ALTERAZIONI DELLO STATO DI COSCIENZA Vigile? Assopito? Mantiene capo eretto? Convulsioni? Riconosce i familiari? Per la valutazione dello stato di coscienza vien usata la scala del AVPU: A=Alert: bambino vigile V=Voice: risponde alla voce P=Pain: risponde al dolore U=Unresponsive: non risponde agli stimoli Sintomi indicatori di pericolo: Convulsioni in atto Ridotta interazione con l'ambiente, torpore Irritabilità Diminuita risposta agli stimoli/incoscienza CODICE ROSSO: bambino con compromissione di almeno una funzione vitale (ABCD), alterazione di uno o più parametri vitali e Presenza di evento critico. In questi casi si interrompe la valutazione e si chiama 118. Si parla di codice rosso quando si ha davanti: - Respiro irregolare o aritmico, dispnea grave - Cianosi, marezzatura cutanea - Coma-stato soporoso - Convulsione epilettica in atto - Grandi traumi e/o traumi multipli - Grandi ustioni - Folgorazioni - Sanguinamenti acuti e/o gravi - Ingestione-inalazione sostanze tossiche note - Corpi estranei vie aeree SECONDO STEP: RACCOLTA DATI Si effettua una valutazione soggettiva che riguarda l’intervista e oggettiva che invece riguarda i parametri vitali e la documentazione. Valutazione soggettiva: VIENE EFFETTUATA FONDAMENTALMENTE ATTRAVERSO LO STRUMENTO DELL’INTERVISTA: o Sintomo principale e sue caratteristiche o Evento attuale (circostanze, natura, gravità, insorgenza, progressione dei sintomi) o Segni/sintomi associati o Storia medica pregressa o Eventuale terapia in atto o Le eventuali allergie a farmaci o ev. vaccini eseguiti di recente, esposizione a malattie infettive Valutazione oggettiva: Valutazione mirata al problema individuato Dati osservati (come appare il bambino) Dati misurati (parametri vitali: TEMPERATURA CORPOREA, FREQUENZA RESPIRATORIA, FREQUENZA CARDIACA, PRESSIONE ARTERIOSA) Dati ricercati (ispezione) DATI MISURABILI FREQUENZA CARDIACA Si rileva appoggiando i polpastrelli delle dita su una arteria superficiale ed esercitando una lieve pressione per 30 secondi Si può rilevare un polso: - Radiale - Carotideo (nei bambini oltre i 2 anni di età) - Brachiale (sotto i 2 anni di età) - Alla fontanella anteriore (sotto i 6 mesi) La FC si può rilevare anche con il fonendoscopio o mediante il posizionamento del saturimetro. FREQUENZA RESPIRATORIA Si rileva controllando i movimenti del torace; nei bambini piccoli, appoggiando la mano sullo stomaco per 30 secondi e durante la rilevazione è opportuno ascoltare i suoni respiratori. PRESSIONE ARTERIOSA Bracciale adeguato alle misure del piccolo; Il bracciale perché la misurazione sia attendibile, deve ricoprire circa i 2/3 del braccio. SATURIMETRIA Il saturimetro fornisce in tempo reale, continuo ed incruento la misurazione della percentuale di O2 (SaO2) nel sangue arterioso Sedi: estremità dita, nel neonato/lattante lato ulnare del palmo o laterale esterno del piede Una saturazione dell’O2 < del 94% deve essere considerata sempre un segno di allarme. PRIMO SOCCORSO PEDIATRICO AVVELENAMENTI L'ingestione di sostanze tossiche è tra le prime cause di incidenti domestici durante l'infanzia. L’avvelenamento può avvenire per ingestione, contatto cutaneo o inalazione di prodotti I sintomi possono essere immediati (generalmente nausea, vomito, crampi, dolori addominali, sudorazione, sopore) o verificarsi in seguito, anche 24 ore dopo l'ingestione La gravità dell'avvelenamento dipende, chiaramente, dal tipo e dalla quantità di sostanza assunta. Ogni veleno che agisce per assorbimento crea una sintomatologia diversa secondo la propria composizione chimica. Gli acidi e le basi forti provocano un dolore e bruciore da ustione chimica nella bocca, nella faringe, nella laringe, nell’esofago, nello stomaco, ecc. Grandi quantità di acidi forti (ac- muriatico) possono causare la morte, tra atroci dolori, per perforazione dell’apparato digerente. PRIMO INTERVENTO: Come prima cosa è fondamentale capire che sostanza ha assunto il piccolo e in che