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Università degli Studi del Piemonte Orientale 'Amedeo Avogadro'

Francesco Dondero

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ecology phosphorus cycle environment biology

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These notes detail the phosphorus cycle, explaining its characteristics and the processes involved. The document also highlights the importance of interactions between the different phases of the cycle, including the atmospheric and sedimentary components.

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Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 LEZIONE 7d: Ciclo del fosforo Il ciclo del fosforo è semplice in quanto è povero di reazioni di trasformazione tra le differenti forme di fosforo, non dispone di processi mediati dai batteri, ad eccezione di quelli in cui avviene...

Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 LEZIONE 7d: Ciclo del fosforo Il ciclo del fosforo è semplice in quanto è povero di reazioni di trasformazione tra le differenti forme di fosforo, non dispone di processi mediati dai batteri, ad eccezione di quelli in cui avviene la degradazione della sostanza organica, ma non abbiamo in caso della come nel caso dell'azoto gruppi di batteri che sono specializzati nella trasformazione delle forme chimiche di un tipo in un altro. Inoltre, nel ciclo del fosforo manca la fase atmosferica, cioè non esiste una forma chimica di fosforo se non la fosfina PH3 (composto che si genera sono a seguito di processi batterici particolari in prossimità di zone paludose e acque interne dove prevalgono le reazioni anossiche sulle reazioni di tipo ossidativo). Le fosfine si liberano anche in presenza di impianti di riciclo e purificazione delle acque (wastewater treatment plant); ma l'imput di fosfina nel ciclo del fosforo estremamente limitato (è minore di 0,04*1012 g di fosforo / anno)→ questa unità di misura 1012 g è la stessa che abbiamo visto nel ciclo dell'azoto = milioni di tonnellate ovvero Teragrammi: è l'unità di misura con cui si indicano talvolta budget. Come già detto non c'è nessuna fase atmosferica significativa, infatti la fosfina è l'unico composto del fosforo aeriforme ma il suo contributo nel ciclo globale del fosforo è pressoché non significativo. Tuttavia abbiamo del fosforo in atmosfera: è un fosforo disperso con una forma solida che genera una discreta quantità che fertilizza l'Amazzonia e l'Oceano Atlantico. Questo fosforo viene sollevato dalla depressione di Bodelè nel Ciad (Africa equatoriale) dove si formano delle significative nubi di sabbia da questa regione (una volta in epoche geologiche sussisteva un bacino idrografico estremamente sviluppato, oggi rimane soltanto una reminiscenza, è quindi un lago in regressione). Questi sedimenti ricchi organici hanno dato luogo a un sedimento di fosforite (roccia fosforica di origine biogenica) e oggi queste polveri sono significative per quanto riguarda la fertilizzazione di ambienti come le foreste pluviali amazzoniche e l'oceano Atlantico collocato alle stesse latitudini. È quindi un ciclo sedimentario dove le forme atmosferiche sono pressoché inesistenti, anche le anidridi del fosforo che possono formarsi a seguito dell'ossidazione del fosforo stesso non sono rilevanti nel ciclo del fosforo in quanto non sono gassose. L'assenza di una fase gassosa è cruciale nel compimento del ciclo biogeochimico di un elemento perché è la fase atmosferica che consente la comunicazione con le differenti fasi fisiche; ad es. nel caso del carbonio abbiamo visto l'importanza del compartimento acquatico, è un ciclo gassoso in cui sono fondamentali forme gassose come la CO 2 che mettono in circolo le forme labili all'interno del biota con i compartimenti di riserva. L'azoto è ricchissimo di forme atmosferiche e pertanto può avvenire un trasferimento da compartimenti acquatici, a compartimenti gassosi e terrestri; possono poi avvenire altri processi e trasformazioni che rimettono in circolo questi elementi. Nel caso del fosforo la ciclizzazione è fortemente rallentata in quanto mancano queste forme di comunicazione tra i vari compartimenti. Le trasformazioni batteriche specialistiche sono pressoché assenti, ma c'è un importante ruolo della composizione della sostanza organica con il processo di mineralizzazione nel mettere in circolo il fosforo che può essere stato incorporato all'interno del biota e, a seguito della conclusione del ciclo vitale, essere reimmesso all'interno dell'ambiente fisico. Non abbiamo però una fissazione, ovvero un processo specializzato come nel caso dell'azoto e della nitrogenasi. Per cui il fosforo può diventare in praticamente tutti gli ecosistemi terrestri ecosistemi un fattore limitante soprattutto negli ambienti terrestri e negli 99 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 ambienti acquatici continentali (laghi) in quanto non esiste un processo di acquisizione di nuovo dal pool di riserva. Attenzione! Il fosforo utilizzabile (sfruttabile sia ad opera di processi naturali che ad opera di processi promossi dalle attività umane) si ritrova all'interno delle rocce fosforiche, dette anche fosforiti, principalmente costituite da apatite. Ovvero in queste rocce fosforiche abbiamo una composizione di fosforo che va dal 5 al 28% sotto forma di apatite. Ca5(PO4)3OH è la forma di apatite più semplice, è un idrossido di fosfato di calcio. Esistono poi le fluoro apatiti ed diverse tipologie di queste sostanze es. la fluorapatite è importante perché ha un atomo di fluoro, le cloro apatiti importante perché è presente nell'ambiente acquatico ed è fondamentale nel ciclo del fosforo. L'equilibrio di disassociazione dell'apatite in acqua ha una costante di equilibrio di dissociazione estremamente contenuta (ordine di 10-38) dà origine all’ortofosfato che è il fosforo importante per la fertilizzazione, cioè la promozione della produttività primaria. Questo equilibrio è fortemente sfavorito perché l’apatite tende a rimanere insolubile in uno stato cristallino o più amorfo, comunque solido. Questo è maggiormente vero e accentuato in ambiente acquatico marino dove abbiamo una composizione tale, ad esempio la presenza di magnesio, che determina un disequilibrio ulteriore nel senso che è ancora più difficile dissociare il fosforo dal suo solido. Per cui le rocce fosforiche sono i pool utilizzabili, ma i budget di riserva non è nella roccia fosforica che è una riserva esauribile (è stato stimato che nel giro di 350 anni potrebbe essere completamente consumato dal fatto che almeno il 50% del fosforo che oggi viene messo in circolazione è promosso da attività umane umane). Bensì il budget di riserva si trova nei sedimenti profondi oceanici lungo le piattaforme continentali, cioè quelle zone che dall'abisso marino risalgono verso le linee di costa, e anche negli ambienti di mare aperto più isolati. Il budget di riserva è nei sedimenti oceanici ma la riserva sfruttabile in tempi storici è quella presente nelle rocce fosforiche o fosforiti. Un altro importante concetto è che il ciclo del fosforo nella sua alternanza tra ambiente abiotico e ambiente biotico cicla in più forme che sono chimicamente eterogenee, soprattutto quelle organiche. Le forme inorganiche importanti sono soprattutto apatite e il suo ione disponibile, ovvero la sua forma reattiva ortofosfato PO43-, e tuttavia all'interno del biota il fosforo esiste sia come fosfato inorganico, talvolta come pirofosfato. Poi il fosforo è importante come componente