Il Torace: Anatomia Umana PDF
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Summary
This document provides notes on the anatomy of the human thorax. It includes details about the skeletal structure including the vertebrae, ribs and sternum, musculoskeletal structure, circulatory system, respiratory system plus images. The thorax is the upper region of the trunk between the neck and abdomen.
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IL TORACE Topograficamente, il torace è la regione superiore del tronco, compresa tra il collo e l’addome. Quindi è compresa tra un piano trasverso passante attraverso le clavicole e l’altro sottostante il margine inferiore costale. Il torace ha un aspetto inverso rispetto alla forma dello schelet...
IL TORACE Topograficamente, il torace è la regione superiore del tronco, compresa tra il collo e l’addome. Quindi è compresa tra un piano trasverso passante attraverso le clavicole e l’altro sottostante il margine inferiore costale. Il torace ha un aspetto inverso rispetto alla forma dello scheletro del torace: infatti è ampio superiormente e più stretto inferiormente. Questo perché serve per congiungersi all’arto superiore: per far attaccare l’arto superiore al torace, si deve per forza aumentare la superficie superiore. Lo scheletro è invece stretto superiormente e ampio inferiormente affinché possa essere garantita la respirazione (la funzione fa la struttura). Il torace comprende Parete Muscolo-Scheletrica, Strutture Muscolari connesse all’arto superiore e alla Colonna vertebrale, Ghiandola Mammaria, Cavità Interna, Organi. Nel torace troviamo il sistema cardiocircolatorio e il sistema respiratorio. LA PARETE MUSCOLO SCHELETRICA È costituita dalla gabbia toracica e dai muscoli intercostali (riempiono gli spazi tra le coste); la gabbia toracica è formata da coste, sterno e vertebre toraciche. All’interno ci sono le cavità con i vari visceri; la cavità toracica comprende due cavità pleuriche e una cavità pericardica. La gabbia toracica protegge tutti i visceri assolutamente vitali (cuore e polmoni); grazie alla gabbia toracica proteggiamo anche visceri localizzati nell’addome, che si trovano al disotto del diaframma (come fegato e milza). Per poter palpare questi organi è necessario fare una profonda inspirazione. La gabbia toracica ha questa forma perché è necessaria e fondamentale per garantire gli atti respiratori, infatti può variare il suo volume durante la respirazione. La gabbia toracica presenta dei limiti: questi sono l’apertura toracica superiore e l’apertura toracica inferiore. Attraverso la superiore passano vene, arterie, nervi e l’apice del polmone (quindi permette ai visceri di passare dal torace al collo e viceversa); è delimitata dalla prima vertebra toracica, dal margine superiore della prima costa e dal manubrio dello sterno; è una vera e propria apertura. L’apertura toracica inferiore è quasi del tutto chiusa dal diaframma (è un’apertura “virtuale”); il diaframma si ancora alle strutture ossee che incontra man mano, partendo dalla vertebra allo sterno. Lo scheletro della gabbia toracica è fatto da 12 vertebre, 12 paia di coste e sterno. LE VERTEBRE La colonna vertebrale è l’asse portante del nostro corpo, mantiene eretto il nostro corpo, sostiene tutto ciò che si trova al di sopra della pelvi. È costituita da vertebre (che sono 33 o 34) e può essere divisa in cinque parti: colonna cervicale, toracica, lombare, sacrale, coccigea (spesso si parla di sacro-coccigea). A livello dell’osso sacro e del coccige le vertebre si fondono insieme. Abbiamo 7 vertebre cervicali, 12 vertebre toraciche, 5 vertebre lombari, 5 vertebre sacrali (fuse), 4 vertebre coccigee (fuse). Sul piano frontale, la colonna vertebrale è perfettamente dritta; sul piano laterale presenta delle curvature, che sono le cifosi (concave anteriormente) e le lordosi (concave posteriormente). La cifosi si trova sia a livello toracico sia a livello sacro-coccigeo; le lordosi sono cervicale e lombare. Le cifosi si formano dalla nascita: quando nasciamo, la nostra colonna vertebrale forma una grande cifosi. Grazie allo sviluppo dei muscoli del collo, il bambino riesce a tirare su la testa: grazie a ciò si forma la lordosi cervicale; iniziando a camminare e quindi sviluppando i muscoli degli arti inferiori, si forma la lordosi lombare. Nel caso in cui sul piano frontale siano presenti delle curvature, si parla di scoliosi. Possiamo avere anche ipercifosi (gibbosità) o iperlordosi (schiena cava). Le vertebre presentano un corpo vertebrale, cui posteriormente troviamo due peduncoli: i processi trasversi, non presente in tutte le vertebre. È poi presente la lamina. Nella parte centrale troviamo il foro vertebrale, cui scorre il midollo spinale appartenente al SNC. Il processo spinoso può essere più o meno inclinato, e nella parte cervicale è bifido (presenta due code). Una vertebra cervicale possiede un corpo verticale piccolo e un grande foro vertebrale. Mano a mano che si scende, aumenta il corpo verticale (perché devono essere sostenuti pesi sempre maggiori) e il foro vertebrale diminuisce (perché diminuisce la quantità di midollo spinale). Le vertebre toraciche e lombari presentano i processi trasversi: in particolare, le prime li possiedono perché devono articolarsi con le coste; nelle vertebre cervicali, a livello di dove dovrebbe trovarsi il processo trasverso, sono presenti dei fori, che permettono il passaggio delle arterie vertebrali (è uno dei pochi casi in cui le arterie si trovano in una struttura ossea: infatti le arterie, pulsando, rischiano di danneggiare ciò che sta loro intorno). I processi spinosi toracici sono tutti inclinati verso il basso. Esistono vertebre atipiche: C1, C2 e C7, che si chiamano rispettivamente Atlante, Epistrofeo, Vertebra prominente. Atlante è la prima vertebra cervicale, priva di corpo e che lateralmente presenta i fori vertebrali dove passano le arterie; ha il compito di sorreggere la testa. Epistrofeo è la seconda vertebra cervicale, che presenta un dente che si incastra dentro Atlante: in questo modo possiamo muovere la testa, e infatti la C1 e la C2 sono le UNICHE vertebre che possono ruotare. La vertebra C7 ha un processo spinoso prominente (è la vertebra di cui più si sente il processo spinoso), e grazie a questo possiamo iniziare a contare le vertebre toraciche. Tra una vertebra e un’altra sono presenti dei “cuscinetti” che fanno da ammortizzatori e da spaziatori; sono fatti di tessuto connettivo, in particolare da cartilagine. Tali cuscinetti sono formati da un anello esterno chiamato anulus fibrosus, e all’interno si trova un nucleo polposo contenente acqua; la funzione del nucleo è quella di assorbire e ridistribuire in modo uniforme alla periferia le sollecitazioni di carico evitando una spinta eccessiva all'anulus fibrosus (il nucleo si schiaccia proprio come un cuscinetto). Se il nucleo invade delle “zone non consentite”, quindi se esce dalla sua sede, l’anulus può lacerarsi e si formano delle ernie: quando l’ernia tocca il nervo, tutto ciò che c’è a valle del nervo ne risente; le ernie possono andare anche a interferire con il foro vertebrale, e quindi possono toccare il midollo spinale, provocando gravi danni. LE COSTE Sono ossa piatte con concavità rivolta internamente alla gabbia toracica. Posteriormente si articolano con la gabbia toracica e si portano anteriormente raggiungendo lo sterno. Possono essere classificate in coste vere e coste false: le coste vere raggiungono direttamente lo sterno; le coste false non lo raggiungono mai direttamene, ma si articolano con la costa che gli sta immediatamente sopra. La costa è formata da una parte ossea e una parte cartilaginea, situata vicino allo sterno: se fosse costituita interamente di osso, i movimenti prodotti dalla gabbia toracica avrebbero determinato la rottura delle coste a livello anteriore (quindi proprio in questa zona). Le coste vere (1-7) raggiungono con la loro cartilagine costale lo sterno; l’11 e 12 costa si chiamano fluttuanti, perché non raggiungono in alcun modo lo sterno. Tutte le coste, tranne la prima e la seconda che sono quasi orizzontali, vanno dall’alto verso il basso, dalla zona anteriore a quella posteriore. Sono inclinate anteriormente per raggiungere lo sterno, affinché possa formarsi la gabbia toracica. Se lo sterno fosse stato lungo quanto la colonna vertebrale, sarebbe stata impossibile la flessione del busto e inoltre non ci sarebbe stato spazio per l’utero in gravidanza. Le coste false sono meno vincolate dallo sterno, e hanno una maggiore possibilità di movimento rispetto a quelle vere. La costa è costituita da testa, collo, tubercolo. Sulla testa della costa ci sono due faccette articolari, che si collegano con il corpo vertebrale. Una terza faccetta vertebrale, presente a livello del tubercolo, si congiunge con il processo trasverso. In queste ossa possiamo individuare margine superiore e inferiore e solco costale. Un’unica linea immaginaria passa sia per il tubercolo della costa sia per la testa della costa. Questo è l’asse di movimento della costa rispetto alla vertebra: la costa si muove su UN SOLO asse, e può solo fare movimenti di abbassamento ed elevazione. Se si elevano le coste vere, che sono vincolate allo sterno, avviene un allontanamento dello sterno rispetto alla colonna vertebrale; il movimento delle coste false determina un movimento di elevazione e abbassamento, essendo non vincolate allo sterno. La sommatoria di questi movimenti è un aumento della distanza tra la colonna vertebrale e lo sterno e un aumento della distanza tra le coste. L’aumento del volume verticale è gestito dal diaframma: quando inspiro il diaframma si abbassa e aumenta il volume verticale, quando espiro torna alla sua posizione originaria e si ha una diminuzione del volume. Quindi, le coste vere determinano un aumento del diametro anteroposteriore, le coste false aumentano il volume trasverso, il diaframma aumenta il volume verticale. I muscoli principali della respirazione sono il diaframma e i muscoli intercostali. L’attività dei muscoli respiratori modifica il volume della cavità toracica, mentre il movimento dei polmoni è passivo. I muscoli intercostali sono disposti su più strati: quindi sono presenti muscoli intercostali esterni e interni. Le fibre dell’uno e dell’altro strato sono inclinate in maniera opposta. I muscoli intercostali esterni occupano gli spazi intercostali dai tubercoli delle coste alle fino all’inizio della parte cartilaginea; hanno fibre che vanno da sopra a sotto e sono inclinate da posteriore ad anteriore: se si contraggono, fanno avvicinare la costa sottostante a quella sovrastante. I muscoli intercostali interni vanno dall’angolo costale fino allo sterno; le fibre vanno dal basso verso l’alto, da posteriormente ad anteriormente, e quando i muscoli si contraggono avvicinano la costola sovrastante a quella sottostante. Le fibre dei muscoli intercostali interni che si trovano nella parte cartilaginea (muscoli interni condrali) sono parallele allo sterno: quando si contraggono, collaborano a spostare verso