Fisica Tecnica Ambientale (2) - Biomassa, Definizione PDF
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These notes provide a definition and overview of biomass. It covers types of biomass, including vegetable and animal sources. Various processes for converting biomass into energy are also discussed.
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FISICA TECNICA AMBIENTALE (2) BIOMASSA, DEFINIZIONE Biomassa (vegetale) = qualunque sostanza organica, non fossile, generata con il contributo dell’energia solare attraverso il processo di fotosintesi clorofilliana. Biomassa (in generale): qualsiasi sostanza organica non fossile, di...
FISICA TECNICA AMBIENTALE (2) BIOMASSA, DEFINIZIONE Biomassa (vegetale) = qualunque sostanza organica, non fossile, generata con il contributo dell’energia solare attraverso il processo di fotosintesi clorofilliana. Biomassa (in generale): qualsiasi sostanza organica non fossile, di origine sia vegetale che animale, come ad esempio: oLegno e derivati; oSottoprodotti e scarti dell’agricoltura e dell’industria agro- alimentare; oFrazione organica dei Rifiuti Urbani e industriali; oDeiezioni animali. Formalmente (Direttiva Europea 2001/77/CE => D. Lgs. 387/03 e 28/2011): “la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”. BIOMASSE COME FONTE DI ENERGIA La biomassa vegetale - e, indirettamente, quella di origine animale – possono considerarsi un sofisticato sistema di accumulo dell’energia solare. Le piante utilizzano la luce per convertire la CO2 atmosferica, insieme ad altre sostanze nutritive, in materia organica; L’energia solare viene così immagazzinata nella materia, sotto forma di energia chimica; Per ottenere il rilascio di tale energia, è necessario rompere, mediante combustione o altro processo chimico-fisico, i legami complessi tra atomi di carbonio, ossigeno ed idrogeno caratteristici delle sostanze organiche. LEGNO ED EFFETTO SERRA Il ciclo del legno è tale per cui la CO2 fissata è pari a quella emessa e l'effetto serra nullo SPECIFICITA’ DELLE BIOMASSE Principali vantaggi: o possono considerarsi una fonte rinnovabile (se utilizzate ad un ritmo inferiore a quello di rigenerazione naturale della risorsa) o rappresentano una risorsa distribuita (anche se a bassa densità) o il loro impiego non dà contributo diretto all’emissione di gas serra Principali inconvenienti: o loro impiego, in generale, non è esente da implicazioni ambientali: in particolare, la loro combustione diretta comporta emissioni ricche di sostanze nocive (NOx, IPA, CO, particolato e ceneri), per cui è necessario prevedere una depurazione accurata dei fumi; o nel caso delle biomasse di origine agricola e forestale, l’utilizzo non controllato può avere effetti perversi, quali la competizione con l’impiego alimentare e la deforestazione BIOMASSE ED EFFETTO SERRA 1 L’uso delle biomasse per fini energetici non provoca contributo diretto all’effetto serra: o nel caso delle biomasse di origine vegetale, la CO2 rilasciata durante la decomposizione, anche se la stessa avviene a seguito di processi combustione, è equivalente a quella assorbita durante la loro crescita o nel caso di biomasse di origine animale, di norma, l’uso energetico comporta addirittura una riduzione delle emissioni di gas serra che si sarebbero comunque determinate nella decomposizione spontanea. BIOMASSE ED EFFETTO SERRA 2 L’uso delle biomasse è dunque particolarmente “virtuoso” quando: o si utilizzano residui e scarti (nel qual caso, l’impiego energetico rappresenta anche una soluzione per lo smaltimento); o si produce appositamente la biomassa (colture energetiche, Short Rotation Forestry - SRF, ovvero coltivazione di specie ad alto contenuto energetico e rapida crescita, come i pioppi); o si estrae materiale legnoso dai boschi secondo criteri adeguati (es. potature, estrazione di materiale legnoso in eccesso per riduzione del rischio di autoincendi, altre tecniche di disboscamento per protezione antincendio, etc.). CLASSIFICAZIONE DELLE BIOMASSE Nelle applicazioni energetiche si possono distinguere 6 categorie principali di biomassa: o residui agricoli; o residui forestali; o residui zootecnici; o scarti delle industrie di trasformazione; o biomasse da colture energetiche (energy crops); o frazione organica dei rifiuti urbani (solidi e liquidi). Un ulteriore criterio di classificazione è lo stato fisico della biomassa: o biomasse solide (ligno-cellulosiche, frazione organica dei RU, …..) o biomasse liquide (oli vegetali puri o modificati chimicamente) o biomasse gassose (biogas) PROCESSI DI TRASFORMAZIONE 1 Processi termochimici: la biomassa trasformata in combustibile o direttamente in energia termica, mediante la sola azione del calore: o combustione diretta (biomasse ligno-cellulosiche); o gassificazione