DOMANDE E RISPOSTE PSICOLOGIA DEI PROCESSI COGNITIVI PDF
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This document presents questions and answers on various topics in Psychology, including Frenology, Bell-Magendie's law, Broca and Wernicke's areas, the difference between the sympathetic and parasympathetic nervous system, the difference between homeostatic and allostatic equilibrium, the birth of experimental psychology, and neuroimaging techniques.
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Illusione del lampeggiamento: Sentire un doppio beep mentre si vede un singolo flash visivo fa percepire due l Finestra di integrazione temporale: La mente integra stimoli sensoriali che arrivano in momenti diversi entro un Effetto oddball: In una sequenza di stimoli simili, uno stimolo diverso vien...
Illusione del lampeggiamento: Sentire un doppio beep mentre si vede un singolo flash visivo fa percepire due l Finestra di integrazione temporale: La mente integra stimoli sensoriali che arrivano in momenti diversi entro un Effetto oddball: In una sequenza di stimoli simili, uno stimolo diverso viene percepito come durato più a lungo International binding: Gli eventi in cui abbiamo un ruolo attivo sembrano durare meno rispetto a quelli in cui sia Inversione della successione degli eventi: Dopo aver abituato la mente a un ritardo tra due eventi, la rimozione DOMANDE E RISPOSTE PSICOLOGIA DEI PROCESSI COGNITIVI 1. Cos’è la Frenologia? Gall (primo proponente dell’’ipotesi localizzazionista’) proporrà una ‘nuova scienza’, la Frenologia, secondo la quale dalla forma del cranio sarebbe possibile dedurre le funzioni cerebrali e il carattere delle persone. La Frenologia servirà poi da base per lo sviluppo della ‘teoria del criminale per nascita’ di Cesare Lombroso, secondo la quale il comportamento criminale deriverebbe da una malformazione cerebrale, individuabile a partire dal semplice studio della forma della scatola cranica Di buono c’è però il fatto che la frenologia aprirà la strada alla chirurgia neurologica e può essere vista come un primo tentativo (gravemente errato) di stabilire una relazione tra funzioni mentali e corteccia cerebrale 2. Cos'è la legge di Bell-Magendie? All’inizio dell’’800, Bell scopre che le regioni anteriori della spina dorsale sono connesse ai lobi frontali, mentre le regioni posteriori sono connesse con la parte posteriore del cervello (soprattutto con il cervelletto). Viene enunciata la Legge di Bell-Magendie, secondo la quale i fasci di nervi che arrivano al midollo spinale non sono indifferenziati ma si dividono in due tipologie separate: 1. Nervi sensoriali della ‘via dorsale’ (31 coppie di nervi spinali responsabili della trasmissione delle informazioni sensoriali al cervello) e 2. Nervi motori della ‘via ventrale’ (responsabili della trasmissione dei comandi motori agli organi effettori). 3. Cosa sono le aree di Broca e di Wernicke? Dopo gli errori della frenologia, nel 1861 Paul Broca è il primo a definire con successo una prima localizzazione delle funzioni encefaliche (aree del cervello che si sono evolute per assolvere a funzioni mentali specifiche) basata sull’evidenza scientifica, dando così origine alle prime mappe funzionali del cervello e alle moderne Neuroscienze. Broca, medico, visita molti pazienti e osserva come alcuni di loro benché non abbiano problemi ad eseguire le sue istruzioni non riescano però a formulare un discorso comprensibile. L’analisi autoptica rivela come questi pazienti condividano una medesima lesione in un’area specifica del cervello. Viene così localizzata l’area corticale deputata alla produzione del linguaggio (‘Area di Broca’) Poco più tardi, seguendo la medesima metodologia, Wernicke localizza l’area corticale (Area di Wernicke) responsabile della comprensione del linguaggio 4. Che differenza c’è tra sistema autonomo simpatico e sistema autonomo parasimpatico? Il sistema nervoso autonomo può a sua volta essere suddiviso in: 1. Sistema simpatico e 2. Sistema parasimpatico Il sistema simpatico ha una funzione di attivazione: permette la vigilanza, l'eccitazione e la mobilitazione di energie. Le sue terminazioni secernono adrenalina (epinefrina) o noradrenalina (norepinefrina), messaggeri chimici in grado di attivare vari organi in pochi secondi; Il sistema parasimpatico, invece, ha funzioni opposte: serve a indurre stati di calma, attività di tipo vegetativo, sonno, processi di sviluppo, immagazzinamento di risorse energetiche ecc. In altre parole: il sistema simpatico devia il flusso sanguigno verso i muscoli, mentre il sistema parasimpatico fa il contrario.” Dopo un pranzo abbondante, quando vi sedete sul divano e sonnecchiate, è il parasimpatico che si attiva ai massimi livelli … Se state correndo per evitare che vi prendano, cercando di controllare il panico, il parasimpatico è del tutto inattivo" 5. Qual è la differenza tra equilibrio omeostatico e equilibrio allostatico? Il concetto di mantenimento di uno stato di equilibrio (o di modificazione dei meccanismi metabolici) è alla base della fisiologia dello stress. Si distinguono due tipologie di stati di equilibrio: Equilibrio omeostatico: esiste un livello ottimale (setpoint) che deve essere mantenuto costante; ogni volta che il livello muta (ad es. per mancanza di alimentazione), interviene UN singolo meccanismo di regolazione che ristabilisce il livello-obiettivo Equilibrio allostatico: il livello ottimale cambia continuamente (costanza nel cambiamento), ad es. il livello di zuccheri ideale quando si sta sciando è diverso dal livello ottimale di zuccheri quando si dorme; il livello ottimale non è garantito dall'attivazione di un solo meccanismo, ma in molti modi diversi I meccanismi di tipo allostatico prevedono che la regolazione del corpo umano sia coordinata dal cervello, che attua una strategia complessa e articolata che comprende numerose modificazioni fisiologiche e comportamentali. Nei vertebrati, il nucleo centrale della risposta agli stressori ambientali è l'attivazione muscolare. I muscoli richiedono energia immediata e facilmente utilizzabile, piuttosto che immagazzinata da qualche parte nelle cellule adipose La conseguenza centrale dello stress (risposta), quindi, è la rapida mobilizzazione di energia dalle scorte e, parallelamente, l'inibizione di meccanismi che di solito ne consentono l'immagazzinamento La reazione allo stress non comporta solo attivazione ma anche disattivazione di funzioni metaboliche (equilibrio allostatico). Se si verifica un'emergenza, è logico che il corpo interrompa tutte le attività di medio-lungo termine che implicano un dispendio di energia. Si interrompono tutte le attività di lungo termine finchè non si torna in una situazione in cui è possibile vedere un lungo termine. Così, ad esempio, in condizioni di stress, la digestione è inibita - non c'è il tempo sufficiente per estrarre risorse energetiche attraverso un processo lungo come la digestione 6. Quali sono i due laboratori in cui nasce la Psicologia Sperimentale? Il momento della nascita della psicologia come disciplina indipendente coincide con la creazione pressoché contemporanea, alla fine dell’800, di due laboratori: 1. Il laboratorio ‘funzionalista’ di W. James, negli Stati Uniti (fondato nel 1874), e 2. Il laboratorio ‘strutturalista’ di W. Wundt in Germania (fondato nel 1879) I due laboratori, sebbene fondati nello stesso periodo, hanno però impostazioni ben differenti tra loro 1. Il laboratorio di W. James (di formazione filosofo, autore nel 1890 del volume ‘Principi di psicologia’) è di orientamento funzionalista, influenzato dalla teoria evoluzionistica di Darwin In sintesi, il funzionalismo si chiede: “Qual è la funzione, lo scopo di ogni atto comportamentale?”. La ricerca che vi si svolge è finalizzata a capire le ragioni per cui una certa facoltà mentale si sia evoluta, i motivi della sua persistenza e il suo funzionamento. I funzionalisti privilegiano il versante applicativo della psicologia, ad esempio sviluppando i primi test psicologici. 2. WUNDT Diversamente dal laboratorio di James, la ricerca che si svolge all'interno del laboratorio di Wundt è orientata a capire la struttura dei processi mentali. Per lo studio del funzionamento della mente deve sempre partire dalla considerazione secondo la quale ogni processo mentale ha una sua struttura, costituita da una serie di fasi: 1. Sensazione; 2. Percezione; 3. Attenzione; 4. Intenzione; 5. Azione Wundt imposta quindi gli esperimenti che si svolgono nel suo laboratorio secondo questa suddivisione, alla ricerca degli elementi ‘strutturali’ della mente, facendo così un passo avanti rispetto alla psicofisiologia e anticipando in qualche modo la prospettiva cognitivista. Un’altra differenza importante tra i due laboratori, come già anticipato, risiede nel fatto che, mentre nel laboratorio di Wundt si realizza da subito un volume di esperimenti impressionante William James realizza pochi studi empirici. L’impostazione della ricerca, più ancorata alla tradizione filosofica, è principalmente logico-speculativa. Quindi, sebbene ad entrambi i ricercatori possa essere riconosciuto un contributo fondamentale nello sviluppo dello studio della mente, è stato in effetti principalmente grazie all’approccio sperimentale di Wundt che la psicologia si è potuta affermare come disciplina autonoma, indipendente da medicina, fisiologia e filosofia. 7. Quali sono le due tecniche principali di neuroimaging? La ricerca nelle neuroscienze si serve principalmente di tecniche e strumenti di neuroimaging. Se ne distinguono due tipologie principali: 1. Tecniche ‘strutturali’ – si ‘fotografa’ la struttura del cervello, sono tecniche utilizzate anche, ad esempio, nella diagnosi dei tumori; 2. Tecniche ‘funzionali’ – utilizzate per visualizzare l’attività elettrica, magnetica o metabolica cerebrale. Fino agli anni ’70 gli strumenti per analizzare il cervello erano molto elementari: raggi X, angiografia, pneumoencefalografia. Tecniche di neuroimaging strutturale (anatomia del cervello) e/o funzionale (cambiamenti nel tempo): EEG NIRS PET -> ad esempio Localizza il decadimento di alcune molecole (traccianti) marcate radioattivamente (di solito somministrate per endovena) FMRI 8. Che differenza c'è tra un’ipotesi a una coda (monodirezionale) e un’ipotesi a due code (bidirezionale)? Le ipotesi possono essere monodirezionali o bidirezionali. Un’ipotesi monodirezionale (o ‘a una coda’, ‘one tailed’) specifica quale sia il ‘verso’ dell’effetto ricercato (ad esempio, le persone che vivono in un ambiente ricco di frustrazioni svilupperanno un’aggressività maggiore rispetto a chi vive in un ambiente povero di frustrazione). Un’ipotesi bidirezionale (o ‘a due code’, ‘two tailed’) non avanza alcuna previsione specifica (nelle due circostanze osservate, l’aggressività potrebbe sia aumentare che diminuire). Propendere per l’uno o l’altro tipo di ipotesi ha un effetto diretto sul tipo di test statistici (ad esempio: one tailed t-test vs. two tailed t-test) che è necessario utilizzare in fare di analisi dei risultati. In generale, ci si deve ricordare che le ipotesi ‘ad una sola coda’ hanno una ‘potenza’ statistica maggiore (servono meno soggetti per trovare un effetto significativo). 