Bionanotecnologie (Ciardelli) PDF - 23/03/2021

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Lezione di Bionanotecnologie del 23/03/2021. I polimeri e le caratteristiche generali sono al centro della trattazione. I concetti principali sono quelli legati ai polimeri, le loro proprietà meccaniche e i meccanosensori cellulari.

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Serio/Palladino 13 Bionanotecnologie (Ciardelli) 23/03/2021 I POLIMERI Argomenti I polimeri sono dei materiali che rivestono un ruolo importante nel campo delle bionanotecnologie. Gli...

Serio/Palladino 13 Bionanotecnologie (Ciardelli) 23/03/2021 I POLIMERI Argomenti I polimeri sono dei materiali che rivestono un ruolo importante nel campo delle bionanotecnologie. Gli argomenti che verranno trattati sono:  caratteristiche generali dei polimeri: cosa sono i polimeri e come vengono denominati;  reazioni di polimerizzazione: come vengono sintetizzati i polimeri, quali sono le reazioni che portano all’ottenimento di materiali polimerici;  valutazione delle caratteristiche meccaniche nei substrati polimerici (cenni): le proprietà meccaniche dei materiali sono una proprietà fondamentale nella progettazione di sistemi che si devono interfacciare con l’ambiente cellulare. Le cellule possiedono dei meccanosensori, attraverso i quali sono capaci di “sentire” le proprietà meccaniche dei dispositivi con cui cono a contatto. Sb Definizione Il nome “polimeri” deriva dal greco “polymerḗs”, che significa “molte parti”. Sono sostanze che ob possono essere sia di origineO organica (la più grande famiglia di polimeri) cheO inorganica (in particolare i siliconi). Ciò che caratterizza un materiale organico rispetto ad uno inorganico è la in presenza di atomi di carbonio. I materiali polimerici possono essere di- origine sintetica, cioè e realizzati artificialmente tramite reazioni di polimerizzazione, oppure di - - origine naturale, i cosiddetti biopolimeri (ad esempio proteine, polisaccaridi, acidi nucleici). G - - O > La caratteristica dei polimeri è quella di essere composti da un gran numero di unità ripetitive ra - che, secondo IUPAC1, sono dette unità ripetenti costituzionali (CRU, Constitutional Repeating tu Unit), o più comunemente unità monomeriche o monomeri. Per i polimeri si vedrà che spesso si tende a preferire una nomenclatura meno standardizzata, ma più tradizionale. Un= monomero è ite ② una sostanza che, sottoposta ad una reazione di polimerizzazione, dà il polimero. = Nelle reazioni di polimerizzazione si formano dei legami chimici in genere O covalenti che tengono insieme i monomeri in una lunga catena, che in genere è una catena lineare, ma può essere anche ramificata o reticolata. Questa estrema variabilità della struttura chimica dei polimeri sia a livello di monomeri utilizzabili per sintetizzarli, sia a livello di concatenamento dei monomeri nel polimero finale, permette di produrre una quantità di materiali con una fortissima ampiezza di possibili settori applicativi. 1 ente che definisce le regole per la nomenclatura di tutti i composti chimici, univoca e riconosciuta da tutti 1 Serio/Palladino 13 Bionanotecnologie (Ciardelli) 23/03/2021 Principi della chimica dei polimeri La singola molecola che costituisce un polimero è molto grande, tanto da essere chiamata macromolecola. Queste lunghe molecole sono come un treno costituito da tanti vagoni e questi vagoni sono proprio le unità monomeriche tra loro concatenate. Indicando questi monomeri con una lettera B, i polimeri sono una serie di vagoni tutti uguali B. All’inizio e alla fine del convoglio ci sono delle particolarità, i gruppi terminali A (sia in cima che in fondo alla catena), che differiscono un po’ dall’unità monomerica. ABBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBA A = GRUPPO TERMINALE B = UNITA’ STRUTTURALE (monomero) Le unità B sono tenute insieme da legami covalenti. La maggior parte dei polimeri è di natura organica, cioè contiene carbonio in catena, pochi sono inorganici. Esistono, anche se pochi, polimeri di natura mista, che contengono sia sostanze organiche che inorganiche. Sb grado di polimerizzazione peso molecolare - ob dato dal peso del monomero moltiplicato ↑ E Classificazione per il numero di molecole O in I polimeri sono costituiti da molecole molto grandi, che quindi hanno un alto peso molecolare, quello che verrà successivamente chiamato- -Avendo alto grado di polimerizzazione. - un monomero e A e prendendone n moli (o n molecole) si ottiene il polimero in cui ci sono n unità di A in catena: il G grado di polimerizzazione è dato dal valore di n. Il peso molecolare del polimero è uguale al peso molecolare di A moltiplicato per n, tato più alto è n tato più alto è il peso molecolare. ra Quando nella macromolecola ci sono poche unità monomeriche, allora si parla di oligomeri. Le tu macromolecole non sono molto lunghe e il peso molecolare è abbastanza alto ma non troppo ite perché n è comunque minore di 10. In maniera molto approssimata:  se n è compreso tra 10 e 100 si parla bassi polimeri (polimeri piccoli);  se n è compreso tra 100 e 1000 si parla di medi polimeri;  con n maggiore di 1000 si parla di alti polimeri. Le unità strutturali sono concatenate tra loro in maniera diversa:  polimero lineare: i monomeri sono uno accanto all’altro;  polimero ramificato: dalla catena principale si dipartono delle ramificazioni;  polimero reticolato: polimeri concatenati a rete, le catene lunghe sono tra loro collegate da segmenti più corti trasversali. 2 Serio/Palladino 13 Bionanotecnologie (Ciardelli) 23/03/2021 Copolimeri Se il polimero è la concatenazione di unità monomericheOm B tutte uguali fra loro si parla di C omopolimeri. -BBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBBB- È possibile che la catena macromolecolare sia costituita da monomeri di natura diversa, ad E - esempio B e A. Questi tipi di polimeri si chiamano copolimeri e sono prodotti per polimerizzazione in genere (ma non sempre) simultanea di due o più monomeri. -BBBBAAAAAAAABBABBBAAAAAAAABB- Questo introduce un elemento di variabilità in più, c’è la possibilità che i monomeri siano distribuiti lungo la catena con delle regole statistiche diverse:  O alternato: il copolimero è costituito da unità A e B alternate tra loro; -  - statistico lineare: A e B sono distribuiti lungo la catena con distribuzione statistica casuale (random), lineare perché è presente solo una catena; - Sb O  a blocchi: ci sono lunghe catene di A seguiti da blocchi di B, se i blocchi sono molto lunghi - - sembrano delle miscele di omo-A e omo-B;  G ob ad innesto (graft): c’è una catena principale di un monomero8 - B con ramificazioni costituite - diOA. in e G ra tu ite Formule Quando si scrive la formula di un polimero, in genere si scrivono solo le sue unità monomeriche, trascurando i polimeri terminali perché non sono rilevanti o non si conoscono con precisione. Ad esempio, il polietilene è ottenuto da un monomero che si chiama etilene (alchene con 2 atomi di carbonio): (-CH2-CH2-)n, dove n è il numero di unità ripetenti in catena, detto anche grado di polimerizzazione. 