Chirurgia Generale 5 (1) PDF - 11/11/2024

Summary

This document discusses stomies, a surgical procedure that creates an opening to the outside of the body for a hollow internal organ such as the intestines. It details the different types, techniques, and purposes of stomies covering the intestines and urinary tract. It also touches on the issues faced when performing a surgical procedure.

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CHIRURGIA GENERALE LEZIONE 5, 11/11/2024 Stomie Quando viene realizzata una stomia si usa il termine “confezionare”. Il termine stomia indica un tratto di intestino tenue o vie urinarie o altro viscere cavo che viene attaccato alla cute e consente la fuoriu...

CHIRURGIA GENERALE LEZIONE 5, 11/11/2024 Stomie Quando viene realizzata una stomia si usa il termine “confezionare”. Il termine stomia indica un tratto di intestino tenue o vie urinarie o altro viscere cavo che viene attaccato alla cute e consente la fuoriuscita all’esterno di materiale organico, per esempio feci e urina. Quindi ha uno scopo sostitutivo nei confronti degli sfinteri naturali che non possono essere, per vari motivi, transitati da questo materiale organico. È anche importante per l’apporto alimentare come, per esempio, la gastrostomia che viene eseguita soprattutto su pazienti neurologici che hanno deficit nell’alimentazione, in questo caso, viene richiesto il posizionamento di un dispositivo che si chiama ‘PEG’, ovvero, una sonda alimentare che viene posizionata per via endoscopica internamente e poi viene portata anche verso l’esterno e consente di alimentare questi pazienti. Attraverso questo dispositivo può essere introdotto materiale semiliquido/liquido e a volte si può anche preparare a casa, quindi, non si parla di pazienti necessariamente ospedalizzati. La stomia può essere anche importante nel favorire gli scambi gassosi in condizioni critiche, l’esempio è la tracheostomia, cioè, l’abboccamento all’esterno della trachea che serve nel caso di pazienti che ventilano male o che hanno necessità di tipo ventilatorio e quindi serve come supporto rapido per favorire gli scambi gassosi. Possiamo identificare la stomia come una “bocca” tra un viscere cavo e la cute che viene confezionata artificialmente, da non confondere con la fistola che invece è una comunicazione ANOMALA tra un viscere cavo e un altro viscere o la cute. Quest’ultima attiene alla patologia mentre la stomia è un provvedimento terapeutico che può essere temporaneo o definitivo. Quindi, come già detto, si classificano in base a: § Tipo § Durata § Scopo § Organo utilizzato In base al tipo (che spesso coincide con la durata) abbiamo una stomia: Þ Terminale, essa può essere temporanea ma nella maggior parte delle situazioni è definitiva; Þ Laterale o a “canna di fucile”, per farla si crea un orifizio artificiale a livello della parete addominale e poi si tira sù un’ansa che viene ancorata per i primi 10 gg. a una bacchetta per evitare che si affossi, quindi, che vada giù. In questa stomia ci sono due bocche, non una, ovvero, quella prossimale da cui proviene tutto e quella distale che sarà collegata a quel tratto di intestino che si trova a valle e che dopo essersi svuotato sarà disabitato. La stomia laterale è quella che normalmente conviene quando si vuole fare una stomia temporanea. 1 In questa immagine vediamo una stomia in buone condizioni di salute, come si vede a destra c’è una bollicina d’aria perché si tratta della parte prossimale, ovvero, quella attraverso cui viene garantita la canalizzazione di gas e feci e quindi la bollicina ci dà segno del fatto che la stomia funziona. L’altro orifizio è quello che la collega alla parte distale, quella che si immagina si sia svuotata. A volte i pazienti riferiscono che nonostante abbiano messo il sacchetto continuano ad evacuare, in realtà quello che loro evacuano non sono feci ma materiale simile al muco, che viene prodotto dall’intestino disabitato ed è una sorta di reazione al digiuno. Per quando riguarda l’intestino parliamo di: Ileostomia; Colostomia. Per l’ileo può essere preso in considerazione qualsiasi segmento ideale, perché l’intestino tenue, in particolar modo digiuno e ileo, sono estremamente mobili quindi andarli a tirare su fino alla cute è un’operazione “fattibile” su tanti