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Università di Ferrara

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hematology hematopoiesis anemia medical notes

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This document provides a summary of the first lecture on hematology, covering hematopoiesis, different types of blood cell production, and various types of anemia. It discusses the role of the bone marrow, factors of growth, and the different types of blood cells such as RBCs and WBCs.

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EMATOLOGIA LEZIONE 1 EMOPOIESI : processo fisiologico di produzione delle cellule del sangue il midollo osseo è il principale organo ossa piatte. Processo fisiologico di produzione delle cellule del sangue ◼ Il midollo osseo è il principale organo emopoietico ◼ Attività localizzata prevalentemente a...

EMATOLOGIA LEZIONE 1 EMOPOIESI : processo fisiologico di produzione delle cellule del sangue il midollo osseo è il principale organo ossa piatte. Processo fisiologico di produzione delle cellule del sangue ◼ Il midollo osseo è il principale organo emopoietico ◼ Attività localizzata prevalentemente a livello vertebre, sterno, costole, ali iliache ◼ Il tessuto emopoietico costituisce il 4-6% del peso di un individuo A livello midollare sono l 3 filiere emopoietiche ◼ F. eritroide produce 3 x 10^9/Kg di globuli rossi al giorno ◼ F. mieloide produce 0.8 x 10^9/kg globuli bianchi al giorno ◼ F. megacariocitaria produce 1.5 x 10^9 piastrine al giorno Dal midollo parte la cellula staminale : no differente alle altre cellule La cellule staminale se ha due caratteristiche : ◼ Il midollo ha la capacità di rigenerare le cellule ematiche senescenti per opera delle cellule staminali ◼ La cellula staminale ha 2 caratteristiche: ◼ Automantenimento ◼ Capacità di differenziarsi ◼ Marcatore della cellula staminale: CD34 automantenimento e capacità di differenziarsi possiamo studiare cellule staminali con il marcatore della cellula staminale (capire quante cellule abbiamo) : cd34 emopoiesi: emopoietica=> differenziazioni cellule ha come differenziazione cd34. ( tutti elementi derivano da cellule staminali) citochine per la produzione di diversi elementi. produce eritropoietina=> aumento glob rossi EMOPOIESI AMBIENTALE : microambiente adatto per l'emopoiesi è costituito: cellule staminali cellule stromali che producono i fattori di crescita matrice extracellulare nella quale le cellule staminali crescono e si dividono (molecole di adesione) ← i passaggi si possono alterare e quindi a lettere processo emopoiesi FATTORI DI CRESCITA : che aumentano proliferazione, granulociti colonie stimolanti fattori (g-csf) ◼ Sono citochine, prodotte dalle cellule stromali ed immunitarie che regolano: - la differenziazione - la proliferazione delle cellule progenitrici Esempi: ◼ Granulocyte colony stimulating factor (G-CSF) ◼ Granulocyte-macrophage CSF (GM-CSF) ◼ Eritropoietina (EPO) ◼ Etc.: IL3, M-CSF, TPO Nel midollo poi abbiamo fasi differenziazione dalla cellule staminale alla differenziazione fino al globulo rosso. scopo arrivare al globulo rosso: trasp sotto ossigeno. viene prodotta eritropoietina ERITROPOIESI ◼ Cellula staminale – precursori eritroidi – globuli rossi ◼ Scopo dell’eritropoiesi: formare GR contenenti emoglobina ◼ Fattore di crescita più importante: EPO secreta a livello renale ◼ Globulo rosso giovane: reticolocito (0.5-2% dei GR circolanti) Mielopoiesi: ◼ Cellula staminale - precursori mieloidi - elementi maturi ◼ Scopo: produzione di: ◼ Neutrofili: protezione agenti infettivi ◼ Eosinofili: attività citotossica contro gli elminti ed inibizione delle reazioni di persensibilità ◼ Basofili: reazioni di persensibilità ◼ Monociti: funzioni di difesa Stages of neutrophil development MIELOPOIESI Fattori di crescita: ◼ Fattori di crescita: ◼ G-CSF (Granulocyte Colony Stimulating Factor) ◼ GM-CSF (Granulocyte Monocyte CSF) ◼ M-CSF (Monocyte CSF) ◼ IL3 (Interleukin 3) ◼ IL4 ◼ IL5 LINFOPOIESI ( solo in parte midollare): Produzione parte di globuli bianchi. producono linfociti dalla cellula staminale. per produrlo ha bisogno dei recettori. Processo che porta alla formazione dei linfociti che svolgono un ruolo importante nella risposta immunitaria. ◼ linfociti B (10-15%): - marcatori CD19-CD20 ◼ linfociti T (70-80%%): - marcatori CD2-CD3: - rapporto CD4/CD8 (v.n. 1,3-2,5) ◼ cellule NK (circa il 15%): - marcatore CD16 COME VALUTARE EMOPOESI: Emocromo: esame lab che provetta EDTA, anticoagulante. valuta il numero e le caratteristiche delle cellule dle sangue periferico che valuta il numero (conteggio) e le caratteristiche delle cellule del sangue (globuli rossi, globuli bianchi, piastrine e cellule anomale). Esame del midollo : - aspirato midollare preleviamo dal tessuto midollare , esame citologico - biopsia ossea : esame istologico, prendo un pezzo di osso. Valutazioni: - morfologiche - 2 livello immunologiche quali marcatori hanno cellule e - indagini genetico molecolari come avviene la procedura: prelevo del midollo osseo: ago sangue midollare nel vetrino, strisciato colorato biopsia midollare: sede Cresta iliaca postero-superiore , svolto con un ago. vetrino: frustoli di sangue midollare. ossea: sempre con un ago colata di tessuto osseo Midollo osseo normale: al microscopio ottico dopo colorazione May Grunwald Giemsa COS’è UN EMOCROMO ? è un esame che viene prelevato da vena periferica, provette con anticoagulante edta. Esame di laboratorio effettuato mediante un prelievo di sangue periferico che valuta il numero (conteggio) e le caratteristiche delle cellule del sangue (globuli rossi, globuli bianchi, piastrine e cellule anomale) 2. esame del midollo ◼ Aspirato midollare ◼ Biopsia ossea ◼ Valutazioni - Morfologiche - Immunologiche - Genetico molecolari ERITROCITA: Cellula anucleata a forma di disco biconcavo che trasporta mediante l’Hb l’ossigeno ai tessuti. ◼ Vita media 120 giorni. ◼ Indici eritrocitari: - MCV ( volume globuli rossi) : volume corpuscolare medio (HCT x 10/ n° GR) v.n. 80-95 fL - MCH: contenuto emoglobinico (Hb/n° GR) v.n. 27-33 pg - MCHC: concentrazione emoglobinica corpuscolare media (Hb x 100/HCT) v.n. 33-35 g/dL Eritrociti o globuli rossi ◼ Morfologia degli eritrociti utile nell’inquadramento diagnostico di numerose malattie ematologiche ◼ Macrociti ◼ Microciti ◼ Schistociti: frammenti eritrocitari (anemie microangiopatiche) ◼ Dacriociti: cellule a lacrima o racchetta (mielofibrosi) ◼ Sferociti: sferocitosi ◼ Ellissociti: ellissocitosi ◼ Codociti: cellule a bersaglio (talassemia) ◼ Acantociti: cellule con spicule a dispozione irregolare ◼ Echinociti: emazia con proiezioni corte e regolari ANEMIA SIDEROPENICA: MICROCITI: più piccoli MACROCITI ANEMIA A CELLULE FALCIFORMI TARGET CELLS CORPI DI HOWELL-JOLLY VOLUME CORPUSCOLARE MEDIO : con un semplice emocromo posso individuare quale tipo di anemia ha il pz. ◼ MCV : v.n. 80-95 fl - MCV= Hct x 10/n° di GR 10^6 ul Utile nella classificazione delle anemie ◼ Anemie microcitiche: Anemia sideropenica Talassemia ◼ Anemie macrocitiche: Deficit vitamina B12 Deficit di folati Sindromi mielodisplastiche RETICOLOCITA (V.N. 0,8-2,5 % DEI GR) RETICOLOCITI: globuli rossi giovani: quando li valuto? se sono bassi si fanno esami nel midollo osseo, altrimenti si faranno altri esami. Cellula priva di nucleo precursore del GR: GR giovane - Il valore dei reticolociti è influenzato dal grado di anemia e va corretto per l’Hct.: % corretta di reticolociti = % reticolociti * Hct del paziente/Hct normale l conteggio dei reticolociti è indice dell’attività eritropoietica midollare: - ridotti nelle anemie da ridotta produzione eritrocitaria - aumentati nelle anemie da ridotta sopravvivenza eritrocitaria ANEMIA: riduzione livelli emoglobina sotto 13gr uomo e 12 gr donna (v.n. uomo 13-17 g/dL, donna 12-15 g/dL). Proteina tetramerica che lega l’ossigeno e lo cede ai tessuti. Costituita da due coppie di catene polipeptidiche (alfa e beta) ciascuna collegata con un radicale di eme. In condizioni normali (elettroforesi dell’emoglobina. ): ◼ 97% HbA: 2 catene alfa e 2 catene beta ◼ 2-3% Hb A2: 2 catene alfa e 2 catene delta ◼ 100 ml/ora (diuretici) ◼ Terapia eparinica in caso di CID associata a plasma fresco e/o piastrine ◼ Dialisi in caso di insufficienza renale acuta ANEMIE EMOLITICHE DA AUTOANTICORPI Produzione di autoanticorpi da parte di “cloni linfocitari B proibiti” Eziologia ignota nel 50% dei casi Può far parte del quadro clinico in: ◼ Malattie linfoproliferative ◼ Connettiviti ◼ Neoplasie ◼ Malattie infettive Autoanticorpi caldi (incompleti): ◼ IgG, in genere policlonali che legano le emazie tra 0-40 °C (optimum a 37°C) ◼ Reagiscono con strutture del sistema Rh: antigene (e) ◼ Non agglutinano le emazie (incompleti) ◼ Non sono in grado di attivare il complemento ANEMIE EMOLITICHE DA AUTOANTICORPI