3 Serio/Palladino 13 Bionanotecnologie (Ciardelli) 23/03/2021 Nomenclatura Come nei composti chimici organici e non, bisogna dare un nome anche ai polimeri. Esistono vari metodi, alcuni molto tradizionali e comuni, come la bakelite (resina fenolo-formaldeide) e il nylon. La nomenclatura corrente più utilizzata e comune è quella di dare al polimero il nome del -- monomero preceduto dal prefissoO poli-, come nell’esempio precedente del polietilene. Se il monomero fosse l’acido acrilico, si avrebbe il poli(acido acrilico). La nomenclatura IUPAC, invece, utilizza il nome dall’unità che si ripete n volte: ad esempio, nel polietilene l’unità che si ripete non è tanto -CH2-CH2-, ma solo -CH2-; si può scrivere quindi come (-CH2-)m, dove m=2n. La IUAPAC, dunque, chiama questo polimero polimetilene, dove metilene è il gruppo -CH2-. Lista di confronto tra il nome corrente e il nome IUPAC. Ci sono due differenze:  se l’unità ripetente del monomero è simmetrica (come Sb nel caso del polietilene), la IUPAC fa riferimento all’unità vera che ob si ripete;  al monomero viene dato il nome in non convenzionale, cioè il nome IUPAC della molecola organica e BENET G che costituisce il monomero. G Ad esempio, ilOpolistirene è un polimero ottenuto dalla polimerizzazione G ra ETILENE 8 della molecola in immagine a destra, lo stirene. Lo stirene è, in realtà, un 1 - etilene con un benzene (gruppo fenilico) al posto di un idrogeno, quindi il suo tu - nome IUPAC è poli(1-feniletilene).I ite POLI (1-METILETILENE) - Te ↳ POLI/1-FENILETILENE) Altro esempio, il - polipropilene è ottenuto dalla polimerizzazione del Mette ↳ che un etilene con un gruppo metile al posto un propilene, che non è altro idrogeno, quindi diventa L - poli(1-metiletilene) nella nomenclatura IUPAC.DIFLUOROMETILENE · Il nome commerciale del poli(tetrafluoroetilene) è teflon, in nomenclatura IUPAC diventa poli(difluorometilene) perché il polimero è (-CF2-)m. > - Il poliacrilonitrile diventa poli(1-cianoetilene) perché ha un gruppo C≡N. -tu Altri gruppi utili da sapere: g gruppo vinilico: CH2=CH- gruppo acrilico: CH2-C-COOH 4 Serio/Palladino 13 Bionanotecnologie (Ciardelli) 23/03/2021 Laddove c’è un alchene come monomero (polistirene, poliisobutilene, polipropilene…) si parla anche di poliolefine, dove olefina è un termine molto antiquato per indicare gli alcheni, che però nella nomenclatura polimerica è stato mantenuto, questo termine può essere trovato. Nel caso dei copolimeri si ha un elemento in più di variabilità che deve essere definito anche tramite la nomenclatura, quindi bisogna indicare nel nome il tipo di distribuzione dei due monomeri nel polimero. Prendendo, ad esempio, un copolimero dello stirene col metacrilato si hanno varie possibilità:  statistico: -co- oppure stat o ran (per random), spesso usato anche quando non si hanno informazioni sul tipo di distribuzione, esempio: poli(stirene-co-metil metacrilato);  alternato: -alt-, esempio poli(stirene-alt-metil metacrilato);  a blocchi: -block-, esempio polistirene-block-poli(metil metacrilato);  ad innesto: -graft-, esempio polistirene-graft-poli(metil metacrilato); Negli ultimi due è ripetuto due volte poli- perché quando si ha una situazione a blocchi, poli-A e poli-B. Sb Esistono anche in questo caso dei nomi commerciali comuni, come moplen = polipropilene, nomex= nylon, mylar= film a base di poliestere, orlon = fibre acriliche. ob in e G ra tu ite Il polietilentereftalato (PET) è costituito da monomeri con un gruppo etilico, un gruppo estere e acido tereftalico COOH-benzene-COOH. 5 Serio/Palladino 13 Bionanotecnologie (Ciardelli) 23/03/2021 Dimensione delle macromolecole Si è detto che dal = grado di polimerizzazione n si ricava il peso molecolare del polimero. Una sostanza chimica normalmente ha un peso molecolare che identifica tutte le molecole di un campione. In un campione polimerico, invece, si hanno molecole di lunghezza diversa e il peso Sb molecolare che si legge sull’etichetta è in realtà il valore medio dei pesi molecolari delle varie molecole contenute all’interno, che hanno appunto lunghezze diverse. Questa caratteristica di non ob unitarietà della grandezza molecolare dei polimeri è detta polidispersità e il valore che viene letto corrisponde al valore di peso molecolare teorico di un polimero costituito da molecole della stessa in grandezza, cioè come se fosse monodisperso. e Salvo casi eccezionali, un &polimero è sempre peso Wi ni PMi : = - G - polidisperso e quindi caratterizzato da una distribuzione di pesi molecolari, con una propria ra O - curva di distribuzione. Il massimo di questa tu curva è il valore più vicino a quello O - reale della misura. In ordinata si ha il numero di moli ni ite della specie i-esima che ha un certo peso molecolare e in ascissa si ha il valore di peso molecolare. Dal punto di vista dell’incidenza in peso sul peso totale del campione, la specie i- esima pesa Wi, che vale ni*PMi. Ci sono varie medie che derivano da questo tipo di distribuzione, la più famosa delle quali è il cosiddetto peso molecolare medio numerale, che è un numero che più si avvicina al concetto di peso molecolare che si ha per le molecole monodisperse a basso peso molecolare. 6 Vecchio/Zagaria 14. BIONANO (Ciardelli) 24/03/2022 Nella lezione scorsa si è visto che i materiali polimerici hanno una distribuzione dei pesi molecolari. Per cui il materiale polimerico reale non ha un unico peso molecolare come i composti a basso peso molecolare ma ha una distribuzione come mostra la curva in figura. Pertanto, come in tutte le distribuzioni si possono definire delle medie. · La prima media è chiamata peso molecolare medio numeraleo (Mn): è la media ponderata rispetto al numero di moli. Questo valore è quello più vicino al concetto di peso molecolare per i composti Sb non polimerici. Numericamente è dato dalla sommatoria del numero di moli N i, che hanno un certo peso molecolare M i, per Mi, diviso il numero totale di moli (sommatoria di N i): ob in e G Mn può essere scritta con due espressioni diverse ricordando che la quantità in peso molecolare è ra wi=NiMi. Mn viene indicata anche con la notazione cerchiata dove la sbarra indica il concetto di tu media e l’indicatore n definisce il tipo di media. ite Esistono altre medie che possono avere una certa importanza ma ne viene presentata solo un’altra 00 che è il peso molecolare medio ponderale (Mw) in cui viene fatta la stessa media ma non più rispetto al numero di moli della specie i-esima con peso molecolare M i bensì rispetto alla quantità in peso wi. Numericamente equivale alla sommatoria della quantità in peso wi per il peso molecolare Mi (quindi media non più rispetto al numero di moli ma rispetto al peso), diviso il peso totale (sommatoria di wi): Mw può essere scritta anche come rapporto tra ∑NiMi2 diviso ∑ NiMi come se fosse una media di ordine superiore. Nei materiali polimerici questo ha un interesse anche dal punto di vista fisico, perché dal punto di vista grafico la differenza tra il peso molecolare M n e Mw (evidenziata dalla freccia rossa nella curva) rende l’idea di quanto è larga la curva (di quanto è estesa la distribuzione). In prossimità di PM n si trova il massimo della curva (indicato dalla freccia blu) anche se in realtà non 1 Vecchio/Zagaria 14. BIONANO (Ciardelli) 24/03/2022 essendo una gaussiana simmetrica si trova leggermente verso destra. Poi si possono osservare anche altre medie come quella viscosimmetrica PMv, centrifuga PMz e ultracentrifuga. Ha una certa importanza anche il rapporto tra la media Mw e Mn che è il numero α, chiamato indice (o grado) di polidispersità che dice quanto è allargata la curva e quanto sono distribuiti ampiamente i pesi molecolari. In un polimero monodisperso idealmente α=1, ma in realtà nei polimeri reali questo indice varia tra 1.5 < α < 2.5 (per polimeri commerciali). Dividendo le medie numerale M n e ponderale Mw per il peso molecolare dell’unità monomerica M o ottengo il grado di polimerizzazione. Grado di polimerizzazione medio numerale: Sb Dove n indica mediamente il numero di unità polimeriche nella catena. ob Grado di polimerizzazione medio ponderale: in e G Dove Mo è il peso molecolare dell’unità ripetente. ra Scrivendo ad esempio la formula del polietilene, n non è altro che l’Xn presente nella formula del grado di polimerizzazione medio tu numerale. ite Mentre se si prende Mw si ottiene il grado di polimerizzazione medio ponderale. M o è il peso molecolare dell’unità ripetente o monomerica (attenzione non necessariamente del monomero perché non sempre si ritrova tutto il monomero, questo si vedrà meglio dopo). Il peso molecolare medio, quindi sia M n che Mw che la polidispersità, influenzano alcune proprietà del polimero, quali: 800   Proprietà meccaniche; Lavorabilità del materiale. Si immagini di voler realizzare un oggetto in materiale polimerico come uno spruzzino o una bottiglia. Allora sarà necessario fondere il polimero (si porta allo stato fuso) e poi spararlo in uno stampo che verrà raffreddato. Aperto lo stampo si ottiene l’oggetto. Questo è il motivo per cui nelle bottiglie nel mezzo si può osservare una sorta di separazione, un punto rigido dovuto al fatto che le due metà dello stampo sono state unite. Per fare ciò bisogna fondere il polimero o in certi casi, come si fa nelle fibre tessili, si può sciogliere nel solvente e poi filarlo. In entrambi i casi bisogna fare in modo che il polimero scorra e quindi sia abbastanza viscoso da aderire allo stampo ma non troppo viscoso da non fluire all’interno dello stampo. Il peso molecolare influisce sulla lavorabilità, cioè il fatto che poi con questo polimero si possano 2 Vecchio/Zagaria 14. BIONANO (Ciardelli) 24/03/2022 ottenere dei prodotti finali che abbiano un’utilità e ovviamente nel caso di soluzioni influenza la solubilità; infatti, catene molto lunghe sono più difficili da solvatare e portare in soluzione rispetto a catene più corte.  