Biologia Vegetale 2 PDF
Document Details
Uploaded by Deleted User
Tags
Summary
This document discusses plant biology, focusing on the role of plants in pharmaceuticals. It delves into the strategies plants use for survival, including chemical defenses and ways to protect against environmental factors, like excessive light. The document also touches on ethnobotany, highlighting the medicinal properties of various plant species and the Claviceps purpurea fungus.
Full Transcript
BIOLOGIA VEGETALE Perché è importante la biologia vegetale a livello farmaceu6co? Per la ricerca del ruolo delle piante nella drug discovery e nell’innovazione degli ingredien6 di cosme6ci, farmaci e alimen6. Cosa interessa al farmacista? La pianta come fonte di sostanze chimiche di uso terapeu6co,...
BIOLOGIA VEGETALE Perché è importante la biologia vegetale a livello farmaceu6co? Per la ricerca del ruolo delle piante nella drug discovery e nell’innovazione degli ingredien6 di cosme6ci, farmaci e alimen6. Cosa interessa al farmacista? La pianta come fonte di sostanze chimiche di uso terapeu6co, salu6s6co e cosme6co. Il faAo che le piante sopravvivano grazie ad una serie di strategie complesse (basate su sostanze chimiche riu6lizzabili). La biologia dell’aloe e le sue conseguenze L’aloe è una pianta che ha la capacità di essere u6lizzata per prodoE completamente differen6 tra loro: è conosciuta, infaE, come la pianta dai mille usi (lassa6vi, idratan6, an6nfiammatori, base di detersivi, fazzoleE, integratori). Dentro l’aloe ci sono sostanze chimiche diverse e, a seconda di come avviene la lavorazione per oAenerle, si possono oAenere materie prime diverse tra loro. L’aloe permeAe di affrontare l’argomento delle strategie di sopravvivenza combinate delle piante, ovvero quelle strategie di difesa in cui una serie di elemen6 collaborano. L’aloe è una pianta perenne (vive per mol6 anni) e xerofita (adaAa a climi secchi, dove raramente piove) e, per questo, ha alcune esigenze: - Accumulare acqua per resistere ai climi aridi (in forma gela6nosa); - TraAenere acqua: l’acqua, all’interno dell’aloe, non evapora grazie ad alcune molecole e uno strato di cera all’esterno, che impermeabilizza le foglie; le aperture sulla superficie, gli stomi, si aprono poco per impedire lo scambio di gas e l’evaporazione; - Difesa à una differenza fondamentale tra piante ed animali riguardo alle esigenze, è che gli animali sono dota6 di movimento e hanno strategie di sopravvivenza dinamiche. La soluzione a queste esigenze è un equilibrio tra struAura morfologica dei tessu6 e distribuzione di diversi metaboli6 secondari. Come avviene il sistema di difesa? Modello Swiss Cheese à Per impedire che un problema arrivi al suo bersaglio, possiamo immaginare un sistema di difesa basato su una serie di elemen6 imperfeE, ognuno dei quali non è sufficiente per risolvere il problema, ma se vengono combina6 il risultato è oEmale. La pianta di aloe produce sostanze chimiche aEve nei confron6 degli animali: non sono letali, ma è la dose di assunzione che influenza il grado di tossicità. Queste sostanze si chiamano antrachinoni e sono fondamentali per quanto riguarda l’effeAo che ha una pianta su un organismo. Le piante si difendono dagli animali non solo chimicamente, ma anche meccanicamente: spine, perdita di foglie, rigenerazione (ci sono piante che non contengono sostanze tossiche, in par6colare quelle che sono in grado di rigenerare i loro organi). Le molecole come gli antrachinoni sono dispendiose dal punto di vista energe6co: all’interno delle foglie di aloe, gli antrachinoni non sono perciò presen6 in tuAe le cellule. l’aloe è composto da: - Un parenchima clorofilliano, composto da guaine dei fasci vascolari: vicino alle aggressioni, dove ci sono gli antrachinoni (polifenoli). - Un parenchima acquifero, lontano dalla superficie, nella parte interna, composto da mucillagini e polisaccaridi, igroscopici e idratan6 (non ci sono antrachinoni). Gli antrachinoni hanno due effeE sui mammiferi: sono amarissime al gusto e una volta ingerite provocano una dras6ca azione lassa6va, mandando in 6lt l’intes6no. La struAura fogliare e il suo ruolo fisiologico gius6ficano due droghe differen6: la parte esterna è usata per i lassa6vi e gli amari, mentre quella interna per i gel idratan6. Anche se la specie è la stessa, ci sono par6 chimicamente diverse della stessa pianta à sono fonte di materiali da usare in ambito farmaceu6co (non interessa la gene6ca, ma la combinazione di sostanze chimiche): le 1 piante, infaE, sono divise in compar6men6 (organi diversi, tessu6 diversi, cellule diverse, o par6 di una stessa cellula). Le piante possono sia essere raccolte in modo spontaneo o col6vate: in base a questo, cambiano alcune caraAeris6che: - se si oEene la materia prima da piante selva6che, raccogliendole spontaneamente, queste possono andare incontro ad es6nzione; - se vengono col6vate, non c’è questo problema, ma determina un altro problema che riguarda la fornitura e la reperibilità di materiali dalle aziende: impaAo da traspor6, sul controllo di qualità, des6nazioni d’uso. Inoltre, se si col6va una pianta in pos6 diversi, in annate diverse con condizioni ambientali e clima6che differen6, si oEene un prodoAo che sarà diverso in base alla provenienza e anno. Produzione aloe: col6vata, raccolte le piante intere o le foglie, che vengono lavate e sbucciate per oAenere il gel eliminando la parte esterna, per l’uso cosme6co. ConceE fondamentali: il 6po di metaboli6 secondari determina l’azione, che è mul6pla (crea danno e ricordo) e dipende dalla loro posizione nell’organo. Etnobotanica: Claviceps purpurea La Claviceps purpurea è un fungo parassita di alcuni cereali, sopraAuAo la segale: aggredisce i fiori e successivamente infeAa la cariosside, ovvero il fruAo che usiamo per produrre farina. È responsabile delle epidemie di Fuoco di Sant’Antonio, effeE allucinogeni e mal di testa. I primi casi risalgono al periodo tra Medioevo e Rinascimento, dove lungo l’arco alpino fino alla Scandinavia, per vivere si raccoglieva segale, da cui deriva il famoso pane nero “tedesco”. Nell’aria di montagna fluAuano invisibili migliaia di spore in cerca di casa, tra cui la Claviceps purpurea (ancora priva di nomi perché nel 1400 ancora nessuno sapeva dell’esistenza dei microbi). La spora si deposita sulla spiga di una pianta di segale ancora in fiore, germina sullo s6gma (preposto all’arrivo del polline) e nella segale, più sensibile al fungo rispeAo ad altri cereali, inizia a crescere, colonizzando i tessu6 di quello che sarebbe dovuto diventare un chicco commes6bile. Successivamente ordina la produzione di una melata zuccherina, che emerge dalla spiga come una goccia di sciroppo, aErando gli inseE ed estendendo il contagio. I fiori scampa6 al contagio avanzano per la loro strada biologica producendo cariossidi che iniziano a maturare, mentre nelle piante infeAe il fungo è passato alla seconda fase: il pis6llo del fiore infeAo subisce una seconda trasformazione e produce non una cariosside (come il resto della spiga) ma un cilindro ricurvo chiamato sclerozio, ricco di nutrien6, che con6ene la scorta energe6ca che serve al fungo per riprodursi e sopravvivere in inverno. (foto: è chiamata anche segale cornuta). Nel caso in cui i fruE e lo sclerozio cadessero a terra, lo sclerozio passerebbe alla terza fase: su ogni sclerozio nascerebbero decine di fungheE che rilascerebbero nell’aria milioni di spore. Se il contadino arriva con la falce e miete la segale prima che i fruE cadano a terra, il raccolto viene mandato al mulino per farne farina e cuocere il pane, carico di sostanze par6colari: gli alcaloidi deE “dell’ergot” (nome del fungo in francese), che ricordano per composizione chimica e conseguenze la sostanza psichedelica dell’LSD. InfaE, una volta mangiato il pane contaminato, le persone venivano inseguite da visioni e allucinazioni (che al tempo era gius6ficato solamente con la presenza del demonio). 2 Se i funghi erano meno virulen6 (più frequente), gli alcaloidi dell’ergot non entravano nella dieta in forma acuta, ma erano assun6 in forma cronica, poco alla volta tuE i giorni: questo causava dolori agli ar6 e alla pelle simili a quelli causa6 dalle bruciature di un fuoco, arrossamen6 cutanei e desquamazioni che proseguivano in cancrena e putrefazione per effeAo della progressiva degradazione del sistema circolatorio periferico (stringono i vasi capillari fino a chiuderli). Da qui deriva il nome di Fuoco di Sant’Antonio (dal santo che si era dimostrato capace di resistere alle tentazioni e alle persecuzioni diaboliche nel deserto con le loro visioni crudeli). Gli alcaloidi allucinogeni, se somministra6 a piccole dosi, non colpiscono il sistema nervoso centrale, ma se assun6 regolarmente ad una certa dose, bloccano il microcircolo capillare e causano cancrena. Questo può essere, al contrario, u6le, se la sostanza viene dosata: ad esempio, dopo un’emorragia è necessario bloccare o restringere i vasi capillari à il lavoro dei farmacis6 è stato quello di lavorare queste molecole per trovare dosi che permeAessero di avere gli effeE desidera6 à COMBINAZIONE SOSTANZA-DOSE. È necessario isolare il fungo, ricavarne la molecola, sinte6zzarla, dosarla e produrre il farmaco che produce solo quel 6po di azione richiesta. Una dose eccessiva, abbiamo visto, porta a cancrene, vasodilatazioni e allucinazioni. Me6lergometrina maleato = molecola contenuta all’interno del fungo dalle proprietà vasocostriEve (in piccole dosi) e allucinogene (in grandi dosi). ConceE fondamentali: I funghi sono organismi “meno evolu6”, che non significa “meno efficaci”, ma che sono comparsi in quella forma già in precedenza. Dal punto di vista farmaceu6co le specie vegetali e quelle microbiche non sono sempre uguali a sé stesse: i microrganismi non producono sempre le stesse sostanza durante le loro fasi vitali. L’aEvità biologica di una singola molecola può coinvolgere nell’uomo organi e tessu6 diversi. Gli alcaloidi vegetali lavorano sul sistema nervoso centrale dei mammiferi (spesso). Micotossine negli alimen6 Le micotossine sono sostanze tossiche per l’uomo, se assun6 in forma cronica possono aumentare la probabilità di comparsa di tumori. Se le dosi sono piccole, non c’è alcun effeAo, perché queste molecole vengono neutralizzate dal nostro organismo; se la dose supera una certa soglia, le molecole causano danno. Questo discorso vale per cereali, ingredien6 di integratori alimentari, infuse, 6sane. La legislazione sequestra i prodoE che eccedono di micotossine. Nel fungo queste sostanze sono prodoAe in maniera variabile: la temperatura e la quan6tà di pioggia nel periodo di crescita del fungo, ne determinano la quan6tà. DIFESE SOLARI DELLE PIANTE Le piante sono esposte ad un eccesso di luce, che danneggia costantemente i loro sistemi biologici. Come si difendono dai raggi ultravioleE e come la loro strategia biologica ci racconta qualcosa sugli usi che facciamo noi degli an6ossidan6 e dei filtri solari? Le piante possono avere due 6pi di sistemi fisici a difesa dei raggi UV: - Un filtro, ovvero peli, che rendono la foglia della pianta di una colorazione grigia, necessaria alla filtrazione dei raggi UV così che solo una parte arrivi alla foglia; - Un determinato colore, che respingono