Gestione della Tecnologia, dell'Innovazione e delle Operations - PDF

Summary

This document discusses the role of technology in economic development and the characteristics of current technological advancements. It explores the concept of innovation and its impact on societies and economies, covering various aspects such as the rate of technological cost reduction, interdependencies between technologies, and the impact on economic mechanisms. The text also analyzes historical waves of technological development, highlighting how innovation relates to societal evolution.

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Ges$one della tecnologia, dell’innovazione e delle opera$ons Cap. 1 - Innovazione, società e sviluppo economico Il ruolo della tecnologia nello sviluppo economico La tecnologia è un’applicazione pra$ca delle conoscenze sviluppate. Ogni volta che un problema viene risolto, emergono immediatamente nuo...

Ges$one della tecnologia, dell’innovazione e delle opera$ons Cap. 1 - Innovazione, società e sviluppo economico Il ruolo della tecnologia nello sviluppo economico La tecnologia è un’applicazione pra$ca delle conoscenze sviluppate. Ogni volta che un problema viene risolto, emergono immediatamente nuove esigenze, promuovendo ulteriori conoscenze e quindi uno sviluppo della tecnologia. Questo processo di espansione delle conoscenze e delle applicazioni da esse derivan> è ciò che chiamiamo innovazione. L'evoluzione della società è permeata dallo sviluppo scien>fico e tecnologico che determinano il livello dello sviluppo economico e influiscono sulle condizioni sociali e poli>che di un paese. Le cara>eris$che dell’a>uale sviluppo tecnologico Le tecnologie dell'informa$ca e della comunicazione hanno alcune caraDeris>che che ne fanno un unicum nella storia evolu>va del progresso tecnologico 1. Rapidità nella riduzione del costo della tecnologia: è una caraDeris>ca abbastanza nuova nella storia recente; in passato, infaH, i prezzi sono diminui> molto meno velocemente, contenendo il tasso di diffusione delle innovazioni, la cui dinamica è stata di espansione lenta, almeno nelle fasi iniziali di sviluppo. Oggi, invece, l'adozione è piuDosto rapida e la diffusività delle nuove tecnologie molto più elevata (si pensi alla riduzione nel prezzo dei computer nel tempo). 2. Interdipendenza fra le tecnologie: riguarda la pervasività, vale a dire la capacità di inves>re ogni seDore e impresa, senza eccezioni (le nuove tecnologie coinvolgono anche tuH i compar> e le funzioni aziendali). La globalizzazione e l’estensione spaziale (in tuH paesi del mondo, pur con un diverso grado di penetrazione, l'adozione dell'informa>ca e delle telecomunicazioni è un dato sostanzialmente acquisito) sono deriva> dalla diffusività seDoriale e dalla pervasività delle tecnologie. 3. Impa>o dire>o sui meccanismi economici: le nuove tecnologie modificano in modo sensibile uno dei componen> di qualunque mercato: l'informazione. In par>colare, l'incontro tra domanda e offerta è condizionato dalle caraDeris>che economiche e dai modi con cui l'informazione è disponibile. Ciò implica che laddove questa sia un elemento essenziale di funzionamento dei meccanismi economici, i merca> diventano molto più efficien$, poiché aumenta la trasparenza, si riduce l'asimmetria informa>va e i cos> di transazione (laddove il costo di produzione dell'informazione cresce in modo considerevole avvengono invece rilevan> fenomeni di concentrazione: in tali seDori la crescita è possibile sopraDuDo per chi è in grado di fare inves>men> massicci nella produzione di informazione, come è per esempio avvenuto nel broadcas>ng televisivo o in alcuni seDori del web). Le ondate dello sviluppo tecnologico Negli ul>mi due secoli le innovazioni si sono succedute in quelle che sono chiamate ondate tecnologiche: i cambiamen> della tecnologia non avvengono in modo isolato, ma aDraverso cluster di scoperte scien$fiche e di applicazioni che si accompagnano e alimentano vicendevolmente (si traDa di grappoli d'innovazioni che si sviluppano in parte in modo autonomo e in parte con intrecci, capaci di modificare in tempi brevi gli asseH produHvi e di consumo). Le innovazioni tecnologiche si diffondono all’intero dei singoli seDori e aDraversano trasversalmente tuDa l’economia. Come si può notare, i