Anticorpi freddi (completi): ◼ IgM, poli- o monoclonali, presenti nel siero ad alto titolo ◼ Hanno potere agglutinante (completi) ◼ Range termico 0-32 °C (massima attività a 4°C): crioagglutinine ◼ Rivolti per lo più contro l’antigene I ◼ Sono in grado di attivare il complemento ​ Emolisi intravascolare: gli anticorpi si legato in quantità adeguata tra 15-32°C, attivazione del complemento con massima attività a 40°C ANEMIE EMOLITICHE DA AUTOANTICORPI Anticorpi bitermici: ◼ IgG che si legano alle emazie tra 0-20 °C ◼ Sono in grado di fissare il complemento ◼ La cascata complementare si attiva a 37°C con lisi in circolo delle emazie ◼ Riconoscono antigeni eritrocitari del sistema P ANEMIE EMOLITICHE DA AUTOANTICORPI Test di Coombs diretto: ◼ Consente di svelare la presenza di anticorpi o frazioni del complemento sulla superficie delle emazie Test di Coombs indiretto: ◼ Svela la presenza di anticorpi antieritrocitari incompleti nel siero del paziente ◼ Ricerca delle crioagglutinine: ◼ Incubazione delle emazie a 4°C con il siero in esame ANEMIE EMOLITICHE DA AUTOANTICORPI Emolisi intravascolare: ◼ Avviene in presenza di elevati titoli di anticorpi bitermici o freddi capaci di attivare il complemento ◼ Distruzione delle emazie in circolo ◼ Emoglobinemia ◼ Emoglobinuria in caso di saturazione dell’aptoglobina Emolisi extravascolare: ◼ Avviene in presenza di anticorpi completi agglutinanti e di anticorpi incompleti incapaci di attivare completamente la cascata complementare ◼ Le emazie sensibilizzate vengono eliminate dal sistema fagocitario (milza e fegato) ANEMIE EMOLITICHE AUTOIMMUNI A DECORSO ACUTO ◼ Definizione ◼ Anemia emolitica da anticorpi antieritrocitari idiopatica o secondaria a a malattie virali (Mycoplasma, EBV), a somministrazione di farmaci, a neoplasie o connettiviti. ◼ Più frequentemente sostenuta da anticorpi caldi, raramenteda anticorpi freddi ANEMIE EMOLITICHE AUTOIMMUNI A DECORSO ACUTO ◼ Sintomatologia: ◼ Febbre elevata, malessere, cefalea, dolore lombare, astenia grave, itero franco, emissione di urine color marsala (eventualmente emoglobinuria), feci ipercromiche ◼ Modesta epatosplenomegalia ◼ Cianosi delle parti distali se anticorpi freddi ANEMIE EMOLITICHE AUTOIMMUNI A DECORSO ACUTO ◼ Laboratorio ◼ Sangue periferico: sferociti, leucocitosi, reticolcitosi ◼ Ipersideremia, iperbilirubinemia indiretta, aumento LDH ◼ Decremento dell’aptoglobina serica ◼ Test di Coombs diretto positivo ◼ Crioagglutinine in caso di anticorpi freddi ◼ Terapia: ◼ Trasfusioni in caso di problemi clinici es. cardiovascolari ◼ Terapia con cortisonici, azatioprina, ciclofosfamide, rituximab ◼ Splenectomia ◼ Terapia della malattia di base nelle forme secondarie ANEMIE EMOLITICHE AUTOIMMUNI A DECORSO CRONICO ◼ Da autoanticorpi caldi ◼ In corso di connettiviti, linfomi leucemia linfatica cronica, neoplasie, sarcoidosi, cirrosi epatica, idiopatica (rara) ◼ Esordio subdolo, periodi di stasi alternati a riacutizzazioni più o meno gravi ◼ Terapia come nella forma acuta ANEMIE EMOLITICHE AUTOIMMUNI A DECORSO CRONICO (II) ◼ Da autoanticorpi freddi ◼ Forma frequentemente idiopatica, talora associata a disordini linfoproliferativi, o a epatopatie croniche ◼ Autoagglutinazione delle emazie, cianosi delle parti distali fino alla necrosi ischemica, pallore, ittero, modesta epatosplenomegalia ◼ Decorso cronico con acutizzazioni nei periodi freddi ◼ Terapia scarsamente efficace (steroidi, immuno-soppressori, trasfusioni) ANEMIA EMORRAGICA ACUTA Definizione: ◼ Perdita acuta ematica in seguito a eventi traumatici, sanguinamenti importanti da mucose, rottura tubarica per gravidanza extrauterina o rottura di aneurisma dell’aorta Sintomi: ◼ Pallore, dispnea, sudorazione profonda, vertigini, amaurosi transitoria, polso piccolo e frequente Decorso: ◼ fatale se la perdita è superiore ad un litro e mezzo (adulto) Terapia: ◼ trasfusione di GRC, ripristino del volume con plasma expanders, dopamina, ◼ ferro nella fase non acuta ERITROCITOSI Definizione: ◼ Aumento stabile della massa eritrocitaria oltre i valori normali a livello del mare Classificazione: ◼ Primitive assolute (policitemia vera, familiare) Secondarie assolute: ◼ Fisiologicamente appropriate (incremento EPO per ipossia tissutale) ◼ Da iperproduzione primitiva di EPO Relative: da stress a livello midollare tumore ipossigenazione flusso rallentato: trombosi. Fisiologicamente appropriate (incremento EPO per ipossia tissutale) ◼ Grandi altezze ◼ Malattie polmonari croniche (enfisema, etc) ◼ Ipoventilazione primitiva o dei grandi obesi (s. di Pickwick) ◼ Alterazione dei vasi polmonari o anomalie cardiovascolari ◼ Cardiopatie acquisite con scompenso cronico ◼ Emoglobinopatie con aumentata affinità per O2 ◼ Carbossiemoglobinemia (fumatori) ◼ Diminuzione congenita di 2,3 DPG ERITROCITOSI ◼ Da iperproduzione di EPO ◼ Cisti renali ◼ Carcinoma renale ◼ Adenoma corticosurrenale ◼ Feocromocitoma ◼ Emangioblastoma cerebellare ◼ Carcinoma ovarico o polmonare ERITROCITOSI Diagnosi: ◼ Mutazione del gene JAK2 (le forme primitive sono JAK2 positive) ◼ Biopsia ossea ◼ Dosaggio EPO ◼ Saturazione di O2 ◼ Elettroforesi Hb ◼ Ricerca neoplasie occulte Terapia: ◼ Rimozione causa ◼ Salasso al fine di ridurre l’ematocrito EMOCROMATOSI Definizione: - Condizione patologica conseguente ad un'eccessivo deposito di ferro tissutale Classificazione: ◼ Idiopatica: autosomica recessiva ◼ Secondaria: trasfusioni, eritropoiesi inefficace cronica Quadro clinico: ◼ Esordio ◼ 5-6a decade nelle forme ereditarie, variabile in quelle secondarie ◼ Epatopatia con cirrosi, ◼ Danno miocardico ◼ Danno pancreatico e di tutte le ghiandole endocrine (diabete) ◼ Pigmentazione cutanea, ◼ Danno articolare Processo emostatico coagulatorio ◼ Scopo: controllare e mantenere all’interno dei vasi il flusso del sangue dopo un danno vasale ◼ Emostasi primaria: vasocostrizione locale e formazione trombo bianco costituito da piastrine e poca fibrina ◼ Emostasi secondaria o coagulazione del sangue: formazione del trombo rosso composto da un reticolo di fibrina con piastrine e globuli rossi impigliati al suo interno ◼ La coagulazione del sangue è il complesso di azioni enzimatiche finalizzate alla trasformazione del fibrinogeno plasmatico in fibrina per la costituzione del coagulo ematico COAGULAZIONE: Processo emostatico coagulatorio - Scopo: controllare e mantenere all’interno dei vasi il flusso del sangue dopo un danno vasale. coagulazione processo far sì che sangue e rimanga dentro i vasi. due fasi - Emostasi primaria che è la vasocostrizione e la formazione di trombo bianco da piastrine e poca fibrina. - Emostasi secondaria o coagulazione del sangue: formazione dle trombo rosso da reticolo di fibrina con piastrine e globuli rossi e imbrigliati al suo interno. - La coagulazione del sangue è il complesso di azioni enzimatiche finalizzate alla trasformazione del fibrinogeno plasmatico in fibrina per la costituzione del coagulo ematico ( interagiscono inibitori bloccano e controllano processo coagulazione infine fibrinolisi.) ◼ Le reazioni coagulative si svolgono per mezzo di proteine presenti nel plasma come proenzimi inattivi in modo concatenato così che la forma attivata di ciascuno di essi catalizza l’attivazione del fattore successivo (fattori plasmatici della coagulazione) ◼ Si realizza così la cascata coagulativa che porta alla formazione del coagulo fibrinico ◼ Nel plasma sono presenti anche gli inibitori naturali ad azione antagonista e modulatrice delle reazioni procoagulanti ◼ Altre proteine plasmatiche sono deputate alla dissoluzione del coagulo di fibrina partecipando al processo di fibrinolisi FATTORI PLASMATICI DELLA COAGULAZIONE ◼ Fattore I: fibrinogeno ◼ Fattore II: protrombina + (vitamina K dipendente) ◼ Fattore III: tromboplastina tissutale ◼ Fattore IV: calcio ◼ Fattore V: proaccelerina, fattore labile ◼ Fattore VII: proconvertina, fattore stabile + ◼ Fattore VIII: fattore antiemofilico A ◼ Fattore IX: fattore antiemofilico B + ◼ Fattore X: fattore di Stuart-Prower + ◼ Fattore XI: fattore antiemofilico C ◼ Fattore XII: fattore di hageman ◼ Fattore XIII: fattore stabilizzante della fibrina ◼ PK callicreina ◼ HMWK: chininogeno ad alto peso molecolare INIBITORI PLASMATICI DELLA COAGULAZIONE ◼ Cofattori eparinici (l’azione anticoagulante dell’eparina prodotta dalle mastcellule necessita del loro intervento) ◼ Cofattore I (antitrombina III): inattiva callicreina, FXIIa, FXIa, FIXa, Fxa, trombina ◼ Cofattore II: inattiva trombina ◼ Sistema proteina C e S ◼ Proteina C: inattiva FVa, FVIIa ◼ Proteina S: cofattore della proteina C ◼ Altri inibitori ◼ Inattivatore della frazione C1 del complemento ◼ Alpha-2 macroglobulina ◼ Alpha-2-antitripsina FASI DEL PROCESSO COAGULATIVO ◼ Via intrinseca ◼ Via estrinseca ◼ Via comune ◼ Fibrinolisi: ◼ Processo di degradazione della fibrina formatasi in corso di processi