la radiazione infrarossa e gli permeAe, quindi, di scaldarsi di meno. 3 Oppure possono produrre sostanze chimiche (metaboli6 secondari) che possono filtrare le aEvità ultravioleAe, quindi agire come filtro solare, o agire da an6ossidan6 (quando la radiazione produce radicali liberi, prima che essi vadano ad intaccare il DNA, queste sostanze li interceAano e li neutralizzano). Oppure ci sono sistemi che limitano la quan6tà di ossigeno che arriva alle cellule, così che non inizi il processo ossida6vo. Esistono dei sistemi che regolano la quan6tà e 6pologia di gas che entra a contaAo con le cellule. Che cos’è una pianta? Le piante sono organismi ridondan6 poiché le cellule vengono sempre sos6tuite da cellule nuove: se una foglia si ammala, cade e muore, non si ammala tuAa la pianta à questo ricambio di cellule, può aiutare la pianta con i raggi ultravioleE. Sono ridondan6 dal punto di vista degli organi e delle cellule, perché a differenza degli animali e dell’uomo, le loro cellule sono molto più capaci di rigenerarsi e differenziarsi e anche le loro aEvità mentali sono più diffuse e distribuite rispeAo a quelle degli animali. Nell’uomo, l’organismo ha una struAura gerarchica e gli organi non si rigenerano: noi siamo un organismo centralizzato, tuAo ciò che percepiamo viene inviato al cervello (nelle piante non avviene). Le piante possono perdere le loro par6 e sono in grado di rigenerarle (ad esempio le foglie). Biologicamente non posso replicare un essere umano, ma solo ar6ficialmente. Ciò avviene perché nelle piante la perdita e le rigenerazioni sono una regola biologica. Le piante, una volta che hanno messo le radici in un posto, non possono più spostarsi. Hanno una complessità chimica più elevata rispeAo agli animali e producono una quan6tà di molecole maggiore rispeAo ad essi: questo avviene perché le piante basano una buona parte della loro capacità di resistere allo stress e di comunicazione sulla complessità delle sostanze che producono. Durante la sua vita, una pianta produce fino a 40/50 mila molecole che servono a ques6 scopi. Le piante sono degli organismi che hanno un elevato grado di interazione con gli ambien6: cambiano la loro forma, alcuni elemen6 della loro struAura e del loro metabolismo. Ad esempio, in condizioni di clima freddo, la pianta può sinte6zzare delle sostanze per evitare che si ghiacci l’acqua all’interno delle cellule. La pianta manipola l’ambiente: nel caso in cui una pianta femmina vive una stagione par6colarmente sfavorevole, l’anno successivo essa darà vita a soli fiori maschi: cambia le sue caraAeris6che perché le sollecitazioni dell’ambiente fanno sì che la pianta capisca qual è la scelta migliore per la sopravvivenza (se c’è cares6a, è meglio una pianta maschio che produce polline, che verrà trasportato da vento o inseE impollinatori lontano dal posto affeAo da cares6a). È un organismo che accumula energia extraterrestre (energia solare). È un organismo che fa la fotosintesi e quindi ha una vita autonoma, separata da quella degli animali. Sono organismi autotrofi à producono il loro nutrimento in autonomia. Sono organismi modulari: vi è una grande indipendenza tra le diverse par6 della pianta, percezione e risposta sono streAamente delocalizzate e indipenden6 (ad esempio, se un albero è esposto alla luce solo per metà, produrrà dei fiori solo in quella parte). Ogni cellula della pianta con6ene la capacità di fare tuAo ciò che può fare la singola pianta. Sono organismi a crescita indefinita, perché hanno la capacità di mantenere e ricreare le cellule embrionali (nell’uomo le cellule staminali embrionali hanno poca vita). 4 Nelle piante gli organi sono 3: la radice, il fusto e la foglia. Le cellule vegetali presentano tre elemen6 6pici: la parete cellulare, i plas6di e il vacuolo, una struAura che con6ene acqua e sostanze disciolte. Le piante hanno un metabolismo primario (quello che presiede nella sintesi dei carboidra6, delle proteine…) e un metabolismo secondario (che produce tuE i compos6 che la pianta usa per resistere agli stress e per comunicare con il mondo circostante). I traE delle piante dipendono da s6moli a cui sono sensibili e a cui reagiscono: - Alla luce (presenza, quan6tà e 6pologia) - A microrganismi / organismi con cui entrano in contaAo STRATEGIE DI LIVELLO DELLE PIANTE PER DIFENDERSI DAI FITOFAGI ( = organismi che si nutrono di piante). L’obieEvo della pianta non è evitare di essere morsa o ricevere il minimo danno, ma è quello di sopravvivere e di rimanere in grado di riprodursi. Ad ogni livello le piante devono avere consapevolezza delle condizioni circostan6, di rischi e pericoli in aAo o in arrivo. Sia la percezione che la risposta agli s6moli, avvengono a livello locale, ovvero ogni cellula, ogni tessuto ed ogni organo possano captare e rispondere a s6moli diversi in modo indipendente (sistema non centralizzato). Due esempi sono: - il 6gmomorfismo ( = adaAamento al contaAo fisico) - il fototropismo ( = movimento e crescita verso fon6 luminose) Non esistono solo risposte passive o interne: a livello locale la pianta può emeAere compos6 allelopa6ci ( = compos6 chimici capaci di ostacolare la crescita di una specie) o capaci di modulare il genere di piante vicine, facilitando le specie “amiche” e dello stesso genere per manipolare l’ecologia dei dintorni: in questo modo si creano delle nicchie con specie complementari in termini di risorse ed esigenze. È con i suoi metaboli6 che una pianta manipola l’ambiente, le altre piante, gli animali e i microrganismi che interagiscono con lei. La produzione di metaboli6 tossici ha un costo, oEmizzato grazie alla potenza e alla produzione mirata e all’impiego su più campi di bisogno: spesso una medesima sostanza può assolvere a più funzioni naturali, a maggior ragione una miscela di più sostanze à strategie mul6livello: la biologia e l’evoluzione implicano l’esistenza di più azioni simultanee, spesso deboli singolarmente perché des6nate ad agire in sinergia. Un esempio di strategia mul6livello è proprio la difesa contro i fitofagi. 1. Primo livello: mascheramento olfaEvo à Alcune piante emeAono sostanze vola6li, percepibili anche dall’uomo, in grado di interferire con il sistema di orientamento degli inseE. Talvolta la miscela di compos6 disaEva i sensori degli inseE, rendendo “invisibile” la pianta. Altre volte evoca nell’inseAo un segnale di pericolo. Alcuni di ques6 compos6 agiscono sul sistema gusta6vo, ovvero generano un segnale che blocca l’inseAo da avviare, ad esempio, l’ovodeposizione. Queste sostanze possono essere usate come medicinale. 2. Secondo livello: ges6one fine delle risorse à coinvolge più par6 delle pianta e, in base alla 6pologia di aAacco che riceve, la pianta ha reazioni diverse: § Morso = risposta localizzata all’aggressione § Deserto = mobilizzazione delle risorse e aEvazione del metabolismo secondario indoAo (modello “terra bruciata”) § Recupero = accumulo delle risorse in un organo sicuro e loro impiego nella ricostruzione AAacco di un inseAo à la pianta può rispondere in modo localizzato, con indipendenza tra tessu6 e organi diversi grazie alla sua organizzazione ridondante. La scomparsa di rosso nella foglia (foto) corrisponde allo spostamento di zuccheri nella radice, lontano dai pericoli. Quegli zuccheri non nutrono più il nemico e la loro scomparsa si somma ad altre azioni: aumento di sostanze tossiche, modifiche alle pare6 cellulari, aArazione di avversari dell’inseAo, operazioni di mime6smo e di ostacolo al suo spostamento, mantenimento della funzionalità delle altre foglie. 5 3. Terzo livello: tossicità assor6te e ostacoli fisici à l’erbivoro può incontrare ostacoli meccanici come spine, tricomi taglien6. Nelle piante sono presen6 dei cristalli (ossalato di calcio), molto spesso a forma di ago. Al tempo stesso la foglia può avere colori diversi dal verde nelle fasi più cri6che o presentare variegature che impediscono il mime6smo del predatore. La pianta produce costantemente compos6 che hanno anche la funzione di ostacolare la diges6one animale (ad esempio l’aloe o la segale cornuta), o enzimi proteoli6ci che facilitano l’azione di compos6 ur6can6, oppure veri e propri veleni, capaci di azione tossica, danneggiando le cellule dell’organismo. Ques6 compos6 chimici interagiscono con i receAori presen6 negli organismi che aAaccano la pianta. Per sviluppare i farmaci, si u6lizzano queste sostanze che le piante usano per difendersi (in giusta dose). Esempio: la “malaEa del barman in spiaggia”: effeE della spremitura di lime unita all’esposizione solare (sostanze fototossiche) à ci spiega bene come la pericolosità di un composto non dipende dalla sua origine naturale o sinte6ca, ma dall’UNIONE di più faAori: tossicità intrinseca, quan6tà, combinazione di faAori che facilitano l’assorbimento e aEvano le sostanze. 4. Quarto livello: re6 tri-trofiche à alcuni metaboli6 secondari vola6li possono essere prodoE anche a seguito di una determinata azione di aAacco, come nel caso dell’odore di “erba tagliata”: la degradazione di alcuni metaboli6 secondari e primari a seguito del morso di un bruco genera sostanze che aErano i predatori del bruco. Indica un sistema di alimentazione composto da 3 aAori: la pianta, il bruco e il predatore. 5. Quinto livello: sistemi vola6li di allerta à molte difese chimiche sono inducibili, ovvero i geni che ne codificano la sintesi vengono aEva6 solo quando il rischio è maggiore. Alcuni compos6 vola6li e alcune sostanze emesse nel suolo sono interpretate dalle piante vicine, spesso quelle della stessa specie, come un segnale d’allarme che aEva la sintesi di nuovi compos6 e innalza il livello del “sistema immunitario” chimico (quando una pianta viene morsa da un bruco, le altre piante se ne accorgono e cominciano a produrre sostanze dannose per il bruco per proteggersi). In sintesi, alcuni metaboli6 secondari sono prodoE solo a seguito di precisi s6moli. Ognuna di queste strategie da sola non riesce a difendere la pianta, ma tutte insieme contribuiscono a determinare l’effetto à strategie multilivello. Nessuna azione è risolutiva: si punta al gioco di squadra per massimizzare la flessibilità. OLOBIOUTE Il nostro organismo non è solo il risultato del codice genetico, ma è anche il risultato dell’interazione con molteplici microrganismi: noi sopravviviamo non solo grazie a quello che fanno le nostre cellule, ma anche grazie a quello che fanno tutti i microrganismi che ospitiamo nel nostro corpo. ad esempio, alcune vitamine riusciamo ad assumerle perché la nostra flora microbica intestinale le produce a partire da quello che mangiamo. Questo avviene anche nelle piante. Nelle piante possiamo riconoscere tre zone: RIZO RADII - Rizosfera = tutto ciò che sta vicino e intorno alle radici Elle FIERA - Fillosfera = tutto ciò che sta sulla superficie delle foglie - Endosfera = la zona interna delle piante In tutte queste aree sono presenti microrganismi, per effetto di azioni che le piante mettono in atto. Arrivano in due modi: in alcune piante, i semi presenti dentro al frutto ereditano dal progenitore questi microrganismi; vengono assorbiti dall’ambiente esterno. 