Laddove c’è una cristallizzazione, ovvero dove il polimero ha delle zone ordinate nel cristallo il del polimero finale. · O peso molecolare medio influenza la cinetica di cristallizzazione e la percentuale di cristallinità Come si è appena detto il peso molecolare medio ha un effetto sulle proprietà meccaniche (e sulla viscosità in fase di lavorazione) per cui esisterà un intervallo ottimale di peso molecolare medio (area gialla) all’interno del quale i polimeri sono più lavorabili. In genere questo intervallo va da 104 a 107 e con un intervallo più ideale che va da 20000 e 200000 g/mol. Per valori più piccoli (107) non si riuscirebbe a realizzare la bottiglia perché il fluido sarebbe troppo viscoso e non scorrerebbe nel macchinario. Effetto sulle proprietà meccaniche (e sulla viscosità in fase di lavorazione) e intervallo ottimale di peso molecolare medio: Sb ob in e G ra tu ite Generalmente il peso molecolare ottimale è tra 20000 e 200000 g/mol. Relazione proprietà-struttura Aspetti struttural che Influenzano Le proprietà Gli aspetti dal punto di vista più molecolare che influenzano le proprietà fisico meccaniche dei polimeri (e quindi anche la loro lavorabilità e processabilità), oltre il peso molecolare medio appena visto, sono: ①  Flessibilità intrinseca delle macromolecole. Indica la possibilità di rotazione attorno ai legami C-C dello scheletro della molecola. Questo concetto probabilmente è già chiaro nei composti a basso peso molecolare. Si prenda ad esempio l’etano C2H6 e si guardi lungo il legame che unisce il carbonio all’altro carbonio (come indica l’occhio in figura). Questa visione può essere rappresentata attraverso le proiezioni di Newman (disegnata a destra) dove il cerchio è il legame chimico carbonio-carbonio. Quindi alle due estremità ci sono due carboni, uno verso il lettore e l’altro dietro il foglio, in rosso ci sono i tre idrogeni prossimi al punto da cui si sta osservando e quelli azzurri dietro che stanno dietro. 3 Vecchio/Zagaria 14. BIONANO (Ciardelli) 24/03/2022 Immaginando di ruotare di 60° il legame carbonio-carbonio si ottiene quella che viene chiamata configurazione eclissata che è energeticamente sfavorita perché gli idrogeni disegnati interferiscono tra di loro (quelli azzurri ostacolano quelli rossi). In un polimero questo effetto è moltiplicato per tutti i legami. Ci saranno quindi delle formazioni più Sb stabili di altre. Per esempio la n1 completamente estesa corrisponde ad avere una configurazione sfalsata lungo tutti i legami. Però se si ha a disposizione un’energia sufficiente ci possono essere ob delle libere rotazioni che possono indurre la macromolecola o ad assumere altre conformazioni ordinate tipo l’elica (n2) e la catena ripiegata (n3) oppure soprattutto ad elevate temperature una in situazione conformazionale che si chiama gomito statistico (random coil in inglese) che è completamente disordinata (n4). La conformazione indica la disposizione che possono assumere le e diverse catene macromolecolari in conseguenza della rotazione lungo gli assi dei vari legami G covalenti della catena. In questo caso per semplicità si è visto come esempio il polietilene ma in presenza di un sostituente le cose possono cambiare. ra tu ite 000  Intensità delle forze intermolecolari (van der Waals, dipolo-dipolo, ponti a idrogeno), espressa come densità di energia coesiva. Si possono avere delle interazioni di van der Waals idrofobiche in presenza di gruppi aromatici, dipolo-dipolo se si hanno dei gruppi carichi oppure l’esempio più classico delle interazioni dipolari sono i legami ad idrogeno (dovrebbe essere noto che α- elica delle proteine è tenuta insieme proprio da legami ad idrogeno tra gli nh e i co in catena del legame peptidico); 4 Vecchio/Zagaria 14. BIONANO (Ciardelli) 24/03/2022 ③ Regolarità strutturale: avere zone ripetenti tutte uguali influenza la cristallizzabilità. Per la regolarità strutturale sono molto importanti i concetti di costituzione e configurazione cioè come sono disposti nello spazio i gruppi laterali; ⑭ Peso molecolare medio. La struttura dei polimeri determina le loro proprietà: - Costituzione: successione degli atomi o legami di una macromolecola, ovvero com’è fatta la molecola stessa; - Conformazione (3D): disposizione delle diverse categorie macromolecolari per rotazioni lungo gli assi del legame singolo covalente; - Configurazione (3D): disposizione nello spazio dei gruppi laterali. Se si prende ad esempio, invece del polietilene, il propilene e si dispone la catena in una conformazione completamente estesa se si troveranno tutti i sostituenti (gruppi metili in questo caso), colorati in rosso nella figura, da una parte (verso il lettore) il polimero di dice isotattico. Ricapitolando quando un polimero in configurazione a zig-zag (completamente estesa) presenta tutti i sostituenti nello stesso ordine il polimero si dice isotattico e avrà quindi una regolarità Sb strutturale tale che per esempio avrà una maggiore facilità a cristallizzare. ob Volendo continuare l’analogia con i composti a basso peso molecolare si parla di configurazione negli atomi di carbonio chirali (disegno a sinistra del polimero isotattico) dove avrò un idrogeno, in metile e poi le altre due catene. In effetti non è un vero carbonio chirale perchè le due catene sono talmente lunghe che le posso considerare uguali. Però dal punto di vista della stereochimica è come e se fossero diverse e dove c’è il carbonio è come se si avesse un centro chirale. G Se invece, sempre per analogia i centri chirali fossero invertiti, cioè si trovassero i metili (in rosso) in ra parti opposte in maniera alternata si avrebbe sempre una struttura regolare che si chiamerà polimero sindiotattico. tu Qualora si avesse una distribuzione casuale in cui si trovano i metili un poco da una parte e un poco ite dall’altra allora si parla di polimero atattico. 1) ⑳ Isotattica: quando un polimero - nella conformazione zig-zag – se visualizzato lungo i legami ② della catena principale, presenta i sostituenti nello stesso ordine sterico; ↳ O 2) Sindiotattica: i sostituenti presentano un arrangiamento alternato; - O O 3) Atattica: la stereochimica è random. 