quantità, cercando la confezione (da recapitare al P.S.) e interrogando il piccino nel caso in cui questi sia in grado di rispondere REGOLA GENERALE PER CHI SOCCORRE IL BAMBINO: Quale? Come? (ingestione, inalazione, puntura, ecc.) Quando? Quanto? Cosa non fare: - Provocare il vomito - Assumere latte (alcuni veleni penetrano o si potenziano con il latte) o altri “antidoti” (bianco dell’uovo, bicarbonato, ecc.) Se capita che il bambino assuma qualcosa di nocivo si deve telefonare al centro antiveleni. USTIONI L'ustione è la distruzione delle cellule della pelle (ma anche degli strati sottostanti) da parte di un particolare agente (solido, liquido, gassoso, elettrico...) ad alta temperatura (ma anche a bassissima) La profondità della lesione è determinata dalla temperatura dell'agente e dal tempo di esposizione. Primo grado ERITEMA Secondo grado ERITEMA E FLITTENE (VESCICA) Terzo grado LESIONI ULCERO-NECROTICHE CIRCONDATE DA ERITEMI E FLITTENI È bene ricordare che ciò che incide sulla gravità di un'ustione, fino a renderla anche mortale, non è tanto il grado di per sé, ma L'ESTENSIONE. Inoltre, si deve ricordare che gas e fiamma molto calde possono essere inalate e causare ustioni interne dell’apparato respiratorio. Cosa fare nell’immediato: Autoprotezione Allontanare il bambino dalle fonti di calore Attivare tempestivamente i soccorsi Tagliare e rimuovere i vestiti se bagnati con liquidi bollenti (se adesi alla cute lasciar perdere) Lavare con abbondante acqua fredda o immergere (15- 30 minuti), tenere fresca la zona con stoffa bagnata. Applicare ghiaccio (non diretto) In caso di vesciche o lesioni coprire con garze sterili Disinfettare con acqua ossigenata o amuchina MED Cosa fare dopo: Ustioni di 1° grado o di 2° grado localizzate: Impacchi freddi Medicazioni sterili (garze grasse) Non applicare nessuna preparazione senza il consiglio di un medico Se di 2° grado estese o 3° grado rivolgersi sempre ad un servizio di emergenza Cosa non fare: o Sottovalutare o Medicare con cotone idrofilo o Medicazioni adesive (cerotti) o Togliere indumenti appiccicati o Applicare oli o creme grasse senza consiglio medico o Bucare le vesciche-flittene NB: finché sono integre anche se la “pelle è morta”, la cute è integra ed al riparo da infezioni FEBBRE Non bisogna coprire il bambino in maniera eccessiva perché questo può far salire la temperatura oltre il livello stabilito dal "termostato" e contribuire ad aggravare il disagio. Quando il bambino ha i brividi lo si può coprire con una coperta leggera, ma appena ques ti scompaiono o sente caldo è meglio rimuoverla per consentire al corpo di disperdere il calore Le spugnature riducono la temperatura perché fanno disperdere calore per via dell'acqua che evapora dalla superficie corporea. COSA NON FARE: Altri trattamenti fisici non sono consigliati, perché, oltre ad avere solo un effetto temporaneo sulla temperatura corporea del bambino, possono dare fastidio e anche causare danni. Uno di questi metodi, purtroppo ancora oggi ritenuto efficace da alcuni, è la spugnatura con l'alcool; i vapori dell'alcool possono essere inalati dal bambino e provocare seri danni. CONVULSIONI FEBBRILI Le convulsioni febbrili sono delle reazioni che si manifestano in presenza di febbre in alcuni bambini il cui sistema nervoso è particolarmente eccitabile Non se ne conosce esattamente il meccanismo scatenante; è stata dimostrata una predisposizione genetica e per questo è frequente riscontrare altri casi tra i familiari del bambino. Le manifestazioni possono essere varie: 1. scosse delle braccia e delle gambe 2. irrigidimento 3. rilassamento della muscolatura 4. fissità dello sguardo o rotazione degli occhi 5. perdita di feci e urine La perdita di coscienza è comune a quasi tutte le convulsioni, di norma questa è seguita da una fase di sonnolenza (periodo postcritico). Quali sono i rischi? Le convulsioni febbrili semplici, essendo di breve durata, non possono causare danni. Una convulsione deve