Anatomia del Cuore - PDF
Document Details
Uploaded by WealthyBaroque4294
Tags
Summary
Questo documento fornisce una dettagliata descrizione dell'apparato cardiocircolatorio, concentrandosi sull'anatomia del cuore. Vengono descritte le diverse parti del cuore, come atri e ventricoli, e i vasi sanguigni associati. Il testo analizza anche la struttura e la funzione delle valvole cardiache.
Full Transcript
Apparato cardiocircolatorio Il cuore è l’organo centrale dell’apparato cardiovascolare. È un organo muscolare cavo, impari, situato nella cavità toracica, fra i due polmoni, in una loggia mediana denominata mediastino (spazio connettivale compreso tra le due logge pleuro-polmonari). La sua funzione...
Apparato cardiocircolatorio Il cuore è l’organo centrale dell’apparato cardiovascolare. È un organo muscolare cavo, impari, situato nella cavità toracica, fra i due polmoni, in una loggia mediana denominata mediastino (spazio connettivale compreso tra le due logge pleuro-polmonari). La sua funzione principale è quella di pompare il sangue attraverso l’apparato circolatorio sanguifero. Ha forma di cono tronco, appiattito in senso antero-posteriore, con la base rivolta in alto e medialmente e l’apice situato in basso e lateralmente. Il suo asse maggiore è obliquo da dietro in avanti, dall’alto in basso, da destra a sinistra. Non è centrato sul piano di simmetria in quanto deborda a sinistra per 2/3 del suo volume e a destra per 1/3. La faccia antero-superiore (o sterno-costale), è racchiusa e protetta dalla parete anteriore del torace e precisamente dallo sterno e dalle cartilagini costali (dalla 3a alla 6a). La faccia postero-inferiore (o diaframmatica) sul centro frenico che lo separa dai visceri addominali. Superiormente, continua con i grossi vasi che formano il peduncolo vascolare e sono, da destra verso sinistra, la vena cava superiore, l’aorta ascendente e il tronco arterioso polmonare. Posteriormente si estende dalla 5a alla 8a vertebra toracica. Il volume del cuore varia in funzione del sesso, dell’età e delle condizioni del soggetto; nell’adulto, il suo peso è compreso tra 280 g e 340 g nel maschio e tra 230 g e 280 g nella femmina. Il suo colore è giallastro perché è presente del tessuto adiposo sulla superficie. Esternamente il cuore può essere suddiviso in quattro parti, due superiori, gli atrii (destro e sinistro), e due inferiori, i ventricoli (destro e sinistro). I ventricoli sono disposti nella porzione anteroinferiore mentre gli atrii nella porzione posterosuperiore. Sulla faccia sterno-costale (anteriore), delle scanalature superficiali segnano il confine tra atri e ventricoli (solchi atrio- ventricolare o coronario) e tra ventricolo destro e sinistro (solco interventricolare o longitudinale). Un solco interatriale, a decorso longitudinale, separa sulla faccia diaframmatica l’atrio destro da quello sinistro. La faccia diaframmatica (postero-inferiore) è percorsa dal solco interventricolare posteriore che muovendo dal solco coronario (prosegue anche sulla faccia posteriore) si porta all’incisura dell’apice del cuore. Il tronco polmonare esce dal cono di emergenza del ventricolo destro per dirigersi indietro e in alto. L’aorta esce dal ventricolo sinistro posteriormente al tronco polmonare. Nell’atrio destro entra il seno delle vene cave e nell’atrio sinistro il seno delle vene polmonari che si forma dalla confluenza delle quattro vene polmonari che portano sangue ossigenato refluo dai polmoni. 1 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” La parete cardiaca è costituita da 3 strati, che dall’interno verso l’esterno sono: endocardio (tonaca intima), miocardio (tonaca media) e pericardio (tonaca avventizia). L’endocardio è formato da endotelio (epitelio pavimentoso semplice) e dal tessuto aereolare. Il miocardio si divide in: comune, deputato alla contrazione del cuore (90% cellule muscolari) e specifico, deputato alla funzione elettrica del cuore (10%) Il pericardio è una membrana fibro-sierosa costituita dal pericardio fibroso (tonaca esterna) e una componente sierosa che si divide in due strati: foglietto viscerale e foglietto parietale. Il foglietto parietale riveste la parete esterna della cavità pericardica rinforzato da uno strato fibroso denso che insieme formano il sacco pericardico. Il foglietto viscerale (epicardio), più internamente, è costituito da un mesotelio e dal tessuto areolare collegato al miocardio. Il sacco pericardico, una fitta rete di fibre collagene, fissa il cuore al centro tendineo del diaframma e allo sterno isolandolo al contempo dagli organi vicini. Ogni cellula muscolare cardiaca (miocardiocita) è connessa alle altre in corrispondenza di siti specializzati chiamati dischi intercalari. A livello di un disco intercalare le membrane plasmatche di due cellule muscolari adiacenti sono legate tra loro tramite giunzioni comunicanti (gap junction) che consentono a ioni e piccole molecole di muoversi liberamente da una cellula all’altra creando un collegamento elettrico diretto tra loro. Un potenziale d’azione può dunque viaggiare attraverso un disco intercalare con passaggio di ioni tramite le pompe ioniche (pompa sodio-potassio) per permettere una depolarizzazione e conseguente ripolarizzazione. Internamente il cuore è suddiviso in due metà indipendenti, cuore destro e cuore sinistro. Le camere cardiache sono separate tra loro in modo netto, c’è un setto interatriale a livello degli atri e un setto interventricolare a livello dei ventricoli. Ciascun atrio comunica con il ventricolo sot- tostante attraverso l’orifizio atrio-ventricolare dove sono presenti due valvole. La valvola atrio- ventricolare sinistra, mitrale o bicuspide, è costituita da due lembi valvolari la cui funzione è quella di chiudersi durante la sistole ventricolare (contrazione miocardio) e aprirsi durante la diastole 2 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” (rilassamento miocardio). La valvola tricuspide, presente tra l’atrio e il ventricolo destro, è costituita invece da tre lembi valvolari. Altre due valvole permettono la comunicazione tra ventricolo e arteria. La base dei ventricoli presenta l’origine delle rispettive arterie, aorta (ventricolo sinistro) e tronco polmonare (ventricolo destro), con le quali comunica mediante due orifizi muniti di valvole semilunari (valvola semilunare aortica e valvola semilunare polmonare). Le valvole atrio-ventricolari permettono l’apertura e la chiusura attraverso meccanismi di pressione invece, le valvole semilunari, a forme di nido di rondine, sono costituite da tre conche che permettono di chiudere i vasi arteriosi in modo da non far refluire il sangue all’interno del ventricolo. La superficie interna dell’atrio destro presenta un endocardio interno liscio, il seno delle vene cave, ed una laterale accidentata per la presenza di rilievi carnosi disposti regolarmente, detti muscoli pettinati. Nella superficie posteriore dell’atrio destro trovano gli sbocchi delle vene cave superiore e inferiore. In prossimità dell’orifizio atrio-ventricolare, davanti all’orifizio della vena cava inferiore, si trova lo sbocco del seno coronario che trasporta all’atrio destro la maggior parte del sangue deossigenato refluo dalle pareti del cuore. Rispetto all’atrio destro, l’atrio sinistro è caratterizzato dal minor volume e dal maggior spessore delle pareti. La cavità dell’atrio ha pareti lisce. Quattro vene polmonari, due per ogni lato, si aprono nella parete posteriore e i quattro orifizi delle vene polmonari sono privi di valvole. Il ventricolo sinistro ha una capacità di circa 180 ml il cui apice corrisponde alla punta del cuore. Presenta una parete più spessa di 9mm rispetto al ventricolo destro la quale permette di sviluppare una pressione sufficiente a spingere il sangue attraverso il circolo sistemico passando attraverso la valvola aortica. Il ventricolo destro ha una capacità di circa 200 ml, con una parete anteriore che corrisponde alla maggior parte della faccia sterno-costale del cuore. È più spessa di quella degli atri e circa un terzo più sottile rispetto alla parete del ventricolo sinistro. 3 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” La superficie interna dei ventricoli presenta rilievi muscolari, le trabecole carnee. Si distinguono vari ordini di trabecole: 1. Il primo ordine corrisponde ai muscoli papillari che sono attaccate alla parete cardiaca solo per una estremità mentre all’altra si originano le corde tendinee, strutture che permettono la chiusura e l’apertura delle valvole atrio-ventricolari (valvola bicuspide e tricuspide) le quali non sono presenti nelle valvole aortiche e polmonari. 2. Le trabecole del secondo ordine sono fissate alla parete soltanto con le loro estremità e sono libere per il resto della loro estensione formando un ponte. 3. Le trabecole del terzo ordine sono semplicemente dei sollevamenti dell’endocardio. L’apparato circolatorio è un circuito chiuso nel quale il sangue viene spinto dal cuore ad alta pressione in vasi a decorso centrifugo, le arterie, che, ramificandosi e riducendosi gradualmente di diametro formano le arteriole le quali si risolvono, nell’interno degli organi, in vasi sottilissimi, i capillari. Dai capillari il sangue raggiunge le piccole venule, che si uniscono a formare vene di maggiori dimensioni che riportano il sangue al cuore. Da ciò si deduce che sono definiti arterie quei vasi che conducono il sangue dal cuore alla periferia, e sono vene quei vasi che conducono il sangue dalla periferia al cuore. L’arteria è un organo cavo formato da tre tonache: Tonaca intima: rivestimento endoteliale contenente fibre elastiche Tonaca media: strati concentrici di muscolatura liscia e fibre elastiche. Contrazione della muscolatura e diminuzione del diametro (vasocostrizione), rilascio e aumento del diametro (vasodilatazione). Tonaca esterna (avventizia): contiene fibre collagene e fibre elastiche. Le arterie hanno l’aspetto di condotti cilindrici, di colore bianco roseo, di diametro variabile, decrescente verso la periferia del sistema. Pulsano sincrone con il cuore e, se recise, sanguinano ritmicamente, a zampillo. Le arterie si suddividono in arterie elastiche (grossi vasi) come il tronco polmonare e l’aorta. Presentano in aggiunta una membrana elastica interna capace di distendersi e ritrarsi al variare dei battiti e della pressione. Le arterie muscolari (medio calibro) caratterizzate da una tonaca media spessa costituita da un maggior numero di cellule muscolari. Le arteriole (piccolo calibro) hanno una tonaca esterna poco definita e sono costituite da un solo strato di cellule muscolari nella tonaca media. L’aorta è la più grande e importante arteria dell’organismo. Origina dal ventricolo sinistro e si distinguono i seguenti tratti: aorta ascendente, arco dell’aorta, aorta discendente (aorta toracica, aorta addominale). 