segmenti. Per quando riguarda il colon, invece, no perché ci sono segmenti fissi dati dal fatto che il peritoneo viscerale vi passa a ponte facendoli aderire alla parete addominale posteriore, questi segmenti sono colon ascendete e discendente. Quindi in base alla sede vengono scelti soprattutto o il sigma o il colon trasverso. Per l’apparato urinario, ci sono: Nefrostomia, per quanto riguarda la pelvi renale, che in genere è posteriore; Ureterostomia, per gli ureteri; Cistostomia, per la vescica. È molto difficile gestire le stomie urinarie perché le urine sono estremamente irritanti e quindi è importante porre particolare attenzione nella gestione. Lo scopo delle stomie è sia sostitutivo (quello di cui si è parlato finora) sia protettivo, per esempio, se si deve proteggere un’anastomosi (ovvero, un punto in cui le due bocce intestinali vengono unite dopo la resezione) è possibile che venga ritenuto opportuno non farle transitare dalle feci per dare modo all’anastomosi di consolidarsi e quindi a monte viene confezionata una colostomia/ileostomia, chiamata proprio di protezione, per proteggere dal passaggio di feci. Chiaramente questo genere di stomie ha un carattere temporaneo. COMPLICANZE DELLE STOMIE Tra queste abbiamo: - Necrosi - Distacco 2 - Stenosi - Prolasso - Ulcerazione - Ernia parastomale - Fistola (foto 1) Può succedere che tolto il tacchetto della stomia ci si trovi davanti a questa situazione, ovvero, un’ulcerazione della cute peristomale, nella foto però si vede che non c’è solo un’ulcerazione ma è come se ci fosse un avvallamento, come se la stomia fosse pronta a scendere giù, infatti, essa è pronta a staccarsi perché probabilmente c’è stato un difetto e la circonferenza è andata in ischemia. A volte questa condizione è dovuta alla presenza di punti troppo ravvicinati, in genere frutto del timore di non dare abbastanza punti per tenerla su e alla fine si va ad ischemizzare la circonferenza. Oppure il tratto di ansa che viene esteriorizzato è stato eccessivamente sclerotizzato, cioè, gli è stato tolto l’apporto ematico e il risultato è questa zona che sia avvia a diventare necrotica. In questo caso si avvisa subito il medico perché è una stomia che per il 90% va rifatta. (foto 2) Situazione peggiore è la necrosi completa del segmento stomizzato. Probabilmente il sacchetto non è stato rimosso per giorni, perché magari il paziente che è stato operato aveva una forma di ileo paralitico e non è stato canalizzato per 2-3 gg. Toccando il sacchetto si sentiva che era vuoto e quindi non è stato rimosso, perché questa è una necrosi che non avviene in un giorno. Lo stato del viscere esteriorizzato va sempre controllato. (foto 3) Questo è un prolasso della stomia, si tratta di una paziente obesa e quindi sicuramente ha una lassità nei tessuti e nelle fasce. Se c’è un prolasso significa che la stomia non funziona bene. La differenza tra prolasso ed ernia: nel prolasso il viscere prende contatto con l’esterno, mentre nelle ernie esse sono sempre ricoperte da uno strato di cute. 3 GESTIONE DEL PAZIENTE STOMIZZATO E DELLA STOMIA Spesso queste due sono problematiche sono interconnesse perché il paziente stomizzato è un paziente difficilissimo, è diffidente, si vergogna, non accetta la stomia. Ci sono pazienti che reagiscono, che se la gestiscono bene e sono in grado anche di gestire la frequenza dell’evacuazione trans stomia soprattutto se si tratta di colostomia (con feci solide), ma anche nel caso dell’ileostomia perché con il tempo l’ileo si specializza anche nel riassorbimento di acqua ed elettroliti. (Esistono dispositivi di occlusione della stomia, ovviamente temporanei, per condurre una vita quanto più normale possibile). La gestione della stomia dipende dall’organo, dal tipo di stomia e dall’età della stomia, nel senso che, più è consolidata più è facile gestirla perché il paziente si è abituato, i punti non sono più freschi e si sono riassorbiti, ecc… La gestione, quindi, è fatta da cura della cute peristomale e cura dello stoma. Questi sono i più comuni dispositivi che si usano per la ileostomia e per la colostomia. Per la ileostomia si guarda l’ultima foto a destra, si vede che il sacchetto in basso finisce ad imbuto, infatti, si tratta di un sacchetto svuotabile in quanto l’operazione più semplice e