durare ore per produrre un danno a livello cerebrale. Cosa fare in caso di crisi? - Allertare il 118 - non scuotere il bambino, non schiaffeggiarlo, non cercare di bloccarlo (sono manovre assolutamente inutili, che ritardano le cure efficaci) - porre delicatamente il bambino sdraiato sul fianco (per evitare che aspiri muco onmateriale vomitato, e per impedire alla lingua di ostruire le vie aeree), in un luogo dove non possa cadere e farsi male Durante la crisi di deve: pulire velocemente la bocca dalla saliva e da eventuali residui alimentari; non forzare l’apertura del cavo orale con strumenti rigidi o con le dita aprire le vesti strette applicare spugnature di acqua tiepida e la borsa del ghiaccio o degli asciugamani bagnati con acqua fredda sulla fronte e sul collo Somministrare rapidamente, se il bambino ne ha già sofferto e dietro prescrizione medica, Diazepam endorettale (Micropam 5mg 15 kg) Somministrare antipiretici Trasportarlo in ospedale Cosa non fare: Coprire eccessivamente il bambino per senso di protezione Contenerlo con forza Farsi prendere dal panico, in genere la risoluzione è rapida Guidare in auto come pazzi mentre ci si dirige in Ospedale CRISI D’ASMA È una situazione in cui si verifica - a livello polmonare - una diffusa ostruzione bronchiale per la contrazione della muscolatura liscia in risposta ad uno stimolo irritativo o allergico Come si manifesta: dispnea intensa; espirazione fischiante; tosse secca; pallore, sudorazione e tremore. Cosa fare: Rassicurarlo Portare il bambino in ospedale Metterlo in posizione seduta (per favorire la respirazione) Umidificare l’ambiente Dare ossigeno se possibile Cosa non fare: Non sottovalutare Non intraprendere terapie senza la prescrizione medica Non somministrare farmaci non convenzionali EPISTASSI Emorragia proveniente dalle narici del naso, il cui sanguinamento può essere più o meno cospicuo e può avere varie cause Nei bambini sani è spesso dovuto ad una fragilità congenita dei capillari che irrorano le mucose delle narici. Un'altra causa, molto frequente, è quella traumatica: un pugno od una pallonata sul naso possono causare la rottura dei capillari, soprattutto se già fragili. Cosa fare: Stringere (pinzare) le narici con le mani Tenere la testa leggermente reclinata in avanti Non far deglutire il sangue (provoca vomito) Applicare ghiaccio sulla fronte (vasocostrizione) Cessata l’emorragia non soffiare e toccare il naso per qualche ora Avere pazienza Recarsi in ospedale se l’emorragia non cessa Cosa non fare: Lasciar sanguinare (perché fa bene) Reclinare indietro la testa (così non scende dal naso, ma va in gola) Applicare il cotone emostatico, il cotone si attacca e secca sulle mucose, per rimuoverlo successivamente bisogna strapparlo e ciò può provocare un nuovo sanguinamento) INGESTIONE DI CORPI ESTRANEI Cosa fare: - Cercare di capire il tipo di oggetto ingerito - Attenzione alle batterie - Applicare la sequenza di disostruzione se conosciuta Cosa non fare: - Provocare il vomito - Se si vede spingerlo più in basso - Far assumere cibo LA GESTIONE INFERMIERISTICA DELLA TERPIA FARMACOLOGICA IN ETA PEDIATRICA: l’adesione ai trattamenti, vie di somministrazione, principi generali di dosaggio e diluizione. GESTIONE DEL FARMACO IN ETÀ PEDIATRICA È complessa e richiede un’elevata personalizzazione in base al peso, all’età, alla superficie corporea del bambino. L’ infermiere è un professionista chiave nell’aspetto della compliance del bambino, attraverso l’utilizzo di strategie talvolta creative che portino il piccolo a collaborare L’ infermiere deve considerare con attenzione la farmocinetica e la farmacodinamica, spesso non prevedibili, soprattutto nei neonati immaturi FARMACODINAMICA —>studia gli effetti di un farmaco nell’organismo e i meccanismi correlati FARMACOCINETICA —> studia le modificazioni indotte dall’organismo sul farmaco, dall’assorbimento all’eliminazione in varie fasi FARMACOCINETICA DEL NEONATO Presenta alcune