l’esterno lo sterno. Se si contraggono gli esterni e i condrali, lo sterno si sposta in avanti. Come risultato, contemporaneamente si avrà l’aumento del volume anteroposteriore e l’aumento del volume trasverso. Il diaframma, ogni volta che inspiriamo si abbassa, ogni volta che espiriamo torna alla posizione originale. Il diaframma ha la forma di una cupola: origina posteriormente a livello delle vertebre, poi si porta anteriormente a livello dello sterno. Ha la parte tendinea al centro del muscolo ed è a forma di boomerang. SOLO le fibre muscolari si contraggono: quando si accorciano (si contraggono), tirano verso il basso la parte tendinea, provocando un aumento del diametro verticale della gabbia toracica. Il diaframma è attraversato dalla vena cava, l’esofago e l’aorta. Il cuore si appoggia sul diaframma, e in particolare è appoggiato sulla zona non contrattile (tendinea). L’aria entra nel nostro corpo, e ciò avviene grazie ai muscoli che si contraggono sulla gabbia toracica. I polmoni si dilatano in maniera passiva. Nello spazio intercostale inferiore ci sono vene, arterie e nervi: costituiscono il fascio neurovascolare principale. A partire dalla costa, troviamo vena, arteria e nervo. Il sangue che circola nelle arterie è più caldo rispetto a quello che circola nelle vene: l’arteria cede calore alla vena e la temperatura delle due è pressoché simile. Le arterie intercostali hanno una forma che ricorda quella che ricorda quella della gabbia toracica. Tutte le arterie intercostali posteriormente originano dall’aorta toracica, mentre anteriormente originano dall’aorta toracica interna (o arteria mammaria). Ogni arteria intercostale vascolarizza un unico spazio intercostale. Le vene intercostali drenano il sangue che trasportano anteriormente nella vena toracica interna (o vena mammaria), posteriormente troviamo un sistema di vene che poggia sulla parete della colonna vertebrale, chiamato sistema delle Azygos. Ogni vena e ogni aorta intercostale hanno quindi due punti di uscita o di entrata. I nervi intercostali originano dal midollo spinale. Ogni nervo origina da davanti e dietro rispetto al midollo spinale, in particolare dalle “corna” della farfalla. Da queste corna originano fibre sensitive e fibre motorie: ogni nervo è quindi costituito da queste due fibre. Ogni “fascia” del torace è costituita da UN SOLO nervo intercostale. Da ogni nervo intercostale deriva un nervo cutaneo, e ciò divide la cute in tanti dermatomeri. Ogni spazio intercostale è assolutamente indipendente dagli altri, quindi troviamo 12 arterie, 12 vene e 12 nervi. POLMONI E BRONCHI Il sistema respiratorio può essere diviso in due parti: - Vie aeree superiori - Vie aeree inferiori Le vie aeree superiori sono contenute nella scatola cranica e nel collo, e funzionano con lo stesso principio con cui funzionano le vie aeree inferiori. L’aria deve arrivare agli alveoli grazie a una serie di tubi e condotti, che devono resistere alla pressione dell’aria che poi arriverà nei nostri polmoni. Per questo le vie aeree, soprattutto superiori, sono poste in strutture ossee; man mano che si scende, le strutture ossee si riducono e vengono sostituite da carilagine. Le vie respiratorie inferiori sono formate da trachea, bronchi, bronchioli e alveoli. Il tratto respiratorio inferiore è contenuto nel torace: la trachea si biforca nei due bronchi, che entrano nei polmoni, che si trovano nelle due cavità pleuriche. Le cavità pleuriche sono laterali al mediàstino (dove si trova il cuore). Le cavità pleuriche sono rivestite dalla pleura, e contengono i polmoni, rivestiti anch’essi da pleura. Quindi possiamo distinguere pleura parietale e pleura viscerale; queste formano una struttura unica, che non presenta discontinuità. La pleura viscerale NON può essere separata dalla superficie del polmone. La pleura parietale aderisce alla gabbia toracica, la pleura viscerale aderisce al polmone. Tra la pleura parietale e viscerale c’è uno spazio, che contiene un film liquido che viene prodotto dalle cellule del mesotelio, che costituiscono la pleura stessa. I due foglietti parietale e viscerale aderiscono l’uno all’altro: possono scorrere su di loro, ma non possono separarsi. La pleura è fondamentale per la meccanica respiratoria. Ogni volta che la gabbia toracica si modifica in volume, la pleura parietale si sposta, provocando lo spostamento della pleura viscerale, che si porta dietro il polmone. Il polmone ha una struttura spugnosa, quindi cambia la propria forma a seconda del volume della gabbia toracica. Quindi il film liquido svolge due fondamentali funzioni: - Lubrifica la superficie e permette alle lamine pleuriche di muoversi senza attriti l’una sull’altra durante la respirazione - Permette la coesione tra i due foglietti pleurici e che tiene la superficie del polmone in contatto con la parete toracica. Ogni volta che contraiamo i muscoli respiratori, l’aumento del volume della gabbia toracica corrisponde a un’espansione dei polmoni, che quindi richiamano aria dall’esterno. Quando i muscoli si rilassano, la gabbia toracica si restringe, i polmoni si schiacciano e l’aria fuoriesce. La pleura parietale è divisa in costale, medistanica, diaframmatica e cupola pleurica. Nello spazio interpleurico deve essere presente una pressione negativa: se qui entra dell’aria, la pleura viscerale si distacca dalla pleura parietale, e il polmone collassa (condizione clinica dello pneumotorace). Quindi il polmone non è più espandibile e non respira. Per tornare alla situazione originaria (le due pleure adese tra loro) si deve aspirare aria con un tubicino. Il polmone è leggermente più piccolo rispetto allo spazio che ha a disposizione: gli spazi vuoti si chiamano recessi pleurici, e sono riempiti dal polmone SOLO durante le inspirazioni forzate (inspirazioni profonde). I polmoni hanno tre facce (anteriore, laterale e posteriore), hanno un margine anteriore, superiore e posteriore; hanno un aspetto a cono, quindi comprendono un apice e una base. La base è concava perché segue la forma del diaframma. Sui polmoni sono impresse le forme delle coste. L’apice è la parte del polmone che sovrasta l’ultima costa di circa 2-3cm. I polmoni sono più piccoli rispetto al sacco parietale. Arrivano anteriormente fino alla sesta costa; si portano verso il basso e arrivano lateralmente all’ottava costa; posteriormente raggiungono la decima costa. Il polmone di sinistra è più piccolo rispetto al polmone di destra e comprende due lobi: superiore e inferiore. Il cuore si forma prima dei polmoni ed è spostato a sinistra, per questo il polmone di sinistra è più piccolo. I due lobi sono separati dalla scissione obliqua. La pleura viscerale riveste anche la zona separativa tra i due lobi, per questo sono separabili. La faccia mediastinica è rivolta verso il cuore; nell’ilo del polmone (“porta” di entrata verso il polmone) entrano vene, arterie e bronchi. Data la stretta vicinanza dell’aorta toracica, dell’esofago, della vena succlavia, nella faccia mediastinica sono presenti delle impronte. Il polmone di destra è più corto rispetto al polmone di sinistra (perché inferiormente è presente il fegato), e comprende lobo superiore, medio e inferiore, separati da due scissure. Anche in questo caso, trovo l’ilo del polmone e le impronte. In particolare, le impronte sono date dall’esofago, la vena Azygos, la vena cava superiore e la vena cava inferiore. Anche in questo caso, nell’ilo passano il bronco, l’arteria polmonare e le vene polmonari. ALBERO BRONCHIALE La trachea si biforca nel bronco di destra e bronco di sinistra, che entrano nell’ilo del polmone. Nel polmone formano bronchi lobali e bronchi secondari. A destra troviamo tre bronchi lobali, a sinistra due. I bronchi segmentali vanno a ventilare i segmenti polmonari. Chirurgicamente, lobi e segmenti sono aree indipendenti tra di loro, perché ognuno è ventilato da uno specifico bronco. I bronchioli, infine, sono strutture che hanno un diametro più piccolo di 1mm, e portano l’area fino a dentro all’alveolo. La trachea va dalla laringe fino all’angolo sternale. È costituita da anelli cartilaginei a forma di C, intramezzati da uno spazio fibroso. La trachea, posteriormente, prende contatto con l’esofago, che è una struttura muscolare sempre collassata (non ha un lume aperto); affinché l’esofago possa espandersi quando passa il cibo, la trachea è costituita proprio da C di cartilagine. La struttura cartilaginea della trachea è fondamentale per garantire una resistenza agli sbalzi di pressione dovuti al passaggio dell’aria, ma allo stesso tempo è abbastanza “morbida” da poter permettere i movimenti del collo. La C di cartilagine garantisce un’apertura del lume dell’esofago, e proprio nella parte posteriore si trova una piccola quantità di tessuto muscolare. Nell’angolo sternale, la trachea si biforca nei due bronchi (quello di dx è più verticale rispetto a quello di sx). A livello dei bronchi, la cartilagine è frammentata a formare delle “mattonelle”. Ogni bronco lobare finisce in uno specifico lobo. Ogni bronco segmentale finisce in uno specifico segmento polmonare. Ogni segmento è costituito da lobuli polmonari a forma di cono. In ogni lobulo entra un bronchiolo terminale, che a loro volta vengono sostituiti da bronchioli respiratori. Alla fine dei bronchioli respiratori si trovano dei sacchi alveolari, costituiti da numerosi alveoli. Gli alveoli sono formati da due tipi cellulari. Adiacente alla parete dell’alveolo è presente la parete capillare, e il passaggio di gas attraverso queste due strutture avviene in maniera spontanea, per diffusione semplice: l’ossigeno passa dall’alveolo al capillare (dove inizialmente ha una concentrazione minore), l’anidride carbonica passa dal capillare all’alveolo (dove inizialmente ha una concentrazione inferiore). La parete degli alveoli è molto sottile: deve solo permettere il passaggio per diffusione semplice (secondo gradiente e in maniera passiva) dei gas, dall’alveolo verso i capillari e viceversa. I due tipi di cellule che costituiscono gli alveoli sono le cellule di alveolari di primo e secondo tipo. Quelle di primo tipo formano la parete dell’alveolo: sono cellule sottilissime con un citoplasma molto esteso; quelle di secondo tipo hanno un nucleo molto grande; talvolta all’interno dell’alveolo è presente un macrofago. Adiacenti alla parete dell’alveolo si trovano i capillari. Le cellule di secondo tipo producono il surfactante, che è un film liquido che riveste l’interno dell’alveolo. Il surfactante è un sapone: ha la funzione di abbassare la tensione superficiale durante l’inspirazione, e in questo modo abbassa la tensione che l’aria applica sulla parete dell’alveolo, che altrimenti danneggerebbe l’alveolo stesso; viene quindi facilitata la loro estensione. Tra le pareti degli alveoli sono presenti fibre elastiche; il surfactante impedisce anche all’alveolo di collassare durante l’espirazione. Le cellule di secondo tipo presentano un recettore chiamato ACE2: entra in gioco nella produzione dell’enzima ACE; infatti, il polmone “capisce” quanto sangue circola nei nostri vasi, e deve “comunicare” con il rene affinché possa essere modificato il volume ematico; il Covid interagisce con le cellule dell’alveolo grazie a questo recettore: il virus interagisce con ACE, entra nella cellula e si replica a dismisura. Viene quindi scatenata una risposta infiammatoria, che in alcuni casi è stata talmente forte da causare addirittura dei danni al polmone. MICROSCOPIA DEL SISTEMA RESPIRATORIO L’interno della trachea e dei bronchi è rivestito da mucosa. Tale mucosa è costituita dall’epitelio respiratorio. Tale epitelio è pseudostratificato (i nuclei delle cellule si trovano a distanza diversa rispetto alla membrana basale). Sono presenti cellule ciliate e cellule che producono muco: queste superfici entrano in contatto con l’aria che inspiriamo, che deve essere ripulita (grazie al muco) e riscaldata. Le cellule che producono muco intrappolano le particelle estranee e temperano l’aria; ciò che viene intrappolato viene allontanato dalle cellule ciliate, che hanno delle ciglia che battono dal basso verso l’alto, facendo si che noi possiamo ingoiare il “muco di scarto”. Quando il muco cede calore per riscaldare l’aria, si secca. Via via che il calibro del bronco si riduce, l’aria è pulita e la pressione diminuisce: proprio per questo i bronchioli non hanno la cartilagine, ma sono formati da fibre muscolari lisce; nel bronchiolo, la mucosa è altamente ripiegata: all’occorrenza può estendersi. La mucosa de bronchiolo ha una struttura diversa: è formata da alcune cellule ciliate e dalle cellule di Clara. Le cellule di Clara hanno una funzione immunologica, quindi attivano il sistema immunitario per rispondere a una particella estranea. In sintesi: andando dalla trachea verso i bronchioli, sparisce la cartilagine, che viene sostituita da fibre muscolari, e cambiano le cellule. Negli alveoli spariscono anche le fibre muscolari, sostituite da fibre elastiche. Meccanica respiratoria: 1) movimenti gabbia toracica, 2) esistenza della pleura nelle cavità pleuriche e presenza di una pressione interpleurica negativa 3) struttura dell’albero bronchiale e struttura dell’alveolo. VASCOLARIZZAZIONE I polmoni sono vascolarizzati dalla circolazione polmonare (vas publicum) e dalla circolazione bronchiale (vas privatum). Questa seconda si chiama bronchiale perché utilizza i bronchi per raggiungere tutti gli altri distretti del polmone; è tipica del polmone. La circolazione polmonare garantisce lo scambio di gas: il sangue non ossigenato attraversa l’atrio e il ventricolo di destra e si riversa nell’arteria polmonare; il sangue non ossigenato arriva agli alveoli polmonari, viene ossigenato e grazie alle quattro vene polmonari torna all’atrio di sinistra, poi al ventricolo e attraverso l’aorta viene distribuito a tutto l’organismo (grazie alla circolazione sistemica). La circolazione pubblica ha il compito di ossigenare i distretti del nostro corpo, la circolazione privata (che origina dalle arterie bronchiali) ossigena i bronchi e gli altri distretti del polmone. Le vene bronchiali finiscono nel sistema delle Azygos. INNERVAZIONE Il sistema nervoso autonomo innerva i nostri visceri. È diviso in simpatico e parasimpatico, che hanno SEMPRE funzioni opposte. Il sistema simpatico si attiva in risposta a uno stress (combatti e fuggi); il parasimpatico si attiva in momenti di relax (alimentati e assimila). Il simpatico origina a livello del midollo spinale toracico; il parasimpatico origina a livello del cranio o del midollo spinale sacrale; i neurotrasmettitori sono differenti tra sistema nervoso simpatico e parasimpatico. Il sistema nervoso simpatico e parasimpatico gestiscono SOLO i visceri. Il simpatico determina una broncodilatazione (ed entra più aria nei polmoni), inibisce la funzione delle ghiandole che producono muco. Il parasimpatico determina una broncocostrizione e l’aumento della secrezione di mucosa. A livello dei visceri, il simpatico vasocostringe (il sangue deve arrivare ai muscoli scheletrici piuttosto che agli organi) e il parasimpatico vasodilata (non è necessario che il sangue arrivi ai muscoli). Questo sistema del tutto autonomo è però controllato da centri superiori: se il livello di ossigeno si abbassa, tale carenza viene rilevata da recettori presenti sulla parete delle arterie, che “comunicano” con i centri respiratori superiori (che si trovano a livello del tronco encefalico) i quali controllano i muscoli intercostali e il diaframma, provocando un aumento della respirazione. SISTEMA CARDIOCIRCOLATORIO L’apparato cardiocircolatorio comprende una pompa (cuore) che permette al sangue di raggiungere tutto il nostro organismo attraverso un sistema di tubature costituito da arterie e vene. Il cuore spinge il sangue con tanta potenza da permettere a quest’ultimo di tornare al cuore anche contro gravità. La grande circolazione (circolazione sistemica) parte dal cuore di sinistra e serve per distribuire sangue ossigenato all’organismo; la piccola circolazione (circolazione polmonare) fa arrivare il sangue ai polmoni affinché venga ossigenato. Il volume ematico che circola nella grande e nella piccola circolazione è lo stesso. IL CUORE Il cuore è diviso in destra e sinistra. Il cuore si trova nel mediastino, localizzato tra le due cavità pleuriche. Il mediastino può essere diviso in mediastino superiore e inferiore da un piano immaginario che passa per l’angolo sternale e la quarta vertebra toracica. Il cuore si trova nella regione del mediastino infero-media. È un viscere retrosternale (quindi è protetto dallo sterno e dalla parte cartilaginea delle coste), ed è per 2/3 spostato verso sinistra. È appoggiato sulla parte tendinea del diaframma, quindi si muove con questo durante la respirazione. Se siamo in posizione anatomica il cuore è soggetto alla forza di gravità, quindi si trova spostato verso il basso; se mi trovo in posizione supina sarà spostato leggermente verso l’altro. La faccia diaframmatica del cuore è sdraiata sul diaframma, quindi è orizzontale. Ha un aspetto a forma piramidale, quindi presenta apice e base: l’apice è rivolto in basso verso sinistra; la base si trova posteriormente. L’asse maggiore del cuore va da posteriore ad anteriore, da destra verso sinistra, dall’alto verso il basso. Il cuore è rivestito dal pericardio sieroso; è formato da un foglietto parietale e da un foglietto viscerale, in continuità tra loro; tra i due foglietti è presente un film liquido. Per mantenere in sede il cuore, che si muove moltissimo, è presente il pericardio fibroso, costituito da tessuto connettivo fibroso. Il pericardio fibroso si salda fisicamente al diaframma, allo sterno e alle cartilagini costali: è come se “costringesse” in cuore a restare nella sua posizione. La posizione del cuore è “pericolosa”: le cavità pleuriche possono essere invase da batteri, che quindi potrebbero passare nella cavità pericardica; inoltre, se nell’esofago entra qualcosa di molto grande, ciò potrebbe danneggiare il cuore. Questo sacco esterno più robusto, quindi, protegge il cuore da eventuali danni. STRUTTURA Presenta solchi, margini e facce. Il margine superiore coincide al luogo di uscita dell’aorta, del tronco polmonare e delle vene. Troviamo poi margine di destra e di sinistra (chiamati margini polmonari, in particolare quello di sx); il margine inferiore (o margine acuto) giace sul diaframma. Le facce sono: la faccia sterno-costale, la faccia diaframmatica, la base. Sulla superficie del cuore troviamo dei solchi: solco coronario, che circumnaviga il cuore, e sopra di questo si trovano gli atri, sotto i ventricoli; solco interventricolare anteriore e posteriore, che dividono i due ventricoli. I solchi sono riempiti da tessuto adiposo, che protegge i vasi che attraversano i solchi (quindi le arterie coronarie, che vascolarizzano il cuore, e vene cardiache) e che sorveglia immunologicamente il cuore grazie a particolari adipociti (dato che non sono presenti i linfonodi). Nella faccia sterno-costale troviamo l’atrio di destra, il ventricolo di destra e una parte del ventricolo di sinistra. È presente la vena cava superiore, che riceve sangue dalle regioni superiori del nostro organismo; troviamo poi l’aorta e il tronco polmonare, che si dirige verso i polmoni. La base è costituita dall’atrio di sinistra e in piccola parte dall’atrio di destra; le due vene cave (superiore e inferiore) si fondono insieme e fanno la parete posteriore dell’atrio di destra; le quattro vene polmonari si fondono insieme e costituiscono la parete posteriore dell’atrio di sinistra. La faccia diaframmatica è formata quasi interamente dal ventricolo di sinistra. Troviamo anche parte dell’atrio e ventricolo destri, con la vena cava inferiore. Il cuore, internamente è diviso in 4 cavità: gli atri sono superiori al solco coronario, i ventricoli sono inferiori. La parte destra e sinistra sono separate da un setto. Gli atri, attraverso le valvole atrio- ventricolari (tricuspidi o bicuspidi), comunicano con i ventricoli. Grazie alle valvole semilunari, il sangue esce dai ventricoli. ATRIO DI DESTRA L’atrio ha una forma cubica; superiormente entra la vena cava superiore; inferiormente si trova la valvola atrio-ventricolare; la parete posteriore è formata dalla fusione della vena cava superiore e inferiore, ed è liscia; la parete anteriore, che corrisponde con l’auricola dell’atrio, è fatta di tessuto muscolare (affinché possa avvenire la contrazione). La parete mediale separa i due atri: nel feto, questa parete presenta un foro (fossa ovale); questo perché i polmoni non funzionano, quindi il sangue passa direttamente dall’atrio di destra all’atrio di sinistra. Subito dopo il primo respiro, il sangue aumenta la pressione nell’atrio di sinistra e la fossa si chiude: il sangue ossigenato (sx) NON può mescolarsi con il sangue deossigenato (dx). VENTRICOLO DI DESTRA Una parte è perfettamente liscia, l’altra accidentata. Il sangue passa attraverso la valvola atrio- ventricolare tricuspide e giunge a livello delle trabecole carnee. Dalle trabecole carnee si formano i tre muscoli papillari, che si attaccano alle corde tendinee. Queste a loro volta si agganciano ai lembi della valvola atrio-ventricolare. Il sangue ha un moto vorticoso grazie alla presenza delle trabecole carnee: in questo modo viene aumentata la pressione del sangue. Il sangue arriva all’apice de ventricolo e inverte direzione (descrive una V) arrivando nella parte liscia, e a questo punto, grazie alla ghiandola semilunare, giunge nell’arteria polmonare. Quando aumenta la pressione (sistole) ventricolare, il sangue viene spinto sia verso l’apice sia verso la valvola, e si pone tra i lembi della valvola. ATRIO DI SINISTRA È molto più liscio rispetto all’atrio di destra. Presenta sempre le varie pareti. VENTRICOLO SINISTRO In questo caso, i muscoli papillari sono due: infatti la valvola atrioventricolare è bicuspide. La parete del ventricolo di sinistra è più spessa rispetto a quella del ventricolo di destra: quello di destra, quando si contrae, deve mandare il sangue ai polmoni (che sono vicini), quello di sinistra deve mandare il sangue a tutto l’organismo, anche