della sostanza organica vivente perché è presente nelle molecole ad alto potenziale energetico (ATP, GTP) e nel metabolismo del DNA. Esistono poi forme come il fosfoenolpiruvato che sono delle forme fosforilate di composti organici relativamente semplici che tuttavia sono fondamentali per i processi energetici perché sono le molecole con cui inizialmente i protoorganismi viventi sono riusciti a gestire le proprie reazioni energetiche e a superare i delta di energia che erano importanti per compiere un lavoro molecolare. Per cui il fosforo è importante all'interno del biota nella forma inorganica perché: È la forma che viene utilizzata per gli scambi Quando è incorporato nella sostanza organica, serve per le reazioni energetiche, il metabolismo del DNA e RNA È importante per la segnalazione intracellulare attraverso le reazioni di fosforilazione, ad esempio di determinati residui aminoacidici (serina, treonina, tirosina) che sono segnalazioni importantissime in quanto questi fattori di trascrizione, cioè queste proteine che sono fosforilate in determinati residui in specifiche posizioni nella sequenza primaria comportano una tipologia di segnale, un codice diverso da quello genetico, un codice di funzionamento e trasduzione del segnale che è fondamentale per regolare la complessità dei lavori molecolari che possono essere effettuati da una cellula. 100 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 Un altro ritrovamento importante di fosforo inorganico sottoforma di idrossiapatite è il fosforo presente nel tessuto osseo e nei rivestimenti dei denti degli organismi vertebrati. Questa presenza di fosforo è talmente importante che giacimenti di fosforite possono originarsi anche dall'accumulo di questa tipologia di materiali di origine biologica. Il ciclo del fosforo è un ciclo particolarmente oscuro e poco conosciuto. Lo facciamo partire dalle riserve sfruttabili, ovvero dalle rocce che si trovano in ambienti continentali particolarmente in Marocco, Francia, Stati Uniti che sono paesi che hanno oggi una grandissima risorsa economica poiché il fosforo è importante per le produzioni agricole attuali, agroecosistemi (sistemi destinati alla monocoltura che ha bisogno di un input di fertilizzanti come il fosforo e l'azoto, un input sottoforma di cavalli vapore, cioè energia meccanica estremamente maggiore rispetto a delle colture autoctone o a delle colture che vengono coltivate e prodotte utilizzando degli approcci basati sulla sussistenza→ si può parlare di un confronto tra agricoltura meccanizzata industriale e agricoltura di sussistenza dei paesi in via di sviluppo). Nel ciclo del fosforo annualmente abbiamo 25 milioni di tonnellate di fosforo messe in circolo attraverso i processi meteorici, cioè processi in cui le precipitazioni atmosferiche dilavano e portano in dissoluzione il fosforo dalle rocce fosforiche potendone permettere l'allontanamento verso gli ecosistemi terrestri e verso i sistemi dei corsi idrici e di tutto il sistema delle acque continentali. Queste 25 Mt sono in parte ottenute dal dilavamento naturale e in parte ottenute per azione antropica: sono equivalenti i due processi. Negli ultimi 10 anni il processo di dilavamento artificiale è aumentato in maniera estremamente consistente, almeno raddoppiato per sopperire alla necessità di fosforo nei sistemi agroindustriali. La maggior parte delle 25 Mt di fosforo viene allontanata dagli ambienti terrestri con il ciclo dell'acqua. Si ha il defluire dell'acqua lungo il bacino idrico che drena le acque meteoriche che hanno dilavato il fosforo e le incanala nei corpi idrici per poi trasferirli verso gli ambienti oceanici. Se sono 25 Mt annue e ne allontaniamo 21 rimane ben poco per la produttività primaria terrestre. La parte del rimanente sono 4 Mt che si presentano sotto forma di deposizione secca, cioè pulviscolo atmosferico secco, e andrà a fertilizzare sia ambienti terrestri specifici sia il mare aperto ed ha una funzione importante negli ambienti terrestri tanto quanto l'importanza del fosforo allontanato tramite drenaggio lungo i bacini idrici. Per cui manca una fase atmosferica vera e propria ma questa quantità di fosforo atmosferico ha una sua importanza. Più di un gruppo di ricerca ha stimato che i valori della deposizione di fosforo dall'atmosfera vanno da 0.07 a 1.7 kg/ettaro/anno, hanno poco da invidiare alle misure di fosforo che sono state stimate per il processo di meteorizzazione (dissoluzione della roccia fosforica) di 0.05-1 kg/ettaro/anno. Quando parliamo di cicli biogeochimici e siamo al top dei processi super sistemici per cui parliamo di un servizio ecosistemico, abbiamo dei margini di incertezza (errori sperimentali) sono estremamente vari. Qui, probabilmente non si tratta solo di errori ma anche di valori che dipendono da dove viene effettuata la misurazione. L'effetto della depressione di Bodelè da sola vale 0,12 per 1012 g fosforo/anno come input. È un valore apparentemente scarso ma ha una grande rilevanza in quanto tende a depositarsi a fertilizzare delle aree specifiche lungo la fascia equatoriale tropicale dell'Oceano Atlantico. Circa 7.000 anni fa, la depressione di Bodélé era la parte più settentrionale del lago Megachad, un enorme specchio d'acqua nell'Africa centro-settentrionale che si estendeva su un'area più grande di tutti i Grandi Laghi messi insieme. I geologi ritengono che all'epoca fosse il lago più grande del mondo. Oggi, la depressione sabbiosa e l'ex letto del lago sono tra le fonti più prolifiche di polvere atmosferica al mondo. Secondo una stima, genera circa la metà della polvere minerale che lascia il deserto del Sahara. Le catene montuose a nord-est della depressione creano una galleria del vento naturale che concentra e rafforza i venti che si abbattono su dune di sabbia in rapido movimento. Le dune sono composte principalmente da pezzi di diatomite, una roccia sedimentaria di colore chiaro formata dai resti scheletrici 101 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 delle diatomee. Queste comuni alghe unicellulari vivono in acqua e sono racchiuse da caratteristiche pareti cellulari ricche di silice. Il 12 dicembre 2019, il Moderate Resolution Imaging Spectroradiometer (MODIS) dei satelliti Terra e Aqua della NASA ha acquisito queste immagini della polvere che fuoriesce dalla depressione. Nelle tre ore intercorse tra le immagini, i venti da nord-est hanno aumentato la forza e hanno esteso il pennacchio. Il trasporto di polvere dalla depressione di Bodélé segue un ciclo semestrale, con picchi di tempeste di polvere in autunno e in primavera. Esiste anche un ciclo giornaliero, con i venti più forti che soffiano più polvere al mattino e i venti più deboli che soffiano meno polvere di notte. Rimanendo in ambito di ambienti terrestri, il budget delle rocce estraibili è stato stimato attorno alle 10.000 Mt; una quantità molto maggiore di fosforo è presente nel suolo. Si parla di 200.000 Mt. Queste sono per la maggior parte (94%) in una forma organica (fitati) non assimilabile dai produttori primari (che generalmente sono i responsabili della trasmissione del nutriente all’interno della rete trofica). Questo fosforo è complessato all'interno di sostanza organica di origine vegetale, si tratta di composti definiti come fitati, cioè dei composti di sostanza organica che provengono dalla degradazione della sostanza organica e per cui sono paralleli al processo di umificazione. Tuttavia, rendono il fosforo completamente inutilizzabile per cui nel suolo è presente