9. Che differenza c'è tra ricerca primaria e ricerca secondaria? (PRESA DA INTERNET perché NON LA TROVO) La ricerca primaria viene condotta con l'aiuto delle fonti primarie disponibili, mentre la ricerca secondaria viene condotta sulla base di alcuni dati raccolti da qualcuno che lo ha ottenuto da qualche fonte. Questa è la principale differenza tra la ricerca primaria e quella secondaria. Nella ricerca primaria, il ricercatore si basa solitamente sulle fonti primarie. Ad esempio, l'intervista a qualcuno è data primaria e ciò conduce a condurre ricerche primarie per il fatto di condurre la ricerca dalla fonte stessa. Non solo interviste, altri metodi di ricerca possono essere utilizzati anche per la raccolta di dati in questo tipo di ricerca. Alcuni esempi sono l'osservazione, gli studi di casi, le indagini, gli esperimenti, ecc. In ogni situazione, il ricercatore raccoglie direttamente i dati dal campione che ha scelto. La ricerca primaria è fatta con un sacco di duro lavoro e dedizione. È interessante notare che la ricerca primaria è costosa da svolgere in quanto coinvolge le fonti primarie e anche più lunga in termini di tempo. in ricerca secondaria il ricercatore si basa su fonti secondarie. Immagina di aver scritto un libro basato sull'intervista che hai condotto. Se qualcuno usasse il libro per preparare o scrivere un rapporto, i dati disponibili a quella persona dovrebbero essere considerati secondari in funzione e la ricerca condotta da lui in base al libro può essere chiamata ricerca secondaria. La ricerca secondaria non è costosa da svolgere in quanto non coinvolge le fonti primarie. I dati relativi alla ricerca secondaria di solito non sono molto dettagliati e elaborati poiché coinvolgono le fonti indirette 10. Che differenza c’è tra disegno within e disegno between? In un disegno 'a misure ripetute’ (o anche ‘correlato’, o ’within’) la varianza non sistematica è minima (sono sempre le stesse persone a sottoporsi ai diversi trattamenti e quindi le fluttuazioni dovute alle differenze individuali si annullano). Il disegno a misure ripetute, perciò, ha una maggior efficienza statistica: rispetto al secondo tipo di disegno (il disegno ‘between’) è più facile (occorrono meno soggetti) trovare un effetto significativo. Il disegno ‘within’ però non può essere utilizzato in tutte le ricerche e deve spesso essere accompagnato dal contro bilanciamento, che ha la funzione di eliminare gli effetti dovuti alla sequenza dei trattamenti (effetti carry over). In un disegno ‘a misure indipendenti’ (o anche ‘non correlato’, ‘between’) la varianza non sistematica (dovuta alle differenze individuali) si riduce al minimo attraverso l’assegnazione dei soggetti ai gruppi in modo casuale (randomizzazione). Assegnando i soggetti a caso a ciascuno dei gruppi si riduce il rischio che esista una terza variabile sistematica (ad esempio, il fatto che tutti i soggetti fossero uomini) che determina il risultato (la differenza di punteggio nelle condizioni). 11. Cos'è un disegno sperimentale fattoriale? Il disegno sperimentale fattoriale permette di studiare gli effetti prodotti da più di una sola variabile indipendente. In questo tipo di disegni, la variabile indipendente viene chiamata ‘fattore’ (di qui il termine ‘disegno fattoriale’) o anche ‘trattamento’. Ad esempio: si potrebbe voler valutare se l’utilizzo del cellulare (fattore A) abbia lo stesso effetto in condizioni di traffico intenso e di traffico scarso (fattore B). In questo caso si avrebbe un disegno 2x2 (complessivamente, quattro condizioni). La notazione appena utilizzata (2x2) serve a definire il tipo di disegno fattoriale e a calcolare il numero di condizioni sperimentali previste Nei disegni sperimentali fattoriali si distingue tra due tipologie di effetti: 1. Effetti principali (main effect); 2. Effetti di interazione (interaction) Un’’interazione’ si verifica quando l’effetto di una variabile indipendente sul comportamento dipende dall’effetto di una seconda variabile indipendente. Ad esempio: l’effetto di un ambiente rumoroso sull’apprendimento dipende dall’età delle persone 12. Cos’è un intervallo di confidenza? Gli intervalli di confidenza consentono di estendere i risultati ottenuti con il campione sperimentale a tutta la popolazione di riferimento, ovvero a fornire una prima stima degli effetti ‘reali’ di un trattamento sperimentale. È un intervallo ed è una stima (interval estimate), in opposizione agli indicatori ‘puntuali’ e calcolati (nel denso che si ottengono sulla abase dei soli dati effettivamente raccolti) come la media. Ad esempio: Se il tempo medio di soluzione di un problema ottenuto da un campione di soggetti è pari a 34 secondi, la media che ci si può aspettare di trovare ‘nella realtà’ potrebbe ricalerà all’interno di un intervallo (di confidenza) che va dai 25 ai 40 secondi. L’intervallo di confidenza si ottiene a partire dal calcolo dell’errore standard (margine di errore). L’errore standard si calcola dividendo la deviazione standard per la radice quadrata del numero di soggetti Il calcolo degli intervalli di confidenza rappresenta anche una misura della precisione (accuratezza) dei risultati di una ricerca. Intervalli di confidenza molto ampi (ad esempio >10%) segnalano come il dato ottenuto abbia un’affidabilità piuttosto bassa 13. Cosa s’intende per significatività statistica? (RIVEDERE O CERCARE SU INTERNET PERCHE’ È ARAMAICO) Il calcolo della significatività statistica riguarda la dimostrazione dell’esistenza dell’effetto ipotizzato inizialmente. Per essere ‘vero’, l’effetto deve valere in generale, non solo relativamente al campione sperimentale Se l’effetto trovato è statisticamente significativo e le basi teoriche (il razionale) dell’esperimento sono solide, allora si può dire di aver scoperto una relazione di causalità (probabilistica) valida non solo per il campione considerato, ma anche per tutta la popolazione di riferimento (l’esperimento ha ottenuto un risultato ‘valido'). La significatività statistica di una differenza, calcolata applicando un test di statistica inferenziale (ad esempio, il t-test) viene espressa dal p-value (valore di probabilità, criterio alfa). Ogni test statistico ha come risultato un valore numerico (F, T, CHI2) al quale è sempre associabile (attraverso l’impiego delle tabelle dei valori critici) un grado di significatività (p-value) Significatività statistica (p-value) un p-value inferiore a 0,05 (p Le particelle di polvere o di acqua presenti nell’atmosfera fanno apparire gli oggetti lontani più opachi. 2) Gradienti di trama (o di tessitura, o di densità) I gradienti di trama o di densità forniscono indizi di profondità in quanto i singoli elementi di una scena visiva (ad esempio le spighe di un campo di grano) appaiono più fitti quanto più distano dal punto di osservazione. In buona sostanza, la regola del gradiente di tessitura ‘dice’ al sistema visivo: “quanto più gli elementi che vedi sono piccoli e fitti, tanto più è probabile che si trovino a grande distanza da te”. 3) Indicatori di sovrapposizione (o di occlusione) L’occlusione (o interposizione o sovrapposizione) si ha quando un oggetto si sovrappone parzialmente ad un altro. In questi casi, come si sa, il primo viene percepito come più vicino del secondo. 4) Indicatori di ombreggiatura In presenza di un’ombreggiatura, il sistema visivo assume sempre che questa venga prodotta da una fonte luminosa posta in alto a sinistra e le sfere della figura che segue sembrano emergere o affondare a seconda che ne appaia illuminata la parte superiore a sinistra oppure la parte inferiore a destra 5) Indicatori di movimento Se l’osservazione di una scena visiva avviene mentre siamo in movimento (come quando si guarda fuori dal finestrino mentre si sta viaggiando in treno) gli oggetti più vicini sembrano passare davanti agli occhi molto più velocemente rispetto agli oggetti che si trovano a distanza maggiore. Questo indicatore è detto parallasse di movimento dovuta al flusso ottico. 6) Indicatori di messa a fuoco Gli indicatori di messa a fuoco sono quattro: - Indicatori di intensità Oggetti che presentano colori più intensi, contrasto e contorni definiti appaiono risaltare in primo piano. Ecco, ad esempio, perché usiamo l’evidenziatore - Indicatori di accomodazione La lente dell’occhio (il cristallino) mette a fuoco la luce riflessa dagli oggetti che guardiamo modificando la propria curvatura. Questo meccanismo si definisce accomodazione e rappresenta un indicatore di profondità perché la curvatura del cristallino, almeno per oggetti collocati fino a sette metri di distanza, dipende dalla distanza dell’oggetto fissato. Il sistema visivo rileva questo parametro attraverso il grado di tensione dei muscoli ciliari - Indicatori di grandezza relativa nella maggior parte dei casi la grandezza degli oggetti che osserviamo ci è ben nota (costanza di grandezza). Quando un oggetto familiare posto a grande distanza proietta un’immagine retinica inferiore alla sua grandezza ‘naturale’, il dato viene automaticamente interpretato come un indizio di distanza. - Indicatori di altezza sul piano dell’orizzonte gli oggetti che occupano la porzione superiore del campo visivo sono considerati più lontani degli oggetti che si trovano più vicini 39. Cos’è l’illusione della mano di gomma? In alcuni casi, un senso diverso da quello direttamente responsabile di una data percezione può influire profondamente sull’esperienza. Ad esempio, in caso di informazioni contrastanti, la vista può prevalere sul tatto fino ad arrivare a provocare una ‘dislocazione’ (cambiamento illusorio di posizione spaziale) di una parte del proprio corpo, come accade nel caso dell’’illusione della mano di gomma’ L’informazione sensoriale che la mente utilizzo per ‘posizionare’ la nostra mano è primariamente visiva, se l’informazione visiva è ingannevole, anche la nostra immagine del corpo sarà errata, illusoria La stimolazione sincrona dell’arto finto e dell’arto vero, associata all’istruzione di tenere lo sguardo fisso sull’arto artificiale, dopo un po’ di tempo, porta i partecipanti a ‘sentire’ le pennellate sull’arto finto e quindi generare una nuova immagine del proprio corpo, in cui l’arto ‘vero’, fuori vista, è sostituito dall’arto finto. Se viene chiesto ai soggetti (bendati) di indicare con l’altra mano da sotto il tavolo la posizione del proprio braccio sinistro si trova come la maggior pare di loro indichi la posizione relativa all’arto finto. 40. Cos’è l’illusione del lampeggiamento? Può anche succedere che i suoni ingannino la vista. Il fatto di ascoltare un doppio beep allo stesso momento in cui viene presentato un singolo flash visivo crea l’impressione nitida che quest’ultimo abbia un tremolio e che si stia osservando non un evento singolo ma due lampi luminosi successivi Per poterci creare una rappresentazione del mondo è importante stabilire (automaticamente e molto velocemente) se due informazioni (ad esempio un suono e una luce) provengono da un’unica fonte (un solo oggetto, un solo animale). L’integrazione tra informazioni che arrivano a canali sensoriali differenti (binding) avviene in base a due regole principali: 1. Vengono integrate le informazioni che arrivano dalla medesima posizione nello spazio; 2. Vengono integrati gli stimoli che arrivano nello stesso momento (tempo). Per poter spiegare come due stimoli possano essere integrati sulla base delle loro qualità temporali, è necessario immaginare l’esistenza di una ‘finestra di integrazione temporale’. Al cervello, le diverse informazioni arrivano in tempi differenti, questo perchè gli stimoli ambientali (ad esempio il suono e la luce) attraversano lo spazio a velocità differenti, ogni modalità sensoriale ha una velocità di reazione differente, le aree corticali elaborano l’informazione a velocità differenti. Ad esempio: 1. La luce viaggia un milione di volte più velocemente del suono 2. La conversione dello stimolo fisico in impulso neurale è molto più rapida nell’udito (un millisecondo) che nella vista (dai trenta i quaranta millisecondi). Questo perché mentre nell’occhio la luce è convertita in impulsi neurali tramite un lento processo chimico, nell’orecchio la trasduzione avviene grazie ad un rapido processo meccanico 3. La trasmissione del segnale sonoro dall’orecchio alle aree corticali è più rapida rispetto alla velocità di trasmissione del segnale luminoso 4. Le cellule della corteccia acustica reagiscono molto più rapidamente rispetto alle cellule del sistema visivo La combinazione di questi effetti fa sì che, ad esempio nel caso della percezione multisensoriale visuoacustica, in caso di simultaneità ‘oggettiva’, un suono arrivi al cervello prima di una luce quando entrambi si trovano a distanza ravvicinata da noi, mentre accade il contrario nel caso in cui entrambe le fonti siano collocate a distanze maggiori*. Quindi, per poter generare una rappresentazione verosimile del mondo esterno e per poter associare in modo corretto (in accordo a ciò che viene nell’ambiente) le informazioni ricevute dai diversi organi sensoriali, la mente deve tenere conto delle discrepanze temporali dovute alla diversa velocità di arrivo/trasduzione/trasmissione/ elaborazione degli stimoli fisici Sono diverse le evidenze che