o pirolisi (biomasse legnose, RU o altre biomasse solide). Processi biologici: la biomassa viene trasformata in combustibile attraverso l’azione di enzimi, funghi e micro- organismi che si formano nella biomassa stessa, in particolari condizioni: o digestione anaerobica (ex.: rifiuti urbani, reflui zootecnici) o aerobica; o fermentazione alcolica di piante amidacee o zuccherine (ex.: bioetanolo – additivo per benzine –da piante amidacee o zuccherine). PROCESSI DI TRASFORMAZIONE 2 Processi chimico-fisici: la biomassa, dopo un primo trattamento fisico (spremitura di sostanze oleaginose) viene trasformata in combustibile attraverso opportune reazioni chimiche: o esterificazione di oli ottenuti da piante oleaginose => produzione di biodiesel; o utilizzo diretto di oli vegetali non modificati chimicamente (olio di colza, palma, Jatropha…..) PRINCIPALI FILIERE PRODUTTIVE PRINCIPALI BIOCOMBUSTIBILI POTERE CALORIFICO Il potere calorifico inferiore è sostanzialmente inferiore a quello dei combustibili fossili più noti Il cippato di legno ed il pellet sono significativi PRINCIPALI COLTURE PER IL CLIMA ITALIANO IL MERCATO ED I COSTI DELLE BIOMASSE In tutte le tipologie d’impianto, i costi d’investimento per chilowatt installato diminuiscono al crescere della taglia. In ogni modo, la convenienza nella fattibilità di tali impianti dipende fortemente dalla differenza che esiste tra il prezzo della biomassa utilizzata e quello del combustibile che va a sostituire, e, quindi, dall’intensità d’utilizzo dell’installazione stessa. Oggi, i prezzi delle biomasse più utilizzate variano per la legna fino agli 11 € per quintale, mentre per il cippato tra i 3 e i 6 € sempre per quintale. Il pellet è, invece, più costoso a vantaggio, però, di un maggiore potere calorifico, arrivando a costare fino ai 15¸20 € per quintale. CONFRONTO SUI COSTI CON COMBUSTIBILI FOSSILI 1 Il confronto sui costi tra biomasse e combustibili come il metano o il gasolio va sviluppato tenendo conto sia dei costi fissi (di investimento) sia dei costi variabili (combustibili, manutenzione) Dalla tabella seguente si evince che le biomasse hanno un costo più basso anche se richiedono un investimento maggiore e maggiori costi di manutenzione Il costo del GJ con biomasse è nettamente minore ma il costo di gasolio e metano è gravato da imposte e c'è un finanziamento per gli impianti a biomasse Comunque questo tipo di conto va fatto affinché un confronto sui costi sia significativo CONFRONTO SUI COSTI CON COMBUSTIBILI FOSSILI 2 PRODUCIBILITA’ E PCI DI VARIE SPECIE Per le biomasse vegetali si deve tener conto del contenuto di umidità che va a decurtare il potere calorifico della sostanza secca COMPOSIZIONE BIOMASSE CELLULOSICHE La composizione elementare di alcune biomasse cellulosiche cioè legna ed altri derivati dall’agricoltura I PROCESSI TERMOCHIMICI Si usano per i materiali con rapporto C/N maggiore di 30, contenuto di umidità non superiore al 30÷35%, PCI superiore a 2,5÷3,0 MJ/kg (600÷700 kcal/kg). Le biomasse più adatte ai processi di conversione termochimica: o la legna e tutti i suoi derivati (segatura, trucioli, etc.); o i sottoprodotti agricoli di tipo ligno-cellulosico (paglia di cereali, residui di potatura della vite e dei fruttiferi, residui di piante da fibra tessile, etc.); o scarti di lavorazione dell’agricoltura e dell’industria agro- alimentare (lolla, gusci, noccioli, sansa, etc.). I processi termochimici (in particolare, combustione e gassificazione) sono operativamente più flessibili di quelli biochimici, essendo più idonei ad un funzionamento discontinuo. LA COMBUSTIONE DIRETTA Consiste nell’ossidazione del carbonio e dell’idrogeno contenuti nella biomassa. I prodotti utilizzabili sono, essenzialmente: o legname, in tutte le sue forme; o paglie di cereali; o residui di raccolta di legumi secchi; o residui di piante oleaginose (ricino, catramo, etc.); o residui di piante da fibra tessile (cotone, canapa, etc.); o residui legnosi di potatura di piante da frutto e piante forestali; o residui dell’industria agro – alimentare. La combustione avviene in caldaie, che possono essere, fondamentalmente: o a letto fisso (forni a griglia fissa o mobile); o a letto fluido (combustione su un letto di sabbia o altro inerte, mantenuto in sospensione, con il combustibile, mediante aria insufflata dal basso). LA COMBUSTIONE DEL LEGNO Le reazioni chimiche che caratterizzano la combustione della biomassa sono diverse CALDAIE PER USO DOMESTICO 1 Le caldaie di piccola scala domestiche sono di vario tipo, anche a cippato o altro Il controllo dell’aria comburente è significa- tivo CALDAIE PER USO DOMESTICO 2 Il confronto tra il costo dell’energia termica con vari combustibili è influenzato dalle tasse su quelli fossili Il costo specifico del