periodi tra un grappolo di innovazioni e quello successivo sono sempre più brevi, e ogni ciclo di innovazioni guidate dalla tecnologia, ha un contenuto innova>vo notevolmente superiore a quello precedente, comportando un tasso d'innovazione maggiore rispeDo ai cicli anteriori. Ogni ondata comporta un periodo di intenso sviluppo economico, cui spesso ne segue uno di recessione o Prima ondata (1795-1845): ha caraDerizzato la rivoluzione industriale, basata sulla lavorazione del ferro, la meccanizzazione produHva e la nascita dell'industria tessile. Essa ha creato le premesse per la prosperità delle economie sviluppate nei periodi successivi. o Seconda ondata (1845-1900): cominciò dall’età viDoriana, caraDerizzata dallo sviluppo delle aHvità industriali, basata sopraDuDo sulla macchina a vapore, sulla produzione dell'acciaio e sulla espansione della ferrovia che rese il trasporto delle merci molto più efficiente e consen] lo sviluppo di grandi merca> geografici. o Terza ondata (1900-1950): inizia con la nascita e lo sviluppo della grande impresa (a cui seguirà la grande depressione). La tecnologia rivoluzionaria alla base di questa fase è stata una nuova fonte energe>ca, l'ele>ricità, che ha trasformato l'industria e il volto della società. Nacquero in questo periodo l'industria chimica e il motore a scoppio (a combus>one). o Quarta ondata (1950-1990): originò subito dopo la II guerra mondiale e che fu caraDerizzata da una forte espansione dell’industria moderna e dei prodoH di largo e di durevole consumo. Grazie alla II guerra mondiale, molte delle scoperte belliche vennero applica> in campo industriale, permeDendo l’innovazione e la nascita di seDori quali il seDore petrolchimico, il trasporto aereo di >po civile (il cui effeDo fu una nuova riduzione dei tempi di viaggio e dunque delle distanze tra i merca>), l'industria spaziale, l'industria ele>ronica e sopraDuDo il fenomeno di Internet. 1 o Quinta ondata (1990-2020): ha riguardato sopraDuDo i seDori dell'ele>ronica, dell'IT e delle telecomunicazioni. È di questo periodo lo sviluppo del World Wide Web (con la nascita di nuove applicazioni mul>mediali e l'esplosione delle informazioni per le aziende ed i consumatori, che ha portato al fenomeno chiamato Big Data), dei sistemi di pagamento online e il commercio eleDronico e delle biotecnologie (le prime applicazioni in agricoltura e nell'industria farmaceu>ca e alimentare). o Sesta ondata (2020-?): si sviluppano e trovano piena applicazione le tecnologie legate all'intelligenza ar$ficiale e alla robo$ca. Si sviluppano nuovi materiali fruDo della ricerca sulle nanotecnologie, degli strumen> vol> alla tutela e protezione dell'ambiente e le prime applicazioni della genomica. Innovazione tecnologica e crescita economica Tra i primi a riconoscere il ruolo della conoscenza nello sviluppo economico è stato Robert Solow, il quale ha individuato nella tecnologia quella parte della crescita del prodo>o interno lordo di un paese che non può essere spiegata dalla produHvità dei tradizionali faDori di produzione (capitale e lavoro). Tale parte prende il nome di residuo di Solow. In base al modello di Solow è possibile prevedere che o Il progresso tecnico, oltre che agire sulla produOvità dei faDori di produzione, genera una crescita del reddito pro capite di lungo periodo o Le economie meno sviluppate riescono a crescere più velocemente di quelle sviluppate e, perciò, a raggiungerle nel tempo e quindi a convergere in termini di reddito In realtà le economie mondiali non sembrano convergere come ipo>zzato dal modello, in quanto Non è vero l'assunto di facile trasferibilità del progresso tecnico tra paesi La conoscenza è considerata un faDore esogeno al sistema economico, che quindi non dipende da esso, ma che è un bene liberamente disponibile per ogni paese Per superare alcuni dei limi> della teoria di Solow, è stato sviluppato, il modello endogeno di Romer in contrapposizione all'idea che la conoscenza sia prodoDa all'esterno del sistema economico. Questa teoria dà importanza cruciale alla ricerca e sviluppo, alla generazione delle nuove tecnologie e al capitale umano, quindi elemen> endogeni, come faDori che spiegano la crescita economica vista come processo di trasformazione con$nua. La conoscenza ha in termini economici la caraDeris>ca di essere