consigliata è quella di non staccare il sacchetto ma svuotarlo, poiché, esso si può riempire anche 6-7 volte al giorno. Il sacchetto a fondo aperto è più idoneo per l’ileostomia e quello a fondo chiuso per la colostomia. Questi sacchetti vengono ancorati alla cute o direttamente, tramite adesivo, oppure attraverso un sistema cosiddetto “a due pezzi”, cioè c’è una placca che viene modellata secondo il calibro della stomia su cui si attaccano i sacchetti che vanno cambiati. Le forbici nella prima immagine non sono messe a caso, ma servono per modellare il calibro della placca secondo quello del viscere stomizzato. È importante ritagliare il foro del sacchetto delle stesse precise dimensioni della stomia perché altrimenti la cute peristomata si infiamma e questo costituisce un problema. Come si pulisce la stomia: - se è stata confezionata da poco e ci sono ancora i punti, si usa la soluzione fisiologica; - se è vecchia va pulita con acqua, perché comunque è cute. Litìasi biliare Presenza di uno o più calcoli nella colecisti e/o nelle vie biliari. 4 Litiasi non è un termine da attribuire esclusivamente alle vie biliari, è esteso anche alle vie urinarie, ma si può parlare anche di litiasi salivare, in questo caso i calcoli sono a carico delle ghiandole salivari e le coliche si verificano quando aumenta la produzione di saliva per l’acquolina in bocca vedendo il cibo o quando viene fame. Non tutti i calcoli sono così pietrificati, però, molti hanno la caratteristica di essere mescolati con i sali di calcio e difficilmente possono andare incontro a disgregazione. ANATOMIA Nella zona sovra mesocolica c’è un affollamento perché sono presenti il fegato, le vie biliari, dietro ci sono il pancreas, la milza e a seguire lo stomaco, il duodeno, il quale disegna una C dove si trova incavata la testa del pancreas. Il fegato sulla sua faccia postero-inferiore accoglie la colecisti che fa parte delle vie biliari. Le vie biliari sono costituite da una serie di dotti che nascono nel fegato e si continuano con i duttoli e dotti biliari, fino a convergere nelle strutture principali che sono il dotto epatico di destra e il dotto epatico di sinistra, i quali convergono a loro volta nel dotto epatico comune. Quest’ultimo rappresenta la porzione delle vie biliari extraepatiche. Qua confluisce anche la via biliare accessoria che è rappresentata dalla colecisti con il dotto cistico, quest’ultimo all’interno presenta una frastagliatura data dalla presenza di valvole, le valvole del cistico. Esse hanno una funzione correlata a quella della colecisti che non è un semplice serbatoio ma anche un condensatore della bile. Infatti, la colecisti non si limita a riempirsi di bile ma la concentra attraverso un riassorbimento del 90% dell’acqua. Quindi nella colecisti la bile è molto più concentrata di quando viene prodotta dal fegato. La presenza del cistico valvolato fa si che la colecisti come si è appiattita non così facilmente si svuoti, si svuoterà per una contrazione attiva mediata dalla digestione: quando il bolo arriva nel duodeno, il contatto, la distensione ma anche il ph stimola i recettori per il rilascio della colecistochinina, la quale determina la contrazione della colecisti mettendo la bile a disposizione del duodeno dove è arrivato il bolo. La bile serve per digerire ed emulsionare i grassi. Il dotto epatico comune, che prende il nome di coledoco nella parte terminale, converge con il dotto cistico e sbocca nella seconda porzione duodenale, tramite lo sfintere di Oddi, a livello del collo dell’ampolla di Vater che ha il compito di regolare il deflusso della bile e di impedire il reflusso del contenuto duodenale nel coledoco. A livello dello sfintere di Oddi si trova anche lo sbocco del dotto principale del pancreas, il dotto di Wirsung. 