5 Vecchio/Zagaria 14. BIONANO (Ciardelli) 24/03/2022 Viene riportato come esempio il polistirene che è analogo al polipropilene visto prima. Il polimero si dirà: isotattico quando i fenili sono disposti tutti su un lato (evidenziati in giallo), sindiotattico quando i fenili sono disposti in parti opposte (evidenziati in verde) e atattico quando i fenili (evidenziati in blu) sono disposti in maniera casuale (in questo caso prima a sinistra poi a destra poi due a sinistra ecc). Quindi questa è una classificazione che si basa sulla regolarità strutturale. Sb ob CLASSIFICAZIONE in e Adesso viene analizzato un altro tipo di classificazione che si basa sempre sulla struttura dei polimeri che è la differenza tra polimeri termoplastici e reticolari. G ① I polimeri- termoplastici possono essere processati scaldandoli oltre una certa temperatura, portarli ra allo stato fluido, dargli una forma che poi viene fissata congelata per raffreddamento. Come si era tu già accennato questo può essere fatto sia riscaldando sia sciogliendo il polimero in soluzione (in quel caso si dovrà scaldare per rimuovere il solvente). Questi processi possono essere teoricamente ite ripetuti all’infinito e sono alla base per esempio dei processi di riciclo. Il pet che si usa per le bottiglie può essere rifuso e usato per fare altre bottiglie o altri oggetti. In realtà tutti questi passaggi causano la degradazione del polimero per cui alla fine il suo peso molecolare diventa talmente basso che non può essere riutilizzato più. ② I polimeri- reticolati sono polimeri in cui ci sono punti di legame tra le catene polimeriche trasversali. Si ha una situazione come quella rappresentata nell’immagine in cui si hanno delle reti. Per cui⑧ non si riesce né aO sciogliere questi polimeri né a E fondere perché non si riesce ad allontare all’infinito le catene perché possono scorrere come un fluido oppure essere disciolte completamente, solvatate. Il processo di conferimento della forma è contemporaneo al processo di reticolazione, per cui una volta formato l’oggetto non è più possibile modificarlo, infatti questi materiali sono riutilizzabili ma non riciclabili. 6 Vecchio/Zagaria 14. BIONANO (Ciardelli) 24/03/2022 All’interno dei polimeri termoplastici si possono distinguere quelli completamente amorfi che non hanno parti cristalline da quelli che vengono chiamati semicristallini che hanno una certa componente cristallina. 1. a) - O Polimeri termoplastici amorfi. Le catene polimeriche di questo tipo non sono sufficientemente O ordinate per formare domini cristallini per cui di fatto si ritrovano delle catene in conformazione di O gomito statistico random coil. Questi materiali al di sotto di una certa temperatura non hanno mobilità molecolare per cui questi gomitoli sono fissati in quella specifica conformazione; il polimero è come se fosse un vetro. Il vetro è l’unico solido che conosciamo amorfo mentre tutti gli altri solidi sono cristallini. Questo stato dei polimeri al di sotto di una certa temperatura è chiamato solido vetroso. Quindi un solido vetroso in cui la configurazione random coil è congelata. La temperatura in cui c'è il passaggio di transizione da uno stato vetroso a uno stato sempre amorfo ma fluido viene detta temperatura di transizione vetrosa Tg dove g sta per glass in inglese. Al di sopra di questa temperatura il polimero pian piano diventa fluido e ci sono più possibilità di modifica conformazionale, possono cioè avvenire quelle rotazioni dei legami di cui si parlava prima e le catene scorrono le une sulle altre tramite scorrimenti che vengono detti plastici, cioè scorrimenti che non vengono recuperati rimuovendo il carico (una volta subiti non si torna più indietro). Se il modello Sb meccanico per una trasformazione elastica è una molla, in questo caso sarà uno smorzatore. 1 b) - Polimeri termoplastici semicristallini. Non si troverà mai un polimero che è al 100% cristallino ma ob. un polimero che insieme alle zone random coil presenta delle regioni ordinate. La parte rossa si 000 comporta esattamente come i polimeri amorfi in cui al di sotto della Tg è un vetro e al di sopra della in Tg è un- fluido plastico. La parte cristallina in blu ha anch’essa una e termperatura caratteristica Tm che corrisponde alla temperatura G di fusione dei solidi inorganici cristallini. Osservando al miscroscopio la fusione di un cristallo si vede il cristallo che fa la rifrazione della luce e quando arriva ra da una certa temperatura non si vede più nulla perché il cristallo si è fuso. Questo serve anche per tu determinare la purezza di un composto. Nel caso dei polimeri questa cosa non così netta: scald ando si vede la trasformazione da solido a fuso in un intervallo di temperature. Si chiama Tm dove m sta ite per melting che significa fusione in inglese. Anche superata la Tm in questi polimeri si possono avere scorrimenti plastici. Ricapitolando i polimeri cristallini sono costituiti da due fasi distinte: una fase amorfa e una cristallina. / ! - La fase amorfa è caratterizzata dalla temperatura di transizione vetrosa Tg sotto la quale si ha un vetro e al di sopra della quale si ha uno stato gommoso che diventa via via più fluido. - La fase cristallina è solida in tutta la regione fino alla Tm oltre la quale diventa un fluido. E’ chiaro che se si vuole lavorare un polimero termoplastico semicristallino bisogna lavorare abbastanza di sopra della Tm. Quindi Tm è rappresentativa di un passaggio di stato, da uno stato ordinato, il solido cristallino, ad uno stato disordinato, il liquido (altamente viscoso). 7 Vecchio/Zagaria 14. BIONANO (Ciardelli) 24/03/2022 La transizione vetrosa è influenzata dalla costituzione 968- molecolare del polimero. Nel dettaglio, il suo aumento è legato alla presenza di gruppi pendenti ingombranti, gruppi rigidi in catena come 1,4-fenilene come nel pet, al simmetria di catena, presenza di gruppi polari o la O presenza di reticolazioni. Tutti gli aspetti contrari come i gruppi pendenti flessibili, gruppi polari e situazioni di dissimmetria provocano l'abbassamento ⑧ della temperatura di transizione vetrosa. -0 Sb Un modo comune per abbassare la temperatura di transizione vetrosa dei polimeri è quello ob dell’aggiunta di plasticizzanti o plastificanti che sono sostanze a basso peso molecolare che vanno a inserirsi alla massa polimerica e quindi aumentano l’irregolarità strutturale. Questo serve per farli in diventare più maneggievoli: il caso più caratteristico è quello del PVC che sarebbe un polimero rigido e a temperatura ambiente e aggiungendo il plastificante diventa un polimero flessibile che può essere utilizzato anche in altre applicazioni. G ra Per quanto riguarda invece la cristallinità questa è funzione della regolarità strutturale, la quale rappresenta un aspetto dinamico. tu Questo è un aspetto termodinamico cioè la struttura del ite polimero dal punto di vista chimico è regolare allora si avrà una maggiore facilità nel realizzare strutture ordinate che possono cristallizzare. Quelle indicate dalla freccia nella figura si chiamano lamelle cristalline e sono zone ordinate di catena che si organizzano fra loro. La flessibilità delle catene rende conto della velocità con cui il polimero può cristallizzare: tanto più il polimero è flessibile tanto più riesce a trovare le conformazioni giuste per cristallizzare. Si può per esempio indurre una maggiore cristallizzazione raffreddando un polimero dal fuso in maniera più lenta, dandogli più tempo per trovare l'ordine cristallino. Questo invece è un fattore cinetico. La cristallinità della percentuale di un campione polimerico può variare significativamente in funzione di quella che si chiama la sua storia termica perché man mano a mano che questa cambia, cioè per esempio se un polimero è stato raffreddato velocemente si può trovare una cristallinità minore. Raffreddamenti molto veloci possono portare adirittura ad una cristallizzazione nulla che si chiama quenching. 