intrinsecamente propulsiva: più cose si sanno e più è possibile impararne (è un elemento di propulsione che con>nua a essere applicato allo sviluppo economico). Ciò significa che la base dello sviluppo è data dal sapere e più conoscenza si possiede più è possibile crescere. A par>re dalla rivoluzione industriale, il tasso di crescita del reddito pro capite è aumentato ad una velocità senza preceden> nella storia dell'umanità, grazie all’impulso della tecnologia. Il sistema innova$vo, vale a dire la capacità tecnologica espressa in termini di breveH, pubblicazioni scien>fiche, infrastruDura ICT, livello d'istruzione e altri faDori capaci di influenzare lo sviluppo e la diffusione delle innovazioni, è stato iden>ficato da alcuni economis> come il faDore principale in grado di spiegare lo sviluppo economico (vi è una stre>a correlazione tra livello dello sviluppo economico e la capacità innova>va di un paese). Innovazione e società L'innovazione appare in rapporto con la con$nua evoluzione della società: in essa possiamo vedere la risposta data dalla conoscenza scien>fica alle esigenze e ai bisogni della società. Questa evolve con>nuamente, alimentando la necessità di nuove conoscenze, a cui deve peraltro in buona parte il proprio sviluppo. L'influenza dell'innovazione sulla società Oggi l'innovazione permeDe di plasmare il contesto sociale e indirizzarne il processo evolu>vo. Il mo>vo è che molte tecnologie su cui si fondano i processi innova>vi sono basate sull'informazione, che gioca un ruolo fondamentale. In che modo l’innovazione è in grado di influire sui processi sociali? L'innovazione tecnologica modifica la vita delle persone aDraverso un incremento del reddito individuale e del potere d'acquisto. Questo influenza la quan>tà di acquis>, il >po di beni che vengono possedu>, lo s>le di vita delle persone e in generale la vita interna dell’economia. Ciò comporta che larghe porzioni della nostra società (per esempio la produzione culturale, l'occupazione, l'istruzione, la salute, la legge, la poli>ca, la sicurezza, la difesa) siano largamente condizionate dalle innovazioni che avvengono nei prodoH e nei processi. Inoltre, la tecnologia e l’innovazione hanno favorito il passaggio da un'economia di beni ad una di servizi. Gli elemen> di spazio e tempo hanno modificato la loro natura sociale: lo spazio ha in qualche modo perso la caraDeris>ca di delimitazione per divenire una grande area globale virtuale (all'interno della quale le interazioni sociali avvengono mischiando gli aspeH locali, nazionali e sovranazionali); il tempo si è enormemente contra>o, nel senso che i fenomeni sociali si determinano ad una velocità mai provata in precedenza (gran parte delle relazioni sociali possono avvenire senza soluzione temporale di con>nuità, ma in tempo reale). L'influenza della società sull'innovazione Il contesto sociale influenza i processi innova>vi delle organizzazioni. Alcune società in cer> contes> territoriali favoriscono gli individui e le aHvità crea>ve che portano a sviluppare in modo con>nuo innovazione e trasformazione economica. Secondo il modello delle tre T alla base dello sviluppo economico vi sono o Tecnologia: alla base dello sviluppo economico. 2 o Talento: è il capitale umano, ossia le competenze e il livello di istruzione di una popolazione. o Tolleranza: è il livello di apertura alle differenze e alla varietà. Secondo lo scienziato Richard Florida, le ciDà che favoriscono la tecnologia, il talento e la tolleranza hanno uno sviluppo sociale ed economico più elevato rispeDo alle altre. Uno dei modelli che permeDe di meDere in relazione ques> faDori è il Global Crea>vity Index (GCI), per misurare e per classificare ogni anno 139 paesi del mondo. Tecnologia e responsabilità sociale Le imprese, nella maggior parte, sembrano u>lizzare la tecnologia e l’innovazione avendo come finalità solo il profiDo, trascurando il bene comune. Il mo>vo per cui pochissime imprese oggi beneficino dell’incremento di ricchezza che si è prodoDo grazie alle innovazioni tecnologiche non è oggi chiaro (una ricchezza che grazie alla tecnologia viene prodoDa per pochi e da cui buona parte dell’umanità è esclusa). Le imprese, grazie all’uso della tecnologia, sono il motore dell’aumento di produHvità e di ricchezza ma anche il mo>vo per cui vi è