4 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” Alla base dell’aorta ascendente originano le arterie coronarie dove è presente una dilatazione, il bulbo aortico. Su di esso ci sono due rigonfiamenti, i seni aortici (seni di valsalva), corrispondenti ciascuno a una delle valvole semilunari dalle quali si diramano le coronarie. Le arterie coronarie sono deputate all’irrorazione del cuore. Ruotano intorno al cuore in maniera completa creando una corona, da qui il loro nome. La coronaria sinistra è un’arteria più grande, nasce dal seno aortico di sinistra e scende in basso dividendosi in due rami. Il ramo anteriore, ramo interventricolare, decorre nel solco interventricolare anteriore. Si dirama ulteriormente in rami diagonali e rami più piccoli, i rami perforanti/settali. Il ramo posteriore, ramo circonflesso, che da origine anche al ramo del margine ottuso. Essa irrora principalmente gli atri (circolo arterioso). La coronaria destra, più piccola di quella di sinistra, fuoriesce dal seno destro di valsalva e si inserisce nel solco atrio-ventricolare (o solco coronario). Il suo ramo più importante è il ramo interventricolare posteriore che discende nel solco interventricolare. Tra i rami atriali è da segnalare l’arteria per il nodo senoatriale. 5 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” L’arco dell’aorta fa seguito all’aorta ascendente. Dalla faccia superiore dell’arco aortico prendono origine, dall’avanti indietro, il tronco brachiocefalico (si divide in succlavia di destra e carotide comune di destra), l’arteria carotide comune sinistra e l’arteria succlavia sinistra. La carotide comune (destra e sinistra) si divide in carotide interna e carotide esterna. La carotide interna, oltre ad irrorare gli occhi, forma a livello dell’encefalo un poligono deputato a ossigenare gli emisferi cerebrali, il poligono di willis. La carotide esterna si ramifica nel collo, esofago, faringe, laringe, mandibola, cranio e faccia. La succlavia (destra e sinistra) dopo aver lasciato la cavità toracica cambia nome in arteria ascellare. Questa attraversa l’ascella per entrare nel braccio dove diviene arteria brachiale che rifornisce l’arto superiore. L’arteria brachiale, nell’avambraccio, si divide in arteria radiale e arteria ulnare. L’aorta toracica è il tratto dell’aorta discendente che attraversa il torace decorrendo nel mediastino posteriore. I rami che irrorano gli organi (viscerali) del torace sono: arterie bronchiali, esofagee, mediastiniche e pericardiche. Mentre i rami che irrorano le strutture superficiali (parietali) sono: le arterie intercostali e freniche superiori. 6 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” L’aorta addominale è l’ultimo tratto dell’aorta discendente dalla quale si ramifica il tronco celiaco costituito da tre rami: l’arteria gastrica sinistra, arteria splenica (lienale) e arteria epatica comune. Successivamente l’arteria mesenterica (superiore e inferiore) irrora l’intestino. Infine, termina con le arterie iliache comuni destra e sinistra che provvedono alla vascolarizzazione delle pareti e dei visceri pelvici, degli organi genitali esterni e degli arti inferiori, posteriormente termina con l’arteria sacrale mediana. Le vene sono condotti che hanno origine dalle reti capillari dei tessuti e degli organi, procedono in direzione centripeta e confluiscono a costituire tronchi di calibro sempre maggiore. Hanno un lume irregolare e deformato e quando sono vuote di sangue possono apparire appiattite. Il loro numero è maggiore di quello delle arterie. Come nelle arterie, nella parete delle vene si distinguono tre tonache: una tonaca intima presenta un endotelio spesso e liscio ed è assente la membrana elastica interna. una tonaca media, sottile con preponderanza di cellule muscolari lisce e fibre collagene. La membrana elastica esterna è assente. una tonaca avventizia è formata da fibre collagene, elastiche e muscolari lisce. In rapporto al loro diametro le vene vengono distinte, come le arterie, in vene di grosso cali- bro, vene di medio calibro e vene di piccolo calibro. Tuttavia, presentano notevole differenza di struttura in rapporto con le particolari condizioni secondo le quali si effettua il circolo venoso refluo. Le grandi vene, come le vene cave superiori e inferiori e in particolare dalle vene della testa e del collo, i valori pressori sono estremamente bassi e il sangue scende verso il cuore favorito dalla forza di gravità (vene di tipo recettivo), e altre vene, medio calibro, come quelle dell’arto inferiore, nelle quali la circolazione avviene invece in direzione contraria alla forza di gravità (vene di tipo propulsivo). Nelle grandi vene sono presenti tutti e tre gli strati, la sottile tonaca media è circondata da una spessa tonaca esterna. Le vene di medio calibro hanno una spessa tonaca esterna che contiene anche cellule muscolari oltre a fibre elastiche e collagene. Le vene di piccolo calibro (venule) raccolgono sangue dai letti capillari e mancano di tonaca media. 7 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” Il sistema delle vene cave sono le vene più grandi del corpo umano. È formato da due tronchi venosi principali, la vena cava superiore e la vena cava inferiore che trasportano il sangue all’atrio destro. La vena cava superiore è data dalla confluenza delle due vene brachiocefaliche (destra e sinistra). Ogni vena brachicefalica è costituita della vena succlavia (arti superiori e torace) e dalla vena giugulare (testa e collo). La vena succlavia è data dall’unione della vena cefalica (margine laterale del braccio) e dalla vena ascellare. Questa è formata dalla confluenza della brachiale con la basilica. La vena cava inferiore è il principale tronco venoso al quale affluiscono tutte le vene della parte sottodiaframmatica del corpo. Nasce dall’unione delle due vene iliache comuni. Essa risale sul lato destro della colonna vertebrale fino al diaframma per sboccare nell’atrio destro del cuore. Il sangue refluo da tutti gli organi della parte sottodiaframmatica dell’apparato digerente (stomaco, duodeno, pancreas, intestino tenue, intestino crasso, retto) e dalla milza viene raccolto in via pressoché totale dalle vene mesenterica superiore, mesenterica inferiore e splenica che conflui- scono in un unico importante tronco, la vena porta, che raggiunge il fegato ramificandosi all’interno per l’elaborazione dei nutrienti. Successivamente raggiunge per mezzo delle vene epatiche (vasi sanguigni che drenano sangue deossigenato dal fegato) la vena cava inferiore. La maggior quantità di sangue si trova nel circolo venoso. 8 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” I due circoli dell’apparato cardiocircolatorio sono: circolo polmonare (piccola circolazione) e circolo sistemico (grande circolazione). La piccola circolazione inizia dal ventricolo destro e attraverso il tronco polmonare si divide dando origine alle arterie polmonari, destra e sinistra. Queste entrano nei polmoni ramificandosi via via in arterie di calibro sempre minore, le arteriole polmonari, che riforniscono di sangue gli alveoli capillari dove avviene lo scambio con l’aria inspirata eliminando anidride carbonica. Il sangue ossigenato entra nelle venule in vasi di calibro sempre maggiore per proseguire nelle 4 vene polmonari e terminando nell’atrio sinistro. A differenza dell’arteria tipo solo in questa circostanza l’arteria polmonare esce dal cuore trasportando sangue ricco di anidride carbonica e analogamente le vene polmonari che arrivano al cuore sono ricche di ossigeno. La grande circolazione inizia dal ventricolo sinistro attraverso il tronco principale, l’arteria aortica. Dopo aver irrorato tutti i tessuti e gli organi torna al cuore attraverso la vena cava inferiore che sbocca nell’atrio destro. Il ciclo cardiaco è il periodo compreso tra l’inizio di un battito e quello successivo. In questo periodo atri e ventricoli alternano fasi di rilassamento (diastole), nelle quali si riempiono di sangue venoso, e fasi di contrazione (sistole) durante le quali si svuotano, spingendo il sangue arterioso nei due circoli. Queste fasi interessano contemporaneamente i due lati del cuore e si alternano in modo che il flusso del sangue sia sempre unidirezionale: gli atri ricevono il sangue che proviene dalle grandi vene (vene cave e polmonari) facendo aprire contemporaneamente le due valvole atrioventricolari (bicuspide e tricuspide) le quali permettono il passaggio del sangue nei ventricoli. Vi è un aumento di pressione che permette l’apertura delle valvole semilunari con conseguente contrazione del ventricolo (sistole ventricolare) pompando il sangue nelle arterie principali (aorta e tronco polmonare). 9 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” La pressione arteriosa è la forza che il sangue esercita su una parete del vaso, varia lungo tutto l'apparato vascolare: infatti la pressione arteriosa diminuisce progressivamente dal ventricolo sinistro del cuore fino alle arteriole. Viene espressa in millimetri di mercurio (mmHg). La pressione non è costante poiché aumenta durante la sistole ventricolare e diminuisce durante la diastole ventricolare. Il picco massimo durante la sistole ventricolare è chiamato pressione sistolica mentre la pressione sanguigna minima alla fine della diastole ventricolare è chiamata pressione diastolica. Fisiologicamente la minima avrà un valore di 80 mmHg mentre la massima sarà di 120 mmHg. Ricapitolando la pressione arteriosa si distingue in: pressione sistolica (o "massima"), durante la contrazione o sistole ventricolare. pressione diastolica (o "minima"), durante il rilassamento o diastole ventricolare. I toni cardiaci sono prodotti durante il "battito cardiaco". Tali toni vengono prodotti dalle valvole cardiache, al loro chiudersi, o dal flusso sanguigno che passa attraverso esse. I toni udibili dall'orecchio umano nell'individuo sano sono quattro: 1. Il primo tono, chiusura delle due valvole atrioventricolari (tricuspide e mitralica) durante la sistole ventricolare. 2. Il secondo tono è generato dalla chiusura delle valvole semilunari, polmonare e aortica, durante la diastole ventricolare. 3. Il terzo tono (galoppo ventricolare) è causato dal brusco riempimento del ventricolo. È udibile tipicamente nei bambini e i soggetti con alta gittata cardiaca. 4. Il quarto tono (galoppo atriale), è invece generato dalla sistole atriale. 10 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” Lo stimolo alla contrazione avviene in modo autonomo in assenza di stimolazioni nervose. Il sistema di conduzione del cuore è una rete specializzata di cellule muscolari cardiache che crea e conduce un impulso elettrico dagli atri a tutto il corpo ventricolare del cuore, creando così la contrazione adatta a irrorare col sangue tutto l'organismo. Esso è formato dal sistema senoatriale e dal sistema atrioventricolare. Il sistema senoatriale è costituito dal nodo senoatriale (fibre miocardiche specifiche intrecciate), situato nella parete posteriore dell’atrio destro, vicino all’ingresso della vena cava superiore. Le fibre che costituiscono il nodo del seno hanno la capacità di contrarsi automaticamente in modo ritmico, con una frequenza più elevata di ogni altra fibra muscolare del cuore. Il nodo, indicato come il pacemaker del cuore (cellule P), all’inizio di ogni ciclo cardiaco dà origine all’impulso che determina la contrazione degli atrii e dei ventricoli. Le fibre del nodo senoatriale sono in contatto con quelle miocardiche atriali circostanti e lo stimolo si propaga attraverso alcuni fasci di fibre, i fasci internodali, per raggiungere l’atrio sinistro e il nodo atrioventricolare. Il sistema atrioventricolare è costituito dal nodo atrioventricolare situato nell’atrio di destra in posizione mediale, alla giunzione tra atrio e ventricolo durante il quale, con un ritardo di 100ms, avviene la contrazione atriale. Appena la contrazione si completa, l’impulso, viaggia lungo il setto interventricolare all’interno del fascio AV (fascio di His). La contrazione ha cosi inizio. Il fascio di His si divide in due branche raggiungendo i rispettivi ventricoli e terminando con le fibre di Purkinje a livello dei muscoli papillari. La contrazione ventricolare raggiunge così il suo completamento. 