emostatici, infiammatori, e di riparazione di tessuti (La degradazione della fibrina stabilizzata dà origine come prodotto più piccolo al frammento D-D o D-dimero: XDP. TEST EMOCOAGULATORI !!!!! ◼ Tempo di protrombina o tempo di Quick ◼ Tempo di tromboplastina parziale attivata (APTT) ◼ Fibrinogeno ◼ XDP: dimero D ◼ ATIII: antitrombina III Tempo di protrombina o tempo di Quick Esplora la via estrinseca (FVII e FIII) e la via comune (FII, FV, FX) Espresso in International Normalized Ratio (INR) Allungato: ◼ Terapia anticoagulante orale: utilizzato per il monitoraggio ◼ Coagulazione Intravascolare Disseminata (CID) - Epatopatie - Deficit vitamina K: malattia emorragica del neonato, deficit di assorbimento, ittero ostruttivo Tempo di tromboplastina parziale attivata (APTT) Esplora elettivamente i fattori antiemofilici della via intrinseca (FXII, FXI, FIX, FVIII) oltre ai FII, FV, FX e fibrinogeno della via comune ◼ allungato ◼ terapia anticoagulante con eparina e.v. ◼ CID ◼ Epatopatia ◼ Emofilia Fibrinogeno ◼ proteina sintetizzata dal fegato che svolge un ruolo essenziale nel processo coagulativo. ◼ Aumenta ◼ malattie infettive e croniche, collagenopatie, ◼ necrosi tissutale, post-chirurgico, ◼ neoplasie, ◼ gravidanza, ◼ ustioni, uremia. ◼ Diminuzione: ◼ Coagulazione intravascolare disseminata (CID) ◼ epatopatie, ◼ disprotidemia, Antitrombina III (ATIII) ◼ Funzione: neutralizza l’azione della trombina e di altri fattori della coagulazione (IX, X, XI, XII) in sinergismo con l’eparina. ◼ Proteina che migra i regione alfa 2 globuline. ◼ Aumenta ◼ Infiammazione, Epatite acuta ◼ Diabete mellito ◼ Diminuisce ◼ Aumentato consumo: Trombosi, Coagulazione intravascolare disseminata (CID), Neoplasie, Sindrome emolitico uremica, Shock, Dialisi, Infezioni gravi, Postoperatorio, Traumi, Preeclampsia, Cardiopatia acuta ◼ Aumentata perdita: Sindrome nefrosica, Plasmaferesi, emofiltrazione, enteropatie ◼ Deficit di sintesi: Insufficienza epatica, Neonati prematuri, Nutrizione parenterale, Terapia con estrogeni, aspraraginasi, e clofibrato FIBRINOLISI ◼ Definizione ◼ Processo di degradazione della fibrina formatasi in corso di processi infiammatori, di riparazione di tessuti e di processi emostatici ◼ Fattori della fibrinolisi ◼ Plasminogeno ---> plasmina (degrada il fibrinogeno, la fibrina solubile e la fibrina stabilizzata formando prodotti di degradazione) ◼ Attivatori: ◼ Fisiologici: Attivatore tissutale del plasminogeno, Attivatore del plasminogeno urokinasi ◼ Intrinseci: callicreina ◼ Esogeni o terapeutici: urokinasi, streptochinasi, etc. ◼ Inibitori ◼ Inibitore dell’attivatore del plasminogeno (PAI-1) ◼ Inibitori della plasmina: alpha-2-antiplasmina, alpha-2-macroglobulina DEGRADAZIONE DEL FIBRINOGENO E DELLA FIBRINA ◼ La plasmina può degradare il fibrinogeno, la fibrina solubile e la fibrina stabilizzata dal FXIIIa ◼ Dalla degradazione del fibrinogeno e della fibrina solubile derivano gli FDP (fibrin/fibrinogen degradation products) ◼ La degradazione della fibrina stabilizzata procede più lentamente e dà origine come prodotto più piccolo al frammento D-D (D- dimero: XDP) XDP (dimero D) ◼ Aumentato: ◼ Coagulazione intravascolare disseminata (CID) ◼ embolia polmonare, ◼ trombosi, ◼ tromboflebiti, ◼ neoplasie. COAGULOPATIE CONGENITE → EMOFILIA ◼ Definizione ◼ Malattia ereditaria trasmessa come carattere recessivo legato al cromosoma X, dovuta a deficienza di fattore VIII (emofilia A o emofilia vera) o IX (emofilia B o morbo di Christmas) ◼ Eziopatogenesi ◼ Una mutazione sul gene del FVIII o IX induce un difetto di sintesi e conseguente carenza di fattore VIII o IX plasmatico nel maschio, mentre le femmine sono portatrici sane. EMOFILIA ◼ Forme cliniche ◼ Emofilia grave: attività coagulante del fattore carente < 1% ◼ Emofilia intermedia: attività coagulante del fattore carente tra 1 e 5% ◼ Emofilia lieve: attività coagulante del fattore carente > 5% Sintomatologia ◼ Manifestazioni emorragiche: emartri, ematomi muscolari, sottoperiostei, sottocutanei, emorragie mucose, post-traumatiche e post-chirurgiche ◼ Complicazioni ◼ Artropatia emofilica anchilosante, per emartri recidivanti ◼ Infezioni da virus (epatitici, HIV) trasmessi dagli emoderivati non virus inattivati (prima del 1985) ◼ Insorgenza di inibitori acquisiti (alloanticorpi anti-FVIII esogeno somministrato) EMOFILIA ◼ Diagnosi ◼ Dati anamnestici personali e famigliari ◼ Allungamento dell’APTT con diminuzione del tasso di fattore VIII o IX e normalità degli altri parametri coagulatori ◼ Tempo di sanguinamento normale ◼ Eventuale presenza di inibitore ◼ Diagnosi di portatrice e prenatale: tecniche di biologia molecolare EMOFILIA ◼ Prognosi ◼ Migliorata per la possibilità di terapia della sintomatologia emorragica e sue complicanze ◼ Terapia sostitutiva: concentrati commerciali virus inattivati, FVIII e IX ricombinante ◼ Per l’emofilia A lieve è efficace la DDAVP (desmopressina) ◼ Terapia antifibrinolitica nelle emorragie mucose e nella profilassi pre-estrazioni dentarie insieme ai fattori VIII e IX ◼ Complicazioni ◼ Trasmissione di agenti virali in passato (HBV, HCV, delta, parvovirus B19, HIV) ◼ Comparsa di inibitore specifico MALATTIA DI VON WILLEBRAND ◼ Definizione ◼ È tra le più frequenti malattie emorragiche ereditarie, ◼ Trasmessa in modo autosomico dominante (raramente recessivo) ed è causata da carenza quantitativa o qualitativa del fattore di von Willebrand (FvW) ◼ Eziopatogenesi ◼ Una mutazione genica a livello del cromosoma 12 causa un difetto di sintesi o secrezione del FvW a livello endoteliale o la produzione di molecole disfunzionali con conseguente difetto nell’emostasi primaria e riduzione del FvW circolante MALATTIA DI VON WILLEBRAND ◼ Il FvW interviene nell’emostasi primaria ◼ Il FvW e le piastrine a contatto del collagene esposto dalle strutture sottoendoteliali lese subiscono rispettivamente un cambio conformazionale e un processo di attivazione ◼ Il FvW promuove quindi l’adesione piastrinica e l’interazione piastrine-piastrine ◼ Il FvW ha inoltre un ruolo indiretto nella coagulazione in quanto legando il fattore VIII lo protegge dalla degradazione e lo localizza dove può essere più facilmente attivato (in prossimità delle membrane piastriniche) MALATTIA DI VON WILLEBRAND ◼ Forme cliniche ◼ Si distinguono molti tipi e varianti della malattia, diversi per modalità di ereditarietà, espressione fenotipica, gravità e risposta alla terapia ◼ Sintomatologia ◼ Colpisce ambo i sessi, con sintomatologia emorragica molto variabile nel tempo ed a seconda della malattia a insorgenza precoce nelle forme gravi, tardiva, accidentale o latente nelle lievi MALATTIA DI VON WILLEBRAND ◼ Diagnosi ◼ Dati anamnestici personali e familiari ◼ Manifestazioni emorragiche con tempo di sanguinamento allungato ◼ Allungamento dell’APTT ◼ Scarsa od assente aggregazione piastrinica in vitro alla ristocetina (aumentata nel sottotipo 2B) ◼ Deficienza di FvW:Rco, FvW:Ag e FVIII ◼ Normalità degli altri parametri emocoagulativi ◼ Possibilità di piastrinopenia (sottotipo 2B) ◼ Tipizzazione: analisi dei multimeri del FvW plasmatico e piastrinico MALATTIA DI VON WILLEBRAND ◼ Terapia ◼ Terapia con DDAVP (desmopressina): efficace nei tipi 1, inefficace negli altri tipi ◼ Terapia sostitutiva con concentrati plasmatici virus inattivati di FVIII contenenti anche i multimeri ad alto peso molecolare del FvW, nelle forme gravi non responsivi alla desmopressina TROMBOFILIA ◼ Aumentato rischio di sviluppare fenomeni tromboembolici venosi ◼ Acquisita: aumento temporaneo del rischio legato alla presenza di una o più situazioni cliniche acquisite ◼ Ereditaria: aumento del rischio legato alla presenza di una sfavorevole caratteristica genetica per difetti che causano una riduzione quantitativa o un deficit qualitativo di uno o più inibitori naturali del sistema coagulativo o dei fattori coinvolti nel processo fibrinolitico o alla presenza di varianti molecolari o polimorfismi di alcuni fattori della coagulazione (ad es. fattore V) TROMBOFILIA ◼ Incidenza della trombosi venosa profonda (TVP) ◼ 1 caso/1000 soggetti per anno ◼ Il 20% dei pazienti va incontro ad una sindrome post- trombotica invalidante ◼ 1-2% dei casi si può avere tromboembolia polmonare che può portare anche a morte TROMBOFILIA ◼ Situazioni associate ad aumentato rischio di tromboembolismo venoso ◼ Gravidanza sptt postpartum ◼ Trauma ◼ Immobilizzazione prolungata, allettamento, periodo postoperatorio ◼ Insufficienza cardiaca congestizia ◼ Età avanzata ◼ Uso di estrogeni in menopausa, pillola anticoncezionale ◼ Neoplasie solide ◼ Sindromi mieloproliferative croniche (sptt policitemia vera e trombocitemia) ◼ Emoglobinuria parossistica notturna ed anemia emolitica ◼ Anticoagulante lupico e sindrome da anticorpi antifosfolipidi ◼ Farmaci: L-asparaginasi, terapia adiuvante del carcinoma mammario ◼ Cateteri venosi