peculiarità rispetto al bambino, poiché l’assorbimento nel neonato è molto variabile, quindi si preferisce ricorrere alla somministrazione endovenosa o intramuscolare. La variabilità è legata: alla ridotta secrezione acida gastrica all’ irregolarità della peristalsi gastrointestinale al rallentato svuotamento gastrico alla modesta secrezione biliare alle facili modificazioni della flora batterica intestinale La distribuzione tessutale dei farmaci nel neonato è più ampia rispetto all’adulto e questo aumento del volume di distribuzione comporta un maggior RISCHIO DI TOSSICITA’ in quanto la concentrazione del farmaco nei tessuti può essere elevata con valori bassi o normali nel sangue LA GESTIONE INFERMIERISTICA DELLA TERAPIA FARMACOLOGICA La PRESCRIZIONE DEL FARMACO E’ UN ORDINE LEGALE PER LA PREPARAZIONE E LA SOMMINISTRAZIONE DI UN FARMACO Il MEDICO prescrive il farmaco. ↓ J la prescrizione è un atto di responsabilità medica, mentre nella somministrazione del farmaco l’infermiere deve rilevare eventuali inappropriatezze di prescrizione terapeutica La PRESCRIZIONE DEL FARMACO si considera completa quando è composta da: Data e Ora in cui è stata scritta Firma del Prescrivente (anche elettronica) Nome e cognome dell’ assistito Nome del farmaco (generico o commerciale) Quantità Concentrazione Frequenza della dose Via di somministrazione La firma del prescrittore Il CALCOLO DELLA DOSE IN ETÀ PEDIATRICA viene calcolato utilizzando: - Peso del bambino o Superficie corporea. Il peso espresso in Kg FORMULAZIONE DEI FARMACI VIE DI SOMMINISTRAZIONE E TEMPI DI AZIONE VIA ENDOVENOSA Consente l’immediata immissione del farmaco nel torrente circolatorio: ciò garantisce che in situazione di urgenza/emergenza si possa avere un effetto terapeutico immediato (circa 30- 60 secondi). Permette di somministrare grandi volumi di liquidi infusionali o di farmaco, nonché di somministrare varie tipologie di soluzioni VIA INTRARTERIOSA In pratica non è utilizzata, se non per l’iniezione di mezzi di contrasto per arteriografia VIA INTRAMUSCOLARE Utilizzata per la somministrazione di farmaci idrosolubili (antibiotici, analgesici) che attraversano l’endotelio capillare a livello. muscolare. È una via d’azione rapida, 10-20 minuti, ma dolorosa. È da considerare la prevenzione del dolore da procedura tramite applicazione di creme anestetiche, se possibile, rispettando i tempi di azione. SOMMINISTRAZIONE INTRAMUSCOLARE Il muscolo è povero di terminazioni nervose ma il dolore deriva dal risultato della ferita cutanea e della distensione dello spazio interstiziale provocata dal farmaco SITI DI INIEZIONE: Dorsogluteale: non indicato nei bambini sotto ai 2 anni per scarsa massa muscolare Quadripicite femorale (vasto laterale e retto femorale): Sito più indicato al di sotto dei 2-3 anni per la presenza di abbondante massa muscolare. Ventrogluteale: dopo i 2 anni, è la meno rischiosa Deltoide: difficilmente usata prima dei 6-12 anni per scarso grasso sottocutaneo SITUAZIONI IMPREVISTE quando facciamo una intramuscolo… - DISTRESS RESPIRATORIO DOPO SOMMINISTRAZIONE DI VACCINO ↓ cosa facciamo? Iniziare misure di pronto soccorso Attivare supporto funzioni vitali Osservare bambino dopo la somministrazione del vaccino RIDUZIONE DEL DOLORE DA INIEZIONE o Anestetici locali: farmaci che bloccano reversibilmente la conduzione dell’impulso nervoso lungo le vie nervose centrali e periferiche mediante assorbimento transdermico o EMLA® : due anestetici locali (lidocaina 2,5% e prilocaina 2,5%). Fornisce analgesia alla cute e al derma sottostante dopo un’ora di applicazione con medicazione occlusiva Utilizzo: Venipunture aspirato o biopsia midollare puntura lombare iniezioni intramuscolari e sottocutanee VIE DI SOMMINISTRAZIONE E TEMPI DI AZIONE VIA SOTTOCUTANEA Utilizzata solo per alcuni farmaci (es. insulina), garantisce un rilascio in circolo lento e graduale, ed è poco dolorosa. Può essere utilizzata per una somministrazione intermittente o