11 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” L'elettrocardiogramma (ECG) è la riproduzione grafica dell'attività elettrica del cuore (depolarizzazione e ripolarizzazione) durante il suo funzionamento. Le principali onde sono: onda P: depolarizzazione degli atri con la conseguente contrazione atriale. Complesso QRS: corrisponde alla depolarizzazione ventricolare. In questo intervallo è compresa anche la ripolarizzazione atriale che non risulta visibile perché mascherata dalla depolarizzazione ventricolare molto più imponente. Onda T: rappresenta la ripolarizzazione ventricolare. La gittata cardiaca (GC) è il volume di sangue che il ventricolo destro e il ventricolo sinistro riescono ad espellere in un minuto attraverso l'arteria polmonare e l'aorta. È determinata dal prodotto tra frequenza cardiaca e gittata sistolica (volume sistolico VS). A riposo la frequenza cardiaca è di circa 72-75 battiti/minuto, mentre la gittata sistolica, rappresenta la quantità di sangue pompata ad ogni battito attraverso ciascun ventricolo ed è di circa 70 mL. La gittata cardiaca corrisponderà quindi a circa 5 litri/min, che corrisponde grossomodo all'intero volume sanguigno. Il volume telediastolico (VTD) è il volume presente all'interno dei ventricoli al termine della diastole ventricolare (apertura delle valvole atrioventricolari e riempimento dei ventricoli). Il volume telediastolico è di circa 110-120 ml. Il volume telesistolico (VTS) è il volume di sangue che rimane nel ventricolo alla fine della contrazione, o sistole ventricolare. Durante la sistole, lo svuotamento ventricolare sia destro che sinistro, determina una diminuzione di tale volume all'incirca di 70 ml (gittata sistolica). Il volume rimanente, quindi il volume telesistolico, è di 120ml – 70ml = 50ml. Il cuore è innervato dal plesso cardiaco (parte nervosa del cuore) caratterizzato da fibre simpatiche e parasimpatiche. Il sistema simpatico è costituito dai gangli che si trovano a livello del collo (SNC -> Nervo pregangliare -> Ganglio -> Nervo postgangliare -> Organo) Essi si dividono in superiore, medio e inferiore e si distendono fra le porzioni cervicali e toraciche inducendo un aumento della frequenza cardiaca. Il sistema parasimpatico attraverso il nervo vago induce una diminuzione della frequenza. Un maggior ritorno venoso (volume telediastolico) induce una maggior contrazione con conseguente aumento della frequenza cardiaca attraverso l’innervazione autonoma, sistema simpatico. Invece, Il volume telesistolico (post-carico) è la resistenza da parte del cuore di pompare sangue nelle arterie, es. nel momento in cui avviene un restringimento di esse. Il volume telediastolico determina il precarico miocardico ovvero lo stiramento del muscolo cardiaco alla fine della diastole. L’entità del precarico influenza l’efficienza della contrazione, quindi il VTS. Il volume telesistolico determina il postcarico ovvero la resistenza opposta al flusso sanguigno in uscita dal cuore, maggiore è il postcarico, minore sarà l’efficienza di pompa del cuore e maggiore sarà il volume telesistolico. La vasodilatazione diminuisce il postcarico, la vasocostrizione lo aumenta. Volume sistolico (VS) = VTD – VTS 12 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” Gli scambi di nutrienti avvengono a livello capillare. Ormoni, anticorpi, gas e tutto quanto è veicolato dalla corrente ematica. Gli scambi di sostanze dai capillari alle cellule possono avvenire attraverso meccanismi di pressione, la pressione idrostatica e la pressione colloido-osmotica. Nelle arteriole la pressione idrostatica è più alta a livello del capillare rispetto alla pressione colloido osmotica, che è strettamente dipendente dalla concentrazione di proteine. Essa è la forza che regola il passaggio di acqua dal compartimento "proteicamente" meno concentrato a quello più concentrato permettendo la fuoriuscita dei nutrienti. Nella venula la pressione idrostatica è più bassa di quella colloido osmotica a causa della bassa velocità del flusso venoso. Con lo spostamento dell’equilibrio a favore della pressione colloido osmotica avviene il passaggio di acqua dall’esterno verso l’interno permettendo il richiamo delle sostanze (anidride carbonica) nelle venule. I meccanismi che giocano un ruolo fondamentale nella determinazione della pressione arteriosa, sono distinti in base alla rapidità in cui intervengono, ovvero un controllo a breve termine e controllo a lungo termine. Nel sistema a breve termine intervengono i barocettori che sono situati nelle pareti delle grosse arterie, l’arco aortico e le arterie carotidee. Quando i recettori segnalano un aumento della pressione, il centro di controllo rallenta il battito cardiaco e una riduzione della noradrenalina e dell'adrenalina (vasocostrittori) determinano una vasodilatazione a livello delle arteriole periferiche. Se invece la pressione nelle grandi arterie scende, l’attività dei recettori di tensione diminuisce e noradrenalina e adrenalina possono agire regolarmente da vasocostrittori delle arteriole con l’aumento della frequenza del battito cardiaco. Nel sistema a lungo termine, invece, interviene il sistema endocrino. Quando c’è una riduzione della pressione arteriosa a livello renale viene prodotta la renina, la quale induce la trasformazione dell'angiotensinogeno ad angiotensina 1, quest’ultima convertita nei capillari polmonari in angiotensina 2 dall’enzima convertente l’angiotensina (ACE). L’angiotensina 2 provoca una vasocostrizione delle arteriole aumentando la pressione arteriosa e, inoltre, stimola la secrezione di aldosterone a livello renale, favorendo l'assorbimento di sodio ed acqua, aumentando così il volume circolatorio e riportando la pressione a livelli normali. Inoltre, il rene interviene anche attraverso il rilascio dell’eritropoietina (EPO) che stimola il midollo osseo a produrre globuli rossi aumentando l’indice ematocrito e quindi la volemia (volume totale del sangue). 13 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” Apparato respiratorio L’apparato respiratorio è costituito da un insieme di organi cavi coinvolti nella respirazione polmonare da dove passano aria e gas, i quali vengono convogliati all'interno o all'esterno dei polmoni rispettivamente durante i processi di inspirazione ed espirazione; e dai polmoni in cui avviene lo scambio di gas con il sangue, a livello degli alveoli. Esso può essere suddiviso in vie aree superiori e vie aeree inferiori. Le vie aeree superiori sono costituite, dal naso, dalla bocca (cavità orale), dalle cavità nasali, dai seni paranasali e dalla faringe. La mucosa che riveste le pareti (mucosa re- spiratoria), oltre alla funzione di rivestimento, ha anche quella di riscaldare (data la sua ricca vascolarizzazione), di umidificare (per mezzo della secrezione delle sue ghiandole) e di filtrare (per mezzo del muco che arresta il pulviscolo atmosferico e del movimento delle ciglia che lo convoglia verso l’esterno e attraverso la tosse o la deglutizione lo elimina) l’aria inspirata. Le vie aeree inferiori sono costituite dalla laringe, trachea e dai bronchi che, dalla biforcazione della trachea, si dirigono ai polmoni. La trachea e i bronchi sono costituiti da anelli di tessuto cartilagineo sulla parte anteriore per proteggerli da variazioni di pressione, e da tessuto connettivo nella parte posteriore per distorcersi moderatamente al passaggio di cibo. La principale via d’ingresso dell’aria è il naso, un organo a forma piramidale posto al centro del viso in posizione mediana, formato da uno scheletro cartilagineo. Grazie alla particolare 14 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” disposizione di alcune ossa del cranio, il naso presenta, internamente, degli spazi vuoti che prendono il nome di cavità nasali (fosse nasali), le quali sono divise sagittalmente dal setto nasale in cavità destra e sinistra. Esse si aprono esternamente attraverso le narici e posteriormente attraverso le coane. L’interno delle cavità nasali presenta delle formazioni ossee dette anche conche nasali (superiore, medio ed inferiore), che favoriscono il crearsi di vortici d'aria quando essa viene ispirata permettendola di riscaldarla e purificarla. Le pareti laterali e superiori delle cavità nasali contengono i seni paranasali che forniscono un’ampia superficie all’epitelio mucoso. La bocca, o cavità orale, rappresenta l'apertura esterna secondaria dell'apparato respiratorio. Essa, infatti, ha il compito di aiutare o, se necessario, sostituire il naso nella sua azione di inalazione ed espulsione dell'aria. La cavità orale è più corta delle cavità nasali e questo comporta che l'aria in entrata dalla bocca non subisca gli stessi processi di riscaldamento e umidificazione. Inoltre, la bocca manca di peli e di un rivestimento mucoso, pertanto non svolge alcuna azione di filtraggio. Presenta però un vantaggio: l'aria che entra dalla cavità orale raggiunge i polmoni molto più velocemente, rispetto all'aria che entra dalle cavità nasali. La faringe è un organo cavo, impari lungo circa 13 centimetri, comune all’apparato respiratorio e digerente. Come organo dell’apparato digerente, la faringe dà passaggio al bolo alimentare; come organo dell’apparato respiratorio, riceve aria dalle cavità nasali immettendola nella laringe. Esso parte dalla bocca e percorre la regione media del collo fino al continuarsi con l’esofago. Superiormente e anteriormente vi sono le cavità nasali e inferiormente la laringe. La faringe presenta tre aperture, o tratti: rinofaringe, orofaringe e laringofaringee (ipofaringe). La rinofaringe: è la parte superiore della faringe, posta a diretto contatto con le coane, ovvero le due aperture tramite le quali le cavità nasali si aprono nella rinofaringe. Essa si trova tra il palato duro (osso delle cavità nasali) e palato molle (muscolo membranoso). La rinofaringe presenta l’epitelio tipico delle vie aeree (cilindrico pseudo stratificato), mentre le altre parti della faringe, orofaringe e ipofaringe, sono rivestite da epitelio pavimentoso composto. 