6 Lo scopo delle piante è quello di avviare una serie di rapporti con i microrganismi, in maniera tale che ci sia un reciproco vantaggio. In alcuni casi diventano delle vere e proprie simbiosi (rapporto indissolubile), in altri casi possiamo chiamarlo rapporto di mutualismo (relazione più volatile), e altri ancora rapporti di opportunismo (rapporto fragile, i microrganismi rimangono fedeli alla pianta fino a quando c’è nutrimento, altrimenti diventano microrganismi patogeni). Grazie alla fotosintesi, le piante immagazzinano l’energia necessaria per le loro attività: il 30-40% degli zuccheri che le piante producono, vengono riversate nella rizosfera, con lo scopo di facilitare vicino alle radici la crescita di microbi vantaggiosi per sé (la pianta “coltiva” microrganismi che la possono aiutare). Questi aiutano la pianta a difendersi dai microrganismi indesiderati e facilitano l’assorbimento di sostanze nutrienti dal suolo (fosforo, azoto, acqua). OLOBIONTE à indica l’insieme equilibrato di interazioni tra microrganismi che permettono la vita ad un organismo dominante. Quando l’equilibrio viene a mancare, i microrganismi diventano patogeni. La pianta produce le sostanze in base al proprio fabbisogno: se scopriamo che una pianta produce una molecola antitumorale, ma ne produce troppo poco per i nostri bisogni, possiamo sfruttare la presenza dei microrganismi che producono questa sostanza per produrre la molecola che ci serve con i nostri tempi. Concetti fondamentali: le piante sono organismi reattivi e “nessuna pianta è un’isola”, comunicano con l’ambiente e costituiscono relazioni e interazioni chimiche tra loro. Sono organismi flessibili e mutevoli e basano la loro vita sulla complessità chimica e sulle alleanze. PIANTE ANIMALI Organizzazione interna cellulare complessa; Organizzazione interna cellulare semplice; O semplice struttura anatomica; metabolismo e forte interazione chimica con l’ambiente esterno. organizzazione anatomica complessa. L’ambiente molecolare interno è fortemente L’ambiente molecolare interno è poco condizionato influenzato dall’ambiente esterno. sonoFissi dall’ambiente esterno; hanno organi di relazione Dimora fissa, nessuna motilità. I specifica con l’ambiente esterno. Dimora variabile, movimento attivo. Grande superficie organica esterna rispetto al Grande superficie organica interna; piccola volume. superficie esterna rispetto al volume. Autotrofe Eterotrofe Sviluppo embrionale indefinito Sviluppo embrionale definito 7 Carboidrati semplici sononeri ai GORE pairir tuzioni riserva entrata animo sostanze IGIOSCOPICHE strutturali cellulosa assorbono HO zuccheri non saccaridi e disaccarini ciaosaccaridi catene di rate viti si saccaridi tante viti Amino 2 Molecole onopolisaccaridi da Gucosio 3 amilasi DeGrara carino Partenio da estremita polimerizzazione cellulosa cecani Beta ma digeribili anicosio ALFA pectivi altri polisaccaridi marmellata Gator Rencoco cattura ciao ipidi Grassi ne solubili io ho nato eterogenei e riposoni funzione strutturale fosfolipidi rebrava cercare ricicli accumulo di sostanze e ci trasportau tntoeofocipiaico triaci ceri di a energia rispetto all'anno accumoli sè ggggegg.gg ceri esteri cena Reuron a foglia menabico ne fannoevaporare Ho linciezza della catena inewara il punto di fusione corte basso trigliceridi acicino 3 acidi Grassi III EEE Roteine strutture di riserva all'interno dei seri formanocristalli x fonte energetica x Gemmazione ozini DIFESA I METABOLITI PRIMARI nei vegetali Quali sono le caratteristiche dei metaboliti primari nelle piante? Quali sono le differenze dei metabolismi delle piante e degli animali? All’interno di quali strutture troviamo i metaboliti? I metaboliti primari sono i carboidrati, lipidi, proteine ed enzimi, acidi nucleici. Sono 4 gruppi di molecole che troviamo in tutti gli organismi viventi (per questo sono “primari”), fondamentali per la vita. Si distinguono dai metaboliti secondari, perché quest’ultimi sono molecole non fondamentali per la vita delle cellule, in assenza delle quali la cellula sopravvive allo stesso modo. Questi sono molto importanti, però, per la comunicazione e la difesa, ma non sono egualmente presenti in tutti gli organismi. In farmacia, i metaboliti secondari vengono chiamati “principi attivi”. Spesso ci sono sostanze che possono essere inserite in ambedue le classi: ad esempio, i carotenoidi possono essere considerati lipidi ma anche nei metaboliti secondari, perché servono sia per la fotosintesi (essenziale), sia per la pigmentazione di alcune parti della pianta per la comunicazione visiva. Altro esempio è il fruttosio, zucchero semplice, utilizzato anche per rendere dolci i frutti (comunicazione gustativa). CARBOIDRATI Composti ternari, formati da C, H, O à C! (H" O)! Distinguiamo i carboidrati semplici, in forma di monomeri, oligomeri e polimeri. Il ruolo (dal punto di vista quantitativo) dei carboidrati nei vegetali è maggiore rispetto a quello negli animali: le piante producono tantissimi carboidrati, al contrario degli animali, che devono prelevarlo dalle piante. I carboidrati svolgono due macro-compiti: come fonte di riserva energetica (amido) e come componente strutturale (cellulosa nella parete cellulare). Servono a regolare il processo dell’osmosi e svolgono un ruolo di comunicazione. Le mucillagini dell’aloe e i polisaccaridi che troviamo in molte strutture cellulari servono a trattenere acqua. I glicosidi, aumentano la solubilità in acqua di alcuni metaboliti secondari. Quando parliamo di zuccheri, dobbiamo fare riferimento ai monosaccaridi e ai disaccaridi (glucosio, saccarosio). Sono carboidrati semplici e molto solubili in acqua. Parliamo di oligosaccaridi quando ci riferiamo a catene di qualche decina di unità, mentre parliamo di polisaccaridi in presenza di catene lunghissime legate l’una all’altra. In funzione dei monomeri e dei legami hanno doti meccaniche e chimiche diverse, con proiezioni differenti d’uso in farmacia. Omopolisaccaridi = ripetizione di una medesima unità zuccherina Eteropolisaccaridi = presenza di diverse entità zuccherine. Polimeri lineari = formati da una catena singola Polimeri ramificati = le catene formano ramificazioni I polisaccaridi svolgono queste funzioni: - Strutturale: sono gli elementi fondamentali della parete cellulare (cellulosa) PECTINI - Riserva energetica (amido) - Creano sostanze igroscopiche, capaci di intrappolare e assorbire acqua all’interno di cellula e tessuti da utilizzare per le loro funzioni vitali (mucillagini) Possono avere una serie di proiezioni nell’uso pratico e farmaceutico. Per trattenere acqua all’interno di gel o creme idratanti (avere un’azione umettante), si inseriscono nella formulazione dei polisaccaridi di origine vegetale e si utilizzano i polisaccaridi vegetali anche per le farine (amido). Talvolta sono digeribili da parte dell’uomo (dando energia), altre volte sono poco o per nulla digeribili: l’amido possiamo digerirlo, assumere gli zuccheri al suo interno e incanalare energia; la cellulosa, al contrario, non è digeribile dal nostro organismo (le mucche possono digerire la cellulosa); altri polimeri sono parzialmente digeribili. In farmacia, i polisaccaridi parzialmente digeribili interessano per creare integratori alimentari, prodotti dietetici che siano sazianti (ad esempio, creare un prodotto che contiene una grande quantità di un 8 determinato polisaccaride che, quando arriva nello stomaco lo riempie e dà una sensazione di sazietà, senza che l’organismo lo trasformi in calorie). Tutte le sostanze che chiamiamo fibre, contengono polisaccaridi che possono essere o per niente o in parte digeribili dall’organismo: non si limita a dare sazietà ma aiuta ad acquisire benefici nella flora intestinale. L’AMIDO è un composto di due molecole, entrambe omopolisaccaridi del glucosio - Una catena lineare, amilosio, in cui le unità sono legate con legami alfa 1-4. - Una catena ramificata, amilopectina, le cui unità sono legate con legami alfa 1-4 nelle parti lineari, e legami alpha 1-6 nei punti di ramificazione. Sia all’interno di specie differenti tra di loro (orzo, riso, grano, mais) sia all’interno della stessa specie (diverse varietà di riso), esiste una biodiversità: in questo caso è legata al fatto che cereali diversi o varietà diverse dello stesso cereale, possono avere un amido composto da proporzioni differenti di amilosio e amilopectina. - L’amilopectina è ramificata è ha una buona capacità di intrappolare acqua al suo interno (il riso diventa colloso, come il riso da sushi). - L’amilosio è lineare e fa fatica ad intrappolare acqua al suo interno (il riso per i risotti). L’enzima amilasi smonta le catene di amilosio e amilopectina partendo dalle estremità: l’amilosio, essendo lineare, ne ha solo due, mentre l’amilopectina, essendo ramificata, ne ha molte di più. L’amilosio minimiricava il glucosio più velocemente smontando le catene di amilopectina. L’amido di riso utilizzato negli alimenti per bambini è ricco di amilopectina: infatti permette un’assimilazione più rapida del glucosio e una maggiore digeribilità. L’indice glicemico è un parametro che misura la velocità con cui il nostro organismo assorbe zuccheri: alimenti ricchi di amilosio hanno un indice glicemico più basso rispetto a quello dell’amilopectina. Esistono quindi diversi tipi di amidi, in base alle proporzioni di queste due componenti. Il modo in cui l’amido viene accumulato all’interno delle piante stabilisce un’ulteriore differenza. Le piante lo accumulano in forma solida all’interno delle cellule negli amidoplasti, che contengono dei cristalli amorfi formati da molecole di amido che si sono disidratate e legate tra di loro a formare strutture cristalline (granuli di amido), di forme e dimensioni diverse a seconda della sostanza. La polimerizzazione può avvenire in diversi modi: legami alfa e legami beta, che uniscono due molecole gemelle fra loro con una geometria differente. L’unica differenza tra l’amilosio e la CELLULOSA, sta in questo tipo di legame: la cellulosa è formata da legami beta (i nostri enzimi non la riconoscono e infatti noi non la possiamo digerire). La cellulosa è la componente fondamentale della parte fibrillare della parete cellulare. È una molecola lineare, e in virtù della presenza dei legami beta riesce ad intrecciarsi con altra cellulosa. Oltre ad amido e cellulosa, altri polisaccaridi sono fibre, pectine, emicellulose, alginati e i carragenani: queste molecole sono eteropolisaccaridi quasi sempre ramificate. Hanno diversi gradi di capacità di assorbire acqua e formare dei gel. Le PECTINE servono per rendere gelatinose delle sostanze (vengono usate per la marmellata): durante il raffreddamento della soluzione acqua-pectine, le forze di legame che attraggono le molecole cominciano ad agire e le pectine, aggregandosi tra loro, addensano la sostanza e la rendono una gelatina, poiché il loro reticolo cattura e trattiene l’acqua. Nelle piante, queste molecole servono per trattenere l’acqua all’interno delle cellule. 