Legami ad Idrogeno - Chimica - PDF

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Bernardino Telesio

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legame ad idrogeno chimica interazioni intermolecolari biologia

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Questo documento discute il legame ad idrogeno, un tipo di interazione intermolecolare. Fornisce esempi e spiegazioni relative alla chimica degli idrogeni. Il documento è un riferimento per gli studenti di chimica.

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IL LEGAME AD IDROGENO Visionando il grafico in figura si notano i diversi punN di ebollizione appartenenN a composN binari , ovvero composN cosNtuiN da idrogeno ed un elemento x della tavola periodica, scelto in base al periodo d’...

IL LEGAME AD IDROGENO Visionando il grafico in figura si notano i diversi punN di ebollizione appartenenN a composN binari , ovvero composN cosNtuiN da idrogeno ed un elemento x della tavola periodica, scelto in base al periodo d’appartenenza (asse delle ascisse). La scelta di prendere in considerazione gli elemenN in base al periodo della tavola periodica deve far pensare all'ele-ronega:vità. DifaX è questa la discriminante da cui derivano le differen: temperature d’ebollizione. Tra tuX i composN è impossibile non notare che l’acqua ha un punto di ebollizione decisamente più alto rispe>o a tuX gli altri composN consideraN: perché oltre alle forze di London presenta legami ad idrogeno, più forN. Affinché si crei il legame ad idrogeno la molecola deve avere un atomo fortemente ele-ronega:vo che possa legarsi ad un atomo di idrogeno. L’idrogeno infaX fa da ponte tra due atomi con parziale carica negaNva (dotaN di elevata ele>ronegaNvità) quali possono essere azoto, ossigeno e fluoro. E’ necessario ricordare che il legame ad idrogeno è comunque un legame debole, sempre dipendente dalla presenza di un dipolo, con una sola differenza: in questo caso il dipolo è permanente (ma rimane comunque un livello di flu>uazione ed è sempre necessaria la stre>a vicinanza tra molecole affinché il legame si realizzi). L’esempio più eclatante del legame ad idrogeno è la molecola d’acqua, ma anche l’ammoniaca (NH3) è cara>erizzata dalla stessa interazione debole. La presenza di più legami ad idrogeno consente la realizzazione di tuX i legami possibili, ma di base vengono realizzaN solo quelli necessari al mantenimento del composto nel suo stato fisico. Ad esempio l’acqua liquida è cosNtuita solamente da 3 legami ad idrogeno, mentre il ghiaccio avendo una stru>ura cristallina più rigida necessita di 4 legami ad idrogeno. I doppieX ele>ronici non condivisi, come quelli presenN nell’ossigeno o nell’idrogeno, conferiscono alla molecola una parziale carica negaNva e favoriscono la formazione del legame ad idrogeno. Come si può vedere dall’immagine solitamente vengono uNlizzaN dei traXni per mostrare la presenza di un’interazione debole e facile da rompere (per i legami covalenN si uNlizza il tra>o ne>o). E’ possibile individuare un acce>ore ed un donatore dell’idrogeno che fa da ponte: tendenzialmente fungono da acce>ori l’ossigeno o l’azoto, mentre il donatore è un altro atomo ele>ronegaNvo. Esempi di legami ad idrogeno di importanza biologica: tra il gruppo ossidrilico dell’alcool e l’acqua tra un gruppo carbonilico e l’acqua (ad esempio tra il carbonilico del chetone e l’acqua) tra due basi azotate complementari (in modo da garanNre la stabilità della doppia elica): l’interazione tra le basi è garanNta dai legami ad idrogeno, nello specifico due legami tra adenina e Nmina e tre tra citosina e guanina. Quest’interazione consente di mantenere una stru>ura ripeNNva e stabile per tu>a la dimensione del DNA. tra enzima e substrato: in questo caso il complesso enzima-substrato è mantenuto da interazioni ioniche (NB non sono legami ionici ma interazioni tra cariche diverse presenN sui due elemenN soggeX al legame), legami ad idrogeno ed interazioni idrofobiche. CARATTERISTICHE CHIMICO FISICHE DELL’H20 L’acqua è fondamentale per la vita: cosNtuisce il 75% del peso corporeo di un neonato, il 60% del