un quantitativo di fosforo estremamente ingente ma questo è disponibile al biota ai produttori primari terrestri soltanto in una frazione contenuta (6%). La maggior parte del fosforo è presente sotto forma di fitati organici inattaccabili dalla degradazione batterica e pertanto destinati a rimanere per lungo tempo in questa conformazione. Poi in epoche più lunghe attraverso processi più aggressivi (alta temperatura, l'azione di vulcani, pressioni altissime, etc per cui si parla di tempi geologici), questo minerale può tornare in un'altra forma più fruibile all'interno degli ecosistemi. Quindi Per la produzione primaria terrestre non si può fare affidamento su questa riserva di fosforo, ma soltanto su quello dovuto al riciclo interno e a quello che viene depositato con la deposizione secca o dilavato dalle acque meteoriche o per mano dell’uomo. I Una frazione importante è data dal riciclo le 60 Mt sono il riciclo interno, cioè il quantitativo di fosforo che cicla tra una forma organica e una forma inorganica su base annua attraverso la degradazione della sostanza organica e la sua mineralizzazione, per cui incorporazione nella foglia, fine del ciclo vitale, decomposizione della foglia, il fosforo passa velocemente ad inorganico e una parte viene assunta di nuovo all'interno dei sistemi del biota dei produttori primari e una parte andrà complessarsi in maniera permanente o semipermanenti nei fitati. Numericamente è molto importante rispetto alla quantità di 2-4 Mt che è quella messa a disposizione attraverso il processo di meteorizzazione delle rocce fosforiche. Anche in questo caso vediamo l'importanza del riciclo (l'abbiamo visto molto bene nel ciclo dell'azoto negli ecosistemi terrestri dove il riciclo predomina rispetto alla frazione de Novo, lo rivediamo grandiosamente in questo ciclo del fosforo). Negli ambienti acquatici il fosforo viene allontanato con il ciclo idrogeologico con il deflusso dell'acqua, incanalamento del bacino idrografico all'interno delle testate dei fiumi, nei corsi d'acqua più pianeggianti, fino alle foci dove il fosforo, dove 19 su 21 Mt immediatamente vanno a precipitare complessandosi con la sostanza organica particolata promuovendo anche la precipitazione di una certa sostanza organica e vanno a precipitare a disporsi lungo la piattaforma continentale. Questo è fosforo viene definito legato, cioè è un fosforo complessato con della sostanza organica difficilmente metabolizzabile che sequestra il fosforo e lo rende indisponibile per il l'incorporazione e l'assunzione da parte dei produttori primari. Il fosforo reattivo equivale a 2 Mt ed è la frazione inorganica sottoforma di ortofosfato che non è stata complessata dai sedimenti organici→ bisogna pensare a quando il fiume arriva alla foce diminuisce la sua velocità ma aumenta l'accumulo dei sedimenti perché i delta in particolare, ma anche gli estuari, sono 102 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 accumuli di sedimenti trascinati dal fiume. Per cui questi sedimenti promuovono l'associazione del fosforo che viene legato e reso indisponibile perché complessato all'interno di una sostanza organica che difficilmente metabolizzabile. Il fosforo poi precipita lungo la piattaforma continentale e qui può modificarsi in un arco di centinaia di anni (non si parla di processi geologici ma di processi che comunque hanno bisogno di qualche anno probabilmente fino a centinaia di anni) e da questo fosforo organico particolato otteniamo un fosforo che tende a mineralizzare prima sotto forma di fosforo amorfo, cioè poco definito da un punto di vista strutturale, e poi un fosforo più cristallino che assume le caratteristiche dell’apatite. Questo processo è lungo e richiede tempo soprattutto per la mobilizzazione ulteriore (per andare dalla piattaforma oceanica alla roccia fosforica): servono processi come la subduzione delle placche tettoniche, l’attività vulcanica di particolare complessità e durata, cioè processi tettonici e geofisici estremamente lunghi nelle tempistiche→ per cui si parla di tempi geologici. Per cui si parla di tempi storici per la formazione dei precipitati che vanno dalla forma associata organica a una forma amorfa inorganica, a una forma cristallina ma perché ciclo si compia abbiamo bisogno di tempi geologici (centinaia di milioni di anni). Ancora più complesso è il processo che avviene in mare aperto dove il fosforo cicla velocemente da una forma inorganica a una organica, che tuttavia ha breve durata perché esiste solo all’interno della materia vivente. Quando abbiamo trattato la produttività primaria in ambienti acquatici marini, è stato definito il fosforo come un fattore non limitante; abbiamo definito come fattore limitante l'azoto e il ferro (importante per la sintesi delle clorofille e pertanto è importante per i bloom algale). Il fosforo non è un fattore limitante perché in oceano c'è una buona disponibilità di fosforo: esiste un discreto budget di 90.000 Mt. Questo fosforo è probabilmente cresciuto nelle ere geologiche che si sono succedute a partire dal cambriano in cui abbiamo avuto l’esplosione di vita negli oceani e poi in tutti gli altri ecosistemi. Secondo alcune teorie è come se l'oceano si sia andato man mano ad arricchire di fosforo arrivando al budget di 90.000 Mt che equivale a un quantitativo compreso tra i 4-93 microg/L rispettivamente per ambienti superficiali e più profondi. Esiste un equilibrio tra il fosforo disciolto (il fosforo inorganico reattivo) e l’enorme quantità (4*109 Mt) presente nei sedimenti. Anche qui ci sono molte interpretazioni: Schlesinger (uno dei massimi studiosi di cicli biogeochimici) riporta un valore molto più basso, attorno ai 7 milioni e 500 Mt. Comunque non bisogna essere precisi su questo perché che siano milioni o miliardi di tonnellate ci interessa relativamente in questo contesto; ci interessa molto di più capire il funzionamento del ciclo del fosforo. Il fosforo dovrebbe essere garantito all'interno dell'oceano soprattutto nella parte superficiale e luminosa che è quella dove esiste la produzione primaria (poi chiaramente c'è la piattaforma continentale fino ai 100- 200 metri dove può esserci una quantità di luce sufficiente perché ci sia produzione primaria). Secondo alcune teorie il fosforo inorganico sarebbe in equilibrio con l'apatite che costituisce i sedimenti per cui questa quantità di milioni o miliardi di tonnellate è una sorta di scambiatore di fosforo che permette che non sia un fattore limitante negli ambienti oceanici. Questo sedimento è costituito da fosforite che si può trovare anche nei giacimenti del Ciad (Bodelè), del Marocco, della Francia, degli USA, Russia e della Cina (che compra gli altri giacimenti per lo piu’) coI fatto che sia fosforite spiega che è la stessa origine dei giacimenti che troviamo sulla terraferma che una volta, probabilmente, non erano giacimenti sulla terra ma potevano essere dei bacini idrografici estremamente sviluppati, o dei mari primordiali o dei mari in epoche geologiche passate. Il processo di formazione prevede secondo numerose prove scientifiche, una formazione biogenica abbastanza simile a quella descritta per la piattaforma continentale ma diversa in quanto si origina da una 103 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 sostanza organica (fitoplancton non pascolato che alla fine del ciclo vitale precipita) è sedimentata lungo la colonna d'acqua in quantità estremamente consistenti, in tempi estremamente lunghi→ questo giacimento di fosforo sostanzialmente di 