un’enorme disparità di reddito, disuguaglianza che non è originata dalla limitatezza delle risorse disponibili, ma deriva dal meccanismo di generazione degli u$li derivan> dall’innovazione a vantaggio di pochi e a scapito di mol> (le persone che collaborano allo sviluppo della tecnologia e alla produzione di quei profiH). A tal proposito, le poli>che pubbliche redistribu>ve stentano a produrre risulta> soddisfacen>. A fronte di ciò è la società stessa a richiedere all’impresa che la tecnologia e l’innovazione siano strumen> non solo della produzione di valore e della crescita economica ma anche della diffusione di benessere e della riduzione delle disparità. L’impresa in sé non è né morale e né immorale, risultando amorale, in quanto priva di e>ca. InfaH, ogni impresa incarna l’e>ca delle persone che ne fanno parte e u>lizza la tecnologia unicamente per la propria sopravvivenza e il proprio sviluppo. Questa è la ragione per cui viene vista come uno strumento per soddisfare le finalità degli azionis>/manager che hanno l’obieHvo di accrescere i dividendi e il pres>gio personale. In realtà, questa idea di impresa è sbagliata perché nasce dalla mancata comprensione della natura dell’organizzazione come organismo autonomo di soggeH che le danno vita e la governano. L’impresa, se concepita come strumento nelle mani di qualcuno e non come en>tà autonoma, è profondamente sbagliata. Questa concezione può produrre esi> inacceDabili sul piano morale, per cui diventa necessario u>lizzare strumen> (meccanismi ed organi, come codici e>ci comita> di sorveglianza o di controllo) per limitare i danni che tale concezione comporta. L’unico modo per rendere le imprese e$che è considerarle come sistemi sociali (comunità) che col$vino i valori essenziali all’uomo. Se ques> valori fossero al centro della concezione e dell’azione delle imprese, allora queste inevitabilmente e naturalmente si comporterebbero in modo da essere intrinsecamente e$che, e non costreDe da codici o da procedure. La responsabilità sociale dell’impresa non nasce dalle obbligazioni che essa ha nei confron> dell’ambiente esterno, ma dal faDo che essa è una comunità di persone che sono dotate di una responsabilità individuale nei confron> di sé stesse e del contesto in cui vivono. Questa concezione di responsabilità sociale, impedisce che l’impresa e la tecnologia siano semplici strumen> di profiDo. L’impresa è una comunità, ossia un insieme di relazioni sociali tra persone, che decidono di meDere in comune interessi, tempo, idee, hanno una visione condivisa, si aiutano a vicenda... Le persone sono molto di più di semplici stakeholder, sono en>tà̀ dotate di valore, reciproca solidarietà̀, senso dell’aiuto reciproco, intelligenza, dignità, unicità e di spinta interiore verso il bene comune, al di là dei rispeOvi legiOmi interessi. È su ques> valori che va costruito il fondamento di un uso della tecnologia e dell’innovazione da parte delle imprese che sia volto non solo al privilegio e alla ricchezza di pochi, ma che sia orientato anche e sopraDuDo alla promozione dall’essere umano e allo sviluppo della società nel suo insieme. Gli effeO nega$vi della tecnologia o Mito della tecnologica: l’idea che essa possa risolvere ogni problema dell’uomo e della società. Ciò è pericoloso poiché induce all’acce>azione passiva e solo oOmis$ca dell’evoluzione tecnologica, e a credere che essa possa risolvere ogni problema. Il mito consiste nel credere fideis>camente che i problemi possano essere risol> aspe>ando che il progresso trovi le soluzioni. Certamente la tecnologia aiuta l’umanità a risolvere vecchi problemi, ma ne genera nello stesso tempo costantemente di nuovi. o Consumismo tecnologico: si traduce nella necessità di possedere strumen> tecnologici poco u>li. Il consumismo legato alla tecnologia è deleterio, perché induce a credere che il progresso dell’uomo consista non nella crescita individuale, ma nel possesso di beni, nell’avere più che nell’essere. o Vedere la tecnologia come un fine e non come un mezzo, che può servire l’uomo per finalità posi>ve oppure del tuDo nega>ve. o Può generare problemi alle persone, alle organizzazioni e alla società nel suo insieme. In par>colare, alcune tecnologie pongono problemi di natura e>ca, per il potenziale distruHvo o per la capacità di arrecare danni che