pellet è maggiore di quello della legna normale ma le modalità di combustione sono più favorevoli. Da notare l’effetto scala COSTI TOTALI DEL COMBUSTIBILE Nel valutare il costo dell'energia dai vari combustibili tiene conto anche dell'investimento, della manutenzione, delle sovvenzioni... oltre che dei costo del combustibile stesso COSTO ANNUO TOTALE DEL CALORE Per fare un confronto si fissa la potenzialità, il tempo di ammortamento ed il numero di ore di funzionamento all'anno. Il fatto che siano le stesse con combustibili diversi è ragionevole PROCESSI TERMOCHIMICI: LA GASSIFICAZIONE 1 Trasformazione della biomassa in una miscela combustibile gassosa (H2 , CO, …) attraverso parziale ossidazione ad elevata temperatura (oltre 900÷1000°C) in carenza di ossigeno (10÷30% in meno della quantità stechiometrica). L’agente gassificante può essere: o aria (PCI modesto: 4÷7 MJ/Mm3) o ossigeno (PCI. 10÷12 MJ/Mm3) o vapore d’acqua (PCI ancora superiore, fino a 15÷18 MJ/Nm3) Il gas prodotto può essere utilizzato in caldaia o (previo trattamento) in motori endotermici (alternativi e con turbogas). Ad es. da 100 kg di tutoli di mais (al 15% di umidità) con quantita- tivi d’aria nell’ordine di 2,5 kg per kg di combustibile tal quale, è possibile ottenere 250 m3 di gas con PCI pari a circa 4,5 MJ/m3. PROCESSI TERMOCHIMICI: LA GASSIFICAZIONE 2 Produzione di gas povero da gassificazione di alcune biomasse vegetali Principali limiti: oPCI medio/basso (costi elevati di immagazzinamento e trasporto) oelevato tasso di impurità (polveri, catrami, metalli pesanti, …) nel gas prodotto Alcuni degli inconvenienti della gassificazione possono essere superati trasformando il gas povero ottenuto in alcool metilico (CH 3 OH) o meglio effettuando la sintesi di metanolo (CH 3 OH), che può servire come combustibile liquido (PCI > 20 MJ/kg) PROCESSI TERMOCHIMICI: LA PIROLISI 1 Tecnica per ottenere, a partire dalla biomassa, frazioni gassose, liquide e solide, mediante un riscaldamento a temperature di 400÷800 °C, in completa assenza d’aria (vuoto o atmosfera inerte; al più può essere presente una ridotta quantità di ossigeno => gassificazione parziale). Si producono contemporaneamente combustibili gassosi, liquidi e solidi, in proporzioni che dipendono dai metodi di pirolisi (pirolisi veloce, lenta, o convenzionale) e dai parametri di reazione: o la frazione gassosa è composta da H , CO, CO2 , N2 e idrocarburi a basso peso molecolare, il PCI è di 8,0 ÷ 13 MJ/Nm3. 2.000÷3.000 kcal/Nm3 o la frazione liquida è costituita da oli e altri prodotti chimici di base, il PCI è di 20 ÷ 30 MJ/m3. 5.000÷7.000 kcal/m3 PROCESSI TERMOCHIMICI: LA PIROLISI 2 o il residuo solido carbonioso ha caratteristiche dipendenti dai materiali di partenza. E’ un processo endotermico, quindi è sempre necessario apporto di calore dall’esterno Il processo di pirolisi è valido specie se biomassa trasformata è costituita prevalentemente da prodotti legnosi, e quando si possono usare tutti i suoi prodotti. Ad esempio, riscaldando 1 kg di legna al 15% di umidità (18 MJ/kg) a 600°C, si ottengono: o 0,18 m3 di gas (7,2 MJ/Nm3); o 0,3 kg di carbone (31 MJ/kg); o 0,5 kg tra catrami e liquidi (miscele d’acqua e idrocarburi, 1,0 MJ/kg). PROCESSI TERMOCHIMICI: CARBONIZZAZIONE 1 E’ un processo che consente la trasformazione delle molecole strutturate dei prodotti legnosi e cellulosici in carbone (carbone di legna o carbone vegetale), mediante l’eliminazione dell’acqua e delle sostanze volatili dalla materia vegetale, per azione del calore nelle carbonaie, all’aperto, o in storte, che offrono una maggior resa in carbone. La trasformazione è condotta in carenza di ossigeno a temperature di 500÷ 800 °C. Il prodotto finale della trasformazione ha migliori caratteristiche rispetto al prodotto iniziale (granulometria uniforme, facilità di trasporto e stoccaggio). A 400 °C il processo è esotermico (1,1 MJ/kg) e consente di conservare il 30-50% dell’energia contenuta nel materiale di partenza. PROCESSI TERMOCHIMICI: CARBONIZZAZIONE 2 La tecnologia tradizionale di produzione consiste nel ricoprire una catasta di legna con uno strato di terra e nel bruciarne una parte per innescare il processo. Operando così, da 5–7 kg di legna si ottiene 1 kg di prodotto finale (caratteristiche: 75-80% di C, PCI pari a 25÷36 MJ/kg, ovvero 6.000÷8.600 kcal/kg Se, con l’uso di tecnologie appropriate, si recuperano anche i gas combustibili che si formano durante la trasformazione, il rendimento può superare l’80%. Inoltre si possono ridurre i costi di trasporto e di immagazzinamento; utilizzare caldaie con elevato grado di affidabilità (simile a quello delle caldaie a combustibili fossili liquidi); I PROCESSI BIOCHIMICI per le biomasse in cui il rapporto C/N è inferiore a 30 e l'umidità alla raccolta