contro gravità. Le due pareti si contraggono contemporaneamente. La parete del ventricolo di destra, quando si contrae, si “appoggia” alla parete del ventricolo di sinistra, quindi partecipa alla contrazione del ventricolo di sinistra. LE VALVOLE CARDIACHE Le valvole cardiache sono 4 e sono di due tipi: atrioventricolari e semilunari (polmonare e aortica). La loro apertura e chiusura è regolata esclusivamente dalla variazione della pressione nelle camere del cuore. Se la pressione è alta nell’atrio piuttosto che nel ventricolo, allora la valvola si apre, il sangue passa nel ventricolo, e si chiude quando la pressione aumenta nel ventricolo, provocando l’apertura della semilunare. Le quattro valvole si trovano tutte sullo stesso piano. I loro lembi non sono direttamente attaccati al tessuto muscolare, ma a una struttura biancastra chiamata “scheletro fibroso del cuore”. Lo scheletro fibroso garantisce la forma alla valvola e serve da attacco alle fibre cardiache muscolari. Valvola atrioventricolare È formata da tre cuspidi a destra e due cuspidi a sinistra. Quando la pressione aumenta nell’atrio, nel ventricolo è bassa: quindi il sangue passa, attraverso la valvola, dall’atrio al ventricolo. La pressione nel ventricolo aumenta, e il sangue “prova” a tornare verso l’atrio: ma, dal basso, il sangue non fa altro che portare verso l’alto le cuspidi: quindi la valvola si chiude. Le corde tendinee ancorate ai muscoli papillari, contraendosi, impediscono l’apertura dei lembi della valvola atrioventricolare, che potrebbe avvenire a causa della pressione del sangue: quindi il sangue non può tornare dal ventricolo all’atrio. L’unica possibilità di uscita resta quindi la valvola semilunare. Le corde tendinee NON servono per aprire la valvola, ma per tenerla chiusa, contrastando la pressione del sangue, che altrimenti tornerebbe nell’atrio. Se il sangue torna indietro, si ha un soffio al cuore. Valvola semilunare Sono aortica (ventricolo sinistro) e polmonare (destro). Sono fatte a nido di rondine: possiedono tre “coppettine” i cui margini coincidono perfettamente. Quando il sangue si trova nel ventricolo, aumenta la sua pressione e provoca l’apertura della valvola, andando verso l’aorta o verso il tronco polmonare (dove la pressione è minore). Anche in questo caso il sangue, dall’aorta o dal tronco polmonare, prova a tornare indietro, ma compiendo questo movimento provoca la chiusura della valvola semilunare. Quando la valvola atrioventricolare è aperta, la valvola semilunare è chiusa e viceversa. L’apertura e chiusura delle valvole è TUTTO un gioco di pressione. Quando sono contratti gli atri, sono aperte le valvole atrioventricolari; quando sono contratti i ventricoli, sono aperte le valvole semilunari. Tra la contrazione degli atri e dei ventricoli passano solo alcuni millisecondi. Sistole è la contrazione e diastole è il rilassamento. Il continuo ciclo di sistoli e diastoli atrioventricolari costituisce il ciclo cardiaco. Arterie coronarie Il cuore viene vascolarizzato dalle arterie coronarie, che si chiamano in questo modo perché attraversano il solco coronario. Sono due: una di destra e una di sinistra. Sono arterie terminali: questo significa che non sono anastomizzate tra loro, quindi non creano alcun collegamento con le arterie vicine. Originano all’interno della valvola aortica; il cuore, quindi, viene vascolarizzato dal sangue di migliore qualità, appena arrivato dal polmone. Non nascono dalla parete del cuore perché il miocardio si contrae, e ogni volta che ciò avviene il lume dell’arteria si chiuderebbe, impedendo la vascolarizzazione. Le coronarie percorrono la superficie del cuore (sono protette dal tessuto adiposo), e per vascolarizzare il cuore penetrano nel miocardio. La coronaria di destra dà origine al ramo marginale (che vascolarizza il ventricolo di destra) e al ramo atriale (che vascolarizza l’atrio destro). L’arteria coronaria destra arriva posteriormente nel crus cordis (croce del cuore), punto dove si incrociano il setto senoatriale e il setto atrioventricolare. Da questo punto, l’arteria coronaria di destra forma l’arteria interventricolare posteriore (che discende nel solco interventricolare posteriore). Dal crus cordis origina anche l’arteria nodale, che vascolarizza il nodo senoatriale del cuore, conosciuto anche come “pacemaker” del cuore. La coronaria di sinistra, immediatamente dopo la sua origine, si biforca e dà luogo all’arteria interventricolare anteriore (che percorre il setto interventricolare anteriore) e all’arteria circonflessa, che vascolarizza il ventricolo di destra e in parte il ventricolo di sinistra. Anche in questo caso i rami marginali vascolarizzano il ventricolo di sinistra e i rami atriali l’atrio di sinistra. Se una di queste arterie si occlude, il tessuto che si trova a valle dell’occlusione va in necrosi, dato che non viene vascolarizzato da nessun’altra arteria (le coronarie non sono anastomizzate). Da qui deriva l’infarto. Contro questo fenomeno, si crea un “ponte” che collega la zona precedente all’occlusione e la zona successiva all’occlusione. Con la coronarografia, si utilizza un catetere che permette di valutare lo stato di salute delle arterie coronarie. Vene cardiache Tutte le vene cardiache drenano nella vena del seno coronario, che raccoglie il sangue dal cuore e sbocca direttamente nell’atrio di destra. Innervazione Il cuore è innervato da un sistema intrinseco e da un sistema estrinseco. Entrambi sono involontari. Quello intrinseco è proprio del tessuto cardiaco (non è controllato dal sistema nervoso), poiché il cuore possiede dei particolari cardiomiociti che riescono da soli a generare l’impulso della contrazione. Il sistema estrinseco appartiene al sistema nervoso autonomo involontario, simpatico e parasimpatico, ed è coinvolto nella regolazione del battito cardiaco. Innervazione intrinseca Il nodo senoatriale (atrio di destra, vicino allo sbocco della vena cava superiore) è costituito da cardiomiociti che sono in grado di generare l’impulso che porterà al il battito cardiaco. L’impulso investe i cardiomiociti che si trovano negli atri, e i due atri si contraggono. L’impulso della contrazione arriva nel nodo atrioventricolare, che si trova nell’atrio di destra vicino allo sbocco della vena cava inferiore. Si attivano i cardiomiociti, e si forma il fascio di His, che si sdoppia a cavallo del setto interventricolare in branca di destra e branca di sinistra. Il setto interventricolare si contrae. La contrazione viene portata a livello dei cardiomiociti presenti nell’apice dei ventricoli; nell’apice sono presenti i muscoli papillari, che quindi si contraggono e mantengono chiusa la valvola atrioventricolare. L’impulso investe i ventricoli, che quindi a loro volta si contraggono. Prima si contrae il nodo senoatriale, poi si contraggono gli atri, il nodo atrioventricolare e infine i ventricoli. Il nodo senoatriale e atrioventricolare non sono in contatto tra di loro: questo perché prima si devono contrarre gli atri e poi i ventricoli, affinché il sangue possa circolare correttamente nel nostro organismo. Questo sistema funziona solo se le coronarie e i loro rami funzionano correttamente. La coronaria di destra vascolarizza il nodo senoatriale e il nodo atrioventricolare, il fascio di His e la parte posteriore del setto interventricolare. La coronaria di sinistra vascolarizza, con l’arteria interventricolare anteriore, la parte anteriore del setto interventricolare. Il battito cardiaco (ciclo cardiaco) può essere rilevato dall’elettrocardiogramma, che rileva l’impulso elettrico che passa nel cuore. Registra, quindi, la polarizzazione o la depolarizzazione della membrana in seguito al passaggio dell’impulso generato dai cardiomiociti. Se alcuni cardiomiociti non aspettano “il loro momento” di trasmettere l’impulso nervoso, si generano tanti inneschi di contrazione in zone in cui non dovrebbero esserci: da qui derivano le aritmie. La contrazione, in questo caso, non è efficace. Le aritmie possono essere atriali o ventricolari, e possono portare a un aumento o diminuzione del battito cardiaco. Innervazione estrinseca I chemiorecettori che si trovano nella carotide sono in grado di rilevare dei cambiamenti, e trasmettono tale informazione ai centri cardiovascolari centrali, presenti nel tronco cerebrale. Quindi, dal sistema nervoso centrale, viene rilevato un problema: si avrà quindi una risposta adeguata in base al problema. In seguito a un problema, si può aumentare o diminuire il ritmo del cuore, ma non si può generare. Qui entrano in gioco il sistema simpatico e parasimpatico: il simpatico aumenta il ritmo del battito cardiaco, il parasimpatico lo diminuisce. Il simpatico vasodilata le coronarie, il parasimpatico le vasocostringe. Il cuore è un viscere e sappiamo che, quando il sistema simpatico è attivo, provoca una vasocostrizione a livello degli organi, dato che il sangue deve essere mandato ai muscoli. Quindi, fatta eccezione per le coronarie, per tutto il resto del sistema cardiaco, il simpatico vasocostringe, e il parasimpatico vasodilata. Quando una persona ha un infarto sente un dolore riferito al braccio, alla spalla, allo stomaco… Questo è dovuto a un “impiccio” del sistema nervoso. Ogni organo ha delle fibre sensitive, che controllano il suo stato di salute. Tali fibre escono dall’organo, entrano nel nervo spinale e finiscono nella parte centrale del midollo osseo, che quindi comunica all’encefalo il malessere dell’organo. In questo luogo non arrivano solo le fibre del cuore, ma anche fibre provenienti dagli spazi intercostali. Quindi l’encefalo, per “non sbagliarsi” genera dolore sia al cuore sia ad altre parti del corpo. ARTERIE, VENE E CAPILLARI Le arterie portano il sangue dal cuore all’organismo, grazie al battito del cuore. Per compiere questo compito, le arterie hanno uno strato interno chiamato endotelio e uno strato esterno costituito da fibre muscolari lisce. Il flusso del sangue viene garantito anche dalla contrazione delle arterie, non solo dal battito cardiaco: la parete delle arterie, contraendosi, aiuta il sangue a raggiungere tutto l’organismo. Via via che ci allontaniamo dal cuore, le arterie vengono definite “muscolari”, poiché lo strato muscolare si fa più consistente. Le arterie vicine al cuore (aorta), oltre alle fibre muscolari, hanno anche molte fibre elastiche: infatti, devono resistere alla contrazione del cuore (sistole) e a una pressione molto elevata, potendosi distendere al massimo. Lo stato più esterno protegge il tutto. Le vene garantiscono il ritorno del sangue al cuore, anche contro gravità. Non hanno fibre muscolari, quindi non si contraggono. Il ritorno del sangue al cuore è garantito dai muscoli adiacenti le vene, i quali, contraendosi, permettono al sangue di risalire. Le vene possiedono una spessa tonaca esterna di tessuto connettivo, che permette di mantenere il calibro della vena; se questa non fosse presente, le vene collasserebbero e si formerebbero le varici (soprattutto negli arti inferiori). All’interno delle vene di grosso calibro sono anche presenti delle valvole