peso di un adulto (di cui il 40% fa riferimento ad acqua intracellulare ed il 20% ad acqua extracellulare es. plasma, liquidi intersNziali). L’adulto ricambia giornalmente il 6% del contenuto idrico totale. L’importanza biologica dell’acqua è stre>amente correlata alla sua capacità di formare legami ad idrogeno. Le principali cara>erisNche sono: elevato punto di ebollizione (-80° teorici considerando solo le forze di Van Der Waals, 100° contando anche i legami ad idrogeno) elevato punto di fusione (-90° teorici e 0° effeXvi) elevata tensione superficiale importanN proprietà solven: : le molecole per sciogliersi in acqua devono essere o ioniche o polari (ndr il simile scioglie il simile, i composN apolari come ad esempio l’olio non possono essere sciolN in acqua.) La solubilità di un composto dipende dalla capacità delle sue molecole di interagire con l’acqua (devono essere circondate da un alone di idratazione). La dissoluzione dello zucchero da cucina in acqua è un esempio di interazione dipolo-dipolo (NB il saccarosio non può essere “ro>o” separando le sue parN, per cui viene solubilizzato nella sua totalità), mentre ad esempio la dissoluzione di sale da cucina è un esempio di interazione ione-dipolo. Il sale si scioglie perché l’acqua riesce a penetrare il reNcolo cristallino circondando le molecole per formare un alone di idratazione (le molecole d’acqua si dispongono in modo da mantenere la componente carica negaNvamente verso il sodio, mentre la componente più posiNva sarà rivolta verso il cloro. SOLUZIONI E SOLUBILITÀ Le soluzioni sono miscugli omogenei, tendenzialmente si tra>a di solidi disciolN in un liquido: il solido prende il nome di SOLUTO (ed è presente in quanNtà minore) mentre il liquido in cui è solubilizzato si chiama SOLVENTE (sostanza nell’ammontare maggiore). Nelle soluzioni omogenee i soluN: si diffondono uniformemente in tu>a la soluzione (dunque non sono disNnguibili) non si separano mediante filtrazione ma possono essere separaN tramite evaporazione se sono invisibili la soluzione risulta trasparente se coloraN possono dare colore alla soluzione Una soluzione è definita satura se conNene la quanNtà massima di soluto solubilizzabile ad una data temperatura. Può verificarsi la formazione di precipitato (residuo di soluto sul fondo della soluzione), in questo caso la soluzione è sovrasatura. Al contrario, definiamo una soluzione “insatura” quando il soluto è presente in quanNtà inferiore e dunque la soluzione è ancora in grado di sciogliere altri grammi di soluto. In una soluzione satura vi è un equilibrio dinamico tra il soluto sciolto e quello non sciolto. La solubilità di una soluzione dipende da diversi parametri, come: :po di soluto :po di solvente pressione (se ad esempio il soluto è un gas) temperatura La solubilità di una sostanza in un solvente indica la massima quanNtà di soluto che può essere sciolta in un solvente, senza che si formi un precipitato. Il modo più semplice per determinare la solubilità di una soluzione è valutarne la concentrazione. Per esprimere la concentrazione di un soluto in una soluzione possiamo uNlizzare varie diciture, quali: -grammi per cento peso/peso ⇒ g di soluto in 100 g di soluzione -grammi per cento peso/volume ⇒ g di soluto in 100 mL di soluzione -per cento volume/volume ⇒ mL di soluto in 100 mL di soluzione Definendo le soluzioni è uNle ricorrere alle moli come unità di concentrazione. La mole (mol) è la quan:tà di sostanza in grammi pari al peso atomico o molecolare. Le reazioni avvengono non solo in base alla quanNtà in grammi ma anche alle quanNtà in moli: ci deve essere equimolarità. Ad esempio, nella formazione di acqua, se vogliamo far reagire idrogeno molecolare ed ossigeno molecolare non possiamo uNlizzare 2 kg di H2 ed 1 kg di O2, infaX occorre considerare che una molecola di O2 pesa 32 g mentre una molecola di H2 pesa 2 g. Affinché la reazione avvenga dobbiamo far in modo di combinare quanNtà uguali di molecole: occorre dunque un valore di riferimento standard: il numero di Avogadro, che corrisponde al numero di parNcelle che in grammi pesano come l’unità di