Capitolo 6A Cultura e Organizzazioni - PDF
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Questo documento discute dell'influenza della cultura sulle aziende, soffermandosi su come le organizzazioni operano in un contesto globale e su come i manager gestiscono le differenze culturali. L'autore analizza le strategie per motivare i dipendenti e come le culture aziendali si modellano. Include esempi pratici, tra cui McDonald's e organizzazioni giapponesi in relazione al concetto di interazione con sistemi culturali diversi.
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Cultura e organizzazioni: fare le cose in un mondo multiculturale Introduzione La cultura influenza i modi in cui gli individui agiscono nelle transazioni economiche, le modalità con cui i governi cercano di realizzare i programmi e quelle con cui le organizzazioni cercano di produrre e commercia...
Cultura e organizzazioni: fare le cose in un mondo multiculturale Introduzione La cultura influenza i modi in cui gli individui agiscono nelle transazioni economiche, le modalità con cui i governi cercano di realizzare i programmi e quelle con cui le organizzazioni cercano di produrre e commercializzare i prodotti, come ad esempio hamburger. Es. McDonald's che deve conciliare i propri obbiettivi commerciali con le leggi e la sensibilità religiosa di Israele, che allo stesso tempo adora la cultura americana. Due gli aspetti rilevanti: 1) Gli ebrei ortodossi agiscono come «cani da guardia» culturali, pronti a scagliarsi su qualunque cosa sembri troppo vistosamente irrispettoso verso le dottrine religiose. 2) il secondo aspetto riguarda il modo con cui i giovani israeliani sentono la cultura popolare americana: non solo l’accolgono la cultura popolare americana ma hanno una sofisticata cognizione delle sue peculiarità. Il dilemma dell’uomo d’affari è dunque conciliare della cultura globale e culture locali. lex : Pizza Dominos in Italia) L’uomo d'affari vuole tradurre in profitto il set di significati legato al Big Mac (moderno, giovane, di tendenza) e raggiungere il pubblico che lo sa intendere. Questa attività è più difficile in una economia globale in cui la cultura globale e quella locale si scontrano, dove sistemi di significato incompatibili devono essere riconciliati. Culture organizzative Le organizzazioni operano entro e tra culture, ma esse a loro volta producono cultura. I manager e i lavoratori creano e ricevono prodotti culturali – significati condivisi organizzati in forme – che possono facilitare o ostacolare le attività dell’organizzazione. Possiamo pensare a questo scambio di significati come operativo su due livelli: il livello dell’individuo o del piccolo gruppo, e il livello del gruppo più grande, l’organizzazione. Partiamo dal primo Cultura e motivazione Tutte le organizzazioni hanno obiettivi, e quindi tutte le organizzazioni hanno il problema di motivare i propri membri a lavorare per questi obiettivi. Come può riuscire un leader a far lavorare duramente le persone, a farle cooperare, ad attivarle per il bene del gruppo? La via più diretta per motivare l’acquiscenza è attraverso l'uso della forza, ma questi sistemi non sono efficaci nel lungo periodo oltre ad essere inumani e anacronistici. Una teoria che si basa sull'uomo economico sostiene che gli esseri umani vogliono soldi e ciò che i soldi permettono di comprare. Poiché i loro desideri e i loro bisogni sono sempre superiori ai loro mezzi essi lavoreranno di più per una paga migliore. lesempio immobiliari : + contratti fanno firmare + guadagnano Questa teoria è alla base di sistemi salariali, sistema dove la paga standard del lavoratore è commisurata al risultato di produzione, ma se esso supera questo risultato riceverà un premio. Se invece no le sue entrate possono diminuire. Per quanto possa sembrare plausibile la teoria dell’incentivo economico spesso non funziona. Diversi studi su unità di lavoro hanno dimostrato, ripetutamente, che un gruppo definirà comunque un ragionevole ritmo di lavoro, un ritmo che i suoi membri possano tenere senza difficoltà, e che la maggior parte del gruppo non supererà. Questo accade perché la pressione sociale esercitata dal gruppo porterà normalmente gli stakanovisti ad adeguarsi agli altri. Abbiamo già visto questo fenomeno: la creazione di una subcultura con i suoi significati e le sue pratiche, - che protegge i suoi membri dalle influenze esterne (come i giocatori di Baseball o i fumatori di marijuana). Resoconti sulla sovversione degli obiettivi manageriali da parte del gruppo esistono in tutto il mondo. Se né i puri incentivi economici né la forza imposizionale di regole burocratiche possono essere utili a motivare il comportamento del lavoratore, le organizzazioni hanno provato una grande varietà di approcci. Alcune di esse hanno