intrinsecamente possiedono.. Talvolta ques> effeH nega>vi sembrano eviden>, ma non sempre alla presunta evidenza corrisponde la realtà (come la relazione tra videogiochi violen> e aggressività). Altre volte possono essere subdoli, nel senso che non sono eviden>, i cui danni diventano visibili nel lungo periodo quando non è più possibile provi rimedio (maggiore distrazione e memoria indebolita nei giovani a cause dell’eccessivo u>lizzo dei disposi>vi mobili). Alcuni effeH nocivi della tecnologia, invece, possono non essere immediatamente eviden> quando non dipendono dal contenuto intrinseco della tecnologia stessa, ma dall’uso che ne viene faDo (come nel caso dell’ingegneria gene>ca). In sintesi, bisogna essere vigili sui potenziali effeH nega>vi dell’uso della tecnologia, con la consapevolezza che essa non è né posi$va né nega$va in sé, ma può essere u>lizzata per fini molto costruHvi o potenzialmente disgregan>. 3 È auspicabile che i manager passino all’idea che il loro compito sia fare sì che la tecnologia serva per generare sviluppo per le proprie imprese ma anche per creare una società migliore per l’umanità. Sostenibilità e innovazione La ques$one della sostenibilità I cambiamen> clima>ci hanno un impaDo significa$vo e irreversibile a livello planetario. Già oggi assis>amo a even> dramma>ci e talvolta devastan>, determina> dall’u>lizzo indiscriminato delle risorse e dallo scarso rispeDo dell’ambiente. Si traDa di una ques>one essenziale, urgente, non più eludibile, ed è necessario porsi il problema di come rendere vivibile e mantenere integro e sostenibile il nostro mondo, non solo per le generazioni aDuali ma sopraDuDo per quelle future. In questo quadro, le autorità pubbliche possono favorire il ruolo posi>vo della tecnologia. In assenza di par>colari incen$vi e di pressioni dall’esterno, le imprese di rado sviluppano approcci innova>vi orienta> ai temi ambientali. Per promuovere una maggiore aDenzione da parte delle imprese, i governi e le autorità locali aHvano poli>che pubbliche per spingerle a usare la tecnologia in modo compa>bile con l’ambiente, inducendole a migliorare l’efficienza nell’uso delle risorse e a contribuire a una riduzione del degrado ambientale. Ciò si aDua aDraverso un sistema di incen$vi e disincen$vi (che possono prendere la forma di contribu> e tasse). Gli effeH di molte aHvità produHve e di innumerevoli prodoH sono sconosciu> perché il loro impaDo ambientale non è immediatamente percepibile (effeH non visibili o che si producono nel lungo termine). Per tale ragione le autorità pubbliche possono svolgere un’importante azione informa$ve sull'impaDo che i prodoH hanno sull'ambiente rivolta ai consumatori, i quali orientando le proprie preferenze ai prodoH e ai servizi ecosostenibili creano una forte pressione sulle aziende. È necessario che anche le imprese si aDrezzino per fornire quante più informazioni possibili sui programmi, approcci e strumen> u>lizza> per ridurre al minimo i danni ambientali (per questo mo>vo è molto importante avere sistemi di rilevamento e diagnosi). L’innovazione sostenibile Alla tecnologia si chiede in modo crescente di dare conto dei cos$ e dei benefici di natura ambientale. Qualunque innovazione può essere all'origine di nuovi problemi o aggravare i problemi esisten>, ma può anche contribuire a risolverli o a prevenirne di nuovi. La sfida che viene posta alla tecnologia è quella di contribuire a coniugare la crescita economica e la sostenibilità ambientale promuovendo contemporaneamente lo sviluppo umano, in una logica di economia circolare, capace cioè di auto-rigenerarsi. ODenere ques> risulta> varia a seconda del reddito di un paese o Alto reddito: la tecnologia riesce a promuovere contemporaneamente crescita economica, ambientale e sviluppo sociale. o Medio reddito: la tecnologia ha un impaDo significa>vo solo su dimensioni economiche e ambientali. o Basso reddito: non vi è alcun effeDo. In sostanza, quanto più un paese è sviluppato tanto più la tecnologia può giocare un ruolo importante; la sfida è ovviamente di riuscire a coniugare obieHvi diversi anche nei paesi meno sviluppa>. L'innovazione può dunque rappresentare uno strumento formidabile per contribuire a una società sostenibile e a un'economia circolare. In termini generali, l'innovazione sostenibile può essere