Determinanti, Autovalori e Autospazi PDF

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This document provides an introduction to determinants, focusing on their properties, including linearity and alternance. The material is part of a larger chapter on linear algebra.

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CAPITOLO 6 Determinanti, autovalori e autospazi 1. Proprietà del determinante Sia   a b A := c d una matrice 2 × 2....

CAPITOLO 6 Determinanti, autovalori e autospazi 1. Proprietà del determinante Sia   a b A := c d una matrice 2 × 2. Se ad − bc ̸= 0 allora A è invertibile e   −1 1 d −b A =. ad − bc −c a Invece, se ad − bc = 0 allora A ha rango al massimo uno e non è invertibile. Vorremo adesso cercare di determinare un polinomio che abbia una simile proprietà per matrici n × n, cioè matrici quadrate più grandi. Definizione 6.1. Sia n un intero positivo. Il determinante det è una funzione Mn×n (K) → K tale che (1) det(In ) = 1. (2) det è lineare sulle righe. Siano v1 ,... , vn , w ∈ K n e λ ∈ K allora v1 v1 v1        v2   v2   v2  ..  .  .  .  . . .  .       vi−1  vi−1  vi−1        det   = det   + λ det  vi + λw  vi   w    vi+1  vi+1  vi+1        ..  ...    ...    .  vn vn vn (3) det è alternante, cioè se A è una matrice n × n con due righe identiche allora det(A) = 0. Questa definizione è una forma matematica di wishful thinking, cioè de- finiamo una funzione semplicemente richiedendo le proprietà che vorremmo avere e speriamo (ottimisticamente) che la funzione esista e sia ben definita e unica. Nel nostro caso l’esistenza è abbastanza complicata, non è invece troppo difficile mostrare che il determinante, quando esiste, è unico. Iniziamo col mostrare che ad − bc è un determinante per le matrici 2 × 2: Lemma 6.2. La funzione det : M2×2 (K) → K tale che   a b det = ad − bc c d è un determinante. 77 78 6. DETERMINANTI, AUTOVALORI E AUTOSPAZI Dimostrazione. Se A = I2 , cioè a = d = 1, b = c = 0, troviamo che ad − bc = 1, quindi det(I2 ) = 1. Se A ha due righe identiche, cioè c = a, d = b, troviamo che ad − bc = ab − ba = 0, quindi det(A) = 0. Rimane da mostrare la linearità. Iniziamo con la linearità nella seconda riga. Abbiamo che   a b det = a(d1 + λd2 ) − b(c1 + λc2 ) c1 + λc2 d1 + λd2 = ad1 − bc1 + λ(ad2 − bc2 )     a b a b = det + λ det c1 d1 c2 d2 La linearità sulle prima riga si mostra in modo simile. □ Adesso mostriamo che se det : Mn×n (K) → K esiste allora è unico. Per mostrare l’unicità iniziamo studiando che cosa succede al determinante quando applichiamo operazioni elementari sulle righe. Lemma 6.3. Sia A una matrice n × n e sia A′ ottenuta da A sommando λ volte la i-esima riga alla j-esima riga, allora det(A) = det(A′ ). Dimostrazione. Usando la linearità in riga j troviamo v1 v1 v1      .. ..  .. . .  .       vi   vi   vi        ..  .  .  .  . . .  .      det   vj−1  = det vj−1  + λ det vj−1       vj + λvi   vj   vi         v  v  v   j+1   j+1   j+1  ..  . . .  ..  .  .  