5 La litiasi biliare è molto diffusa nei paesi occidentali sia perché la popolazione è geneticamente più predisposta sia per l’alimentazione. Nel 70% dei casi è asintomatica, i pazienti, infatti, possono accorgersene con radiografia dell’addome superiore. È più frequente nel sesso femminile e recentemente ne è stata verificata anche una predisposizione genetica correlata al metabolismo e trasporto del colesterolo a livello epatico con conseguente modificazione della sua concentrazione della bile. Quindi, il fatto che le donne siano più predisposte è causato proprio dal colesterolo, però non solo, anche dagli ormoni steroidei, quindi, il metabolismo di estrogeni e progesterone. La litiasi biliare è conosciuta anche come Malattia delle 5 F: o Femal, sta per essere donna; o Fertil, essere una donna che ha avuto una vita fertile, perché c’è differenza tra nullipara e pluripara, infatti, la pluriparità espone a maggior rischio nella formazione di calcoli della colecisti e delle vie biliari soprattutto se la donna è anche in sovrappeso; o Forty, se la donna è nella terza e quarta decade di vita e questo è collegato al fatto che c’è più probabilità di essere pluripara; o Fatty, si riferisce a donne in sovrapeso; o Flatulent, fa riferimento ad una paziente che è già sintomatica e inquadra un quadro clinico che è quello della dispepsia, ovvero, cattiva digestione, persone che non digeriscono o lo fanno dopo ore soprattutto quando mangiano i grassi. COME SI FORMANO I CALCOLI Per capirlo è bene ricordare la bile è il prodotto della secrezione continua degli epatociti che arriva fino a 1,5L al giorno, è formata per il 90% da acqua e per il 10% da soluti quali colesterolo, acidi biliari, fosfolipidi soprattutto lecitina, proteine, bilirubina ed elettroliti. Ha un ph costantemente alcalino, a differenza del succo gastrico che ha un ph prevalentemente acido che varia durante la giornata in base alla dieta. La bile favorisce i meccanismi di digestione ed assorbimento intestinale di nutrienti e vitamine liposolubili, attraverso un meccanismo di emulsione operato dagli acidi biliari che sono derivati del colesterolo. Gli acidi biliari sono il prodotto finale del metabolismo del colesterolo e vengono coniugati con glicine e taurina per formare i sali biliari. Sono inoltre fondamentali per la regolazione della secrezione biliare e per la solubilizzazione micellare in acqua delle molecole grasse. La bile, inoltre, regola l’eliminazione dall’organismo ed il pool corporeo di colesterolo, bilirubina e sali biliari attraverso la circolazione entero-epatica, elimina farmaci e cataboliti ormonali, e infine, ha azione batteriostatica, ovvero i suoi componenti consentono entro certi limiti di bloccare la moltiplicazione dei batteri presenti. La proporzione tra acidi biliari, colesterolo e fosfolipidi gioca un ruolo importante nella formazione dei calcoli, nella precipitazione del soluto perché finché esso sta in soluzione il calcolo non si forma. Questi tre elementi sono quelli più frequentemente incriminanti nella formazione di calcoli insieme a una co-protagonista che è la bilirubina. 6 Il colesterolo è sostanzialmente una molecola idrofoba quindi in una soluzione acquosa si trova sotto forma di aggregati chiamati micelle, esso sta al centro di queste strutture ed è circondato da delle molecole che sono date dagli acidi biliari e dai fosfolipidi che espongono nella parte periferica il polo idrofilo e nella parte interna il polo idrofobo, quindi, verso il colesterolo. Nei soggetti in cui il colesterolo aumenta, gli elementi che garantiscono la formazione degli aggregati non riescono a compensare e quindi esso rimane fuori dalle micelle, dal momento che all’interno della bile sono presenti anche i Sali di calcio, questo unendosi con il colesterolo in eccesso andrà a formare i calcoli. Il colesterolo può aumentare o perché lo produce il soggetto o perché c’è una fase particolare che è la gravidanza durante la quale gli estro-progestinici sono talmente elevati e immettono grandi quantità di colesterolo. Queste sostanze che sono estrogeni e progesterone vengono metabolizzate dal fegato e avendo un nucleo sferico ciò che si forma è la molecola del colesterolo, di colore giallino. BILIRUBINA Un'altra componente importante per comprendere la formazione dei calcoli all’interno della colecisti è data dalla bilirubina. Essa è il prodotto finale della degradazione dell’EME che è la parte non proteica dell’emoglobina, infatti, quest’ultima è formata da una parte proteica e da un gruppo prostetico (o EME), capace di legare, attraverso un atomo di ferro, l’ossigeno. L’emoglobina viene scissa in queste due componenti ed è proprio il metabolismo dell’eme che produce la bilirubina che ha la caratteristica di dare la tipica colorazione giallo-verde alla