Biochimica, Prof. Viviana Greco, Lezioni 1 & 2 (PDF)
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Università Cattolica del Sacro Cuore - Milano (UCSC MI)
Viviana Greco
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This document provides lecture notes on biochemistry, focusing on cellular respiration, glycolysis, and fermentation. It details the stages of cellular respiration, including glycolysis, the Krebs cycle, and oxidative phosphorylation, and further introduces the concept of anaerobic respiration (fermentation). It also describes the interconnections between the liver and muscles (the Cori cycle).
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BIOCHIMICA PROF. VIVIANA GRECO LEZ.1 28/10 e LEZ 2 31/10 La respirazione cellulare è un processo che avviene in condizioni di aerobiosi (in presenza di ossigeno) e che si divide in tre diverse fasi: - fase catabolica (degradazione delle macromolecole) - Cliclo di Krebs (processo intermedio che prod...
BIOCHIMICA PROF. VIVIANA GRECO LEZ.1 28/10 e LEZ 2 31/10 La respirazione cellulare è un processo che avviene in condizioni di aerobiosi (in presenza di ossigeno) e che si divide in tre diverse fasi: - fase catabolica (degradazione delle macromolecole) - Cliclo di Krebs (processo intermedio che produce coenzimi ridotti 3NADH, 1FADH2, 1GTP) - Fosforilazione ossidativa (che si completa con la sintesi di ATP) Il processo di respirazione cellulare inizia con la glicolisi durante la quale viene degradata 1 molecola di glucosio per produrre 2 molecole di piruvato che verranno introdotte nel ciclo di Krebs sottoforma di acetil-coA. Il ciclo di Krebs è un processo intermedio che produce i coenzimi ridotti (3NADH, 1FADH2, 1GTP). I coenzimi ridotti, prodotti nel ciclo di Krebs, sono fondamentali perchè sono trasportatori di elettroni sulla catena respiratoria mitocondriale ovvero un grande complesso proteico formato da 4 complessi a cui si legano gli elettroni necessari per formare un gradiente elettrochimico e protonico che porterà energia al complesso 5 (complesso dell’ATP- SINTASI). Il quinto complesso è necessario per la fosforilazione di molecole di ATP per la produzione di ATP. Tutto questo processo di respirazione cellulare avviene in presenza di ossigeno che è fondamentale nel complesso 4 della catena respiratoria perchè verrà consumato per formare le specie reattive dell’ossigeno. Esistono 3 classi di macromolecole: - Carboidrati - Proteine - lipidi Queste macromolecole daranno vita ad unità elementari che vengono introdotte nei processi catabolici. In particolare dai carboidrati l’unità elementare che viene introdotta nei processi catabolici è il glucosio (monosaccaride), dalla degradazione dei lipidi, in particolare i trigliceridi, viene introdotto l’acido grasso, infine, dalla degradazione delle proteine vengono introdotti gli aminoacidi. Dunque, il glucosio, gli acidi grassi e gli aminoacidi costituiranno le unità elementari che verranno ulteriormente degradate per produrre acetil-CoA che deve entrare nel ciclo di Krebs e dare origine alla fosforilazione ossidativa. È importante ricordare che dai processi catabolici di degradazione verrà prodotto ACETIL- COA. L’acetil-coA è fondamentale per attivare il ciclo di krebs da cui verranno prodotti i coenzimi ridotti che sono fondamentali per la fosforilazione ossidativa, alla cui fine verrà prodotta ATP. L’ATP è una molecola energetica che viene usata per tutto il metabolismo basale ovvero per svolgere tutte le funzioni. IN CONDIZIONI DI ANAEROBIOSI In condizioni di anaerobiosi ovvero in assenza di ossigeno, la glicolisi può ugualmente avvenire perché sono 10 reazioni in cui l’ossigeno non è necessario. La glicolisi, dunque, è uno step fondamentale sia nelle condizioni di aerobiosi che in quelle di anaerobiosi. Gli organi che utilizzano glucosio e in cui avviene la glicolisi sono: - Fegato - Muscolo - Tessuto nervoso - Surrene - Tessuto adiposo Il fegato, in particolare, effettua la glicolisi perchè regola le concentrazioni di glucosio nel sangue (glicemia) in caso di iperglicemia (quando le concentrazioni di glucosio nel sangue sono in eccesso). Il fegato viene per questo chiamato “il glucostato dell’organismo”. Il muscolo, al contrario, effettua la glicolisi perchè deve produrre ATP necessaria per la contrazione muscolare. 1 Mentre il fegato ha una funzione sistemica (benefica per tutto l’organismo), il muscolo ha una funzione locale (produce ATP deputata per la SUA contrazione). Se da un lato il fegato è un organo altruista, dall’altro, il muscolo è un organo egoista. In caso di esercizio fisico l’organo che utilizza il glucosio è il muscolo che deve produrre ATP necessaria per la sua contrazione. Per produrre ATP si parte dal glucosio nel sangue che entra all’interno dei miotici (cellule muscolari) tramite dei trasportatori del glucosio (GLUT) ovvero proteine integrali di membrana che si immergono nel doppio strato della membrana plasmatica del miocita. Sulla membrana plasmatica del miotica possono essere presenti 2 tipi di trasportatori GLUT: - GLUT1 (ubiquitario) - GLUT4 (espresso solo in condizioni di produzione insulina) Questi trasportatori, dunque, conducono un tipo di trasporto passivo ovvero la diffusione facilitata. In particolare, il glucosio si muove secondo gradiente di concentrazione (da concentrazione più alta nel sangue a una più bassa nel miocita) tramite una proteina trasportatrice ovvero il GLUT. Il glucosio dal sangue entra nel muscolo e da questo momento entra in glicolisi. La prima reazione della glicolisi è la fosforilazione del glucosio in glucosio 6-fosfato tramite l’enzima esochinasi. Questa reazione è fondamentale perchè i trasportatori di glucosio sono selettivi per il glucosio. Dunque, grazie alla fosforilazione del glucosio in glucosio 6-fosfato, e quindi all’aggiunta del gruppo 6-fosfato che rappresenta un ingombro sferico, questo rimarrà immagazzinato nel miocita e verrà indirizzato alle varie reazioni e in particolare alla glicolisi. La glicolisi dunque porterà alla formazione di 2 molecole di piruvato che verranno de-carbossilate in acetil-coA, entreranno nel ciclo di krebs fino alla produzione di ATP tramite la fosforilazione ossidativa. In caso di ANAEROBIOSI Durante l’esercizio muscolare, l’ossigeno si consuma e dunque da una condizione di aerobiosi si passerà a una di ananerobiosi che si verifica sempre sotto sforzo muscolare o in condizioni ipossiche. Se la condizione di aerobiosi favorisce la riduzione del piruvato in acetil-coA, questa condizione di anaerobiosi favorisce un altro tipo di reazione ovvero la FERMENTAZIONE. Esistono due tipi di fermentazione: - LATTICA (riduzione del piruvato in LATTATO) - ALCOLICA (riduzione del piruvato in ETANOLO) AFFINCHÈ QUESTA RIDUZIONE AVVENGA È NECESSARIA UNA MOLECOLA DI NADH (forma ridotta di NAD+) che VIENE OSSIDATA IN NAD+, conseguentemente il PIRUVATO VIENE RIDOTTO IN LATTATO. N.B. Sia in presenza di ossigeno che in assenza, affinché la glicolisi possa procedere è necessario che il NAD+ sia continuamente rigenerato attraverso un processo di riossidazione del NADH. 2 FERMENTAZIONE LATTICA La fermentazione lattica è una reazione in cui è necessaria una molecola di NADH (forma ridotta) che verrà ossidata a NAD+ e contemporaneamente la molecola di piruvato verrà ridotta in lattato. (Avviene durante l’esercizio fisico) Riassumendo quindi: - il piruvato (ottenuto nel processo di glicolisi) si riduce in lattato - il NADH si ossida in NAD+ (consumatosi durante il processo di glicolisi). L’enzima che catalizza questa reazione di ossido-riduzione è il lattato deidrogenasi. Tramite la fermetazione, il NAD+ quindi sarà rigenerato a partire dal NADH e quindi verrà utilizzato nella glicolisi. In questo modo si creerà un gradiente di NAD+ che consentirà alla glicolisi di non fermarsi. INTERCONNESSIONE FEGATO-MUSCOLO (CICLO DI CORI) Al consumo di ossigeno, la fermentazione lattica attiva la formazione del lattato che immediatamente esce dal muscolo ed entra nel torrente circolatorio. È importante sottolineare che il muscolo, all’aumento dell’esercizio muscolare, prende il glucosio dal sangue, causando una riduzione della concentrazione di sangue portando così l’organismo ad uno stato di ipoglicemia. Il fegato, dunque, che risente, tramite l’ormone glucagone, della diminuzione di concentrazione di glucosio nel sangue, attiva la via metabolica della GLUCONEOGENESI, necessaria per la produzione di glucosio. La via della gluconeogenesi è: - esclusivamente epatica - necessaria per la sintesi del glucosio - avviene a partire da “precursori non glucidici” (metaboliti che non fanno parte del metabolismo glucidico) Nelle condizioni di ipoglicemia, la carenza di glucosio comprometterebbe il sistema nervoso che usa quasi esclusivamente il glucosio portando al coma o alla morte cerebrale. Il fegato si attiva immediatamente per produrre glucosio, dando inizio alla gluconeogenesi, a partire da precursori non glucidici precursori non glucidici come: - Lattato - Glicerolo - Alanina Si dice che la via della gluconeogenesi venga attivata da precursori non glucidici perchè è una via che avviene in carenza di glucosio. In condizione di iperglicemia, il glucosio viene degradato e viene effettuata dal fegato la glicolisi per effettuare un abbassamento della concentrazione di glucosio nel sangue. In conclusione la GLICOLISI e la GLUCONEOGENESI sono due vie che non possono essere attivate dal fegato nello stesso momento perchè nell’organismo si presenta la condizione di ipoglicemia o di iperglicemia. Il lattato prodotto dal muscolo durante l’esercizio muscolare, passa nel torrente circolatorio in forma protonizzata, viene ricaptato dal fegato, entra nel fegato dove può essere ossidato in 2 molecole di piruvato che vengono riutilizzate per formare 1 molecola di glucosio. La reazione PIRUVATO-LATTATO è reversibile ovvero può avvenire sia la reazione diretta che quella inversa. Dunque: - il piruvato viene ridotto a lattato - il lattato viene ossidato a piruvato 3 Riassumendo: Il glucosio dal torrente circolatorio, tramite dei trasportatori glut, entra