9 Nei prodotti alimentari, molti additivi alimentari che servono per addensare, per non far perdere umidità o avere un certo tipo di consistenza, sono formati per la maggior parte da ALGINATI. Molto spesso sono citati con una sigla (E400-acido alginico; E401-alginato di sodio; E402-alginato di potassio). Il polisaccaride vegetale più comunemente utilizzato nella ricerca scientifica e nella cosmesi si chiama agar, una gelatina, miscela di polisaccaridi, che si estrae da un’alga. Un altro elemento fondamentale in farmacia è la gomma arabica, fondamentale per tenere insieme le compresse, permettendo l’unione delle polveri. La maggior parte dei medicinali contro il reflusso gastroesofageo sono basati su polisaccaridi di origine vegetale, alcuni dei quali sono capaci di galleggiare sui succhi gastrici e rimanere appiccicati sulla parte finale dello stomaco o esofago creando una barriera protettiva che impedisce all’acido di corrodere delle parti di mucosa (alginati, carragenani). Con una serie di variazioni sul tema di una stessa struttura e grazie a diverse combinazioni, i sistemi biologici vegetali ottengono un’infinita varietà di proprietà fisiche, chimiche e di gusto. Piccole variazioni chimiche si traducono in grandi differenze organolettiche e chimico-fisiche. I sistemi biologici vegetali sfruttano le variazioni: anziché sviluppare cose nuove, privilegiano la modifica di quello che hanno già. LIPIDI Hanno una differenza rispetto ai carboidrati: i grassi sono molecole non solubili in acqua. Mentre i carboidrati sono definiti dalla loro struttura, i lipidi hanno strutture e caratteristiche parecchio diverse tra loro. Parliamo di un insieme eterogeneo di molecole per tipologia di struttura. Sia nelle piante sia negli animali svolgono una funzione strutturale: le membrane cellulari delle cellule animali e vegetali sono formate entrambe da fosfolipidi. Le cere sono presenti nella nostra epidermide, hanno come funzione principale quella di rendere impermeabile il nostro corpo. nelle piante svolgono la stessa funzione in maniera più amplificata: rivestono tutte le parti erbacee della pianta per evitare l’evaporazione dell’acqua. I trigliceridi svolgono la funzione di riserva energetica (più potente rispetto ai carboidrati). Negli animali i trigliceridi sono la fonte di riserva energetica; nelle piante sono una possibile fonte di riserva energetica che usano solo in una tipologia di struttura: il seme e qualche volta il frutto. La principale fonte energetica è l’amido, essendo statiche. Se le piante dovessero trasformare il loro amido in trigliceridi di riserva, dovrebbero spendere energia che non tornerebbe in termini di benefici. Accumulano trigliceridi, sottoforma di oli e burri, all’interno dei semi perché essi devono muoversi lontano dalla pianta. Acca AGRO ESTERE Le CERE sono degli esteri, molecole formate da un alcol legato ad un acido. Sono idrocarburi, ovvero formate quasi esclusivamente da atomi di carbonio e idrogeno. Nelle piante servono a ricoprire l’epidermide della foglia e renderla impermeabile. Incontriamo diversi tipi di cere: le piante si sono adattate a vivere in zone a climi diversi. Esistono alcune cere che si sciolgono attorno ai 30/40°C, altre a temperature molto più alte, a seconda dell’adattamento delle piante ai diversi tipi di climi. Ciò che differenzia le cere a basso punto di fusione con quelle ad alto punto di fusione, è la lunghezza della catena idrocarburica: quando è corta il punto di fusione più basso, quando è lunga il punto di fusione è alto. Il burro di cacao e le supposte hanno obiettivi simili: sciogliersi a contatto con diverse temperature corporee. Le cere creano un effetto fisico che impedisce alle goccioline d’acqua di rompersi e mantenere la forma sferica: l’acqua non ristagna e scorre via grazie alla particolare struttura cristallina delle cere. Le cere le utilizziamo anche per impermeabilizzare alcune forme di farmaci (confetti): impedisce all’umidità atmosferica di entrare nel farmaco e rovinare la funzione dello stesso. I grassi solidi (burri) e i grassi liquidi (oli) sono formati da TRIGLICERIDI: estere composto da una molecola di glicerolo a cui sono legati tre acidi grassi. Il glicerolo è sempre uguale in tutte le piante e in tutti gli animali; a cambiare è la tipologia di acidi grassi legati. Esistono perciò diverse tipologie di trigliceridi. Gli acidi grassi sono classificati in due tipologie: Lacatenaècorta ELiquido - acidi grassi saturi (catena senza doppi legami) 50 - acidi grassi insaturi (uno o più legami con insaturazione) noidi trigliceridi Glicerolo 3acidi Grassi 10 Un’altra cosa che differenzia gli acidi grassi è la lunghezza della catena. Quelli più comuni, sia nelle piante sia negli animali, sono quelli con una catena composta da 18 atomi di carbonio. Negli animali gli acidi grassi sono prevalentemente saturi mentre nelle piante sono prevalentemente insaturi. Negli animali abbiamo trigliceridi che formano grassi solidi (burri), mentre nelle piante abbiamo trigliceridi che formano grassi liquidi (oli). Più la catena di atomi di C è corta, più quell’acido grasso è liquido o gassoso a temperatura ambiente; più è lunga, più l’acido grasso è solido a temperatura ambiente (un acido grasso con 14 atomi di carbonio è liquido a temperatura ambiente, come l’acido palmitico). I doppi legami rendono più liquidi e facili da fondere acidi grassi con la stessa catena (ad esempio, l’acido stearico prevalente nel grasso del maiale ha un punto di fusione intorno a 60°C, ma se aggiungiamo un singolo doppio legame si ottiene l’acido oleico, liquido a temperatura ambiente). In natura, possiamo ottenere miscele di trigliceridi che possono presentare dei punti di fusione differenti, conoscenza fondamentale nella creazione di prodotti farmaceutici. Abbiamo detto che nelle piante sono prevalenti acidi grassi con una struttura liquida a temperatura ambiente (insaturi) e che la consistenza dei trigliceridi cambia in base alla lunghezza della catena e in base alla presenza o all’assenza di doppi legami. Come nell’amido noi troviamo amidi diversi poiché in ogni specie esiste un diverso rapporto tra le componenti (amilosio e amilopectina), possiamo fare lo stesso discorso per quanto riguarda i trigliceridi. I diversi amidi che esistono danno la stessa energia, ma ne esistono di diversi tipi in base alla strategia di sopravvivenza delle diverse specie vegetali legata alle condizioni ambientali in cui le piante vivono: ci sono tanti tipi di amido perché esistono diversi rapporti che i semi hanno con l’acqua. Un amido ricco di amilopectina, che funziona più come spugna nei confronti dell’acqua, permette la crescita di una pianta anche quando c’è poca acqua. Un amido ricco di amilosio permette la crescita di piante che hanno bisogno di molta acqua, assorbendone solo quando ce n’è tanta. IMPORTANTE à tutte le caratteristiche legate alla biodiversità delle piante dipendono dalla diversa strategia di sopravvivenza e dalle condizioni ambientali che risultano più adatte per la sopravvivenza di ogni specie. Per quanto riguarda i trigliceridi, come mai troviamo diverse tipologie di trigliceridi che hanno differenti temperature di fusione, anche se devono svolgere la stessa funzione di riserva energetica? La ragione è esattamente la stessa ed è legata al fatto che piante diverse, in questo caso, hanno relazioni diverse con il calore. Le zone calde hanno piante che producono prevalentemente grassi soldi; mentre nelle zone fredde ci sono piante che producono grassi liquidi. Le piante hanno bisogno che il grasso rimanga nel suo stato di aggregazione: le piante tendono ad investire più energia per mantenere i propri trigliceridi nella forma di cui hanno bisogno, in modo che cambi stato di aggregazione solo se la temperatura va sopra o sotto un determinato valore. Per cui i grassi in base alla loro natura hanno pun6 di fusione diversi tra di loro. La prevalenza di acidi grassi insaturi nelle piante ha delle conseguenze: - gli acidi grassi insaturi reagiscono con l’ossigeno: quando sono esposti all’ossigeno si degradano; - molti metaboliti secondari prodotti dalle piante hanno la capacità di agire come antiossidanti, perché si devono difendere dai danni causati dalle radiazioni solari e proteggere dal rischio che i propri acidi grassi si degradino à si auto-producono un conservante. In particolare i polifenoli e i carotenoidi hanno un’azione antiossidante. Cosa succede quando questi grassi insaturi vengono prelevati dalla pianta? Il prodotto creato con questi acidi grassi corre il rischio di irrancidire: in questi prodotti vengono inseriti dei conservanti identici o simili a quelli prodotti dalle piante (vitamina E, tocoferolo, tocoferil-acetato). Un’altra soluzione è utilizzare degli specifici contenitori che tengano lontano l’ossigeno. 11 Negli animali i trigliceridi sono accumulati negli adipociti. Nelle piante l’accumulo avviene in speciali vescicole chiamate elaioplasti o oleosomi (gocce di trigliceridi circondate da fosfolipidi). Sono sistemi con i quali le piante mantengono sospese sostanze grasse in soluzione acquosa. I FOSFOLIPIDI delle piante sono concettualmente identici a quelli degli animali e hanno la stessa identica funzione. Sono i costituenti delle membrane cellulari che delimitano gli organelli citoplasmatici e permettono la formazione di micelle, che contengono sostanze al loro interno. Quando parliamo di micelle o di liposomi, parliamo di un sistema di fosfolipidi (non mosaico fluido) al cui interno non avvengono processi metabolici ma sono solamente strutture di accumulo di sostanze. Sono sistemi con cui le piante trasportano e movimentano sostanze durante la loro attività metabolica (sono come un camion che trasporta dall’interno all’esterno della cellula). Usando precise condizioni chimico-fisiche (temperatura, concentrazione, disponibilità di acqua), possi amo artificialmente riprodurre micelle e liposomi: quando parliamo di micelle parliamo di sferette formate da un singolo strato fosfolipidico con la funzione di trasporto di grassi; quando parliamo di liposomi parliamo di un sistema formato da un doppio strato fosfolipidico che protegge, veicola e mette in soluzione delle sostanze idrofile (contenute in cavità dentro al liposoma, permette il passaggio in strati grassi). Drug delivery = le strategie farmaceutiche con cui si facilita il trasporto di una molecola. PROTEINE Negli animali le proteine sono la componente strutturale fondamentale (muscoli). Nelle piante le proteine sono o proteine enzimatiche o sostanze che svolgono una funzione di riserva. Nelle piante non abbiamo proteine strutturali (la struttura è data dai carboidrati e l’acqua). ó Le proteine hanno una funzione di riserva all’interno dei semi (propaguli): la loro funzione è quella di formare cristalli che rappresentano una fonte concentrata di amminoacidi che servono nella fase di germinazione della piantina. Le piante, quando producono sostanze difensive che devono disturbare gli enzimi degli animali, rischiano di intossicare anche loro stesse: ha perciò bisogno di una strategia che impedisca a questa sostanza di ucciderla. Rispetto alle cellule animali, le cellule vegetali hanno una maggiore compartimentazione: sono presenti più ambienti separati, più organelli e quantità maggiori di micelle e liposomi. Questa compartimentazione fa sì che la cellula non venga distrutta dai suoi stessi prodotti. Molti metaboliti secondari agiscono disturbando il funzionamento e la costruzione del citoscheletro e possono interferire con il ciclo cellulare (nei prodotti farmaceutici si possono utilizzare per bloccare la proliferazione delle cellule tumorali). Gli ENZIMI nelle piante possono svolgere anche funzioni di difesa: alcune piante producono enzimi con azione proteolitica, in grado di smontare le proteine. Questi enzimi devono intervenire danneggiando le mucose degli animali che la mangiano: questi enzimi causano un’infiammazione rompendo le proteine delle cellule della mucosa dell’animale. Questa azione la svolgono piante come i fichi, l’ananas e la papaia, in quantità maggiore quando non sono maturi. Noi possiamo ottenere enzimi da queste piante per produrre prodotti farmaceutici (alle dosi adeguate) che migliorano la nostra salute: gli enzimi proteolitici aiutano nella digestione. 