15 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” Orofaringe: si estende tra il palato molle e l’adito laringeo (apertura superiore), dove avviene la modificazione dell’epitelio da colonnare pseudo stratificato a pavimentoso stratificato. Laringofaringe (ipofaringe): è la sezione terminale della faringe ed è situata tra l’adito laringeo e l’esofago. Successivamente, dopo aver superato i tre tratti della faringe l’aria giunge nella laringe, un organo piccolo, cavo (si estende dalla IV alla VI vertebra cervicale), costituito da cartilagine, muscoli e membrane. Svolge due funzioni: conduzione dell'aria e fonazione (modulazione dei suoni). L’aria entra attraverso la glottide, la quale è costituita dalle corde vocali (legamenti vocali) e dalla rima della glottide (apertura tra le corde vocali e le cartilagini aritenoidi). Quando la glottide è aperta, il passaggio di aria fa vibrare le corde vocali che producono, attraverso le vibrazioni, onde sonore. Le cartilagini che compongono la laringe impari (singole e più voluminose) sono: l’epiglottide (a forma di foglia) che durante la deglutizione, mentre la laringe si solleva, essa si ripiega sopra la glottide impedendo l’ingresso di liquidi e cibo nel tratto respiratorio; la tiroidea (a forma di scudo) che costituisce la parete anteriore e laterale della laringe. Questa cartilagine presenta una prominenza (pomo d’Adamo o prominenza laringea) più accentuata negli uomini rispetto alle 16 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” donne; la cricoidea (a forma di anello), che insieme alle altre due cartilagini serve a garantire protezione alla glottide e alla trachea, situata al di sotto di quest’ultima cartilagine impari. Le cartilagini pari sono: le cuneiformi (o Morgagni) si estendono tra le superfici laterali delle cartilagini aritenoidi e l’epiglottide; le corniculate (o Santorini) si articolano con le cartilagini aritenoidi le quali agiscono nella chiusura e apertura della glottide per la produzione del suono; le aritenoidi a forma di piramide si articolano sulla superfice superiore della cartilagine cricoidea. La parete interna della laringe è rivestita da mucosa respiratoria, con epitelio cilindrico pseudo stratificato cigliato. La trachea è un canale impari e mediano che ha inizio anteriormente nel collo (vertebra C6) facendo seguito alla laringe e termina nel torace, nel mediastino, (a livello della vertebra T5) dove si dirama per formare i bronchi principali di destra e sinistra. Essa ha la forma di un cilindro appiattito posteriormente, di circa 10-12 cm di lunghezza ed è costituita da 15-20 anelli cartilaginei (a forma di C), che svolgono la funzione di renderla rigida e impediscono l’eccessiva espansione in caso di variazioni pressorie. Gli anelli presentano la caratteristica di essere aperti posteriormente e questa particolare conformazione serve perché l'esofago, a contatto con la trachea, deve espandersi senza impedimenti per far passare il bolo alimentare. Gli anelli sono tra loro connessi da lamine fibrose denominate legamenti anulari. 17 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” Il rivestimento interno della trachea è formato da epitelio respiratorio (epitelio cilindrico con ciglia) che aiuta a purificare ulteriormente l'aria immessa durante l'inspirazione; mentre all'esterno, a ricoprire tutta la trachea, vi è la tonaca avventizia, formata da tessuto connettivo fibrillare. Il bronco è ciascuna delle due ramificazioni terminali della trachea. A livello della 4ª-5ª vertebra toracica la trachea termina dividendosi nel bronco sinistro e nel bronco destro. I due bronchi, di uguale struttura, si dirigono verso l'ilo polmonare dove si dividono ulteriormente per formare un'arborizzazione all'interno dei polmoni: l'albero bronchiale. Esso inizia quando iniziano i bronchi e termina nel parenchima polmonare. È costituito dalle vie aeree esterne ai polmoni (bronchi principali) e dalle vie respiratorie intrapolmonari (bronchi secondari e terziari, bronchioli, bronchioli terminali). La struttura dei bronchi principali è identica a quella della trachea, ma questi hanno un diametro più piccolo e pareti più sottili. Il bronco di destra si divide in tre bronchi, che penetrano nei tre lobi del polmone destro; il bronco di sinistra si biforca in due rami, che entrano nei due lobi del polmone sinistra e tali rami sono chiamati bronchi secondari. Man mano che ci si addentra nell'albero bronchiale, insieme al calibro delle vie aeree si riduce anche lo spessore delle pareti bronchiali, sempre meno ricche di tessuto cartilagineo e sempre più ricche di tessuto muscolare. Appena penetrati nei lobi polmonari, i bronchi secondari si suddividono in rami più piccoli, i cosiddetti bronchi terziari. Dai bronchi terziari, tramite ripetute ramificazioni, si originano i cosiddetti bronchioli, costituiti da muscolatura liscia. Successivamente, bronchioli si suddividono ripetutamente dando origine a condotti sempre più piccoli, i bronchioli terminali. Ogni bronchiolo terminale serve un singolo lobulo polmonare. Dal bronchiolo terminale si ramifica un bronchiolo respiratorio che serve più acini polmonare (da tre a cinque per ogni bronchiolo terminale). Le pareti dei bronchioli respiratori presentano gli alveoli, in cui avviene lo scambio di gas, e da un passaggio comune connesso a più alveoli, il dotto alveolare. I polmoni sono organi pieni in cui avvengono gli scambi gassosi fra aria e sangue (processo denominato ematosi) e hanno quindi il ruolo di permettere l'ossigenazione del sangue e l'espulsione dell'anidride carbonica. In numero di due, destro e sinistro, sono contenuti nelle logge pleuropolmonari della cavità toracica, separati da uno spazio mediano compreso tra la colonna vertebrale e lo sterno, il mediastino, che accoglie cuore, timo, grossi vasi, esofago, trachea e bronchi. La faccia laterale prende rapporto con la gabbia toracica (e quindi le coste); medialmente, sotto l'ilo è presente la fossa cardiaca, più marcata nel polmone sinistro, dove trova posto il cuore. Inferiormente le facce concave dei polmoni poggiano sul diaframma (convesso) e superiormente, l’apice, che si trova sopra al margine superiore della 2ª costa ha la forma di cono arrotondato. È in rapporto con l'arteria succlavia (che vi lascia un'impronta). Il polmone destro è più grande del polmone sinistro, pesa circa 680 grammi (in un individuo adulto) e presenta lateralmente delle profonde scissure, una obliqua e una orizzontale, che lo suddividono in tre porzioni chiamate lobi (lobo superiore, lobo medio e lobo inferiore). Il polmone sinistro, invece, pesa in genere 620 grammi e attraverso una scissura obliqua è diviso lateralmente in soli due lobi (il lobo superiore e il lobo inferiore). Tale differenza è dovuta al fatto che a sinistra vi è il cuore. Le superfici mediali invece contengono l’ilo e hanno un aspetto più irregolare (solchi) per la presenza dei grandi vasi e del cuore. Il peduncolo del polmone (tessuto connettivo) tiene insieme bronchi, nervi, vasi sanguigni e vasi linfatici diretti al polmone attraverso l’ilo. I polmoni sono avvolti da una membrana sierosa, la pleura, a sua volta formata da due foglietti, i foglietti pleurici: il foglietto parietale che è lo strato più esterno che tappezza la superficie delle logge polmonari e un foglietto viscerale, lo strato più interno, che aderisce alla superficie dell’organo. La pleura viscerale costituisce la tonaca sierosa del polmone. Tra i due foglietti è 18 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” presente uno spazio, la cavità pleurica, ripiena di liquido pleurico che permette ai polmoni di espandersi nell’inspirazione. Le vie aeree terminano in sacche chiamate alveoli. Il bronchiolo terminale si ramifica formando il bronchiolo respiratorio, le cui pareti presentano gli alveoli. Ciascun polmone contiene circa 150 milioni di alveoli che danno al polmone un aspetto spugnoso. Ogni alveolo è circondato da una vasta rete capillare che riceve sangue (deossigenato) da un ramo di un’arteria polmonare e scarica sangue (ossigenato) in un ramo di una vena polmonare. Una rete di fibre elastiche circonda questi capillari. Il ritorno elastico di queste fibre durante l’espirazione riduce le dimensioni degli alveoli e favorisce la spinta dell’aria fuori dai polmoni. Ogni alveolo polmonare ha la parete costituita da un epitelio pavimentoso semplice costituito, oltre che da macrofagi, da due particolari tipi di cellule: gli pneumociti di tipo I e di tipo II. Gli pneumociti di primo ordine (cellule molto estese e in numero minore) rappresentano la maggior parte delle cellule che formano la parete dell'alveolo permettendo lo scambio gassoso. Gli pneumociti di secondo ordine (cellule più piccole ma più numerose) producono, tramite i corpi multi lamellari, una sostanza, detta surfactante (sostanza oleosa ricca di fosfolipidi) che si dispone sulle pareti interne. Questa sostanza tensioattiva impedisce l'eccessiva distensione dell'alveolo nell'inspirazione e il suo collasso nell'espirazione. La fisiologia respiratoria coinvolge due processi integrati: la respirazione esterna e la respirazione interna. La respirazione esterna comprende tutti i processi coinvolti nello scambio di ossigeno e anidride carbonica tra polmoni e ambiente esterno ed è la funzione primaria dell’apparato respiratorio. Esso avviene tramite la ventilazione polmonare (o respirazione) e comporta il movimento fisico dell’aria dentro e fuori dai polmoni. (Da non confondere con la perfusione polmonare che è il flusso ematico al minuto attraverso il circolo polmonare e corrisponde alla gittata cardiaca). La respirazione interna è l’assorbimento di O2 dal sangue e il rilascio di CO2 da parte delle cellule dei tessuti. L’atto respiratorio avviene in due tempi, inspirazione ed espirazione, tra i quali avviene una breve pausa. Un atto respiratorio dura circa 3 – 4 secondi. L'inspirazione 19 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” (sempre dal naso, in condizioni ottimali) in cui si riempiono prima le basi polmonari, poi la parte media dei polmoni (esternamente avremo una espansione della gabbia toracica), infine si avrà il riempimento della parte alta dei polmoni (esternamente si vedrà un sollevamento delle clavicole e delle spalle). Questo è un ciclo respiratorio completo. In uno stato psicofisico rilassato, la respirazione fisiologica prevede il solo vuotamento e riempimento delle basi polmonari; se, per qualunque motivo, si necessita di più ossigeno, iniziano a riempirsi anche le parti medie polmonari; sotto sforzo si riempiono infine anche gli apici polmonari. Dopo di ciò, aumenta la frequenza respiratoria e, sotto forte carenza di ossigeno, inizia la respirazione attraverso la bocca. L'espirazione inizia vuotando prima i vasi sanguigni polmonari, poi la parte media (le coste si contraggono, rimpicciolendo la gabbia toracica) ed infine la parte alta (le spalle si abbassano). La frequenza respiratoria negli adulti normalmente ha valori tra i 16 ed i 20 atti respiratori al minuto (a riposo). L’inspirazione è un processo attivo che inizia con la contrazione dei muscoli inspiratori. Quelli primari sono il diaframma e i muscoli intercostali esterni. La contrazione dei muscoli intercostali esterni solleva le coste fornendo il 25% del volume di aria nei polmoni a riposo. La contrazione del diaframma appiattisce il pavimento della cavità toracica, aumentando il suo volume e favorendo l’ingresso dell’aria nei polmoni. È responsabile del 75% della circolazione dell’aria nei polmoni a riposo. I muscoli inspiratori ausiliari intervengono solo in casi particolari quando si debbono attuare movimenti eccezionalmente ampi e potenti (inspirazione forzata). Essi sono i muscoli scaleni, lo sternocleidomastoideo, il piccolo pettorale, il dentato anteriore. Tali muscoli agiscono principalmente allargando lo spazio toracico e la loro trazione viene trasmessa direttamente ai polmoni grazie alla presenza delle pleure. L’espirazione invece avviene passivamente, forze elastiche e forza di gravità sono sufficienti a ridurre il volume dei polmoni e di conseguenza della gabbia toracica (a riposo). Durante l’espirazione attiva intervengono i muscoli espiratori accessori (intercostali interni, trasverso del torace, obliquo esterno, obliquo interno e retto dell’addome) che abbassano le coste e favoriscono il ritorno del diaframma rilasciato nella cavità toracica. Solo una piccola percentuale di aria nei polmoni viene scambiata durante un singolo ciclo respiratorio a riposo (atto inspiratorio + atto espiratorio). Il volume corrente può essere aumentato inspirando più vigorosamente ed espirando in modo più profondo. È possibile suddividere il volume totale dei polmoni in una serie di volumi e capacità. La capacità polmonare viene valutata con la spirometria che misura i volumi d’aria nella respirazione. Essi sono: Volume corrente (o tidalico), è la quantità di aria che si muove dentro e fuori dai polmoni durante un singolo ciclo respiratorio in condizioni di riposo (500 ml). Volume di riserva inspiratorio è la quantità di aria che, dopo un'inspirazione, può essere ancora introdotta nei polmoni (1500-2000ml). Volume di riserva espiratorio è la quantità di aria che, dopo un'espirazione, può essere ancora espulsa con un'espirazione forzata (2000-3000 ml). Volume residuo è la quantità di aria che rimane nei polmoni anche dopo una espirazione forzata. La capacità inspiratoria è il volume totale di aria che può essere inspirata dopo un atto di normale espirazione (no espirazione forzata) ed è data dalla somma del volume corrente più quello di riserva inspiratorio. La capacità vitale è la massima quantità di aria che è possibile spostare dentro e fuori dai polmoni in un singolo ciclo respiratorio ed è data dalla somma del volume di riserva espiratorio, del volume corrente e del volume di riserva inspiratorio. Mentre la capacità polmonare totale è il volume totale dei polmoni, calcolato sommando la capacità vitale e il volume residuo. 