nel miocita (cellule muscolari) dove avviene la glicolisi. Il glucosio viene trasformato, dunque, in 2 molecole di piruvato. Le due molecole di piruvato vengono trasformate in lattato a causa dell’assenza di ossigeno tramite il processo di fermentazione lattica. Immediatamente il muscolo, lascia nel torrente circolatorio il lattato prodotto. Successivamente interviene il fegato che, risentito della diminuzione di glucosio nel sangue, attiva la gluconeogenesi ovvero il processo per cui dal lattato vengono ricavate 2 molecole di piruvato da cui deriverà il glucosio. Durante l’esercizio fisico il muscolo e il fegato entrano in comunicazione perchè all’aumento della richiesta di glucosio nel muscolo corrisponde una diminuzione di glucosio nel sangue. Questa forma di comunicazione si chiama “ciclo di cori” e mette in comunicazione la fermentazione lattica prodotta nel muscolo e la gluconeogenesi epatica. LA GLUCONEOGENESI La gluconeogenesi è il processo di sintesi del glucosio a partire da precursori non glucidici. I precursori non glucidici sono: - Lattato (proveniente dai globuli rossi e dal muscolo durante l’esercizio fisico) - Glicerolo (proveniente dalla degradazione dei trigliceridi nel tessuto adiposo) - Alanina (proveniente dalla degradazione delle proteine) La gluconeogenesi è un processo di 11 reazioni, che si attiva immediatamente in caso di ipoglicemia. Se infatti, il corpo fosse in uno stato di ipoglicemia prolungato, il primo sistema che ne risentirebbe è quello nervoso che utilizza esclusivamente glucosio. Nella gluconeogenesi, le due molecole di piruvato prodotte da precursori non glucidici verranno sintetizzate in una molecola di glucosio. La glicolisi e la gluconeogenesi sono due reazioni quasi opposte. Se alla glicolisi corrispondono 10 reazioni, alla gluconeogenesi ne corrispondono 11. Le differenze tra le due vie (glicolisi e gluconeogenesi) stanno in 3 reazioni fondamentali e IRREVERSIBILI catalizzate da tre enzimi differenti. Queste tre reazioni vengono definite “punti di deviazione” ovvero quelle tre reazioni in cui la glicolisi e la gluconeogenesi NON sono l’una l’opposta dell’altra e dunque sono quei tre punti in cui verranno attivati gli enzimi della glicolisi o quelli della gluconeogenesi. In particolare l’insulina attiva la glicolisi e quindi gli enzimi: - Esochinasi - Fosfo-fruttochinasi di tipo 1 - Piruvato chinasi Al contrario, il glucagone attiva la gluconeogenesi e quindi gli enzimi: - piruvato carbossilasi - fruttosio 1-6 bifosfatasi di tipo 1 - Glucosio 6 fosfatasi Le altre 7 reazioni essendo reversibili si avranno sia nella glicolisi che nella gluconeogenesi e avvengono tramite lo stesso enzima. 4 Entrando più nello specifico delle 3 reazioni irreversibili: FOSFOENOL-PIRUVATO —> PIRUVATO e PIRUVATO —> FOSFOENOL-PIRUVATO Nella glicolisi, nell’ultima reazione avviene la conversione da FOSFOENOL-PIRUVATO a PIRUVATO, effettuata dall’enzima PIRUVATO CHINASI con produzione di ATP. È una reazione irreversibile perchè lo stesso enzima NON catalizza la reazione opposta (da PIRUVATO a FOSFOENOL-PIRUVATO). La gluconeogenesi, per iniziare, si avvalerà di un enzima ovvero la PIRUVATO CARBOSSILASI. Questa è una reazione (da PIRUVATO a FOSFOENOL-PIRUVATO) fondamentale perchè è l’unica reazione della gluconeogenesi che avviene nel MITOCONDRIO. A livello del mitocondrio, sono presenti 2 enzimi che permetteranno la conversione del PIRUVATO in FOSFOENOL-PIRUVATO ovvero l’enzima PIRUVATO CARBOSSILASI e FOSFOENOL-PIRUVATO CARBOSSICHINASI. Il lattato nella cellula epatica, una volta ossidato nel citosol della cellula epatica a piruvato, passa nel mitocondrio dove viene carbossilato (aggiunta 1CO2) in OSSALACETATO (ultimo metabolita del ciclo di Krebs) tramite l’enzima PIRUVATO CARBOSSILASI. Successivamente l’OSSALACETATO viene trasformato in FOSFOENOL-PIRUVATO tramite l’enzima FOSFOENOL-PIRUVATO CARBOSSICHINASI. A questo punto, il FOSFOENOL-PIRUVATO che si è formato, passa nel citosol per continuare la gluconeogenesi tramite le altre 7 reazioni che sono reversibili (opposte alla glicolisi). FRUTTOSIO 6-FOSFATO—> FRUTTOSIO 1.6-BIFOSFATO e FRUTTOSIO 1.6-BIFOSFATO —> FRUTTOSIO 6-FOSFATO Nella glicolisi l’enzima FOSFOFRUTTOCHINASI 1 fosforila la reazione che permette il passaggio da FRUTTOSIO 6-FOSFATO a FRUTTOSIO 1.6-BIFOSFATO Nella gluconeogenesi, invece, l’enzima FRUTTOSIO 1.6-BIFOSFATASI 1 de-fosforila il FRUTTOSIO 1.6-BIFOSFATO trasformandolo in FRUTTOSIO 6-FOSFATO. Questa è una reazione fondamentale perchè la presenza o meno del metabolita FRUTTOSIO 2.6- BIFOSFATO determina il continuo della glicolisi o della gluconeogenesi. In particolare: - Se è presente il FRUTTOSIO 2.6-BIFOSFATO, questo attiva l’enzima FOSFOFRUTTOCHINASI 1 e quindi ATTIVA LA GLICOLISI - Se non è presente il FRUTTOSIO 2.6-BIFOSFATO, viene attivato l’enzima FRUTTOSIO 1.6- B I F O S FATA S I 1 e q u i n d i s i AT T I VA L A GLUCONEOGENESI. È importante ricordare che il FRUTTOSIO 2.6- BIFOSFATO viene attivato dall’INSULINA. Quindi si attiva in condizioni di iperglicemia e viene prodotta dalle cellule beta del pancreas. È un ormone ipoglicemizzante perchè abbassa le concentrazioni di glucosio nel sangue e che attiva la fosfofruttochinasi di tipo 2 che attiva il fruttosio 2.6 bifosfato che attiva l’enzima fosfofruttochinasi di tipo 1 che permette il proseguimento della glicolisi. Nel momento in cui viene prodotto, dalle cellule alfa del pancreas, il glucagone ovvero un ormone iperglicemizzante che alza le concentrazioni di glucosio nel sangue, il glucagone 5 toglie l’inibizione all’enzima fosfofrutto 2.6 bifosfatasi che degraderà il fruttosio 2.6 bifosfato in fruttosio 1.6 bifosfato, di conseguenza le concentrazioni di fruttosio 2.6 bifosfato diminuiranno e la sua assenza determinerà l’attivazione del fruttosio 1.6 bifosfato che è l’enzima attivatore della gluconeogenesi, permettendo alla gluconeogenesi di continuare. La fosfofruttochinasi di tipo 2 che attiva il FRUTTOSIO 2.6 BIFOSFATO e la fosfofrutto 2.6 bifosfatasi che degrada il FRUTTOSIO 2.6 BIFOSFATO non possono essere attivate contemporaneamente. Questa attivazione o meno deriva dalla fosforilazione o defosforilazione della proteina. Quando la subunità è FOSFORILATA sarà attiva la fosfofrutto 2.6 bifosfatasi (perchè il glucagone attiva processi di fosforilazione). Quando la subunità è DEFOSFORILATA sarà attiva la fosfofruttochinasi di tipo 2 (perchè l’insulina attiva processi di defosforilazione) GLUCOSIO —> GLUCOSIO 6-FOSFATO e GLUCOSIO 6-FOSFATO —> GLUCOSIO Nella glicolisi, l’enzima ESOCHINASI fosforila il glucosio in GLUCOSIO 6-FOSFATO permettendo al glucosio di rimanere nella cellula. Nella gluconeogenesi, l’enzima GLUCOSIO 6-FOSFATASI defosforila il glucosio 6-fosfato in GLUCOSIO. Questo glucosio tramite dei trasportatori GLUT2 uscirà dall’epatocita per entrare nel torrente circolatorio in cui è presente ipoglicemia. Questo è possibile perchè quando l’enzima GLUCOSIO 6-FOSFATASI è attivo, l’enzima ESOCHINASI IV è racchiuso in una proteina regolatrice che impedisce il passaggio dell’enzima dal nucleo al citosol. Quando la glicolisi deve avvenire, la proteina regolatrice si stacca dall’esochinasi IV, che passa dal nucleo al citosol, e fosforila il glucosio. È importante ricordare che l’esochinasi IV ha localizzazione nel fegato, mentre l’esochinasi I e II nel muscolo. 6 ALTRE VIE METABOLICHE GLUCIDICHE un’altra via attraverso cui si riesce a produrre glucosio è il metabolismo del glicogeno. Il glicogeno è un omo-polisaccaride (più unità saccaridiche uguali) formato da sequenze ripetute di glucosio. In particolare è formato da: - Una catena lineare in cui si ripetono le unità di glucosio una accanto all’altra, legate da legami 1-4 glicosidici (tra C1 e C4 di due glucosi adiacenti) - Punti di ramificazione che legano la struttura lineare con altre strutture ramificate tramite legami alfa 1-6 (tra C1 e C6 di due glucosi adiacenti) Queste catene di glicogeno sono fondamentali perchè costituiscono una forma di riserva di glucosio e quindi energetica facilmente mobilizzabile. Il glicogeno è presente: - nel muscolo - Nel fegato Se i legami glicosidici vengono rotti, si forma del glucosio libero che rappresenta una fonte energetica per l’organismo. La rottura dei legami glicosidici del glicogeno avverà in condizioni di ipoglicemia e verrà effettuata dal fegato e dal muscolo per ricavare glucosio che verrà utilizzato dalla glicolisi per produrre ATP. IN CONDIZIONI DI IPOGLICEMIA LA ROTTURA DEI LEGAMI GLICOSIDICI DEL GLICOGENO SI CHIAMERÀ GLICOGENOLISI. GLICOGENOLISI La glicogenolisi è un processo catabolico di degradazione delle riserve di glicogeno per formare glucosio. Dato che il glicogeno è formato da una struttura lineare e da una ramificata, interverranno 2 enzimi differenti: - Glicogeno fosforilasi (scinde i legami 1-4 e libera glucosio 1-fosfato) - Enzima deramificante (scinde i legami 1-6 e libera glucosio) L’enzima “glicogeno fosforilasi” è il primo ad attivarsi e in particolare: 1. scinde la sequenza lineare del glicogeno e dunque i legami 1-4 glicosidici 2. libera 1 molecola di glucosio 3. aggiunge, al glucosio liberato, un gruppo fosfato (fosfato inorganico) per impedire al glucosio di uscire dalla cellula. 4. Si forma dunque 1 molecola di glucosio 1-fosfato L’enzima glicogeno fosforilasi scinde i vari legami finché non riconosce una sequenza di 4 glucosi prima del punto di ramificazione (destrina limite che indica lo stop per l’enzima glicogeno fosforilasi” L’enzima deramificante, successivamente, scinde il legame alfa 1-6 e sposta la catena ramificata vicino alla catena lineare in modo tale che possa intervenire nuovamente l’enzima glicogeno fosforilasi. 