indicano come la mente prima di dare luogo ad una percezione ‘attenda’, all’interno di una finestra temporale data, l’informazione più lenta. Ad esempio, gli atleti hanno lo ‘start’ con una pistola perché si reagisce più rapidamente allo sparo che a un flash luminoso. Se lo sparo è contemporaneo al flash, nonostante la differente velocità dei due segnali e la differente velocità dei due sistemi sensoriali, però, non si osserva alcun vantaggio nei tempi di reazione. In questo caso sembra che la mente ‘ritardi’ l’elaborazione del segnale sonoro ‘in attesa’ del segnale luminoso più lento. Questo ritardo è il prezzo da pagare per avere una percezione multisensoriale del mondo 41) Cos’è la finestra di integrazione temporale? Per poterci creare una rappresentazione del mondo è importante stabilire (automaticamente e molto velocemente) se due informazioni (ad esempio un suono e una luce) provengono da un’unica fonte (un solo oggetto, un solo animale). L’integrazione tra informazioni che arrivano a canali sensoriali differenti (binding) avviene in base a due regole principali: 1. Vengono integrate le informazioni che arrivano dalla medesima posizione nello spazio; 2. Vengono integrati gli stimoli che arrivano nello stesso momento (tempo). Per poter spiegare come due stimoli possano essere integrati sulla base delle loro qualità temporali, è necessario immaginare l’esistenza di una ‘finestra di integrazione temporale’. Al cervello, le diverse informazioni arrivano in tempi differenti, questo perché gli stimoli ambientali (ad esempio il suono e la luce) attraversano lo spazio a velocità differenti, ogni modalità sensoriale ha una velocità di reazione differente, le aree corticali elaborano l’informazione a velocità differenti. Quindi, per poter generare una rappresentazione verosimile del mondo esterno e per poter associare in modo corretto (in accordo a ciò che viene nell’ambiente) le informazioni ricevute dai diversi organi sensoriali, la mente deve tenere conto delle discrepanze temporali dovute alla diversa velocità di arrivo/trasduzione/trasmissione/elaborazione degli stimoli fisici. Sono diverse le evidenze che indicano come la mente prima di dare luogo ad una percezione ‘attenda’, all’interno di una finestra temporale data, l’informazione più lenta. 42) Cos’è la sinestesia? La sinestesia rappresenta un caso molto particolare di percezione multisensoriale. Le persone che hanno questa capacità associano automaticamente una sensazione ad un’altra di tipo diverso. 43) Cos’è l’effetto oddball? Un esempio di distorsione temporale studiata in laboratorio è l’effetto oddball: quando, all’interno di una sequenza di stimoli molto simili tra loro (ad esempio, dei cerchi neri) viene presentato uno stimolo ‘unico’ che si differenzia in modo sostanziale da tutti gli altri (ad esempio, un cerchio rosso), la durata degli stimoli identici è sottostimata e la durata dello stimolo ‘unico’ è sovrastimata. 44) Cos'è l’intentional binding? La percezione di durata di un intervallo temporale dipende dal ruolo che si assume all’interno di una situazione data: mentre quando aspettiamo in fila che arrivi il nostro turno ci sembra che il tempo che occorre per servire le persone prima di noi sia infinito, quando poi arriva il nostro turno, improvvisamente, il tempo passa in un istante. In generale, l’effetto ‘intentional binding’ (Haggard, 2002) si riferisce al fatto che gli eventi in cui esercitiamo un ruolo attivo ci sembrano più brevi rispetto a quando siamo semplici spettatori. A livello sperimentale, quando viene richiesto di stimare la durata intercorsa tra un’azione (ad esempio premere un tasto) ed il suo effetto (ad esempio ascoltare un suono), si trova come le persone tendano a fornire stime più brevi rispetto a quanto avviene quando la medesima sequenza non è innescata volontariamente (le sequenze pressione di un tasto – suono sono presentate automaticamente dal computer, senza bisogno che vengano innescate dai soggetti). L’effetto è il risultato di due fattori distinti: 1. Action binding; 2. Effect binding. In sintesi, quando ad un’azione volontaria segue un effetto, la stima del momento dell’azione viene ritardata e la stima del momento dell’effetto subisce un’anticipazione rispetto alla condizione in cui la volontarietà (ed il controllo motorio) dell’azione è assente. 45) Cos’è l'inversione della successione degli eventi? Come si è visto nell’esperimento degli occhiali prismatici, la percezione ha la qualità importante di essere flessibile, adattabile, in un certo senso, di sapersi autocorreggere. Anche la percezione della successione temporale tra due eventi può essere invertita (inversione temporale). Si è detto di come la percezione multisensoriale dipenda da una ‘finestra temporale’ specifica. La finestra ‘ è flessibile e il meccanismo può essere ingannato, come avviene nell’esperimento che segue: Si immagini (Stetson et al., 2006) che ogni volta che si preme un tasto si accenda una luce o un flash. Poi si immagini di introdurre un ritardo di 135 millisecondi tra la pressione del tasto e la comparsa della luce. Una volta ‘abituati’ a questo ritardo, la mente sincronizza i due stimoli ritardando la percezione dell’informazione relativa alla pressione del tasto per allinearla con la presentazione dell’informazione visiva. L’adattamento (temporal recalibration), fa sì che i due eventi siano percepiti come simultanei e l'intervallo temporale venga, percettivamente, cancellato. Se però, dopo un certo numero di prove, il ritardo di 135 millisecondi viene improvvisamente eliminato si avrà la sensazione di vedere il flash prima di premere il tasto, ovvero si realizzerà un’inversione illusoria di causa ed effetto. Anche la capacità di rilevare con precisione l’ordine degli eventi, essenziale per la determinazione della causalità (post hoc, ergo propter hoc) e per la costruzione di modelli mentali validi, quindi, in condizioni date, può dare luogo a percezioni erronee, illusorie. 46) Cos’è la cecità da inattenzione (inattentional blindness)? La proprietà selettiva dell’attenzione è responsabile dell’effetto definito, un po’ impropriamente, ‘cecità da inattenzione’ (inattentional blindness). Come si sa, può capitare di non notare un semaforo rosso ad un incrocio mentre si parla al cellulare. Forse è meno noto il fatto che possa anche accadere di non vedere un grosso gorilla che attraversa una stanza. La ‘cecità da inattenzione’ fa sì che quando siamo alla ricerca di qualcosa di preciso si ignorino selettivamente le informazioni che non sono rilevanti per i nostri scopi del momento. L’informazione è presente all’interno del nostro campo visivo ma non è possibile percepirla. 47) Cos’è la cecità al cambiamento (change blindness)? L’effetto ‘cecità al cambiamento’ (change blindness) è un’ulteriore conferma dell’azione selettiva dell’attenzione e del fatto che guardare e vedere sono tutt’altro che la stessa cosa. Quando osserviamo una scena ci sembra di coglierne ogni dettaglio, ma in realtà, e a questo punto dovrebbe risultare piuttosto evidente, questa impressione è soltanto un’illusione. Nell’esperimento condotto da Simons e Levin (Simons e Levin, 1998), un ‘turista’ (un complice dello sperimentatore) vi ferma in mezzo alla strada per chiedervi alcune informazioni. Mentre iniziate a rispondere, alcune persone che trasportano un ingombrante pannello (altri complici dello sperimentatore) passano tra voi e il ‘turista’, ostruendovi la visuale. Non appena il pannello è passato, riprendete a fornire le vostre indicazioni come se nulla fosse. Il ‘turista’, però, non è più la stessa persona: si è scambiato con un’altra persona (il quarto un complice dello sperimentatore). Ripetendo più volte questo esperimento, Simons e Levin, trovano come il 50% delle persone non si accorga dello scambio di persona - siamo ciechi al cambiamento. 48) Cos’è l’effetto Stroop? L’effetto Stroop si verifica quando si richiede ad una persona di pronunciare ad alta voce e il più velocemente possibile il colore con cui è stampata una parola (ad esempio bisogna dire ‘rosso’, quando la parola è stampata con il colore rosso) e ignorare il significato della parola stessa. Risultati: quando la parola ha un significato diverso dal colore nel quale è stata stampata (stimoli ‘non congruenti’- ad esempio la parola ‘verde’ scritta in rosso) l’attenzione non riesce a filtrare l’informazione non pertinente (‘verde’) e questo conflitto induce un rallentamento nei tempi di produzione della risposta delle persone che prendono parte all’esperimento. 49) Cos'è l'effetto Simon? L’effetto Simon si osserva quando viene richiesto di discriminare la forma dello stimolo (di solito un triangolo o un quadrato) che viene presentato nell’emicampo visivo destro oppure nell’emicampo sinistro premendo un tasto corrispondente. Ad esempio, se la forma che viene presentata è un quadrato, bisognerà premere il tasto di destra, mentre se la forma è un triangolo, si dovrà premere il tasto di sinistra. I tempi di reazione sono inferiori quando lo stimolo ed il pulsante di risposta occupano la medesima posizione spaziale (ad esempio, quando il triangolo compare sul lato sinistro del campo visivo ed il tasto da premere si trova alla sinistra del soggetto - condizione ipsilaterale o corrispondente). Il ritardo nel caso in cui lo stimolo appaia in posizione spazialmente non corrispondente (o controlaterale) rispetto alla posizione del tasto per la risposta corretta si misura nel 5% del tempo di reazione complessivo. In sintesi, benché i soggetti vengano istruiti ad ignorare l’informazione relativa alle coordinate spaziali dello stimolo, queste interferiscono con la velocità di risposta al compito). Allo stesso modo di quanto accade nell’effetto Stroop, l’effetto Simon è dovuto al conflitto generato dalla mancata selezione di informazioni non pertinenti al compito che si rivelano incongruenti rispetto ad altre. Nel caso dell’effetto Simon, poiché il movimento dell’attenzione richiede la codifica spaziale della posizione dello stimolo, la percezione dell’oggetto stesso (triangolo o quadrato) non può avvenire senza che le persone rilevino anche la sua posizione spaziale, così come nel caso dell’effetto Stroop non era possibile evitare di considerare del tutto il significato di una parola, anche se questo era irrilevante per il compito. 50) Cos’è l’effetto cocktail party? La selettività dell’attenzione non riguarda solo la vista ma tutte le modalità sensoriali. Nel caso dell’udito questa capacità ci consente, ad esempio mentre siamo ad una festa, di focalizzarci sulla sola conversazione che ci interessa escludendo tutte le altre conversazioni che sono in corso nello stesso momento. A questa capacità, descritta la prima volta da Cherry (Cherry, 1953) si è soliti riferirsi con il nome di ‘effetto cocktail party’ (o anche, in sede sperimentale, paradigma dell’ascolto dicotico). Se però qualcuno in un gruppo vicino pronuncia il nostro nome, allora, immediatamente, cogliamo l’informazione (Moray, 1959). Anche in questo caso l’attenzione è stata ‘catturata’ da uno stimolo saliente. Il fatto che l’attenzione possa riorientarsi in modo automatico è importante ai fini della sopravvivenza. E’ come se l’evoluzione avesse provveduto ad equilibrare la selettività dell’attenzione con un meccanismo complementare che consente di mantenere vivo il monitoraggio di ciò che avviene attorno a noi. Se così non fosse, alcune informazioni che potrebbero essere rilevanti correrebbero il rischio di essere del tutto ignorate (come in realtà può accadere, come si è visto nel video del gorilla). Nel caso della visione questo significa che, anche quando l’attenzione è concentrata nell’analisi dell’informazione che ricade all’interno dell’area foveale, alcuni stimoli che appaiono nel campo visivo parafoveale possono comunque richiamarla in modo del tutto automatico e rapido. 