è superiore al 30%, ovvero, tipicamente: o colture acquatiche; o alcuni sottoprodotti agricoli (foglie e steli di barbabietola, patate, etc.); o reflui zootecnici; o alcuni scarti di lavorazione (borlande*, acqua di vegetazione, ecc.); o frazione organica dei Rifiuti Urbani solidi e liquidi (biogas di discarica, o fanghi di depurazione delle acque nere). processi CON lunghi transitori di avviamento: perciò, sono operativamente ed economicamente efficienti con una certa continuità di approvvigionamento => problemi di densità territoriale e trasporto delle risorse. FILIERE PRODUTTIVE:BIOGAS Un quadro di processi, prodotti e sottoprodotti dalle biomasse, DIGESTIONE ANAEROBICA 1 E’ un processo che avviene in assenza di ossigeno, consistente nella demolizione, ad opera di micro-organismi (enzimi e batteri), di sostanze organiche complesse (lipidi, protidi, glucidi) dei vegetali e nei sottoprodotti di origine animale. Si ha la formazione di composti organici ed inorganici semplici e la produzione di un gas (biogas) costituito per il 40- 80% da metano e per la restante parte soprattutto da CO2. Il PCI è dell'ordine di 14÷25 MJ/Nm3, essenzialmente in funzione della frazione di metano presente (a sua volta legata alla composizione della biomassa). Il biogas prodotto può essere utilizzato in loco o compresso ed immagazzinato per il successivo impiego in veicoli a gas (motori a combustione interna) o caldaie a gas per produrre calore e/o energia elettrica. DIGESTIONE ANAEROBICA 2 Gli impianti a digestione anaerobica possono essere alimentati mediante residui ad alto contenuto di umidità (> 80%), quali deiezioni animali, reflui civili, rifiuti alimentari e frazione organica dei RU. La digestione anaerobica si sviluppa in tre stadi principali: o idrolisi: rottura dei polimeri, delle proteine e dei lipidi presenti; o acidificazione: formazione di acidi volatili, anidride carbonica ed idrogeno; o metanizzazione dei prodotti derivanti dal secondo stadio. DIGESTIONE ANAEROBICA 3 Si distinguono: o digestione a umido (substrato con sostanza secca < 10%) e a secco (sostanza secca > 20%) o mesofila (.35 °C, 14÷30 giorni), termofila (50 °C, 14÷16 giorni) e psicrofila (15 °C, >30÷90 giorni) La massima quantità di biogas che può essere ottenuta dalla degradazione della sostanza organica contenuta nei reflui zootecnici è legata a numerosi fattori: o temperatura, PH, solidi totali e volatili o tipologia impiantistica o tempo di ritenzione idraulica, ovvero al periodo di permanenza effettiva del materiale nel digestore. ANAEROBICA DA REFLUI ZOOTECNICI Produzione annua di letame in un allevamento: M=P×D con: P = Peso vivo medio (kg) D = produzione media di letame [(kg/giorno)/kg pv ] Principali caratteristiche: oST = Solidi Totali (fraz. residua dopo l’essiccazione), in % di M oSV = Solidi Volatili, in % di ST oCOD = richiesta chimica di ossigeno (quantità necessaria per l’ossidazione completa in due ore), in % di ST o produzione di biogas nel processo di digestione anaerobica, per unità di COD (valori tipici. 0,50÷0,55 Nm3 /kg COD) oppure di SV (valori tra 0,20 e 0,50 Nm 3 /kg di SV) La produzione reale di biogas è ben inferiore a quella teorica, RESA DA REFLUI ZOOTECNICI Le rese possono essere incrementate mediante l’aggiunta di sub-strati di tipo vegetale (di norma scarti agricoli e forestali) Valori di resa per altre biomasse: osiero di latte: 0,35 ÷0,80 Nm3 /giorno /kg sv oscarti alimentari: 0,50 ÷0,60 Nm3/giorno /kg sv FISICA TECNICA AMBIENTALE (2) IL BENESSERE TERMOIGROMETRICO NEGLI AMBIENTI CONFINATI La condizione di benessere termoigrometrico è tradizionalmente definita come quello stato psicofisico in cui il soggetto esprime soddisfazione nei riguardi del microclima Compito del progettista è quello di disegnare e realizzare un sistema energeticamente efficiente che garantisca le condizioni per tale benessere INTRODUZIONE 1 La sensazione di benessere è legata alla produzione di calore metabolico ed allo scambio di energia con l’ambiente Da questo scambio derivano variazioni fisiologiche e di temperatura del corpo Si distinguono gli ambienti moderati e gli ambienti severi, essendo possibile solamente nei primi ottenere il comfort Il disagio per il corpo umano nella sua globalità per il troppo caldo o troppo freddo (discomfort termico globale) si quan- tifica con gli indici di temperatura o gli indici di sensazione INTRODUZIONE 2 Il disagio termico può riferirsi ad una particolare zona del corpo e si parlerà di discomfort termico locale Un ambiente termico in grado di soddisfare chiunque non esiste per cui si indicano le condizioni ambientali in grado di soddisfare una percentuale significativa degli occupanti Per gli ambienti moderati esistono norme (ASHRAE ed ISO ) che forniscono limiti e raccomandazioni