definita come quel processo di distruzione della situazione esistente che crea una nuova condizione, migliore rispeDo alla precedente, soDo il profilo economico, ambientale e sociale. Pertanto, per quanto riguarda le imprese, l'innovazione sostenibile è quel processo di creazione di nuovi prodoO e servizi che generano valore su tuDe le dimensioni dello sviluppo sostenibile: economico, ambientale e sociale, secondo la locuzione chiamata la Triple Bo>om Line delle 3P o Planet: l’innovazione può essere la risposta a problemi complessi del pianeta, per elaborare soluzioni per una maggiore tutela dell’ambiente o per un miglioramento della società. o People: l’obieHvo della produHvità non va conseguito aDraverso lo sfruDamento dei lavoratori e dei consumatori, migliorandone anzi la qualità della vita. o Profit: minimizzare l’impronta ecologica nell’ambiente incrementa, oltretuDo, la reddiHvità aziendale. Perché l'innovazione sia al servizio della sostenibilità, secondo la definizione data, e necessario che le imprese intraprendano un percorso verso una piena consapevolezza e a>enzione a ques> temi. Possiamo al riguardo individuare un vero e proprio percorso dell'innovazione sostenibile, in tre differen> fasi I. Innovazione delle condizioni opera$ve: l’obieHvo è quello di ricercare efficienza compa>bile con le esigenze di tutela dell’ambiente, combinando la diminuzione dell’impronta ecologica con l’efficienza delle aHvità aDraverso I miglioramen> nei processi, con cui aumentare l’efficienza delle aHvità La riduzione dello spreco di risorse, e quindi di cos> La riduzione dell’u>lizzo delle materie prime La minimizzazione degli scar$ L’u>lizzo di imballi riciclabili II. Innovazione dell’offerta: si oHene studiando nuovi prodoH/servizi o ripensando in modo complessivo il modello di business, in modo da offrire al mercato prodoH che siano eco-compa$bili ProgeDando l’impiego di una quan$tà minore di materiali e più facili da eliminare Introducendo modalità appropriate di smal$mento o ricondizionamento dopo l’uso Garantendo una maggiore efficienza energe$ca Evitando potenziali effeO nocivi nell’uso dei prodoH, aDraverso il ricorso a materiali non dannosi ProgeDando modalità di u>lizzo che impediscano comportamen$ pericolosi 4 Studiando caraDeris>che che aumen>no la maneggevolezza Allungando la vita u$le dei prodoH Con l’innovazione nell’offerta di oHene di creare un valore non solo per il cliente, ma anche per l’impresa e per gli aDori della supply chain. III. Innovazione del contesto: l’obieHvo è cambiare il futuro dell’ambiente in cui l’impresa opera, dando un contributo importante alla trasformazione della società producendo effeH posi>vi nel mercato. È necessario un cambiamento negli obieHvi e nella mission dell’impresa, che si ampliano a finalità di >po sociale e ambientale. Le rivoluzioni industriali Sono quaDro le fasi dello sviluppo delle imprese, che coincidono con altreDan> stadi dell’evoluzione delle conoscenze e della tecnologia produHva (un aspeDo tecnologico di rilievo è il >po di energia disponibile in ciascuna di queste fasi) o I Rivoluzione Industriale: la meccanizzazione puntualeà per secoli la fonte energe>ca principale è stata il corpo umano che, con l’impiego degli animali, fu in grado di aumentare la produHvità (sopraDuDo in campo agricolo). Verso la metà del ‘700, sopraDuDo in Gran Bretagna, cominciò ad essere adoperata l’energia prodoDa dai mulini ad acqua. La rivoluzione tecnologica che diede inizio al capitalismo industriale durò fino all’inizio del secolo scorso. La svolta arrivò con la macchina a vapore che si diffuse in Gran Bretagna creando una nuova struDura industriale capace di generare oltre 1/3 del commercio mondiale. Gli ar>giani vennero sos>tui> dalle macchine e gran parte del lavoro divenne salariato. La tecnologia u>lizzata era incorporata in una macchina che riproduceva il movimento svolto prima dall’uomo in modo estremamente semplice. Il motore era mosso dall’energia generata dalla caldaia, che era al centro dell’officina. Ogni macchina doveva essere collegata alla fonte energe>ca e quindi tuDe erano fisicamente mosse dall’unico grande movimento che da essa originava. I compi> che pertanto potevano essere svol> dalla macchina erano limita$, poiché derivavano da un unico movimento che era sì ar>colato