a nido di rondine, che impediscono al sangue di tornare indietro. I capillari sono l’ultima diramazione delle arterie e la prima diramazione delle vene. Hanno un calibro minimo. La loro funzione è quella di portare ossigeno e nutrimento ai tessuti. La loro parete è semplicemente costituita da cellule endoteliali, che poggiano su una lamina basale: all’interno dei capillari possono scorrere i globuli rossi, e ossigeno e nutrienti possono attraversare l’endotelio. Questa struttura è ideale per favorire il passaggio delle varie sostanze verso i vari tessuti. Questi sono i capillari continui, con cellule endoteliali vicine le une alle altre. Alcuni visceri, come le ghiandole (che secernono ormoni) o i reni (che filtrano il sangue) non possono avere capillari continui, bensì capillari fenestrati. I capillari fenestrati presentano dei pori nell’endotelio, che permettono il passaggio selettivo di alcune sostanze di diametro maggiore rispetto a gas e nutrienti. I capillari discontinui (o sinusoidi) presentano dei varchi molto grandi tra le cellule epiteliali, attraverso i quali possono passare globuli rossi o globuli bianchi. Questi sono presenti a livello del midollo osseo, della milza e del fegato. SISTEMA LINFATICO Il sistema linfatico è un “circuito alternativo” in cui scorre la linfa. La linfa è un liquido che esce dai capillari e si accumula nel tessuto extracellulare; contiene scarti del metabolismo, residui di cellule e il fluido che non viene riassorbito dal letto vascolare. I muscoli del nostro organismo, contraendosi, gestiscono il flusso della linfa. Il sistema linfatico contiene i linfonodi, in cui si trovano cellule del sistema immunitario che “controllano” la linfa (controllano che non ci siano batteri, virus o cellule tumorali). Infatti uno dei compiti del sistema linfatico è la produzione, mantenimento e distribuzione dei linfociti. La linfa che vene raccolta sotto il diaframma, finisce nel dotto toracico principale. Il dotto risale fino all’angolo venoso di sinistra, costituito dalla confluenza tra la giugulare e la succlavia. A destra, nell’angolo venoso, viene raccolta la linfa proveniente dall’arto superiore di destra e dalla testa. Il 90% del liquido che fuoriesce dai vasi ritorna nel circolo, il resto va nella linfa. Il sistema linfatico controlla il volume del liquido presente nel tessuto extracellulare (liquido interstiziale), contiene le cellule del sistema immunitario (linfociti) e produce la linfa. LA GHIANDOLA MAMMARIA È presente sia nell’uomo che nella donna; nella donna ha un volume maggiore, aumentato grazie agli ormoni, prodotti durante il ciclo mestruale o subito dopo il parto (per la produzione di latte). È posta ai lati dello sterno ed è poggiata sul grande pettorale. Va dalla seconda alla sesta costola. Una parte della ghiandola mammaria prende il nome di “processo ascellare”, localizzato nella cavità ascellare. Pur poggiando sul grande pettorale, è separata da questo da una fascia; grazie alla presenza di questa fascia, si può correre senza strappare il muscolo. La ghiandola mammaria è una ghiandola esocrina, tubulo acinosa, che produce latte. È fatta da strutture ghiandolari, chiamate lobuli, che confluiscono nei dotti galattofori. I dotti galattofori arrivano al capezzolo, e servono per far uscire il latte. I lobuli sono sostenuti da tessuto adiposo e dalle fasce di Cooper. Si sviluppa nella pubertà, quando le donne iniziano a produrre estrogeni e progesterone, che agiscono sul sistema di condotti, aumentando la loro lunghezza. I lobuli, per tutta la nostra vita, rimangono di dimensioni costanti. Ogni lobo è fatto da lobuli, costituiti da acini o alveoli. Le cellule alveolari, che producono il latte, sono sopra le cellule mioepiteliali. Hanno caratteristiche sia epiteliali sia contrattili: quando queste cellule si contraggono, determinano la fuoriuscita del latte dall’acino, e quindi dai dotti. Queste cellule rispondono all’ossitocina, ormone prodotto dalla neuroipofisi. Così, dopo il parto, si contraggono i dotti galattofori per l’uscita del latte. L’ossitocina, nei maschi, serve per far contrarre i muscoli della prostata durante l’atto sessuale. Quando la donna non è incinta, l’ossitocina fa contrarre l’utero per accogliere gli spermatozoi. La prolattina, durante il corso della nostra vita, non viene prodotta. Durante il parto, viene prodotta. La prolattina agisce sulle cellule alveolari, determinando la fuoriuscita del latte (che grazie all’ossitocina viene mandato verso l’esterno). Durante l’allattamento, il volume dei lobuli aumenta. Quando si è in gravidanza, gli estrogeni e il progesterone non vengono prodotti, e si blocca il ciclo mestruale: la prolattina può interagire con le cellule alveolari e consentire la produzione di latte. Dopo il parto, cominciano nuovamente ad essere prodotti estrogeni e progesterone, che inibiscono la sintesi della prolattina: la produzione di latte termina. La zona del capezzolo è colorata dall’areola, iperpigmentata. Questo affinché il neonato possa riuscire a distinguere il capezzolo. Quando il neonato si attacca al capezzolo, la secrezione di latte aumenta. La ghiandola mammaria viene drenata, da un punto di vista linfatico, da una serie di vasi che confluiscono nei linfonodi. Abbiamo 5 gruppi di linfonodi ascellari e un gruppo di linfonodi parasternali. Le varie aree della nostra ghiandola mammaria, a seconda della loro posizione, vengono drenate da linfonodi diversi. La linfa prodotta dal quadrante inferiore interno drena nei linfonodi parasternali, gli altri tre quadranti drenano nei linfonodi ascellari. ADDOME La cavità addominale, o meglio cavità addomino pelvica, ha un “tetto” rappresentato dal diaframma, che la separa dalla cavità toracica, ma non presenta alcuna separazione con la pelvi. Ci significa che i visceri della cavità addominale possono entrare nella pelvi e viceversa. Da un punto di vista scheletrico, l’addome presenta l’arco costale, la parte superiore del bacino e le cinque vertebre lombari. La “parete” dell’addome è composta principalmente da muscoli, che si formano a partire dall’arco costale e vanno a chiudere l’addome. Questo perché le variazioni di pressione che si verificano nell’addome non devono impedire i nostri movimenti; al contempo, i muscoli riescono a contenere e proteggere i visceri. La parete muscolare presenta un “tetto” muscolare che anche in questo caso è il diaframma, la parete anterolaterale e la parete posteriore. DIAFRAMMA Il diaframma cambia posizione durante le fasi della respirazione. Presenta una parte centrale tendinea a forma di boomerang, circondata lateralmente da fibre muscolari. Queste sono inserite all’interno del margine costale, e originano dai pilastri del diaframma (strutture muscolari a ridosso della colonna vertebrale). La parte centrale non si contrae, quella circostante è contrattile: quando le fibre laterali si contraggono, la parte centrale si abbassa. Sulla parte tendinea è poggiato il cuore. Nel diaframma troviamo tre iati: lo iato della vena cava inferiore, lo iato dell’esofago e lo iato per l’aorta addominale. Questi iati si trovano in questa posizione per un motivo preciso: - La vena cava “buca” la parte tendinea del diaframma, quindi la contrazione del diaframma stesso non nuoce al lume della vena cava. Lo stato più esterno della vena cava è fissato con il diaframma, quindi la contrazione del diaframma favorisce il ritorno del sangue al cuore. lo iato della vena cava si trova a livello della vertebra T8, ed è il più superiore e il più anteriore. - L’esofago deve far arrivare il bolo dalla faringe allo stomaco, e “buca” il diaframma nella parte muscolare: le fibre del diaframma fanno da sfintere funzionale, e ogni volta che si contraggono chiudono il lume dell’esofago, così che ciò che sta nello stomaco possa non ritornare nell’esofago. Lo iato si trova a livello di T10. - L’aorta deve distribuire il sangue a tutto il nostro organismo. I pilastri del diaframma passano sopra all’aorta come una coperta. Quindi non buca il diaframma. Per questo, anche se il diaframma si contrae, il suo lume non varia. Lo iato si trova a livello di T12. Dalle fibre del diaframma origina il muscolo sospensore di Treitz, che si va a posizionare attorno alla giunzione duodeno digiunale. Tra il duodeno e il digiuno è presente una fessura, e attorno a questa passa questo muscolo. Quando il diaframma si contrae, si contrae anche il muscolo del Treitz, che apre e chiude la piega tra digiuno e duodeno, controllando il passaggio di ciò che deve attraversare questi due comparti. PARETE ANTERO-LATERALE Sotto alla cute, dopo la fascia di Camper, troviamo tessuto adiposo (fascia di scarpa), sotto al quale troviamo tre strati di muscoli disposti l’uno sull’altro. Successivamente è presente la fascia trasversale, poi un’altra fascia di tessuto adiposo periviscerale. Infine il peritoneo, che contiene i visceri addominali. I muscoli che costituiscono la parete antero-laterale dell’addome sono 4. Il muscolo obliquo esterno, il muscolo obliquo interno e il muscolo trasverso dell’addome sono muscoli che hanno le fibre inclinate obliquamente e disposte perpendicolarmente tra loro. La parte muscolare di questi muscoli è laterale e posteriore, mentre anteriormente troviamo solo la parte tendinea, che aumenta la coesione tra i due lati dell’addome e va a creare una sorta di guaina non contrattile. A livello centrale, in particolare a livello della linea alba, le due parti tendinee della metà destra e sinistra si uniscono. La parte tendinea fa da guaina al quarto muscolo dell’addome, che è il muscolo retto dell’addome. Il muscolo retto è verticale, e va dal processo xifoideo dello sterno fino al tubercolo dell’osso del bacino. È un muscolo segmentato, e le fibre muscolari sono interrotte da “linee” orizzontali tendinee. Proprio per la presenza di queste fasce tendinee si forma la “tartaruga”. Nel loro complesso, questi muscoli formano il torchio addominale: ogni volta che varia la pressione all’interno dell’addome (respirazione, tosse, vomito, sforzo…), il torchio addominale fa sì che i visceri possano rimanere al loro posto. I muscoli, ovviamente, sono responsabili anche dei nostri movimenti, delle nostre torsioni. Questa parete, non essendo formata da ossa, è debole: se la pressione aumenta in maniera brusca, i visceri possono sfondarla e formare delle ernie. Le regioni più deboli sono la linea alba e il canale inguinale (che serve per far passare delle strutture dall’interno all’esterno della cavità addominale). PARETE POSTERIORE I muscoli della parete posteriore sono il quadrato dei lombi, il diaframma e una fascia che va dalle prime vertebre lombari al femore. I vasi appoggiati alla parete addominale posteriore sono l’aorta addominale (a sinistra della colonna vertebrale) e vena cava inferiore (destra della colonna vertebrale). L’aorta va da T12 a L4, punto in cui si biforca e origina le due arterie iliache comuni, che a loro volta si biforcano e danno origine all’iliaca interna (vascolarizza l’arto inferiore) e all’iliaca esterna (vascolarizza i visceri nella pelvi). L’aorta, che