8 Vecchio/Zagaria 14. BIONANO (Ciardelli) 24/03/2022 Ci sono dei valori medi di cristallinità dei polimeri che variano seconda della loro costituzione. Per esempio il PET (politetrafluoroetilene) ha un grado di cristallinità del 60%, il PTFE che è molto regolare e ha degli atomi di fluoro piccoli come sostituenti riesce a cristallizzare molto efficacemente e ha un grado di cristallinità dell’ 80% e infine il Nylon 6-6 ha un grado del 50%. Questi valori medi sono variabili in funzione degli aspetti di cui si è parlato prima. I polimeri reticolati hanno un comportamento piuttosto diverso. Non sono termolabili in quanto il loro comportamento alla temperatura è diverso da quello dei termoplastici. Dal punto di vista chimico hanno dei punti evidenziati in azzurro nella prima figura in cui ci sono legami covalenti tra le catene polimeriche (tra diverse catene polimeriche). In particolare, non ci sono solo legami lungo la catena, ma anche legami Intercatena che si chiamano punti di reticolazione. E’ chiaro che questi punti di richiamo limitano gli scorrimenti di tipo viscoso Sb di tipo plastico perché creano degli impedimenti tra le catene e soprattutto per i segmenti di catena che sono compresi tra i punti di reticolazione. ob Ovviamente non hanno tutti lo stesso comportamento ma questo varierà in funzione della densità in delle reticolazioni cioè del numero di reticolazione presenti; maggiore è il numero di reticolazione e più saranno limitati gli scorrimenti e il polimero risulta rigido. Conta anche il tipo di catena presente tra i vari punti di reticolazione. Quindi anche la flessibilità delle catene così come G influenzava il comportamento termico e meccanico dei polimeri non reticolati e termoplastici ra influenza anche quelli reticolati. Sono quasi sempre amorfi perché questi vincoli non permettono libertà conformazionale sufficiente per realizzare un processo di cristallizzazione. Spesso le Tg sono tu inferiori alle temperature Td di decomposizione, soprattutto quando ho alte articolazioni e gruppi ite ingombranti in catena. Quindi si hanno degli oggetti molto stabili nella forma proprio per questi punti di richiamo e il limite termico di utilizzo è indicato più dalla temperatura di decomposizione piuttosto che da una Tg che non si vede perché scompare nella decomposizione. Non sono solubili in solvente perché non si riesce ad allontanare all'infinito le molecole solvatandole proprio perché ci sono queste reticolazioni. Adesso si vede come si ottengono questi materiali che possono sembrare svantaggiosi ma in realtà hanno vasti campi applicativi. Le reticolazioni possono essere di varia intensità quindi reticoli a maglie larghe o a maglie più strette a seconda di quante reticolazioni ho e la lunghezza delle catene tra i reticoli. 9 Vecchio/Zagaria 14. BIONANO (Ciardelli) 24/03/2022 Come si ottengono? Per lavorarli si fanno polimerizzare o meglio reticolare all'interno di uno stampo. Tant'è vero che in questo caso si parla di polimeri termoindurenti cioè il processo è inverso a quello visto per i termoplastici, infatti per questi ultimi all'aumentare della temperatura il polimero era fuso, veniva lavorato, formato e poi raffreddato. In questo caso, invece, il polimero, che in realtà è un prepolimero allo stato liquido, viene versato nello stampo, a questo punto viene scaldato come e avviene la reazione di reticolazione e il polimero solidifica; a quel punto però quando si raffreddano non è possibile più tornare indietro a meno che non si rompono questi reticoli che comunque sono molto difficili da rompere in quanto formati da legami covalenti. Questo è il caso di tutte quelle che chiamiamo resine. Per esempio nei materiali compositi le resine poliestere, le resine fenolo- formaldeide,le resine epossidiche ecc. In certi casi invece sono ottenute da polimeri termoplastici che vengono reticolati con un reticolante o crosslinker. Per esempio la vulcanizzazione della gomma. Questo serve per aumentare la stabilità oppure dargli proprietà meccaniche diverse. Nel campo della biomedica nei materiali naturali tipo la gelatina che si scioglierebbe in acqua, se reticolati questi materiali non sono più solubili ma si ringonfiano (si aumenta così la stabilità di quelli che chiamo idrogeli). Sb O Inoltre, ci sono dei polimeri particolari chiamati elastomeri che sono termoplastici con poche reticolazione e un tipo di elasticità tipo gomma. Questi materiali possono essere parecchio allungati ob applicando un carico e una volta rilasciato il polimero recupera completamente la forma iniziale. Possono essere deformati fino a 7/8 volte rispetto alla lunghezza iniziale. Questa deformazione una in volta rimosso il carico verrà completamente recuperata. e a Gli - elastomeri debolmente reticolati sono caratterizzati da pochi punti di reticolazione, catene G molto flessibili, pesi molecolari molto alti e Tg basse perché altrimenti sarebbero troppo rigidi. ra Debolmente reticolati vuol dire due o tre reticolazioni per catena, quindi molto poche; queste lasciano al materiale il comportamento di flessibilità tipicamente plastico ma tolgono tu l’irrecuperabilità della deformazione plastica grazie ai punti di memoria dovuti ai punti di ite reticolazione. Non si tenda a pensare agli elastomeri come materiali reticolati perché pensiamo alle gomme. b) Glicristalline. elastomeri in realtà possono anche essere- termoplastici, per lori i punti di memoria sono le parti Presentano regioni soft a Tg molto bassa (che rappresentano la parte flessibile del polimero che risponde alle sollecitazioni meccaniche) e regioni hard con Tg superiore alla T di utilizzo (che rappresentano la parte rigida del polimero, che agisce come un “crosslink” fisico perché “blocca” la posizione relativa delle catene impedendone scorrimenti plastici; tali crosslink fisici sono termolabili, in quanto le regioni hard diventano amorfe al di sopra della loro Tg). Quindi, se si prende il materiale termoplastico in un intervallo di temperature che vanno dalla Tg alla Tm allora la parte cristallina sarà solida e fa da punto di reticolazione fisica, e non chimica in questo caso, mentre la parte amorfa è in endostato ed essendo sopra la Tg è flessibile. Dal punto di vista concettuale funziona come i reticolati ma si ricordi che la reticolazione è non più chimica ma fisica. Ovviamente questi elastomeri sono elastomeri purchè non si superi la Tm; a questo punto se si fonde la parte cristallina vengono cancellati i punti di memoria e a quel punto si avranno dei materiali plastici (deformazione irrecuperabile e smorzatore come modello meccanico) e non più elastici (deformazione recuperabile e molla come modello meccanico). 10 Vecchio/Zagaria 14. BIONANO (Ciardelli) 24/03/2022 Domanda: Chiarimento sulla differenza tra reticolazione chimica e fisica. Risposta: La reticolazione chimica è mostrata in figura a sinistra in cui nei punti neri si hanno dei legami covalenti. Per esempio nelle resine c’è una reazione tra gli ossidrili del fenolo e il gruppo epossidico e si formano dei legami eterei covalenti. Termicamente non è possibile intervenire per rompere questi legami covalenti perché si dovrebbero raggiungere temperature molto alte che decomporrebbero il polimero. I polimeri semicristallini (figura a destra) invece hanno una situazione in cui la catena in parte è amorfa (azurra) e in parte ha delle situazioni ordinate che possono cristallizzare (rosso). Per cui se si pensa alla situazione di prima in cui si avevano queste catene amorfe in cui si formavano dei legami chimici. I punti rossi servono per ricordare alla catena la sua posizione iniziale prima dell’applicazione del carico. Dati questi due domini cristallini collegati da parti amorfe random coil, esercitando una trazione, ovvero applicando un carico, succede che le catene amorfe scorrono e Sb il polimero si allunga. Una volta rimosso il carico si ob ritorna alla situazione iniziale perché queste in zone cerchiate danno la e memoria di forma. Nei polimeri crosslinkati G invece questa memoria di ra forma è data dai legami covalenti che ci sono tra le catene che esercitano la forza di richiamo. La differenza dal punto di vista meccanico è la stessa, ma mentre in un polimero reticolato vale tutto tu l'intervallo di temperature per cui non si decompone il polimero oppure il polimero abbia catene ite allo stato vetroso sopra la Tg (è chiaro che se si va sopra 0 kelvin non sia ha più un elastomero), nei termoplastici invece questa proprietà si manifesta solo per temperature di transizione vetrose e temperatura di fusione perché oltre la temperatura di fusione vengono cancellati questi punti di memoria in quanto diventano random coil e non fanno più da richiamo. Reazioni di polimerizzazione-sintesi dei polimeri La reazione chimica che consente di ottenere i polimeri è detta di polimerizzazione. Esistono due diverse classificazioni: - La stechiometria in cui si possono avere o delle poliaddizioni in cui si trovano tutti gli atomi dei monomeri nel polimero oppure delle reazioni di policondensazione in cui ho perdita di molecole; - Meccanismo a stadi o meccanismo a catena. 