51) Cos’è l’effetto di inibizione di ritorno? L’orientamento dell’attenzione è sottoposto all’effetto ‘inibizione di ritorno’: una volta che si sia rivolta l’attenzione verso un punto specifico dello spazio visivo e poi la si rivolga verso un altro punto collocato in posizione differente rispetto al primo diventa più difficile tornare a focalizzarsi sulla posizione già esplorata in precedenza. Questo effetto si verifica se la pausa tra la prima e la seconda osservazione ha una durata che varia tra un quinto di secondo e 3-4 secondi e il tempo di reazione necessario per riportare lo sguardo nello stesso punto aumenta di un ventesimo di secondo. L’effetto, che a prima vista potrebbe apparire come un difetto, in realtà è funzionale a rendere più rapida l’esplorazione sistematica di una scena visiva: grazie all’inibizione di ritorno la probabilità di trovarsi ad esplorare due volte il medesimo punto nello spazio quando si sta cercando una persona in una folla viene ridotta al minimo. 52) Cosa sono le interruzioni? Solitamente, si assume che la prestazione subisca un peggioramento perché l’attenzione si esaurisce. In realtà, l’attenzione è un processo continuo che non smette mai di esercitare la propria azione, semplicemente, cambia l’oggetto sul quale agisce. Quando si osserva un decremento attentivo, ciò che succede in realtà somiglia molto al processo di abituazione che si osserva nella percezione secondo il quale il cervello cessa di registrare la presenza di un suono o di una luce quando lo stimolo rimane costante nel tempo. In casi come questi, le interruzioni (o il passaggio da un compito ad un altro) si rivelano vitali per poter continuare a mantenere l’attenzione su una stessa attività per periodi di tempo prolungati. Una ricerca recente di Ariga e Lleras (Ariga e Lleras, 2011) ha messo a confronto quattro gruppi di soggetti. A tutti i gruppi era richiesto di eseguire un compito della durata di 50’: 1. Il gruppo di controllo doveva semplicemente eseguire il compito richiesto (premere un tasto ogni volta che sullo schermo del computer compariva un segmento corto e ignorare l’apparizione dei segmenti più lunghi); 2. Il gruppo ‘senza interruzioni’ (‘no switch group’) doveva eseguire, oltre al compito principale, anche un compito di memorizzazione: ai partecipanti era richiesto di memorizzare 5 cifre presentate 5” prima di iniziare l’esecuzione del compito principale, al termine della sessione veniva poi fatto comparire sullo schermo un numero e i partecipanti dovevano decidere se quel numero faceva parte delle cifre memorizzate inizialmente; 3. Al gruppo ‘con interruzioni’ (‘switch group’), durante l’esecuzione del compito di vigilanza e ad intervalli preordinati, veniva richiesto di valutare se il numero che appariva sullo schermo appartenesse o meno alla sequenza di cifre che era stato richiesto di memorizzare all’inizio dell’esperimento; 4. Il quarto gruppo era esposto alle medesime condizioni sperimentali del gruppo precedente, con la differenza che i partecipanti venivano istruiti ad ignorare le cifre che di volta in volta comparivano sullo schermo. I risultati mostrano come il gruppo ‘con interruzioni’ esprima le prestazioni migliori, non mostrando alcun declino nella prestazione relativa al compito principale. Questo risultato viene spiegato dagli autori ipotizzando che le interruzioni impediscono che si realizzi l’abituazione. I momenti in cui gli obiettivi che ci guidano vengano momentaneamente disattivati a favore di altri per poi essere riattivati garantiscono quell’alternanza tra contesti di stimolazione (o quella mobilità dell’attenzione) che consente di evitare di incorrere in cali attentivi. Le interruzioni, come si sa, non hanno però sempre un effetto benefico. Una volta che, a seguito di un'interruzione, un nuovo set di informazioni entra nella memoria a breve termine occorre tempo perché l'informazione su cui si lavorava in precedenza possa essere recuperata e riprendere il compito che si era interrotto. Prevenire o limitare questo tipo di inerzie non è semplice soprattutto se l'interruzione arriva all’improvviso, non lasciandoci il tempo per memorizzare le informazioni necessarie a riprendere poi le azioni che si stavano eseguendo. Il problema delle interruzioni non è quindi l'essere interrotti di per sé, ma il tempo che si impiega per recuperare la concentrazione sulle attività sospese (nelle ricerche sperimentali il cambio di compito viene denominato task switch, mentre il tempo medio che occorre per ritornare all'attività interrotta è definito resumption lag). La notifica di ricezione delle email è un tipo di interruzione frequente e i cui effetti sono interessanti da studiare, perché questo tipo di interruzione è risultata avere un impatto più negativo sulla prestazione di quanto possa sembrare (Jackson et al., 2001). Da un punto di vista pratico, la strategia più efficace ad evitare gli effetti nocivi delle interruzioni è la pianificazione delle attività. Organizzare il proprio tempo in modo da disporre di periodi specifici in cui ci si occupa di un singolo tipo di compito (in modo simile a quanto avviene nel chuncking) è un modo per rendere più produttiva la propria giornata. Per restare al caso delle email, stabilire un unico momento (ad esempio, dalle 12.00 alle 13.00) da dedicare a questa attività si dimostra essere un metodo valido per essere più efficienti. 53) Cos’è la teoria del MOT? Descrivere l’esperimento? 54) Cos’è il periodo di refrattarietà psicologica? Il medesimo peggioramento nella prestazione si verifica anche quando si debbano eseguire più compiti differenti in rapida successione. Ad esempio nel caso in cui si richieda alle persone di effettuare due risposte motorie differenti in risposta a due stimoli differenti (premere il tasto ‘c’ se sullo schermo compare un quadrato, il tasto ‘o’ se compare un triangolo). Se lo stimolo riferito al secondo compito segue di meno di mezzo secondo lo stimolo relativo al primo compito, il tempo di risposta al secondo compito è ritardato rispetto al tempo di risposta riferito al primo compito. A questo effetto è stato dato il nome di ‘periodo di refrattarietà psicologica’ (PRP). Nello sport, un esempio evidente è dato dal portiere che deve parare un tiro deviato da un difensore. La traiettoria originale può essere vista come il primo stimolo, mentre la traiettoria che il pallone segue dopo la deviazione può essere vista come il secondo stimolo. Il ritardo che il portiere mostra nel reagire alla traiettoria deviata è dovuto al PRP (Acquisition and Performance of Sports Skills - Terry McMorri). 55) Cosa sono gli slip e gli errori di cattura? Il livello dell’agire basato su abilità acquisite (skill-based behavior) è caratterizzato da routine di tipo consolidato ed abitudini. Si tratta di comportamenti attivati in modo automatico da segnali ambientali (cues). A questo livello, le azioni tendono ad essere 'balistiche': una volta che si stabiliscono le condizioni adatte (innesco) non possono essere interrotte prima di essere state completate. L’errore tipico di questo livello di azione è lo slip: un fallimento nell'esecuzione di un'azione consolidata. Gli slip dipendono dall’assenza del controllo attenzionale: dall’ultima volta in cui abbiamo eseguito un’azione non si nota alcuna variazione nell’ambiente e si agisce senza riflettere, in maniera automatica. Ad esempio, se in casa c'è un nuovo armadio dove sono stati spostati tutti gli abiti, può capitare per diverse mattine di cercare i vestiti nell'armadio vecchio. Un errore simile, sempre causato dalla mancata attivazione dei processi attentivi è l’errore di cattura. Questo tipo di errore è causato dal voler intraprendere un’azione nuova in un ambiente dove di solito si attuano comportamenti abitudinari, come entrare in soggiorno per prendere un libro e trovarsi ad accendere la televisione scordandosi del libro. Infine, l’ambiente può indurre all’errore se i cues per l’azione sono poco chiari, come quando capita di premere un tasto invece di un altro su un pannello di controllo a causa di una scarsa differenziazione dei comandi. 56) Cos'è l'effetto di posizione seriale? Con ‘effetto di posizione seriale' ci si riferisce al fatto che l’accuratezza del ricordo varia in funzione della posizione che un item occupa all’interno della sequenza utilizzata nella fase di memorizzazione. In un compito di rievocazione libera, le persone tendono a ricordare meglio le parole presentate per ultime (effetto recenza) e le parole presentate per prime (effetto priorità). L’effetto priorità viene spiegato dal fatto che le prime parole di una lista sono ripetute più di frequente a livello subvocalico. Quando lo sperimentatore inizia, a intervalli fissi, la presentazione delle parole da memorizzare il soggetto ripete il vocabolo a mente cercando di immagazzinarlo. La sequenza potrebbe essere rappresentata come segue. Sperimentatore: “lavandino”. Soggetto (mentalmente): “lavandino, lavandino, lavandino)”. Sperimentatore “tavolo”. Soggetto (mentalmente): “lavandino, tavolo – lavandino, tavolo”. Sperimentatore: “libro”. Soggetto: “lavandino, tavolo, libro”. Quando la lista diventa troppo lunga per essere ripetuta mentalmente il soggetto inizia a ripetere solo la parola che gli è stata appena presentata. L’effetto recenza viene spiegato con il fatto che le parole che sono state presentate per ultime rimangono in mente ancora per qualche secondo e per questo è più facile che siano rievocate correttamente. Questa spiegazione è confermata dall’osservazione secondo la quale se ad un partecipante viene richiesto, prima di procedere con la rievocazione, di effettuare un altro compito, l’effetto recenza svanisce del tutto (Postman e Philips, 1965). 57) Cos’è l’effetto recenza? L’effetto recenza viene spiegato con il fatto che le parole che sono state presentate per ultime rimangono in mente ancora per qualche secondo e per questo è più facile che siano rievocate correttamente. Questa spiegazione è confermata dall’osservazione secondo la quale se ad un partecipante viene richiesto, prima di procedere con la rievocazione, di effettuare un altro compito, l’effetto recenza svanisce del tutto (Postman e Philips, 1965). 58) Quali sono i tre magazzini della memoria? A partire da Atkinson e Shriffin (Atkinson e Shriffin, 1968), la memoria non è vista come una capacità unica ma come un processo cognitivo che è possibile studiare come articolata in tre capacità (‘magazzini’) differenti: 1. La memoria sensoriale 2. La memoria a breve termine 3. La memoria a lungo termine Si tratta di un tipico esempio dei modelli prodotti dalla Psicologia Cognitiva: i tre ‘magazzini’ sono puramente dei concetti teorici, ipotetici (non sono direttamente osservabili), utili a descrivere una serie di capacità e di risultati sperimentali. Secondo questo modello, le tre capacità differiscono per due caratteristiche principali: 1. La durata della traccia mnestica (che può variare da alcune frazioni di secondo a tutta la vita); 2. La capacità di immagazzinamento (che varia da piccole quantità di informazione a quantità illimitate). 59) Cos’è la memoria sensoriale? La memoria sensoriale è il nome che si dà alla capacità che ci consente di realizzare un primo riconoscimento della realtà esterna (‘codifica iniziale’) e di mantenere una percezione di continuità (ha principalmente una funzione di ‘stabilizzazione’ del flusso degli stimoli e ‘ricerca’ delle informazioni rilevanti su cui poi fissare l’attenzione). Coincide con la percezione. In generale, la durata della persistenza dell’informazione (persistence of vision) all’interno della memoria sensoriale visiva varia secondo le stime da 0,05 fino ad 1 secondo. In generale, si assume però come valida la stima di Pieron, pari a 1/6 di sec. La memoria sensoriale è specifica per ogni organo di senso, ovvero: i vari registri sensoriali differiscono tra loro in termini di capacità (di tempo e quantità di informazione) di ritenzione delle informazioni. 