90.000 Mt presenti nel corpo idrico sottoforma di fosforo reattivo nella colonna d'acqua a livello di tutto l'oceano sono andate accumulandosi in miliardi di anni. Questa sedimentazione profonda richiede epoche geologiche per essere movimentate, per cui richiede epoche geologiche per essere formato, ovvero centinaia di milioni di anni. Il processo passa attraverso la decomposizione non ossidativa, (quella ossidativa sarebbe brutale), per cui una decomposizione incompleta della sostanza organica (cellule morte di fitoplancton) e successivamente la loro deposizione lungo la colonna d'acqua fino a profondità oceaniche. Questo ingente quantitativo di fosforo sarebbe poi mineralizzato in un processo che richiede il passaggio da un fosforo organico a uno inorganico prima di tipo amorfo, poi di tipo cristallino sotto forma di apatite. È un processo simile a quello che avviene lungo le piattaforme continentali ma che ha un origine puramente organica, biogenica. È un fosforo che si origina da fitoplancton che non subisce degradazione ossidativa esplosiva lunghe primi metri di profondità, ma che invece arriva lentamente è protetto da questa ossidazione sul fondo e poi viene mineralizzato in un processo più lungo che prevede questi step di mineralizzazione prima amorfa e poi cristallina. Al fitoplancton possiamo aggiungere tutte le altre fonti di fosforo organico biogenico, cioè il fecal pellet dello zooplancton, la biomassa batterica (potenziale biomassa di tipo eterotrofica diversa dai cianobatteri fotosintetizzanti) e i resti di animali, soprattutto la parte scheletrica e la parte dei denti che sono ricche di idrossiapatite già di loro che vanno ad aumentare l'eterogeneità del sedimento e quantitativamente il contenuto di fosforo. Queste teorie sono state confermate ma sono pochi gli studi riguardo questi processi e non tutti i passaggi sono spiegati, per esempio questa decomposizione non ossidativa, secondo alcuni autori è spiegata dal fatto che le acque che vengono veicolate con l'upwelling non necessariamente sono ricche di ossigeno, ma potrebbero arrivare da delle profondità in cui la quantità di ossigeno è molto inferiore rispetto alla superficie e pertanto, sfavoriscono la rapida degradazione ossidativa che porterebbe alla mineralizzazione in superficie della sostanza organica. In realtà è un processo che avviene anche in superficie nei primi metri e mette a disposizione il fosforo. È un processo un po' diverso perché si tratta di un'altra forma di fosforo organica che è esattamente la sostanza organica contenente fosforo per cui acidi nucleici RNA (si degrada molto velocemente al di fuori dei sistemi viventi) e DNA (è molto stabile ed è una sorgente di fosforo eccezionale per l'ambiente acquatico in quanto forma anch'esso un backround onnipresente). Infatti, se andassimo in mare aperto il campionassimo dell'acqua e amplificassimo con una PCR il DNA ambientale con dei filtri, escludendo la presenza di batteri, troveremmo delle tracce di DNA ambientale. Questo background, alcune volte stimabile direttamente attraverso dei sistemi micrometrici che ci dà il quantitativo nanogrammi, picogrammi di DNA, è anche esso una fonte interessante. Questi sono studi nuovissimi iniziati circa 20-25 anni fa, il DNA ambientale, cioè quel DNA che si trova all'esterno dei sistemi viventi, è una sorgente di fosforo eccezionale perché è stabile, solubile e può essere facilmente assunta dai produttori primario, anche per via di una parziale degradazione ad opera di microrganismi non necessariamente specializzati come gli osmotrofi (rapidamente possono incorporare le sostanze nutrienti presenti nell'ambiente acquatico attorno ad essi) e microalghe e cianobatteri sono organismi osmotrofi. Tutte queste spiegazioni ci servono a capire che ci sono numerosi evidenze scientifiche che confermano il fatto che il fosforo non sia un fattore limitante per la produttività oceanica neppure in mare aperto. È molto importante il riciclo interno e nell'immagine è rappresentato con un budget di 1000 Mt, cioè sono il fosforo che rapidamente viene assunto e incorporato nei produttori primari, trasferito nei vari livelli di 104 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 consumatori e poi rimesso in circolo con la decomposizione della sostanza organica lungo la colonna d'acqua→ a quei 1000 partecipa quella quantità che sostanzialmente non sedimenta. Infine, c'è un flusso netto di sedimentazione che rappresenta la sedimentazione netta verso i sedimenti oceanici profondi. Questo flusso equivale alle 2 Mt di fosforo reattivo che arrivano annualmente attraverso i fiumi e che va ad accumulare questa quantità nei sedimenti, e dovrà poi essere rimessa in circolo attraverso movimentazioni di tipo importante in epoche geologiche. Uno dei problemi ecologici del ciclo del fosforo è che manca di meccanismi di compensazioni perché le poche trasformazioni in cui va in contro il fosforo sono sempre trasformazioni che richiedono tempi relativamente lunghi, come i tempi storici della formazione di depositi di apatite (potrebbe richiedere qualche centinaia di anni; anche meno poiché ci sono esperimenti di laboratorio che mostrano la formazione di apatite già dopo 3 anni in acqua di mare artificiale). C'è uno studio molto simpatico e dov'è l'esperimento è durato 10 anni prima di essere stato pubblicato su una rivista scientifica autorevole. Ad ogni modo se immaginassimo di utilizzare velocemente il fosforo in superficie, prima che il suo livello basale possa essere ristabilito da un eventuale scambio con l'idrossiapatite in virtù del grande eccesso presente nei sedimenti e del bassissimo, ma esistente prodotto di dissoluzione di equilibrio, quest'operazione richiederebbe dei tempi lunghi (richiederebbe quantomeno un rimescolamento della colonna d'acqua di qualche centinaio o qualche migliaio di metro e non è un processo immediato ma servono centinaia se non migliaia di anni). In realtà il ciclo del fosforo non è un ciclo tamponato: se avviene una modificazione come un aumento di fosforo, non abbiamo un processo che porta ad una sua calmierazione; avremo viceversa un processo che rapidamente innalza i livelli di azoto per mantenere un rapporto azoto-fosforo costante a livello ecosistemico. Questo rapporto è 16 della biomassa N/P, è 28 negli ambienti acquatici; per cui immaginiamo di avere un processo distrofico di immissione di fosfati all'interno di un lago abbiamo un doppio effetto negativo: È promosso un processo di eutrofizzazione dovuto all'innalzamento del carico di fosforo, che generalmente è fattore limitante; per cui la produzione primaria si muove a un tasso che dipende dal quantitativo di fosforo, regolato dalla luce, dalla stagionalità, etc. ma che dipende dal quantitativo di fosforo che il fattore limitante. L'ecosistema tenderà ad aumentare l'azotofissazione per ripristinare il livello originario di 28:1 che è quello delle acque superficiali, aumentando enormemente il carico di azoto e quindi dando luogo al completamento del processo distrofico, cioè dell'aumento del carico algale e della biomassa algale che andrà incontro ad un processo di degradazione troppo rapido non assorbibile dall'ecosistema e a una serie di processi noti come eutrofizzazione che portano, invece di un eventuale beneficio per aumento della produzione primaria, ad un peggioramento di tutte le condizioni ambientali ed ecologiche. 