distribuisce il sangue al disotto del diaframma, dà origine a vari vasi: delle arterie originano dalla parete posteriore dell’aorta e vascolarizzano la parete posteriore dell’addome; queste sono le arterie lombari, e sono arterie pari parietali. Due arterie renali originano dalla parete laterale dell’aorta, e sono rami pari viscerali. Sono presenti le arterie gonadiche, che vascolarizzano l’ovaio o i testicoli. Dalla parete anteriore originano tre rami impari e viscerali: questi sono il tronco celiaco, che subito dopo la sua origine dà origine all’arteria splenica (vascolarizza la milza), l’arteria gastrica sinistra e l’arteria epatica comune. Infine abbiamo l’arteria mesenterica superiore; l’arteria mesenterica inferiore. Le arterie mesenteriche entrano nel mesentere e vascolarizzano tutto l’intestino, sia tenue che crasso. La vena cava, a destra della colonna vertebrale, raccoglie il sangue e lo porta al cuore: origina da L5, in particolare origina dall’unione delle due vene iliache inferiori, e attraversa il diaframma a livello di T8. Rispetto all’aorta, si porta anteriormente. Raccoglie il sangue degli arti inferiori, della parete addominale, dei visceri addominali (tranne i visceri intestinali). Il sangue che ritorna dall’intestino, dallo stomaco e dalla milza finisce nel sistema portale, sistema venoso che comprende la vena Porta. La vena mesentedica superiore, inferiore e la vena splenica non finiscono direttamente nella vena cava inferiore, ma passano per il fegato attraverso la vena porta. Questo perché gli alimenti che assimiliamo possono essere pericolosi per il nostro organismo, e devono essere controllati dal fegato prima di entrare nella vena cava inferiore. PERITONEO È la membrana che avvolge i visceri addominali. Non tutti i visceri contenuti nella cavità addominale sono contenuti nella cavità peritoneale (come pancreas e reni). I visceri che si trovano posteriormente rispetto al peritoneo sono i visceri retro-peritoneali. Nel peritoneo si trovano la maggior parte dei visceri del sistema digerente. I visceri che si trovano nel peritoneo sono i visceri inter-peritoneali. I visceri pelvici (retto, vescica…) sono sotto-peritoneali. Nella cavità peritoneale non è presente un solo viscere, ma molti. Anche in questo caso troviamo il peritoneo parietale e viscerale; a livello dell’intestino, il peritoneo crea dei mesenteri (“ponti”) tra le anse dell’intestino e la parete addominale posteriore, che collegano il viscere con la parete addominale posteriore. Il principale mesentere è il mesocolon traverso, che connette il colon trasverso con la parete addominale posteriore. La parte di peritoneo che connette due visceri si chiama “legamento”. La cavità peritoneale maschile è completamente chiusa, mentre quella femminile presenta un varco, rappresentato dall’ovaio. L’ovaio non è ricoperto da peritoneo, ma si trova nella cavità peritoneale. La tuba uterina collega l’utero e l’ovaio, però non tocca fisicamente l’ovaio: questo spazio può essere attraversato da batteri e virus provenienti dalla vagina, che quindi possono entrare nella cavità peritoneale; da qui deriva la peritonite. Infatti è come se le tube uterine si aprissero direttamente nel peritoneo SISTEMA DIGERENTE I visceri del sistema digerente si trovano nella cavità addomino pelvica. La funzione principale del sistema digerente è quella di poter muoversi (grazie alla contrazione delle fibre muscolari lisce nella parete del tubo digerente) e questa motilità garantisce il movimento del bolo alimentare attraverso l’esofago, il suo mescolamento con succo gastrico nello stomaco e l’assorbimento. Abbiamo poi la secrezione: alcune parti del sistema digerente producono muco o succo gastrico. Un’altra funzione è la digestione: con degli enzimi, molecole grandi vengono tagliate in molecole più piccole affinché possano essere assimilate e utilizzate dalle nostre cellule. Possiamo trovare degli aspetti comuni a tutto l’apparato digerente: questi sono - la struttura microscopica, che prevede sempre la presenza di quattro strati e possiede il sistema di amplificazione (per massimizzare la superficie di contatto); - sistema nervoso enterico: nel nostro sistema digerente sono presenti tantissimi neuroni che, comunicando con il sistema nervoso, garantiscono la peristalsi; - tutto il sistema digerente viene vascolarizzato da rami che si formano dall’aorta addominale, e tutte le vene drenano nella vena porta; - in tutto il nostro sistema digerente sono presenti microrganismi. Struttura microscopica Lo strato più interno è la mucosa, fatta da tessuto epiteliale, che a seconda del viscere avrà caratteristiche diverse; sotto troviamo la sottomucosa, nella quale sono presenti ghiandole che producono muco; successivamente è presente un doppio strato di muscolatura liscia involontaria, longitudinale (esterna) e circolare (interna), che si contraggono in maniera alternata. L’ultimo strato è o il peritoneo o avventizia. Nell’esofago, l’epitelio è pluristratificato; se non fossero presenti tanti strati di cellule, l’esofago verrebbe danneggiato dal passaggio del bolo alimentare. Nello stomaco è presente un epitelio cilindrico semplice, sotto il quale si trovano le ghiandole gastriche. Nel duodeno, digiuno e ileo, che sono i punti in cui viene assorbito ciò che mangiamo, sono presenti delle estroflessioni della mucosa (villi), che aumentano la superficie di assorbimento. Nel basso intestino e nel retto, la mucosa torna piatta. Sistema di amplificazione È presente in ogni punto del sistema digerente: nello stomaco sono presenti delle pieghe, che si distendono quando lo stomaco è pieno affinché possa accogliere più cibo; nell’intestino troviamo i villi. Tutta la struttura del sistema digerente forma un sistema di amplificazione che consente ad un tubo lungo 6 metri di avere una superficie di 6km. Vascolarizzazione I vasi principali sono tronco celiaco, da cui originano vena epatica comune, arteria gastrica di sinistra, e arteria splenica; arteria gastrica di destra, arteria mesenterica superiore e inferiore (che vascolarizzano l’intestino). Originano tutte dall’aorta addominale. Sistema portale La funzione del sistema portale è quello di portare tutto quello che viene drenato dagli organi del sistema digerente prima al fegato e poi alla circolazione (quindi NON direttamente alla vena cava ingferiore). È costituito da capillari venosi, che danno origine a una vena (vena Porta) dalla quale si forma un secondo letto di capillari venosi: la prima rete di capillari venosi si trova nell’intestino; si forma la vena porta, che entra nel fegato; nel fegato si forma un secondo letto di capillari, che distribuiscono ciò che proviene dall’intestino alle cellule del fegato. Ciò che viene dall’intestino è tossico, e prima deve essere controllato dal fegato, poi può essere distribuito alla grande circolazione. La funzione del sistema portale è quella di concentrare le sostanze, che non devono essere diluite con la grande circolazione. Questo sistema mantiene elevata la concentrazione dei nutrienti assorbiti dal tubo digerente e delle tossine provenienti dal biota, che devono passare il filtro epatico, il quale fa una prima elaborazione biochimica delle sostanze e dei nutrienti ed elimina le sostanze tossiche del biota. Sistema nervoso enterico Nel nostro intestino abbiamo 500 milioni di neuroni, che costituiscono il sistema nervoso enterico. I neuroni (cellule del Cajal) agiscono localmente per attivare la peristalsi; queste cellule comunicano con il sistema nervoso, quindi attraverso il simpatico e il parasimpatico le cellule neuronali fanno aumentare/diminuire la peristalsi e la produzione di succo gastrico. La peristalsi è attivata dalle cellule di Cajal, che “parlano” con il sistema nervoso centrale per regolare le funzioni del sistema digerente. Il sistema nervoso enterico determina la contrazione alternata delle fibre circolari e longitudinali. Quando si contraggono le fibre circolari interne si ha la chiusura del lume dell’intestino, quando si contraggono le longitudinali si accorcia: la peristalsi fa sì che il bolo proceda, e frammenta ciò che passa (creando dei pacchetti); in questo modo, si ha il tempo necessario per assimilare ciò che sta nei vari “pacchetti”. Questo fenomeno si verifica principalmente nel colon. La peristalsi dura circa 24h, e durante questo tempo viene assimilato tutto quello che mangiamo. Biota Il biota è la quantità di microrganismi che si trova all’interno del nostro tubo digerente. Nel tubo digerente sono presenti numerosissimi batteri, di numero decisamente maggiore rispetto alle cellule del nostro corpo. Questi batteri ci aiutano nell’assimilare ciò che mangiamo: - Svolgono funzioni metaboliche (assimilazione amminoacidi, sintesi di folato e biotina...); - Stimolano il sistema immunitario, producendo IgA; - Ci proteggono contro altri batteri. Se uno dei batteri del biota che colonizza il tubo digerente esce da questa sede, si verifica una disbiosi, con sviluppo di patologie. SISTEMA DIGERENTE ED EVOLUZIONE Il nostro sistema digerente, da un punto di vista evolutivo, è strettamente legato al nostro sistema nervoso. Ci siamo evoluti quando abbiamo deciso di cuocere il cibo che mangiamo: quindi riusciamo più facilmente ad assimilare le sostanze che mangiamo, di conseguenza catturiamo più facilmente l’energia che ci serve per lo sviluppo della massa cerebrale. Il nostro sistema digerente inizia con la cavità orale, in cui si trovano i denti e la lingua. I nostri denti sono fatti in questo modo perché mangiamo cibi cotti, quindi non abbiamo bisogno di “strappare e triturare”. La lingua è fatta da una superficie superiore e una inferiore. La parte superiore è divisa in apice, corpo e radice. La parte inferiore è costituita da un epitelio molto sottile. La funzione della lingua è quella di formare le parole, di sentire il gusto e di spingere il bolo alimentare verso l’esofago. Sulla superficie sono presenti le papille gustative, recettori in grado di trasformare l’informazione chimica in elettrica. Sulla lingua troviamo sensori per dolce, umami e salato (gusti per vivere), e per amaro e acido (gusti per non morire). Le varie zone dei vari gusti sono associate alla produzione da parte del SNC di mediatori chimici che ci danno una sensazione di piacere (questi mediatori sono endorfine, dopamina, serotonina…). Le ghiandole salivari sono annesse alla lingua e producono la saliva. La saliva contiene lisozimi che hanno funzioni sia digestive (degradano e riducono gli elementi più grandi) sia protettive. Le ghiandole salivari sono maggiori o minori. La principale ghiandola salivare è la parotide. La lingua è fondamentale nella deglutizione: questo muscolo serve per impastare ciò che mangiamo con la saliva, e spinge posteriormente il bolo alimentare verso l’esofago. L’epiglottide è una struttura cartilaginea che fa parte della laringe, e ha il compito di chiudere il varco verso la trachea quando entra in contatto con il bolo; quindi, il bolo alimentare è costretto a prendere la via dell’esofago. L’ESOFAGO Dopo che il bolo