20 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” La respirazione avviene, normalmente, in modo autonomo, senza il controllo della volontà. I centri nervosi che intervengono a regolare il ritmico alternarsi degli atti inspiratori ed espiratori, si ritrovano pertanto, al di sotto della corteccia cerebrale. Poiché i muscoli respiratori sono muscoli striati, volontari, possiamo modificare volontariamente la nostra respirazione: il controllo volontario della respirazione parte dalla corteccia cerebrale per arrivare al ponte e al midollo allungato. Il centro respiratorio, automatico, è situato nel tronco cerebrale; esso adegua la profondità e la frequenza del respiro alle esigenze dell’organismo. Esso è sensibile alle variazioni della Pco2 (quantità di anidride carbonica) nel sangue: se aumenta la Pco2, aumenta la profondità e la frequenza degli atti respiratori; se diminuisce la Pco2, la respirazione si fa meno profonda e meno frequente. Questo centro, inoltre, riceve anche impulsi provenienti da recettori periferici: dai chemiocettori, situati nell’arco aortico e alla biforcazione delle carotidi: sono anch’essi sensibili alle variazioni della Pco2, ma anche alla diminuzione della Po2 e del pH; quando compiamo uno sforzo muscolare intenso, i muscoli consumano molto O2 e producono CO2, determinando, inoltre, una diminuzione del pH del sangue; questi 3 stimoli (aumento della Pco2 e diminuzione della Po2 e del pH) determinano una scarica di impulsi nervosi, che, da questi recettori, si portano sia al centro respiratorio, aumentando la frequenza e la profondità del respiro, sia al centro cardio- regolatore, aumentando la frequenza e la forza di contrazione del cuore. Ecco perché, dopo una corsa, il respiro si fa affannoso e il cuore batte più forte; dai pressocettori, situati nella parete degli alveoli polmonari: sono sensibili alla distensione degli alveoli, che si verifica nell’inspirazione; più gli alveoli si dilatano, più questi recettori scaricano impulsi, che, diretti al centro respiratorio, bloccano l’inspirazione e stimolano l’espirazione. Questo riflesso da distensione degli alveoli è detto riflesso di Hering-Breuer; esso evita una eccessiva dilatazione degli alveoli, bloccando l’inspirazione quando essi sono distesi. 21 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” Apparato digerente L’apparato digerente è deputato principalmente a ricavare l’energia tramite gli alimenti che quotidianamente sono ingeriti per svolgere il lavoro fisico e intellettuale, nonché il lavoro dei diversi organi nello svolgimento delle funzioni che a questi competono. Gli alimenti svolgono la funzione di donatori d’energia solo dopo che sono stati opportunamente trasformati. Assunzione di cibo (ingestione), masticazione e digestione sono le tappe preliminari di queste trasformazioni. Con l’assorbimento, una serie di composti viene immessa nella circolazione sanguigna e linfatica e si rende così utilizzabile per tutte le cellule. L’apparato digerente, inoltre, svolge anche funzioni di escrezione di cataboliti che, accumulandosi nell’organismo, risulterebbero tossici. Nel suo insieme, l’apparato digerente si configura come un lungo tubo muscolare di circa 10m ma funzionalmente suddiviso in parti che consentono un trattamento diverso per le varie componenti degli alimenti. Il tubo comincia con la bocca (cavità orale), attraverso la quale il cibo entra, e termina a livello dell'ano, da cui fuoriesce il materiale non assorbito. Tra queste due aperture vi sono faringe (in comune con l'apparato respiratorio), esofago, stomaco e intestino (tenue e crasso). In più ci sono alcuni organi annessi all’apparato digerente con funzioni secretorie, le ghiandole (salivari, pancreas e fegato), che sono essenziali per la normale funzione digestiva e non solo. La cavità orale (o buccale) è rivestita dalla mucosa orale, che ha un epitelio pavimentoso stratificato. Uno strato di cellule cheratinizzate riveste le regioni più esposte a traumi meccanici 22 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” come la superficie superiore della lingua e del palato a differenza delle guance, labbra e superficie inferiore della lingua che hanno un rivestimento epiteliale relativamente sottile. Al limite posteriore della cavità orale è presente l’ugola, un processo pendulo che isola la cavità orale rispetto alla faringe impedendo l’ingresso prematuro del cibo. Durante la deglutizione si sposta verso l’alto per impedire l’ingresso del cibo nella parte superiore della faringe (rinofaringe). La lingua oltre a spostare le sostanze ingerite all’interno della bocca presenta i recettori gustativi. La faringe è un organo in comune per il passaggio di cibo solido, liquidi e aria. Il cibo passa attraverso l’orofaringe e la laringofaringe nel suo cammino verso l’esofago. L’esofago è un tratto del canale alimentare che decorre, quasi verticalmente, dall’alto in basso, facendo seguito alla faringe e proseguendo nello stomaco. L’esofago inizia posteriormente alla cartilagine cricoidea e da questo punto si restringe e scende verso la cavità toracica posteriormente alla trachea. Passa lungo la parete posteriore del mediastino ed entra nella cavità addominopelvica attraverso lo iato esofageo, un’apertura nel diaframma, per una lunghezza complessiva di 25cm e di 2cm di diametro nel suo punto più largo. La funzione primaria è quella di condurre il cibo solido e i liquidi allo stomaco. Lo strato muscolare circolare superiore all’esofago, lo sfintere esofageo superiore, impedisce l’ingresso di aria nell’esofago. Un’area simile di tessuto muscolare all’estremità inferiore, lo sfintere esofageo inferiore, impedisce il reflusso di materiali dallo stomaco all’esofago. Lo stomaco è un organo muscolare impari, dilatabile a forma di sacca allungata (a forma di “J”) posto in alto e a sinistra del piano sagittale (mediano). In esso gli alimenti si accumulano e sostano temporaneamente per essere sottoposti all’azione digestiva del succo gastrico. Si presenta complessivamente incurvato con la concavità rivolata a destra (piccola curvatura) e la convessità a sinistra (grande curvatura). In media ha una lunghezza di 30cm e un diametro di 5-10cm che decresce dalla porzione prossimale a quella distale. La forma è molto variabile, con l’età e nei due sessi, essendo di regola più voluminoso nel maschio. Quando è vuoto somiglia a un tubo muscolare con un lume ristretto; quando è pieno, può contenere 1,5 litri di sostanze (chimo). Nello stomaco si riconoscono tre porzioni principali (fondo, corpo, antro pilorico) e due orifizi (cardias, piloro). Il fondo è la parte più alta dello stomaco che, a forma di cupola, si adatta alla concavità del diaframma con cui è a contatto. Il corpo è la porzione più estesa dell’organo e da seguito direttamente al fondo. Ha la funzione di rimescolare il cibo ingerito e le secrezioni prodotte nello stomaco. L’antro pilorico è la porzione connessa al corpo dello stomaco che si estende fino al piloro. 23 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” Il cardias (orifizio superiore) corrisponde alla giunzione tra lo stomaco e l’esofago. Esso permette il passaggio del cibo imbevuto di saliva (bolo alimentare) in una sola direzione, dall'alto verso il basso, e ne impedisce il reflusso nell'esofago grazie al mantenimento di un certo tono muscolare (strato muscolare obliquo) che costituisce una valvola virtuale che occlude il lume. Il piloro (orifizio inferiore) è lo sfintere muscolare che collega lo stomaco al duodeno regolando il rilascio del chimo. La tonaca muscolare dello stomaco è costituita da tre strati di fibre muscolari lisce. Lo strato muscolare addizionale (strato muscolare obliquo) rafforza la parete e favorisce il rimescolamento e la compattazione del chimo. Nella tonaca mucosa sono presenti delle pliche, ripiegamenti della superficie interna, permettono al lume di espandersi e formano le ghiandole gastriche (secernano acido e enzimi digestivi). Quando lo stomaco si riempie, le pliche gradualmente si appiattiscono e alla massima distensione quasi scompaiono. La mucosa dello stomaco è rivestita da un epitelio colonnare semplice che produce uno strato di muco alcalino che protegge le cellule epiteliali dall’ambiente acido. L’intestino è l’ultima parte dell’apparato digerente. Si presenta come un tubo di diametro variabile con pareti flessibili, ripiegato più volte su se stesso. È diviso in due parti principali, intestino tenue e intestino crasso. L’intestino tenue è un organo cavo di forma tubulare, con una lunghezza media di 6 metri (variabile dai 5m agli 8m). È diviso in tre parti: duodeno, digiuno ed infine l'ileo. Il 90% dell’assorbimento dei nutrienti si ha nell’intestino tenue. Il duodeno è il primo, nonché il più corto (25cm), spesso e fisso tratto dell'intestino tenue. Esso si sviluppa al di sopra dell'ombelico. La sua forma ricorda quella di una "C" con il tratto inferiore allungato. Questa porzione riceve chimo dallo stomaco e con le secrezioni digestive del pancreas e del fegato si trasforma in chilo. 24 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” Il digiuno è il secondo tratto dell'intestino tenue; la sua lunghezza media è di 2,5 metri (diametro 4cm). Qui l'assorbimento è massimo, di conseguenza rimane spesso vuoto, da qui la denominazione "digiuno", in quanto nei cadaveri si trova per massima parte privo di contenuto. L’ileo è il segmento finale dell’intestino tenue e anche il più lungo (in media 3,5m). Esso termina a livello della valvola ileocecale, uno sfintere muscolare che controlla il flusso di sostanze dall’ileo all’intestino crasso (cieco). La tonaca mucosa dell’intestino tenue ha una serie di pieghe chiamate pieghe circolari. A differenza di quelle dello stomaco, queste pieghe, soprattutto a livello del digiuno, sono permanenti e non scompaiono quando l’intestino si riempie. Inoltre, l’intestino, contiene i villi intestinali (estroflessioni digitiformi) e ogni villo è costituito da microvilli (come le setole di una spazzola) che aumentano l’area di assorbimento a circa 2 milioni di cm2. L’intestino crasso ha una lunghezza media di 1,5m e un diametro di 7,5cm. Le principali funzioni sono il riassorbimento di acqua, vitamine e compattazione del contenuto intestinale nelle feci. Esso è suddiviso in: cieco, colon e retto. 