12 CITOLOGIA VEGETALE La citologia o biologia cellulare studia: - la morfologia, la funzione e la dinamicità della cellula e dei suoi organelli; - la sintesi e l’utilizzo dell’energia chimica nei processi metabolici; - la comunicazione tra le cellule e con l’ambiente circostante; - la riproduzione cellulare. Le cellule vegetali hanno organizzazione più complesse di quelle animali e impiegano un maggior numero di composti chimici. Gli organelli vegetali svolgono contemporaneamente più funzioni e sono altamente plastici. Le funzioni di metaboliti primari e secondari nella cellula vegetale si traducono in usi farmaceutici e cosmetici con meccanismo analogo. Le differenze tra i tessuti di una pianta coincidono con differenti organizzazioni cellulari e con differenti specializzazioni di plastidi, parete cellulare e vacuolo. Teoria cellulare (valida sia per le cellule animali, sia per le cellule vegetali) - Tutti gli esseri viventi sono costituiti da una o più cellule - Tutte le reazioni chimiche di un organismo vivente hanno luogo dentro le cellule - Le cellule si originano da altre cellule - Le cellule contengono le informazioni ereditarie degli organismi di cui fanno parte Differenze tra cellule animali e vegetali: - Forma à le cellule animali hanno una forma abbastanza indefinita, mentre (quasi sempre) le cellule vegetali hanno la forma simile ad un parallelepipedo. - Compartimentazione à le cellule vegetali hanno un’elevata compartimentazione, dettata dal fatto che esse hanno la capacità di sintetizzare più molecole poiché hanno un metabolismo più sviluppato; di conseguenza, producono una grande varietà di sostanze chimiche. In molti casi, il percorso di biosintesi e l’accumulo di queste molecole deve avvenire in ambienti separati rispetto agli altri organelli. - Interno à la cellula animale appare “piena”, ossia è totalmente occupata da citoscheletro (struttura proteica). Ciò significa che il volume (e anche la massa) delle cellule animali è costituito prevalentemente da proteine. Contrariamente, la cellula vegetale sembra avere al proprio interno degli spazi “vuoti”: essi, in realtà, non contengono né organelli nel citoplasma, ma sono volumi che contengono una soluzione acquosa all’interno della quale sono disciolte sostanze chimiche. Le cellule vegetali hanno un volume prevalentemente costituito da acqua à questo implica, oltre al fatto che le piante sono organismi autotrofi, che esse abbiano una maggiore velocità di crescita ed una maggiore capacità di accumulare biomassa perché il loro sistema di sviluppo in volume e in massa si basa sull’acqua che assorbono dalle radici. - Organelli à i plastidi e i vacuoli sono presenti solo nella cellula vegetale FEE - Parete cellulare à solo nelle cellule vegetali: oltre a svolgere un ruolo strutturale grazie alla suacellula rigidità, assicura una maggiore protezione alle cellule dal punto di vista meccanico. animale Cellula vegetale Nella cellula vegetale, generalmente, troviamo quantità leggermente maggiori di alcune strutture che sono comuni tra piante ed animali. - Nucleo: 1 - Plastidi: circa 40-200 - Apparato di Golgi: circa 400, più sviluppato rispetto agli animali. - Mitocondri: circa 700 - Ribosomi: circa 500.000 - Vacuolo: 1 - Parete cellulare: 1 13 Le cellule vegetali hanno la caratteristica di essere particolarmente flessibili, ossia possono cambiare le loro caratteristiche durante il percorso che si estende dalla cellula giovane non-differenziata, alla cellula adulta e differenziata. Non bisogna, infatti, dimenticare che nelle piante rimane sempre presente una certa quantità di cellule embrionali (tessuti meristematici) che generano costantemente nuove cellule: le cellule giovani si duplicano e progressivamente assumono le caratteristiche di una cellula adulta. Durante la crescita, gli organelli caratteristici della cellula crescono, si trasformano e modificano le proprie caratteristiche a seconda della funzione che svolgerà la cellula adulta. Si tratta perciò di una struttura dinamica che cambia con la vita e le condizioni della pianta. Durante il processo di differenziamento (che richiede flessibilità) la cellula giovane molto piccola assume un volume maggiore (crescita volumetrica) e contemporaneamente, al suo interno si modificano alcune caratteristiche. Per questo motivo, all’inizio la parete cellulare è molto flessibile e gradualmente si irrigidisce. Strutture comuni tra cellule animali e vegetali Ø Membrana cellulare – plasmalemma à l’unica differenza tra animali e vegetali è rappresentata dalla cellulosa, la quale non viene prodotta all’interno delle cellule ma sulle membrane: i sistemi enzimatici che sintetizzano la cellulosa sono immersi all’interno del sistema a mosaico fluido di fosfolipidi e altre sostanze proteiche. Ø Citoscheletro (nei vegetali è più piccolo) à molti metaboliti secondari che le piante producono per difendersi esercitano la loro tossicità nei confronti degli animali, interferendo con le funzioni del citoscheletro. Essi possono danneggiare il citoscheletro e bloccare le sue attività, impedendogli di organizzarsi durante le fasi di replicazione cellulare. Di conseguenza, queste sostanze vengono segregate perché, se entrassero in contatto con il citoscheletro vegetale, la cellula si suiciderebbe. È dunque necessaria una compartimentazione molto rigida, che viene fatta all’interno dei vacuoli. Ø Mitocondri e Reticolo endoplasmatico (nei vegetali è più ramificato) à il RE produce sostanze diverse (cere, metaboliti secondari, polisaccaridi ramificati, emicellulose…) Ø Apparato di Golgi à è implicato nel rimaneggiamento e smistamento dei prodotti destinati ad essere secreti all’esterno o trasportati in altri compartimenti cellulari. Strutture uniche della cellula vegetale Parete cellulare È insolubile in acqua, chimicamente stabile, ha un’elevata resistenza alla trazione e alla pressione ed è relativamente immune da attacchi chimici o enzimatici. È efficace con spessore limitato: grazie alla cellulosa-sintasi le fibrille della parete primaria possono avere orientamenti diversi e formare strati incrociati, ottenendo la massima resistenza con il minimo spessore. Costituisce un secondo rivestimento delle cellule vegetali, impedisce un’eccessiva assunzione di acqua mmmmsvolge un ruolo centrale nei meccanismi di difesa sia attivi sia passivi. all’esterno e la sua presenza Impedisce alle cellule dello xilema di collassare a causa delle pressioni negative presenti al proprio interno ( = sono dei tubicini al cui interno viene “risucchiata” la linfa verso l’alto dall’evaporazione che si verifica nelle foglie, e perciò sono sotto tensione). Comunica con l’esterno (entro certi limiti) e può essere modificata La parete cellulare non è solo un rivestimento robusto, ma è vitale per la cellula. Viene definita come materiale composito, ossia le sue diverse componenti (acqua, cellulosa, proteine, emicellulose, pectine in proporzioni e tipologie variabili) sono altamente organizzate tra loro in maniera tale da ottenere una struttura finale a più strati che ha delle performances particolarmente elevate. Ha 3 strati: 1. Lamella mediana à si forma subito quando la cellula è giovane; di conseguenza è molto elastica e flessibile, ma poco tenace. È formata da un materiale amorfo ( = non strutturato) costituito da eteropolisaccaridi ramificati (soprattutto pectine) che hanno la capacità di assorbire piccole quantità d’acqua per formare materiale gelatinoso. È formata perciò da materiale gelatinoso con un comportamento idrocolloidale: § Trattiene acqua, rappresentando una riserva idrica per le cellule vicine; § Funziona da “adesivo” che tiene unite cellule adiacenti di uno stesso tessuto. 14 Essa viene sintetizzata dal sistema delle endomembrane: partendo dalle informazioni presenti nel nucleo, si trascrivono e si formano proteine, le quali inizieranno a sintetizzare polisaccaridi ramificati nel RE e nell’apparato di Golgi. Successivamente, vengono accumulati in liposomi che, per esocitosi, li riversa fuori dalla membrana nero cellulare. 2. Parete primaria à ha un volume che consuma lo spazio interno della cellula. Si forma prima e durante la fase di primo crescita / differenziamento nello spazio tra la membrana cellulare e la lamella mediana. Ha, quindi, una struttura resistente e leggermente elastica che accompagna la immuno crescita in volume. Questa caratteristica è dovuta al fatto che la parete primaria è formata da cellulosa ed eteropolisaccaridi ramificati (prevalentemente emicellulose) e possiede un sistema organizzato. § La cellulosa è organizzata a formare delle strutture cristalline (fibrille): più cellulosa comporta una struttura più rigida; mentre più matrice c’è rispetto alla cellulosa, più la struttura è elastica e flessibile. La matrice, formata dalle emicellulose, viene prodotta dal sistema delle endomembrane: la matrice viene sintetizzata all’interno della cellula e le emicellulose vengono riversate per esocitosi fuori dal plasmalemma. Quindi si forma uno strato gelatinoso tenace nello spazio tra la membrana cellulare e la lamella mediana. Sulla superficie della membrana cellulare sono presenti delle strutture proteiche particolarmente complesse (chiamate cellulosa-sintasi), ovvero 6 complessi enzimatici che formano una struttura “a rosetta”. Questi sistemi prelevano del glucosio all’interno della cellula (normalmente staccando il fruttosio dalla molecola di saccarosio); esso migra attraverso la membrana cellulare e viene attaccato ad una catena di altri atomi di glucosio che sta crescendo verso l’esterno. Le fibre di cellulosa vicine tra loro sono polimeri lineari tra cui si possono formare dei legami deboli. Ognuno di questi legami è molto debole di per sé, ma quando si sommano (milioni) formano le fibrille di cellulosa che hanno un’enorme capacità di resistenza alla trazione e alla pressione. Rispetto alla lamella mediana, nella parete primaria vi è un materiale composito formato da una componente amorfa (la matrice di emicellulose) e da una componente cristallina (le fibrille di cellulosa che accrescono immerse all’interno della matrice stessa. 