vn vn vn La seconda matrice a destra ha due righe identiche. Quindi il suo determi- nante è zero e troviamo che det(A′ ) = det(A) + 0. □ Dalla linearità sulle righe segue direttamente che se moltiplichiamo una riga con λ allora anche il determinante viene moltiplicato con λ. Rimane quindi da studiare che cosa succede quando si scambiano due righe. Lemma 6.4. Sia A una matrice n × n e A′ la matrice ottenuta da A scambiando due righe, allora det(A′ ) = − det(A). 1. PROPRIETÀ DEL DETERMINANTE 79 Dimostrazione. Usando il fatto che il determinante è alternante (per la prima equazione) e lineare sulle righe (per le altre equazioni) troviamo v1 v1 v1       ..  ..  ..  .  .  .   vi−1   vi−1   vi−1        vi + vj   vi   vj         vi+1   vi+1   vi+1        .  .  .  ..  = det ..  + det ..  0 = det        vj−1   vj−1   vj−1        v + v  v + v  v + v   j i  j i  j i  v   v   v   j+1   j+1   j+1  .  .  .  ..  ..  ..  vn vn vn v1 v1 v1 v1         ..  ..  ..  ..  .  .  .  .   vi−1   vi−1   vi−1   vi−1           vi   vi   vj   vj           vi+1   vi+1   vi+1   vi+1          .  .  .  .  ..  + det ..  + det ..  + det ..  = det         vj−1  vj−1  vj−1  vj−1           v   v   v   v   i   j   i   j  v  v  v  v   j+1   j+1   j+1   j+1  .  .  .  .  ..  ..  ..  ..  vn vn vn vn Delle quattro matrici alla fine, due hanno due righe identiche e quindi il loro determinante è zero. Le altre due matrice sono A e A′. Dunque troviamo 0 = det(A) + det(A′ ). □ Lemma 6.5. Se A ha una riga composta esclusivamente da zeri, allora det(A) = 0. Dimostrazione. Scambiando le righe di A cambia solo il segno di det(A), quindi possiamo assumere che sia l’ultima riga ad essere zero. Sia w ∈ K n , allora usando la linearità troviamo       v1 v1 v1 ..  ..  ..  .  .  det(A) = det   = det   = 0 det .  = 0.   vn−1  vn−1  vn−1  → − 0 0w w □ Adesso possiamo mostrare che esiste al massimo una funzione det. 80 6. DETERMINANTI, AUTOVALORI E AUTOSPAZI Proposizione 6.6. Se det : Mn×n (K) → K esiste, allora è unico. Inoltre, abbiamo che det(A) = 0 se e solo se rg(A) < n. Dimostrazione. Sia A una matrice e B una forma a scala di A, allora det(B) = c det(A) con c = (−1)e λ1... λt , dove e è il numero di scambi di righe e i λi sono i fattori con cui abbiamo moltiplicato le righe. Questi fattori sono nonzero, quindi c è diverso da zero e det(A) = 1c det(B). Se il rango di A non è n, allora B ha una riga costituita da zeri. Dal Lemma precedente segue che det(B) = 0 e quindi det(A) = 1c det(B) = 0. Se il rango di A è n possiamo applicare operazioni elementari sulle righe fino ad ottenere B = In e abbiamo che det(A) = 1c det(In ) = 1c ̸= 0. In particolare det(A) è determinata dalle operazioni necessarie per ottenere la forma a scala In. □ La proposizione illustra come si può calcolare il determinante usando le operazioni sulle righe per la matrice A. In molti casi questo è anche il modo più veloce per calcolare il determinante. Corollario 6.7. Sia A una matrice n × n. (1) Se le righe di A sono linearmente dipendenti allora det(A) = 0. (2) Abbiamo det(λA) = λn det(A). (3) Se A è una matrice triangolare superiore (Aij = 0 se i > j) allora det(A) è il prodotto degli elementi sulla diagonale: det(A) = a11 a22... ann. Similmente, se A è una matrice triangolare inferiore (Aij = 0 se i < j) allora det(A) è il prodotto degli elementi sulla