25 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” L’ileo entra in una tasca espansa chiamata cieco attraverso la valvola ileocecale. Il cieco raccoglie e immagazzina il materiale che arriva dall’ileo e inizia il processo di compattazione delle feci. Termina con un piccolo tubo cilindrico lungo circa 9cm costituito da tessuto linfatico con funzione di filtro, non più in grado di assorbire i nutrienti, l’appendice (o appendice vermiforme). L'azione di filtro può causarne a volte l'infiammazione (appendicite). Lungo il margine destro superiormente al cieco inizia il primo tratto del colon (colon ascendente), poi piega bruscamente a sinistra sotto il fegato determinando la flessura epatica. Prosegue attraversando l’addome da destra a sinistra formando il colon trasverso per poi piegarsi inferiormente nel colon discendente formando una curva di 90° a livello della flessura splenica. Prosegue inferiormente sul lato sinistro fino a raggiungere la fossa iliaca per poi svoltare bruscamente a destra nel colon sigmoideo determinando una curva, la flessura sigmoidea. Risale per un breve tratto per poi scendere verticalmente a formare il retto. Esso costituisce gli ultimi 15cm del canale alimentare, presenta numerose pieghe longitudinali che, con l’immagazzinamento temporaneo delle feci, l’organo si dilata e scompaiono. Vi sono inoltre internamente 3 pieghe trasversali, come dei gradini, servono per evitare che la massa fecale venga spinta troppo velocemente verso il basso e finisca per essere lesiva per la parete. Termina con l’ano, dove l’epidermide diventa cheratinizzata identica alla superficie della cute. L'intestino crasso è molto più spesso e fisso e presenta una muscolatura longitudinale caratteristica, ispessita in tre bande longitudinali, dette tenie, le quali decorrono in tutto il viscere. Il tono muscolare delle tenie crea una serie di sacche, le haustra, che caratterizzano la parete del colon sia internamente che esternamente. Esse consentono l’espansione e l’allungamento del colon come il soffietto di una fisarmonica. Nella tonaca mucosa c’è l’assenza dei villi e la presenza di un epitelio colonnare semplice con le ghiandole intestinali che producono muco il quale lubrifica le feci via via che diventano più secche e compatte. Il canale alimentare è suddiviso in 4 tonache concentriche. La tonaca mucosa è la più interna a stretto contatto con il cibo. Svolge le funzioni di assorbimento, secrezione ed importanti processi della digestione. La tonaca sottomucosa è costituita da tessuto connettivo denso irregolare. Sono presenti i vasi sanguigni, linfatici e ghiandole esocrine. La tonaca muscolare è composta da muscolatura liscia divisa in uno strato interno circolare e uno esterno longitudinale; la contrazione coordinata permette lo scorrimento del contenuto, mentre la contrazione simultanea permette la segmentazione (rimescolamento). Lo strato più interno ha la funzione di impedire al cibo di spostarsi all'indietro. La tonaca sierosa, definita anche peritoneo viscerale, è lo strato più esterno che ricopre lo stomaco e l’intestino. Mentre nella cavità orale, faringe, esofago e retto vi è una guaina chiamata tonaca avventizia. Il peritoneo è una membrana sierosa, sottile e quasi trasparente, e a seconda della sua posizione nella cavità addominale si distingue in: Peritoneo parietale, lo strato più esterno, che riveste le pareti della cavità addominopelvica. Peritoneo viscerale, lo strato più interno, che ricopre la maggior parte dei visceri contenuti all'interno della cavità addominale (stomaco e intestino) Tra questi due strati è presente uno spazio, detto cavità peritoneale, che è del tutto chiusa ed è quindi una cavità virtuale riempita solo da una piccola quantità di un liquido sieroso che funge da lubrificante permettendo ai due strati di scorrere tra loro senza un eccessivo attrito. Il foglietto parietale e quello viscerale sono tra loro uniti tramite formazioni denominate mesi, legamenti ed omenti. Tali formazioni risultano costituite da due lamine 26 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” peritoneali formate da mesotelio. I mesi accolgono nello spessore delle loro lamine i vasi e i nervi che raggiungono i visceri e hanno perciò funzioni trofiche, oltre che di sostegno prevenendo gli aggrovigliamenti dell’intestino durante la digestione o gli improvvisi cambiamenti di posizione del corpo (esempio, mesentere: intestino tenue; mesocolon: colon). I legamenti costituisco il principale mezzo di sostegno per i visceri. Gli omenti invece uniscono due o più visceri (esempio, stomaco duodeno e fegato: piccolo omento). La digestione trasforma e riduce i principi nutritivi assunti in sostanze più semplici assorbibili ed assimilabili dall'organismo. Essa inizia dalla bocca che attraverso la lingua impasta il cibo durante la masticazione preparandolo per la deglutizione. Il cibo viene triturato dai denti e demolito chimicamente dalla saliva prodotta dalle ghiandole salivari (sottomandibolari, sottolinguali e parotidi). Essa è composta di acqua per il 99% e da enzimi che contengono l’amilasi salivare (ptialina) la quale scompone gli amidi (carboidrati complessi) in sostanze più semplici (maltosio – 2 molecole di glucosio) a pH 7. Inoltre, la lipasi salivare, un altro enzima, inizia la scissione degli acidi grassi e continua ad agire fino ad arrivare nell’intestino. Il cibo, impregnato di saliva e impastato con i movimenti della mandibola e della lingua, forma il bolo, che viene spinto nella faringe dove viene deglutito attraverso un movimento volontario. Durante la deglutizione, l’abbassamento dell’epiglottide, chiude la laringe e impedisce il passaggio del bolo nel tratto respiratorio. Una volta nell’esofago, il bolo, viene spinto verso lo stomaco dalla peristalsi. Essa consiste in una contrazione involontaria della muscolatura liscia circolare che si contrae subito dopo il passaggio del bolo. Spinto da contrazioni peristaltiche, che avanzano come onde, restringendo il passaggio al di sopra del bolo e allargandolo al di sotto, ci permettono di inghiottire e far avanzare il cibo nell'esofago anche se ci troviamo a testa in giù. L'ingresso del bolo nello stomaco avviene attraverso il cardias. La funziona principale dello stomaco è la digestione, tuttavia alcune sostanze come l'acqua, le vitamine, il glucosio e l'alcool, possono essere direttamente assorbite nello stomaco senza arrivare nell'intestino. La parete più interna dello stomaco, la mucosa, presenta numerosi microvilli all'interno dei quali si annidano le ghiandole gastriche. Le più rilevanti sono le cellule parietali, cellule principali, cellule g e le cellule mucose che insieme secernano il succo gastrico. Le prime secernano l’acido cloridrico (HCl), che abbassa il pH dello stomaco (1-2) uccidendo i batteri e il fattore intrinseco che facilita l’assorbimento della vitamina B12. Le cellule principali, più numerose, secernano pepsinogeno, un proenzima inattivo, il quale viene convertito in pepsina (enzima proteolitico attivo) dal HCl. La pepsina agisce sui legami peptidici iniziando la degradazione delle proteine. Un altro enzima proteolitico è la rennina che digerisce le proteine del latte ed è secreta abbondantemente nel periodo neonatale. Le cellule g secernano gastrina, ormone che regola la secrezione gastrica. Inoltre stimola le cellule parietali a produrre acido cloridrico. La mucosa dello stomaco è rivestita da una patina di muco (prodotto dalle cellule mucose) che ha la funzione di proteggere le cellule dai succhi gastrici. La protezione è indispensabile perché essi, così come attaccano e digeriscono gli alimenti, potrebbero attaccare e digerire la stessa parete dello stomaco. I cibi combinati con saliva e secrezioni delle ghiandole gastriche costituiscono il chimo, una miscela densa, viscosa, altamente acida ed il tempo di transito all’interno dello stomaco è in media di 3-4 ore. Il chimo si trasforma in chilo quando passa, attraverso lo sfintere chiamato piloro, nel primo tratto (duodeno) dell'intestino tenue. Nel duodeno confluisce la bile e il succo pancreatico. La bile è un secreto prodotto dal fegato e accumulato nella cistifellea che, contenendo dei sali biliari, emulsiona i grassi per essere poi digeriti più facilmente. La cistifellea sbocca nel duodeno attraverso il dotto biliare comune (o dotto coledoco). Il succo pancreatico, prodotto dal pancreas 27 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” esocrino ha la funzione di digerire e di neutralizzare l'acidità del chilo. Contiene infatti del bicarbonato di sodio che impedisce la corrosione dell'intestino, meno ricoperto da muco in confronto allo stomaco. Oltre ad un effetto puramente protettivo, il succo pancreatico contiene molti enzimi lipasi, che servono alla digestione dei lipidi. Il pancreas attraverso il dotto pancreatico principale (Wirsung) e il dotto pancreatico accessorio (o dotto di Santorini), presente solo nel 3- 10% della popolazione, rilascia le secrezioni nel duodeno. Gran parte dell'assorbimento ha luogo attraverso le pareti del digiuno e dell'ileo nel quale scorre il succo intestinale (succo enterico) ricco di acqua, bicarbonato, muco, enzimi digestivi ed anticorpi. Tra gli enzimi il più importante è l'enterochinasi, che attiva il tripsinogeno pancreatico trasformandolo in tripsina; quest'ultima può così completare la digestione proteica iniziata a livello gastrico. Le molecole passano attraverso la membrana dei microvilli. Ogni villo è percorso all'interno da una rete di capillari in cui scorre il sangue dove si riversano il glucosio, gli amminoacidi, i sali e le vitamine. I capillari intestinali convergono infine in un vaso sanguigno, la vena porta epatica, che entra nel fegato. I grassi seguono un'altra via, quella linfatica. Dopo aver superato la membrana dei microvilli, vanno in un piccolo condotto in cui scorre la linfa. La linfa si unisce quindi al sangue e in quest'ultimo arrivano, direttamente o indirettamente, tutte le molecole provenienti dalla digestione del cibo. Nell'intestino crasso le ghiandole della mucosa producono solo muco e non enzimi. Anche se la parete è lubrificata dal muco, il tempo di transito dei materiali intestinali è piuttosto lungo, dalle 2 alle 6-7 ore. Nel crasso avviene il riassorbimento dell'acqua e dei sali minerali, e l'eliminazione con le feci del cibo non digerito. Il riassorbimento dell'acqua è importante perché ogni giorno vengono riversati nel tubo digerente sotto forma di succhi digestivi ben 7 litri di liquidi. Se il materiale digerito si muove troppo velocemente lungo il colon, si ha un riassorbimento insufficiente di acqua che provoca diarrea e disidratazione; al contrario, se il movimento è troppo lento, l'acqua viene riassorbita in quantità eccessiva, causando stitichezza. Il materiale fecale è costituito per il 75% da acqua, per il 5% da batteri e per il resto da materiale indigeribile. I batteri producono diversi composti che contribuiscono all’odore delle feci, tra cui ammoniaca, indolo, scatolo e solfuro di idrogeno (produce un odore di “uova marce”). 