bile. La bilirubina non può essere secreta direttamente nella bile perché prima deve essere resa idrofila, e quindi, arriva al fegato che legandola all’acido glucuronico, la rende idrosolubile, diventando bilirubina coadiuvata idrosolubile. Esistono due forme di bilirubina: Bilirubina coniugata con l’acido glucuronico (diretta), cioè lavorata dal fegato e resa idrosolubile, ed è quella che si trova nella bile; Bilirubina non coniugata (indiretta), insolubile, lipofila. La bilirubina coniugata viene immessa nella bile, eliminata nel duodeno e viene in qualche modo riassorbita a livello intestinale realizzando uno dei tanti circoli entero-epatici; una volta riassorbita, va in circolo sotto forma di bilirubina coniugata. Ma quand’è che questa bilirubina può essere implicata nella composizione dei calcoli all’interno della colecisti? Quando c’è un iper-afflusso di bilirubina nel fegato. Questo avviene perché probabilmente c’è una degradazione massiva dei globuli rossi che quindi 7 libera emoglobina che arriva al fegato e si produce bilirubina che viene poi, coniugata all’acido glucuronico. I calcoli di bilirubina sono tipici dei bambini con anemie emolitiche, questi hanno una colorazione scura (quasi nera) e sono piccoli. Se nel bambino vengono trovati calcoli nella colecisti al 95% sono calcoli pigmentari bilirubinato, il colore bilirubinato si ottiene dalla rottura del globulo rosso. A livello intestinale la bilirubina coniugata che arriva, dopo essere stata riversata ed eliminata dalla bile, viene trasformata ad opera degli enzimi della flora batterica in bilinogeni, che tra l’altro gli conferiscono la colorazione tipica alle feci. Questi bilinogeni per la maggior parte vengono eliminati con le feci sottoforma del loro prodotto di ossidazione, il resto viene assorbito attraverso il circolo entero-epatico. La maggior parte dei casi i calcoli biliari sono di colesterolo e calcio. Si realizza una situazione tale che se la bile è soprassatura di colesterolo, si riducono gli acidi biliari e i fosfolipidi che ne mantengono la soluzione, spesso si associa all’infezione perché c’è una maggiore quantità di calcio, si produce muco che facilita la lineazione e la stasi facilita la precipitazione del colesterolo con il calcio. Quindi questi tre fattori: ipercolesterolemia assoluta o relativa, l’infezione e la stasi sono fattori che forniscono la produzione dei calcoli. TIPI DI CALCOLI BILIARI Nell’80% dei casi i calcoli sono: Di colesterolo; sembrano dei fiorellini di mimosa, caratterizzati dal fatto che sono molto friabili. Di combinazione; Misti costituiti soprattutto da colesterolo (70%), sali di calcio, bilirubina, proteine, acidi biliari, detriti. Il calcio è uno degli elettroliti che rientra nella composizione della bile. Meno frequenti sono i calcoli pigmentari (Sali di bilirubina) che prevedono una grande quantità di bilirubina che arriva al fegato in condizioni particolari come un’emocateresi aumentata (una distruzione dei globuli rossi superiore a quella routinaria), malattie congenite ed emolitiche, es. soggetti talassemici. DOVE SI FORMANO I CALCOLI I calcoli si formano principalmente nella colecisti, dove la bile è più concentrata. Inoltre, hanno la tendenza a migrare dalla colecisti in altri distretti causando danni. Alcuni calcoli si formano, spontaneamente o per migrazione, superato il dotto cistico ed altri ancora si formano all’inizio e nella parte terminale del coledoco, andando ad occludere la papilla del Vater. 8 SINTOMATOLOGIA La calcolosi della colecisti nel 70% dei casi è asintomatica, i pazienti infatti possono accorgersene con radiografia dell’addome superiore. Nel restante 30% dei casi i soggetti hanno dei sintomi, quali: Þ Dispepsia, comunemente chiamata cattiva digestione, che è un sintomo generico non specifico; Þ Colica biliare, segna il passaggio dalla fase sintomatica o paucisintomatica all’esplosione della sintomatologia. SINDROME DISPEPTICA, caratterizzata da: o Dolenzia all’epigastrio e/o all’ipocondrio destro; o Nausea; o Eruttazioni; o Cefalea. COLICA BILIARE, sintomatologia: § Dolore intenso postprandiale in ipocondrio destro, questo dolore è crescente e raggiunge un’acme che dura per varie ore, circa 6-7; solitamente si presenta dopo pasti in cui c’è stata una buona emissione di