applicato soluzioni di tipo strutturale (es. appiattendo le gerarchie): quanto più il lavoratore medio è vicino ai centri decisionali e di controllo, quanto più è grande l’influenza che egli ha sul prodotto, e quanta minore distanza sociale esiste tra management e resto dell’organizzazione tanto più questo resto si identificherà con l’organizzazione e contribuirà agli obiettivi comuni. Un secondo modo è quello di alimentare direttamente un tipo di cultura organizzativa tramite la selezione nella fase di reclutamento e la socializzazione attiva (strategia evidente nelle organizzazioni giapponesi o nella turnazione degli assistenti di volo). Inoltre esistono organizzazioni ibride dove tentativi strutturali e culturali di motivare vanno di pari passo, come nell’esempio dell’azienda studiata da Kunda basata sul controllo normativo. Un terzo modo è quello di stabilire modelli di pensiero e di comportamento sotto forma di attori esemplari e storie organizzative. In questo terzo modello organizzativo gli attori modello sono personalmente onorati e presentati come degni di emulazione (dipendente del mese). L'attore modello diventa un oggetto culturale, contemporaneamente un modello del comportamento buono e un modello per gli altri membri dell'organizzazione (come il soldato Lei Feng). Gli attori esemplari sono un tipo di modello; un altro è costituito dalle storie organizzative. Negli incontri di orientamento e di addestramento, i manager raccontano aneddoti che illustrano i valori e le pratiche organizzative desiderate. Culture di solidarietà e ambiguità Quando sentiamo parlare di “cultura organizzativa” presupponiamo un insieme di simboli e significati che la maggior parte dei partecipanti di una data organizzazione capisce e accetta. Tuttavia, le culture organizzative non sono necessariamente unitarie. Le organizzazioni hanno subculture, mondi culturali diversi vissuti da livelli e nodi diversi dell’organizzazione e queste subculture possono diventare la base dei conflitti. Come tutte le culture e le subculture, esse si consolidano tramite storie. Le persone interagiscono e danno un senso alla propria vita usando queste risorse narrative. Martin et al. (1983) hanno identificato sette tipi di racconti che si ritrovano in una grande varietà di organizzazioni pubbliche e private. Si tratta di storie su regole infrante, sull'umanità del datore di lavoro, su dipendenti che arrivano ai vertici, su incendi, su trasferimenti, su errori fatti da dipendenti e sulla capacità dell’organizzazione di gestire gli ostacoli. Martin osserva che la gente che racconta queste storie le intende come unicità della loro organizzazione, nonostante si tratti di una illusione in quanto storie simili si trovano anche in altre. organizzazioni. Ogni tipo di storia ha versioni positive e negative. La versione positiva della storia dell'errore mostra un dipendente che confessa un errore e il suo datore di lavoro che condivide la responsabilità con lui, mentre quella negativa presenta un datore di lavoro implacabile che non persona mai il dipendente. Sia le storie positive, che negative possono motivare i dipendenti o produrre solidarietà tra coloro che le condividono. Esprimere queste tensioni, dare rappresentazioni collettive della vita organizzativa, può servire ad ammorbidirle. Anche nelle versioni negative queste storie, in quanto oggetti culturali, producono solidarietà tra coloro che le condividono. Gruppi di persone che lavorano (o giocano insieme) producono le loro subculture o idioculture, ma questo tipo di creazione culturale attraverso l’interazione non è totalmente indipendente dal più ampio contesto sociale. Ricordandosi sempre dell’importanza dal potere, anche simbolico detenuto dal management. La principale divisione che influenza l'emergere di sottogruppi è quella che passa tra lavoratori e management, e normalmente ci sono poche posizioni intermedie. Il simbolismo poi rafforza le divisioni: il club degli ufficiali, il bar della direzione, la sala professori. Le distinzioni pratiche ugualmente abbondano: i lavoratori sono pagati con un salario orario, mentre il management ha uno stipendio mensile. Che influenza ha la divisione tra lavoro e management sulle subculture entro un'organizzazione? La chiara coscienza di classe immaginata da Marx non sembra realizzarsi in molti luoghi. Negli USA la maggior parte degli occupati si percepisce come “classe media”, mentre in Cina una persona posizionata allo stesso modo potrebbe ben definirsi un operaio o uno del popolo. Fantasia ha mostrato che la coscienza di classe è uno schema cognitivo che emerge nel corso di determinate lotte che oppongono i lavoratori al management. Le “culture della solidarietà” sorgono in periodi di crisi organizzativa, come sono quelli caratterizzati da scioperi o