centrali TROMBOFILIA EREDITARIA TROMBOFILIA EREDITARIA ◼ Presentazione clinica che indica la necessità di indagini per l’identificazione di fattori di rischio ereditari in un soggetto con TVP o embolia polmonare ◼ Primo episodio di TVP inferiore a 45 anni anche in presenza di situazioni cliniche a rischio ◼ Almeno un altro familiare di primo grado con TVP o embolia polmonare avvenuti ad un’età inferiore a 60 anni senza causa apparente ◼ Recidiva di TVP o embolia polmonare ◼ Trombosi in distretti particolari quali le vene mesenteriche, la vena porta, le vene cerebrali ◼ Frequenti trombosi venose superficiali in assenza di neoplasia TROMBOFILIA EREDITARIA ◼ L’identificazione di uno dei difetti ereditari in un paziente con TVP o TEP richiede l’attuazione di terapia anticoagulante orale con mantenimento di INR tra 2 e 3 per 3-6 mesi ◼ La terapia va invece continuata per tutta la vita in caso di quadro massivo e tromboembolia polmonare ◼ Similmente una prolungata terapia andrà attuata in caso di episodi a carico di sedi inusuali ◼ I portatori asintomatici dovranno eseguire attenta profilassi nelle situazioni a rischio COAGULOPATIE ACQUISITE ◼ Classificazione ◼ Da difettosa sintesi dei fattori della coagulazione ◼ Epatopatie croniche ◼ Carenza di vitamina K ◼ Da consumo intravascolare ◼ CID ◼ Aumentata clearance ◼ Amiloidosi ◼ Anticoagulanti acquisiti (allo o autoanticorpi) ◼ Inibitori acquisiti dei fattori plasmatici (FVIII, FIX, etc) ◼ Anticoagulante lupico e sindrome da anticorpi antifosfolipidi EPATOPATIE CRONICHE Patogenesi delle alterazioni emostatico-emocoagulatorie in corso di epatopatie croniche: ◼ Ridotta sintesi dei fattori della coagulazione ◼ Sintesi di fattori della coagulazione anomali ◼ Ridotta sintesi degli inibitori naturali della coagulazione ◼ Ridotta clearance dei fattori della coagulazione attivati e dei prodotti di degradazione dei fattori della coagulazione e della fibrinolisi ◼ Generazione di trombina con conseguente coagulazione intravascolare ◼ Alterazioni della crasi piastrinica ◼ Alterazioni capillari COAGULAZIONE INTRAVASCOLARE DISSEMINATA Coagulopatia secondaria ad altra patologia caratterizzata da un abnorme attivazione del processo emocoagulativo ◼con fenomeni trombotici diffusi, ◼ coagulopatia da consumo ◼ piastrinopenia ◼ Aumentata fibrinolisi Momenti evolutivi ◼ Fattori scatenanti sulla patologia di base ◼ Ipercoagulabilità come reazione della fase acuta ◼ CID conclamata con coagulazione diffusa e fibrinolisisi secondaria ◼ Coagulopatia da consumo con manifestazioni emorragiche ◼ Danno d’organo per trombizzazione e necrosi ischemica Fattori favorenti: shock, acidosi, ipossiemia, stasi vasale, emoconcentrazione COAGULAZIONE INTRAVASCOLARE DISSEMINATA Principali condizioni associate a CID acuta e subacuta ◼ Infezioni: sepsi da batteri gram positivi capsulati, gram negativi, virus ◼ Complicanze ostetriche: abruptio placentae, embolismo di liquido amniotico, sepsi, aborto provocato ed aborto settico, rottura dell’utero, mola idatiforme ◼ Neoplasie ematologiche: leucemie acute (sptt M3), linfomi avanzati con leucemizzazione ◼ Danni tissutali estesi: ustioni, ipertermia, traumi cerebrali e traumi da schiacciamento, rabdomiolisi COAGULAZIONE INTRAVASCOLARE DISSEMINATA ◼ Principali condizioni associate a CID cronica ◼ Neoplasie solide metastatizzate ◼ Complicanze ostetriche: ritenzione di feto morto, tossiemia gravidica ◼ Coagulazione intravascolare localizzata: aneurisma dell’aorta, emangiomi (sindrome di Kasabach-Merrit) ◼ Malattie epatiche: epatite fulminante COAGULAZIONE INTRAVASCOLARE DISSEMINATA Forme cliniche: ◼ Acuta, subacuta, cronica compensata e non La sintomatologia è in relazione al grado di acuzie ◼ Sintomatologia emorragica: cutanea, mucosa, d’organo, proporzionale al grado di coagulopatia da consumo ◼ Manifestazioni ischemico-trombotiche d’organo, con necrosi cutanee, infarti intestinali, interessamento del sistema nervoso centrale, e comportanti insufficienza epatica, renale, surrenale, respiratoria ◼ Sintomi generali gastrointestinali, circolatori, respiratori, escretori. COAGULAZIONE INTRAVASCOLARE DISSEMINATA Diagnosi: Criteri clinici + dati di laboratorio ◼ allungamento del tempo di Quick e dell’APTT, ◼ diminuzione del fibrinogeno e dell’antitrombina III, ◼ piastrinopenia ◼ Aumento degli XDP (fibrinolisi) ◼ Frammentazione eritrocitaria con schistociti allo striscio di sangue periferico Terapia ◼ Fondamentale è la terapia della patologia di base ◼ Nella forma acuta sono indicate la terapia sostitutiva con plasma fresco e/o concentrati piastrinici ◼ Terapia antitrombotica con eparina LEZIONE 3 14/10/24 MALATTIE DEL SANGUE Classificazione WHO delle neoplasie mieloidi 1. Leucemie mieloidi acute 2. Sindromi mielodisplastiche 3. Neoplasie mieloproliferative croniche 4. Neoplasie mielodisplastiche mieloproliferative 5. Neoplasie mieloidi e linfodi con eosinofli e riarrangiamento di PDGFRA, PDGFRB, o FGFR1 o con PCM1-JAK2 (WHO: World Health Otganization) LEUCEMIA MIELOIDE ACUTA ◼ Malattia neoplastica derivante da un blocco maturativo che interessa la cellula staminale emopoietica orientata in senso mieloide ◼ La proliferazione incontrollata delle cellule blastiche porta ad un sovvertimento del tessuto midollare con occupazione completa dello stesso e depressione delle normali filiere emopoietiche ◼ Ne deriva un quadro clinico con segni e sintomi legati all’insufficienza midollare e cioè anemia, neutropenia, piastrinopenia ​Hematopoiesis and Acute Leukemias Leucemia acuta mieloide: cellule blastiche > 20% The 5th edition of the WHO Classification of Haematolymphoid Tumours: Classificazione basata su Morfologia delle cellule leucemiche Anomalie cromosomiche e molecolari LEUCEMIA MIELOIDE ACUTA Sintomatologia ◼ Pallore, astenia, affaticabilità, dispnea (anemia) ◼ Infezioni (neutropenia) ◼ Emorragie (piastrinopenia) Diagnosi - Emocromo: anemia, piastrinopenia, neutropenia, - Esame del midollo – Analisi morfologica (% di blasti > 20%) – Caratterizzazione delle cellule blastiche con analisi: Citochimiche Immunofenotipiche Citogenetiche (anomalie cromosomiche) Alterazioni molecolari Integration of Molecular Profiling into AML Diagnosis AML Risk Stratification by Cytogenetics and Mutations, per 2017 ELN Categories LEUCEMIA MIELOIDE ACUTA Terapia (varia in base al rischio) - Chemioterapia: – induzione, consolidamento Acido retinoico e arsenico triossido (M3) Trapianto autologo o allogenico - Fattori prognostici ◼ Citogenetica (ad es. M3 promielocitica buona prognosi) ◼ Lesione molecolare ◼ Età e LDH ◼ Risposta precoce alla terapia MIELODISPLASIE (MDS): DEFINIZIONE Gruppo eterogeneo di disordini clonali della cellula staminale, contrassegnati da citopenia periferica e nella maggior parte dei casi da un midollo ipercellulato con evidenti alterazioni maturative (displasia). MDS: definizione Le MDS presentano un aumentato rischio di evoluzione in LAM. SINDROMI MIELODISPLASTICHE Forme primitive: ◼ eziologia sconosciuta Forme secondarie: ◼esposizione a solventi pesticidi, ◼ chemioterapici, ◼ sostanze tossiche Età generalmente anziana: media 77 anni M> F SINDROMI MIELODISPLASTICHE Sintomatologia dovuta all’insufficienza midollare: ◼ Anemia – astenia, pallore, dispnea, etc. ◼ Neutropenia – infezioni ◼ Piastrinopenia – emorragie Evoluzione in leucemia acuta sptt nelle forme ad alto rischio ◼ elevata percentuale di blasti midollari, ◼ Anomalie cromosomiche sfavorevoli ◼ numero di citopenie (0-1 vs 2-3 citopenie) MIELODISPLASIA: DIAGNOSI ◼ Emocromo ◼ Esame del midollo ◼ Valutazione morfologica ◼ % di blasti (cellule immature) ◼ Esame del cariotipo ◼ Per la ricerca di anomalie cromosomiche SINDROME DA 5Q- Presentazione clinica ◼ Età avanzata ◼ Sesso femminile (F:M 7:3) ◼ Basso rischio di progressione in LAM ◼ Buona prognosi Quadro ematologico ◼ Anemia macrocitica ◼ Modesta leucopenia ◼ Normale/elevato numero di piastrine ◼ ipoplasia eritroide midollare ◼ Megacariociti monolobati ◼ Delezione intestiziale braccio lungo del cromosoma 5 come singola anomalia ◼ Blasti < 5% International prognostic Scoring System IPSS e sopravvivenza SINDROMI MIELODISPLASTICHE: terapia ​ Supporto: ◼ trasfusioni di GRC e Pst, ◼ Ferrochelazione (per evitare l’accumulo di ferro) ◼ Fattori di crescita: EPO, G-CSF ◼ Antibiotici se infezioni ​ Trapianto allogenico di cellule staminali (nei giovani) ​ Lenalidomide (nella sindrome 5q-) ​ Azacitidina ​ Decitabina ​ Terapie immunosoppressive ​ Chemioterapia di induzione NEOPLASIE MIELOPROLIFERATIVE CRONICHE ◼ Disordini clonali della cellula staminale pluripotente caratterizzati dalla proliferazione di uno o più progenitori emopoietici nel midollo osseo ◼ Classificazione Leucemia mieloide cronica Policitemia vera Trombocitemia essenziale Mielofibrosi idiopatica SMP: definizione Varietà di disordini clonali acquisiti della cellula staminale pluripotente, contrassegnati dalla proliferazione clonale di uno o più progenitori emopoietici nel midollo ed in sedi extramidollari Myeloid Malignancies cromosoma: nuvo chiamato bcr-abl LEUCEMIA MIELOIDE CRONICA Definizione: ◼ Disordine mieloproliferativo cronico caratterizzato da una prevalente iperplasia della linea granulocitaria. ◼ Presenza del cromosoma Philadelphia (Ph) t(9;22) Schematic diagram of the translocation that creates the Philadelphia chromosome. Chronic Myeloid Leukemia (CML): A Model Disease in Oncology LMC: epidemiologia Rappresenta il 15-20% di tutte le leucemie Incidenza 1-1,5 casi/100.000 individui anno M>F Età mediana: 50 anni CML: fosfatasi alcalina leucocitaria LMC: clinica Asintomatica in un terzo dei casi – Leucocitosi di diversa entità – Splenomegalia Fase accelerata/blastica: come leucemia Mandatory diagnostic tests for CML 1. Blood count with blood film differential. – This will typically show a so-called left shift of the myeloid series with the presence of rare blasts, promyelocytes, myelocytes and metamyelocytes, basophils, and eosinophils. – these must be accurately quantified as the results contribute to accurate identification of disease stage and prognostic scoring systems. 