alimentare ha passato questa regione, entra nell’esofago. L’esofago è diviso in parte cervicale, toracica e addominale. Il lume dell’esofago è solitamente chiuso (collassato) in assenza del bolo alimentare; infatti la parete anteriore aderisce con la parete posteriore. L’esofago va dall’orofaringe fino al cardias, a livello del quale si apre e diventa stomaco. Nel suo percorso, l’esofago presenta dei restringimenti: uno superiore, causato dalla cartilagine cricoidea (che fa parte della laringe), uno toracico, causato dalla vicinanza con l’aorta e il bronco di sinistra; l’ultimo restringimento corrisponde al punto in cui l’esofago attraversa il diaframma. Il restringimento superiore e inferiore sono funzionali: determinano l’apertura e la chiusura dell’esofago. Lo sfintere superiore è causato dalla presenza di muscoli della faringe che, passando attorno all’esofago, ne chiudono il lume; in questo modo viene impedito il passaggio di aria nello stomaco e impedisce il reflusso retrogrado dall’esofago verso la faringe. Lo sfintere inferiore è dato dalle fibre del diaframma che si avvolgono attorno all’esofago: impedisce al succo gastrico di passare dallo stomaco all’esofago (impedisce il reflusso gastro-esofageo). Immediatamente sotto a questo sfintere c’è mucosa che produce il succo gastrico, e dato che l’esofago non è fatto per entrare in contatto con questa sostanza, allora è fondamentale questo secondo sfintere. Il flusso nell’esofago è involontario (posso impedire la deglutizione ma non il flusso del bolo alimentare lungo l’esofago), quindi è gestito dal simpatico e dal parasimpatico, che garantiscono la peristalsi. L’esofago viene vascolarizzato da arterie diverse. A livello addominale viene vascolarizzato da rami dell’arteria gastrica di sinistra, che origina dal tripode celiaco. Viene drenato da vene esofagee che finiscono nella vena gastrica di sinistra, la quale è un ramo che porta il sangue nella vena Porta e quindi nel fegato. Se il fegato è ammalato e non riesce a ricevere il sangue proveniente dai vari distretti, anche dall’esofago, il sangue tende a ristagnare (in questo caso) nell’esofago. Le vene esofagee sono superficiali, si trovano nella sottomucosa, e se si ha un accumulo di sangue si formano delle varici; se viene mangiato qualcosa di più rigido, queste vene possono essere danneggiate e avviene un’emorragia; il sangue finisce nello stomaco. Questo fenomeno può addirittura portare alla morte. Microscopicamente, come tutti i visceri del sistema digerente, l’esofago presenta quattro strati: mucosa, sottomucosa, doppio strato di muscolatura, peritoneo o avventizia. Anche l’esofago possiede un sistema di amplificazione: la mucosa e la sottomucosa formano delle pieghe, che si estendono ogni volta che passa il bolo alimentare. La mucosa presente sulla superficie di questa struttura è fatta da epitelio pluristratificato (più strati di cellule sono funzionali a evitare un danneggiamento dell’esofago nel momento in cui passa il bolo alimentare); per garantire il passaggio nell’esofago, deve essere prodotto muco dalle ghiandole esofagee, che si trovano nella sottomucosa. Troviamo ovviamente lo strato interno circolare e lo strato esterno longitudinale, che permettono la peristalsi. Alla fine, l’esofago diventa stomaco. Questo punto rappresenta il cambio tra mucosa esofagea e mucosa gastrica. Tale limite è rappresentato dalla linea zig-zag. L’esofago possiede delle ghiandole che si trovano nella sottomucosa, ma nella porzione terminale è necessario un doppio strato di ghiandole, che garantiscono una quantità sufficiente di muco tale da proteggere l’esofago dal succo gastrico prodotto dalle ghiandole dello stomaco. Se lo sfintere inferiore non funziona perfettamente, si ha un’ernia iatale (lo stomaco passa al di sopra del diaframma ed entra in contatto con l’esofago). Associata all’ernia iatale, abbiamo anche il reflusso gastro-esofageo. STOMACO Lo stomaco è un viscere addominale. Si trova in parte all’interno della gabbia toracica, in particolare va dalla sesta alla nona costa. Occupa l’ipocondrio di sinistra e l’epigastrio. In alcuni casi possiamo trovarlo anche nel mesogastrio o nella regione ombelicale. Presenta due facce: anteriore e posteriore. È un viscere intra-peritoneale, rivestito da peritoneo. In parte, la faccia anteriore dello stomaco è coperta dal fegato. La faccia posteriore è appoggiata sul letto dello stomaco, fatto dal pancreas, dal colon e dal mesocolon trasverso. Il mesocolon trasverso è uno dei ponti formato dal peritoneo. Lo stomaco presenta due margini, uno maggiore e uno minore: sono la grande curvatura dello stomaco e la piccola curvatura dello stomaco. La prima è rivolta verso il fegato, l’altra è rivolta verso sinistra. Sono connesse con delle strutture del peritoneo: dalla piccola curvatura si forma il piccolo omento (o legamento gastro-epatico), mentre dalla grande curvatura si forma il grande omento, che discende lungo la parete addominale anteriore, e separa le anse intestinali dalla parete addominale anteriore. Troviamo due aperture. L’apertura superiore è il cardias; l’altra si chiama piloro. La prima non è munita di sfintere anatomico (ma funzionale); l’altra presenta un vero e proprio sfintere anatomico, che chiude lo stomaco e regola il passaggio delle sostanze dallo stomaco al duodeno. È diviso in diverse regioni: cardias, fondo (è la parte più superiore del viscere), corpo dello stomaco, regione pilorica. A seconda dell’aspetto fisico del soggetto, lo stomaco può assumere diverse forme. Nei soggetti anziani o molto magri può addirittura raggiungere la pelvi. Le varie regioni dello stomaco funzionano in maniera diversa. La funzione principale, comune a tutte, è quella di produrre succo gastrico. Il fondo dello stomaco rimane sempre vuoto, e presenta la bolla gastrica. È necessario uno spazio che non si riempia mai affinché il bolo alimentare si mescoli perfettamente con il succo gastrico. Rapporti topografici Anteriormente lo stomaco è in contatto con il fegato, esclusa una piccola regione che è in contatto direttamente con la parete addominale anteriore. Posteriormente, a livello della regione splenica, lo stomaco è in contatto con la milza. Superiormente è in contatto con il diaframma. È in contatto anche con la ghiandola surrenalica e il rene di sinistra. Più in basso, lo stomaco è in contatto con il pancreas, con il mesocolon e con il colon trasverso, che costituiscono il leto dello stomaco. Lo stomaco viene vascolarizzato da rami che derivano dal tripode celiaco. Nella grande e nella piccola curvatura ci sono le arterie principali che vascolarizzano lo stomaco. Nella piccola curvatura troviamo l’arteria gastrica di sinistra e l’arteria gastrica di destra. La grande curvatura è vascolarizzata dalla gastro-epiploica di destra e gastro-epiploica di sinistra (da epiploon → grande omento) La gastrica di sinistra è un ramo diretto del ramo celiaco; l’arteria di destra deriva dall’arteria epatica comune; le gastro-epiploiche derivano dall’arteria splenica (sx) e dall’arteria gastro duodenale (dx). Le vene che drenano lo stomaco sono la vena gastrica di destra e sinistra e la vena gastro-epiploica destra e sinistra. Tutte queste vene finiscono nella vana Porta, quindi nel fegato. Il simpatico e il parasimpatico innervano lo stomaco. Il simpatico inibisce la peristalsi, il parasimpatico l’aumenta. Il simpatico vasocostringe, il parasimpatico vasodilata. Il parasimpatico gestisce la contrazione dello stomaco in maniera involontaria, e garantisce la digestione. Il parasimpatico arriva sullo stomaco grazie al nervo vago. L’interno dello stomaco presenta delle pieghe. Le pieghe sono evidenti se lo stomaco è vuoto, se è pieno si distendono. Corrispondente alla piccola curvatura dello stomaco c’è il canale gastrico: il cibo che entra nello stomaco, grazie a questo distretto, arriva a livello del piloro, dove ci sono cellule che producono la gastrina, che serve per stimolare le altre cellule dello stomaco a produrre succo gastrico. Il piloro è uno sfintere anatomico regolato dagli ormoni. Microscopia dello stomaco Lo stomaco presenta una superficie interna con un aspetto “a mora”: ogni “pallino” si chiama cellula propria dello stomaco. Queste cellule producono muco: il succo gastrico ha pH 2, e se questo succo entrasse direttamente in contatto con le cellule dello stomaco si avrebbe un’autodigestione dello stomaco. Il muco ha quindi una funzione protettiva. Le cripte gastriche sono l’apertura della ghiandola gastrica, che è fatta da cellule dello stomaco specializzate. Le ghiandole si trovano a livello della mucosa. L’epitelio è cilindrico semplice, e se entra nella “fossetta” si specializza a formare la ghiandola gastrica. Nella ghiandola gastrica si trovano cellule che producono muco, cellule parietali (che producono HCl) e cellule principali (che producono pepsinogeno). Il pepsinogeno è un enzima che viene prodotto in forma inattiva, e che si trasforma in pepsina sotto l’effetto di acido cloridrico. La pepsina riesce a “tagliare” ciò che arriva con il bolo alimentare. L’HCl potrebbe attivare il pepsinogeno prodotto già all’interno ghiandola, causando un’autodigestione della ghiandola stessa: la funzione delle cellule che producono muco nella ghiandola è proprio quella di proteggere la ghiandola. La ghiandola gastrica che si trova nel fondo dello stomaco o vicino al cardias, produce principalmente muco (il fondo, infatti, resta sempre vuoto, e non ha senso la produzione di succo gastrico). Le ghiandole del corpo producono succo gastrico. Le ghiandole a livello del piloro, oltre a succo gastrico e muco, producono la gastrina: quando il cibo entra in contatto con il piloro, la gastrina (ormone prodotto dalle cellule G) entra in circolo nello stomaco, e stimola le ghiandole gastriche del corpo dello stomaco a produrre succo gastrico. Le cellule parietali, oltre a HCl, producono il fattore intrinseco che serve per l’assorbimento della vitamina B12, fondamentale per stimolare il midollo osseo a produrre globuli rossi. La somatostatina viene prodotta per ridurre la secrezione acida, l’istamina aumenta la secrezione acida. Un altro ormone che regola il senso di sazietà e di digiuno è la grelina, che viene prodotta quando lo stomaco è vuoto; quando lo stomaco è pieno, i livelli di grelina si abbassano e si prova il senso di sazietà. La grelina agisce anche sul SNC, decidendo vari comportamenti, tra cui quello di evitare di andare al supermercato quando abbiamo fame (per evitare di mangiare qualsiasi cosa). Assieme all’insulina e alla leptina, quindi, gestisce il senso di sazietà e di fame. In particolare, l’insulina inibisce l’appetito. La muscolatura dello stomaco è particolare: oltre ai due strati di muscolatura liscia (circolare interno e longitudinale esterno), troviamo un terzo strato, chiamato obliquo, che è il più interno di tutti. Quando il cibo entra nello stomaco, le fibre oblique si contraggono e il bolo viene mandato verso il piloro. Quando si contraggono le fibre circolari si chiude il lume, quando si contraggono le fibre longitudinali è