7 La glicogenolisi è un processo che avviene nel fegato e nel muscolo. Il muscolo, in particolare, utilizzerà le riserve di glucosio 1-fosfato derivanti dal glicogeno per produrre ATP e quindi energia utilizzabile solo dalla cellula muscolare. Per produrre ATP il muscolo effettuerà la glicolisi grazie a un enzima che trasformerà il glucosio 1-fosfato in glucosio 6-fosfato ovvero l’enzima fosfoglucomutasi che sposterà il gruppo fosfato dalla posizione 1 alla posizione 6. Il fegato, invece, utilizzerà le riserve di glucosio 1-fosfato per produrre glucosio che verrà inserito nel torrente circolatorio. Anche in questo caso l’enzima fosfoglucomutasi sposterà il gruppo fosfato dalla posizione 1 alla 6 per creare glucosio 6-fosfato. Una volta prodotto glucosio 6- fosfato, questo viene defosforilato in glucosio tramite il glucosio6-fosfatasi per pemettere al glucosio di uscire dalla cellula epatica ed entrare tramite dei trasportatori GLUT nel torrente ematico. Riassumendo: In condizioni di ipoglicemia il fegato attiva la gluconeogenesi e la glicogenolisi. In condizioni di iperglicemia il fegato attiva la glicolisi e la glicogenosintesi (sintesi di legami tra glucosio in eccesso che porteranno a formazione di riserve di glicogeno). GLICOGENOSINTESI La glicogenosintesi è un processo anabolico del metabolismo glucidico che sintetizza e immagazzina glicogeno a partire dal glucosio. È un processo che avviene in condizioni di iperglicemia e quando la glicolisi non è sufficiente per stabilizzare le concentrazioni di glucosio nel sangue. La quantità, dunque, di riserve di glicogeno dipenderà dalla quantità di glucosio immagazzinata, tanto più sarà il glucosio immagazzinato, tante più saranno le riserve di glicogeno. La glicogenosintesi è un processo che viene effettuato sia dal muscolo che dal fegato. In particolare, nel momento in cui il corpo è in una condizione di iperglicemia, il fegato, per abbassare le concentrazioni di glucosio nel sangue, prende il glucosio dal sangue e lo immagazzina tramite i trasportatori GLUT2. Il glucosio, così, entra nella cellula epatica dove viene FOSFORILATO a glucosio 6-fosfato grazie a un enzima ESOCHINASI. Successivamente, per fare in modo che il glucosio venga utilizzato dal fegato per la glicogenosintesi e non per la glicolisi, interviene una MUTASI che, come nella glicogenolisi, trasforma il GLUCOSIO 6- FOSFATO in GLUCOSIO 1 FOSFATO (trasferimento del gruppo fosfato dalla carbonio 6 a 1). Questa trasformazione in glucosio 1-fosfato è fondamentale perchè se fosse rimasto il glucosio 6-fosfato, questo sarebbe entrato in glicolisi o nella via dei pentoso fosfati. Successivamente avviene l’attivazione del GLUCOSIO 1- FOSFATO, necessaria affinché gli enzimi della glicogenosintesi possano effettivamente formare i legami che porteranno alla formazione del glicogeno. L’attivazione avviene tramite l’AGGIUNTA DI UN NUCLEOTIDE ovvero l’UTP (base azotata:uridina) e rappresenta un segnale di inizio della glicogenosintesi. Successivamente l’UTP defosforilato ad UDP, viene tolto dal glucosio perchè rappresenta solo un segnale di innesco della glicogenosintesi. Per la sintesi della molecola di glicogeno ex novo però è necessaria una proteina che funga da primer. Questa proteina è la GLICOGENINA e ha una funzione di innesco attraverso cui inizia a sintetizzare ex novo un legame alfa 1-4 glicosidico tra due molecole di glucosio (inizia a sintetizzare i primi legami glucosio- glucosio). In questo modo l’enzima glicogeno sintasi riconosce l’UDP sintatico, i due glucosi legati grazie alla glicogenina, e inizia a formare altri legami alfa 1-4 glicosidici. Dopo l’aggiunta di almeno 11 sequenze di glucosio, l’enzima ramificante inizia a formare i punti di ramificazione tramite legami alfa 1-6 glucosidici. 8 In condizioni di iperglicemia, l’ormone che viene secreto è l’insulina. Nel muscolo sono presenti dei trasportatori insilino-dipendenti ovvero i GLUT4 che si trovano immagazzinati nel muscolo in vescicole endosomiali. Nel momento in cui il corpo è in una condizione di iperglicemia con quindi relativa produzione di insulina, l’insulina manda dei segnali alle vescicole endosomiali del miocita (cellula muscolare) e del tessuto adiposo situate nel citosol delle cellule. Questi segnali fanno si che le vescicole endosomiali si rompano, liberando i trasportatori GLUT4 dal citosol alla membrana plasmatica che permetteranno l’ingresso del glucosio dal sangue al muscolo. Successivamente il glucosio verrà trasformato in glicogeno che rappresenta una riserva energetica che: - nel caso del muscolo, il glicogeno verrà sintetizzato a glucosio per entrare in glicolisi e formare ATP - Nel caso del fegato, le riserve di glicogeno saranno fondamentali per costituire riserve di energia quando il corpo sarà in una condizione di ipoglicemia. La glicogenolisi e la glicogenosintesi vengono regolate a livello ormonale dall’insulina e dal glucagone, così come nella glicolisi e nella gluconeogenesi erano presenti gli ormoni fosfofruttochinasi di tipo 2 e la fosfofrutto 2.6 bifosfatasi che attivavano o degradavano l’enzima fruttosio 2.6 bifosfato da cui dipendeva la glicolisi, nel caso dell’attivazione, o la gluconeogenesi, nel caso della disattivazione. (Nel caso della glicolisi e gluconeogenesi gli ormoni regolavano un unico enzima: fruttosio 2.6 bifosfato) Nella glicogenolisi e glicogenosintesi, l’insulina e il glucagone regolano due differenti enzimi: - Glicogenosintasi (attiva la glicogenosintesi) - Glicogenofosforilasi (attiva la glicogenolisi) Questi due enzimi non possono funzionare contemporaneamente perchè la glicogenolisi risponde in una condizione di ipoglicemia, mentre la glicogenosintesi risponde in una condizione di iperglicemia. GLICOGENOFOSFORILASI In particolare, l’ormone che risponde alla condizione di ipoglicemia nel fegato è il GLUCAGONE (attiva le chinasi che effettuano la fosforilazione), nel muscolo l’ADRENALINA o l’AUMENTO DI CONCENTRAZIONE DEL CALCIO. Il glucagone manda il segnale al fegato che il corpo è in ipoglicemia tramite dei recettori ACCOPPIATI A PROTEINA G con la finalità di attivare la glicogenofosforilasi e, di conseguenza, la glicogenolisi. La glicogenofosforilasi viene attivata tramite un processo di FOSFORILAZIONE dalle chinasi attivate dal glucagone. Nel caso di iperglicemia, l’ormone che risponde a questa condizione è l’INSULINA (attiva le fosfatasi che attuano la defosforilazione). La glicogenofosforilasi, in questa condizione, è DEFOSFORILATA dalle fosfatasi attivate dall’insulina, di conseguenza è INATTIVA e non è possibile effettuare glicogenolisi. Ricorda: la GLICOGENOFOSFORILASI è: - ATTIVA se FOSFORILATA (QUANDO è PRESENTE GLUCAGONE che attiva chinasi e quindi fosforilazione) - INATTIVA se DEFOSFORILATA (QUANDO è PRESENTE INSULINA che attiva fosfatasi e quindi defosforilazione) 9 GLICOGENOSINTASI La glicogenosintasi è un enzima che viene attivato dall’enzima GSK3. In caso di iperglicemia, l’ormone che risponde è l’INSULINA che attiva le fosfatasi che effettuano la defosforilazione. La glicogenosintasi nella condizione defosforilata è ATTIVA. La glicogeno sintasi attiva presenta 3 gruppi ossidrili (-OH) liberi. L’insulina è fondamentale perchè blocca l’attività dell’enzima GSK3 (glicogeno-sintasi- chinasi) che ha la funzione di FOSFORILARE la glicogenosintasi e quindi di INATTIVARLA. QUANDO L’INSULINA BLOCCA LA GSK3, LA GLICOGENOSINTASI è ATTIVA. In caso di ipoglicemia, l’ormone che risponde è il GLUCAGONE che INATTIVA la glicogenosintasi perchè ha la funzione di FOSFORILARE. Inoltre in caso di ipoglicemia, l’insulina non viene secreta e di conseguenza, l’enzima GSK3 è libero di fosforilare la glicogenosintasi. Nella condizione fosforilata, LA GLICOGENOSINTASI è INATTIVA e presenta 3 gruppi fosfato liberi. Ricorda: La GLICOGENOSINTASI è: - ATTIVA se DEFOSFORILATA (QUANDO è PRESENTE INSULINA CHE BLOCCA GSK3 e attiva le fosfatasi e quindi defosforilazione) - INATTIVA se FOSFORILATA (QUANDO è PRESENTE GLUCAGONE che attiva le chinasi e quindi la fosforilazione) 10 LEZ 3 5/11 Il glucosio è l’elemento energetico fondamentale perchè viene captato dalle cellule del sistema nervoso che non utilizza altra fonte energetica dato che acidi grassi e proteine non attraversano la barriera ematoencefalica. La glicemia ovvero la concentrazione di glucosio nel sangue viene regolata da due ormoni ovvero l’insulina (ipoglicemizzante e si attiva in condizioni di iperglicemia) e il glucagone (iperglicemizzante e si attiva in condizioni di ipoglicemia). In condizioni fisiologiche, la glicemia raggiunge come valore 5 millimolare che si riflette nelle analisi del sangue con il valore compreso tra 70-110 milligrammi/decimetro. I RECETTORI I recettori sono proteine integrali di membrana che attraversano il doppio strato fosfolipidico e che sono costituiti da proteine intrinseche di membrana che comprendono due domini: - dominio recettoriale sul versante extracellulare - Dominio effettore nel versante intracellulare Le proteine integrali di membrana possono svolgere le seguenti funzioni: - trasportatori come il GLUT che permetterà l’ingresso o, al contrario, uscita del glucosio - recettori che, legati a una molecola specifica, faranno sì che all’interno di una cellula si generino una serie di segnali che attiveranno dei meccanismi all’interno della cellula È importante ricordare che come l’enzima si lega al substrato, anche il recettore si lega al proprio ligando. Il legame LIGANDO-RECETTORE è caratterizzato da: - specificità - Amplificazione - Modularità - Desensibilizzazione/adattamento - Integrazione - Risposta localizzata TRASUZIONE DEL SEGNALE Con il termine “traduzione del segnale” si intende l’attivazione a catena di segnali. In particolare questo processo si avvia con la formazione del legame ligando-recettore che è altamente specifico perchè il ligando specifico si lega a suo sito complementare presente sul recettore. All’interno della cellula, a seguito della formazione del legame, si attiveranno dei segnali a catena che faranno aumentare il numero di molecole coinvolte generando una cascata enzimatica e che quindi permetteranno l ’ a m p l i fi c a z i o n e d e l s e g n a l e. I n o l t r e , l’amplificazione del segnale si dice “modulata” perchè, a seconda dell’intensità del legame ligando-recettore, la cascata enzimatica viene regolata. Se, infatti, il ligando non si lega più al recettore, il segnale viene bloccato. È importante ricordare che ogni recettore è caratterizzato da due domini: - dominio