2. Bone marrow aspirate with differential – to include percentages of blasts, promyelocytes, myelocytes, eosinophils, and basophils. 3. Cytogenetics and karyotyping by G banding: – FISH is not sufficient at diagnosis as it is unable to identify chromosomal abnormalities in addition to the t(9;22) translocation 4. Reverse transcriptase PCR for BCR-ABL1 mRNA transcripts. Imatinib Mesilato (inibitore della tirosin chinasi, TKI) Toxicity Spectrum of TKIs in CML Survival with CML in five consecutive randomized studies of the German CML Study Group since 1983; update 2016. Disease burden and tests. Policitemia Vera (PV)( eritrocitari: coinvolgimento cellula che produce troppi globuli rossi ) eccessive proliferazione globuli rossi, livelli emoglobina alti ( solitamente emoglobina fino a 18) se ha valori alti sono in casi estremi Definizione – Malattia neoplastica derivata dall’espansione clonale della cellula staminale trasformata e caratterizzata soprattutto da incremento della massa eritrocitaria. Epidemiologia – Incidenza: 1.4 casi/100.000 per anno Policitemia Vera: clinica Età media 60 anni, M/F 2:1 Esordio ◼ Asintomatico ◼ Sintomatico Cefalea, acufeni, vertigini, disturbi visivi, (scotomi, diplopia) da iperviscosità ematica Episodi vascolari (trombotici e/o emorragici) di diversa gravità (40% dei casi causa di morte) Prurito Ipertensione rubeosi Diagnosi: ◼ Escludere eritrocitosi secondarie ◼ Determinazione della massa ematica, normale saturazione di O2, splenomegalia, piastrinosi, leucocitosi, EPO diminuita ◼ Positività di JAK2 (95% dei casi) Terapia ◼ Salassi: ridurre sangue in circolo ◼ Antiaggreganti ◼ Idrossiurea, interferone (se alto rischio) Trombocitemia essenziale TE: eccessiva produzione piastrine più di 450.000l Definizione – Disordine clonale mieloproliferativo cronico caratterizzato da trombocitosi (pst > 450.000 L) con iperplasia megacariocitaria nel midollo. Incidenza – 1.2 casi 100.000 individui anno TE: clinica Età: media 58 anni (range 18-96) F>M Esordio – Asintomatico – Manifestazioni trombotiche arteriose e venose (1/5 dei casi) Distretti mesenterico, renale, portale, splenico – Manifestazioni emorragiche cutanee e mucose Ematemesi e melena S. di von Willebrand acquisita (Plt > 1.000.000 L) – Manifestazioni neurologiche Cefalea, parestesie, instabilità microcircolo piedi e emani (eritromelalgia), eritema e dolore urente alle estremità Aborti in gravidanza – Splenomegalia (1/5 dei casi) Prevalence of constitutional symptoms reported by ET patients fatigue 87% prurito 46% dolore addominale 50% sudorazione notturna50% mal di testa 47% mal di ossa 46% calo peso 24% TROMBOCITEMIA ESSENZIALE Diagnosi ◼ Trombocitosi > 450.000 uL ◼ Iperplasia megacariocitaria midollare ◼ Escludere forme secondarie (vedi piastrinosi) ◼ JAK2 (circa 50% dei casi) Terapia ◼ antiaggreganti ◼ Citoriduttiva (se alto rischio trombotico): Idrossiurea, anagrelide MIELOFIBROSI IDIOPATICA ◼ Definizione ◼ Malattia clonale mieloproliferativa con fibrosi midollare e splenomegalia. Evoluzione in leucemia acuta 10-15%. ◼ Sintomatologia ◼ Astenia, dispnea, tensione addominale (splenomegalia), dolori in ipocondrio sinistro (infarti splenici) ◼ Diagnosi ◼ Anemia, leucocitosi o leucopenia, piastrinosi o piastrinopenia ◼ Terapia ◼ Idrossiurea, splenectomia, trapianto, ruxolitinib DISORDINI LINFOPROLIFERATIVI CRONICI ◼ Disordini neoplastici ad andamento cronico o subacuto caratterizzati dall’espansione di un clone linfocitario relativamente maturo CLASSIFICAZIONE Proliferazioni a cellule B ◼ Leucemia linfatica cronica ◼ Leucemia prolinfocitica B ◼ Leucemia a cellule capellute ◼ Leucemia plasmacellulare ◼ Linfomi leucemizzati Proliferazioni a cellule T ◼ Leucemia prolinfocitica T ◼ Leucemia a grandi linfociti granulari ◼ Sindrome di Sezary ◼ Linfomi leucemizzati LEUCEMIA LINFATICA CRONICA ◼ Proliferazione neoplastica di piccoli linfociti maturi che si accumulano nel sangue periferico, nel midollo osseo, nella milza, nel fegato e nei linfonodi ◼ È la forma di leucemia più frequente nel mondo occidentale ◼ Colpisce soggetti in età avanzata (60-70 anni), ◼ rapporto M:F 2:1 LEUCEMIA LINFATICA CRONICA ◼ Sintomatologia ◼ Assente negli stadi iniziali ◼ Negli stadi avanzati: ◼ Adenomegalie ◼ Splenomegalia ◼ Anemia ed emorragie per sostituzione midollare ◼ Complicanze autoimmuni (anemia e/o piastrinopenia) ◼ Complicanze neurologiche ◼ Localizzazioni viscerali e cutanee ◼ Febbre ◼ Calo ponderale LEUCEMIA LINFATICA CRONICA Diagnosi ◼ Linfocitosi clonale B cellulare - Immunofenotipo B: CD19+, CD5+, CD23+ ◼ Anemia e/o piastrinopenia negli stadi avanzati per sostituzione midollare ma anche autoimmune ◼ Ipogammaglobulinemia o componente monoclonale ◼ Citogenetica e biologia molecolare per stabilire il rischio Analisi citofluorimetrica Scoring system Scores in CLL are usually >3, in other B-cell malignancies the scores are usually < 3 Stadiazione e sopravvivenza in base allo stadio Marcatori citogenetici LEUCEMIA LINFATICA CRONICA Decorso ◼ La sopravvivenza varia da pochi mesi a decenni ◼ Morte dovuta a: ◼ Età avanzata 60-70% ◼ Complicanze infettive 20% ◼ Sindrome di Richter o evoluzione prolinfocitica 10% ◼ Seconda neoplasia 5% Indicazioni al trattamento ◼ Stadio avanzato ◼ Malattia rapidamente progressiva ◼ Aumento dei linfociti con tempo di raddoppiamento inferiore ai 6 mesi ◼ anemia o piastrinopenia da infiltrazione midollare o fenomeni autoimmune che non rispondono agli steroidi TERAPIA Stadio iniziale nessuna terapia Fasi avanzate Immuno chemioterapia (Molto poco utilizzata): ◼ Fludarabina + ciclofosfamide + Rituximab ◼ Bendamustina + Rituximab ◼ Clorambucile e rituximab/obinutuzumab Nuovi farmaci biologici: ◼ Ibrutinib, acalabrutinib, zanubrutinib (inibitori della bruton chinasi) ◼ Venetoclax (inibitore di bcl-2) +/- rituximab/obinutuzumab Trapianto di cellule staminali (in casi molto selezionati) Hematopoiesis and Acute Leukemias Slide credit: clinicaloptions.com Left image from Mikael Häggström, derived from original by A. Rad. Permission is granted to copy, distribute and/or modify this image under the terms of the GNU Free Documentation License, Version 1.2, or any later version published by the Free Software Foundation. LEUCEMIA LINFOBLASTICA ACUTA ◼ È un disordine clonale neoplastico originante da progenitori linfoidi nel midollo, nel timo e nei linfonodi. ◼ 80% forme B, ◼ 20% forme T ◼ Rappresenta ◼ l’80% delle leucemie nel bambino ◼ il 20% delle leucemie dell’adulto ◼ Classificazione basata su criteri morfologici, immunofenotipici relativi al livello di differenziazione e citogenetici (impatto prognostico) LEUCEMIA LINFOBLASTICA ACUTA (II) ◼ Sintomatologia: ◼ Astenia, pallore, dolori ossei ◼ Epatosplenomegalia, adenopatie, talora impegno mediastinico ◼ Interessamento meningeo (7-10% all’esordio) ◼ Esami di laboratorio ◼ Anemia, leucocitosi, piastrinopenia, ◼ iperuricemia, ipercalcemia ◼ Diagnosi: ◼ emocromo, ◼ biopsia midollare, ◼ immunofenotipo, analisi citogenetica e biologia molecolare DIAGNOSI LEUCEMIA LINFOBLASTICA ACUTA: terapia ◼ Chemioterapia: ◼ Induzione, consolidamento, mantenimento ◼ Rachicentesi medicate come profilassi o trattamento ◼ Trapianto allogenico linfomi LEZ 4 LINFOMI Neoplasie del tessuto linfoide (linfociti B, T, NK e loro precursori) Frequenza relativa delle varie neoplasie linfoidi B-Cell Malignancies: Cell Types and Associated Diseases MORBO DI HODGKIN ◼ Linfoma maligno caratterizzato dalla proliferazione nei linfonodi ma talora anche in sedi extralinfonodali di elementi neoplastici (cellule di Reed-Sternberg e cellule di Hodgkin) associate ad una componente cellulare