28 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” Il fegato è la più grande ghiandola dell’organismo, pesa circa 1,5 kg ed è contenuto nella loggia epatica delimitata dal peritoneo viscerale. Esso è localizzato nella cavità addominale superiore e occupa quasi la totalità dell'ipocondrio destro e dell'epigastrio, spingendosi con il lobo sinistro ad occupare anche una parte dell'ipocondrio sinistro. Si trova cioè tra il diaframma in alto che lo separa dai polmoni e dal cuore, lo stomaco e il colon trasverso in basso. Ha una forma ovoidale, un colorito rosso bruno e una superficie liscia. Anteriormente presenta due lobi, destro (più voluminoso) e sinistro. Posteriormente sono visibili altri due lobi, caudato e quadrato. Il sangue raggiunge il fegato attraverso due correnti di afflusso (arteria epatica e vena porta) e lo lascia attraverso un’unica corrente di deflusso (vene epatiche) per versarsi nella vena cava inferiore. L'arteria epatica è il vaso arterioso principale che porta sangue ossigenato al fegato. Origina dal tronco celiaco prendendo il nome di arteria epatica comune per dirigersi in alto nell’arteria epatica propria e dividersi in arteria epatica di destra e di sinistra. La vena porta origina dalla confluenza della vena splenica, mesenterica superiore e mesenterica inferiore ha il compito di convogliare al fegato il sangue proveniente dalla digestione intestinale e dalla milza. Arteria epatica e vena porta penetrano nel fegato in corrispondenza dell’ilo. Sulla superficie posteriore del fegato, le vene epatiche (sinistra, media e destra), si uniscono nella vena cava inferiore. Il parenchima, l’unità funzionale del fegato, è formato dagli epatociti che lo suddividono in lobuli epatici. In sezione trasversale, un lobulo epatico tipico ha una forma esagonale ed è circondato da sei spazi portali, uno ad ogni angolo del lobulo. Lo spazio portale contiene 3 strutture (triade portale): un ramo della vena porta epatica, un ramo dell’arteria epatica propria e un dotto biliare. I vasi sanguigni confluiscono all’interno del lobulo convogliando il sangue verso la vena centrolobulare attraverso i sinusoidi epatici. Gli epatociti, oltre a regolare i livelli di nutrienti secernano la bile che confluisce 29 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” in canalicoli biliari i quali si estendono verso la periferia del lobulo per versarsi in dotti più grandi, i dotti biliari, prima di raggiungere i dotti epatici (destro e sinistro). Da quest’ultimi confluisce nel dotto epatico comune. Da qui la bile viene immagazzinata nella cistifellea (o colecisti) attraverso il dotto cistico. Esso insieme al dotto epatico comune formano il dotto biliare comune (o dotto coledoco) che si svuota nel duodeno. La bile è importante ai fini della digestione dei grassi. I sinusoidi epatici contengono anche un gran numero di cellule di Kupffer (macrofagi) che tramite fagocitosi eliminano agenti patogeni, cellule del sangue danneggiate e sono responsabili anche dell’immagazzinamento di ferro, lipidi e metalli pesanti assorbiti dal canale alimentare. 30 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” Apparato Urinario L'apparato urinario è l'insieme degli organi e delle strutture deputati alla produzione e all'eliminazione dell'urina. Esso svolge nel suo complesso una funzione emuntoria (eliminazione), essendo adibito ad allontanare dal circolo sanguigno e a riversare all’esterno i prodotti del metabolismo, in particolare quelli azotati derivati dalla degradazione delle sostanze proteiche (urea). Inoltre, rappresenta anche la via principale di eliminazione dell’acqua e di molti ioni (sodio, potassio, fosfati, ecc.) ed è pertanto indispensabile per il mantenimento dell’equilibrio idrosalino e per il controllo della pressione sanguigna e del pH ematico. Può infine allontanare sostanze estranee introdotte nell’organismo (Es. farmaci). L’apparato urinario è costituito dai reni, organo principale, la cui funzione è la produzione di urina, a cui fanno seguito le vie urinarie, che trasportano l’urina verso l’esterno. Le vie urinarie iniziano in corrispondenza dei reni e proseguono poi con gli ureteri i quali, portandosi in basso, terminano nella vescica urinaria, organo cavo e impari che rappresenta un vero e proprio serbatoio dell’urina. La vescica è situata nella cavità pelvica e comunica con l’esterno mediante l’uretra. I reni sono due voluminosi organi situati subito ai lati della colonna vertebrale (T12-L3) dietro al peritoneo che tappezza la parete posteriore della cavità addominale, sono perciò organi retroperitoneali. Di colorito rosso bruno e di consistenza abbastanza dura, i reni sono organi pari, addominali e asimmetrici poiché il rene destro è più basso del sinistro di circa 2 cm, per il rapporto che contrae con il fegato che, sviluppandosi, lo spinge più in basso. Nel soggetto adulto ciascun rene pesa in media 150-160 g. La lunghezza media è di 12 cm, la larghezza 6,5 cm e lo spessore 3 cm. Presentano una forma a fagiolo appiattito in senso anteroposteriore e la loro superficie è liscia e regolare, ma può presentare solchi che delimitano territori corrispondenti ai singoli lobi (rene lobato). L’aspetto lobato caratterizza il rene fetale e tende a scomparire nei primi anni di vita. 31 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” Nel rene si distinguono: una faccia anteriore (convessa); una faccia posteriore (pianeggiante); un polo superiore arrotondato che arriva all’11° costa (solo rene sinistro) e coperto dalla rispettiva ghiandola surrenale; un polo inferiore più appuntito; un margine laterale (convesso); un margine mediale (concavo) dove esiste una fessura verticale, l’ilo renale, che dà passaggio ai vasi sanguigni e linfatici, ai nervi e alla pelvi renale. L’ilo immette in una cavità schiacciata, scavata nell’interno del rene, il seno renale, in cui sono accolti i calici minori e maggiori e parte della pelvi. Tutte queste formazioni sono immerse in tessuto adiposo che attraverso l’ilo continua con il grasso perirenale che prende il nome di capsula adiposa e circonda il rene. Ciascun rene, avvolto dalla capsula adiposa, è contenuto in una loggia fibrosa, la loggia renale, che riveste la superficie esterna di tutto l’organo e ancorato alle strutture vicine tramite uno strato di connettivo fibroso che anteriormente si fonde con il peritoneo, la fascia renale. Oltre che dalla fascia renale, i reni sono mantenuti nella loro sede dal peduncolo vascolare, che li àncora ai grossi vasi, aorta (vicino al rene sinistro) e vena cava inferiore (vicino al rene destro). Il rene destro ha rapporto con il duodeno, il fegato, parte del colon (fessura colica), l’intestino tenue (digiuno) e il diaframma. Il rene sinistro ha rapporto con lo stomaco, milza, pancreas, flessura sinistra del colon, colon discendente, intestino tenue (digiuno) e il diaframma. Nel parenchima del rene si distinguono due zone: una profonda, la zona midollare, e una superfi- ciale, la zona corticale, che avvolge la precedente. La zona midollare del rene, di colorito rossastro, risulta organizzata in 8-18 formazioni coniche, le piramidi renali (di Malpighi) che con la loro base, periferica, continuano nella sostanza corticale mentre con il loro apice, arrotondato, sporgono nel seno renale (la cavità interna del rene in prossimità dell’ilo); gli apici rappresentano le papille renali. Le papille renali sono attraversate da tanti piccoli forellini che rappresentano gli sbocchi dei dotti papillari. Questi ultimi, insieme ai dotti collettori, permettono la fuoriuscita dell’urina. Ogni papilla viene accolta in un calice minore, che raccoglie l’urina prodotta da un singolo lobo renale, per confluire in un calice maggiore e terminare nella pelvi renale, una grande struttura a forma di imbuto che raccoglie l’urina dei calici maggiori per continuare nell’uretere. La zona corticale del rene appare di colorito tendente al giallastro. È situata fra la base delle piramidi e la superficie dell’organo, ma si spinge anche profondamente fra le piramidi stesse, costituendo le colonne renali di Bertin (è una porzione di corticale che si insinua tra piramidi adiacenti e le separa) che raggiungono il seno renale. La disposizione delle zone midollare e corticale consente di dividere ciascun rene in lobi. Il lobo è costituito da una piramide renale con il corrispondente strato di zona corticale adiacente; il numero dei lobi è quindi pari a quello delle piramidi (8-18). 32 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” Per svolgere la loro funzione emuntoria, i reni necessitano di un notevole apporto ematico e pertanto presentano una ricca vascolarizzazione. Ciascun rene riceve, direttamente dall’aorta addominale, una grossa arteria renale che giunge in corrispondenza dell’ilo del rispettivo rene. Qui essa si divide, generalmente, in due rami, che penetrano nel seno renale, le arterie segmentali. Nel seno renale essi si dividono ulteriormente e penetrano nelle colonne renali con il nome di arterie interlobari. Queste ultime, dopo essersi biforcate, risalgono verso la base delle piramidi renali dove si incurvano e si ramificano proseguendo parallelamente alla base delle piramidi stesse. Tali vasi vengono denominati arterie arcuate. Da esse si distaccano ad intervalli regolari le arterie interlobulari dirigendosi verso la periferia del rene. Dalle arterie interlobulari si diramano ad angolo retto le arteriole afferenti che distribuiscono sangue al nefrone a livello dei corpuscoli renali. La circolazione venosa del rene ripete abbastanza fedelmente quella arteriosa. Il sangue venoso esce dall’ilo attraverso la vena renale sboccando poi nella vena cava inferiore. Il nefrone rappresenta l’unità funzionale del rene avendo il compito di formare l’urina (funzione uropoietica). Ogni nefrone è costituito da un corpuscolo renale (di Malpighi) e da un tubulo renale che può essere diviso in tre porzioni: il tubulo contorto prossimale (segmento iniziale), l’ansa di Henle (segmento centrale) e il tubulo contorto distale (segmento finale). Il corpuscolo renale è una struttura sferica (detta capsula glomerulare di Bowman) intorno ad un gomitolo di capillari sanguigni. Il gomitolo vascolare (glomerulo) è costituito da una fitta rete vascolare con un’arteriola afferente (entra) e un’arteriola efferente (esce). I tubuli renali confluiscono con altri tubuli nel sistema collettore. Esso è formato da dotti collettori che ricevono l’urina dagli altri nefroni per confluire poi in un 33 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” dotto papillare e riversarlo in un calice minore. Circa l’85% dei nefroni sono localizzati nella porzione corticale del rene (nefroni corticali), mentre il rimanente 15% si trova al confine tra la midollare e la corticale del rene (nefroni iuxtamidollari). L’attività dei singoli nefroni viene controllata dall’apparato iuxtaglomerulare situato in corrispondenza della rete vascolare del corpuscolo renale. È costituito da tre tipi di cellule: le cellule iuxtaglomerulare (che producono renina), le cellule extraglomerulari (o mesangio) e le cellule della macula densa. L’apparato regola il meccanismo di controllo a lungo termine della pressione arteriosa. La macula densa rileva la concentrazione di sodio nel liquido tubulare e una riduzione di tale concentrazione viene percepita come una riduzione della pressione arteriosa. La