recettoriale che si trova sul versante extracellulare e rappresenta il sito a cui si lega il ligando - dominio effettore che si trova nel versante intracellulare e che permette il passaggio e l’amplificazione del segnale N.B. tutti i recettori sono proteine, non tutte le proteine sono recettori! Ci sono delle particolarità: - tipi diversi di cellule possono possedere gruppi differenti di recettori per uno stesso ligando, ognuno dei quali evoca una risposta diversa - Cellule diverse rispondono in modi differenti a uno steso ligando - Differenti complessi recettore-ligando possono indurre la stessa risposta cellulare (es. glucagone e adrenalina negli epatociti) Esistono 3 differenti tipologie di recettori: Recettori accoppiati alle proteine G (recettore del glucagone e adrenalina) Recettore con attività tirosin-chinasica (recettore dell’insulina) Canale ionico controllato INSULINA L’insulina è un ormone peptidico che viene prodotto nel pancreas e, in particolare, dalle cellule beta del pancreas e rappresenta un ligando che si legherà a un recettore specifico. Nel pancreas, dalle cellule beta, l’insulina viene prodotta sotto forma di pre-ormone chiamato “preproinsulina” ovvero una proteina immatura che non svolge ancora la propria funzione (una proteina si forma partendo da un gene che ha un meccanismo di replicazione nel nucleo, successivamente si verifica un meccanismo di trascrizione del gene in RNA messaggero con traslocazione dal nucleo al citoplasma, successivamente l’RNA messaggero a livello del ribosoma inizia il processo di traduzione dove la sequenza iniziale viene codificata in codini che daranno luogo a una sequenza di aminoacidi che una volta lineare daranno origine a una proteina). La preproinsulina (proteina immatura dell’insulina, priva di funzione ormonale) è caratterizzata da: - 2 catene peptidiche A e B costituite in totale da 51 aminoacidi, unite tra loro da ponti disolfuro ovvero dei legami covalenti che mettono in comunicazione 2 molecole di zolfo - Sequenza segnale a livello dell’estremità amminoterminale Per la formazione dell’insulina vera e propria, innanzitutto, una volta completato il processo di traduzione che comporta la formazione della PREPROINSULINA, costituita da 2 catene di aminoacidi, una sequenza segnale e un peptide C, si verifica il distacco della sequenza segnale dall’estremità amminoterminale portando alla formazione della PROINSULINA. Successivamente essendo la proinsulina ancora immatura, si verifica la rottura dei ponti disolfuro, comportando il rilascio di un peptide C (parte peptidica costituita da 23 aminoacidi) e, dunque, la formazione dell’INSULINA MATURA che potrà svolgere la sua funzione ormonale. Tutto questo processo si verifica dopo la traduzione e, dunque, tra il reticolo endoplasmatico ruvido e il complesso del Golgi. L’insulina viene prodotta dalle cellule beta del pancreas, per effettuare la sua funzione ipoglicemizzante però deve uscire dal pancreas, legarsi a dei recettori sulle singole cellule specifiche e mandare dei segnali interni. In particolare modo la secrezione dell’insulina avviene in condizioni di iperglicemia, se non si verifica un innalzamento della concentrazione del glucosio nel sangue, l’insulina rimane nel pancreas. Al contrario, l’insulina viene secreta e funzionerà su cellule bersaglio presenti nel fegato. SECREZIONE DELL’INSULINA La secrezione dell’insulina viene attivata da: - Aumento della concentrazione di glucosio (iperglicemia) - Ormoni gastrointestinali che segnalano l’attivazione della direzione dei carboidrati (collegato a iperglicemia) - Aumento di aminoacidi definiti glucogenici che formeranno precursori glucidici che indurranno stimolazione della via glicolidica In particolare, in condizioni di iperglicemia, il glucosio dal torrente circolatorio passa nelle cellule beta del pancreas attraverso dei trasportatori di glucosio (GLUT 2 presenti anche nel fegato, INSULINO-INDIPENDENTI). In questo caso, il meccanismo che si attiverà è la GLICOLISI e in particolare la prima trasformazione che avverrà è la fosforilazione ossidativa del glucosio in glucosio 6-fosfato conferendo un ingombro sferico che impedirà al trasportatore GLUT 2 di riconoscerlo e, dunque, di uscire dalle cellule beta d e l p a n c re a s. S u c c e s s i v a m e n t e v e r r à a compimento il metabolismo del glucosio e, dunque, la glicolisi con conseguente formazione di 2 molecole di piruvato, 2 molecole di ATP, 2 molecole di NADH. Il piruvato successivamente entrerà nel ciclo di Krebs attraverso cui si formeranno i coenzimi ridotti 3NADH e 1FADH2 e 1 molecola di GTP che porteranno elettroni sulla catena respiratoria mitocondriale (NADH nel complesso 1 e FADH2 nel complesso 2). Successivamente con la formazione del gradiente elettrochimico, nel complesso 5 si attiverà il processo di fosforilazione dell’ADP in ATP. In questo modo si otterrà dal processo elettrochimico, un aumento delle concentrazioni di ATP intracellulari. Questa ATP prodotta dal metabolismo del glucosio permetterà la chiusura dei canali del potassio che sono ATP-DIPENDENTI e che si trovano a livello della membrana delle cellule beta del pancreas. Questo determinerà una DEPOLARIZZAZIONE della membrana delle cellule beta perchè i canali del potassio collegati alla trasmissione di impulsi elettrici e quindi alla formazione ed entrata delle cariche positive del potassio. La chiusura dei canali del potassio porterà l’APERTURA dei canali del CALCIO e l’ingresso del calcio all’interno delle cellule. L’ingresso del calcio romperà i granuli dove è contenuta l’insulina, facendo sì che l’insulina esca, venga secreta e passi nel torrente circolatorio. RECETTORI DELL’INSULINA Nel sangue l’insulina si legherà a dei recettori ad attività tirosin chinasica (INSR). Questi recettori sono costituiti da: - una faccia extracellulare della membrana (verso il torrente circolatorio) che rappresenta il dominio del ligando ovvero il punto in cui l’insulina si lega - Una faccia intracellulare o citoplasmatica che rappresenta il dominio effettore o sito attivo enzimatico che ha il ruolo di mandare dei segnali I recettori dell’insulina vengono definiti ad attività TIROSIN- CHINASICA e presentano: - 2 catene alfa di amminoacidi, identiche, sulla superficie esterna della membrana plasmatica che rappresenta il dominio del ligando. - 2 catene beta nella superficie transmembrana costituite da un aminoacido specifico (TIROSINA) che presenta un ossidrile libero che lega un gruppo fosfato (enzimi che possono essere fosforilati e che trasferiscono gruppi fosfato si chiamano chinasi), rappresentano il dominio effettore. Una volta che l’insulina (ligando), nel sito del ligando ovvero sulle catene alfa, si lega, induce, a livello della tirosina interna del recettore ovvero a livello del dominio effettore, un’AUTOFOSFORILAZIONE del recettore stesso e, dunque, le tirosine delle subunità beta passano da una forma NON fosforilata a una FOSFORILATA attiva. Si parla di attività tirosin- chinasica perchè, dunque, hanno un’autofosforilazione interna del recettore mediata dal solo legame con l’insulina. La fosforilazione della subunità beta permette il passaggio di un segnale a livello intracellulare e attiva l’azione ormonale dell’insulina. TIPOLOGIE DI SEGNALI La cascata dell’insulina attiva dei segnali ad amplificazione ed è particolarmente complessa. In particolare, l’insulina una volta rilasciata nel torrente circolatorio si lega al proprio recettore (principalmente a livello epatico) nelle subunità alfa. In quelle beta, come nella foto, si possono individuare delle P che indicano come queste subunità e nello specifico la tirosina sia stata fosforiata a seguito del legame insulina-recettore. Una volta avvenuta la fosforilazione, verranno inviati una serie di segnali che a loro volta attiveranno la fosforilazione della proteina IRS-1 che a seguito della fosforilazione sarà nella sua forma ATTIVA. La proteina IRS-1 attiverà tramite meccanismi di FOSFORILAZIONE, a sua volta, una serie di proteine, in particolare modo, questa attivazione culmina con una proteina chiamata ERK. La proteina ERK è particolarmente importante perchè, quando è fosforilata e quindi attiva, dal citosol passa nel nucleo dove ha funzione trascrizionale (attiva la trascrizione di geni specifici) di alcuni geni che porteranno alla traduzione di particolari proteine come gli enzimi coinvolti nei metabolismi correlati all’insulina come glicolisi e glucogenosintesi (es. fosfo-frutto-chinasi2) GLI EFFETTI METABOLICI DELL’INSULINA L’azione dell’insulina ha diversi effetti sia a livello metabolico che a livello dell’enzima bersaglio. In particolare, sul metabolismo determina: - Aumento del glicogeno e glicogenosintesi (muscolo, tessuto adiposo) - Aumento della glicolisi e di acetil-CoA (fegato, muscolo) - Aumento sintesi degli acidi grassi (fegato) - Aumento sintesi dei trigliceroli (tessuto adiposo) - Diminuzione della glicogenolisi - Diminuzione della gluconeogenesi A livello dell’enzima bersaglio determina: - Attivazione della traslocazione dei trasportatori di glucosio GLUT4 che sono INSULINO- DIPENDENTI perchè l’insulina si lega ai recettori tirosin-chinasici e attraverso la fosforilazione induce la rottura di vescicole, all’interno del miocita o adipocita, dove è presente il GLUT4. In questo modo il trasportatore viene immesso dall’interno alla membrana del miocita o adipocita. Questo serve al muscolo o al tessuto adiposo per aiutare il fegato in condizioni di iperglicemia. - Aumento dell’espressione del glucochinasi - Aumento glicogenosintasi - Aumento del complesso della piruvato-deidrogenasi - Aumento dell’acetil-CoA carbossilasi - Diminuzione del glicogeno fosforilasi GLUCAGONE Il glucagone è un ormone iperglicemizzante secreto dalle cellule alfa del pancreas in condizioni di ipoglicemia. È una catena polipeptidica a catena singola formata da 29 aminoacidi. Il glucagone ha 2 precursori biosintetici inattivi ovvero: - Preproglucagone - Proglucagone SECREZIONE DEL GLUCAGONE La secrezione del glucagone, al contrario dell’insulina, viene attivata da: - adrenalina ovvero un