11 Vecchio/Zagaria 14. BIONANO (Ciardelli) 24/03/2022 O Ad esempio, nel polietilene si ha una poliaddizione in cui il polimero ha la somma dei monomeri iniziali. Nel polietilene si ritrovano tutti gli atomi che si avevano nell’etilene. Le policondensazioni non sono altro che le reazioni di condensazione della chimica organica. Ad esempio, in questo caso si ha un cloruro acilico più un’ammina che reaggendo tra loro danno il legame ammidico (nel quadrato) più HCl che è la molecola piccola di condensazione. La stessa cosa la posso fare nella reazione di policondensazione che porta alla formazione del Nylon 6-6. Sb ob Quindi, nelle policondensazioni una parte del monomero viene eliminata durante la in polimerizzazione sotto forma di piccole molecole che possono essere acqua o acido cloridrico. e Ricapitolando: nella poliaddizione ritrovo tutti gli atomi nel prodotto e nella policondensazione G perdo delle piccole molecole. ra Questo esempio particolare mostra come anche nel② polietilene può essere ottenuto non solo tramite una- poliaddizione come visto prima ma anche attraverso una- tu policondensazione. Si prende un dibromuro, lo si tratta col sodio e si forma il polietilene più NaBr, per cui di fatto è una ite condensazione. Formalmente dal punto di vista chimico il polietilene ottenuto attraverso le due reazioni diverse è lo stesso, tuttavia presenta proprietà diverse per cui per esempio con la reazione di poliaddizione si ottengono pesi molecolari molto più alti. Quindi, siccome il peso molecolare dipende dal meccanismo, non risulta più interessante la classificazione basata sulla stechiometria appena vista, ma la classificazione sul meccanismo di reazione che viene presentata ora. Nella classificazione secondo il meccanismo si possono distinguere: 1- Processi di crescita a stadi: reazioni00- casuali tra due molecole che possono essere monomeri, oligomeri o polimeri attraverso l’interazione tra i gruppi funzionali. Esempio: ammina e cloruro acilico visto prima nel nylon. La reattività, cioè la velocità con cui questa reazione 12 Vecchio/Zagaria 14. BIONANO (Ciardelli) 24/03/2022 -- avviene, e la probabilità è abbastanza indipendente dal peso molecolare (assunzione di Flory) per cui anche se il polimero cresce la reazione può avvenire in maniera indifferente. 200 - Processi di crescita a catena: in questo caso si forma una specie reattiva che può essere ad esempio un radicale o uno ione positivo o negativo che trasferisce la specie attiva al monomero e via via si attaccano nuovi monomeri alla catena. Concettualmente può essere visto come un treno a cui vengono attaccati nuovi vagoni. In questi processi si formano polimeri, cioè macromolecole, in tempi abbastanza brevi per cui il peso molecolare è già abbastanza alto in tempi ristretti ma la completa trasformazione del monomero nel polimero si raggiunge in tempi più lunghi. Pertanto, il monomero sparisce alla fine della reazione. Queste differenze sono bene semplificate in quest'immagine. Sb ob in e G ra Nella polimerizzazione a stadi nella prima fase si hanno solo i monomeri rappresentati con i pallini tu bianchi. Successivamente iniziano a formarsi legami, come quello ammidico visto prima in cui un cloruro incontra una ammina, e quindi dei dimeri. Nella terza fase continuano a formarsi nuovi ite legami e il peso molecolare aumenta un poco, infatti si vedono dei trimeri. Dopo tre passaggi inizia a sparire il monomero ma ancora il grado di polimerizzazione è basso. Nella polimerizzazione a catena è necessaria una molecola chiamata iniziatore (in blu) che porta dei radicali (puntino rosso) che attiva il monomero. Il radicale viene quindi trasferito al monomero nella prima parte. Nel passaggio successivo si attacca un nuovo monomero. L’ultimo monomero è sempre colorato in rosso perché il radicale si trasferisce sempre sull’ultimo monomero attaccato. Dopo tre passaggi si ha già un polimero ma ancora tanti monomeri non reagiti a differenza della polimerizzazione a stadi in cui si aveva il contrario perché spariva il monomero però non si aveva ancora polimero. Le reazioni a stadi sono più lente mentre quelle a catena più rapide (ad esempio il polimetilmetacrilato si può ottenere in 20 minuti mettendo il monomero in una boccetta di vetro, scaldandolo e dopo mezzora rotto il cilindro si trova un cilindretto di polimero. In questo caso bisogna accontentarsi di conversioni abbastanza basse perché per quelle alte ci vuole comunque più tempo). O Le caratteristiche del meccanismo di polimerizzazione a stadi: 13 Vecchio/Zagaria 14. BIONANO (Ciardelli) 24/03/2022 - Le catene polimeriche restano attive durante l’intero processo di polimerizzazione; quindi, c’è O sempre reattività e tutto il tempo necessario a consumare completamente le specie monomeriche; - Le reazioni di inizio (quando si formavano i dimeri nel secondo step del processo mostrato - nell’immagine di prima) e di propagazione avvengono con velocità confrontabili perché di fatto sono le stesse reazioni; -- - La macromolecola si forma in un tempo relativamente lungo per cui per ottenere il polimero bisogna che passi abbastanza tempo; O - Il grado di polimerizzazione aumenta nel tempo. - Le reazioni collaterali sono: - O La presenza di impurezze monofunzionali perché chiaramente se non si ha reattività, ovvero se ha reagito già con un gruppo e dall’altra parte non presenta alcun gruppo, allora lì il polimero non reagisce; - O Formazione di composti ciclici dovuta a condensazione intra o intermolecolare dei gruppi funzionali reattivi che non portano a polimerizzazione e fanno morire il polimero. Sb Si faccia attenzione sul fatto che la polimerizzazione a stadi può avvenire sia per policondensazione che per poliaddizione. Si possono avere due monomeri bifunzionali A-A B-B tipo diammina di ob cloruro. Esempio: formazione di un dimero bifunzionale da due monomeri bifunzionali. in e G ra tu La reazione procede con formazione di trimeri, tetrameri, etc attraverso reazione che hanno la stessa velocità e meccanismo (esterificazione): formazione di una miscela di molecole reattive a vari ite pesi molecolari. Reazione di esterificazione Questa reazione porta alla formazione del polimero passando dal dimero, trimero, tetrameri facendo crescere via via il peso molecolare senza variazioni nella velocità di reazione. Quindi si ha sempre una miscela di molecole reattive a vari pesi molecolari finché alla fine non si terminano i gruppi funzionali. 14 7103/24 Pascale/ Di Leo 15 Bionanotecnologie (Ciardelli) 24/03/2022 REAZIONI DI POLIMERIZZAZIONE CARATTERISTICHE DEI MONOMERI nelle reazioni policondensazione Si hanno due gruppi funzionali A e B complementari che reagiscono tra loro mediante reazione di condensazione (si libera una piccola molecola) oppure tramite reazione di addizione al doppio legame (tipicamente quella dei poliuretani); in questo caso non si formano molecole piccole. Il meccanismo è sempre lo stesso cioè a stadi. Tali monomeri possono essere di tipo A-A, B-B (diammina di cloruro, diolo di acido, diolo di isocianato) oppure del tipo A-B, quindi un solo monomero che contiene, per esempio, sia il gruppo carbossilico che ossidrilico, ad esempio i poliesteri (A gruppo acido B gruppo alcolico) e le poliammidi (A gruppo acido/cloruro, B gruppo amminico). Tutte le molecole presenti nel mezzo di reazione (monomeri, oligomeri, polimeri) hanno la stessa Sb probabilità di reagire durante l’intero processo di polimerizzazione. ob in e G ra tu ite A-B se ho tutte e due le funzioni nello stesso monomero o A-A/B-B se invece ho due monomeri diversi (nylon 6,6 in questo caso). Riassunto MECCANISMO DI POLIMERIZZAZIONE A STADI  Due qualsiasi molecole possono reagire: inizio, propagazione e terminazione sono identici nel meccanismo