grazie agli snodi meccanici, ma che non poteva essere eccessivamente complesso. o II Rivoluzione Industriale: la produzione di massaà Michael Faraday sviluppò nella prima metà dell’800 una macchina in grado di generare corrente eleDrica; nel ‘900 si affermò la produzione di massa che fu all’origine del grande sviluppo economico dei Paesi industrializza> e alla base della crescita del tenore di vita nell’Occidente. Il cambiamento più importante derivò dalla diffusione dell’ele>ricità tramite infrastruDure di distribuzione che la resero disponibile in tuDo il territorio (non era più necessario produrre aDraverso macchine isolate, collegate ad un’unica fonte di energia). Le conseguenze più importan> furono la diffusione geografica dei processi di industrializzazione e la possibilità di sviluppare macchine tecnologicamente complesse all’interno della fabbrica (non più vincolate alla necessità di collegamento con un’unica fonte di energia), il che consen] una forte specializzazione degli impian> e quindi dei processi produHvi. La fabbrica divenne un sistema complesso dove svolgere operazioni altamente specializzate con al> livelli di efficienza. La massimizzazione della produOvità di ogni singola fase e l’integrazione delle diverse aHvità in cicli complessi portarono allo sviluppo della catena di montaggio e della produzione in serie. In quest’organizzazione i lavoratori erano una sorta di “strumento di produzione”, essendo obbliga> a fornire il massimo output al costo minore. Solo grazie alle loDe di ques>, ne diminuì lo sfruDamento. Negli USA la Rivoluzione Industriale prese luogo alla fine dell’800 nell’East Coast, dove era possibile sfruDare le economie di scala produOve che erano legate alle nuove tecnologie di fabbricazione e alla produzione di massa. La crescita della produzione di massa ebbe il suo punto di maggior splendore alla fine della II Guerra Mondiale e sancì il successo dell’impresa di grande dimensione. o III Rivoluzione Industriale: l’automazione e le re$ Lo sviluppo dell’automazioneà alla fine degli anni ’30 nacquero le prime sperimentazioni di computer eleDronici e dopo la fine della II G. M. si sviluppò l’informa>ca. La nascita e la diffusione dei computer cos>tuirono una svolta tecnologica di enorme rilievo (capacità di elaborare e memorizzare informazioni in modo automa>co), facendo emergere una nuova fonte di energia, la quale non era u>lizzata per sos>tuire la forza umana ma per surrogare la capacità dell’uomo di elaborare informazioni. Dallo scambio alla relazioneà al centro dell’aHvità economica vi era lo scambio (cessione di beni/servizi a fronte di un corrispeHvo) e ogni transazione risultava slegata dalla precedente e dalla successiva, in quanto il senso economico dello scambio si compiva nel singolo a>o. Dalla fine del XVIII secolo, però, è emersa l’idea di mercato non più inteso come luogo fisico, ma come conceDo senza riferimen> a un luogo e a un tempo, come spazio astra>o dove avviene l’incontro tra domanda e offerta. Precedentemente, anche l’aHvità produHva era concentrata in una sola area geografica, ma nel tempo la possibilità di comunicare e di scambiare informazioni da un luogo a un altro, ha consen>to di rompere i confini chiusi delle organizzazioni che possono operare senza limi> geografici e con un elevato coordinamento delle aHvità. La nascita della reteà esistono diversi $pi di rete. Il primo livello è la rete fisica, cos>tuita dalle infrastruDure che consentono la connessione materiale tra diversi soggeH (re> stradali, ferroviarie). Un secondo livello è quello della rete cogni$va che richiede la capacità di u>lizzare le conoscenze per scambiare informazioni diverse tra soggeH, e che presuppone l’esistenza di una volontà di partecipazione ala rete. Alla fine degli anni ’60, senza che nessuno pianificasse un’evoluzione sistemica, le re> singole cominciarono ad essere collegate tra loto e a dar vita ad un nuovo sistema interconnesso: la Rete, chiamata Internet. Con lo sviluppo della tecnologia si è creata una rete di connessioni tra i soggeH (WWW) in cui viene svolta gran parte dell’aHvità economica. Si no> che, 5 mentre la relazione è un canale comunica$vo che permeDe il passaggio ricorrente delle comunicazioni, la connessione consente l’u>lizzo congiunto, in termini di tempo e luogo, da parte