neurotrasmettitore, insieme alla noradrenalina, prodotta durante l’esercizio fisico, che indurrà il rilascio del glucagone - Aminoacidi presenti nell’alimentazione che non sono glucogenici ma chetogenici che indurranno il metabolismo glucidico nelle forme di produzione del glucosio - Un basso livello ematico di glucosio (ipoglicemia) RECETTORI DEL GLUCAGONE I recettori del glucagone, come quelli dell’adrenalina, vengono chimati “recettori accoppiati a proteine G” e fanno parte della classe dei recettori metabotropici (si dividono in: recettori accoppiati a proteine G e recettori-enzimi) ovvero recettori che attraversano il doppio strato fosfolipidico. Questi recettori attivano dei segnali metabolici a livello della cellula. In particolare i recettori accoppiati a proteine G sono proteine di membrana che attraversano il doppio strato fosfolipidico (transmemebrana) e sono caratterizzati da 7 domini uniti tra loro da delle anse (C1, C2, C3). Questi 7 domini sono caratterizzati da due facce: - una faccia extracellulare che corrisponde al dominio di ligando dove si lega il glucagone - una faccia intracellulare che corrisponde al dominio effettore che invierà il segnale all’interno della cellula. Questi recettori del glucagone vengono denominati “accoppiati a proteine G” perchè la terza ansa (C3) contiene il dominio di interazione con la proteina G. In particolare nella terza ansa a livello intracellulare è presente una proteina G che è costituita da 3 subunità (alfa, beta, gamma). Nello specifico, la subunità alfa lega una molecole di GDP (nucleotide difosfato). In particolare quando il glucagone o l’adrenalina si lega al recettore, e, dunque, al dominio extracellulare, il GDP (legato alla subunità alfa della proteina G che a sua volta è legata alla terza ansa del recettore) verrà sostituito da una molecola di GTP che ha un contenuto energetico maggiore rispetto a GDP che determinerà il distacco della subunità alfa che ha legato il GTP. La subunità alfa che lega il GTP sarà la molecola segnale che attiverà le altre vie ed in particolare attiverà la formazione dell’AMP-CICLICO che attiva, a sua volta, una proteina chinasi A (PKA) che fosforila più bersagli tra cui la glicogenofosforilasi, la fosforilazione della proteina dimerica nell’estremità fruttosio 2-6 bifosfatasi che porta alla demolizione del fruttosio 2-6 bifosfato e dunque attiva la glicogenolisi e gluconeogenesi. Adrenalina e glucagone agiscono tramite recettori specifici accoppiati a proteine G, e in particolare, l’adrenalina agisce nel muscolo, mentre, il glucagone nel fegato. GLI EFFETTI METABOLICI DEL GLUCAGONE Il glucagone ha effetti differenti a livello del metabolismo, del metabolismo del glucosio e dell’enzima bersaglio. Inoltre, un aumento del glucagone, a discapito dell’insulina, attivando l’AMP ciclico che a sua volta attiva la PKA, determina la defosforilazione del fruttosio 2-6 bifosfato con relativa diminuzione della glicolisi. Al contrario, un aumento dell’insulina, a discapito del glucagone, determina la formazione in maniera attiva della fosfo-frutto chinasi di tipo 2 che porta alla formazione del fruttosio 2-6 bifosfato che attiva la glicolisi. RIASSUMENDO: in condizioni di normoglicemia c’è un equilibrio tra insulina e glucagone. In condizioni di iperglicemia, il pancreas inizia a secernere insulina dove dal pancreas e, in particolare, dalle cellule beta passa nel torrente circolatorio dove ci sarà un aumento dell’insulina che tramite i recettori tirosin-chinasici presenti a livello epatico, manderà dei segnali che aumenteranno l’ingresso di glucosio nel fegato, muscolo e tessuto adiposo e attivazione di metabolismi del glucosio ipoglicemizzanti e che, dunque, andranno a ridurre la concentrazione di glucosio nel sangue (glicolisi, glicogenosintesi e aumento sintesi acidi grassi). In condizioni di ipoglicemia verrà attivata la secrezione del glucagone che verrà rilasciato dalle cellule alfa del pancreas che tramite i recettori metabotropici accoppiati a proteine G attiverà una cascata enzimatica che porterà l’attivazione della glicogeno fosforilasi che aumenta la glicogenolisi o la gluconeogenesi nel fegato e porterà un aumento delle concentrazioni di glucosio nel sangue per far tornare l’organismo in condizioni di normoglicemia che consiste nella condizione di omeostasi dell’organismo stesso. LEZ. 4 19/11 IL CICLO DELL’ACIDO CITRICO Il sistema nervoso utilizza come esclusiva fonte energetica il glucosio, l’unico asse che porterà la produzione di ATP è quello che deriva dal catabolismo dei carboidrati. A di erenza del cervello, il fegato, il tessuto adiposo e il muscolo utilizzano anche altre fonti energetiche come gli acidi grassi e gli aminoacidi. Questi organi usufruiscono di queste altre fonti nel momento in cui i carboidrati vengono meno, ad esempio nel momento in cui si e ettua una dieta chetogenica (nascita dei corpi chetoni derivati dal metabolismo degli acidi grassi). Il poco apporto di carboidrati nel sistema circolatorio determina una condizione di ipoglicemia che indurrà una secrezione ormonale e in particolare, la secrezione del glucagone (ormone prodotto dalle cellule alfa del pancreas, ormone iperglicemizzante che attiva una serie di vie metaboliche, come la gluconeogenesi e la glicogenolisi, atte alla formazione di glucosio) e l’utilizzo di altre riserve energetiche che derivano dai trigliceridi, accumulati nel tessuto adiposo, e dall’ossidazione degli aminoacidi e, dunque, dal dimagrimento della massa magra. In ordine temporale, in condizioni di ipoglicemia, la prima massa che viene attaccata è la massa grassa ovvero il metabolismo dei trigliceridi e, dunque, degli acidi grassi. I LIPIDI Con l’alimentazione circa il 95% dei lipidi introdotti è rappresentato dai trigliceridi. I lipidi ovvero i grassi alimentari, comunemente detti, hanno un contenuto energetico superiore a quello apportato dai carboidrati, infatti, 1 gr di lipidi fornisce 9 Kcal rispetto ai carboidrati che apportano 2-3 Kcal. Tra le classi dei lipidi (trigliceridi, colesterolo e fosfolipidi), la categoria dei trigliceridi e del colesterolo rappresentano i grassi presenti nei prodotti alimentari. In particolar modo, i TRIGLICERIDI sono dei lipidi la cui struttura è costituita da: - 1 molecola di glicerolo (alcol costituito da 3 gruppi ossidrili -OH) - 3 catene di acidi grassi (lunghe catene di C legati a H e ripetuti) dai 12 ai 20 atomi di C Queste due strutture sono collegate tra loro e, in particolare, al posto delle 3 molecole di H dei gruppi ossidrili del glicerolo, si introducono le 3 catene di acidi grassi. ACIDI GRASSI Gli acidi grassi sono lunghe catene di carboni legati a molecole di idrogeno. Le catene sono costituite da un elevato numero di atomi di carbonio (dai 12 ai 20 atomi di C) e a seconda della presenza o meno di doppi legami, gli ACIDI GRASSI si dividono in saturi e insaturi (presenza di doppi legami). Inoltre, la presenza di doppi legami determina una maggiore liberazione di energia. Gli acidi grassi sono i principali combustibili del metabolismo energetico e rappresentano la potenziale riserva energetica dell’organismo (materiale combustibile). Dalla degradazione, infatti della catena di acido grasso e, in particolar modo dalla degradazione dei legami C-C si ha la liberazione dell’energia. Il tessuto nervoso, però, non utilizza questo tipo di metabolismo, il neurone viene infatti denominato “glucosio-dipendente”. Il catabolismo degli acidi grassi e, quindi, la rottura dello scheletro carbonioso degli acidi grassi riguarda solamente il: Fegato Muscolo scheletrico Cuore DIGESTIONE E ASSORBIMENTO Così come i carboidrati vengono digeriti tramite le amilasi salivarie e poi pancreatiche, i lipidi alimentari (trigliceridi e colesterolo) vengono digeriti in maniera tale da avere catene di acidi grassi ff ff che rappresentano le potenziali strutture energetiche dell’organismo. A di erenza dei carboidrati, la cui digestione parte dalla bocca, la digestione dei lipidi avviene principalmente tra lo stomaco e l’intestino. La maggioranza dei trigliceridi, dei fosfolipidi strutturali e del colesterolo iniziano la loro digesitione a livello dell’intestino dopo che i sali biliari secreti dalla bile li “emulsionano” ovvero li solubilizzano. Questo avviene perchè le catene degli acidi grassi sono strutture idrofobe che conferiscono un di cile scorrimento all’interno del sistema circolatorio. I sali biliari, la bile e gli enzimi digestivi del pancreas sono necessari a circondare i lipidi di sostanze acquose in modo da permettere il passaggio dei trigliceridi e colesterolo nell’ambiente dell’intestino dove vengono inizialmente degradati e digeriti. Le catene di acidi grassi, a livello dell’intestino, vengono idrolizzate (rotte) dalle lipasi intestinali ovvero enzimi che degradano le catene di acido grasso. A questo punto, le catene di acido grasso possono: - Andare incontro al catabolismo (in assenza di glucosio) - Si accumulano a livello del tessuto adiposo I trigliceridi dunque vengono portati dall’intestino tenue dove vengono digeriti, vengono trasferiti nel torrente circolatorio, essendo insolubili, tramite delle proteine chiamate APOLIPOPROTEINE che sono in grado di veicolare i trigliceridi in un ambiente acquoso come quello del torrente circolatorio. Le apolipoproteine vengono dette: - VLDL trasportano gli acidi grassi derivanti dai trigliceridi nel sangue (very long lipo-protein) - HDL trasportano il colesterolo dal sangue al fegato o dal fegato ai vari tessuti - LDL trasportano il colesterolo dal sangue al fegato o dal fegato ai vari tessuti Le apolipoproteine appartengono alla famiglia dei chilomicroni ovvero proteine formate da membrane fosfolipidiche sulla cui super cie possono legarsi dei lipidi. A seconda del lipide che si legano si dividono in VLDL (lipide=trigliceridi) e HDL e LDL (lipide=colesterolo). Queste proteine sono fondamentali per permettere il trasporto verso tessuti che possono utilizzarli (fegato, tessuto adiposo, tessuto muscolare) di catene di acido grasso o di lipidi insolubili (colesterolo) all’interno di una soluzione acquosa