a cui attenersi per ottenere le condizioni di benessere IL BILANCIO TERMICO DEL CORPO UMANO Il corpo umano si caratterizza termicamente per un nucleo interno a temperatura costante (37°C) e la pelle ed i tessuti adiacenti per cui la temperatura varia anche molto (da 4°C a 45°C) La temperatura superficiale può variare in relazione alle condizioni dell’ambiente ma la temperatura del nucleo deve mantenersi costante per garantire la sopravvivenza (omeotermia) Un sistema di termoregolazione comandato dall’ipotalamo nel cervello mantiene isotermo il nucleo. Ad esso confluiscono le terminazioni nervose dai recettori termici posti nel corpo. LA TERMOREGOLAZIONE 1 I segnali da essi sono confrontati con valori di riferimento e ,se differenti, vengono attivati i meccanismi di termoregolazione. I meccanismi di termoregolazione sono di due tipi: vasomotori e comportamentali. Con la termoregolazione vasomotoria si può modificare la quantità di calore dispersa verso l’ambiente modificando la circolazione sanguigna superficiale. I capillari periferici sono dotati di valvole, gli sfinteri, che, aprendosi o chiudendosi, consentono di mutare il flusso sanguigno. LA TERMOREGOLAZIONE 2 In ambiente esterno freddo la chiusura degli sfinteri (vasocostrizione) provoca una diminuzione del flusso termico scambiato con l’ambiente In ambiente caldo l’apertura degli sfinteri (vasodilatazione) fa aumentare gli scambi termici verso l’esterno. Se la regolazione vasomotoria non basta interviene la regolazione comportamentale. LA TERMOREGOLAZIONE 3 La regolazione contro il freddo comporta l’insorgere del brivido con attivazione dei gruppi muscolari e aumento della generazione di energia termica all’interno del corpo. La regolazione contro il caldo porta alla sudorazione Tramite la quale il corpo disperde calore a causa del cambiamento di stato del film di sudore che ricopre interamente la pelle. IL PRIMO PRINCIPIO E IL CORPO UMANO Quando neanche i meccanismi comportamentali riescono a mantenere costante la temperatura del nucleo costante avviene la morte dell’individuo per ipotermia o ipertermia Le condizioni termiche degli ambienti di vita sono ben differenti da quelle del nucleo del corpo, per cui s’instaura uno scambio termico tra uomo ed ambiente. Per garantire l’omeotermia del nucleo, occorre un equilibrio tra la produzione interna di calore e la dispersione verso l’esterno. Applicando il primo principio della termodinamica L’EQUAZIONE DI BILANCIO DEL CORPO UMANO 1 Con grandezze, aventi le dimensioni di una potenza ed espresse in Watt si ha: Essendo Q1 è il calore prodotto nell'unità di tempo dal corpo umano, cioè il metabolismo energetico M, L è la potenza meccanica scambiata tra corpo ed ambiente (W) Q2 è la potenza termica dispersa, composta da 2 contributi: Esk potenza termica dispersa attraverso la pelle; Ebr potenza termica dispersa nella respirazione. L’EQUAZIONE DI BILANCIO DEL CORPO UMANO 2 L'espressione del primo principio diviene: Il meccanismo di termoregolazione del corpo umano tende a mantenere costante la temperatura corporea. Si può ipotizzare che, per una esposizione sufficientemente lunga in un ambiente moderato in cui venga svolta un’attività costante, la variazione di energia interna non sia apprezzabile ponendo: U = 0 IL METABOLISMO ENERGETICO 1 Gli alimenti ingeriti dall’uomo vengono trasformati da reazioni chimiche di ossidazione che costituiscono il metabolismo energetico dell’individuo. Le reazioni sono esoenergetiche e la maggior parte dell’energia chimica potenziale dei cibi è trasformata in energia termica. La parte della produzione di energia termica necessaria al corpo umano per conservare la temperatura corporea e per il funzionamento degli organi interni è detta metabolismo basale e vale circa 43 W/m2 IL METABOLISMO ENERGETICO 2 L’ulteriore produzione di calore è necessaria invece per le attività dell’individuo e può variare notevolmente a secondo dell’attività svolta. Il bilancio energetico del «sistema uomo» considerando per semplicità il flusso ϕ disperso positivo e indicando con M la potenza messa in gioco dall'attività metabolica all’interno del corpo. IL METABOLISMO ENERGETICO 3 M = +W = C + R + E +W M = potenza messa in gioco dall'attività metabolica all’interno del corpo [W]; W= potenza meccanica fornita all’esterno [W]; C = flusso termico fornito all’esterno per convezione [W]; R = flusso termico all’esterno per irraggiamento corpo-oggetti esterni [W]; E = flusso termico impegnato per evaporare acqua [W]. PRODUZIONE METABOLICA La produzione metabolica dell’uomo è legata all’attività ed alle dimensioni dell’individuo. Ci si riferisce spesso all’unità di superficie del corpo umano nudo. Adu può essere espressa in funzione della massa Mc e dell’altezza h dell'individuo secondo Du