3. Parete secondaria à solo quando la cellula ha smesso di crescere, si forma (non sempre) nello e spazio tra la membrana cellulare e la parete primaria, consumando ulteriore volume interno. Possiede la capacità di poter crescere a dismisura, consumando volume interno. In alcuni casi, le cellule muoiono perché la loro parete secondaria cresce talmente tanto da impedire l’ingresso di acqua nella cellula, oppure tutto lo spazio interno viene occupato dalla parete. La parete secondaria è formata con la stessa logica e struttura di quella primaria (è composta da matrice e cellulosa) ma ha caratteristiche diverse: è più rigida ed ha una maggiore capacità di resistere alle sollecitazioni meccaniche. Tuttavia, vi sono due differenze: § Rapporto matrice-cellulosa: nella parete primaria vi è molta matrice e poca cellulosa; la parete secondaria, al contrario, possiede molta cellulosa e poca matrice. La quantità maggiore di cellulosa la rende molto meno elastica/flessibile e molto più rigida. § Tessitura: le rosette hanno la capacità di far crescere la cellulosa secondo una direzione: in maniera regolare oppure in maniera irregolare: nel caso della parete primaria, le fibrille di cellulosa hanno una tessitura dispersa ( = vanno in tutte le direzioni) à questa caratteristica la rende in grado di produrre una materiale più elastico; per quanto riguarda la parete secondaria, le fibrille di cellulosa seguono una tessitura ordinata, ovvero vengono prodotte a strati paralleli orientati in un’unica direzione che, però, si possono incrociare à in questa maniera si forma un materiale con caratteristiche meccaniche maggiormente performanti. ADuroeresistente 15 Ognuno di questi strati è diverso dagli altri per le sostanze che lo compongono e per la loro organizzazione. Essi si formano seguendo una frequenza precisa, chiamata biogenesi centripeta: il percorso di formazione di queste tre componenti va dall’esterno verso l’interno della pianta. Si formano prima gli strati più esterni e i successivi si accumulano all’interno. Funzioni: - Protezione chimico-fisica del protoplasto (citoplasma, membrana, vacuolo) - Meccanica e di sostegno - Morfologica (responsabile della forma della cellula) - Controbilancia la pressione di turgore à la parete cellulare agisce funzionalmente in associazione con il vacuolo opponendosi al suo eccessivo rigonfiamento per presenza al suo interno di componenti osmoticamente attivi. Questo meccanismo permette l’instaurarsi di una pressione osmotica bilanciata, che è fondamentale per il trasporto cellulare e per il trasporto dell’acqua e dei soluti nell’intera pianta. - Agisce da filtro à impedisce il passaggio di molecole molto grandi La parete cellulare ha delle soluzioni di continuità, non è un muro senza aperture: tra una cellula e l’altra vi sono delle zone in genere tondeggianti (plasmodesmi) all’interno delle quali la parete cellulare non è del tutto formata. La separazione, quindi, è garantita solo dalle due membrane cellulari che sono a contatto l’una con l’altra: di conseguenza, il trasporto di sostanze e la comunicazione tra le cellule continue sono più agevoli e facilitate. La parete cellulare può andare incontro a trasformazioni: una volta formata, la parete secondaria può modificarne ulteriormente alcune caratteristiche. Nelle cellule vegetali il processo di apoptosi non è solo un processo difensivo ma anche funzionale alla formazione di alcuni tessuti: ad esempio, in alcune piante è necessario che alcune cellule muoiano perché solo da morte possono svolgere una certa funzione. Questo risultato è ottenuto intervenendo sulla parete cellulare, la cui trasformazione porta alla morte della cellula. Modificazioni di parete Le sostanze che determinano le modificazioni secondarie della parete cellulare vengono distinte in: - Sostanze incrostanti: nuove sostanze si insinuano nel reticolo di fibrille di cellulosa depositandosi nella matrice, sostituendola nel ruolo di collante. - Sostanze apposte: nuovo materiale si deposita contro la parete secondaria senza insinuarsi nella matrice, formando così un nuovo strato che fornisce alla parete nuove caratteristiche. Esistono 7 tipi di modificazioni secondarie della parete: 1. Lignificazione à eccezionali doti meccaniche; porta la cellula alla morte. La parete cellulare lignificata risulta essere molto difficile da demolire: diventa un materiale più resistente all’umidità, alle sollecitazioni e all’aggressione di microrganismi. Si tratta di un processo che porta alla sostituzione della matrice: il reticolo di fibre di cellulosa è tenuto insieme dalla lignina, un polimero molto più solido (più resistente agli urti meccanici) e meno elastico rispetto alla matrice. La lignina è un polimero formato da centinaia di fenilpropanoidi che insieme costituiscono una molecola molto variabile con peso molecolare indeterminato mmm e dimensioni indefinite. La lignina rende la cellula maggiormente impermeabile e risulta essere ancora più difficile da fermentare per i microrganismi. La lignificazione è un processo che attraverso l’infiltrazione della lignina fra le maglie della parete cellulare rende il sistema estremamente rigido ed impermeabile. La conseguenza del processo di lignificazione è la riduzione progressiva del lume cellulare che porterà alla morte cellulare. La cellula muore perché, quando la parete cellulare lignifica, vengono chiusi i plasmodesmi ( = la cellula non riesce più a comunicare con l’esterno) e la parete diventa quasi completamente impermeabile. Sono possibili 2 scenari: - In alcuni casi, vi è semplicemente la sostituzione della matrice originaria della parete secondaria, quindi lo spessore non aumenta di molto. La cellula lignificata muore ma la sua 16 parete cellulare non diventa più spessa e lo spazio interno rimane libero. Ciò avviene nello xilema, un tessuto conduttore delle piante che porta allo sviluppo del legno. - In altri casi, il processo di lignificazione continua consumando progressivamente sempre più lo spazio interno della cellula finché essa non muore. In questo caso osserviamo la formazione dei tessuti meccanici che formano gli sclereidi (il volume della cellula viene completamente riempito da lignina) 2. Suberificazione à doti di traspirazione controllata ed impermeabilità, la cellula muore. Processo che riguarda quasi ed esclusivamente le cellule vive della corteccia degli alberi. Prevede l’accumulo progressivo di strati di suberina (polimero che ha una componente basata sui fenilpropanoidi ed una componente lipofila) che porta alla morte della cellula rendendola impermeabileammummm (poiché le impediscono di scambiare acqua e sostanze nutritive con l’esterno, ma permettono il passaggio di gas). Riscontriamo una suberificazione abbondante nelle cellule del sughero durante l’accrescimento secondario ma anche in una parte a livello delle radici in cui le cellule devono regolare l’assorbimento e lo spostamento di acqua all’interno della pianta. Funzioni: - Limitare la traspirazione - Barriera all’attacco di patogeni - Azione coibente (isolante) 3. Cutinizzazione à aumenta l’impermeabilità ma non la traspirazione (protezione) Avviene per deposizione di cere e cutina (polimero lipofilo) sulla faccia esterna delle cellule epidermiche vive (che non vanno incontro all’apoptosi) per creare uno strato impermeabile che limiti la traspirazione ed eviti fermentazioni. La cutina viene prodotta dal sistema delle endomembrane all’interno della cellula; il materiale, successivamente, viene inglobato in vescicole che escono dalla cellula per esocitosi. Essendo lipofila, la cutina riesce a permeare attraverso la matrice per poi migrare ed accumularsi sulla parte esterna della foglia. MORTE 4. Gelificazione à eccezionali doti igroscopiche Si tratta di una modificazione tipica dei semi di molte piante che porta ad aumentare la componente dei polisaccaridi igroscopici. Sulla superficie di molti semi vi sono pareti cellulari gelificate che servono a catturare e trattenere umidità dall’ambiente. Accumulano grandi quantità di polisaccaridi che in presenza di umidità assorbono acqua e diventano gelatinosi. POMODORO 5. Mineralizzazione à doti meccaniche Fenomeno raro che avviene nel caso particolare degli aghi dell’ortica: la pianta inietta delle sostanze irritanti grazie a delle cellule presenti sulla sua epidermide che hanno la forma di un ago e contengono sostanze irritanti, che, per funzionare, devono entrare dentro l’epidermide. La parete cellulare modificata si è trasformata in due modi diversi tra l’apice e la base: - L’apice è molto appuntito ed è andato incontro ad un processo di silicizzazione (parete EIiano Bassa caraO Di - cellulare sostituita da ossido di silicio) che l’ha reso duro e fragile allo stesso tempo; Alla base si è accumulato carbonato di calcio, un materiale duro ma fragile allo stesso tempo, ma più resistente alle sollecitazioni meccaniche. Dunque la parte vetrosa all’urto con la pelle si spezza creando una superficie tagliente, mentre la base non si spacca e si genera di fatto una punta che buca l’epidermide, permettendo di far arrivare le sostanze irritanti. 6. Pigmentazione à colorazione irreversibile 7. Degradazione à collasso polisaccaridi, trasformazione in gomme “sigillanti” Trasformazione della parete a finalità difensiva, tipica delle piante che hanno subito lesioni: le cellule cominciano a modificare la sintesi che produce la matrice, producendo enormi quantità di polisaccaridi che si solidificano a contatto con l’aria e la luce, si disidratano producendo un materiale gommoso che diventa gradualmente rigido. 17 Plastidi Sono strutture che si ricollegano alla teoria endosimbiontica dei mitocondri (possono essere considerati cugini). Sono organuli che hanno delle caratteristiche precise: hanno una doppia membrana e possiedono un proprio corredo genetico. Sono strutture plastiche, ovvero hanno un comportamento flessibile e sono convertibili tra loro a seconda delle esigenze. Sono strutture sensibili che cambiano risposta e organizzazione in base agli stimoli ricevuti dall’ambiente esterno. I plastidi, infatti, sono uno degli organelli con cui le cellule vegetali rispondono alle sollecitazioni esterne. I plastidi hanno anche un ruolo nella percezione dell’ambiente circostante, ossia la pianta percepisce un cambiamento esterno attraverso la risposta dei plastidi. Sono anche coinvolti nei sistemi di comunicazione interna, dettando conseguenze sulla vita cellulare: essendo il primo a percepire uno stress esterno, la risposta del plastidio influenza a cascata le altre componenti cellulari. I plastidi possono avere sia un ruolo attivo (fotosintesi) sia passivo (accumulo di sostanze). Queste strutture non sono completamente sviluppate in una cellula giovane, ma si sviluppano e invecchiano con la cellula: nelle cellule embrionali, che iniziano a differenziarsi, incontriamo i protoplastidi che gradualmente si evolvono in base alle sollecitazioni esterne per formare i plastidi definitivi o gerontoplasti (plastidi vecchi). Cambiano le loro caratteristiche durante l’invecchiamento della cellula à sono coinvolti nel processo di senescenza cellulare: nelle foglie che invecchiano, prima di cadere, avviene un processo di ingiallimento. I plastidi non si trasformano in cromoplasti, ma accumulano carotenoidi e vanno incontro ad un processo di trasformazione irreversibile durante il quale il plastidio perde tutte le sue componenti e muore accumulando una certa quantità di carotenoidi al proprio interno. Partecipano alla compartimentazione delle attività e delle sostanze. Possono sintetizzare alcuni metaboliti secondari (gli alcaloidi). Le loro diverse tipologie determinano funzioni e doti dei tessuti (e delle singole cellule). Sulla base delle funzioni, i plastidi