continua. È una via di somministrazione scarsamente invasiva e con facilità di reperimento dei dispositivi necessari Mappa dei siti e rotazione Non superare 1mL di soluzione Evitare zone con infiammazione, edema, escoriazioni, contusioni, cicatrici GESTIONE DELLA TERAPIA SOTTOCUTANEA/INTRAMUSCOLARE E CONTINUITÀ DELLE CURE Educare i genitori ed il bambino: Sulla conservazione dei farmaci a domicilio Sulla somministrazione della terapia qualora dovesse essere proseguita a domicilio (procedura, rotazione dei siti …) Nell’applicazione della crema EMLA (tempo di azione) A riconoscere segni di reazioni avverse Ad avvisare i sanitari in presenza di febbre, rash, gonfiore … Insegnare le tecniche per contenere l’ansia del bambino e garantire l’affettività VIA ORALE Utilizzata per farmaci ad azione sistemica. È semplice e gradita al bambino. È ampiamente diffusa sia in ospedale che al domicilio dei pazienti. È di semplice utilizzo. Riduce al minimo il disagio dell’assistito e presenta minori effetti collaterali rispetto a qualsiasi altra via. L’ assorbimento è adeguato per farmaci liposolubili (assorbiti nell’intestino tenue), ma attraverso preparazioni particolari, come le capsule, digerite nel duodeno, si possono somministrare farmaci altrimenti inattivati o digeriti a livello gastrico. La somministrazione orale varia in base all’età del paziente: Liquidi preferibili nei bambini sotto i 5 anni (dosaggio più preciso e più graditi) Forma solida preferibili nei bambini con più di 5 anni frantumata e mescolata con cibi. ↓ Creazione di metodi creativi e stravaganti!!! CONSIGLI UTILI PER BAMBINI CHE TROVANO DIFFICOLTÀ NELL’ASSUNZIONE DEI FARMACI PER TERAPIA ORALE Insegnare al bambino a deglutire la pastiglia iniziando con piccole caramelle (come tic tac o M&M’s) Non schiacciare farmaci che hanno un sapore non piacevole; cercare di somministrare la pastiglia interamente (se non molto grande) in modo da evitare di gustarla o inserirla all’interno di una capsula di gelatina Porre la pastiglia in un alimento che potrebbe travestire il gusto del farmaco (come gelato, marmellata, frullato); utilizzare solo una piccola quantità di cibo in modo che il farmaco possa essere assunto facilmente; evitare l’uso del cibo favorito dal bambino per travestire il gusto Insegnare ai genitori a somministrare i farmaci antiemetici per evitare il vomito indotto dai farmaci stessi Somministrare nuovamente la dose di farmaco per via orale se il bambino lo vomita immediatamente dopo l’assunzione e se la pastiglia o la capsula è visibile nel vomito; raccomandata la somministrazione se il vomito si verifica entro 30 minuti dall’assunzione (in caso di dubbio chiedere al medico se ridare la dose) Può essere necessario osservare i bambini più grandi o gli adolescenti per comprendere se assumono il farmaco VIA SUBLINGUALE Permette il passaggio del farmaco nel circolo ematico senza passare attraverso il fegato; per questa via si somministrano anche farmaci che sono assorbiti a livello intestinale e liberano la forma attiva dopo essere stati metabolizzati dal fegato. L’effetto terapeutico è rapido, può variare tra i 3-5 minuti VIA RETTALE Può essere utilizzata solo per alcuni farmaci, ma garantisce un buon assorbimento, purché la supposta sia inserita il più profondamente possibile e il bambino sia in grado di trattenerla. Solo per alcuni farmaci, come le supposte, garantisce un buon assorbimento e un effetto terapeutico tra i 5-30 minuti. VIA RESPIRATORIA Mediante aerosol, permette di somministrare sostanze medicamentose a livello dell’albero tracheobronchiale e negli alveoli, dove sono assorbite grazie alla ricca vascolarizzazione. L’effetto terapeutico è rapido, può variare tra i 2-3 minuti. AEROSOLTERAPIA Cura dell’asma, bronchiolite, tracheite, displasia broncopolmonare Avviene attraverso l’inalazione di particelle liquide o solide veicolate da un gas Servono flussi di 6-8L/min per un buon funzionamento mentre flussi superiori nei bambini