Bois (1916): in cui Mc è espressa in kg, h in metri e Adu in m2 LA POTENZA MECCANICA Nella valutazione dell’energia metabolica si usa un’unità incoerente, il “met”: L’uomo è assimilabile ad una macchina che trasforma una piccola parte dell’energia termica metabolica in lavoro e ne riversa il resto nell’ambiente sotto forma di calore. Nelle normali attività, parte dell’energia prodotta con il metabolismo viene convertita in energia meccanica, assunta positiva se l’uomo compie lavoro verso l’ambiente. LA POTENZA MECCANICA Si definisce rendimento meccanico : in cui W è la potenza meccanica ed M è il metabolismo. Il rendimento meccanico è di solito molto basso ( < 0.20) e risulta crescente di poco con la potenza meccanica scambiata. Dal rendimento si può risalire alla potenza meccanica che, come il metabolismo, dipende dall’attività svolta LA POTENZA NELLA RESPIRAZIONE 1 Nella respirazione l’aria inspirata ha di solito temperatura inferiore a quella del nucleo del corpo; quando espirata avrà subito un riscaldamento e sarà stata saturata di umidità Essa avrà acquistato un’entalpia ed un titolo maggiori rispetto alle condizioni di inspirazione cioè ambientali Lo scambio termico connesso alla respirazione è la somma di due aliquote: una dovuta alla differenza di temperatura tra l’aria inspirata e quella espirata (scambio sensibile), ed una dovuta alla differenza di titolo (scambio latente) LA POTENZA NELLA RESPIRAZIONE 2 Lo scambio sensibile può essere valutato con la seguente relazione: Cbr = Gexc p (tex − ta ) dove Gex è la portata d’aria espirata, in kg/s, cp è il calore specifico a pressione costante dell’aria, pari a 1 kJ/kg°C,tex è la temperatura dell’aria espirata, in °C, ta è la temperatura dell’aria ambiente, in °C. La portata d’aria espirata è funzione dell’attività metabolica: LA POTENZA NELLA RESPIRAZIONE 3 Ipotizzando che la t. dell’aria espirata sia 34°C: Cbr = 0,0014 M (34 − ta ) Lo scambio latente può essere espresso come: Ebr = Gex (xex − xa ) con il calore latente di vaporizzazione dell’acqua alla temperatura del nucleo, Gex è la portata d’aria espirata, in kg/s; xex è il titolo dell’aria espirata, kg acqua/kg aria secca; xa è il titolo dell’aria ambiente LA POTENZA NELLA RESPIRAZIONE 4 Se p=1 atm si può esprimere (xex-xa) in funzione della pressione parziale del vapore (pvs è la pressione di saturazione del vapor d’acqua alla temperatura dell’aria): xex − xa = 0,029 − 4,94 10−6 pvs Nota la portata Gex ed essendo =2407 kJ/kg si ha: Ebr = 1,72 10 −5 M (5867 − pvs ) LA POTENZA DALLA PELLE 1 Come per la respirazione lo scambio termico attraverso la pelle può essere considerato la somma di due aliquote: scambio sensibile e scambio latente A sua volta lo scambio latente avviene in due modi per diffusione attraverso gli strati superficiali della pelle (traspirazione) per evaporazione del sudore che ricopre l’intero corpo. La diffusione attraverso la pelle è proporzionale alla differenza tra la pressione di saturazione del vapor d’acqua alla t. della pelle e la pressione parziale del vapore nell’aria: LA POTENZA DALLA PELLE 2 Si richiama la legge di Fick: Mv p −p gv = = v1 v 2 A t s δ è la proprietà del materiale poroso detta permeabilità al vapore [kg/msPa] Nei materiali edilizi varia tra 2 e 150 kg/msPa LA POTENZA DALLA PELLE 3 Se coefficiente di permeabilità della pelle ( 1.27·10-9 kg/msPa=1270· 10-12kg/msPa ), calore latente di vaporizzazione dell’acqua a T=35°C ,T media della pelle ( 2407 kJ/kg), psk pressione di saturazione del vapore d’acqua alla T della pelle [Pa], il grado igrometrico, pvs pressione di saturazione del vapore alla T dell’aria [Pa]: Ed = Adu ( psk − pvs ) La pressione di saturazione del vapor d’acqua, nell’intervallo di temperature proprio della pelle (tsk = 27-37°C) si valuta con la retta: LA SUDORAZIONE 1 Sostituendo i valori delle costanti si ha: Il secondo tipo di scambio termico latente attraverso la pelle è dato dalla sudorazione avviata dall’ipotalamo quando i soli meccanismi vasomotori non bastano a mantenere isotermo il nucleo del corpo. Allora le ghiandole sudoripare secernono il sudore che, dopo aver ricoperto la superficie esterna della pelle, evapora nell’aria sottraendo calore al corpo. LA SUDORAZIONE 2 La sudorazione è governata dal sistema di termoregolazione che, in base alle condizioni ambientali, d’abbigliamento e di attività, agisce in modo da soddisfare il bilancio termico globale La quantità di sudore che evapora dipende da una serie di variabili quali la temperatura, la velocità e l’umidità dell’aria …. per cui s’arriva ad una espressione piuttosto complessa. Ma Fanger, come si vedrà in seguito, fornisce un’espressione, frutto di indagini sperimentali, valida solo in condizioni di benessere, in cui la sudorazione è funzione della sola