possono essere divisi in due gruppi: Ø Plastidi con funzione metabolica (cloroplasti), all’interno dei quali avvengono reazioni chimiche. Ø Plastidi con ruolo di riserva (leucoplasti), all’interno dei quali non vi sono pigmenti (clorofilla) ma sostanze (amido) utili alla vita della pianta. Per vie genetiche e per vie tecnologiche, l’uomo “manipola” i plastidi per ottenere prodotti con doti particolari. Senza luce le piante non li producono e se non li producono non si colorano e non hanno energia sufficiente a diventare legnose. Protoplastidi à forma primordiale di plastidio che si trova nelle cellule embrionali delle piante, il quale fa parte dei tessuti meristematici. Man mano che la cellula cresce, essa riceve degli stimoli dall’esterno (per esempio la luce, il buio) in base a cui formerà un cloroplasto oppure un leucoplasto. Possiamo raggruppare i leucoplasti in funzione della tipologia di sostanze che contengono: § Amiloplasti accumulaa nno § Elaioplasti O § Proteinoplasti proteine Statoliti à plastidi specializzati che si trovano solo nella punta delle radici (apice radicale) che percepiscono la forza di gravita (gravitropismo). Ezioplasti à si formano quando i plastidi ricevono una quantità di luce sufficiente per formare i tilacoidi ma non per accumulare clorofilla. PriacucepoiBuio Cloroplasti à sono separati dall’esterno da una doppia membrana fosfolipidica (somiglianza con i mitocondri). All’interno delle due membrane è contenuto lo stroma, un materiale a base acquosa 18 dalla consistenza gelatinosa poiché contiene molti enzimi. A sua volta, all’interno dello stroma, vi sono alcune zone che sono sottoposte a un ulteriore compartimentazione: esistono ulteriori membrane che formano i tilacoidi, sopra la cui superficie è accumulata la clorofilla. Cromoplasti à si sviluppano quando alcuni frutti maturano o quando alcune piante sono sottoposte a forme di stress. Hanno sempre una colorazione che può essere gialla, arancione o rossa perché contengono dei composti lipofili che appartengono alla classe dei carotenoidi. Per la pianta hanno le funzioni di comunicare un messaggio verso l’esterno e di facilitare la resilienza della cellula nei confronti di sollecitazioni esterne. Esempio applicato: Haematococcus pluvialis e astaxantina È un’alga unicellulare che produce cellule perfettamente verdi finché si trova in un ambiente favorevole. Se però, le sue cellule devono crescere in ambienti sfavorevoli, l’alga attiva una strategia di difesa che prevede il minimo consumo di energia. Questa strategia prevede la trasformazione dei cloroplasti in cromoplasti: quando l’alga è stressata, produce grandi quantità di carotenoidi all’interno dei propri plastidi. Una volta che il problema sarà passato, i plastidi sono di nuovo trasformato in cloroplasti. Con quest’alga si producono integratori alimentari perché i carotenoidi che produce, tra cui l’astaxantina, hanno una fortissima attività antiossidante. FOTOSINTESI CLOROFILLIANA Nei plastidi avviene la fotosintesi clorofilliana. La fotosintesi clorofilliana è un processo molto elaborato che coinvolge un gigantesco numero di reazioni chimiche, enzimi, cofattori e luoghi all’interno di un plastidio: è necessaria l’azione coordinata di un enorme numero di enzimi con una serie di reazioni chimiche che devono avvenire in luoghi e condizioni diverse (sistema compartimentato). Ø Serve uno scambio di gas tra interno ed esterno à le piante fanno di tutto per rendersi impermeabili ed evitare la traspirazione. Tuttavia, la reazione della fotosintesi indica che la pianta, per sopravvivere, ha bisogno di incamerare gas (anidride carbonica) e di fare uscire acqua. La soluzione a questo problema è rappresentata dagli stomi, aperture regolate da sistemi che permettono scambi gassosi con l’esterno. Ø Serve avere acqua a disposizione à la fotosintesi consuma acqua. Di conseguenza, ogni cellula vegetale possiede una propria riserva d’acqua al proprio interno perché tutte le cellule vegetali svolgono la fotosintesi. Non esiste infatti un’unica “cisterna” d’acqua all’interno della pianta. Ø Serve massimizzare l’esposizione alla luce à le piante sono organismi in cui la superficie è maggiore rispetto al volume interno. Ø Servono strutture per accumulare energia chimica à uno dei prodotti della fotosintesi è il glucosio. Una volta ottenuto, occorrono strutture per accumularlo: le piante lo trasformano in amido per conservare energia e utilizzarla successivamente. La clorofilla ha una struttura simile a quella dei fosfolipidi: ha una componente planare idrofila ed una catena (fitolo) lipofila. Questo permette alle molecole di clorofilla di disporsi in una maniera molto precisa sulle membrane dei tilacoidi: la parte planare è orientata verso la luce, mentre la catena è ancorata all’interno della membrana dei tilacoidi. La clorofilla è una condizione necessaria ma non sufficiente 19 allo svolgimento della fotosintesi: essendo un processo estremamente elaborato e complesso, la fotosintesi prevede l’attività di più “attori”. I metaboliti secondari sono composti non fondamentali designati prevalentemente alla comunicazione con l’esterno. I metaboliti primari, invece, sono fondamentali per la vita della pianta. I carotenoidi appartengono ad entrambe le categorie: possono funzionare come sostanze di comunicazione (il colore del frutto maturo), svolgono un’azione di difesa verso gli stress e sono fondamentali per la vita della pianta, senza i quali non potrebbe svolgere la fotosintesi. à Sulla membrana dei tilacoidi la combinazione di CAROTENOIDI e CLOROFILLE è responsabile della cattura della luce durante il processo di fotosintesi. Le piante, essendo organismi autotrofi, trasformano l’energia luminosa in zuccheri autonomamente. Quello che avviene è un’organicazione del carbonio: catturano il C nell’atmosfera e lo utilizzano per costruire altre molecole. Le piante non hanno solo bisogno di CO2, ma anche altre sostanze per sopravvivere: acqua, nutrienti dal suolo, azoto, fosforo, potassio, altri elementi che prendono da minerali. Il processo della fotosintesi viene svolto da diversi elementi: a svolgerla è un complesso di molte sostanze differenti tra di loro e un insieme di reazioni biochimiche in un preciso ordine. Fasi della fotosintesi È un processo con cui le piante svolgono due operazioni fondamentali: FASE LUMINOSA = richiede energia luminosa, si svolge sulla membrana dei tilacoidi. Il complesso di molecole clorofille-carotenoidi cattura una parte della luce e la trasforma in un flusso di elettroni per effettuare l’idrolisi dell’acqua e produrre ATP. FASE OSCURA (Ciclo di Calvin) = non richiede energia luminosa, ma ha bisogno della prima fase per poter avvenire. Avviene l’organicazione del carbonio, in cui l’anidride carbonica entrata all’interno delle cellule viene presa in carico dal complesso enzimatico RuBisCo, che trasforma l’energia chimica accumulata in catene di atomi di C per produrre una molecola di glucosio da archiviare come energia. L’efficienza della fotosintesi è circa del 6%: ovvero, del 100% di energia solare, la pianta ne accumula solo il 6%, perdendo la restante percentuale. La parola “efficienza” non va associata alle esigenze dell’uomo, ma a quelle della pianta: infatti, la pianta non ha necessità di avere un sistema con efficienza al 100%, ma di un sistema che la faccia sopravvivere senza danneggiare altri sistemi. Per perdere meno energia della radiazione luminosa, la pianta dovrebbe essere di colore nero (massimo assorbimento). Invece sono verdi poiché non assorbono la porzione del verde (riflettono il colore corrispondente alla porzione di luce di una certa lunghezza d’onda che non assorbono; inoltre le foglie non assorbono i raggi infrarossi). MOTIVO à la pianta deve mantenere al suo interno una temperatura che permetta il funzionamento dei suoi enzimi e sistemi biologici: se fosse di colore nero, i suoi sistemi collasserebbero a causa dell’elevata temperatura. La pianta è un essere vivente, perciò anch’essa è soggetta all’evoluzione: nel corso del tempo, i sistemi di selezione naturale hanno determinato la continuità di alcune caratteristiche rispetto ad altre, non sempre vantaggiose. Ad esempio, il complesso enzimatico RuBisCo nelle piante di è sviluppato in un’epoca storica in cui il nostro pianeta era molto più ricco di anidride carbonica e meno di ossigeno: questo complesso enzimatico non è molto selettivo nel riconoscere ossigeno e anidride carbonica. Quando trova una molecola di CO2 la attacca alla catena di C per formare il glucosio, ma può capitare che incontri una molecola di O2 e, confondendola, la attacchi alla catena di C formando un prodotto tossico per la cellula. 20 L’evoluzione nelle piante ha permesso, a fronte di questa problematica, la creazione di sistemi di riciclo: non viene eliminato il complesso enzimatico ma compare un sistema che prende la sostanza tossica e la rielabora per riciclare energia. Ø La fotosintesi è perciò un processo difettoso e non efficiente, ma sufficiente per la sopravvivenza della pianta. Durante tutto il processo di fotosintesi si producono radicali liberi, grazie a i quali la pianta è in grado di spostare elettroni nei plastidi. Quando ci riferiamo alla nostra salute, i radicali liberi sono un problema (causano mutazioni e danni cellulari), ma nei mitocondri e nei plastidi hanno un ruolo importante, in quanto funzionali all’attività fotosintetica. Nonostante ciò, la loro quantità non deve superare una certa soglia perché potrebbero danneggiare alcune strutture, se accumulati in eccesso: per questo devono essere tenuti sotto controllo. Ecco perché nelle piante troviamo delle molecole con azione antiossidante o antiradicalica che proteggono i lipidi e limitano i danni causati dall’esposizione alla luce solare. Questi composti contemporaneamente svolgono tre lavori: - Collaborare e contribuire allo svolgimento della fotosintesi clorofilliana - Controllare i radicali liberi - Coinvolgimento in processi di comunicazione Le piante possono essere classificate in due modi, in base all’architettura dei tessuti delle foglie che permettono un’efficienza diversa della fotosintesi: - Piante C3 à in queste piante, la struttura delle foglie è considerata meno evoluta, ha un’efficienza minore (4,5%): quando entra l’aria dagli stomi, entra sia CO2, N e O2, per questo il complesso RuBisCo può erroneamente entrare in contatto con molecole diverse e creare sostanze tossiche al posto del glucosio. - Piante C4 à in queste piante l’efficienza della fotosintesi è maggiore, perché l’evoluzione ha permesso lo sviluppo delle cellule del mesofillo: quando entra l’aria dagli stomi, queste cellule trattengono una parte di O2 e lasciano passare direttamente la CO2. Funzionano come una sorta di filtro che preseleziona le molecole da far entrare in contatto con i plastidi. Queste piante crescono più velocemente e nell’arco di un anno producono una biomassa maggiore. Il vacuolo - È un grande spazio “vuoto” che occupa la maggior parte del volume delle cellule adulte (80%). - È una struttura che non contiene organelli ma una soluzione acquosa di una miscela di un gran numero di sostanze diverse tra di loro (idrosolubili): ci sono sali minerali, ioni, metaboliti secondari, metaboliti primari (zuccheri semplici: il dolce della mela è dato dal fruttosio contenuto nei suoi vacuoli), enzimi. - Il vacuolo fa parte del sistema delle endomembrane. È un punto di “uscita interna” dei percorsi di biosintesi che avvengono all’interno della cellula vegetale: ciò che la pianta produce e riversa nel vacuolo viene segregato al suo interno. Quasi sempre le sostanze che vengono accumulate nel vacuolo non escono più (è come un deposito): esce solo quando la cellula muore o viene aperta. - La membrana che delimita il vacuolo è a doppio strato fosfolipidico, tonoplasto, piena di sistemi di trasporto unidirezionali. - Anche i vacuoli cambiano durante la crescita della cellula. Nelle cellule meristematiche (cellule embrionali delle piante) non ci sono vacuoli: man mano che iniziano a differenziarsi si formano delle micelle di fosfolipidi che gradualmente crescono. In queste micelle, grazie ai sistemi di trasporto attivo, iniziano ad entrare delle sostanze attive (ioni K, ioni Na), formando così un gradiente osmotico, che permette l’entrata di acqua nella micella. Più la micella cresce, più fosfolipidi vengono aggiunti. Alla fine, due micelle si fondono e ne creano una più grande: a forza di unire sfere, si forma un unico grande recipiente contenente solo acqua e altre sostanze, il vacuolo centrale. Anche la cellula vegetale è diventata più grande perché è aumentata la quantità di acqua al suo interno. 