grassi. § Irradiazione alla regione sottoscapolare e della spalla destra; § Vomito alimentare e/o biliare, sintomo riflesso. A che cosa è dovuto il dolore? Nell’apparto digerente la maggior parte dei recettori del dolore sono dei pressocettori; nei pazienti con calcolosi, durante lo svuotamento della colecisti, i calcoli si piazzano allo sbocco del dotto cistico impendendo lo svuotamento della stessa e si viene a creare una sorta di ipertensione che determina dolore. Per questo il soggetto a digiuno o che ha mangiato in bianco non percepisce dolore, perché la colecisti si svuota poco e non c’è l’impulso allo stimolo della contrazione energica. Nausea e vomito sono sintomi riflessi, il paziente con questi sintomi è allievato dal dolore in quanto lo stomaco si svuota. Nei casi più gravi può interessare la capsula che riveste il fegato, la capsula di Glisson che è innervata da piccoli rami del nervo frenico, ecco perché il dolore arriva all’angolo della scapola. Solitamente vengono utilizzati gli antispastici che permettono alla colecisti di non spremersi, rilasciandola. COMPLICANZE DELLA LITIASI DELLA COLECISTI Colecistite acuta, infiammazione che rappresenta uno degli interventi di urgenza, a volte si può perforare la parete e dare luogo alla peritonite biliare; Litiasi del coledoco, via biliare principale; Colangite che è l’infiammazione delle vie biliari procurata appunto dalla stasi della bile, sono calcoli che migrano; Pancreatite acuta biliare; Ileo biliare o occlusione. 9 In generale la calcolosi della colecisti è una malattia assolutamente benigna, però se ci sono delle condizioni particolari che determinano una compromissione della qualità di vita della paziente, o se i calcoli sono piccolini chiamati microliti che tendono a emigrare, il consiglio è di rimuovere la colecisti. La microlitiasi biliare è sicuramente più pericolosa rispetto ad un unico calcolo biliare all’interno della colecisti, non bisogna spingere le persone ad un intervento chirurgico però è importante renderle consapevoli del fatto che la presenza di un singolo calcolo può dare problemi ma non così acuti come l’ittero ostruttivo ed altro ancora. Quali calcoli determinano un’occlusione intestinale? Si potrebbe dire i microliti che migrano nel coledoco perché sono di dimensione che difficilmente vanno ad occludere l’intestino. Ci sono però dei casi eccezionali in cui i calcoli presenti nella colecisti da molto tempo, possono, attraverso ad una fistolizzazione con il duodeno, passare attraverso quest’ultimo andando ad occludere l’intestino. È una situazione che si vede con una certa rarità ma può succedere. Detto ciò, non è difficile immaginare la sintomatologia dei calcoli che dalla colecisti si sono spostati nel duodeno. Sono responsabili di una triade sintomatologica tipica: 1. Dolore, dovuto alla distensione del viscere al di sotto dell’ostacolo; 2. Ittero ostruttivo da stasi biliare, perché la bile non passa più, dovuto all’aumento della bilirubina. 3. Febbre dovuta dalla colangite, in quanto la bile non è un fluido sterile, infatti, in essa albergano dei germi (es. salmonella). Questa triade è chiamata TRIADE DI CHARCOT caratterizzata da questa sequenza temporale. L’ostetrica si deve fare carico della salute della dona a 360 gradi e deve essere in grado di consigliare professionisti adatti per quell’esigenza. Molte volte la donna si confida di più con un’ostetrica piuttosto che col dottore. ITTERO L’ittero è un segno e non un sintomo, in quanto i pazienti non hanno dolore. È la colorazione giallastra di cute, sclere e mucose, dovuta all’aumento della concentrazione di bilirubina nel sangue. Nei neonati si verifica perché il fegato ancora non è maturo, non è pronto per metabolizzare e coniugare, in questo caso si parla di bilirubina liposolubile, quindi non coniugata e quando i livelli sono molto alti si può arrivare all’ittero nucleare. E questo è un ittero medico. Si verifica l’ittero quando la concentrazione di bilirubina sierica supera i 3-4 mg/dL. L’aumento della bilirubina non è soltanto appannaggio dell’ittero colestatico ostruttivo, ma può essere appannaggio di tante altre situazioni. L’epatocita tra i vari compiti ha quello di prendere la bilirubina che arriva con il sangue, coniugarla con l’acido glucuronico e immetterla nel polo biliare. 