attività metabolica FISICA TECNICA AMBIENTALE (2) COMFORT TERMICO Entrambi i personaggi illustrati sembrano essere a loro agio pur trovandosi in ambienti termici del tutto diversi. Il comfort termico è una questione che riguarda una serie di parametri fisici e non solo la temperatura dell’aria. TERMOREGOLAZIONE DEL CORPO UMANO 1 Il sistema di termoregolazione è costituito da sensori sia per il freddo e per il caldo. Esistono due tipi di termoregolazione: - vasomotoria (contro il caldo e contro il freddo); - comportamentale (contro il caldo e contro il freddo). L’energia termica generata all’interno del corpo umano viene dispersa nell’ambiente essenzialmente attraverso la pelle: - convezione e irraggiamento e conduzione - evaporazione TERMOREGOLAZIONE DEL CORPO UMANO 2 Schema del sistema di termoregolazione: BENESSERE TERMOIGROMETRICO Il comfort termico è definito nello standard ISO 7730 come "quello stato della mente che esprime la soddisfazione verso l'ambiente termico". Un problema di “soddisfazione” quindi, e non solo di attenzione alla “salute” degli occupanti. Una definizione che occorre comunque esprimere attraverso parametri fisici. METABOLISMO DEL CORPO UMANO 1 I processi metabolici, consistendo in processi di ossidazione, sono esoenergetici. L’energia potenziale chimica dei cibi e delle bevande si trasforma in: - energia termica, - energia elettrica (utilizzata per la trasmissione degli impulsi nervosi e per l’attività elettrica dei muscoli), - energia meccanica interna (utilizzata per l’attività muscolare), - sostanze di riserva, sotto forma di energia potenziale chimica. METABOLISMO DEL CORPO UMANO 2 L’energia meccanica, quella elettrica e quella chimica successivamente si trasformano in energia termica. L’energia termica prodotta viene quindi dispersa nell’ambiente circostante sotto forma di lavoro meccanico verso l’esterno e di calore dissipato METABOLISMO BASALE E DI RIPOSO Il metabolismo basale (legato esclusivamente al mantenimento dell’attività cellulare e al funzionamento degli organi principali) di ogni individuo dipende da: - i cicli circadiani, il sesso, la massa e l’altezza, l’età. - un valore medio di tale valore è assunto pari a 43 W/m2. Il metabolismo di riposo comprende le funzioni relative alla digestione,alla termoregolazione, in completa assenza di lavoro muscolare - all’energia metabolica di riposo corrisponde un valore di circa 55-65 W/m2/m. 2 METABOLISMO DI LAVORO Il metabolismo di lavoro è legato direttamente all’attività muscolare svolta. Il metabolismo è una potenza termica riferita all’unità di superficie corporea, secondo la relazione di DuBois: Ab=0,202 Wb0,425 * Hb0,725 L’uomo standard (70 kg, 1,70 m) ha un’area della superficie corporea di 1,9 m2 UNITA' DI MISURA “MET” L’unità di misura del metabolismo (che si indica con il simbolo M) è W/m2, è comoda l’unità incoerente met (58,2 W/m2 = 50,0 kcal/h m2) 1 met corrisponde al metabolismo di una persona in attività sedentaria COMFORT EQUATION L’equazione per la temperatura per il comfort della pelle e la produzione di calore può essere combinata con l’equazione per il bilancio dell’energia corporea dalla quale deriva l’equazione del comfort. Questa equazione descrive la connessione tra parametri fisici misurabili e la sensazione termicamente neutra. L’equazione con una operazione che misura i parametri fisici ci consente di valutare quali devono essere le condizioni termiche di comfort in un luogo di lavoro. DISPERSIONE ED ABBIGLIAMENTO 1 La quantità di calore per unità di tempo (potenza termica) dispersa dal corpo verso l’esterno o assunta dal corpo dall’esterno dipende dalla temperatura del corpo rispetto a quella dell’ambiente, dalle modalità della trasmissione del calore e dai coefficienti di ricambio termico. L’abbigliamento riduce la perdita di calore, per questo viene classificato a seconda della sua capacità isolante. DISPERSIONE ED ABBIGLIAMENTO 2 L’unità usata per misurare la capacità isolante dell’abbi- gliamento è il Clo, oppure l’unità m2 °C/W, (1 Clo = 0.155 m2 °C/W). - la temperatura interna del corpo è pari a: 34°C - la temperatura superficiale del corpo è quella della pelle (tsk = tskin) -La temperatura superficiale dell’abbigliamento è tclo=tcloth PARAMETRI DA MISURARE Quando si definisce il comfort termico è importante ricordare che l’uomo non sente la temperatura dell’ambiente in cui vive e lavora, ma sente l’energia che perde il suo corpo. I parametri da misurare sono quelli che causano una perdita di energia per i fenomeni CONVETTIVI per i fenomeni RADIATIVI per i fenomeni CONVETTIVI per i fenomeni legati agli scambi termici LATENTI ADDUZIONE Il fenomeno della convezione termica e quello della radiazione termica possono essere unificati sotto certe condizioni ed i rispettivi coefficienti