reattiva ◼ Cellule neoplastiche di derivazione B cellulare ◼ Nella patogenesi è implicato l’Epstein Barr virus Aspetti clinici ◼ Febbre non infettiva, sudorazione notturna, calo ponderale (sintomi B) ◼ Interessamento linfonodale superficiale e profondo ◼ Esordio clinico prevalente a livello laterocervicale nel 70% dei casi, ascellare nel 20% ed inguinale nel 10%. ◼ Diffusione per contiguità linfatica ◼ Epatosplenomegalia ◼ Coinvolgimento di organi extralinfatici per infiltrazione diretta per via ematogena (polmone, tratto gastroenterico, rene, cute, SNC, midollo osseo) MORBO DI HODGKIN ◼ Diagnosi: ◼ biopsia linfonodale Stadiazione Ann Arbor 1971 e Lugano 2014 (TC/PET + biopsie): ◼ Stadio I: singola stazione linfonodale o extralinfonodale ◼ Stadio II: due o più stazioni linfonodali e una sede extralinfonodale dallo stesso lato del diaframma ◼ Stadio III: più stazioni linfonodali e una sede extralinfonodale da entrambe i lati del diaframma ◼ Stadio IV: interessamento diffuso o disseminato di una o più sedi extralinfonodali ◼ Stadio B se presenti calo ponderale > 10% negli ultimi 6 mesi, febbre > 38 °C, sudorazione notturna MORBO DI HODGKIN: terapia ◼ Diversificata a seconda dello stadio ◼ Radioterapia ◼ Chemioterapia +/- radioterapia ◼ Trapianto autologo nelle recidive ◼ Immunoterapia: anticorpi monoclonali ◼ Anti CD30: brentuximab ◼ anti CD20: Rituximab LINFOMI NON HODGKIN ◼ Gruppo eterogeneo di neoplasie maligne di derivazione linfocitaria il cui quadro clinico è caratterizzato da un elettivo coinvolgimento dell apparato linfoghiandolare. ◼ In alcuni casi sono però coinvolte anche sedi extralinfonodali (SNC, apparato gastroenterico, polmone, etc) ◼ Eziologia: ◼ Infezioni: virus Epstein-Barr, HTLV-1, epatite C, Herpes virus 6 e 8, Helicobacter Pylori ◼ Radiazioni ionizzanti, solventi pesticidi ◼ Immunodeficienze Congenite o acquisite (AIDS), malattie autoimmunitarie ◼ familiarità LINFOMI NON HODGKIN ◼ Classificazione assai complessa ◼ Suddivisione in forme B e T ed in base alla fase dell’iter differenziativo in cui è situato l’elemento linfocitario coinvolto ◼ Basso, intermedio ed alto grado di malignità ◼ Classificazione biologica in base alle anomalie cromosomiche e lesioni molecolari LINFOMI NON HODGKIN: segni e sintomi ◼ Adenomegalie superficiali e profonde (80%) sopra e sottodiaframmatiche, interessamento anello del Waldeyer o di tessuti linfoidi mucosa associati (20-30%) ◼ Localizzazione midollare > 20% e leucemizzazione nel 10% ◼ Epatosplenomegalia ◼ Sedi extralinfonodali: SNC, stomaco, intestino, orbita, testicolo, polmoni, mammella ◼ Sintomi sistemici B ◼ Quadri clinici variabili in rapporto alla sede di insorgenza: ◼ sindrome mediastinica, ◼ ittero, ◼ versamenti sierosi, ◼ edemi arti sup ed inf, ◼ sindromi neurologiche, disturbi del visus, ◼ trombosi, etc. LINFOMI NON HODGKIN Diagnosi: ◼ biopsia linfonodale o sede extranodale ◼ Stadiazione: ◼ Stadiazione di Ann Arbor/Lugano ◼ Ai fini stadiativi utili: ◼ ecografie, ◼ TC, ◼ biopsie ossee o di organi coinvolti, ◼ esami di laboratorio (LDH, beta-2-micro, VES) Terapia: ◼ Chemioterapia +/- radioterapia ◼ Immunoterapia: anticorpi monoclonali (Rituximab: anti CD20) ◼ Trapianto autologo e allogenico Prognosi: ◼ Stadio, ◼ Citogenetica, ◼ biologia molecolare ed istotipo LEZIONE 4 16/10/24 GAMMAPATIA MONOCLONALE ◼ Disordine linfoproliferativo caratterizzato dalla produzione di più o meno elevate quantità di catene immunoglobuliniche di tipo monoclonale che determinano una alterazione del profilo elettroforetico delle proteine seriche e/o urinarie Gammapatia monoclonale: elettroforesi proteica e immunofissazione GAMMAPATIE MONOCLONALI 1. Gammapatia monoclonale di incerto significato (MGUS) 2. Neoplasie costituite da cellule producenti immunoglobuline ◼ Mieloma multiplo ◼ Macroglobulinemia di Waldenstrom ◼ Malattia delle catene pesanti ◼ Amiloidosi primitiva ◼ Neoplasie del sistema linfatico ◼ Linfomi non Hodgkin ◼ Leucemia linfatica cronica GAMMAPATIE MONOCLONALI 4. Tumori non appartenenti al sistema linfatico ◼ Carcinoma colon, prostata, stomaco, mammella 5. Malattie autoimmuni ◼ LES, sindrome di Sjogren ◼ Crioglobulinemie ◼ Crioaggltininemia 6. Malattie miscellanee Cirrosi epatica Infezioni croniche, malattie parassitarie Policitemia vera Etc. MIELOMA MULTIPLO: definizione ◼ Neoplasia ad elettiva localizzazione midollare caratterizzata dalla proliferazione di un singolo clone di plasmacellule producenti elevate quantità di immunoglobuline monoclonali (componente M) rilevabili all’elettroforesi delle proteine seriche. MIELOMA MULTIPLO ◼ Eziologia ◼ Nesso causale con radiazioni ionizzanti, sostanze chimiche, ripetute stimolazioni antigeniche, agenti virali ◼ Predisposizione familiare. ◼ epidemiologia ◼ Circa 4 casi/anno ogni 100.000 persone. ◼ Età mediana 69 anni ◼ Rapporto Maschi/femmine 3 a 2 MIELOMA MULTIPLO: quadro clinico ◼ Sintomi correlati all’instaurarsi di 2 situazioni: ◼Infiltrazione plasmacellulare di organi e tessuti ◼Abnorme produzione di immunoglobuline monoclonali MIELOMA MULTIPLO: quadro clinico ◼ Anemia, leucopenia e piastrinopenia da sostituzione midollare ed alterazione del microambiente midollare ◼ Dolori ossei (sptt colonna, bacino, coste, cranio, scapole clavicola) lesioni ossee litiche, fratture patologiche ◼ Sindrome ipercalcemica per le lesioni ossee ◼ Infezioni batteriche e virali erpetiche carenza di Ig normali, deficit funzione monocitaria, neutropenia ◼ Insuff. renale cronica/acuta Danno renale da immunoglobuline e da catene leggere (proteinuria di Bence Jones) ALTRE SITUA MENO FREQUENTI: il fatto che se aumenta ambiente monoclonale 1.​ Sindrome da iperviscosità: sintomi neurologici dovuti al rallentato scorrimento nel sangue con parestesie, cefalea, sonnolenza, atassia, disturbi della vigilanza, coma. 2.​ Manifestazioni neurologiche Sindrome da iperviscosità, fratture vertebrali con compressione midollare, neuropatie periferiche da componente monoclonale 3.​ Amiloidosi AL (da catene leggere: Deposizione di catene leggere nei tessuti: rene, cuore, Sistema nervoso periferico, lingua (macroglossia), etc MIELOMA MULTIPLO: laboratorio ◼ Laboratorio ◼ Picco monoclonale all’elettroforesi delle proteine con soppressione Ig non monoclonali ◼ IgG 70%, IgA 20%, micromolecolare 5%, IgD 1% ◼ Emocromo: Anemia, piastrinopenia, neutropenia ◼ Aumento VES, PCR, beta-2-microglobulina, viscosità plasmatica ◼ Ipercalcemia, aumento azotemia e creatinina ◼ Biopsia midollare: aumento >10% delle plasmacellule ◼ Riscontro di alterazioni cromosomiche MORBO DI WALDENSTROM ◼ Definizione ◼ Proliferazione neoplastica di elementi linfocitari B che si accumulano nel midollo osseo e negli organi linfatici e producono enormi quantità di immunoglobuline monoclonali di tipo IgM ◼ Eziologia sconosciuta ◼ Età anziana, M>F 48 MORBO DI WALDENSTROM ◼ Quadro clinico ◼ Astenia, calo ponderale, iperpiressia ◼ Sindrome da iperviscosità: alterazioni del visus, sonnolenza, parestesie, scompenso cardiaco ◼ Neuropatie ◼ Splenomegalia ◼ Adenopatie ◼ Sindromi emorragiche 49 MORBO DI WALDENSTROM ◼ Laboratorio ◼ Aumento IgM con picco monoclonale ◼ Aumento della VES ◼ Iperviscosità plasmatica, crioagglutinine ◼ Anemia (anche emolitica), piastrinopenia, neutropenia ◼ Midollo: infiltrazione linfoplasmacellulare ◼ Terapia ◼ Chemioterapia, ibrutinib ◼ Plasmaferesi 50 AMILOIDOSI ◼ Definizione ◼ Gruppo eterogeneo di patologie sistemiche o localizzate contraddistinte dall’accumulo di materiale proteico fibrillare denominato amiloide ◼ Classificazione ◼ Amiloidosi AL (frammenti catene leggere delle Immunoglobuline) ◼ Amiloidosi AA (proteina A) ◼ Amiloidosi localizzata ◼ Amiloidosi familiare 51 AMILOIDOSI AL ◼ Costituita da parte variabile della catena leggera delle immunoglobuline. ◼ Amiloidosi AL può associarsi al mieloma multiplo ◼ M>F, e ◼ tà > 60 anni ◼ Quadro clinico-laboratoristico ◼ Epatomegalia, macroglossia, splenomegalia, emorragie mucocutanee, neuropatia periferica, insufficienza cardiaca congestizia, insufficienza renale, sindrome del tunnel carpale ◼ Componente M serica od urinaria ◼ Plasmocitosi midollare trapianto prelievo celluel stamiali TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI EMOPOIETICHE ◼ Sorgente delle cellule staminali emopoietiche ◼ Sangue periferico: prelievo mediante staminoaferesi dopo terapia di mobilizzazione costituita da chemioterapia +/- fattori di crescita, o solo con fattori di crescita. Monitoraggio delle cellule CD34 periferiche per decidere quando eseguire la staminoaferesi ◼ Midollo osseo: prelievo mediante specifici aghi a livello della cresta iliaca posteriore (numerose aspirazioni di 2-3 cc di sangue midollare) da eseguirsi in sala operatoria in anestesia generale ◼ Sangue cordonale: al momento del parto TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI EMOPOIETICHE ◼ Radiochemioterapia di condizionamento