come se la J dello stomaco si accorciasse. INTESTINO TENUE Subito dopo lo stomaco troviamo l’intestino. Ha sia funzioni digestive sia di assimilazione. L’intestino tenue è diviso in duodeno, digiuno e ileo. Il duodeno è lungo 12 dita; il digiuno si chiama così perché nel cadavere è sempre vuoto; l’ileo si trova nella regione iliaca. Il duodeno inizia a livello dello sfintere pilorico e continua fino al digiuno; tra il duodeno e il digiuno si trova la flessura duodeno-digiunale. Tra digiuno e ileo non c’è nessun punto di demarcazione. L’ileo si getta all’interno del grosso intestino attraverso la valvola ileo-cecale. L’intestino tenue occupa quasi tutti i quadranti dell’addome, specialmente il mesogastrio e i fianchi. Svolge funzioni di digestione, assorbimento, sorveglianza immunologica e motilità (peristalsi). La digestione è svolta SOLO all’interno del duodeno, dove vengono riversati il succo pancreatico e la bile. Il digiuno e l’ileo hanno funzioni principalmente di assimilazione. Il duodeno ha una forma a C; nella concavità della C è presente la testa del pancreas. La fessura duodeno-digiunale è determinata dal legamento sospensorio del Treitz: quando il muscolo si contrae, la piega si apre e si chiude. Il duodeno è un viscere quasi completamente retro- peritoneale. Solo la parte iniziale è peritoneale. Dato che è un viscere appoggiato alla parete addominale posteriore, il duodeno va da L1, discende sul lato destro della colonna vertebrale fino a L4 e poi risale fino a L3. Si trova per la maggior parte sulla destra della colonna vertebrale. Può essere diviso in: - Parte orizzontale, l’unica peritoneale; ha rapporti con il fegato e la colicisti; - Parte discendente, parallela alla colonna vertebrale; ha rapporti con il rene di destra e con i vasi che entrano ed escono nel rene di destra; al suo interno sono presenti due aperture: la papilla duodenale maggiore e minore, che collegano il duodeno con la colicisti e il pancreas. Nella papilla duodenale maggiore arrivano il dotto pancreatico principale (o dotto del Wirsung) e il coledoco: tutto quello che producono il pancreas e il fegato, arriva nel duodeno grazie a questa papilla (ecco perché il duodeno ha ancora una funzione digestiva). Il succo pancreatico contiene enzimi che continuano a tagliare ciò che proviene dallo stomaco per renderlo più assimilabile; la bile è una sostanza che serve per assimilare i lipidi. Nella papilla duodenale minore arriva solo il dotto pancreatico. Dato che ha ancora funzione digestiva, il duodeno è rivestito da muco. - Parte trasversa, che attraversa la colonna vertebrale; posteriormente troviamo la vena cava inferiore e l’aorta addominale e anteriormente sono presenti l’arteria e vena mesenterica superiori. Quindi la parte trasversa del duodeno si trova in un angolo venoso; se questo angolo si riduce, ciò che sta nel duodeno non può fluire nel digiuno; - Parte ascendente, che si continua con il digiuno. Si trova a sinistra della colonna vertebrale; non ha nessun rapporto. Ovviamente, il rapporto principale del duodeno è con la testa del pancreas. Nel duodeno ci sono delle cellule che producono ormoni: dato che è a diretto contatto con il fegato e il pancreas, il duodeno stimola il fegato a produrre bile e il pancreas a produrre succo pancreatico. La secretina induce la secrezione sia da parte del fegato che da parte del pancreas. La colecistochinina stimola la colicisti a riversare la bile nel duodeno. La pancreozimina stimola il pancreas a riversare il suo contenuto nel duodeno. DIGIUNO E ILEO Costituiscono la seconda parte dell’intestino tenue. Il digiuno inizia a livello della flessura duodeno- digiunale. Tra digiuno e ileo non c’è alcuna demarcazione fisica. Tra questi esistono solo differenze microscopiche. Nella valvola ileo-celale, l’ileo si “getta” nel ceco, la prima parte del grosso intestino. Il digiuno si trova nella regione del mesogastrio, spostato sulla sinistra, l’ileo occupa il quadrante inferiore destro. Le loro anse sono rivestite da peritoneo, quindi sono visceri completamente peritoneali. Il peritoneo forma dei collegamenti con la parete addominale posteriore, chiamati mesenteri. Questi servono per far passare i vasi e i nervi provenienti dalla parete posteriore, che devono raggiungere le anse dell’intestino. Se togliessimo tutte le anse dell’intestino, riusciremmo a vedere la radice del mesentere. Ileo e digiuno vengono vascolarizzati da rami dell’arteria mesenterica superiore, e vengono drenati dalla vena mesenterica superiore, che porta il sangue nella vena Porta. Differenze: all’interno del digiuno sono presenti dei ripiegamenti, chiamati valvole conniventi (sistema di amplificazione). Nell’ileo le valvole conniventi sono più piatte, meno marcate. Nell’ileo, inoltre, sono presenti dei “puntini” (placche del Peyer) che sono aggregati di linfociti, talmente tanto grandi che si possono osservare anche a livello macroscopico. Allontanandosi dallo stomaco si deve infatti aumentare la componente immunitaria, poiché diminuisce l’azione antibatterica del succo gastrico. Nelle anse del digiuno è presente una fitta rete vascolare, più diluita nel digiuno. Il digiuno, quindi, ha un ruolo maggiore nell’assorbimento. Il sistema di amplificazione serve per aumentare la superficie di contatto con gli alimenti. I 6 metri di intestino sono ripiegati in anse; mucosa e sottomucosa sono ulteriormente ripiegate nelle valvole conniventi, e viene aumentata la superficie. La mucosa forma delle estroflessioni chiamate “villi intestinali”. Gli enterociti (cellule epiteliali intestinali) hanno sulla loro superficie apicale dei microvilli. In questo modo la superficie di assorbimento viene amplificata fino a raggiungere i 6km. La mucosa, oltre ai villi, forma anche delle invaginazioni. Le cripte del Lieberkuhn sono delle fossette rivestite da enterociti, e all’interno di queste sono presenti sia cellule staminali sia cellule che producono ormoni (secretina, colecistochinina…gli stessi del duodeno). Il villo è fatto dall’estroflessione della sola mucosa. È formato da enterociti e da cellule che producono muco, che assorbono carboidrati, proteine e glucidi. All’interno troviamo un capillare arterioso e un capillare venoso: ciò che viene assorbito finisce nel capillare venoso, che a sua volta finisce nella vena mesenterica superiore, che si getta nell’aorta. Nel villo troviamo anche il vaso chilifero, che appartiene al sistema linfatico: gli enterociti, grazie alla bile, assorbono anche i lipidi, che finiscono nel vaso chilifero; quindi non arrivano direttamente nel fegato, ma si diluiscono nella grande circolazione. Solo a questo punto i lipidi arrivano al fegato. Se i lipidi arrivassero tutti insieme al fegato, intaserebbero i suoi capillari, dato che sono delle macromolecole. Quindi in un villo troviamo sia i vasi sanguigni sia il vaso chilifero. Solo nella sottomucosa del duodeno ci sono le ghiandole del Brunner: nel duodeno arriva direttamente il succo gastrico, e il muco prodotto da queste ghiandole ha il compito di tamponare l’acidità del succo gastrico. Ovviamente, sono ancora presenti la muscolatura liscia interna circolare ed esterna longitudinale che riescono a compiere la peristalsi. GROSSO INTESTINO Ha un lume maggiore rispetto all’intestino tenue. Può essere diviso in sei parti. Ha funzioni di riserva, immunologiche (sono presenti aggregati di linfociti perché la concentrazione di batteri è molto elevata) e di immunità. Ha anche una minima funzione di assorbimento, in particolare è in grado di assorbire l’acqua. Le feci arrivano liquide nell’intestino tenue, e affinché possano diventare solide deve essere assorbita l’acqua. Occupa i quadranti laterali e inguinali dell’addome, e solo una parte del grosso intestino che va da destra a sinistra dell’addome occupa il mesogastrio. - La prima parte è il ceco, e grazie alla valvola ileo-cecale ciò che proviene dall’ileo passa al grande intestino. Presenta l’appendice vermiforme. - La seconda parte è il colon ascendente che, quando raggiunge il fegato forma una piega (flessura). Tale piega si chiama flessura epatica (o colica di destra). - Il colon trasverso va da destra a sinistra e attraversa completamente l’addome. Troviamo una seconda flessura, chiamata splenica (o colica di sinistra), che si trova più in alto rispetto alla flessura colica di destra. - Il colon discendente raggiunge la regione inguinale di sinistra. - Si forma il colon sigmoideo. Presenta questa struttura perché il retto si trova appoggiato al sacro, quindi il grande intestino deve passare da anteriore (inguine) a posteriore (sacro). - Il tutto termina con il retto. Il grosso intestino è in parte peritoneale e in parte retroperitoneale: il cieco, il colon ascendente e discendente sono retroperitoneali. L’appendice vermiforme, il colon trasverso e il colon sigmoideo sono peritoneali. Il retto appartiene alla pelvi, ed essendo pelvico non ha nulla a che vedere con il peritoneo. L’appendice vermiforme ha una parete ricca di tessuto linfatico, quindi è come se fosse una “riserva” di sistema immunitario, che in alcune occasioni riesce a liberare i linfociti che vanno sorvegliare il resto del grosso intestino. La parete dell’appendice è molto sottile, e se è infiammata può lacerarsi: le feci che si trovano al suo interno possono uscire nella cavità peritoneale e provocare la peritonite. Colon ascendente, trasverso e discendente formano le feci. Rispetto al piccolo intestino, oltre alla dimensione del lume, troviamo come differenza anche la presenza delle Haustre coli (tasche): a intervalli regolari la parete dell’intestino crasso si stringe leggermente. Un’altra caratteristica sono le Tenie coli (sono tre, libera, omentale e mesocolica). Nel grosso intestino lo strato longitudinale si raggruppa e forma tre nastri, che sono le Tenie coli. Da questi nastri si formano, a intervalli regolari, delle fibre che piegano a 90° (pieghe semilunari), le quali vanno a raddoppiare lo strato muscolare circolare. In questi punti, quindi, si forma un restringimento, e si costituiscono le Haustre coli. Le feci devono sostare nelle varie “taschine” per tempo necessario affinché possa essere assorbita l’acqua. “Di tasca in tasca” le feci diventano più solide. Passano alla tasca successiva grazie alla contrazione della tenia coli. La mucosa del grosso intestino è piatta: non sono presenti i villi intestinali, perché deve essere solo riassorbita l’acqua. Sono presenti delle cellule che producono muco per lubrificare la superficie della mucosa per riuscire a far scorrere le feci solide. Nel grosso intestino sono presenti numerosissimi batteri, che producono molte sostanze di scarto, per questo sono presenti aggregati di linfociti molto grandi che permettono un’importante sorveglianza immunologica. La parte destra viene vascolarizzata dall’arteria mesenterica superiore. La parte sinistra viene vascolarizzata dall’arteria mesenterica inferiore. Viene drenato dalla vena mesenterica superiore e inferiore. La vena mesenterica inferiore finisce nella vena splenica, e assieme finiscono nella vena Porta.