possono essere valutati attraverso un unico coefficiente (quello di adduzione). In questo caso oltre alla temperatura del corpo si dovrà considerare la temperatura operativa data dalla combinazione della temperatura dell’aria e da quella media radiante: Qconv= hconv * (tclo – ta) [W/m2] Qrad = hrad * (tclo – tmr) Qconv + Qrad = Qadd = hadd (tclo – to) LIMITI DEL COMFORT TERMICO Come creare un luogo di lavoro perfetto? Tra quali limiti si deve mantenere la temperatura e l’umidità per consentire un comfort termico? POTENZA DISPERSA PER CONVEZIONE 1 Lo scambio di tipo sensibile avviene invece per conduzione, convezione e irraggiamento La potenza termica dispersa dal corpo umano per contatto con corpi solidi (oggetti, pavimento…) è difficile valutazione ma essendo modesta viene trascurata La superficie esterna del corpo umano si troverà normalmente ad una temperatura diversa da quella dell’aria attorno e ne originerà uno scambio termico per convezione in funzione della differenza di temperatura superficie esterna del corpo abbigliato e aria e della velocità dell’aria stessa POTENZA DISPERSA PER CONVEZIONE 2 Introducendo fcl ,coefficiente d’area dell’abbigliamento, hc conduttanza termica convettiva abiti-aria [W/m2°C],tcl temperatura media della superficie esterna del corpo umano abbigliato [°C], ta dell’aria ambiente [°C]: fcl dato dal rapporto tra la superficie esterna del corpo umano abbigliato Acl e la superficie esterna del corpo umano nudo Adu dipende dalla resistenza termica dell’abbigliamento Icl: POTENZA DISPERSA PER CONVEZIONE 3 fcl non è mai inferiore ad 1 e si calcola con: Per la resistenza termica dell’abbigliamento si usa un’altra unità incoerente: La conduttanza termica convettiva abiti-aria a seconda del regime di convezione vale: POTENZA DISPERSA PER RADIAZIONE 1 Quando le attività dell’uomo avvengono in spazi confinati con temperature delle superfici dell’involucro differenti dalla temperatura superficiale del corpo umano si ha uno scambio termico per irraggiamento per cui: Aeff è l’area della superficie efficace del corpo umano[m2], è la costante di Stefan-Boltzmann, pari a 5.6710-8 W/m2K4; è l’emissività della superficie esterna del corpo abbigliato (mediamente 0.97), POTENZA DISPERSA PER RADIAZIONE 2 tmr è la temperatura media radiante [°C], cioè la temperatura uniforme di una cavità nera in cui lo scambio termico radiativo con gli occupanti è uguale a quello scambiato con l'ambiente reale non uniforme. L’area della superficie efficace può essere calcolata con la seguente relazione: POTENZA DISPERSA PER RADIAZIONE 3 feff ,rapporto fra superficie esterna del corpo abbigliato che vede l'ambiente circostante e superficie esterna del corpo abbigliato, è valutato 0.696 per persone in piedi e 0.725 per persone sedute e se non è nota a priori la posizione del soggetto s’assume 0.71. Sostituendo i valori di , e eff L’EQUAZIONE DEL BENESSERE Ipotizzando nullo il termine di accumulo e trascurando gli scambi per conduzione, sostituendo nell’equazione del bilancio del corpo umano i termini esplicitati precedentemente si ottiene: L’equazione lega fra loro 2 variabili dipendenti dal soggetto (abbigliamento, attività), 4 variabili ambientali (temperatura, umidità e velocità dell’aria, t. media radiante) e 2 variabili fisiologiche, dipendenti dal sistema di termoregolazione (t. della pelle, potenza dispersa per sudorazione). GLI STUDI DI FANGER 1 La verifica dell’equazione non basta per il benessere, pur in equilibrio termico l’individuo può provare caldo o freddo Gli studi di Fanger (campione di 1600 individui) dimostrano,in condizioni di benessere, la dipendenza della temperatura della pelle e della sudorazione dall’attività metabolica L’uomo, all’aumentare dell’attività, accetta una certa sudorazione mentre preferisce non sudare solamente quando svolge attività sedentarie GLI STUDI DI FANGER 2 Per le attività più pesanti è preferita una temperatura della pelle più bassa rispetto a quella che si ha per le attività sedentarie. Per la sudorazione e per la temperatura della pelle le seguenti espressioni sono valide in condizioni di comfort (Fanger, 1970): Si tratta di energia per unità di tempo e temperatura in gradi Celsius L’EQUAZIONE DEL BENESSERE 1 Sostituendo queste espressione nell’equazione di bilancio rielaborata si arriva all’equazione del benessere con L’EQUAZIONE DEL BENESSERE 2 Questa equazione, risolta rispetto ad una qualunque delle 6 variabili (studio parametrico), consente di valutare le condizioni di benessere termico in un ambiente. La soluzione numerica dell’equazione risulta piuttosto complessa per cui sono stati prodotti dei diagrammi che permettono di risolverla graficamente per situazioni di comune interesse. Tali diagrammi sono noti come diagrammi di benessere.