diagonale. Dimostrazione. (1) Se le righe di A sono linearmente dipendenti allora rg(A) < n e det(A) = 0. (2) Moltiplicando una riga di A con λ cambiamo il determinante di un fattore λ. Nella matrice λA abbiamo moltiplicato tutte le n righe con λ, quindi il determinante sarà cambiato di un fattore λn. (3) Sia A una matrice triangolare superiore. Consideriamo prima il ca- so in cui tutti gli aii siano diversi da zero. Allora tutti gli elementi sulla diagonale sono pivot, rg(A) = n e A è in forma a scala. Pos- siamo adesso trovare una forma a scala ridotta semplicemente som- mando multipli di righe su altre righe. La matrice ottenuta soddisfa aij = 0 per ogni i ̸= j, e non abbiamo cambiato il determinante. L’ultima matrice è ottenuta da In moltiplicando i-esima riga con aii , quindi det(A) = a11 a22... ann det(In ) = a11 a22... ann. Nel caso in cui uno degli aii sia zero, allora rg(A) < n e det(A) = 0 e abbiamo finito. Per le matrici triangolari inferiori si procede similmente. □ Esempio 6.8. Applicando operazioni sulle righe troviamo       1 2 3 1 2 3 1 2 3 det 1 3 4 = det 0 1 1 = det 0 1 1 1 3 5 0 1 2 0 0 1 2. TEOREMA DI BINET 81 L’ultima matrice è una matrice triangolare superiore. Quindi il suo deter- minante è il prodotto degli elementi sulla diagonale e quindi il determinante è 1. 2. Teorema di Binet In questa sezione mostriamo il rapporto tra il determinante ed il prodotto tra matrici. Lemma 6.9. Per le matrici elementari abbiamo che det(P (i, j)) = −1; det(S(i, j; λ)) = 1; det(M (i, λ)) = λ Dimostrazione. La matrice P (i, j) è ottenuta dalla matrice In scam- biando due righe, quindi det(P (i, j)) = − det(In ) = −1. Le matrici S(i, j; λ) sono matrici triangolari, quindi il determinate è il prodotto degli elementi sulla diagonale (Corollario 6.7) e det(S(i, j; λ)) = 1. Similmente troviamo che det M (i, λ) = λ. □ Lemma 6.10. Siano A ∈ Mn×k (K) a B ∈ Mk×m (K). Allora rg(AB) ≤ min(rg(A), rg(B)) Dimostrazione. Sia f : K k → K n la moltiplicazione con la matrice A e sia g : K m → K k la moltiplicazione con la matrice B. Allora f ◦ g : K m → K n è la moltiplicazione con AB. Si nota che im(f ◦ g) ⊂ im(f ). Allora rg(AB) = dim im(f ◦ g) ≤ dim im(f ) = rg(A) e rg(AB) = rg((AB)T ) = rg(B T AT ) ≤ rg(B T ) = B. □ Teorema 6.11 (Binet). Siano A, B ∈ Mn×n (K). Allora det(AB) = det(A) det(B). Dimostrazione. Cominciamo con il caso in cui A sia una matrice elementare. Se A = P (i, j) abbiamo che det(A) = −1 e che la matrice AB è la matrice ottenuta da B scambiano due righe (Proposizione 2.12), quindi det(AB) = − det(B). In particolare det(AB) = det(A) det(B). Se A = M (i, λ), allora det(A) = λ. La matrice AB è ottenuta da B moltiplicando la i-esima riga per λ (Proposizione 2.12). Quindi det(AB) = λ det(B), e det(AB) = det(A) det(B). Se A = S(i, j; λ), allora det(A) = 1. La matrice AB è ottenuta da B sommando un multiplo di una riga ad un’altra. In particolare det(AB) = det(B) e quindi det(AB) = det(A) det(B). Assumiamo adesso che A non sia una matrice elementare ma che rg(A) = n. Allora A è il prodotto di matrici elementari (Dimostrazione della Pro- posizione 2). Tramite induzione sul numero delle matrici