105 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 LEZIONE 7e: Il ciclo dello zolfo Il ciclo dello zolfo: Ciclo MISTO: ha due riserve, una in oceano come solfato SO4-2 e una in litosfera come pirite FeS2 Presenta numerose forme atmosferiche Presenta numerose forme dovute a trasformazioni batteriche Ciclo non del tutto noto: sia dal punto di vista quantitativo e qualitativo Il ciclo dello zolfo è misto quindi ha due riserve egualmente rilevanti; in litosfera si ha pirite ed evaporiti (ovvero solfato di calcio idrato o anidro) mentre in oceano si ha lo ione solfato (il secondo ione più importante nella composizione dell’acqua marina). Il quantitativo nella tabella a lato sinistro è in mega tonnellate. Le riserve sono importanti perché 106 MT (mega tonnellate) equivale a 1021 g ovvero un quantitativo ingente (superiore all’azoto e al fosforo). Per fare un confronto con il ciclo del carbonio, in esso si ha un budget totale di 50000 GT (1019 g) quindi minore di quello dello zolfo→ però non si considerano le rocce carbonatiche che da sole surclasserebbero da un punto di vista quantitativo tutti i cicli biogeochimici. In litosfera si ha un quantitativo scarso, però quest’ultimo è scambiato a velocità molte elevate e i flussi verso l’atmosfera/il ritorno degli altri flussi all’atmosfera sono/è sostenuto. Lo zolfo è una molecola rilevante per il funzionamento della vita perché è un atomo che può esistere in stati di valenza molteplici come: -6 ovvero lo stato di valenza dello S nel solfato SO 4; -2 nei solfuri; 0 nella forma elementare S (trasformato in stato elementare da reazioni batteriche). Il pool originale di zolfo si trovava in rocce ignee mentre oggi si trova principalmente in oceano (come solfato) o rocce sedimentarie. Durante il degassamento del mantello primordiale e il conseguente processo di solidificazione delle rocce ignee, lo zolfo era presente principalmente sotto forma di solfuro (S²⁻), legato a metalli come ferro (Fe) all’interno di minerali come la pirrotina (Fe₁₋ₓS) e la troilite (FeS). Queste forme di zolfo sono caratteristiche di ambienti riducenti, tipici del mantello terrestre profondo e del magma primordiale. Il degassamento del mantello è un processo importante che è avvenuto miliardi di anni fa quando la terra è andata raffreddandosi e modificando velocemente la sua atmosfera portando all’immissione di una grande quantità di anidride solforosa e anidridi dello zolfo. Successivamente la corrosione della crosta terrestre in 106 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 un’atmosfera già contenente ossigeno ha fatto sì che si potesse trasferire verso gli oceani una grande qt. Di zolfo che oggi si trova sotto forma di solfato in quantità rilevanti. Il solfato è la forma assimilabile dai produttori primari. I procarioti chemiolitoautotrofi possono assimilare acido solfidrico, H2S in un processo che implica anche la fissazione del carbonio Il solfato nel biota (ovvero quando viene assimilato dagli organismi sia in ambiente acquatico che terrestre) viene ridotto e convertito in zolfo organico all’interno delle proteine. A fronte di un budget globale molto consistente che è dell’ordine di 1021, la quantità di zolfo presente nella biosfera vivente è, in realtà, molto contenuta in quanto si ha un quantitativo di zolfo abbastanza ridotto all’interno delle proteine infatti la cisteina e l’acido cisteico è un evento raro (la cisteina è presente dall’1-3% nella composizione della struttura primaria delle proteine, infatti molte proteine non contengono cisteine). Il solfato è comunque il secondo ione (negativo) più concentrato dopo il cloro negli oceani. I batteri solforiduttori respirano il SOLFATO riducendolo a solfuro. Questo processo da 2.5 miliardi di anni ad oggi è responsabile della formazione di giacimenti di pirite. Oggi i quantitativi di pirite come pool di riserva si trovano nell’oceano, nelle piriti e nelle evaporiti oceaniche. Queste ultime sono principalmente rocce di solfato di calcio, gessi e anidriti che vengono utilizzati spesso per scopi commerciali. Queste evaporiti oggi non sono più depositate sui fondi degli oceani perché i grandi movimenti tettonici hanno portato ad una loro collocazione in ambienti continentali o al di fuori delle profondità oceaniche dove vengono sfruttate queste miniere. Nella figura a sinistra è rappresentato un processo fondamentale di tipo biologico ovvero la riduzione batterica del solfato. Ciò è stato già trattato quando abbiamo parlato di wave falls dove la presenza di solfato oceanico permetteva ai batteri la respirazione con il solfato dopo che si è stato creato ambiente anossico; infatti questi batteri funzionano solo in assenza di ossigeno→ si vengono a formare queste condizioni dovute ad un rapido utilizzo dell’ossigeno in reazioni di degradazione della sostanza organica di tipo ossidativo; una volta che l’ossigeno è stato consumato comincia infatti la respirazione del solfato. La respirazione del solfato porta a degradare la sostanza organica (proteine, carboidrati e altre macromolecole biologiche) utilizzando il solfato come accettore di elettroni. Si ha quindi la degradazione di sostanza organica, un aumento di biomassa batterica e un prodotto finale che consiste nell’acido solfidrico H2S che combinato con il ferro nell’arco di miliardi di anni (ovvero epoche geologiche) ha portato all’accumulo e formazione di giacimenti di pirite (minerali di zolfo). Questa reazione avviene tutt’oggi laddove si ha presenza di sostanza organica e assenza di ossigeno. La presenza di ossigeno lungo la colonna di acqua è variabile e ci sono molti processi che contribuiscono a questa variabilità tra cui le correnti di upwelling; tuttavia questo processo di riduzione batterica del solfato è molto importante perché è un processo fondamentale del ciclo biogeochimico dello zolfo. 107 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 Nella figura sopra il processo è sommariamente descritto→ centralmente si vede il solfato SO 4 ridotto a solfuro di ferro FeS2 oppure precipitato sottoforma di solfato di calcio CaSO4 (il gesso è una forma di solfato di calcio). Questo processo si forma ed è promosso durante l’evaporazione dell’acqua (processo che richiede tempo e si è manifestato in ere passate). Nella parte alta della figura sopra è rappresentata l’emissione in atmosfera di anidride solforosa SO2 che può essere ulteriormente ossidata ad anidride solforica SO3. Se si idrata l’anidride solforica (in presenza di acqua) si ha un processo spontaneo ovvero la formazione di acido solforico e quindi di solfato SO4. In figura è rappresentata un’ulteriore reazione chimica ambientale (tipica atmosferica) che è la riduzione di SO 2 a monossido di zolfo SO ovvero un composto aeriforme molto instabile e poco concentrato. Le forme di origine di emissione di anidride solforosa sono: il vulcanismo (=processo di degassamento del mantello terrestre→ molto attivo in epoche geologiche differenti dal cambriano fino ad ora); l’inquinamento (come la combustione di giacimenti di combustibili fossili come petrolio e carbone). La meteorizzazione (dilavamento della roccia→ principalmente di una roccia solfatica ovvero una roccia di solfato di calcio, ovvero gesso, che porterà alla dissoluzione del solfato (questo processo non libera SO2). Ciò però può avvenire anche più difficilmente con la pirite, si ha un’idratazione e ossidazione molto più lente che portano anche esse a rilascio di acido solforico). Nella figura si può, quindi, intuire anche che sia processi naturali di eruzione vulcanica che processi di inquinamento per mano dell’uomo con immissione di anidridi (dovuto