21 88 88 È un organello che svolge un gran numero di attività: - Riserva d’acqua per la vita della cellula - Dare una disposizione al citoplasma: il suo volume schiaccia il citoplasma contro la membrana e la parete, permettendo di svolgere più facilmente il trasporto di sostanze tra una cellula e l’altra e permette di tenere molto vicino ai bordi i cloroplasti che devono svolgere la fotosintesi. - Sostegno ai tessuti di una pianta: finché le piante hanno acqua all’interno dei vacuoli, le sue cellule rimangono “gonfie” e la struttura della pianta rimane distesa (senz’acqua, i vacuoli si svuotano e la pianta appassisce). - Movimento delle piante: il germogliare delle piante e il loro movimento sono determinati dall’azione del vacuolo (i fiori si aprono e si chiudono): le piante hanno la capacità di svuotare e riempire in maniera selettiva i vacuoli delle cellule. Il vacuolo, regolando le quantità di solvente e soluti, è il responsabile di tutti i movimenti delle piantine - Processo di escrezione: gli animali hanno un sistema elaborato per smaltire le sostanze di rifiuto; nelle piante un sistema di questo tipo non è presente: le piante riciclano molte sostanze di scarto del C loro metabolismo. Il metabolismo secondario nasce perché le piante non possono eliminare le loro sostanze di scarto, perciò l’evoluzione ha fatto sì che queste sostanze potessero svolgere altre funzioni. Una sostanza di scarto è l’acido ossalico, che viene accumulato e cristallizzato all’interno dei vacuoli: l’ossalato è l’unica molecola che le piante non riescono a riciclare. Dentro ai vacuoli si riesce a raggiungere una concentrazione tale da farlo cristallizzare: i cristalli possono avere forme diverse. In alcune piante hanno la forma di prisma, parallelepipedo, drusa, aghi, mazzi. Questi cristalli, in particolare quelli a forma di aghi, aiutano la pianta a difendersi da organismi che vogliono mangiarla. METABOATI I - Ruolo di accumulo: accumulo di sostanze per poterle utilizzare (ioni, acidi organici): si possono accumulare sostanze zuccherine in maniera tale da rendere la pianta dolce. L’accumulo lo colleghiamo alla presenza di metaboliti primari all’interno del vacuolo. - Ruolo di segregazione: legata alla funzione di deposito di metaboliti secondari solubili in acqua. È il tema che interessa di più alla farmacia. “Segregare” vuol dire mettere in un posto in maniera tale che non faccia danni: molti metaboliti secondari sono utili per la comunicazione pianta-ambiente, ma possono essere anche dannosi per la pianta stessa, per questo vengono segregati all’interno del vacuolo e utilizzati solo nel momento del bisogno, ovvero nel momento in cui la pianta viene attaccata (la cellula si rompe e fuoriescono gli antrachinoni per la difesa della pianta). - Regola la contropressione del turgore lavorando con la parete cellulare Che molecole troviamo nel vacuolo? - Molecole idrofile - Molecole citotossiche per enzimi, proteine, citoscheletro, mitocondri - Molecole reattive, che possiedono un’attività biologica marcata, interagiscono con recettori ed enzimi. - Molecole instabili, che sono stabili finché stanno nel vacuolo, molecole che la pianta produce per tenerle al suo interno fino alla rottura della cellula per esercitare la loro attività. Esempio: solo nel momento in cui tagliamo la cipolla ci viene da piangere. Queste molecole sono difficili da utilizzare in maniera stabile all’interno di un farmaco. Che molecole troviamo nei plastidi? - Molecole lipofile - Molecole atossiche - Molecole stabili I plastidi svolgono un ruolo attivo, al cui interno avviene un processo metabolico perciò ci devono essere enzimi sempre in funzione: non possono esserci sostanze in grado di danneggiarli. I carotenoidi (metaboliti secondari) sono atossici e stabili. 22 IIIIe severo METABOLISMO SECONDARIO VEGETALE Sono metaboliti secondari tutti quei composti prodotti da piante e microrganismi coinvolti nelle relazioni tra un organismo vivente e l’ambiente che lo circonda. Possono essere sostanze velenose per difendersi o sostanze colorate per interagire con l’esterno, ma possono essere anche metaboliti primari utilizzati con scopo di comunicazione con l’ambiente. Molti metaboliti secondari interagiscono attivamente o passivamente con sistemi biologici (enzimi, recettori, membrane) e costituiscono un ottimo punto di partenza per produrre farmaci. I metaboliti secondari hanno strutture di accumulo dedicate, sia a livello cellullare (vacuolo e plastidi) ma anche a livello di tessuti. I tessuti di secrezione sono deputati all’accumulo di precisi metaboliti secondari. Alcuni sono ubiquitari, ovvero si trovano in tutte le piante: ad esempio gli acidi organici. Altri sono caratteristici solo di alcune famiglie o specie, circoscritti in una porzione ben definita: ad esempio gli alcaloidi (le 4 categorie di metaboliti primari sono presenti in tutte le piante; le 8 categorie di metaboliti secondari non sono tutte presenti nelle piante). Una singola pianta produce 15-20.000 metaboliti secondari nell’arco della sua vita. Tutte queste molecole non sono mai tutte contemporaneamente presenti, ma prodotte in quantità diverse durante la vita della pianta e mai tutte negli stessi organi (alcune nei semi, altri nelle radici), e anche all’interno di uno stesso organo le sostanze possono essere prodotte da cellule specializzate, e sono presenti in miscela. Fitocomplesso = la miscela di tutti i metaboliti secondari che una pianta sta producendo in un determinato momento. Le piante non ci danno mai molecole pure, ma miscele di centinaia di sostanze diverse. I metaboliti secondari svolgono 4 funzioni principali: 1. Difesa à difesa contro un altro organismo. Parliamo di diverse tipologie di difesa: - Contro erbivori (vertebrati e invertebrati) = le piante producono metaboliti secondari tossici nei confronti di questi organismi. Esistono delle specificità: alcune piante producono alcuni composti efficaci contro sistemi biologici degli insetti (insetticida), ma non dei mammiferi. - Contro funghi e batteri = le piante sono fermi e immobili, perciò devono difendersi anche dai microrganismi e da patogeni. La difesa passa attraverso sistemi combinati (come la riduzione del ristagno d’acqua), e anche con la produzione di metaboliti secondari antimicrobici. La pianta ha la necessità di produrre sostanze tossiche per il nemico, ma che non danneggino i microrganismi amici. Nelle piante non troviamo sostanze definite “antibiotici”: l’obiettivo della pianta è selezionare il tipo di microbi che possono rimanere vicino a sé, per questo motivo i metaboliti secondari hanno un’azione batteriostatica, ovvero creano un’ambiente scomodo per evitare la proliferazione di funghi e batteri e tenere sotto controllo la loro presenza. - Sintomatica contro gli effetti di aggressioni e lesioni = i metaboliti secondari entrano in azione a seguito degli effetti di aggressioni e lesioni. Le piante presentano un arsenale costante di metaboliti secondari, ma esistono dei gruppi di sostanze che vengono prodotte solo dopo che la pianta percepisce un pericolo. Rientrano in questo gruppo anche sostanze che la pianta produce per chiudere lesioni e zone in cui ci sono stati danni. 2. Competizione à Contro altre specie concorrenti = in alcune piante sono presenti composti nelle foglie che, al momento della caduta, vengono rilasciate e bloccano la crescita di altre piante. 3. Comunicazione à tutte le sostanze che le piante producono in modo tale che ci sia un’interazione con l’ambiente circostante. - Mimetismo verso predatori = creare zone che permettano ai predatori di vedere meglio o peggio la pianta - Richiamo o repulsione visiva, olfattiva o gustativa verso mammiferi, uccelli, insetti = le piante usano la comunicazione per fare in modo che un animale trasporti i suoi semi lontano, oppure per comunicare di stare lontano da loro. - Attrazione di simbionti radicali = attrazione dei microrganismi a livello del suolo. Le piante rilasciano un po’ di zuccheri e metaboliti secondari nel suolo, in modo tale da facilitare la proliferazione di microrganismi buoni per la pianta. - Richiamo di predatori dei propri parassiti o concorrenti - Segnalazione verso individui co-specifici o specie simpatiche (alleanze tra specie) 23 4. Protezione à tutti i metaboliti secondari che le piante usano per limitare i danni rispetto a pericoli fisici, contro stress abiotici (radiazioni UV, metalli pesanti, temperatura). Quando si parla di metaboliti secondari, bisogna tenere in considerazione che si tratta di sostanze sintetizzate dalle piante in maniera flessibile: durante la vita della pianta, queste sostanze vengono prodotte in quantità diverse a seconda dell’età della pianta, a seconda degli organi e delle loro varie parti e soprattutto, a seconda delle stagioni e del periodo dell’anno. Quando parliamo di metaboliti secondari all’interno delle piante, quello che abbiamo è una miscela di composti (fitocomplesso), migliaia di molecole diverse tra loro in proporzioni differenti. Dove troviamo questi composti? I metaboliti secondari possono essere accumulati a livello cellulare (vacuoli o plastidi), o anche in strutture extracellulari, in tessuti di secrezione (epidermide delle foglie in forma di peli, o all’interno di cavità). In genere, le molecole accumulate nei tessuti di secrezione sono tossiche per la cellula. ACIDI ORGANICI Sono molecole che presentano dei gruppi acidi, quindi hanno un pH basso (acido). Sono composti ubiquitari, li troviamo in tutti gli organismi vegetali (prodotti e accumulati nei vacuoli) à le piante hanno sempre un pH acido. Possono essere prodotti con basso consumo di energia (perciò prodotti in grandi quantità) Hanno un basso peso molecolare e sono altamente idrofile. Svolgono funzioni importanti per la vita della cellula: - Funzione osmotica = Sono molecole osmotica