elementari nel prodotto si trova che det(AB) = det(A) det(B). Se rg(A) < n allora anche rg(AB) < n e det(A) = 0 = det(AB). □ 82 6. DETERMINANTI, AUTOVALORI E AUTOSPAZI Corollario 6.12. Se A è una matrice invertibile, allora det(A) ̸= 0 e 1 det(A−1 ) = det(A). Dimostrazione. Da AA−1 = In segue che 1 = det(In ) = det(AA−1 ) = det(A) det(A−1 ). □ Corollario 6.13. Abbiamo det(A) = det(AT ) Dimostrazione. Se rg(A) < n allora anche rg(AT ) < n (Corolla- rio 4.61) e quindi det(A) = 0 e det(AT ) = 0. Se A è una matrice elementare abbiamo che det(A) = det(AT ). Questo segue dal fatto che P (i, j)T = P (i, j), M (i, λ)T = M (i, λ) e S(i, j; λ)T = S(j, i; λ). Se rg(A) = n allora possiamo scrivere A = E1... En , con Ei matrici elementari. Allora AT = EnT En−1 T... E1T. Utilizzando due volte il Teorema di Binet troviamo che det(AT ) = det(EnT ) det(En−1 T )... det(E1T ) = det(En )... det(E1 ) = det(A) □ Osservazione 6.14. Le operazioni sulle righe di A corrispondono ad operazioni sulle le colonne di AT. Essendo det(A) = det(AT ), segue che possiamo anche applicare operazioni sulle colonne di A per calcolare il de- terminante. Quindi se scambiano due colonne allora il determinante cambia segno, se sommiamo un multiplo di una colonna ad un’altra, allora il de- terminante non cambia, e se moltiplichiamo una colonna per un numero λ allora il determinante viene moltiplicato per λ. 3. ESISTENZA DEL DETERMINANTE 83 Esempio 6.15. Abbiamo     2 1 −1 3 −1 3 1 2 −1 3 1 2 2 1 −1 3  2 −1 4 1 = − det  2 −1 4 1 det     3 −2 1 4 3 −2 1 4   −1 3 1 2  0 7 1 7 = − det   0 5 6 5  0 7 4 10   −1 1 3 2  0 1 7 7 = det   0 6 5 5  0 4 7 10   −1 1 3 2 0 1 7 7  = det   0 0 −37 −37  0 0 −21 −18   −1 1 3 2 0 1 7 7  = −37 det  0 0  1 1  0 0 −21 −18   −1 1 3 2  0 1 7 7 = −37 det   0 0 1 1  0 0 0 3 = (−37) · (−1) · (1) · (1) · (3) = 111 3. Esistenza del determinante L’esistenza è più complicata. Daremo una formula per det(A) e veri- ficheremo che soddisfi le proprietà della Definizione 6.1. A questo punto diamo una formula senza motivazione. Per una matrice n × n A e interi i, j tali che 1 ≤ i, j ≤ n denotiamo con Ai,j la matrice (n − 1) × (n − 1) ottenuta da A togliendo la riga i-esima e la colonna j-esima. Sia adesso dn : Mn×n (K) → K la funzione che per n = 1 manda la matrice (α) nel numero α ∈ K e, per n ≥ 2, definiamo ricorsivamente n X dn (A) := (−1)i+1 ai1 dn−1 (Ai,1 )* i=1 Teorema 6.16. La funzione dn è il determinante. Dimostrazione. La dimostrazione è per induzione su n. Per n = 1 è chiaro che la funzione (α) 7→ α è lineare sull’unica riga, e manda det(I1 ) = det(1) = 1. La condizione sull’alternanza è da controllare per n ≥ 2. 84 6. DETERMINANTI, AUTOVALORI E AUTOSPAZI Assumiamo che dn−1 sia il determinante e dimostriamo che dn è il determinante. La prima cosa da mostrare è dn (In ) = 1. n X dn (In ) = (−1)i+1 ai1 dn−1 (Ini,1 ). i=1 Per i ̸= 1 abbiamo che ai,1 = 0 quindi la sommatoria si riduce al solo indice i = 1 per cui a1,1 = 1. Perciò dn (In ) = dn−1 (In1,1 ). Togliendo la prima riga e la prima colonna da In troviamo In−1 quindi dn−1 (In1,1 ) = dn−1 (In−1 ) = 1 (usando l’ipotesi induttiva). Dimostriamo ora la linearità