a combustione di residui fossili e carboni fossili) promuove l’acidificazione non tanto dell’oceano, ma attraverso la formazione di piogge acide. Le piogge acide dovute ad anidridi dello zolfo e ossidi di azoto, le cui concentrazioni oggi sono misurate costantemente da centraline di rilevamento di tutte le città→ questi gas costituiscono degli inquinanti atmosferici che promuovono acidificazione delle piogge e delle acque interne come laghi che sono meno tamponati perché meno ricchi dello ione di carbonato; gli oceani sono tamponati per un’eventuale immissione di piogge acide (non per una immissione di anidride carbonica perché la CO 2 va a disturbare il sistema di buffering del bicarbonato). A lato sinistro si ha un’immagine rappresentativa di una evaporite ovvero una roccia sedimentaria ottenuta attraverso il deposito e la precipitazione di Sali insolubili a causa di un tasso di evaporazione sostenuto. Possono essere composti del cloro, dello zolfo come solfati e nello specifico solfati di calcio che sono i componenti di riserva nella litosfera. Il gypsum (gesso) e l’anidrite sono le due rocce solfatiche meno importanti dal punto di vista quantitativo della pirite che è un solfuro di ferro. Sotto è rappresentata una fotosintesi anossigenica batterica: Questa reazione avviene tutt’oggi in ambienti anossici (privi di ossigeno) a opera di forme batteriche anaerobiche definiti comunemente come: batteri sulfurei verdi e purpurei. La reazione che catalizzano è una fotosintesi ovvero una fissazione del carbonio in presenza di acido solfidrico, a formare: il composto CH20 ovvero una formaldeide; zolfo allo stato elementare; acqua. Probabilmente è la stessa reazione che si verificava 2,5 miliardi di anni fa in oceano primordiale durante l’eone archeano. Questa reazione avviene oggi ma di cui si ha evidenza anche in epoche geologiche lontanissime. I batteri sulfurei verdi e i batteri sulfurei purpurei catalizzano la fotosintesi anossigenica. 108 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 La fotosintesi anossigenica è un processo fotosintetico in cui la luce viene utilizzata per produrre energia (ATP) e potere riducente (NADH/NADPH) senza la produzione di ossigeno. A differenza della fotosintesi ossigenica (piante, alghe e cianobatteri), l’acqua non viene utilizzata come donatore di elettroni. Al suo posto, questi batteri utilizzano altre sostanze riducenti, come idrogeno solforato (H₂S), zolfo elementare (S⁰) o composti organici. Batteri sulfurei verdi (Chlorobi) Questi batteri sono fototrofi obbligati e utilizzano H₂S o zolfo elementare (S⁰) come donatori di elettroni. Sono anaerobi obbligati. L’idrogeno solforato viene ossidato a zolfo elementare, che può accumularsi all’esterno delle cellule, e successivamente può essere ulteriormente ossidato a solfato (SO₄²⁻). Pigmenti: Utilizzano batterioclorofille c, d, e e possiedono strutture specializzate chiamate clorosomi per captare la luce a basse intensità. Esempio: Chlorobium spp. Colonnna di Vinogradskij con formazione di Chlorobium spp Reazione generale: Batteri sulfurei purpurei (Proteobacteria) Questi batteri utilizzano anch’essi H₂S, zolfo elementare (S⁰) o composti organici come donatori di elettroni. A differenza dei batteri verdi, lo zolfo elementare si accumula all’interno delle cellule. Pigmenti: Contengono batterioclorofille a o b e carotenoidi, che conferiscono loro una colorazione purpurea. Esempio: Chromatium spp. Reazione semplificata: Donatore di elettroni: H₂S, composti organici o H₂ 109 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 Reazione generale (con H₂S): Questi batteri utilizzano un solo fotosistema (tipo II) e producono ATP attraverso un processo chiamato fotofosforilazione ciclica. Ecologia e habitat dei batteri fotosintetici anossigenici 1. Stratificazione negli ambienti acquatici: Questi batteri vivono in ambienti stratificati, come stagni, laghi o sedimenti marini. Qui si forma un gradiente di luce e ossigeno. Si posizionano nella zona anossica, appena al di sotto dello strato ossigenato, dove la luce penetra ancora ma l’ossigeno è assente o molto scarso. Questi ambienti possono trovarsi a profondità superficiali (millimetri o pochi centimetri) nei sedimenti o nelle colonne d’acqua, dove la luce arriva abbastanza da alimentare la fotosintesi. 2. Luce e presenza di H₂S: Tipicamente si trovano in zone ricche di H₂S, prodotto dalla decomposizione anaerobica della materia organica. Il solfuro è il loro donatore di elettroni preferito. L’H₂S è tossico per gli organismi aerobici, ma non per loro, conferendo un vantaggio competitivo. 3. Micro-nicchie specifiche: I batteri purpurei e verdi formano spesso matte microbiche con altri microrganismi, come i batteri solforiduttori, che generano H₂S. Questi sistemi collaborativi creano una nicchia perfetta: La luce penetra dall’alto. L’H₂S è prodotto sul fondo dai batteri anaerobi dissimilatorici. Come sopravvivono alla luce intensa o al rischio di ossigeno? 1. Adattamenti pigmentari: Possiedono pigmenti (clorofille batteriche e carotenoidi) ottimizzati per assorbire lunghezze d’onda della luce vicino all’infrarosso, che penetra più facilmente in acque torbide e sedimenti. Questo permette loro di competere per la luce a basse intensità, in nicchie dove gli organismi fotosintetici aerobici non sono attivi. 110 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 2. Resistenza a livelli bassi di ossigeno: Alcuni batteri purpurei possono tollerare basse concentrazioni di ossigeno, ma smettono di fotosintetizzare in sua presenza. Passano a vie metaboliche alternative (es. respirazione organica). 3. Movimento: Molti batteri fotosintetici anossigenici sono motili e si muovono lungo gradienti di luce o H₂S usando flagelli o meccanismi di fototassi e chemotassi. In sintesi Sia i batteri sulfurei verdi che i batteri sulfurei purpurei svolgono la fotosintesi anossigenica, utilizzando idrogeno solforato (H₂S) come donatore di elettroni e rilasciando zolfo (S) come sottoprodotto, anziché ossigeno. Questo processo è fondamentale negli ambienti privi di ossigeno ma ricchi di solfuro, come le zone anossiche delle acque stagnanti o i sedimenti marini. Anche se anaerobi obbligati (nel senso che non tollerano ambienti ricchi di ossigeno), questi batteri occupano habitat illuminati e poveri di ossigeno, come le interfacce tra strati ossigenati e anossici. Il loro metabolismo è ben adattato a queste condizioni di confine, garantendo loro accesso simultaneo a luce e donatori di elettroni come H₂S. Questa strategia ecologica permette loro di conciliare la necessità di luce con l’anaerobiosi. Una reazione simile è anche catalizzata da batteri che sono simbionti, nelle sorgenti idrotermali, di altri organismi. Batteri fungono da produttori primari. Questi batteri sono ultra-specializzati e risiedono in dei corpuscoli chiamati simbiosomi che garantiscono un micro-enviroment (microambiente) non nocivo per l’ospite in quanto l’acido solfidrico è un veleno cellulare. Le sorgenti idrotermali sono ambienti favoriti per questi organismi perché si ha l’immissione di acido solfidrico dalla sorgente idrotermale; molto di questo acido precipita come solfuro di ferro amorfo e non pirite. Si può avere un ulteriore metabolismo che mette in evidenza l’importanza dei batteri, ovvero l’ossidazione batterica della pirite: Questa reazione è opposta a quella precedente in quanto si parte da un solfuro di ferro FeS2 (pirite) ovvero un minerale. Con l’azione di un batterio chemioautolitotrofo come Acidthiobacillus ferroxidans (=ferro ossidante) la pirite viene ossidata completamente ad un ossido ferrico Fe2O3. Da questa reazione si ottengono quindi: ossido ferrico; idrogeno; solfato; elettroni (non segnati nella reazione ma importanti!). Gli elettroni verranno poi convertiti in NADPH e utilizzati per la sintesi di ATP azioneranno il ciclo di Calvin (fase oscura della fotosintesi che fissa l’anidride carbonica in gliceraldeide 3-fosfato). 