licenziamenti, quando i lavoratori si oppongono al regime dominante dentro l'organizzazione. ier Fantasia ha analizzato tre culture di solidarietà emergenti. Uno dei suoi casi era la mobilitazione e l'azione * collettiva intrapresa da infermiere e altre donne che lavoravano in un ospedale del Vermont. Per più di un decennio esse hanno lavorato in una condizione contraddittoria: richieste di maggior competenza tecnica del personale e una riduzione dei costi che svalutavano questa competenza. Inoltre altre dipendenti (bariste e inservienti) erano scontente per la bassa paga e per la mancanza di prospettive. Il management capì la situazione e cercò di evitare una sindacalizzazione dei lavoratori istituendo un comitato consultivo per la politica gestionale. Ma quando un nuovo amministratore dell'ospedale abolì il comitato i lavoratori si sentirono affrontati. Così si successe un periodo di aperto scontro tra le parti, dove le lavoratrici mostravano una crescente solidarietà che alimentò sia i loro successi che i loro fallimenti. Questo ci mostra come emerge la cultura dei lavoratori. Ma come emerge quella manageriale? Max Weber suggerisce che i gradini alti di un'organizzazione rappresentano semplicemente la cultura nazionale dominante e che esiste una specifica cultura dei manager. Ma oggi nessuno più crede a questo; piuttosto i manager cercano di negoziare la loro posizione attraverso “imbrogli morali” in cui il successo è più funzione di alleanze propizie che del duro lavoro o della produttività. Quindi ci sono due modelli: uno che sottolinea il consenso, e l'altro la divisione. Nel modello consensuale i fini e i valori condivisi in un'organizzazione sono la norma, e la dissidenza è un problema che richiede una soluzione (modello funzionalista). Nel modello conflittuale i gruppi dentro un'organizzazione sono pensati come aventi interessi diversi, esso ha le sue radici nel marxismo. Martin ha evidenziato un terzo modello, chiamato della “frammentazione”, che mette in discussione sia l'armonia del modello consensuale sia la stabilità e prevedibilità del modello conflittuale. In questo modello le organizzazioni sono bersagliate dall'ambiguità e le persone assumono prospettive multiple. Una singola persona in un'organizzazione è un nodo nell'intersezione di più gruppi, categorie e appartenenze (ingegnere, americano, maschio coreano, presbiteriano). Le organizzazioni in contesti culturali Le teorie sociologiche della burocrazia (Max Weber) affermano che le organizzazioni nelle società moderne convergono verso un solo modello, altamente efficiente: una struttura burocratica di posizioni, razionalizzata e con chiare linee di autorità, specializzazione funzionale. Le variazioni di questo modello si presentavano da luogo a luogo; la ricerca di queste variazioni produsse ciò che possiamo chiamare la tesi del “carattere nazionale”. Questi studi non sono mai passati di moda. Alla metà degli anni '80, l'interesse per i rapporti tra le organizzazioni e le culture circostanti è tornato alla ribalta: la globalizzazione dell'economia è stata la ragione principale di questo sviluppo. Infatti questa rapida espansione attraverso i confini nazionali ha significato che le singole aziende si sono dovute preoccupare di comprendere le differenze culturali. La ricerca di Lincoln e Kalleberg (1990) offre un esempio. Essi all'inizio della loro ricerca notarono che i manager delle aziende americane, suggestionati dal successo delle tecniche manageriali giapponesi, continuavano a fantasticare su quali di queste tecniche avrebbero potuto essere importate con successo. Facendo indagini su alcune aziende in Giappone e negli USA hanno provato a confrontare le differenze tra cultura e la struttura dell'azienda nella dedizione del lavoratore e nella soddisfazione del lavoro. Essi etichettarono con “teoria strutturale” la concezione secondo cui il corporativismo del benessere (welfare corporatism), praticato in Giappone, spiegava le differenze nella dedizione e nella soddisfazione del lavoro; forma di corporativismo che implicava la sicurezza del posto, la cooperazione tra lavoratori e direzione e un alto grado di partecipazione del lavoratore. Invece dall'altra parte si poneva la “teoria culturale” che suggeriva che fossero invece le differenze nazionali nei valori dei lavoratori a spiegare le differenze nazionali nella dedizione e nella soddisfazione; questa teoria sostiene quindi che le forme organizzative giapponesi sono adatte alla cultura giapponese e che di conseguenza esportare queste forme in altre culture non sarebbe servito. Un approccio promettente, che riconosce la competizione di cultura e struttura è quello noto come neoistituzionalismo. I neoistituzionalisti considerano le organizzazioni non come burocrazie rigidamente mobilitate per