sulle righe. Supponiamo che la riga k- esima di A si possa scrivere come vk + λwk. Sia B la matrice ottenuta da A mettendo vk come riga k e sia C la matrice ottenuta da A mettendo wk come riga k. Verifichiamo che dn (A) = dn (B) + λdn (C). Per i ̸= k troviamo aij = bij = cij e per ipotesi induttiva dn−1 (Ai,1 ) = dn−1 (B i,1 ) + λdn−1 (C i,1 ). Per i = k troviamo invece Ak,1 = B k,1 = C k,1 e akj = bkj +λckj. Sostituendo otteniamo: n X dn (A) = (−1)i+1 ai1 dn−1 (Ai,1 ) i=1 n X k+1 k,1 = (−1) ak1 dn−1 (A )+ (−1)i+1 ai1 dn−1 (Ai,1 ) i=1,i̸=k k+1 = (−1) (bk1 + λck1 )dn−1 (Ak,1 ) + n X + (−1)i+1 ai1 (dn−1 (B i,1 ) + λdn−1 (C i,1 )) i=1,i̸=k n X n X = (−1)i+1 bi1 dn−1 (B i,1 ) + λ (−1)i+1 ci1 dn−1 (C i,1 ). i=1 i=1 = dn (B) + λdn (C) Dimostriamo ora l’alternanza. Assumiamo che la riga k-esima e la riga m-esima di A siano uguali, con k < m. Allora se i ̸= k, m abbiamo che la matrice Ai,1 ha due righe identiche e per ipotesi induttiva troviamo che dn−1 (Ai,1 ) = 0 per i ̸= k, m. Dal fatto che la riga k e la riga m coincidono troviamo che le matrici Ak,1 e Am,1 hanno le stesse righe, ma in una ordine diverso. La riga k di Am,1 è la riga m − 1 di Ak,1 , e le righe k + 1,... , m − 1 di Am,1 sono le righe k,... , m − 2 di Ak,1. Quindi dobbiamo usare m − k − 1 scambi di righe per ottenere Ak,1 da Am,1. Essendo dn−1 il determinante esso è alternante quindi scambiare due righe cambia il segno di dn−1 , quindi 3. ESISTENZA DEL DETERMINANTE 85 dn−1 (Ak,1 ) = (−1)m−k−1 dn−1 (Am,1 ). (Proposizione 6.4) X n dn (A) = (−1)i+1 ai1 dn−1 (Ai,1 ) i=1 = (−1)k+1 ak1 dn−1 (Ak,1 ) + (−1)m+1 am1 dn−1 (Am,1 ) = (−1)k+1 am1 (−1)m−k−1 dn−1 (Am,1 ) + (−1)m+1 am1 dn−1 (Am,1 ) = 0. □ Teorema 6.17. Il determinante esiste ed è unico. Dimostrazione. Abbiamo visto che dn è il determinante in Mn,n (K) per ogni n ≥ 1. Nella sezione precedente avevamo dimostrato l’unicità. □ Corollario 6.18. (Sviluppo di Laplace) Per ogni j ∈ {1,... n} abbiamo Xn det(A) = (−1)i+j aij det(Ai,j )* i=1 (sviluppo lunga la colonna j). Per ogni i ∈ {1,... n} abbiamo che n X det(A) = (−1)i+j aij det(Ai,j )* j=1 (sviluppo lunga la riga i.) Dimostrazione. La formula per dn (A) è lo sviluppo di det(A) lungo la prima colonna. Sia B la matrice tale che la prima colonna di B sia la colonna j-esima di A e la seconda fino alla j-esima colonna di B siano la prima fino alla j − 1-esima colonna di A. Allora B è ottenuta da A facendo j − 1 scambi di colonna. Inoltre abbiamo che B i,1 = Ai,j e bi1 = aij. Quindi det(A) = (−1)j−1 det(B) Xn = (−1)j−1 (−1)i−1 bi1 det(B i,1 ) i=1 n X = (−1)i+j aij det(Ai,j ) i=1 e troviamo la formula per lo sviluppo lunga la colonna j. Se adesso sia B = AT allora B j,i = Ai,j e bji = aij. Allora sviluppando det(B) lunga la i-esima colonna dà det(A) = det(B) Xn = (−1)i+j bji B j,i j=1 Xn = (−1)i+j aij Ai,j j=1 86 6. DETERMINANTI, AUTOVALORI E AUTOSPAZI e troviamo lo sviluppo lungo la riga i. □ Esempio 6.19. Facciamo ora un primo calcolo utilizzando lo sviluppo lungo la seconda colonna.   