per: ◼ Creare spazio nel midollo ◼ Eliminare eventuali cellule neoplastiche residue ◼ Azione immunoablativa nel trapianto allogenico ◼ Mini trapianto: ◼ condizionamento di intensità ridotta, in pazienti con età avanzata TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI EMOPOIETICHE ◼ Ripresa della funzione emopoietica (attecchimento: quando iniziano a lavorare le cellule) dopo circa 2-3 settimane ◼ Periodo di aplasia severa con problemi clinic significativi: anemia, emorragie, infezioni anche gravi, mucosite, nausea, vomito, diarrea, problemi respiratori, alterata funzione epatica, etc ◼ Importante la terapia di supporto: posizionamento di catetere venoso centrale, isolamento del paziente, trasfusioni, antibiotici, antifungini, antivirali, fattori di crescita, alimentazione parenterale ◼ Problemi a lungo termine ◼ Immunodeficienza ◼ Complicanze della chemio e radioterapia TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI EMOPOIETICHE ◼ Trapianto allogenico: cellule da altri pz 2. autologo : prendere cellule da se stessi ◼ Prelievo di cellule staminali emopoietiche da donatori sani consanguinei o non, parzialmente o totalmente identici per gli antigeni del sistema maggiore di istocompatibilità (HLA) ◼ Le differenze di antigeni HLA tra donatore e ricevente giocano un ruolo fondamentale nell’indurre sia la malattia da trapianto contro l’ospite (Graft versus Host Disease, GvHD) sia l’effetto antileucemico del trapianto (Graft versus Leukemia, GvL) ◼ La limitata disponibilità di donatori consanguinei HLA identici (probabilità del 25% che due fratelli siano HLA identici) ha portato alla creazione di banche dati di donatori non consanguinei per trapianti da donatori non familiari (Matched Unrelated Donor) trapianto una parte del trattamento una volta le cellule si prendevano solo da midollo osseo. Possono essere prelevate dal midollo dal periferico, procedura mobilizzazione e fattore crescita marcatore cellule stamiali : CD34 GVL: cellule riconoscono come estrenee, GVHD: malattia che si può andare in contro nel caso in cui la GVL non riconosca le cellule estranee. TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI EMOPOIETICHE ◼ Trapianto singenico ◼ Prelievo di cellule staminali emopoietiche da gemello geneticamente identico ◼ Viene eliminato il problema connesso con la compatibilità degli antigeni HLA ◼ Non è però presente il positivo effetto antileucemico del trapianto (Graft versus Leukemia, GvL) ◼ Gemelli identici: 0.3% di tutte le nascite donatore per metà uguale hanno in comune GVHD GVL probabilità recidiva TRASFUSIONI Sistema AB0 ◼ Il sistema ABO è il più importante per le trasfusioni. ◼ I gruppi sono A, B, AB, e O. ◼ Gli antigeni sono carboidrati presenti sulla membrana cellulare come glicosfingolipidi o glicoproteine, ◼ I geni che determinano i fenotipi A e B sono sul cromosoma 9p e sono espressi in modo Mendeliano codominante. ◼ I prodotti dei geni sono enzimi (glicosil transferasi), che conferiscono la capacità di attaccare lo specifico antigene carboidratico ◼ Gli individui che non hanno la transferasi "A" e "B" sono fenotipicamente "O," mentre coloro che ereditano entrambe le trasnferasi sono "AB. Tutti gli individui producono anticorpi contro gli antigeni carboidratici di cui sono privi. ◼ Gli individui A producono anti-B, quelli B anti-A. ◼ Gli AB né A né B, quelli O anti-A e anti-B. ◼ I soggetti AB sono riceventi universali perché non hanno anticorpi, mentre i soggetti O sono i donatori universali perché i loro GR non sono riconosciuti dalle isoagglutinine ABO. È controllato da 4 geni allelici: A (80% A1 e 20% A2), B e 0 e dalla cui combinazione possono derivare diversi fenotipi. Sistema Rh ◼ Nel sistema Rh esistono 5 determinanti antigenici principali: C, D, E, c, e. ◼ “d” non è un determinante antigenico e designa l’assenza di D. Non esistono quindi anticorpi anti-d. ◼ D è l’antigene più immunogeno. ◼ Nelle popolazioni europee 85% dei soggetti è Rh+, cioè è omozigote od eterozigote per D. ◼ I soggetti Rh- hanno il 50% di formare anticorpi anti-D dopo trasfusione di sangue Rh+ e l’80% dopo 2 trasfusioni. ◼ Il rischio è minore per gli antigeni c ed E (2% e 1,5%) e minimo per quelli e e C (< 0,5%). TERAPIA TRASFUSIONALE 1.​ Concetto della terapia trasfusionale mirata che si basa sull’uso degli emocomponenti e degli emoderivati specifici per i deficit da correggere 2.​ L’uso del sangue intero limitato a pochi casi particolari quali l’exanguinotrasfusione in epoca neonatale e nello shock emorragico 3.​ Gli emocomponenti (emazie concentrate, concentrati piastrinici, plasma fresco congelato, etc) vengono preparati 4.​ per frazionamento mediante centrifugazione delle unità di sangue intero raccolto in sacche multiple di plastica che consentono la scomposizione a sistema chiuso 5.​ Mediante aferesi produttiva con l’impiego di separatori cellulari che permettono di prelevare mediante centrifugazione o filtrazione il componente desiderato (GRC, Pst, plasma, linfociti, cellule staminali, etc.) reinfondendo i rimanenti 6.​ Gli emoderivati (albumina, immunoglobulina, concentrati dei fattori coagulativi) si ottengono per frazionamento industriale del plasma Vantaggi della terapia trasfusionale mirata 1. Ottenimento di risultati terapeutici migliori 2. Riduzione del rischio trasfusionale 3. Ridurre l’incidenza di effetti collaterali della trasfusione, evitando quelli legati alla somministrazione degli emocomponenti non necessari 4. Risparmio di sangue, derivante dalla possibilità di utilizzare diversi emocomponenti ricavati da una singola donazione 1.​ La trasfusione richiede 1.1 Esami immunoematologici per stabilirne la compatibilità con il ricevente 1.1.1 Determinazione del gruppo AB0 e del tipo Rh(D) del donatore e del ricevente (due campioni prelevati in tempi diversi da operatori diversi) 1.1.1 Prove di compatibilità trasfusionale 1.2 Richiesta compilata dal medico deve indicare 1.2.1 Generalità del paziente 1.2.2 Indicazioni alla trasfusione 1.2.3 Accompagnata da provetta da 5 cc prelevata entro 72 ore dalla trasfusione, su cui indicato il nome del paziente e controfirmata dal medico INDAGINI IMMUNOEMATOLOGICHE 1.​ Escludere la presenza nel sangue del ricevente di anticorpi (Ac) antieritrocitari clinicamente rilevanti possibile causa di reazioni trasfusionali se diretti contro antigeni (Ag) espressi sulle emazie del donatore 2.​ Tali Ac, di tipo IgM o IgG, possono determinare se attivi a 37°C 2.1 emolisi immunomediata intravascolare (da attivazione della cascata complementare) 2.2 Emolisi extravascolare (dovuta a rimozione degli eritrociti da parte dei macrofagi tissutali) GLOBULI ROSSI CONCENTRATI 1.​ I GRC vengono preparati generalmente per deplasmizzazione delle unità di sangue intero 2.​ Le trasfusioni di GRC aumentano la massa eritrocitaria e la capacità ossiforetica del sangue 3.​ Sono indicate nei casi di anemia non trattabile farmacologicamente (ferro, vitamina B12, folati, eritropoietina) 4.​ Per decidere se eseguire trasfusione di GRC valutare: 4.1 La natura acuta o cronica dell’anemia 4.2 La patologia di base, età 4.3 I livelli di emoglobina: < 8 g/dL 4.4 Condizioni cliniche generali: situazione cardiovascolare e respiratoria 5.​ Nei casi urgenti in cui non possibile determinare il gruppo si trasfonde sangue 0/Rh(D) negativo 6.​ Globuli rossi leucodepleti mediante filtrazione 6.1 Complicanze possibili legate alla presenza di leucociti negli emocomponenti trasfusi 6.1.1 Alloimmunizzazioni verso antigeni leucocitari, in particolare HLA classe I, con conseguente refrattarietà alle trasfusioni piastriniche, reazioni febbrili trasfusionali non emolitiche, difficoltà nel reperimento di donatori nei trapianti 6.1.2 Graft versus host disease 6.1.3 Edema polmonare non cardiogeno 6.1.4 Complicanze legate alla liberazione di citochine (TNF alpha, IL1, IL6) 6.1.5 Effetto immunomodulate con aumentato rischio di infezioni nel post-operatorio e recidive neoplastiche in pazienti con tumori colon (?) ◼ Globuli rossi irradiati ◼ Irradiazione con raggi gamma 25 Gy ◼ Impedire la replicazione dei linfociti senza alterare la funzione eritrocitaria ◼ Indicazioni ◼ Prevenzione graft versus host disease post trafsusionale ◼ Pazienti da sottoporre a trapianto di midollo CONCENTRATI PIASTRINICI 1.