perseguire certi scopi, ma come assemblaggi debolmente connessi di persone, strutture e sistemi. Inoltre invece di essere strutturate secondo un singolo principio di efficienza razionale, le organizzazioni e le loro subunità tendono a conformarsi ai propri contesti istituzionali. Come ad esempio nelle scuole americane e le schede che raccontano e descrivono cosa accade. Data una certa plasticità della struttura, le organizzazioni e le relazioni organizzative si adattano ai loro contesti istituzionali e li rispettano. Questo è vero per organizzazioni come la scuola e le burocrazie governative che non hanno un chiaro prodotto, ma vale anche per le aziende. In uno studio di sociologia organizzativa sono stati studiati i casi di tre aziende (Giappone, Taiwan e Corea del Sud) seppur con proprietà comune o interdipendenza organizzativa ed è stato scoperto che le strutture dei gruppid’impresa erano diverse. Questo conferma una volta di più che le organizzazioni devono operare in un contesto culturale esterno, e che la relazione tra organizzazione e contesto non è mai semplice o scontata. Come nel caso del rapporto tra chiesa e comunità. Molte organizzazioni non possono ignorare il contesto in cui operano. Per le compagnie commerciali e le ONG l’adattamento è essenziale alla loro missione. Le organizzazioni devono capire il loro contesto esterno e più questè diverso dagli assunti culturali interni all’organizzazione, più le cose rischiano di essere complicate. Lavorare attraverso culture Riconoscere che le differenze culturali producono degli effetti «su come si fanno le cose» significa che i pianificatori o i manager devono impiegare ad Accra forme organizzative e incentivi diversi da quelli utilizzati a Los Angeles. La ricerca comparativa può mettere in grado gli imprenditori che cercano di operare in una cultura straniera di procedere con cautela e in modo efficace. In maniera crescente gli scopi organizzativi implicano la capacità di sincronizzare attivamente le operazioni entro una pluralità di culture. Uno dei modi di lavorare in contesti culturali differenti è quello di tener duro sulla missione principale dell’organizzazione ma adattarsi per le questioni minori. McDonal’s offre diversi esempi di questa strategia. ( Panini ideati es : Bastianoich da McDonald) + Le trappole per le organizzazioni che cercano di gestire le pluralità sono moltissime. Come nel caso della General Motors o nella attuazione della «Rivoluzione verde», un programma di sviluppo rivolto in particolare a una varietà pregiata di riso. Se questi sono trabocchetti prodotti dal conflitto delle culture, contando che le organizzazioni devono interfacciarsi con una molteplicità di culture, che aiuto può dare la sociologia della cultura? A livello «base» essa può focalizzare l’attenzione sul fatto che anche una cosa tangibile, fisica come un fertilizzante è un oggetto culturale. Come tale esso è un portatore di significati, ma i suoi significati variano a seconda degli essere umani – produttori e destinatari – che interagiscono con esso. La necessità di stare attenenti ai significati multipli e alle sfumature a base culturale ci conduce a oggetti culturali intangibili come sono le parole. Una notevole confusione interculturale deriva dalle traduzioni che per quanto accurate potranno essere, non catturano l’aureola di implicazioni di cui una cultura circonda una parola. Come ad esempio il significato della parola hai in giapponese. Una regola generale potrebbe essere la seguente: in ogni situazione in cui il creatore di un oggetto culturale e il suo ricevente provengono da culture diverse, l’individuo o l’organizzazione devono stare costantemente attenti alla possibilità di diverse costruzioni di senso, perché questi significati non equivalenti possono avere conseguenze significative per la «realizzazione delle cose». Riepilogo In questo capitolo è stato considerato l’impatto della cultura su un’organizzazione a diversi livelli: 1) cultura e motivazione: le organizzazioni hanno bisogno di motivare i propri dipendenti a comportarsi in modi funzionali rispetto agli scopi dell’organizzazione. 2) subculture organizzative: a dispetto degli sforzi dei manager di esercitare un controllo normativo creando una cultura organizzativa, emergeranno subculture che resistono in qualche modo alla cultura dominante. 3) differenze subculturali: I modi di pensare e di agire della gente variano enormemente da luogo a luogo e si sono versati fiumi di inchiostro per cercare di identificare l’impatto di queste variazioni sull’efficacia organizzativa. 4) organizzazioni in ambienti multiculturali: le organizzazioni che operano in più di un paese o che coinvolgono diversi gruppi culturali in uno stesso paese si devono confrontare con la creazione di sistemi culturali diversi.