1 2 3 det 1 3 4 1 3 5       1 4 1 3 1 3 = (−1)1+2 2 det + (−1)2+2 3 det + (−1)3+2 3 det 1 5 1 5 1 4 = −2(1 · 5 − 1 · 4) + 3(1 · 5 − 1 · 3) − 3(1 · 4 − 1 · 3) = −2 + 6 − 3 = 1 Osservazione 6.20. Per calcolare il determinante di una matrice n × n utilizzando lo sviluppo di Laplace si devono calcolare n determinanti di ma- trici (n − 1) × (n − 1). Continuando con questo ragionamento possiamo concludere di dover calcolare n! determinanti di matrici 1 × 1. Quindi dob- biamo fare circa n! operazioni aritmetiche (somme e moltiplicazioni) per calcolare il determinante. Se, invece, utilizziamo il procedimento di Gauß per calcolare il deter- minante dobbiamo arrivare alla forma a scala di A. Per questo dobbiamo ottenere 21 n(n − 1) entrate uguali a zero. Per avere un’entrata uguale a zero dobbiamo fare circa n operazioni aritmetiche ed in totale dobbiamo quindi fare circa 12 n2 (n − 1) operazioni aritmetiche. Per n grande abbiamo che 12 n3 è molto più piccolo di n!, e in pratica si nota già con n = 4 che è molto più efficiente applicare il procedimento di Gauß che lo sviluppo di Laplace. Proposizione 6.21. Siano 1 ≤ k < n interi. Sia A una matrice k × k, sia B una matrice k × (n − k), sia C una matrice (n − k) × (n − k). Sia M ∈ Mn×n (K) la matrice   A B. 0 C Allora det(M ) = det(A) det(C) Dimostrazione. Lo mostriamo con induzione su k. Se k = 1 allora A = (a11 ), M11 = a11 e Mi1 = 0 per i > 1. Allora lo sviluppo lungo la prima colonna di M è: n X det(M ) = (−1)1+i Mi1 det(M i1 ) = a11 det(M i1 ) i=1 In questo caso M i1 = C, quindi det(M ) = a11 det(C) = det(A) det(C) Sia adesso k > 1. Allora M1i = 0 per i > k e otteniamo n X k X 1+i i1 det(M ) = (−1) Mi1 det(M ) = (−1)1+i Mi1 det(M i1 ) i=1 i=1 4. ESISTENZA DEL DETERMINANTE (APPROCCIO ALTERNATIVO)* 87 Per i ≤ k abbiamo che M i1 è B′  i1  A 0 C Usando induzione otteniamo che per i ≤ j det(M i1 ) = det(Ai1 ) det(C) Usando che Mi1 = ai1 otteniamo adesso k X det(M ) = (−1)1+i Mi1 det(M i1 ) i=1 Xk = (−1)i+1 ai1 det(Ai1 ) det(C) i=1 k X = det(C) (−1)i+1 ai1 det(Ai1 ) i=1 = det(A) det(C). □ 4. Esistenza del determinante (approccio alternativo)* In questa sezione diamo un approccio alternativo per la dimostrazione dell’esistenza del determinante. Questo approccio è più elegante, ma richiede più teoria. Definizione 6.22. Una permutazione di {1,... , n} è una mappa biettiva σ : {1,... , n} → {1,... , n}. Denotiamo con Sn tutte le permutazioni di {1,... , n}. Esempio 6.23. Ci sono due permutazioni di {1, 2}, abbiamo σ(1) = 1, σ(2) = 2 e abbiamo σ(1) = 2, σ(2) = 1. Ci sono sei permutazioni di {1, 2, 3}. Per σ(1) abbiamo tre scelte, una volta scelto σ(1) abbiamo ancora due possibilità per σ(2). In generale abbiamo n! permutazioni di {1,... , n}. Ogni permutazione di {1,... , n} si può identificare con uno schema di n caselle marcate in un quadro di dimensione n × n. Si consideri nella i-esima riga la casella nella σ(i)-esima colonna. In quel modo si determina uno schema tale che in ogni riga e in ogni colonna c’è un’unica casella marcata. Esempio 6.24. Per σ ∈ S3 con σ(1) = 2, σ(2) = 3, σ(3) = 1 troviamo X X X Definizione 6.25. Sia σ una permutazione di {1,... , n}. Allora il segno di σ, denotato con sign(σ), è (−1)e dove e = #{(i, j) | σ(i) > σ(j); i < j}. Lemma 6.26. Per σ ∈ Sn abbiamo Y σ(j) − σ(i) sign(σ) = j−i i