​ I concentrati piastrinici vengono preparati attraverso 1.1 Frazionamento delle unità di sangue intero 1.2 Aferesi da soggetti che nelle 72 ore precedenti non abbiano assunto acido acetilsalicilico 1.3 I CP mantenuti in agitazione continua con appositi apparecchi possono essere conservati a 22 °C fino a 5 gg se raccolta allestita con sistema chiuso Indicazioni ◼ Trattamento e profilassi delle emorragie causate da difetti piastrinici quantitativi e qualitativi ◼ Soglia per trasfondere: 10000 ul ◼ 20000 uL in caso di febbre, infezioni, deficit coagulativi, terapia antiblastica, amfotericina B ◼ Nei pazienti chirurgici valori di pst pari a 50000 uL sono sufficienti a garantire una adeguata emostasi ◼ in caso di interventi ad alto rischio emorragico tuttavia si può trasfondere anche con valori tra 50000 e 100000 ◼ Non indicate nella sindrome di Moschowitz ◼ Non necessarie indagini pretrasfusionali ◼ Possibile ricorrere a preparati leucodepleti e/o irradiati PLASMA FRESCO CONGELATO ◼ Il plasma fresco congelato (PFC) si ottiene per ◼ Frazionamento di unità di sangue intero: 200-300 cc per unità ◼ Mediante aferesi: 1-3 unità da 200 cc ◼ Deve essere congelato entro 6 ore e può essere conservato a –30°C fino a 12 mesi senza che si deteriorino i fattori labili della coagulazione (FV, FVIII e FIX) ◼ Prima della reinfusione deve essere scongelato a + 30-37°C con agitazione ◼ Reinfusione entro 24 ore ◼ Indicazioni ◼ Trattamento delle emorragie acute causate da deficit congeniti od acquisiti dei fattori della coagulazione ◼ CID EMODERIVATI ◼ Gli emoderivati vengono ricavati per frazionamento industriale del plasma ◼ Concentrati di fattori della coagulazione ◼ Albumina ◼ Immunoglobuline ◼ Concentrati di inibitore della C1-esterasi ◼ Concentrati di inibitore dell’a-1-proteinasi IMMUNOGLOBULINE ◼ Immunoglobuline polivalenti umane costituite per il 95% da IgG ◼ Indicazioni (400 mg/kg): ◼ Ipogammaglobulinemie congenite ◼ Porpora piastrinopenia idiopatica ◼ Sindrome di Guillain-Barrè, Sclerosi multipla ◼ Poliradiculopatia infiammatoria cronica demielinizzante, Mystenia gravis ◼ Neuropatia motoria multifocale, Dermatomiosite resistente ai corticosteroidi ◼ Malattia di Kawasaki, Uveite autoimmuni ◼ Prevenzione della GVDH ◼ Vasculite da autoanticorpi citoplasmatici antineutrofili ◼ Malattia autoimmunitaria da anticorpi anti-FVIII ◼ Sindrome da anticorpi antifosfolipidi ◼ Polimiosite, Malattia di Crohn ◼ Lupus eritematosus sistemico 98 IMMUNOGLOBULINE ◼ Effetti indesiderati: ◼ cefalea, brivido, nausea astenia, mialgia, artralgia, dolore alla schiena, rialzo pressorio ◼ Reazioni di modesta entità generalmente si sviluppano nei primi 30 minuti dall’inizio dell’infusione possono essere controllate riducendo la velocità di infusione o interrompendo l’infusione per un breve periodo ◼ Meningite asettica (rara) ◼ Reazioni anafilattiche in pazienti con deficienza per le IgA COMPLICANZE TRASFUSIONALI ◼ Il trattamento trasfusionale anche se correttamente eseguito comporta dei rischi inevitabili (rapporto rischio/beneficio) ◼ Occorre pertanto trasfondere in situazioni in cui vi sia una precisa e razionale indicazione ◼ Terapie alternative: ferro, vit. B12 e folati, EPO, pre-depositi (autotrasfusioni), raccolta dl sangue intraoperatoria, etc. ◼ Selezione dei donatori e qualità delle trasfusioni ◼ Attenzione particolare alla compilazione delle richieste, prelievo per gruppo e compatibilità, controllo delle sacche, registrazione in cartella, controllo della corrispondenza tra paziente e sacca, monitoraggio del paziente durante la trasfusione e nel tempo ◼ Consenso informato e scritto per eseguire le trasfusioni ◼ Immunologiche ◼ Immediate ◼ Reazioni trasfusionali emolitiche acute ◼ Refrattarietà alle trasfusioni piastriniche ◼ Piastrinopenia autoimmune passiva ◼ Reazioni allergiche ◼ Reazioni febbrili non emolitiche ◼ Edema polmonare non cardiogeno ◼ Ritardate ◼ Reazioni trasfusionali emolitiche ritardate ◼ Reazione emolitica associata al trapianto ◼ Piastrinopenia alloimmune associata al trapianto ◼ Porpora post-trasfusionale ◼ Graft versus host disease ◼ Alloimmunizzazioni ◼ Bystander immune hemolysis ◼ Effetto immunomodulatore COMPLICANZE TRASFUSIONALI ◼ Non immunologiche ◼ Immediate ◼ Reazione da contaminazione batterica ◼ Sovraccarico di circolo ◼ Emolisi non immunologica ◼ Altre (iperpotassiemia, tossicità da citrato) ◼ Ritardate ◼ Sovraccarico di ferro ◼ Trasmissione di agenti patogeni (epatite, CMV, HIV, etc) REAZIONE EMOLITICA TRASFUSIONALE ◼ Incidente diretto: emolisi acuta dei GR trasfusi in caso di incompatibilità AB0 tra donatore e ricevente (isoanticopri naturali IgM) o per incompatibilità di altri antigeni dei GR (Rh, Kell) in soggetti politrasfusi ◼ Incidente indiretto: emolisi acuta dei GR del ricevente di gruppo A, B, AB per la presenza di anticorpi immuni anti-A o anti-B nel siero dei donatori universali (pericolosi) di gruppo 0 per pregresse gravidanze od esposizione a sieri (anticorpi di tipo IgG incompleti) REAZIONE EMOLITICA TRASFUSIONALE (II) ◼ Patogenesi: ◼ Agglutinazione e lisi intravascolare degli eritrociti con ◼ Ostruzione della microcircolazione ◼ Liberazione di sostanze derivanti dall’attivazione del complemento ed istamino simili ◼ Attivazione della coagulazione disseminata intravascolare ◼ Emolisi con emoglobinemia ◼ Emoglobinuria e tubulonefrosi ◼ ittero REAZIONE EMOLITICA TRASFUSIONALE (III) ◼ Sintomatologia ◼ Brividi, malessere, dolore lombare e toracico, nausea, ipotensione eshock ◼ Terapia ◼ Sospensione della trasfusione ◼ Mantenimento della pressione arteriosa con dopamina, plasma expanders e liquidi ◼ Mantenere flusso urinario > 100 ml/ora (diuretici) ◼ Terapia eparinica in caso di CID associata a plasma fresco e/o piastrine ◼ Dialisi in caso di insufficienza renale acuta COMPLICANZE TRASFUSIONALI (V) ◼ Refrattarietà alle trasfusioni piastriniche ◼ È dovuta alla presenza nel plasma del ricevente di anticorpi (prodotti per precedenti gravidanze o trasfusioni) contro antigeni HLA-A, -B e meno frequentemente antigeni piastrinici del donatore ◼ Viene evitata con la leucodeplezione e l’irradiazione piastrinica ◼ Piastrinopenia alloimmune passiva ◼ Forma rara che si manifesta dopo poche ore dalla trasfusione di piastrine per la presenza nel plasma o sangue intero di alloanticorpi diretti contro le piastrine del ricevente. Dura meno di una settimana COMPLICANZE TRASFUSIONALI (VI) ◼ Reazioni trasfusionali allergiche ◼ Ipersensibilità del ricevente verso le proteine plasmatiche del donatore o altre sostanze presenti nel plasma ◼ Sintomatologia: eritema, orticaria, prurito generalizzato, broncospasmo, reazioni anafilattiche (gravi in pazienti con deficit di IgA che abbiano sviluppato Ac anti IgA di isotipo IgG) ◼ Trattamento ◼ Antistaminici (clorfeniramina 10 mg) +/- cortisone (la trasfusione può essere quindi ripresa alla scomparsa dei sintomi) ◼ Adrenalina nei casi più gravi: shock anafilattico COMPLICANZE TRASFUSIONALI (VII) ◼ Reazioni trasfusionali febbrili non emolitiche ◼ Costituiscono la maggioranza delle complicanze trasfusionali e possono essere causate dalla presenza nel plasma del ricevente di Ac prodotti nel corso di precedenti trasfusioni o gravidanze contro Ag di membrana dei leucociti o piastrine. ◼ Contributo delle citochine liberate dai leucociti: TNF-alpha, IL1, IL6, etc) ◼ Sintomi: febbre preceduta o meno da brividi, nausea, vomito, cefalea, mialgie, tachicardia, eruzioni cutanee, ipotensione, dolore toracico, lombare ◼ Può insorgere in qualsiasi momento: all’inizio, durante o alla fine della trasfusione ◼ Terapia: antipiretici, antistaminici, eventualmente cortisone ◼ Prevenzione mediante leucodeplezione EMAFERESI TERAPEUTICA ◼ Definizione ◼ Rimozione selettiva dal circolo del paziente di emocomponenti o di sostanze presenti nel plasma ◼ Tecniche di emaferesi ◼ Per centrifugazione: eritroaferesi, leucoaferesi, piastrinoaferesi, staminoaferesi, plasma exchange ◼ Per filtrazione: ◼ filtrazione semplice, ◼ a cascata (elementi plasmatici ad elevato peso molecolare), ◼ plasmaperfusione su immunocolonna (eliminazione di auto-Ac) ◼ plasmaperfusione su colonna con adsorbenti chimici (rimozione sostanze tossiche), ◼ criofiltrazione (rimozione crioglobuline) ◼ fotoferesi (trattamento fotochemioterapico) EMAFERESI TERAPEUTICA: Indicazioni ◼ Eritroaferesi: policitemia, exanguinotrasfusione nell’anemia drepanocitica, gravi infestazioni parassitarie ◼ Leucaferesi: iperleucocitosi leucemiche se non possibile chemioterapia ◼ Piastrinoaferesi: trombocitemie di grado elevato complicate ◼ Plasmaferesi: iperviscosità plasmatica, crioglobulinemia, porpora trombotica trombocitopenica, trapianto di midollo AB0 incompatibile, sindrome di Guillain Barré in fase acuta, polineuropatie infiammatorie croniche demielinizzanti, miastenia gravis, inibitori di fattori della coagulazione, neuropatia periferica paraproteinemica, etc ◼ Staminoaferesi: per raccolta di cellule staminali emopoietiche a fini trapiantologici EMAFERESI TERAPEUTICA ◼ Effetti collaterali ◼ Reazioni vasovagali, ◼ crisi ipotensive, ◼ tossicità da citrato, ◼ crisi ipertensive con edema polmonare acuto, ◼ embolia polmonare massiva da insufficiente anticoagulazione, ◼ problemi cardiovascolari e/o respiratori ◼ Durata del trattamento ◼ Da stabilire in base alla situazione clinica ed ai parametri laboratoristici collegati alla malattia di base

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