formula ed ha un valore di 6, 022 ) 1023. Vi sono delle nozioni base indispensabili per lo studio della chimica inorganica: L’unità di massa atomica (u.m.a) corrisponde alla dodicesima parte dell’isotopo 12C → equivale ad un dalton:1, 66 ) 10−24 Il peso atomico è la media ponderale di tuX i pesi atomici degli isotopi dell’elemento, cioè si riferisce alla percentuale di abbondanza naturale degli isotopi. Il peso molecolare è la somma dei pesi atomici di tuX gli atomi contenuN in una molecola. La legge della conservazione della massa, che enuncia: in una reazione chimica la massa dei reagenN è esa>amente uguale alla massa dei prodoX LA CONCENTRAZIONE DI UNA SOLUZIONE La concentrazione di un soluto in una soluzione può essere espressa in termini di: MOLARITÀ ⇒ moli di soluto per litro di soluzione MOLALITÀ ⇒ moli di soluto in 1 kg di solvente L’immagine so>ostante mostra i passaggi che consentono di passare da una modalità di espressione della concentrazione ad un’altra. Vi sono delle concentrazioni plasmaNche di alcuni soluN che devono necessariamente essere mantenute stabili in precisi valori, come mostrato nell’immagine. INTERAZIONI IDROFOBICHE: soluE apolari Nelle soluzioni apolari il soluto si dispone in modo da formare il clatrato (nucleo idrofobico) : se si me>ono delle gocce d’olio nell'acqua queste si raggrupperanno per formare un cuore idrofobico in modo da avere meno conta>o possibile con il solvente. Questo raccoglimento in un unico luogo della soluzione origina una riduzione d’entropia. LE PROPRIETÀ COLLIGATIVE DELLE SOLUZIONI Sono definite “proprietà colligaNve" quelle proprietà del solvente che vengono modificate dall’interazione dello stesso con il soluto. Esse dipendono dal rapporto del numero di par:celle di soluto sul numero di par:celle del solvente e non dalla natura chimica, dalla forma o dalla dimensione. Aggiungendo al solvente una quanNtà di soluto o>engo: abbassamento della tensione di vapore (il sale nell’acqua che bolle fa diminuire il numero di parNcelle che evaporano) innalzamento ebullioscopico (il sale nell’acqua fa alzare la temperatura a cui bolle) abbassamento crioscopico (acqua da sola e acqua e zucchero hanno diversi punN di congelamento, la seconda soluzione ha bisogno di più tempo per congelarsi) aumento della pressione osmoNca PRESSIONE OSMOTICA Nell’immagine abbiamo un becher in cui inseriamo un secondo contenitore più piccolo, non sigillato, che possa comunicare con il becher in cui è inserito, facendo passare solamente il solvente e non il soluto (ad esempio chiudendo il fondo con una garza o qualche altro materiale filtrante) Supponiamo di avere il soluto solo nel contenitore interno: noNamo che alcune molecole presenN nel contenitore più esterno tenderanno a migrare nel contenitore minore per solubizzarne il contenuto. Si raggiungerà quindi, grazie a questo flusso d’acqua, una condizione di equilibrio rispe>o alla concentrazione nei due contenitori (che ora si equivarrà). La pressione osmo:ca è la pressione esercitata dalla colonna idrosta:ca di altezza h (corrisponde alla differenza tra i livelli di liquido nei due recipienN dell’immagine) ed è dire>amente proporzionale a: molarità del soluto temperatura assoluta fa>ore di van’t Hoff ⇒ numero di parNcelle liberate in soluzione da ogni unità formula del soluto costante dei gas ⇒ 0.821 litri x atm/k/mol Da queste informazioni è possibile ricavare la formula della pressione osmoNca: Con il termine OSMOSI si intende il passaggio spontaneo di solvente a-raverso una membrana semipermeabile da una soluzione a minore osmolarità verso una soluzione a maggiore osmolarità. L'OSMOLARITÀ Ha origine dalla combinazione tra molarità e coefficiente di van’t Hoff ⇒ OSM= M x i E’ importante perché le concentrazioni molari di alcune sostanze nell’organismo sono in conNnuo cambiamento e quindi è fondamentale mantenere corre>amente le condizioni di osmosi. Il plasma sanguigno ha un valore di osmolarità pari a 0,3 ismoli/litro (300 milliosmolare), derivante dai soluN in esso disciolN. L’osmolarità fisiologica, che sia riferita al plasma o ai liquidi organici, deve