e nella velocità;  La lunghezza della catena (e quindi il peso molecolare) cresce in funzione del tempo al procedere della reazione;  Sono necessari alte conversioni per la produzione di un polimero con un elevato grado di polimerizzazione Xn;  Sono necessari rapporti equimolari tra le funzionalità reagenti per avere elevati Xn;  All’aumentare del grado di polimerizzazione, aumenta il peso molecolare medio e anche l’indice di polidispersità aumenta; 1 Pascale/ Di Leo 15 Bionanotecnologie (Ciardelli) 24/03/2022  Le polimerizzazioni a stadi possono essere reazioni di condensazione, (es.poliammidi da diacidi carbossilici e diammine o poliesteri da diacidi carbossilici e dialcooli) o di addizione (es poliuretani da diisocianati o dialcooli); le tipologie di monomeri di indicano come: A-B, A-A/B-B. Tabella riassuntiva I polimeri delle addizioni: Sb Dalla reazione di un diisocianato e un’ammina si ottiene l’urea (a sinistra) ob in e G ra tu se invece di un diolo si usa una diammina si ottiene una poliurea. ite 2 Pascale/ Di Leo 15 Bionanotecnologie (Ciardelli) 24/03/2022 sito attivo e : un radicale o uno ione (cationelanione) MECCANISMO DI POLIMERIZZAZIONE A CATENA 1. Inizio: generazione del sito attivo sul monomero. Si ha un iniziatore I più il monomero M e si forma una specie attiva che può essere un radicale ma anche un carbocatione o un carbanione. Si tratta rispettivamente di polimerizzazione radicalica, cationica, anionica. 2. Propagazione: addizione dei monomeri sul sito attivo e suo trasferimento al terminale di catena. Sb Può esserci la ricombinazione tra due catene e la formazione di un legame, quindi si distrugge il sito attivo tramite un urto nei recipienti del reattore o un trasferimento del sito ob attivo ad un’altra molecola. Le reazioni a catena sono meno controllabili e meno lineari dal punto di vista della in reattività rispetto a quelle a stadi. e 3. Terminazione: per qualche motivo muore il radicale, muore la specie attiva e quindi la G reazione termina. ra 4. Trasferimento: trasferimento del sito attivo ad un’altra molecola. tu In genere i monomeri sono in saturi (doppio legame). Ci sono monomeri vinilidenici (CH2=CR 1R2) o vinilici (CH2=CHR). ite Si deve formare la specie attiva quindi la reazione deve essere un radicale o uno ione (catione o anione) che addiziona monomeri in sequenza rapidissima (frazione di secondo). Richiedono generalmente la presenza di un iniziatore (composto chimico o anche semplicemente radiazione o riscaldamento) per far partire la reazione. Si prendono i monomeri vinilici per semplicità: in funzione del tipo di R si può avere un meccanismo cationico, anionico o radicalico (adattabile a più casi). CASO 1) Ad esempio, se si ha un gruppo alcossi elettron donatore con un iniziatore cationico I +; questo si attacca formando ICH2 e si forma il carbocatione C+. Con la risonanza si stabilizza il carbocatione spostando la carica positiva sull’ossigeno. 3 Pascale/ Di Leo 15 Bionanotecnologie (Ciardelli) 24/03/2022 Grazie a questa forma di risonanza questa specie è più stabile e questo spiega perché si utilizza un meccanismo cationico a catena con gruppi elettron donatori. CASO 2) Gruppo elettron attrattore, per esempio il CN, a catena anionico. In questo caso c’è un anione I- che porta alla formazione di un carbanione. Sb ob I polivinileteri si fanno per via cationica mentre il poliacrilonitrile si può fare per via anionica. in e G ra tu ite Benzene ad esempio meccanismo radicalico. Riepilogo: Quindi i meccanismi a catena prevedono una reazione di inizio sul monomero che crea un monomero attivo * (radicale, catione, anione). 4 Pascale/ Di Leo 15 Bionanotecnologie (Ciardelli) 24/03/2022 In presenza di elettron donatori si utilizza un meccanismo cationico: si forma un carbocatione secondario stabilizzato dall’effetto di risonanza, rendendo favorevole questo meccanismo di reazione (viniledri con gruppo alcossi elettron donatore si polimerizzano per via cationica). Se si ha invece un gruppo elettron attrattore che stabilizza invece i carbanioni, portando via carica negativa, allora si può utilizzare il meccanismo anionico. Ad esempio si utilizza un alcolato come iniziatore e si crea un carbanione che è stabilizzato dalla forma in cui è spostata la carica negativa su un atomo di azoto. CONFRONTO TRA I MECCANISMI A STADI E A CATENA 08 Le reazioni a E Sb catena sono molto più veloci e il peso molecolare sale rapidamente contrariamente - alle reazioni a stadi in cui il peso molecolare si mantiene basso finché non hanno reagitoo tutti i gruppi - al 100%. ob - 0 Il peso molecolare medio nelle reazioni a catena - oc non aumenta tanto ma aumenta la conversione da in - monomero a polimero. - e Nelle reazioni a catena ci sono delle reazioni non volute, quelle di fine di reazione, dove il radicale G muore perché urta contro un altro radicale oppure urta contro le pareti del recipiente; alla fine può rimanere del monomero non reagito. ra Il peso molecolare dei polimeri ottenuti nel processo a catena è legato al rapporto tra le varie tu velocità del processo (inizio, propagazione, termine e trasferimento); in certi casi si vuole far sì che ite il peso molecolare non cresca troppo aggiungendo specie chimiche che aumentano probabilità di termine. Nelle reazioni a stadi il peso molecolare cresce con il tempo di polimerizzazione: più si aspetta più aumenta il peso molecolare se si lavora in rapporti stechiometrici. Nelle reazioni a stadi possono reagire monomeri o oligomeri indifferentemente mentre nelle reazioni a catena la catena polimerica cresce per l’attacco di unità monomeriche. interazione con luce > - modificano proprietà chimico-fisiche Fotopolimeri- assorbe radiazione fotoiniziatore I ↳ ↳ la trasmette al polimero Fotopolimerizzazione a catena gruppo funzionale basso peso molecolare + X I ↳ formano polimero reticolato pos di fotoiniziatore bisogno # hanno due meccanismi di eccitazione diretta - irradiazione di uno dei gruppi e reazione ↳ fotoiniziatore > avviare reazione - si ottiene struttura reattività intrinseca di X 3 reticolata olegata 5 yr meccanismi con cui puòduvenire aumento solubilità ⑮scissione di fotopolimeri andrradiatinturlgamtottingente tivcheaiutalascissione deilegn in ↳ gruppi poto attivi nella catena > - irradiati causano la rottura Pascale/ Di Leo 15 Bionanotecnologie (Ciardelli) 24/03/2022 FOTOPOLIMERIZZAZIONE È alla base di vari processi, tra cui la fotografia. Un- 0 fotopolimero è una specie che, sottoposta ad interazione diretta o indiretta alla luce, varia le sue ② - - proprietà chimico-fisiche. - In genere ho un processo di polimerizzazione o depolimerizzazione indotto dalla luce e reso possibile O dalla presenza contemporanea di un fotoiniziatore, cioè una sostanza che -riceve la radiazione e poi C trasmette il tutto al polimero. I fotopolimeri possono essere monomeri o oligomeri (a basso peso - molecolare) che presentano un gruppo funzionale X che, irraggiato, fa partire una polimerizzazione a catena per formare una reticolazione. FOTOINIZIATORE: riceve la luce, forma un radicale, e poi trasmette al gruppo funzionale X che poi innesta la polimerizzazione. GRUPPI FUNZIONALI X: in certi casi possono essere fotoattivi e reagiscono con accoppiamento o dimerizzazione. Sb In genere questi polimeri hanno una forma a stella con n ramificazioni; se n = 0 si ha un polimero lineare. ob ⑳O - in - = e G ra ② - tu - ite ↑ nes a Ci sono altre formulazioni che possono portare a formazione di materiali a più alto/basso peso molecolare. ③ --o- - C’è un polimero che presenta i gruppi X e un secondo reagente con gruppi Y complementari. Quando si irraggia in presenza di un fotoinizializzatore si ha una reazione tra X e Y e questo fa sì che avvenga una reticolazione poiché si hanno gruppi polifunzionali con n > 0. 