come il sangue. Se queste componenti (acidi grassi e colesterolo) sono in eccesso vengono accumulate nel tessuto adiposo. Gli accumuli di acido grasso vengono utilizzati in condizioni di ipoglicemia e in particolare le cellule alfa del pancreas secernono glucagone che a sua volta stimola la gluconeogenesi, la glicogenolisi e la mobilizzazione dei trigliceridi di riserva dal tessuto adiposo ai tessuti che possono utilizzarli per produrre energia. In particolare modo, sotto lo stimolo del glucagone, i trigliceridi racchiusi negli adipociti (cellule del tessuto adiposo) in “goccioline lipidiche” vengono idrolizzati da una lipasi ormone- sensibile che viene attivata in seguito al legame glucagone-recettore. In particolare il glucagone si lega al recettore accoppiato a proteine G nella cui parte intracellulare racchiude 3 subunità (la subunità alfa lega una GDP). La subunità alfa, una volta avvenuto il legame con il glucagone, sostituisce la GDP con la GTP e si stacca l’alfaGTP che attiverà un’adenil- ciclasi che porterà la formazione di un AMPciclico che darà l’attivazione di una proteina chinasi A che fosforila un enzima lipasi ormone- sensibile che ha la funzione di rompere (idrolizzare) i trigliceridi racchiusi nelle goccioline lipidiche. In particolare, l’enzima lipasi ormone-sensibile: 1.Idrolizza i trigliceridi in di-gliceridi (tagliando il legame di una catena di acido grasso) 2.Idrolizza i di-gliceridi in mono-gliceridi (tagliando il secondo legame di una catena di acido grasso) 3. Divide la catena di acido grasso rimasta dal glicerolo In questo modo ci saranno: - 3 catene di acido grasso libere - 1 molecola di glicerolo ffi fi ff Glicerolo e acido grasso a questo punto vengono indirizzati in due vie di erenti: - il glicerolo dal tessuto adiposo passa nel fegato dove viene trasformato in gliceraldeide 3- fosfato che è un metabolita intermedio della glicolisi e gluconeogenesi. Essendo il corpo in IPOGLICEMIA, la via che il glicerolo impegnerà nel fegato sarà la GLUCONEOGENESI (sintesi di glucosio a partire da precursori NON glucidici: lattato e glicerolo) - l’acido grasso può essere degradato tessuto adiposo, nel fegato e nel muscolo. CATABOLISMO DEGLI ACIDI GRASSI Il catabolismo degli acidi grassi, a di erenza di quello del glicerolo che avviene unicamente nel fegato, può essere e ettuato nel tessuto adiposo, nel fegato e nel muscolo. È un processo biochimico che si de nisce come “BETA-OSSIDAZIONE DEGLI ACIDI GRASSI”, avviene a livello mitocondriale e che produce grandi quantità di Acetil-CoA (2 atomi di C e un gruppo reattivo CoA) che andrà nel ciclo di Krebs, produrrà co-enzimi ridotti necessari per la fosforilazione ossidativa. È importante ricordare che ad ogni ciclo di beta-ossidazione si produce 1 Acetil-CoA. Essendo ogni molecola di Acetil-CoA composta da 2 atomi di carbonio, le catene di acido grasso a seguito della beta- ossidazione perdono 2 molecole di C che formeranno l’Acetil-CoA. Immaginando che vi sia il palmitato ovvero un acido grasso costituito da 16 atomi di carbonio, se ad ogni beta-ossidazione produciamo un Acetil-CoA, dalla catena di palmitato si formeranno in totale 8 molecole di Acetil-CoA dopo 7 cicli beta-ossidazioni. A questo punto questi 8 Acetil-CoA entrano nel ciclo di Krebs. Proprio per questo si può notare che i lipidi rappresentano una fonte energetica superiore rispetto a tutte le altre macromolecole. La beta-ossidazione di acidi grassi a catena pari darà un numero di acetil-CoA pari al numero di atomi di carbonio della catena diviso 2 perchè ad ogni ciclo si staccano 2 atomi di C. COME AVVIENE LA BETA-OSSIDAZIONE Una volta che l’acido grasso viene scisso dal trigliceride e viene trasportato da proteine all’interno della cellula e in particolare nel citoplasma. Dato che gli acidi grassi possiedono una struttura idrofobica, non possono attraversare liberamente le membrane mitocondriali in cui avviene la beta-ossidazione. È, dunque, necessario un sistema di trasporto che faciliti l’ingresso dell’acido grasso all’interno del mitocondrio. Questo sistema di trasporto è la CARNITINA (trasporto dell’acido grasso dal citosol al mitocondrio) che però nel caso in cui l’acido grasso fosse attivo non lo riconosce. A livello citosolico, con l’aggiunta di un CoA alla catena ciclica, l’acido grasso viene attivato trasformandosi in Acil-CoA. Questa attivazione dell’acido grasso rappresenta un segnale di riconoscimento per il sistema di trasporto della carnitina che permette il passaggio di acidi grassi con catene più lunghe di 12 atomi di carbonio (tutti i trigliceridi alimentari) e che, dunque, costituisce una sorta di “sistema navetta”. SISTEMA DI TRASPORTO DELLA CARNITINA La carnitina rappresenta un metabolita trasportatore che permette il passaggio dell’Acil-CoA dal citosol alla matrice mitocondriale dove avviene la beta-ossidazione. La carnitina a livello della membrana mitocondriale esterna (a contatto con il citosol) è presente una parte enzimatica chiamata CARNITINA ACILTRANSFERASI 1 che riconosce l’Acil-CoA ovvero l’acido grasso ATTIVO. L’enzima, dunque, una volta riconosciuto l’acido grasso attivo costituito dalla catena ciclica+CoA, stacca il CoA e lega la catena ciclica sulla carnitina formando il complesso chiamato ACIL-CARNITINA. Dato che la carnitina è solubile nel passaggio delle membrane, passa dalla membrana mitocondriale esterna allo spazio intermemembrana alla membrana mitocondriale interna dove arriverà il complesso ACIL-CARNITINA. A questo punto, però, è necessario che la catena ciclica si stacchi dalla carnitina a nché possa veri carsi la beta- ossidazione. Quindi, sulla membrana mitocondriale interna sarà presente un’altra porzione enzimatica chiamata CARNITINA ACILTRANSFERASI 2 che staccherà la catena ciclica dalla carnitina, la immette nella matrice mitocondriale e trasferisce un CoA mitocondriale sulla catena ciclica riformando a livello della matrice mitocondriale l’Acil-CoA. È importante fi ff ff ffi ff fi ricordare che il CoA è insolubile tra le membrane e, dunque, il CoA citosolico che funge da sistema di riconoscimento della carnitina è di erente rispetto a quello mitocondriale che, invece, è fondamentale per la formazione dell’Acetil-CoA. Sempre sara presente un gradiente di concentrazione di erente tra il CoA citosolico e quello mitocondriale. Il CoA citosolico è necessario per: - attivazione - Sintesi degli acidi grassi Il CoA mitocondriale è necessario per: - i processi catabolici In caso di difetti genetici sul sistema della carnitina o in caso di difetti enzimatici vengono dati supporti dall’esterno per favorire la beta-ossidazione perchè altrimenti il catabolismo degli acidi grassi verrebbe sfavorito. LE 4 REAZIONI DI BETA-OSSIDAZIONE DI UN ACIDO GRASSO SATURO CON NUMERO PARI DI ATOMI DI CARBONIO Nella matrice mitocondriale avvengono 4 reazioni di beta-ossidazione. In particolare, come in foto, il palmitil-CoA attivo derivante dal trasferimento del palmitato (acido grasso) dal citosol alla matrice mitocondriale interna tramite la carnitina aciltransferasi 1 che ha e ettuato il distaccamento dell’CoA dalla catena ciclica di palmitato formando il palmitil-carnitina che viene trasformato dalla carnitina aciltransferasi 2 in palmitil-CoA derivante dal distacco della carnitina dal palmitil a cui viene legato un CoA. Il palmitil-CoA, dunque, a seguito di questi processi, si troverà nella matrice mitocondriale dove andrà in contro a 4 reazioni che rappresentano il primo ciclo di beta-ossidazioni (ciclo che si ripete tante volte quanto sono necessarie per degradare tutta la molecola di acido grasso). Dal pamitil-CoA dopo queste 4 reazioni si otterrà una catena di acido grasso a 14 atomi di carbonio chiamata MIRISTIL-COA e un Acetil-CoA separato perchè nell’ultima tappa della beta-ossidazione sarà sempre presente una rimozione di un Acetil-CoA e un’aggiunta di un CoA all’acido grasso rimasto che andrà incontro a un’altra beta-ossidazione. Una volta che la catena, a seguito di 6 beta-ossidazioni, sarà formata da 4 atomi di carbonio si formeranno 2 Acetil-CoA derivanti dall’ultima beta- ossidazione. I cicli totali, dunque, di beta-ossidazioni saranno 7. Tutti gli Acetil-CoA derivanti entreranno nel ciclo di Krebs e formeranno coenzimi ridotti NADH e FADH2 che trasporteranno elettroni nella catena respiratoria mitocondriale e aumenteranno la sintesi di ATP. ff ff ff LA BETA-OSSIDAZIONE DI UN ACIDO GRASSO CON NUMERO DISPARI DI ATOMI DI CARBONIO Nel caso in cui l’acido grasso fosse costituito da una catena dispari di atomi di carbonio, nell’ultima beta-ossidazione la catena sarà formata da 5 atomi di carbonio (a di erenza dei 4 atomi di carbonio del palmitato). Da questa catena si formerà una molecola di Acetil-CoA (formata da 2 atomi di C) e una molecola di PROPIONIL-COA (formata da 3 atomi di cabonio+CoA). Il propionil-CoA può essere trasformato in succinil-CoA che costituisce un intermedio del ciclo di Krebs. CORPI CHETONICI In caso di ipoglicemia, tutti questi acidi grassi derivanti dai trigliceridi vanno incontro alla beta- ossidazione facendo sì che si formi l’Acetil-CoA. In caso di ipoglicemia prolungata, nel momento in cui vengono introdotti trigliceridi e acidi grassi, si formerà una grande quantità di Acetil-CoA che sarà in eccesso rispetto alla capacità del ciclo di Krebs di trasformarlo in ATP. Esistono casi, dunque, in cui la beta-ossidazione è talmente stimolata dall’ipoglicemia che l’acetil-CoA è prodotto in eccesso rispetto alla capacità del ciclo di Krebs di smaltirlo. Si formeranno, quindi, quelli che vengono chiamati corpi chetonici. I corpi chetoni si formano da un processo di sintesi chiamato chetogenesi a partire dall’Acetil- CoA in eccesso dalla beta-ossidazione. L’acetil-CoA in eccesso, nel fegato, si accumula sottoforma di corpi chetonici che sono: - Acetoacetato - Beta idrossibutirrato - Acetone In particolare, la formazione di acetoacetato avviene in 3 reazioni: 1. Condensazione di 2 molecole di Acetil-CoA che si uniscono tra loro a formare acetoacetil-CoA 2. Condensazione dell’acetoacetil-CoA con una terza molecola di Acetil-CoA 