60) Cos’è la memoria a breve termine? La memoria a breve termine viene solitamente intesa come quella capacità che consente alla mente di mantenere e manipolare informazioni in assenza del dato percettivo. La memoria a breve termine avrebbe quindi due funzioni principali: mantenere l’informazione disponibile e trasferire l’informazione alla memoria a lungo termine (“primary memory has the function of maintaining information in an active state for further processing … a system necessary to have certain things in mind”). In pratica, di tutto il modello, è questo componente ad essere la vera parte ‘nuova’ e rilevante. Da un punto di vista temporale, come la memoria sensoriale, anche la memoria a breve termine è un registro transitorio che però, diversamente dalla prima e grazie all’intervento dell’attenzione, consente di mantenere ‘viva’ più a lungo (2-20 secondi, in assenza di ripetizione) una quantità limitata di informazioni. La transitorietà della memoria a breve termine la fa quindi assomigliare ad una funzione che opera per blocchi (batch) successivi: il blocco di informazione selezionata viene esaminato, ricombinato, dimenticato o depositato nella memoria a lungo termine (si veda il paragrafo successivo) per lasciare il posto al blocco successivo e continuare a restare in contatto con il flusso di dati che proviene dall’ambiente. Un po’ come quando ci si trova ad osservare un panorama mentre si è in viaggio e ci si sofferma brevemente su alcuni particolari della scena per poi passare ad osservare la scena successiva. La capacità individuale reale (span) della memoria a breve termine può essere facilmente misurato attraverso l’impiego di un semplice test. Si richiede di ripetere una serie di cifre o di numeri nell’ordine corretto, subito dopo che sono stati presentati. La quantità di informazioni che la memoria a breve termine è in grado di ritenere è molto inferiore rispetto alla capacità della memoria sensoriale. Per lungo tempo (Miller, 1956) si è creduto che questa quantità fosse di sette più o meno due elementi (chunks). Oggi si pensa che (almeno nel caso della vista) questa capacità sia limitata a non più di 3-4 elementi. Transitorietà e limiti di capacità della memoria a breve termine aiutano a spiegare perché a volte sia così importante ‘dimenticare’ rapidamente. I maestri di tennis, ad esempio, ripetono spesso ai propri allievi di non pensare all’errore appena compiuto (Braden e Wool, 1995). Il pensare a quanto appena avvenuto ‘occupa’ il registro della memoria a breve termine, lasciando ben poco spazio a prepararsi per il colpo successivo. 61) Cos’è il chunking? Nonostante i limiti di capacità, il numero di informazioni che è possibile ritenere nella memoria a breve termine può essere aumentato attraverso organizzazione, ripetizione e familiarità che, a loro volta, consentono di realizzare il chunking delle informazioni. Un chunk rappresenta una singola unità che raggruppa al suo interno elementi informativi differenti. Ad esempio, le cifre 1-9-8-4 rappresentano quattro unità di informazione se ricordate isolatamente. Se però le quattro cifre sono codificate come il titolo del libro di George Orwell (‘1984’, appunto) queste diventano un solo chunk. In qualche modo, il chunking equivale ad ‘agganciare’ qualcosa di nuovo (4 cifre) a qualcosa di già conosciuto (il libro di Orwell) Il concetto ha anche molte somiglianze con l’automazione dell’attenzione e con il riconoscimento automatico: ‘vediamo’ - riconosciamo - un pattern unico, non un insieme di elementi. 62) Cos’è la memoria a lungo termine? La memoria a lungo termine riguarda le conoscenze complessive che ognuno di noi ha di sé e del mondo, le sue funzioni hanno a che fare con la conservazione ed il recupero di queste informazioni, eventi e conoscenze. Tradizionalmente, nella memoria lungo termine si distinguono due capacità principali: 1. La memoria dichiarativa; 2. La memoria procedurale. La memoria dichiarativa si riferisce alla capacità di rievocare fatti, eventi o descrizioni e, secondo Tulving, si articola in due capacità differenziabili tra loro (Tulving, 1974): 1. La capacità di ricordare eventi avvenuti nel passato (memoria episodica - “… what, where, and when”); 2. La capacità di ricordare informazioni prive di un contesto spazio-temporale (memoria semantica). 63) Cos’è la specificità di codifica? Oltre alla ripetizione e all’elaborazione, un altro fattore, che fa riferimento alla relazione che intercorre tra fase di codifica fase di recupero (ricordo), concorre al trasferimento di contenuti in memoria a lungo termine. L’effetto di ‘specificità di codifica’ (‘encoding specificity’o anche ‘context-dependent memory’) si riferisce alla scoperta che ricordare un’informazione è più facile se vi è coincidenza tra contesto di codifica (memorizzazione) e contesto di recupero (ricordo). Il ‘contesto’ può essere inteso come l’ambiente fisico in cui avviene la memorizzazione/rievocazione, ma anche lo stato mentale, emotivo1 o fisico2 della persona. Nel primo caso si parla di ‘memoria dipendente dal contesto ambientale’ (‘context-dependent memory’), mentre nel secondo caso si parla di ‘memoria dipendente dallo stato soggettivo’ (‘state-dependent memory’) L’effetto si produce solo nel caso della rievocazione, mentre non si presenta se il ricordo viene valutato in una prova di riconoscimento. 64) Quali sono i livelli di elaborazione? Questa teoria riguarda il secondo meccanismo di trasferimento dell’informazione dalla memoria a breve termine alla memoria lungo termine. La teoria dei livelli di elaborazione (Craik e Lockhart, 1972) stabilisce che le modalità secondo le quali un’informazione è stata elaborata influiscano profondamente sulla probabilità che l’informazione stessa possa essere poi ricordata. Il modello distingue tre livelli di elaborazione: 1. Superficiale; 2. Fonetica 3. Semantica. L’elaborazione superficiale si presenta in compiti nei quali ad un soggetto viene richiesto ad esempio di distinguere quale tra due parole sia scritta in maiuscolo oppure in minuscolo. L’elaborazione fonetica interviene nel caso di compiti che richiedono stabilire quale parola possa fare rima con un’altra. Infine, l’elaborazione semantica interviene quando si debba trovare la parola mancante che completa il significato di una frase data. 65) Cos’è l’effetto rievocazione? A proposito dell’effetto del primo meccanismo (la ripetizione) sul trasferimento di contenuti dalla memoria a breve termine alla memoria a lungo termine, si è già detto della scoperta di Ebbinghaus, per la quale la ripetizione è un fattore essenziale per la memorizzazione (legge del tempo totale). NB La ripetizione è SEMPRE un fattore chiave per l’acquisizione di qualsiasi abilità. Per Ebbinghaus, il fattore importante era quante volte un contenuto venisse studiato. L’effetto rievocazione’ chiarisce invece come l’importante non sia la ripetizione dello studio, ma la ripetizione del richiamo dei contenuti memorizzati. Si dimostra che - ad esempio nello studio di un testo - la ripetizione del materiale studiato (il consolidamento del processo di recupero) è più importante dello studio (la comprensione, la lettura). Ripetere è più importante che rileggere. Roediger e Karpicke III (Roediger e Karpicke III, 2006) hanno confrontato la prestazione di due gruppi di soggetti ai quali era affidato il compito di studiare un testo di storia. 1. Il primo gruppo doveva limitarsi a studiare il testo per quattro sessioni differenti. 2. Il secondo gruppo doveva invece studiare lo stesso testo una sola volta e ripeterne i contenuti per tre volte. I risultati mostrano come, a distanza di una settimana, il secondo gruppo ricordasse il 50% in più delle informazioni rispetto al primo gruppo. 66) Cos’è la memoria prospettica? La memoria prospettica (Brandimonte, 2004; Mc Daniel e Einstein, 2007) è un tipo di capacità che si distingue dal ricordo di fatti o episodi del passato (memoria retrospettiva) riferendosi invece alla possibilità di tenere a mente intenzioni che non possono essere realizzate immediatamente. Si tratta di una capacità molto importante in diversi contesti. Per esempio, è importante per i piloti d’aereo, che devono ricordare quale sia la procedura da eseguire prima di procedere al decollo, o anche per chi segue una terapia e deve assumere dei medicinali ad intervalli stabiliti. La memoria prospettica dipende da due capacità principali: 1. Ricordare al momento opportuno di dover fare qualcosa; 2. Ricordare cosa avevamo intenzione di fare. Una caratteristica di rilievo per questa capacità è l’autoinnesco: la memoria di un’intenzione deve essere rievocata spontaneamente al momento appropriato (a differenza del caso della memoria retrospettiva, in cui solitamente vi è una richiesta di ricordarsi qualcosa). L’autoinnesco può basarsi su eventi (ad esempio: quando vedo Giovanna devo dirglielo) oppure sul tempo (ad esempio: alle sei devo prendere la medicina). Data la natura elusiva della percezione del tempo non dovrebbe sorprendere come risulti più semplice ricordare un’intenzione che si basa su un evento piuttosto che sul tempo. Il tema della memoria prospettica è strettamente collegato alla capacità di pianificazione. Liste e post-it sono onnipresenti nella vita di tutti e non se ne può fare a meno per due motivi principali. Prima di tutto perché anche la memoria prospettica, così come la memoria retrospettiva, è sottoposta agli effetti dell’oblio e in secondo luogo perché tenere a mente un’intenzione futura (ad esempio: “Devo ricordarmi di telefonare a Daniele”) comporta un costo che si paga in termini di una diminuzione sensibile nella capacità di essere concentrati sull’attività che si sta eseguendo in un momento dato. In altre parole, ricordare un’intenzione si può configurare come una situazione di doppio compito. 67) Cos’è l’effetto Zeigarnik? Diverse evidenze sperimentali dimostrano come le attività che non vengono completate (perché si viene interrotti o anche perché si tratta di attività complesse che necessitano di più giorni per essere terminate) tendono a tornare in mente, mentre le attività terminate sono facilmente dimenticate. Questo fenomeno viene solitamente indicato come ‘effetto Zeigarnik’ dalle ricerche realizzate dalla psicologa tedesca Bluma Zeigarnik (1901-1988) la quale, mentre era seduta ad un bar viennese, osservò che quando un cliente chiedeva il conto, i camerieri ricordavano facilmente l’ordinazione. Se il cliente pagava il conto, però, e chiedeva chiarimenti qualche istante dopo, i camerieri faticavano a ricordare l’ordine. L’atto di pagare il conto provocava un senso di conclusione (closure) e oblio. Da qui l’osservazione che le attività in sospeso si imprimono maggiormente nella mente e sono quindi più facili da ricordare. La ricercatrice ha poi messo alla prova la sua osservazione estemporanea, costruendo una semplice situazione sperimentale: “ti verrà data una serie di compiti che devi completare più rapidamente e più correttamente possibile” tempo richiesto per la maggior parte dei compiti: 3-5 m.; numero dei compiti: 18-22; Metà dei compiti sono interrotti prima di essere completati; E' richiesta la rievocazione di tutti i compiti 'visti' durante l’esperimento. I compiti interrotti sono ricordati molto meglio dei compiti completati e sono ricordati come primi nella lista. Non sono poche le attività che non possono essere completate in una singola giornata, ma come anzi una gran parte dei nostri impegni consista di compiti tra loro interrelati e distribuiti in periodi temporali medio- lunghi. 68) Cos’è l’amnesia? Il termine amnesia si distingue dall’oblio in quanto, in questo caso, il mancato funzionamento dei meccanismi di immagazzinamento e/o recupero è provocato da traumi o patologie. Si è soliti distinguere tra: amnesia isterica e amnesia traumatica e patogena. Nell'amnesia isterica la persona è incapace di ricordare un fatto che ha causato uno stress molto forte. Questo tipo di amnesia ha carattere temporaneo e globale e può comportare la perdita del senso di identità. L'amnesia che deriva da traumi fisici o patologie (che si verifica, ad esempio, nella sindrome di Korsakoff) è selettiva e difficilmente temporanea. Oltre che isterica o traumatica, l’amnesia può essere: retrograda o anterograda. Mentre l'amnesia retrograda danneggia i ricordi acquisiti, l’amnesia anterograda danneggia la possibilità di acquisire ricordi nuovi. I pazienti affetti da amnesia anterograda non ricordano consciamente le nuove esperienze. Se passate un pomeriggio a cercare di insegnare loro a giocare a tennis, il giorno dopo vi diranno che non ricordano nulla dell’esperienza, non hanno mai giocato a tennis e non hanno nemmeno idea di chi voi siate. Ma se si osserva la loro prestazione si vedrà che sono migliorati nella stessa esatta misura dei soggetti non affetti da amnesia. 69) Cos’è la memoria dei testimoni? 