6 Pascale/ Di Leo 15 Bionanotecnologie (Ciardelli) 24/03/2022 ⑭ 8 -0 - In certi casi si ha una reazione fotoindotta in presenza o assenza del fotoinizializzatore che comporta una trasformazione dei gruppi funzionali pendenti (polimero aggraffato) e gli X si trasformano in Y con conseguente aumento di solubilità del polimero (serve nelle fotografie e nelle litografie). ⑤ Sb In certi casi i fotopolimeri possono subire reazioni di scissione se irradiati, si rompono i legami chimici in catena quindi il peso molecolare si abbassa e quindi si ottengono oggetti in realtà più ob solubili. Dopo l’irraggiamento si elimina il materiale irraggiato, mentre nei casi precedenti si rimuove in eventualmente il materiale non irraggiato. e G Proprietà MECCANICHE DEI POLIMERI ra Le proprietà meccaniche si testano sfruttando il fatto che la maggior parte dei polimeri sono E termoplastici e si fabbrica un provino ad osso di cane (ad esempio fondendo il polimero) con una tu sezione A0 e una lunghezza l0. ite O 7 Pascale/ Di Leo 15 Bionanotecnologie (Ciardelli) 24/03/2022 Ci sono due traverse, una fissa e una mobile, grazie a cui si può stirare il materiale per misurare la forza. Si deve operare in condizione controllata (temperatura e umidità idealmente costanti) e bisogna impostare una velocità a cui si deve muovere la traversa mobile; si misura la forza F necessaria e si ricavano lo sforzo σ = F/A0 e la deformazione A% = [(l-l0)/ l0]ˑ100. Si costruisce poi la curva sforzo-deformazione in cui viene riportata σ in funzione di ε. Queste curve per i polimeri non sono così predittive e realistiche come nei materiali metallici, però si utilizzano. S lineare SFOREO : = E no l %= Prima Fase : dipendenza Poi : si arriva a un massimo , punto di cedevolezza Deformazione : A. w punto dirottura O A. Energia richiesta per frattura tenace di energia Frattura fragile Sb ob In genere la partenza a bassi sforzi è lineare e il polimero ha un comportamento elastico; poi si inizia in a vedere la curva che si piega: questa parte è quella che viene definita deformazione visco-elastica. e A un certo punto (punto di snervamento o di Yield) la curva ha un massimo e, a sforzo costante, il polimero si allunga senza opporre resistenza fino a che non si arriva ad un punto di rottura. G Importante è il Epunto A dove finisce il comportamentoE - elastico: l’integrale della curva, cioè l’area Oper la co ra sottesa a essa, rappresenta l’energia frattura fragile. Tutto il resto che si vede nel grafico è l’energia richiesta per la rottura tenace, per la parte non tu fragile. ite Il punto B indica la resistenza a rottura. Un altro punto importante è l’allungamento a snervamento (e la corrispondente tensione). la pendenza della curva nel tratto lineare è il modulo elastico. di Poisson è alto Nei polimeri il rapporto , i provini snervano facilmente. La sezione non è costante , la curva vista non è quella renke > - polimero retroso ha comportamento elastico e si rompe presto semicristallini sotto Tg > sono vetrosi comportamento funido plastico semicristallini y oltre Tz - elastico e rottura - > elastomero Curva sforzo-deformazione ideale 8 Pascale/ Di Leo 15 Bionanotecnologie (Ciardelli) 24/03/2022 - Un polimero vetroso è molto fragile: ha un comportamento elastico e poi si rompe molto presto. - Un- semicristallino ha un comportamento molto simile. Se ci si sposta ad una temperatura compresa tra Tg e Tm si ha un comportamento diverso: una deformazione elastica e poi uno snervamento e un comportamento plastico. C Un elastomero ha un comportamento elastico ma con modulo estremamente basso: in realtà non è mai un comportamento puramente elastico per ma visco-elastico. Inoltre, presenta un nuovo irrigidimento dovuto all’irrigidimento sotto stiro. Normalmente i polimeri non hanno deformazioni lineari per piccole deformazioni; Solo quelli rigidi a temperature molto basse hanno un comportamento elastico simile a quello di un metallo. Il fatto che si veda il punto di snervamento così bene in realtà è un artefatto perché lo sforzo che si riporta è quello calcolato sulla sezione primitiva A0; quando si stira un polimero, questo crea quello che si chiama necking (da neck, collo) e la sezione reale diminuisce (strizione). Si applica quindi una forza su una sezione più minore e lo sforzo è quindi maggiore. Per questo motivo la curva dà informazioni nel confronto tra materiali ma non è una curva reale (curva ingegneristica). Sb ob possono essere usate per confrontare in qualitativamente vari polimeri e G ra tu ite Il - punto snervamento non è 0 preciso nei polimeri perché essi- snervano facilmente. Il modulo di Poisson, cioè il rapporto tra la deformazione longitudinale e quella trasversale, è maggiore perché il polimero tende a deformarsi più trasversalmente che longitudinalmente, per questo snervano e quindi la curva reale sarebbe quella tratteggiata in figura. Quando c’è il necking lo stress è ancora più complesso in quanto si hanno sezioni diverse in punti diversi del provino (curva corretta). Il polimero si restringe cambia A 0 e quindi F/A. 9 Pascale/ Di Leo 15 Bionanotecnologie (Ciardelli) 24/03/2022 Si può analizzare come si comportano i vari polimeri. CHANNO STRUTTURA NON ORDINATA  POLIMERI AMORFI - comportamento ↳ solido elastico Fluido viscoso E e Polimeri fragili e amorfi come il polistirene sono rigidi ed elastici. POLIMETILMETACRIATO Nel polimetalcrilato c’è una zona elastica (1) e una zona viscoelastica (2) in cui il polimero si - Sb comporta in parte come una molla e in parte come uno smorzatore (in parallelo, modello meccanico). ob  POLIMERI SEMI-CRISTALLINI in e G ra allungamento tu riduzione della sezione senza aumento trasversale G tensione ite di Si ha loC snervamento e poi si crea il neck. Non si vede più aumento dello sforzo all’aumentare della deformazione perché il materiale si sta allungando e di fatto si stanno orientando le catene polimeriche. IlOnecking può essere importante a livello di lavorazione dei materiali (strizione o stiro a freddo) perchè comporta la distensione delle E catene nelle zone amorfe che si orientano secondo lo stiro, così - - come i cristalliti. Per alti valori di deformazione si forma una strutttura fibrillare e in genere si fa tra la Tg e la Tm con velocità di deformazione di un certo valore. 10 comportamento tipico dei polimeri Pascale/ Di Leo r 15 Bionanotecnologie (Ciardelli) 24/03/2022 - VISCOELASTICITA’ È un comportamento misto sia viscoso che elastico. È una deviazione sia dalla legge di Hooke (molla) sia dalla legge di Newton (fluido con viscosità indipendente dal tempo). Quindi le deviazioni sono: 1) La6 - deformazione o velocità di deformazione possono non essere direttamente proporzionali allo sforzo; - 2) T -O O Lo sforzo può dipendere sia dalla deformazione che dalla velocità di deformazione (come pure da derivate superiori della deformazione rispetto al tempo): COMPORTAMENTO VISCOELASTICO. Per rappresentare questo comportamento in genere non sono tanto importanti le curve sforzo- - deformazione ma lo sono di più gli esperimenti di creep. Si va cioè a vedere la dipendenza dal tempo O dell’applicazione del carico. dell’allungamento Questo ha un interesse anche pratico (es: attaccapanni che ha un giubbotto appeso con un peso sempre uguale che produrrà quindi uno sforzo circa costante, se i polimeri con cui è fatto Sb l’attaccapanni avessero un creep e l’allungamento aumentasse nel tempo, il giubbotto arriverebbe a terra). ob in e G ra tu ite Si ha una deformazione elastica istantanea quando si attacca il giubbotto, una deformazione viscoelastica che dipende dal tempo di applicazione del carico secondo una legge esponenziale e infine ci può essere una componente plastica o visco-plastica che è un’integrazione della legge di Newton. 11 Pascale/ Di Leo 15 Bionanotecnologie (Ciardelli) 24/03/2022 Esperimento di creep dal punto di vista grafico: def. plastica def. viscoelastica def elastica Sb Si F applica lo stress e si misura ε in funzione di⑧ t. ob  OA: - deformazione elastica. 0 - - -  AB: esponenziale che rappresenta la deformazione viscoelastica in = -  BC:-deformazione puramente plastica. - - e Se si rimuove lo stress:

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