10 L’ittero insorge quando nel sangue c’è un arrivo enorme di bilirubina e l’epatocita non riesce a coniugarla tutta, questo accade nelle malattie emolitiche, quando l’epatocita non funziona bene ed è ammalato ad es. epatiti acute o virali da virus A, B e C. Generalmente, però, il paziente con epatite ha un sub-ittero. Questi sono itteri medici cioè a bilirubina non coniugata; invece, l’ittero chirurgico è di tipo ostruttivo, la causa non risiede nell’epatocita, in quanto ha immesso la bilirubina coniugata nella bile, ma c’è un problema che impedisce alla bile di defluire nel duodeno. Quello che succede, in generale, quando è presente un’ostruzione di varia natura a livello di una via biliare, epatica, ecc… è un avvenimento inverso. Esempio pratico: quando abbiamo una tubatura di scarico ostruita, se noi continuiamo a buttare acqua in questi scarichi, l’acqua in qualche modo tende a risalire. E succede proprio così anche in questo caso che, la bilirubina nel sangue aumenta a causa di flusso inverso, dovuto alla stasi biliare, dal polo biliare dell’epatocita la bilirubina coniugata, ritorna nel sangue. L’ittero ostruttivo è un ittero con bilirubina diretta o coniugata, cioè quella in cui l’epatocita si era già occupato di coniugare perché il problema non sta nel fegato, ma sta a valle. Ed è un problema di tutti gli itteri chirurgici. SUBITTERO Valori di bilirubina compresi tra 1,5 - 2,5mg%, comporta una colorazione giallastra di sclere e mucose. ITTERO FRANCO Valori di bilirubina maggiori di 3 mg %, si ha estensione della colorazione giallastra anche alla cute. CAUSE DELL’OSTRUZIONE 1. CAUSE INTRALUMINALI § Calcolosi; § Parassitosi, ci sono parassiti intestinali che hanno la caratteristica di colonizzare l’intestino ed entrare attraverso la papilla nelle vie biliari; § Coaguli ematici, durante gli interventi chirurgici, endoscopici o procedure diagnostiche sul fegato (tac guidate, tac eco-guidate, biopsie) si possono creare delle microlesioni con conseguente emorragia delle vie biliari, oppure in pazienti che hanno coagulopatie. 2. CAUSE PARIETALI § Atresie e stenosi congenite; § Stenosi infiammatorie; § Neoplasie della papilla e/o delle vie biliari; § Lesioni chirurgiche, risarcibili. Ad es. durante un intervento di colecistectomia, il chirurgo potrebbe scambiare il dotto cistico con il coledoco perché ci sono delle anomalie anatomiche di disposizione, oppure lesioni durante l’intervento che determinano una stenosi, cioè un restringimento cicatriziale delle vie biliari. 11 In tutti i casi il problema è il mancato deflusso della bile attraverso la via biliare principale e quindi viene parzialmente ostruito 3. CAUSE ESTRINSECHE § Neoplasie epatiche, testa pancreas, etc; § Formazioni cistiche o aneurismatiche adiacenti le vie biliari; § Tumefazioni linfonodali. A determinare l’ittero ostruttivo, la cui genesi è dovuta ad un mancato reflusso della bile, sono appunto queste cause. Nella migliore delle ipotesi determinata anche dalla presenza di cisti, nella peggiore delle ipotesi invece determinati da natura maligna. SINTOMATOLOGIA DELL’ITTERO OSTRUTTIVO § Ittero, colorazione giallastra della cute e delle mucose, è il segno in sé per sé; § Feci ipo-acoliche, cioè scolorite o comunque biancastre, perché con la bile passano solitamente i derivati della bilirubina (bilinogeni) capaci di dare il colore caratteristico alle feci. Dato che la bile ha uno stop relativo o assoluto, non può passare e le feci saranno scolorite; § Urine ipercromiche, la bilirubina coniugata con l’acido glucuronico per diventare idrofila attraversa il filtro renale e quindi questi pazienti avranno delle urine ambrate (color marsala, sono urine con presenza di bilirubina); § Dolore, anche se non è detto che ce l’abbia; meglio, comunque, un ittero con dolore che senza dolore, perché in genere un ittero con dolore è dovuta ad un’ostruzione acuta del coledoco; § Coliche biliari / dolore gravativo (senso di peso); § La presenza dei sali biliari in circolo che sono defluiti insieme alla bilirubina è in grado di dare prurito, determinando una sollecitazione delle terminazioni cutanee. § Bradicardia, soprattutto nei soggetti anziani; Professoressa Cudia Sbobinatrici: Gaia Sabatino Tiziana Porcasi. 12

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