70) Cos’è il condizionamento classico? Mentre nel condizionamento classico l’associazione si stabilisce tra uno stimolo e una risposta (un riflesso automatico), nel condizionamento operante l’associazione si realizza tra un comportamento ed un rinforzo. Il funzionamento dell’apprendimento per condizionamento classico è stato formalizzato da Pavlov (1849- 1936) il quale grazie a questa scoperta ha conseguito nel 1904 il premio Nobel per la medicina e la fisiologia. La comprensione di questo processo è avvenuta incidentalmente, mentre il team di Pavlov era impegnato a comprendere il funzionamento dei meccanismi di regolazione delle ghiandole digestive dei cani. Durante le sue ricerche, Pavlov osservò come gli animali apprendessero ad associare un comportamento (la salivazione) che di solito veniva emesso solo in presenza di uno stimolo appropriato (l’arrivo del cibo), anche in corrispondenza di uno stimolo diverso (ad esempio un rumore di passi in avvicinamento o qualsiasi altro stimolo presentato in associazione con l’arrivo del cibo), che di per sé - preso singolarmente, in assenza di apprendimento/esperienza precedente), non avrebbe generato quel tipo di comportamento (la salivazione). In altre parole, Pavlov identifica quale sia il meccanismo automatico attraverso il quale l’esperienza genera la capacità di stabilire relazioni tra eventi/informazioni e quindi permette di acquisire la capacità di anticipazione che è l’essenza dell’apprendimento. 71) Cosa sono la generalizzazione e la discriminazione dello stimolo? La generalizzazione dello stimolo è quel processo grazie al quale la risposta condizionata non viene emessa soltanto in presenza dello stimolo condizionato originale ma anche in presenza di stimoli simili. Ad esempio, se un bambino viene morso da un cane avrà paura di tutti i cani, non solo di quello che l’ha morso. Questo processo, ovviamente, è molto importante perché estende la validità dell’informazione appresa e aiuta a prevedere cosa succederà in caso di eventi simili. La discriminazione dello stimolo è il processo contrario. Si addestra un organismo a rispondere solo e soltanto ad uno stimolo specifico, ad esempio attraverso l’esposizione ad un gamma di suoni simili dei quali però uno solo viene presentato in associazione con lo SI. Di norma, la generalizzazione precede sempre la discriminazione. E questo fatto è in parte responsabile della creazione degli stereotipi: da poche osservazioni ricaviamo una regola generale e solo poi, con l’esperienza, impariamo a differenziare tra casi diversi all’interno della categoria iniziale. 72) Cos’è il condizionamento operante? Il condizionamento operante: Il condizionamento operante è un processo identificato da B.F. Skinner (1904-1990) sulla base della legge dell’effetto (Thorndike, 1913). Secondo la legge dell’effetto, un’azione o un comportamento che provoca un effetto positivo ha più probabilità di ripetersi in futuro, mentre un comportamento che ha come conseguenza un effetto negativo (doloroso, frustrante) ha meno probabilità di essere messo in atto di nuovo. Per questo tipo di processi di apprendimento lo stabilirsi dei legami associativi non dipende più esclusivamente dalla semplice associazione temporale tra stimoli e riflessi automatici (come la salivazione), ma dagli effetti che si verificano in seguito ai comportamenti stessi. In altre parole, a differenza dei cani di Pavlov che, immobilizzati, non potevano esercitare alcun controllo sull’ambiente, il condizionamento operante è un tipo di associazione che presuppone l’esistenza di un comportamento volontario, orientato ad un obiettivo e quindi più complesso rispetto ai meccanismi elementari del condizionamento classico. Questo tipo di apprendimento è definito ‘operante’ per rendere conto dell’intenzionalità che muove il comportamento, il soggetto ‘opera’ volontariamente un cambiamento sull’ambiente. 73) Qual'è la differenza tra motivazione intrinseca e motivazione estrinseca? La motivazione intrinseca porta le persone ad impegnarsi in una attività per il piacere che ricavano dall’impegno stesso e per la soddisfazione che si prova quando si avverte un miglioramento continuo nelle proprie capacità di padroneggiare l’esecuzione di un compito. E’ la motivazione intrinseca (oltre ad un desiderio di approvazione sociale), ad esempio, a spingere le persone a collaborare allo sviluppo del software open source. La motivazione estrinseca (detta anche strumentale) spinge all’azione in virtù della ricompensa che ci attende di ricevere a seguito dell’esibizione di un comportamento atteso. 74) Cos’è l’impotenza appresa? Infine, l’assenza di rinforzi positivi comporta come conseguenza la credenza di non essere capaci di conseguire una data abilità e la rinuncia a quel processo per tentativi ed errori che è alla base di ogni apprendimento (impotenza appresa - learned helplessness – Seligman e Mayer, 1967). Se si sono ricevuti di frequente giudizi negativi sull’esito di un nostro comportamento, come può spesso capitare quando si fanno i primi tentativi di cucinare o disegnare, o suonare uno strumento musicale, spesso si rinuncia a proseguire. Rispetto alla sua formulazione originale, la teoria fu rivista (Abramson et al. 1978) per comprendere quali fossero i fattori soggettivi in grado di indurre una sensazione di scarso controllo (o helplessness). Peterson e Seligman (Peterson e Seligman 1984) trovano che lo stile di attribuzione causale è determinante: quando si va alla ricerca delle cause di un fallimento, le persone mostrano predisposizioni differenti ad attribuirle ad alcuni fattori piuttosto che ad altri. In generale, i dati mostrano come l’helplessness indotta da fallimenti o mancanza di controllo possa portare alla depressione se le attribuzioni causali delle persone si riferiscono a fattori globali piuttosto che specifici, cronici piuttosto che passeggeri e personali piuttosto che universali. 75) Cosa sono gli schemi di rinforzo? Per schemi di rinforzo si intende la diversa successione tra azione (comportamento operante) e rinforzo somministrato. Gli schemi di rinforzo possono essere di due tipi principali a seconda che il comportamento che deve essere appreso sia seguito da un rinforzo: ogni volta che si manifesta (rinforzo costante o continuo), oppure solo saltuariamente (rinforzo intermittente* o parziale). Gli schemi cambiano anche secondo il tipo di regola che sottosta all’erogazione del rinforzo (Nicoletti e Rumiati, 2006): 1. Nello schema a rapporto fisso, il rinforzo è erogato solo dopo un numero dato di ripetizioni del comportamento da condizionare (ad esempio, ricompensare con cinquanta euro tre ‘discreto’ a scuola). 2. Nello schema a rapporto variabile, il numero di ripetizioni non è fisso ma è rappresentato dalla media attesa (come avviene ad esempio nel caso della roulette o delle slot machine). 3. Nello schema ad intervallo fisso, dopo che una risposta sia stata rinforzata, prima di poter erogare un altro rinforzo deve trascorrere un periodo di tempo prefissato. 4. Infine, nello schema a intervallo variabile o intermittente, l’intervallo che intercorre tra comportamento e rinforzo è variabile intorno ad una media ma non si conosce la durata di ogni singolo intervallo. 76. Cos’è la tecnica dello shaping o modellamento? Come si fa a rinforzare un comportamento che non si verifica spontaneamente? La tecnica dello shaping o modellamento, consiste nel suddividere un comportamento complesso in unità più semplici che possono essere realizzate e rinforzate più facilmente. Ad esempio, nel caso in cui si volesse insegnare ad una tigre a salire una scala a pioli, si potrebbe rinforzare l’animale ogni volta che: volta la testa verso la scala; si avvicina alla scala; viene a contatto con la scala e così via. In altre parole, lo shaping consiste nel catturare un piccolo movimento che va nella direzione desiderata e rinforzarlo, procedendo per approssimazioni successive. (qui inizia a parlare anche di rinforzo ma riguarda lo shaping quindi non so se sia importante!!!!) Nell’addestramento degli animali è evidente come l’efficacia del rinforzo non sia solo basata sulla pura convenienza. Dare un pesce ad un delfino dopo che ha fatto cinque giravolte rappresenta per il cetaceo sia una ricompensa che un’informazione. La dimostrazione di questa funzione del rinforzo come feedback comunicativo (una conferma) è data dal fatto che, passate le fasi iniziali non è più necessario premiare sempre il comportamento con qualcosa di tangibile (tipicamente: cibo) e anche un segnale differente, come avviene nella tecnica di addestramento del clicker training, nella quale il rinforzo viene progressivamente sostituito da un segnale preciso - un click emesso da un semplice dispositivo meccanico. Il segnale, inizialmente presentato in associazione con il rinforzo positivo, dopo un certo periodo di addestramento, viene ad assumere la medesima funzione del ‘premio’ erogato in precedenza, ovvero una conferma chiara e precisa che il comportamento appena eseguito è esattamente quello atteso dall’addestratore. L’aver acquisito un modello previsionale certo è sufficiente per far sì che un dato comportamento si possa ripetere anche in mancanza di rinforzi. In assenza della possibilità di stabilire una comunicazione verbale, i rinforzi possono essere quindi visti come il mezzo attraverso il quale diventa comunque possibile comunicare. Il nesso tra comportamento e rinforzo può essere visto come un processo simmetrico: la sequenza di addestramento può cambiare a seconda del punto di vista che si assume. Dal punto di vista dell’addestratore la sequenza può essere descritta come segue: “Siediti” (comando) - l’animale si siede (comportamento desiderato) - cibo (rinforzo). Dal punto di vista dell’animale, però, la sequenza può diventare: ‘mi siedo’ (comando), il padrone mi dà del cibo (comportamento desiderato). Questa simmetria rende possibile un senso di reciprocità che è alla base della relazione di apprendimento Come già detto, i rinforzi sono (anche) informazioni che confermano la correttezza di un’azione, e il contenuto informativo diventa di per sé stesso una ricompensa (“Ah, adesso ho capito cosa vuoi”). Il ‘messaggio' del rinforzo positivo: “Quello che stai facendo va benissimo e guadagnerai qualcosa, perciò, fallo di nuovo”. Il ‘messaggio’ del rinforzo negativo: “Non farlo più” (in mia presenza – e quando non si è presenti il messaggio, facilmente, diventa: “Ok, adesso puoi farlo”...) 77. Cos’è l’apprendimento implicito? Descrivere almeno uno degli esperimenti che ne dimostrano l’esistenza L’apprendimento implicito (latent o implicit learning) è da molti indicato come quel processo cognitivo che sta alla base dell’intuizione In linea con lo studio di Tolman e Honzik, alcuni esperimenti) mostrano come le persone siano particolarmente abili a scoprire pattern, regolarità e covariazioni in modalità implicita, ovvero senza attenzione e/ o rinforzi. Tre esperimenti che lo dimostrano: 1. Scansione di matrici 2. Grammatiche Artificiali 3. Mazzi di carte (cito solo il terzo esperimento che è il più semplice secondo me) I partecipanti sono posti di fronte ad un mazzo di carte rosse e ad un mazzo di carte blu. Ciascuna carta fa vincere o perdere denaro. Il compito consiste nello scegliere le carte che fanno vincere di più. Per vincere, i partecipanti devono imparare a scegliere solo le carte blu, che garantiscono vincite di cinquanta dollari e perdite modeste. Le carte rosse sono un ‘campo minato’: si guadagnano o si perdono grosse somme e sceglierle non è la strategia giusta Dopo aver voltato una cinquantina di carte, i soggetti si fanno un'idea del gioco e voltano solo le carte blu. Il dato importante emerge dalle misurazioni psicofisiologiche: la misura dell’attività delle ghiandole sudoripare del palmo delle mani rivela infatti come i partecipanti inizino a sudare (reazione di stress) quando scoprono una carta rossa già a partire dalla decima carta e contemporaneamente, ma con molto anticipo rispetto a quando iniziano ad avere un sospetto conscio, iniziano a favorire le carte blu. In altre parole, i partecipanti iniziano intuitivamente a seguire una strategia corretta molto prima di avere un'idea di quale sia la strategia da seguire, di cui non sono consapevoli. L’esperimento di Bechara e colleghi viene interpretato come una dimostrazione del fatto che la mente umana segue un doppio livello di elaborazione dell’esperienza (Kahneman, 2003). Il primo livello è inconscio, rapido (inizia dalla decima carta – dopo pochi indizi) e non verbalizzabile. Il secondo livello è logico e consapevole ma ha bisogno di maggiore informazione ed è notevolmente più lento (sono necessarie ottanta prove). 