111 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 L’ossidazione batterica della pirite (FeS₂) è principalmente svolta da batteri chemioautotrofi acidofili capaci di ottenere energia dall’ossidazione di minerali solforati. Questi microrganismi sono estremofili e prosperano in ambienti acidi e ossidanti, come le acque di drenaggio acido in miniere. Microrganismi coinvolti nell’ossidazione della pirite 1. Acidithiobacillus ferrooxidans (ex Thiobacillus ferrooxidans) È uno dei batteri più importanti nell’ossidazione della pirite. Utilizza ferro ferroso (Fe²⁺) come donatore di elettroni e ossigeno come accettore finale, in condizioni aerobiche. Produce acido solforico () attraverso l’ossidazione del solfuro della pirite, acidificando l’ambiente circostante. Reazioni chiave: Il ferro ferroso (Fe²⁺) viene successivamente ossidato a ferro ferrico (Fe³⁺): Il ferro ferrico (Fe³⁺) prodotto può agire come ossidante secondario della pirite in assenza di ossigeno. 2. Leptospirillum ferrooxidans È un altro importante batterio ferro-ossidante acidofilo. Utilizza il ferro ferroso (Fe²⁺) come fonte di energia e accelera l’ossidazione della pirite. 3. Batteri solfuro-ossidanti come Acidithiobacillus thiooxidans Questi batteri ossidano lo zolfo elementare (S⁰) derivato dalla pirite a solfato (SO₄²⁻): Favoriscono l’ulteriore acidificazione del sistema. Processo globale di ossidazione della pirite L’ossidazione della pirite è un processo esotermico che porta alla formazione di: Ioni ferrosi (Fe²⁺), successivamente ossidati a ferrici (Fe³⁺). Ioni solfato (SO₄²⁻). Acido solforico (H₂SO₄), responsabile della forte acidità dell’ambiente. Ambienti di ossidazione della pirite Miniere di carbone e metalli: contribuisce alla formazione del drenaggio acido di miniera (AMD, Acid Mine Drainage). 112 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 Sedimenti anossici esposti all’aria: l’ossidazione può avvenire quando il sedimento viene disturbato. Importanza ecologica e ambientale L’ossidazione batterica della pirite è un processo naturale, ma è fortemente accelerata da attività umane come l’estrazione mineraria. Questo fenomeno porta a: Acidificazione delle acque circostanti. Aumento delle concentrazioni di metalli tossici dissolti (ad es. Fe, Al, Cu). Gravi conseguenze ecologiche sugli ecosistemi acquatici e terrestri. Il ferro ferrico (Fe³⁺) formato dalla Acidthiobacillus viene quindi sfruttato da un altro ceppo batterico, appunto Leptospirillum ferrooxidans, come spesso accade nei consorzi batterici. In questo caso il ferro ferrico agisce come ossidante chimico, sostituendo l’ossigeno libero nel processo di ossidazione della pirite. Dettagli del processo 1. Ossidazione primaria con ossigeno: Quando l’ossigeno molecolare è presente, la pirite viene ossidata direttamente: 2. Produzione di Fe³⁺: Il ferro ferroso (Fe²⁺), prodotto nella reazione precedente, può essere ossidato ad Fe³⁺ in presenza di ossigeno e batteri ferro-ossidanti come Acidithiobacillus ferrooxidans: 3. Ossidazione secondaria della pirite senza ossigeno: In ambienti anossici (privi di ossigeno), il ferro ferrico (Fe³⁺) diventa l’ossidante alternativo della pirite. La reazione è: Il ferro ferrico () ossida direttamente la pirite, generando ferro ferroso (), ioni solfato () e protoni (). Il ferro ferroso può poi essere nuovamente ossidato a ferro ferrico da batteri ferro-ossidanti quando l’ossigeno è disponibile, permettendo un ciclo continuo di ossidazione. Importanza del ferro ferrico come ossidante secondario In ambienti a basso contenuto di ossigeno (come miniere profonde o sedimenti anossici), la pirite può continuare a ossidarsi grazie alla presenza di Fe³⁺. Questo processo è catalizzato biologicamente da batteri come Acidithiobacillus ferrooxidans, che accelerano la formazione di Fe³⁺ e mantengono il ciclo attivo. 113 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 La continua ossidazione della pirite genera acido solforico e abbassa il pH, accelerando ulteriormente il processo di degradazione dei minerali. In conclusion, l’ossidazione della pirite è mediata principalmente da batteri acidofili come Acidithiobacillus ferrooxidans e Leptospirillum ferrooxidans, che ossidano il ferro ferroso e il solfuro per ottenere energia, promuovendo la formazione di solfato e acido solforico. ll ferro ferrico (Fe³⁺) funge da ossidante secondario nella reazione di ossidazione della pirite in condizioni anossiche. Questo è un processo chiave per la formazione di drenaggio acido e per la persistenza dell’ossidazione dei solfuri anche in assenza di ossigeno molecolare. Nell’immagine destra (tratta dall’Odum) ci sono una serie di processi importanti nell’ossido-riduzione che va dalla pirite all’acido solfidrico e al solfato passando anche per lo zolfo elementare. In esso è evidente anche la degradazione della sostanza organica→ una volta concluso il ciclo vitale lo zolfo viene degradato dai sistemi di decomposizione, passa ai microrganismi e viene rilasciato dalle proteine sotto forma di acido solfidrico. Molte proteine vengono poi catabolizzate con un processo di demolizione della sostanza organica (l’odore sgradevole della degradazione dell’uovo è dovuto alla degradazione delle proteine che contengono molte cisteine e quindi rilasciano molto acido solfidrico). Il riciclo dello zolfo è un processo molto importante in quanto l’acido solfidrico è una forma gassosa→ quindi tutti i processi di degradazione portano ad H2S. L’atmosfera diventa quindi una sorta di centro di smistamento di tali molecole; l’acido solfidrico ossida velocemente, anche naturalmente, a composti parzialmente ossidati come SO2 fino a composti completamente ossidati, ovvero SO4. Il ciclo dello zolfo è difficile da descrivere; il problema principale è che tutte le forme atmosferiche di zolfo sono tutte di breve durata, pertanto, la difficoltà della descrizione dei flussi atmosferici consistono nel determinare dove essi vadano a confluire. Ad ogni modo essi vanno a confluire, non distanti dai loro siti di origine in quanto tutte queste forme atmosferiche sono di breve durata e quindi non possono essere trasportate a livello globale. La difficoltà nell’attribuire valori certi ai flussi del ciclo dello zolfo consiste nel riuscire a modellizzare il destino delle forme atmosferiche che vengono immesse annualmente attraverso diverse tipologie di attività. 