3. Degradazione della molecola prodotta in aceto-acetato (corpo chetonico) e acetil-CoA I corpi chetonici che si formano tramite un processo siologico che si genera dopo ipoglicemia e iperstimolazione della beta-ossidazione passano dal fegato al torrente circolatorio dove sono fondamentali perchè vengono distribuiti agli altri organi dove vengono utilizzati per produrre ATP. A di erenza degli acidi grassi, i corpi chetonici attraversano la barriera emato-encefalica e dunque possono essere utilizzati dal cervello. I neuroni, dunque, non e ettuano beta- ossidazione, però ricavano l’Acetil-CoA dai corpi chetonici epatici. Questo rappresenta una modalità di ricavo dell’energia di erente dal glucosio sia nel cervello che nel cuore e nel muscolo. I corpi chetonici rappresentano una comunicazione tra il fegato e gli altri organi Il corpo quindi resiste alle diete chetogeniche per due motivazioni: Il fegato e ettua gluconeogenesi (produce glucosio a partire da precursori non glucidici) Il sistema nervoso utilizza corpi chetonici nel caso di ipoglicemia prolungata Lo svantaggio delle diete chetogeniche e dei digiuni prolungati (digiuno maggiore di 3 settimane) è l’accumulo di corpi chetonici nel sangue che trasformano la condizione di chetosi nel corpo in chetoacetosi (minore pH del sangue) che provoca uno squilibrio elettrolitico e elettro siologico all’interno dell’organismo provocando un quadro di morte cerebrale poiché l’eccesso di corpi chetonici non viene smaltito (come acidosilattica) ff ff ff fi fi ff ff LEZ. 5 del 21/11 CATABOLISMO DEGLI AMINOACIDI Il catabolismo degli aminoacidi consiste nella degradazione delle proteine che vengono sintetizzate a livello del reticolo endoplasmatico, completano la loro maturazione nel complesso del Golgi e successivamente, in base alla funzione, vengono smistate nei vari organi. La maggior parte delle proteine alimentari a livello macroscopico sono localizzate nei muscoli. In caso di digiuno prolungato o di maggiore richiesta di energia, viene degradata la massa muscolare e, dunque, le proteine. Le proteine vengono scelte come fonte di energia ultima per l’organismo solamente e, in particolare, quando gli altri combustibili (glucosio e acidi grassi) non sono più disponibili. Le proteine rappresentano quindi l’ultima fonte di energia utilizzabile perchè il deperimento della massa magra porta un deperimento organico dell’organismo che rappresenta una conseguenza dannosa per l’organismo. In linea generale, il catabolismo viene attivato grazie alla rottura dei legami tra gli atomi di carbonio che compongono i vari combustibili, in particolare, il catabolismo delle proteine e aminoacidi (gruppo amminico, gruppo carbossilico e catena R o scheletro carbonioso con numero limitato di C) viene attivato nel momento in cui vengono rotti i legami covalenti tra gli atomi di carbonio e ha un potenziale energetico molto basso poiché gli atomi di carbonio sono limitati e perchè nell’aminoacido è presente una parte super ua ovvero il gruppo amminico che non possiede atomi di carbonio. Il contenuto energetico che si ottiene dalla degradazione degli aminoacidi è molto basso. Lo stato di gravidanza e allattamento comportano un aumento del fabbisogno energetico e, dunque, rappresentano una delle condizioni in cui il catabolismo generico è aumentato e in particolare, il metabolismo proteico siologico è maggiormente accelerato rispetto alle condizioni siologiche generali. Il catabolismo delle proteine riguarda la degradazione degli amminoacidi di cui le proteine sono composte. Gli aminoacidi derivano in particolare: - Dalla degradazione delle proteine cellulari - Dalla degradazione delle proteine alimentari - Dalla degradazione delle proteine del corpo che costituiscono la massa muscolare in mancanza di sostanze nutrienti DIGESTIONE DELLE PROTEINE ALIMENTARI Se i carboidrati iniziano ad essere digeriti già a livello della bocca e gli acidi grassi a livello dell’intestino, le proteine, al contrario, iniziano ad essere digerite a livello dello stomaco da enzimi speci ci che taglieranno i legami peptidici (legame covalente tra gruppo amminico di un aminoacido e il gruppo carbossilico dell’aminoacido adiacente) che tengono uniti gli aminoacidi. Gli enzimi sono altamente speci ci, questa speci cità corrisponde all’amminoacido che l’enzima deve tagliare e proprio per questa motivazione viene chiamata “speci cità di taglio”. Proprio per questo, ad esempio, la TRIPSINA (tra lo stomaco e il pancreas) taglia sempre il legame peptidico che coinvolge o la lisina o l’arginina. Dalla proteina una volta tagliata a livello dei legami peptidici, quindi, verranno formati degli aminoacidi liberi. La proteina viene degradata passando dallo stomaco al pancreas all’intestino. L’intestino rappresenta il luogo in cui avverrà la completa degradazione delle proteine. Una volta completata la degradazione delle proteine si avrà un pool di aminoacidi liberi che possono derivare da proteine della dieta o possono essere uno scarto di degradazione di proteine intracellulari. Se l’organismo soddisfa il fabbisogno energetico (è attivo il catabolismo dei trigliceridi e condizione di normoglicemia) questi amminoacidi liberi si ricompongono in proteine formando proteine di membrana, enzimi, proteine muscolari, recettori… Se vi è assenza di glucosio nell’organismo, al contrario, questi amminoacidi liberi devono essere degradati. fi fi fi fl fi fi fi CATABOLISMO DEGLI AMMINOACIDI Gli amminoacidi sono costituiti da una struttura super ua al ricavare energia ovvero il gruppo amminico (-NH2) che non essendo costituito da atomi di carbonio, è energicamente ine ciente. La prima tappa del catabolismo degli amminoacidi è quella fase denominata “DEAMINAZIONE OSSIDATIVA” in cui dall’amminoacido verrà eliminato il gruppo amminico. L’amminoacido, a questo punto, costituito unicamente dallo scheletro carbonioso, potrà essere degradato e, dunque, produrre ATP. DEAMINAZIONE OSSIDATIVA La deaminazione ossidativa rappresenta la prima tappa del catabolismo degli amminoacidi, viene e ettuata a livello del fegato in condizioni di ipoglicemia e consiste nell’eliminazione del gruppo amminico che inonizza per formare una molecola chiamata ammoniaca o per formare lo ione ammonio (NH4+). Questa fase avviene in soluzione acquosa (nel sangue o nel citosol della cellula epatica). È importante sottolineare che lo ione ammonio in soluzione acquosa è tossico perchè cambia il pH del sangue che diventerebbe basico. Per contrastare questa tossicità avviene la reazione di transamminazione che permette l’eliminazione del gruppo amminico in una forma non tossica. Tramite gli enzimi epatici “transaminasi”, il gruppo amminico viene distaccato da un amminoacido qualsiasi, che diventerà un chetoacido, e trasportato su un acido che è in grado di accettare il gruppo amminico e che diventerà un amminoacido. In particolare, l’acido accettore dei gruppi amminici che vengono rimossi dagli amminoacidi, è l’alfa-chetoglutarato che è un intermedio del ciclo di Krebs. L’alfa-chetoglutarato una volta accettato il gruppo amminico, si trasforma in GLUTAMMATO. Riassumendo: le transaminasi tolgono il gruppo amminico dall’amminoacido generico e lo trasportano sull’alfa-chetoglutarato che da chetoacido diventa amminoacido e in particolare glutammato (carrier dei gruppi amminici). Nel frattempo, l’amminoacido privato del gruppo amminico si trasforma in un chetoacido Per esempio, se l’amminoacido generico è l’alanina, perdendo il gruppo amminico, diventa piruvato che è un metabolita molto importante. Il gruppo amminico dall’alassina viene accettato dall’acido alfa-chetoglutarato che diventa glutammato. Questa transamminazione è particolarmente importante perchè il piruvato rappresenta in questo caso un precursore non glucidico (derivante dalla deaminazione ossidativa di un amminoacido) da cui si sintetizza glucosio (gluconeogenesi). Questo ciclo viene chiamato glucosio-alanina perchè dall’alanina si ottiene piruvato da cui il fegato, tramite la gluconeogenesi, produce glucosio. Se l’amminoacido generico è l’aspartarto, perdendo il gruppo amminico, diventa ossalacetato che è un altro metabolita molto importante, presente nel ciclo di Krebs e nella gluconeogenesi. Il gruppo amminico viene accettato dall’acido alfa-chetoglutarato che diventa glutammato CICLO GLUCOSIO-ALANINA A livello degli altri tessuti, come il muscolo, il glutammato esce dal tessuto sotto forma di glutammina ovvero un amminoacido che si ricava dall’unione del glutammato e di un altro gruppo amminico (alfa-chetoglutarato + 2 gruppi amminici). La glutammina può, a di erenza del glutammato, uscire dal muscolo e andare nel fegato dove perde un gruppo amminico che seguirà una via di trasformazione chiamata “ciclo dell’urea”. È importante ricordare che il gruppo amminico nel fegato non è tossico. ff ff fl ffi CICLO DELL’UREA Il ciclo dell’urea è fondamentale per trasformare i gruppi amminici in un prodotto di scarto che può essere limato dall’organismo in una forma non tossica. L’urea, infatti, una volta formata nel fegato, passa nelle urine con cui verrà eliminata dall’organismo. Il ciclo dell’urea avviene nel fegato tramite il glutammato e la glutammina che trasportano i gruppi amminici dai tessuti extra- epatici al fegato. Una volta che nel fegato i gruppi amminici si distaccano dal glutammato e dalla glutammina, vengono trasformati, tramite il ciclo dell’urea, nel prodotto di scarto non tossico che dal fegato passa al rene dove viene eliminato tramite le urine. È importante ricordare che il ciclo dell’urea avviene in due fasi diverse: - La prima fase è mitocondriale - La seconda fase è citosolica A livello del fegato arriva la glutammina che rilascia il gruppo amminico a livello del mitocondrio dove avviene la prima reazione di sintesi del CARBONIL FOSFATO da cui si forma un primo composto che è la CITRULLINA (modalità per trasportare il gruppo amminico dal mitocondrio al citosol) che esce dal mitocondrio e va nel citosol del fegato. Successivamente seguono delle reazioni che portano la formazione di ASPARTATO, ARGINOSUCCINATO, ARGININA, UREA