78. Cos’è la correlazione illusoria? Non sempre la registrazione più o meno consapevole di una regolarità porta ad apprendimenti validi. Nel caso della correlazione illusoria (Chapman e Chapman, 1969) si immaginano relazioni tra eventi anche quando non ne esiste alcuna. L’effetto si riferisce a tutti quei casi, ad esempio, in cui ci vengono pensieri come: "Ogni volta il tempo è incerto e non porto con me l’ombrello piove!". La natura del funzionamento della mente umana, sempre alla ricerca di connessioni tra informazioni e tra eventi, ci induce a trovare regolarità e modelli anche dove non ne esistono (apofénia, superstizione) 79. Cos’è la scala Binet-Simon? 80. Cosa sono la Deliberate Practice e la configurazione dell’esperto? Se l’eccellenza non è un fatto di ‘talento naturale’, allora, come si spiega l’ampio divario di prestazioni e successo tra persone? Il tema della genesi della prestazione eccellente è strettamente legato al tema dell’acquisizione della competenza tipica degli esperti* e dei campioni sportivi Per comprendere le caratteristiche che distinguono le persone in grado di esprimere prestazioni al di fuori della norma dalle persone che mostrano prestazioni di livello inferiore, diversi studi hanno messo a confronto esperti e principianti. Da questi confronti sono emerse differenze rilevanti nel tipo di strategie cognitive che vengono applicate alla soluzione dei problemi da parte dei due gruppi considerati. Il processo che porta all’acquisizione di capacità che consentono di raggiungere un livello di prestazione eccellente è stato definito da Ericsson e Charness ‘deliberate (purposeful) practice’ (esercizio consapevole, con un obiettivo). Da un punto di vista puramente quantitativo, i due autori stabiliscono come, in media, per diventare esperti in un certo dominio occorra esercitarsi 4 ore al giorno, 6-7 giorni alla settimana, per 10 anni. Non basta però la sola quantità: l’esperienza deve avere alcune caratteristiche specifiche Secondo Ericsson le condizioni necessarie perché l’esercizio possa portare all’acquisizione di una competenza eccellente sono le seguenti: feedback immediato sulla prestazione; tutoring continuo e autorevole; ristrutturazione del compito; apprendimento di nuove regole e ‘trucchi del mestiere’; sforzo attivo e continuo; separazione tra preparazione ed esecuzione; elevata motivazione intrinseca L’esercizio deve sempre essere svolto mantenendo viva l’attenzione sui risultati della propria prestazione (attentive repetition), senza mai scadere nella ripetizione automatica. Secondo alcuni, questo tipo di training sempre orientato al miglioramento continuo presenterebbe il vantaggio principale di evitare che le persone sviluppino automatismi troppo esasperati. In pratica, si potrebbe dire che il vero obiettivo di questo tipo di esercizio non sia tanto di raggiungere un livello di esecuzione perfetto, quanto il fatto di imparare ad essere sempre concentrati su quello che si sta facendo L’esercizio deve sempre essere svolto mantenendo viva l’attenzione sui risultati della propria prestazione (attentive repetition), senza mai scadere nella ripetizione automatica. Secondo alcuni, questo tipo di training sempre orientato al miglioramento continuo presenterebbe il vantaggio principale di evitare che le persone sviluppino automatismi troppo esasperati. In pratica, si potrebbe dire che il vero obiettivo di questo tipo di esercizio non sia tanto di raggiungere un livello di esecuzione perfetto, quanto il fatto di imparare ad essere sempre concentrati su quello che si sta facendo E’, almeno per la maggior parte del tempo, un esercizio faticoso, impegnativo. Non deve però essere praticato troppo a lungo. Esiste però anche una classe di dominii come la borsa, la politica, il gioco d’azzardo, e altri ancora in cui l’accumulo di esperienza, a causa dei ritardi e della bassa qualità dell’informazione di ritorno (unreliable feedback), serve a poco. Ad esempio, Shanteau suggerisce che le possibilità di maturare una competenza valida siano scarse nel caso in cui: il dominio è dinamico è necessaria una previsione del comportamento umano le probabilità di ricevere un feedback sono scarse il compito è poco ripetitivo. 81. Qual è la differenza tra errori degli esperti e errori dei principianti? Un ultimo tema collegato all’expertise e alla sua acquisizione, molto studiato per le sue implicazioni pratiche, riguarda gli errori in cui anche gli esperti possono incorrere: Ovviamente, non sono solo gli esperti ad incorrere in errore e tuttavia il tema è particolarmente studiato, oltre che per ovvii motivi di ordine pratico, anche per la qualità degli errori che vengono commessi. Ad esempio, la possibilità di incorrere in un incidente mortale è più alta per le persone con esperienza elevata piuttosto che per i principianti, i quali, all’opposto avrebbero maggiori probabilità di incorrere in infortuni non mortali. 82. Cos’è l’Overconfidence? Overconfidence: Gli errori degli esperti sono legati anche alle dinamiche attenzionali di cui si è discusso in precedenza. Come si è visto, un comportamento eseguito molte volte fa sì che, progressivamente, l’attenzione non venga più rivolta ad una valutazione dettagliata dell’ambiente, ma si agisca in maniera automatica sulla base di routines comportamentali. L’agire rapido, automatico caratteristico degli esperti, così efficace in condizioni normali, presenta la contropartita di aumentare la probabilità di incorrere in errori che possono avere conseguenze molto gravi. Il problema non riguarda solo i responsabili di una centrale nucleare o il controllo missione dello Shuttle: ognuno di noi è esperto in ambiti differenti e ha sviluppato automatismi che semplificano la vita di tutti i giorni. Gli errori degli esperti dipendono di frequente da un eccesso di confidenza ovvero dal fatto che gli esperti tendono a sovrastimare l’accuratezza dei loro giudizi. Quando si guida in una strada familiare e a causa di lavori in corso il percorso è stato modificato, se la deviazione non è ben segnalata (ad esempio con luci lampeggianti che, assomigliando a stimoli in movimento, richiamano automaticamente l’attenzione), è facile fare un incidente. 83. Cosa sono le strategie compensatorie? Le strategie ‘ottimali’ vengono definite ‘compensatorie’ perché consentono di compensare (bilanciare) tra loro i valori di utilità dei singoli attributi. Si sceglie l'opzione che presenta un attributo in grado di compensare il sacrificio che si paga accettando di rinunciare ad altri attributi desiderabili. Un'ulteriore caratteristica delle regole compensatorie è che, a differenza delle strategie non compensatorie, il loro impiego implica la considerazione di tutta l'informazione disponibile relativa alle varie alternative. Le regole compensatorie rappresentano una classe di procedure decisionali che, ad esempio, le organizzazioni si aspettano vengano seguite dai propri dirigenti, i quali dovrebbero, prima di prendere una decisione, soppesare in modo sistematico i pro e i contro di ogni opzione in funzione degli obiettivi aziendali. 84. Cos’è la regola della sommatoria ponderata? (esempio di strategia compensatoria) La regola della sommatoria ponderata è il caso più rappresentativo di questa classe di regole. Nel caso in cui dovessimo scegliere quale casa acquistare, le case in vendita rappresentano le opzioni, prezzo, superficie, etc. rappresentano gli attributi, e infine centomila euro etc. rappresentano il valore di un attributo relativo ad un’opzione specifica. A seconda del sistema di preferenze individuale, poi, ciascun attributo potrà avere un ‘peso’ differente. Ad esempio, se per me avere una casa in centro è più importante che avere una casa grande, il ‘peso’ che assegnerò all’attributo ‘posizione’ potrà essere doppio rispetto all’importanza (il ‘peso’) che assegnerò all’attributo ‘dimensione’. La somma delle utilità ‘ponderate’ consente di ricavare un valore complessivo che può essere utilizzato per mettere a confronto le alternative disponibili e decidere, ad esempio, quale appartamento acquistare. 85. Cosa sono le strategie non compensatorie? Le strategie non compensatorie sono un primo tipo di regole decisionali ‘euristiche’ (non sistematiche) Le regole ‘non compensatorie’ sono utilizzate per semplificare la scelta quando le opzioni (o i loro attributi) non siano direttamente confrontabili o anche quando la scarsa attrattività di un attributo di un'opzione non sia compensata dall'attrattività elevata di un altro attributo relativo alla medesima opzione. Ad esempio, se un potenziale acquirente ha attribuito un'importanza vitale al possesso di un'abitazione di grande metratura, gli appartamenti che non presentano questo requisito verrebbero esclusi dal confronto. La caratteristica principale che differenzia le due classi di regole, quindi, è il fatto di effettuare una scelta sulla base di un confronto completo tra le opzioni disponibili e le loro caratteristiche (come avviene nelle regole compensatorie) oppure selezionando le opzioni da considerare sulla base di un sottoinsieme di attributi che reputiamo più importanti (come avviene nelle regole non compensatorie). Il primo ordine di regole è complesso e faticoso da applicare, mentre il secondo ordine di regole è più semplice e ‘naturale’ (più congeniale ai limiti di elaborazione della mente). Quando ci si trova di fronte a scelte complesse, che prevedono un'ampia gamma di opzioni, in genere utilizziamo strategie decisionali di tipo non compensatorio. Si tratta di strategie del tipo tutto-o-niente. Ciascuna (o solo alcune) dimensione di un'opzione viene giudicata rispetto ad un criterio prestabilito e la decisione di accettarla o escluderla dipende dal fatto che questa raggiunga o meno una soglia prestabilita. In qualche modo, quindi, l’importanza di ogni attributo non è ‘pesata’ ma acquista salienza rispetto alle altre. Le principali strategie non compensatorie sono: 1. La regola congiuntiva 2. La regola disgiuntiva 3. La regola lessicografica 4. La regola di eliminazione per aspetti 86. Cos’è la regola congiuntiva? Secondo la regola congiuntiva, nel prendere una decisione si considerano limiti predeterminati di accettabilità per ogni dimensione (attributo) che caratterizza l’opzione disponibile. Ad esempio, potrei aver ben chiaro che, nella scelta dell'appartamento da acquistare il prezzo non deve superare i centomila euro, la superficie non deve essere inferiore a centoventi metri quadri e deve essere ubicato in centro storico. Oppure, per essere ammessi ad una Laurea Specialistica, potrebbe essere necessario avere un punteggio alla Laurea di base non inferiore a 100/110, ottenere un punteggio non inferiore a novanta nella prova di selezione e avere un debito formativo che non superi i venti crediti. La ricerca degli appartamenti o dei candidati cesserà solo quando verrà trovata un'opzione che soddisfi contemporaneamente i tre i criteri prestabiliti. La regola congiuntiva, quindi, implica che il decisore definisca per ciascuna dimensione dei requisiti minimi. Se un'opzione non soddisfa i requisiti prefissati considerati congiuntamente viene immediatamente scartata senza ulteriori analisi. L'applicazione della regola congiuntiva va incontro a diversi problemi. Ad esempio, può succedere che nessuna delle opzioni prese in considerazione soddisfi congiuntamente i requisiti stabiliti (problema dell’eccesso di discriminazione) oppure che più di una opzione li soddisfi (problema del difetto di discriminazione) e quindi non consentire di arrivare ad una scelta. 