114 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 Le forme atmosferiche sono labili, hanno durata breve e quindi tendono a spostarsi velocemente verso vari compartimenti e soprattutto verso il compartimento dell’idrosfera. Il trasporto da oceano a terraferma consiste in un flusso di 4 MegaT annue; è stato però stimato, facendo misure su piogge, che il flusso depositato a terra annualmente ammonta a più di 70 MT all’anno→ ciò significa che devono essere presenti delle sorgenti di solfato in atmosfera e nelle stesse acque meteoriche. Alcuni studi parlano di abbondanti precipitazioni nelle regioni industriali e in aree sottovento a zone desertiche. Il suolo desertico è sorgente di gypsum (ovvero gesso = carbonato solfato di calcio idrato) nella polvere atmosferica e, inoltre c’è un enorme contributo di azoto atmosferico tramite le immissioni industriali (in prossimità di località maggiormente industrializzate si ha il picco di inquinamento di anidride solforosa che ammonta ad un flusso di immissione di circa 60 MT). Altre fonti di immissione atmosferica, oltre alle polveri che hanno un valore di circa 8 MT, sono le attività naturali vulcaniche che sono di circa 5 MT. La maggior parte di questi gas, ovvero anidride solforosa e anche una componente di acido solfidrico espulsa dai vulcani, ossida velocemente a solfato in modo che si abbia la deposizione in terra ferma e oceano. Per evidenziare l’importanza dell’attività vulcanica l’eruzione del 1991 del vulcano Pignatubo ha provocato un rilascio di 5-10 MT di zolfo. Le eruzioni vulcaniche sono di beneficio per la regolazione del clima→ il clima viene raffreddato per numerosi anni, a seguito di un’eruzione (come quella del Pignatubo) a causa del risultato della formazione di aerosol in stratosfera (ovvero sopra la troposfera). Si ha una quota, inferiore alle 4MT per anno che è il contributo in atmosfera dato dai batteri solfato riduttori. La principale forma di rilascio in atmosfera è l’acido solfidrico, ma si hanno alcuni gas emessi in forma minore come il dimetilsolfuro e il solfuro di carbonile. Anche gli incendi massicci emettono una quantità relativamente importante, 2 MT. Cerca info riguardo l’ultimo incendio in Australia→ studi recentissimi in via di pubblicazione hanno dimostrato l’esistenza di un quantitativo di fumi emessi durante questo incendio che si sono andati a collocare in un’area specifica della troposfera. In questo miscuglio di gas è presente anche l’anidride solforosa (una buona parte però può essersi ossidata a solfato). Bisogna evidenziare che l’immissione di inquinanti solforati da parte delle attività umane è la principale forma di immissione di azoto in atmosfera. Le calotte di ghiaccio in Groenlandia hanno dimostrato un deposito di solfato dell’atmosfera dall’inizio della rivoluzione atmosferica. Il quantitativo immesso come anidride solforosa per attività umane si attesta tra 50-70 MT per anno e negli ultimi decenni con l’applicazione di certe normative questi valori sono diminuiti (in Europa e Stati Uniti si è limitato l’utilizzo di centrali a carbone ovvero quelle che hanno quantitativi maggiori di SO2; l’utilizzo di energie rinnovabili porta a minori emissioni di queste forme atmosferiche responsabili dell’acidificazione delle piogge). È stato stimato che il totale di deposizione sulla terra ferma dovrebbe assestarsi attorno a 60 milioni di T tuttavia altri dati parlano di numeri molto più grandi. Questo valore di 60 va a bilanciare il ciclo di emissione o deposizione. Una parte minima di ciò che precipita mediante la pioggia (deposizione umida) o come deposizione secca raggiunge i fiumi e successivamente gli oceani. I fiumi drenano molto zolfo attraverso run off ovvero il deflusso delle acque drenate nei bacini idrografici→ si ha un recupero di zolfo sotto forma di solfato depositato a terra attraverso piogge e deflusso con i fiumi (il trasporto totale dei fiumi è stimato come 143*1012g che è circa il doppio di quello in epoca pre-industriale). Questo ciclo biogeochimico è impattato molto dalle attività umane, secondo alcuni autori, infatti, fino al 43% del carico totale immesso nei fiumi e trasportato dal mare deriva da inquinamento dell’aria, attività 115 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 mineraria, erosione e altre attività umane; la restante componente deriva dal dilavamento naturale delle rocce contenenti zolfo che sono principalmente piriti o evaporiti (come ad esempio il gesso). Per quanto riguarda gli oceani, l’oceano è una sorgente importante di aerosol di solfato ma la maggior parte ricade sull’oceano stesso attraverso precipitazione secca e umida. A differenza di ciò che avviene nella terra ferma la maggiore forma di gas biogenico è il dimetilsolfuro (non è acido solfidrico) emesso dal fondo dell’oceano a seguito di una attività metabolica di tipo anaerobico (recenti stime parlano di valori tra 20-30 MT). Il dimetilsolfuro (abbreviato come DMS) è di gran lunga la tipologia di gas solfurico più importante in termini quantitativi dell’atmosfera ma il suo tempo di residenza è molto basso (< 2 giorni) come risultato di una rapida ossidazione ad anidride solforosa SO2 e quindi poi a solfato SO4. La maggior parte di questo comporto è ridepositato poi in oceano. Questo gas ha un’importanza strategica nella costituzione di un aerosol di solfato nella rifrazione della radiazione solare e nella capacità di condensazione di nubi→ ha effetto calmierativo nei confronti di altri processi come l’incremento di CO2 e altri gas serra come metano che hanno effetto contrario. Una buona quantità di solfato si solleva in aria formando un aerosol che si origina dalla composizione chimica del mare stesso ricchissima in solfato. Si ha quindi una componente gassosa DMS legata ai gas biogenici, un input che si ha da attività vulcanica in oceano e infine l’input dell’aerosol salino (che è già solfato di per sé) che è una quota che termina in oceano stesso. Il dimetilsolfuro è generato da una serie di alghe fitoplanctoniche (come le dinoficee) e quindi ha origine ben diversa dall’acido solfidrico che è il principale gas biogenico in terraferma. Il dimetilsolfuro si origina da un precursore ovvero il dimetilsulfonio propionato (DMSP) ovvero un gas che si forma in superficie, soprattutto in estate quando la temperatura è più alta (grazie a queste conoscenze si può fare uno schema predittivo). 116 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 Ricordiamo l’azione dei batteri solfo riducenti che trasformano il solfato in acido solfidrico e in questo processo di riduzione del solfato si ha la pirite (minerale quindi di origine biogenica) in un flusso di 39 MT per anno. Importante sono anche i solfuri idrotermali emessi con precipitazione di acido solfidrico in eccesso molare che si complessa con il ferro formando in un primo momento un solfuro amorfo e solo dopo un minerale come la pirite che va a formare un flusso di 27 MT per anno. Le emissioni di ossidi di azoto e anidride solforosa comportano un aumento sostanziale dell’acidità rilasciata con le piogge ogni anno; già naturalmente le piogge tendono a essere acide per la presenza di CO2 con la formazione di acido carbonico. L’emissione di NOX e SO2 risulta in un’azione che equivale al doppio dell’acidità naturale che troveremmo in condizione di non inquinamento. A fronte di una naturale produzione di ioni H+ di circa 4*1012 moli per anno, la risultante dell’immissione di NOX e SO2 risulta in un aumento di ulteriori 5.5*1012 moli di H+. L’ammoniaca formata attraverso fissazione data dall’azione dei fulmini ha un effetto compensativo non completo rispetto a questa acidità determinata dai gas acidi derivati da SO2 e NOX tuttavia 1/3 di questi sono compensati dall’azione dei fulmini. Per riassumere possiamo concludere che il ciclo dello zolfo è molto complesso: Per la presenza di molte forme chimiche Per la presenza di reazioni batteriche È fortemente alterato dalle attività umane (in particolar modo per il rilascio delle anidridi) Non è ancora perfettamente conosciuto (quantitativamente e qualitativamente→ ad esempio non si sa ancora il valore del riciclo interno) 117

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