essere pari a 300 mOSM. Di conseguenza, definiremo: isoosmolare o isotonica una soluzione avente la stessa osmolarità dei liquidi fisiologici ipoosmolare o ipotonica una soluzione avente un’osmolarità inferiore rispe>o a quella fisiologica iperosmolare o ipertonica una soluzione che abbia un valore di osmolarità maggiore del fisiologico. Se per qualche moNvo un paziente avesse bisogno di una flebo è fondamentale che questa sia isotonica, in modo da non variare l’equilibrio osmoNco presente nelle cellule dell’organismo. Ad esempio la flebo fisiologica si chiama così proprio perché è una soluzione di NaCl allo 0,9% : questo significa che in 100 mL di soluzione sono contenuN 0,9 grammi di NaCl. Considerando il peso molecolare del cloruro di sodio (58,44 g/mol) possiamo calcolare la molarità dividendo i grammi al litro per il peso molecolare, o>enendo 0.154 M. Dato che il fa>ore di van’t Hoff è 2, l’osmolarità sarà 0.308. E’ fondamentale evitare in ogni modo la variazione della concentrazione osmoNca a livello sanguigno, per non danneggiare le cellule del sangue. Finché il globulo rosso è in una soluzione isotonica si ha un flusso uguale di acqua dall’interno della cellula all’esterno e viceversa. Se invece il globulo fosse posto in un plasma ipertonico (e quindi ricco di soluN) ne conseguirebbe un flusso d’acqua verso l’esterno (con l’obieXvo di diluire l’ambiente circostante) che renderebbe la cellula raggrinzita,ciò implicherebbe la morte cellulare. Allo stesso modo, il globulo rosso morirebbe per lisi se fosse posto in un ambiente ipotonico (con pochi nutrienN), in quanto l’acqua entrerebbe in esso provocandone la lisi. Anche le pareN vascolari sono delle barriere semipermeabili e come tali sono sogge>e ad osmosi: a volte dopo un trauma si verifica il cosidde>o edema, ovvero un aumento di acqua nei tessuN (come l’edema cerebrale). In quesN casi è possibile riprisNnare la condizione fisiologica uNlizzando l’osmolarità: si somministra al paziente un farmaco ad elevata concentrazione e facilmente metabolizzabile , come può essere il mannitolo al 20%, in modo da far aumentare immediatamente l’osmolarità del plasma. In questo modo l’acqua contenuta nei tessuN verrà richiamata all’interno delle cellule del sangue, perme>endo il riassorbimento e la diminuzione dell’edema. Un altro esempio che dimostra quanto il mantenimento dell’osmolarità fisiologica sia importante per la salute è il diabete di :po 2 o insulino-resistente: nei soggeX affeX vi è una maggiore quanNtà di zucchero nel circolo sanguigno e l’unico modo per diminuirne le quanNtà è eliminarlo tramite l’urina. Vi è quindi un richiamo d’acqua nell’urina tramite i tubuli renali, questo flusso d’acqua deve essere stre>amente controllato, perché in caso contrario si rischia il coma iperosmolare. NB per avere glicosuria (residui di zucchero nelle urine) la quanNtà di glucosio deve essere almeno 170 mg % (peso/volume). Sullo stesso conce>o (ndr. osmolarità) si basa la conservazione gli alimen: con elevate quan:tà di zucchero o sale: i ba>eri vivono in ambiente isotonico o ipotonico, se li poniamo in una condizione di ipertonicità ne consegue necessariamente una perdita di acqua con successiva morte cellulare. Ecco perché non vi è contaminazione ba>erica negli alimenN conservaN con questa tecnica. REAZIONI CHIMICHE Nella scorsa lezione è stato visto come, a seconda delle cara>erisNche degli atomi e, conseguentemente delle molecole, si possano formare determinaN legami; in primis, tra gli atomi a formare delle molecole e poi, successivamente, legami tra queste. Il legame più importante in ambito biologico è quello covalente, sia semplice (sigma), sia doppio o dri>o, in cui i doppieX di legami coinvolN hanno una configurazione tale per cui i legami sono più forN e più difficili da rompere. Come avvengono le reazioni chimiche? Nelle reazioni chimiche ci si trova sempre di fronte ad un reagente (o reagenN) che andrà a definire, avvenuta la reazione chimica, una ro>ura o una formazione di legami, per formare il prodo-o (o prodoX) della reazione.

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