87. Cos’è la regola disgiuntiva? Applicare la regola disgiuntiva significa scegliere un'opzione che abbia almeno un valore superiore al corrispondente valore di criterio su una delle dimensioni considerate. Ogni opzione è quindi valutata in base al suo attributo migliore, senza tener conto dei valori degli altri attributi. Ad esempio, un candidato ad una selezione per l'assunzione potrebbe avere un ‘punteggio di motivazione' molto basso (sotto la soglia fissata per criterio), un voto di Laurea basso, ed un ‘punteggio di capacità di relazione' molto elevato. Se il selezionatore ha definito che il criterio più predittivo per avere successo in quel particolare ruolo lavorativo sia il ‘punteggio di capacità di relazione', nello scrutinio dei candidati sarà solo quest’ultimo valore ad essere considerato. 88. Cos’è la regola lessicografica? Se si sceglie seguendo la regola lessicografica, significa che si sono ordinate le dimensioni sulle quali valutare le opzioni secondo la loro importanza relativa. Le opzioni vengono confrontate inizialmente in relazione all’attributo ritenuto più rilevante. La scelta ricadrà su quell'opzione che rispetto a tutte le altre risulterà aver maggior valore (attrattività) per quell'attributo, senza considerarne altri. Se le opzioni in esame si equivalgono sull'attributo di maggior rilevanza, si passerà a esaminare la dimensione che viene subito dopo nella gerarchia. Ad esempio, nell'acquisto di un tablet, il prezzo potrebbe essere la dimensione più importante e il software preinstallato la seconda. A parità di prezzo, la scelta ricadrà sul modello con più programmi preinstallati e così via. La regola delle minime differenze può essere vista come una regola lessicografica che ha un'assunzione aggiuntiva: per ogni attributo considerato deve essere stabilita una differenza minima tra i punteggi delle opzioni al di sotto della quale la decisione non viene presa. Un esempio può essere il caso in cui ci si trovi a dover scegliere tra due marche di pasta, valutate secondo le due dimensioni tipiche: prezzo e qualità. Se la differenza di prezzo tra le due marche è inferiore o uguale ad una somma X (ritenuta soggettivamente rilevante) si acquisterà la pasta di qualità migliore. Se invece la differenza di prezzo è maggiore della soglia stabilita, la scelta ricadrà sul prodotto di qualità inferiore 89. Cos’è la regola di eliminazione per aspetti? Anche la regola dell’eliminazione per aspetti rappresenta una variante della regola lessicografica. Le opzioni disponibili vengono valutate sulla dimensione soggettivamente più rilevante e sono immediatamente scartate se non soddisfano il prerequisito prescelto. In generale, la regola dell'eliminazione per aspetti si applica quando le opzioni sono molto numerose, è difficile compararle direttamente e si preferisce procedere per esclusione. 90. Cos’è la teoria contingente? (da internet) La teoria della contingenza afferma che l'amministrazione di un'organizzazione non può essere svolta in modo omogeneo. Ogni organizzazione funziona in modo unico. Pertanto, il successo dell'applicazione delle tecniche amministrative dipenderà dalle situazioni dell'ambiente interno ed esterno di ciascuno. 91. Cos’è l’euristica della disponibilità? L’euristica della disponibilità più che la scelta tra più opzioni, riguarda la nostra capacità di stima di probabilità di un evento. Secondo questa regola, quando forniamo una stima di probabilità di un evento, tendiamo ad attribuire una probabilità più alta ad eventi che ci vengono facilmente alla memoria. Ad esempio, se ci venisse richiesto di giudicare se siano di più le parole che iniziano con una certa lettera, piuttosto che le parole che presentano la medesima lettera al secondo posto della stringa, tenderemmo ad optare per la prima ipotesi. O anche, se doveste giudicare il rischio d'infarto tra gli individui di una certa fascia d'età, potreste basarvi sul fatto che vi vengono in mente casi di questa natura in cui sono rimasti coinvolti vostri conoscenti. Il fatto di giudicare la probabilità di un evento sulla base della facilità di accesso alla memoria rappresenterebbe, nella maggior parte dei casi, una strategia accurata: la frequenza di un evento e la sua memorabilità, in genere, sono correlate. Esistono però diverse situazioni in cui queste divergono, come capita ad esempio quando il rischio di un evento è riportato dai media più spesso (e con più enfasi) di quanto non accada realmente. Ad esempio: “Quale è la causa di morte più probabile negli Stati Uniti: essere investiti da parti di un aereo che precipita o essere divorati da uno squalo?” Quando si fa questa domanda, la quasi totalità risponde che la causa di morte più probabile è essere divorati da uno squalo. In realtà la probabilità di essere uccisi dai rottami di un aereo è trenta volte superiore. In questo caso (e in molti altri - come credere che viaggiare in aereo sia più pericoloso che viaggiare in auto) applicare l'euristica della disponibilità porta a giudizi erronei. Oppure, giudicare la probabilità con cui un prodotto molto comune sul mercato può presentare dei difetti potrebbe dipendere da quante volte viene in mente di aver letto, sentito, sperimentato che quel prodotto ha presentato dei difetti. 92. Cos’è l’euristica dell’ancoraggio? L’euristica dell’ancoraggio dimostra quanto le nostre scelte possano essere facilmente influenzabili secondo un meccanismo molto simile a quanto visto nell’effetto priming. Il funzionamento dell’euristica dell’ancoraggio può essere illustrato attraverso due semplici esempi Esempio 1: Provate a stimare, senza fare calcoli, il risultato della seguente moltiplicazione 1x2x3x4x5x6x7x8. In genere, si trova che le persone rispondono con una cifra intorno a 500. Se però viene richiesto di fare lo stesso calcolo invertendo l’ordine dei fattori (8x7x6x5x4x3x2x1) il risultato tipico diventa una cifra intorno a 2200. Il fatto che la soluzione corretta sia serve a soddisfare la curiosità ma non è rilevante per il tema. Il fatto importante, invece, è come la stima cambi a seconda della sequenza dei fattori. Quando sono mostrati per primi i numeri più elevati, questi agiscono da ancora per il giudizio e le persone rispondono fornendo stime più alte. * Il risultato ‘reale’ è 40.320 Anche ancore ancora più irrilevanti o assurde hanno un effetto sul giudizio. Ad esempio, alla richiesta di rispondere se il prezzo medio di un testo universitario fosse maggiore o minore di 7.100 euro, o se la temperatura media a S. Francisco fosse minore o maggiore di 558°, si trova che le persone forniscono delle stime comunque superiori a quelle che avrebbero fornito in assenza dell'ancora data. L’euristica dell’ancoraggio fa sì che si manifesti una certa riluttanza ad esprimere opinioni troppo lontane dal dato che viene proposto, anche se l'informazione ricevuta non è credibile (come nel caso del prezzo dei testi e della temperatura) né pertinente (come nel caso della ruota della fortuna). Una variante del medesimo effetto è ampiamente utilizzata dai venditori come tattica persuasiva (discussa però sotto l’etichetta di ‘principio del contrasto’). Sempre restando nello stesso campo, ad esempio, Cialdini (Cialdini 1995) spiega una delle tattiche persuasive che vengono impiegate dagli agenti immobiliari nella presentazione delle offerte. Quando iniziano il giro delle case con nuovi clienti, gli agenti mostrano sempre per primi un paio di appartamenti orribili (immobili 'di preparazione’). La casa che l'agente è effettivamente intenzionato a vendere, e che comunque ha una bassa attrattività (è un immobile ‘normale’) viene mostrata come ultima possibilità e, per effetto dell’ancoraggio, è percepita come più attraente di quanto non sarebbe stato mostrandola per prima 93. Cos’è l’euristica della rappresentatività? L’euristica della rappresentatività ci porta a formulare un giudizio in base a quanto reputiamo che l’evento che ci viene richiesto di valutare rispecchi la nostra idea di quella classe di eventi. Ad esempio, si immagini di chiedere ad un gruppo di soggetti quale sequenza delle due che seguono sia più probabile ottenere in seguito ad una serie di lanci di una moneta: testa-testa-testa-testa-croce-croce-croce-croce testa-testa-croce-testa-croce-croce-testa-croce La maggior parte dei partecipanti a questo esperimento indica come più probabile la seconda sequenza. Da un punto di vista di teoria delle probabilità, però, le due sequenze sono del tutto equiprobabili. La seconda sequenza viene giudicata come maggiormente probabile per il fatto che questa ‘assomiglia’ di più alla rappresentazione mentale di sequenza casuale a cui pensiamo quando siamo chiamati a formulare il giudizio richiesto dall’esperimento (questo tipo di errore viene anche etichettato come ‘fallacia dello scommettitore’ o anche ‘legge dei piccoli numeri’) 94. Cos’è la teoria del prospetto? Come le euristiche, anche la teoria del prospetto è importante perchè dimostra come sia possibile introdurre variabili psicologiche e ambientali (la percezione di perdita o guadagno rispetto alla pura quantità di valore oggettivo) all’interno dei modelli economici, che considerano solo variabili logico matematiche. La teoria del prospetto ha rappresentato quindi un contributo fondamentale per lo sviluppo dell’’economia comportamentale’, una disciplina che interpreta le dinamiche economiche come un fenomeno strettamente legato alle interpretazioni soggettive. Secondo questa teoria, le decisioni non sono mai prese in astratto ma dipendono sempre dal contesto (la ‘prospettiva’) in cui si trova (o viene indotto a trovarsi) il decisore. (esempio malattia asiatica per capire meglio il concetto, io non l’ho inserito) L’esperimento dimostra come rappresentazioni isomorfe dal punto di vista logico e quantitativo ma presentate in un formato che le fa percepire in un caso come guadagni potenziali e nell’altro come perdite potenziali, si verifichi una completa inversione della scelta L’effetto è stato confermato in una pluralità di domini confermando la deduzione più generale secondo la quale una formulazione del quesito di scelta che attribuisce maggior rilevanza ai guadagni (“200 persone verranno salvate”) induce ad adottare un comportamento più conservativo (risk aversive), mentre una formulazione più focalizzata sulle perdite (“400 persone moriranno”) induce ad adottare un comportamento più rischioso (risk seeking) Più in generale, la teoria del prospetto si basa su quello che si sa del funzionamento dei nostri processi percettivi. In particolare, sul fatto noto in base al quale la percezione di in uno stimolo non è mai assoluta ma risente sempre del contesto (effetto framing - incorniciamento). Semplificando e sintetizzando, quindi la teoria del prospetto fa delle previsioni sul comportamento di scelta in condizioni differenti In particolare, si può prevedere che, quando una persona percepisce la scelta che deve fare in termini di ‘guadagno potenziale’, allora avrà un comportamento ‘conservativo’ (‘risk aversion’) Al contrario, quando una persona percepisce la scelta che deve fare in termini di ‘perdita potenziale’, allora avrà un comportamento ‘tendente al rischio’ (‘risk seeking’) 95. Cosa sono i costi sommersi? In economia i costi sommersi sono quelle spese già sostenute e che non possono più essere recuperate. Costi sommersi sono quindi, ad esempio, le spese per ricerca e sviluppo e gli investimenti in marketing. (definizione da internet) Costi irrecuperabili L’effetto ‘costi irrecuperabili’ (sunk costs- costi sommersi)) si manifesta quando si tende a insistere in un investimento anche quando appare evidente che questo non darà il risultato atteso. Anche questo effetto è spiegabile dalla Teoria del Prospetto. Immaginate di essere il presidente di una compagnia aerea ed avete investito il patrimonio della società (10 milioni di euro) in un progetto di ricerca per realizzare un aereo che sia invisibile ai radar. Una volta arrivati al 90% del progetto, ecco che un’altra società promuove sul mercato un aereo che non può essere intercettato via radar. Il loro modello inoltre è indubbiamente assai più veloce ed economico di quello che stavate progettando. A questo punto dovete prendere una decisione: investire o meno il 10% rimasto dei fondi destinati al vostro progetto. Cosa decidete? No, non ha più senso continuare a spendere soldi nel progetto; Sì, finchè esistono dieci milioni per il progetto, posso comunque portarlo