che viene eliminata dall’arginina e, tramite i reni, eliminata con l’urina dall’organismo a seguito di ultra ltrazione glomerulare e ORNITINA (arginina privata di urea). A questo punto, formata l’ornitina, viene trasportata dal citosol al mitocondrio dove viene trasformata in citrullina da cui ricomincerà il ciclo. VIE DI DEGRADAZIONE DEGLI AMMINOACIDI Per produrre energia è necessario degradare lo scheletro carbonioso che compone gli amminoacidi. La degradazione dello scheletro carbonioso è di erente per ognuno dei 20 amminoacidi perchè ogni amminoacido presenta uno scheletro carbonioso di erente. La degradazione di un amminoacido, di per sé, non produce ATP, infatti le degradazioni degli scheletri carbonioso producono dei precursori di altre vie metaboliche. Ad esempio l’alanina perdendo il gruppo amminico diventa piruvato che rappresenta il precursore di di erenti vie glucidiche (prodotto nale della glicolisi, può dare lattato e Acetil-CoA). In base alla degradazione dello scheletro carbonioso privato del gruppo amminico, gli amminoacidi vengono divisi in: - amminoacidi glucogenici dalla cui degradazione si formano dei chetoacidi (come privato o ossalacetato) che saranno coinvolti in vie glucidiche (glicolisi e gluconeogenesi) - amminoacidi chetogenici dalla cui degradazione si formano Acetil-CoA e aceto-Acetil-CoA (condensazione di 2 Acetil-CoA da cui si formano i corpi chetonici) Gli amminoacidi non producono ATP da soli e, quindi, non sono implicati direttamente nella produzione di ATP ma possono dare precursori di altre vie attraverso cui si produce energia o glucosio. ff ff ff fi fi I difetti enzimatici nella degradazione dello scheletro carbonioso degli amminoacidi possono provocare malattie genetiche come ad esempio la FENILCHETONURIA è causata da un de cit dell’enzima (tirosina idrossilasi) coinvolto nel catabolismo della tirosina che causa un accumulo di fenilalanina. Questi difetti enzimatici, causando malattie genetiche, sono ereditari. fi LEZ 6 del 22-11 BIOSINTESI DEGLI ACIDI GRASSI Gli acid grassi provengono per la maggior parte dalla dieta. Tuttavia, se presenti in eccesso, carboidrati e proteine possono essere convertiti in acidi grassi che vengono poi immagazzinati sotto forma di trigliceridi. Per formare i trigliceridi, quindi, è necessario che si formino glicerolo e acido grasso. La sintesi di acidi grassi avviene principalmente nel fegato, a livello del citosol dell’epatocita e negli adipociti. Per sintetizzare acidi grassi sono fondamentali, nel citosol: - Acetil-CoA che non deriva dalla beta-ossidazione - Malonil-CoA - NADPH In iperglicemia, ovvero in condizione di maggiore concentrazione di glucosio nel sangue (>5millimolare o >120 mg/dm), viene rilasciata l’insulina che provoca l’aumento della glicolisi e quindi l’aumento del glucosio nelle cellule epatiche, nel tessuto adiposo e nel miocita, l’aumento della glicogenosintesi e l’aumento della sintesi degli acidi grassi. Il glucosio, in particolare, in iperglicemia, aumenta il suo ingresso nell’epatocita, viene fosforilato in glucosio 6-fosfato e si attiva la glicolisi, il ciclo di Krebs, la fosforilazione ossidativa e si ricava ATP. Quando il fabbisogno energetico è soddisfatto e le concentrazioni di ATP aumentano, l’ATP manda dei segnali a feedback retrogrado agli enzimi del ciclo di Krebs diventando inibitore degli enzimi e rallentando la glicolisi e il ciclo di Kreks e, dunque, rallenta la produzione di ATP. Come nell’immagine, l’aumento del glucosio provoca un aumento del piruvato (glicolisi) che entra nel mitocondrio e forma l’Acetil-CoA che entra nel ciclo di Krebs portando alla formazione dei coenzimi ridotti e fosforilazione ossidativa. La prima reazione del ciclo di Krebs porterà alla condensazione dell’ossalacetato con l’Acetil-CoA. Quando in seguito ad un aumento dell’Acetil-CoA e del piruvato, il citrato (veicolo di Acetil-CoA) aumenta e passa dal mitocondrio al citosol dove viene scisso da un enzima liasi in Acetil-CoA e ossalacetato. L’ossalacetato citosolico, tramite una trasformazione in malato, torna nel mitocondrio, al contrario l’Acetil-CoA tramite una reazione di carbossilazione ovvero l’aggiunta di una molecola di CO2, viene trasformato in MALONIL-COA. L’ e n z i m a c h e p e r m e t t e q u e s t a r e a z i o n e d i carbossilazione è l’Acetil-CoA carbossilasi che è attivato dall’insulina. L’insulina quindi contemporaneamente attiva la glicolisi, la glicogenosintesi e la sintesi degli acidi grassi tramite l’attivazione dell’Acetil-CoA carbossilasi che aggiunge una molecola di CO2 sull’Acetil-CoA che deriva dal citrato per eccesso di glicolisi, piruvato e Acetil-CoA. L’Acetil-CoA e il malonil-CoA costituiscono i substrati iniziali dell’enzima che sintetizza nel citosol l’acido grasso chiamato acido grasso sintasi. Queste due componenti, prive del CoA, formeranno l’acido grasso. A livello citosolico, l’Acetil-CoA e il malonil-CoA vengono utilizzati dall’acido grasso sintasi per essere condensati. In particolare si legherà all’enzima prima l’Acetil-CoA e successivamente il malonil-CoA, che, perdendo il CoA, formeranno un acido grasso con 5 atomi di carbonio. Successivamente un altro Acetil-CoA e malonil-CoA si legheranno all’enzima formando un acido grasso con 10 atomi di carbonio e così via nché non si formerà il palmitato (16 atomi di carbonio) ovvero un acido grasso che può essere la base dei trigliceridi, se viene aggiunto il glicerolo, o la base dei fosforlipidi, se aggiungiamo un gruppo fosfato. L’acido grasso sintasi è un complesso in cui le 7 reazioni avvengono sullo stesso enzima perchè si tratta di aggiunte e condensazioni. fi Con l’aumento dei carboidrati della dieta aumentano le concentrazioni di glucosio nel sangue e si attiva la secrezione di insulina che a sua volta attiva L’acetil-CoA carbossilasi che carbossila l’Acetil-CoA in malonil-CoA. Questo viene utilizzato per la sintesi degli acidi grassi, a livello citosolico, dall’acido grasso sintasi, e rappresenta un importate inibitore della car nitina aciltrasferasi 1 che fa parte dello shuttle della carnitina (beta-ossidazione e trasporto degli acidi grassi dal citosol al mitocondrio). L’inibizione della carnitina aciltrasferasi 1 da parte del malonil-CoA è fondamentale perchè, se così non fosse, avverrebbero contemporaneamente sia la sintesi degli acidi grassi che la beta-ossidazione che rappresentano due processi di erenti, uno anabolico e uno catabolico, della stessa macromolecola. Questi processi di condensazione e ossidoriduzione utilizzano il coenzima ridotto NADPH ovvero un nicotinammide che, a di erenza del NADH, possiede nella sua struttura un gruppo fosfato. Il NADPH non porta elettroni sulla catena respiratoria mitocondriale, è un coenzima ridotto perchè è un coenzima di enzimi, presenti in processi anabolici, che catalizzano reazioni di ossidoriduzione. SINTESI DEI TRIGLICERIDI: GLICEROGENESI Per completare la sintesi dei trigliceridi è necessario aggiungere il glicerolo mancante alla catena di acido grasso. L’ossidrile della catena carboniosa sarà sostituito dal glicerolo e, dunque, ad ogni idrogeno dell’ossidrile verrà legata la catena carboniosa. Il processo di unione del glicerolo sulle catene di acido grasso avviene a livello epatico. Il glicerolo, inoltre, staccato dal trigliceride, può formale gliceraldeide 3-fosfato usata nella gluconeogenesi e quindi le molecole di glicerolo possono essere trasformate per reazione opposta in gliceraldeide 3-fosfato. Quando il trigliceride viene formato può essere trasportato agli altri tessuti, in particolare quello adiposo in cui si accumula, tramite le apolipoproteine VLDL. ff ff METABOLISMO DEL COLESTEROLO Quando si veri ca un aumento dell’Acetil- CoA nel citosol si può produrre colesterolo, a partire dal citrato che si scinde in ossalacetato e Acetil-CoA che può c a r b o s s i l a re i n m a l o n i l - C o A o p u ò condensare (come quello che accade nel mitocondrio con l’aumento per chetogenesi dell’Acetil-CoA). A di erenza dei corpi chetonici che si generano nel mitocondrio grazie all’aumento dell’Acetil-CoA che si forma come prodotto della beta-ossidazione e quindi in condizioni di ipoglicemia, il colesterolo, contrariamente, nonostante si tratti ugualmente di condensazione dell’Acetil-CoA, si forma a livello del citosol e avviene in condizioni di iperglicemia. In maniera schematica, il colesterolo è dato dalla condensazione di due molecole di Acetil-CoA che formano l’aceto-Acetil-CoA e successivamente si forma l’idrossi- metilglutaril-CoA che viene trasformato nel nucleo fondamentale del colesterolo ovvero il mevalonato. È necessario che questo ultimo passaggio avvenga perchè senza di questo il colesterolo non viene ciclizzato. Questa trasformazione viene catalizzata dall’idrossi-metilglutaril-CoA reduttasi ovvero un enzima che possiede un sito attivo in cui lega il substrato. Se in questo sito attivo si lega un inibitore si ha un’inibizione “competitiva”. Se l’inibitore si lega nel sito regolatori avremo un’inibizione “non competitiva”. Le statine ovvero dei farmaci che servono a regolare la produzione di colesterolo, sono un tipo di inibizione competitiva che, legandosi al sito attivo dell’enzima, non permettono il legame nel sito attivo con l’idrossi-metilglutaril-CoA e, conseguentemente, bloccano la sintesi del colesterolo. LE LIPOPROTEINE Gli acidi grassi una volta digeriti, essendo lipo li per essere trasportati e catalizzati necessitano di proteine e in particolare di lipoproteine. In base all’acido grasso che trasportano si dividono in: - VLDL se trasportano i trigliceridi dal fegato agli altri tessuti - LDL se trasportano colesterolo dal fegato ai tessuti periferici (permette sintesi degli ormoni, sali biliari nei tessuti dove svolgeranno la loro funzione). Se in eccesso avviene la deposizione del colesterolo nel torrente circolatorio. (Colesterolo cattivo) - HDL se trasportano colesterolo dai tessuti periferici al fegato dove viene catabolizzato (colesterolo buono) Il fegato rappresenta sia l’organo di sintesi che di smaltimento del colesterolo. fi ff fi