macula densa invia quindi alle cellule iuxtaglomerulari dei segnali che portano a un aumento nella produzione di renina. Questa proteina trasforma l’angiotensinogeno (proteina prodotta dal fegato) in angiotensina I che successivamente verrà convertita in angiotensina II dall’ACE (un enzima prodotto dal polmone) provocando una vasocostrizione dell’arteriole efferenti (e un aumento della pressione). L’angiotensina II causa anche il rilascio di aldosterone (nella ghiandola surrenale) provocando un aumento del riassorbimento del sodio e riportando la pressione a livelli normali (ripristinando l’omeostasi). La filtrazione è il primo processo svolto dal rene nella formazione dell’urina. Il sangue ad alta pressione proveniente dall’arteriola afferente entra nel corpuscolo renale e ciò permette alla struttura di filtrarlo all’interno della capsula di Bowman. Responsabili della filtrazione sono i podociti, cellule differenziate all’interno della capsula di Bowman. Essi appaiono come elementi stellati con un corpo rigonfio e numerosi prolungamenti (pedicelli) che abbracciano i capillari glomerulari al pari dei tentacoli di una piovra favorendo la filtrazione del sangue e producendo l’ultrafiltrato glomerulare (o pre-urina) nella quantità media di circa 180 litri in un giorno. Esso è reso possibile dall’elevata pressione idrostatica del sangue nei capillari che tende a spingere le molecole di acqua e soluti all’ultrafiltrato. La pre-urina giunge al tubulo contorto prossimale dove avviene la fuoriuscita di acqua e altri soluti dal liquido tubulare e il conseguente riassorbimento a livello capillare. Alla fine del tubulo prossimale l’ultrafiltrato glomerulare prende il nome di liquido tubulare. Nell’ansa di Henle il liquido viene ulteriormente modificato. Nel braccio discendente ci sarà la fuoriuscita di acqua mentre i soluti (ione sodio e cloro) resteranno all’interno pertanto il liquido di questo tratto diventerà sempre più concentrato. Nel segmento ascendente le pompe del 34 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” sodio permetteranno l’uscita dello ione sodio e cloro mentre non consentiranno il passaggio dell’acqua. Lo scambio che si verifica tra questi segmenti da origine a un gradiente di concentrazione colloido-osmotica nella midollare renale. Nel tubulo contorto distale e nel dotto collettore avviene un ulteriore riassorbimento dell’acqua sotto l’influenza dell’ormone antidiuretico (ADH) e per l’azione dell’aldosterone avviene anche il riassorbimento di sodio. Alla fine, l’ultrafiltrato glomerulare, durante il passaggio nel tubulo renale, risulterà concentrato per il riassorbimento di oltre il 99% di acqua e ridotto a 1,5 litri che corrisponde al volume dell’urina emessa da un soggetto sano a dieta ordinaria in un giorno. L’urina prodotta dai reni, e raccolta dalle prime vie urinarie (calici e pelvi), attraverso gli ureteri, per via di contrazione peristaltiche, viene convogliata con flusso pressoché continuo, nella vescica urinaria, dove si deposita come in un serbatoio. Gli ureteri sono una coppia simmetrica di tubi muscolari di circa 30cm che collegano la pelvi renale alla vescica urinaria dove termina con l’orifizio ureterale (meato). La vescica è un organo muscolare cavo, impari e mediano del bacino. Situata dietro la sinfisi pubica, nella femmina si trova davanti all’utero poggiata direttamente sul pavimento pelvico mentre nel maschio si trova davanti al retto e sistemata un po’ più in alto perché al di sotto è presente la prostata. È sostenuta da due legamenti ombelicali laterali che collegano le superficie laterali della vescica all’ombelico e un legamento ombelicale mediano (uraco) che va dal margine antero-superiore della vescica all’ombelico. Gli ureteri si connettono alla parete posteriore della vescica con orifizi ovali per evitare il reflusso. L'ampolla vescicale è formata da due parti: il fondo (o corpo) e il collo. Il fondo costituisce il deposito dell'urina, il collo, a forma di imbuto, si connette con l'uretra. L’imbuto è il trigono vescicale, un’area triangolare delimitata dagli orifizi ureterali (sopra) e dall’origine dell’uretra (sotto). La vescica ha una capacità estremamente variabile, quella fisiologica è di 250 - 350ml ma essendo molto elastica può arrivare ad accumulare più di 1 litro di urina. Questa capacità è legata alla peculiare struttura della parete vescicale, in cui si riconoscono quattro tonache, che dall’esterno all’interno, prendono il nome di: tonaca sierosa, tonaca muscolare, tonaca sottomucosa e tonaca mucosa. 35 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” La tonaca sierosa è rappresentata dal peritoneo parietale (strato superficiale che riveste le pareti della cavità addomino-pelvica) e da tessuto connettivo fibroso. La tonaca muscolare si compone di tra strati di muscolatura liscia: uno strato interno e uno esterno di cellule muscolari disposte longitudinalmente e uno strato intermedio formato da cellule disposte circolarmente. Insieme questi tre strati formano il potente muscolo detrusore che con la contrazione espelle il suo contenuto (urina) nell’uretra. La tonaca sottomucosa costituita da uno strato di tessuto connettivo con interposizione di fibre elastiche. La tonaca mucosa è costituita da un epitelio di rivestimento di transizione (urotelio) ovvero un tessuto in cui il numero di strati e la forma delle cellule varia a seconda che la vescica sia piena o vuota. È costituita principalmente da due tipi di cellule: le cellule ad ombrello più superficiali, e le cellule clavate più internamente. Quando la vescica è contratta (vuota) le cellule ad ombrello appaiono pluristratificate, quando si riempie, le cellule clavate si dilatano facendo appiattire quelle ad ombrello (monostratificate). L’urina, raccolta nella vescica, viene espulsa attraverso l’uretra tramite un atto fisiologico, la minzione. Essa è essenzialmente un atto riflesso, lo stimolo scatenante è rappresentato dalla distensione della vescica dove sono presenti dei recettori sensibili allo stiramento (meccanocettori) che inviano i primi impulsi alla regione sacrale del midollo spinale quando il riempimento della vescica arriva a circa 200ml. Le fibre del sistema nervoso autonomo parasimpatiche quindi stimolano la contrazione del muscolo detrusore con il rilasciamento dello sfintere uretrale. La minzione può essere anche volontariamente impedita fino ad un volume urinario di 800ml circa tramite l’intervento cosciente della corteccia cerebrale del sistema nervoso simpatico che blocca lo sfintere uretrale. Al di sopra di questi valori lo svuotamento della vescica avviene automaticamente, senza la possibilità di controllo volontario. L’uretra è l’ultimo tratto delle vie urinarie, costituito dall’uretelio, che unisce il collo della vescica con l’esterno. L’uretra femminile, lunga circa 4cm, ha inizio dall’orifizio uretrale interno nel collo della vescica e, dopo aver attraversato il pavimento pelvico, si apre nella parte anteriore del vestibolo della vagina tramite l’orifizio uretrale esterno. L’uretra maschile è un canale considerevolmente più lungo di quello femminile (20cm circa), origine sempre dall’orifizio uretrale interno e può essere divisa in tre tratti: uretra prostatica, corrispondente al tratto iniziale durante il quale attraversa la prostata; uretra membranosa, assai breve, compresa nello spessore del diaframma urogenitale; uretra peniena (o cavernosa), la più lunga, che attraversa il pene ed è avvolta da un manicotto di tessuto erettile, il corpo spongioso dell’uretra e termina a livello dell'orifizio uretrale esterno che sbocca esternamente nel glande del pene. Mentre nella femmina ha la sola funzione di permettere il passaggio dell'urina, nel maschio serve anche per il passaggio del liquido seminale poiché in essa si immettono i condotti eiaculatori. 36 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” Sistema linfatico Il sistema linfatico comprende cellule, tessuti e organi responsabili dell’immunità (difende l’organismo da infezioni e patologie) e della restituzione del liquido interstiziale al circolo sanguigno. Il liquido interstiziale si forma quando a livello della rete capillare, la pressione sanguigna, spinge l’acqua e i piccoli soluti fuori dal flusso ematico. La linfa si forma quando questo liquido entra nei vasi linfatici per poi svuotarsi nel sistema venoso. Essa costituisce il secondo tipo di tessuto connettevo liquido. Il sistema linfatico consiste in una serie di vasi che si formano a fondo cieco nei tessuti (forma a “dito di guanto”), essi costituiscono i capillari linfatici che confluiscono in vasi linfatici propriamente detti (precollettori), dotati di valvole. Le valvole obbligano lo scorrimento della linfa in un'unica direzione, centripeta, in modo da impedire reflussi o inversioni di corrente. A loro volta i vasi precollettori confluiscono in vasi più grandi, i collettori afferenti (pre-linfonodali). Tali vasi sfociano in varie stazioni (linfonodo) lungo il loro percorso. La linfa rilasciata nei linfonodi ricircola all'interno per poi riversarsi nei collettori efferenti (post-linfonodali) che confluiscono nei più grossi tronchi linfatici convergenti poi nei dotti linfatici, che infine raggiungono le vene alla base del collo all'interno delle quali riversano la linfa residua. Nel corpo umano i dotti sono due: il dotto toracico e il dotto linfatico destro che si dividono i territori di drenaggio. Il dotto toracico drena la maggior parte delle regioni inferiori del corpo e la regione toracica sinistra, sfociando in corrispondenza della confluenza della vena giugulare interna con la vena succlavia di sinistra. Il dotto linfatico destro, invece, più piccolo, drena la porzione sopradiaframmatica destra del corpo per confluire in corrispondenza della vena giugulare interna con la vena succlavia di destra. Le cellule principali del sistema linfatico sono i linfociti i quali sono sensibili a specifiche sostanze denominate antigeni che sono capaci di attivare il sistema immunitario. La maggior parte degli antigeni sono patogeni (batteri o virus), cellule anomale dell’organismo (cellule tumorali) e proteine estranee (tossine dei batteri). I linfociti maturano nel midollo osseo (emopoiesi) dalla cellula multipotente (ematocitoblasto) che genererà cellule staminali linfoidi. Esse si dividono in Linfociti T (80%), Linfociti B (15%) e Linfociti natural killer NK (5%). Il sistema linfatico è costituito da organi linfatici primari (midollo osseo e timo) e secondari (linfonodi, tonsille, appendice, milza e MALT). Il midollo osseo è responsabile della produzione e maturazione delle cellule B e solo della creazione delle cellule T. Le cellule T passano dal midollo osseo al timo, dove si sviluppano ulteriormente, per poi unirsi alle cellule B nel sistema circolatorio in cerca di agenti patogeni. 37 Hai trovato un errore? Contattami “[email protected]” Il timo è organo pieno epiteliale diviso in due lobi (destro e sinistro) situato nel mediastino anteriore (parte mediana del torace) dove i linfociti T (timociti) vengono a maturazione. Il timo aumenta di dimensione dalla nascita per poi regredire dopo la pubertà e i linfociti T andranno a maturare a livello degli organi linfoidi secondari. La milza è il più grande organo linfoide secondario. È un organo pieno situato nell’ipocondrio sinistro orientato in senso antero- posteriore. Ha un peso variabile di 250gr, una