di più soggeH dell’informazione e della conoscenza. La connessione di informazioni e conoscenze dà forma ad un’economia della rete (web 1.0) che, per diffondere con velocità beni/servizi, ha necessità di standard aper$. L’innovazione nel mondo digitaleà s’intende l’u>lizzo di elemen> digitali e componen> fisiche che, combina> tra loro, formano una nuova offerta, quasi sempre fondata sul Business model originale. Ques> elemen> digitali nascono dalla codificazione di informazioni e conoscenze, finalizzata a rendere i prodoH modificabili, flessibili e comunicabili, ma producendo anche la necessità di modificare le aHvità aziendali per renderne possibile la produzione digitale e la distribuzione. Spesso l’innovazione digitale ha origine dal processo di dematerializzazione della conoscenza e dalla sua trasformazione tramite l’u>lizzo di nuove tecnologie in nuovi forma> e nuovi modi di u>lizzo (es. eBook, l’innovazione digitale provoca un cambiamento in tuDo l’ecosistema che riguarda il prodoDo, modificandone la natura, i processi di produzione e distribuzione, i modi di u>lizzo, i metodi di pagamento, in sostanza tuDo il Business model). Il web 2.0à quest’espressione evidenzia un’evoluzione della Rete verso alcuni elemen> nuovi rispeDo al secolo precedente, come la possibilità che gli uten> hanno di interagire tramite blog, chat o social network. Il web diventa così un’infrastruDura che permeDe l’interazione di mol$ con mol$ e che consente all’utente di un servizio di divenirne anche co-produDore. La caraDeris>ca più interessante del web 2.0 è il ruolo che hanno gli uten$, che interagiscono tra loro realizzando con>nue innovazioni (la Rete consente di trasformare relazioni a una via, episodiche, in un dialogo con>nuo). Nel web 2.0 le relazioni tra persone e organizzazioni rappresentano una relazione tra pari e i soggeH sono tuH pos> sullo stesso piano (non c’è rapporto gerarchico, è più rilevante la conoscenza posseduta dalle par> più che la relazione gerarchica tra esse). Un altro elemento di cambiamento è la dis$nzione tra i ruoli, poiché non vi è dis>nzione tra fornitore e cliente, ma uno scambio reciproco in cui tuH i soggeH forniscono agli altri un prodoDo/servizio (contemporaneamente sia fornitori che clien>). Nelle re> l’interazione è tra un’impresa che fornisce un servizio alla rete, e un cliente che fornisce un altro >po di servizio alla medesima rete, e non necessariamente vi è un passaggio di denaro dire>o ma la remunerazione può arrivare anche da altri nodi della rete, non direDamente implica> nello scambio. I valori economici si formano nella rete come prodoDo di un’interazione complessa di scambi e non più come oggeDo della transazione tra un fornitore e un cliente. FASE “Energia” u$lizzata Processo basato su Stru>ura portante Meccanizzazione puntuale Energia idraulica e termica Lavoro Fonte energe>ca isolata Produzione di massa Energia eleDrica Grandi impian> Re> di distribuzione dell’energia Automazione e re$ Informazione Impian> automa>zza> Computer e internet Macchine intelligen$ Conoscenza traDa dai da> Deep learning Algoritmi di apprendimento Cap. 2 - L’intelligenza ar$ficiale La quarta rivoluzione: l’intelligenza ar$ficiale Grazie ad alcuni avanzamen> e tecnologici viene automa>zzata una facoltà del tuDo nuova: la capacità di apprendere non solo degli esseri umani. Secondo Kreutzer e Sirrenberger: “l'intelligenza ar$ficiale è definita come la capacità di una macchina di svolgere compi$ cogni$vi che associamo alla mente umana”. In questa definizione ci sono tre elemen> Quando ci riferiamo all’AI parliamo di qualcosa che riguarda il funzionamento di una macchina o di un sistema ar>ficiale che comprende una macchina. Compi$vi cogni$vi: traDamento di informazioni necessario per produrre conoscenza. Questo processo cogni>vo non è di >po generico, ma assomiglia a quello svolto da una mente umana, cui pertanto può essere associato. L’intelligenza ar>ficiale non deve essere pensata come tecnologia avveniris>ca, infaH mol> degli strumen> che già usiamo (smartphone o computer) ne sono dota> (assisten> virtuali dei nostri telefoni come Siri). Due fenomeni che hanno consen>to l’avvio di questa fase dell’evoluzione del capitalismo sono 1. La disponibilità di una quan$tà enorme di da$ 2. Lo sviluppo della scienza cogni$va La disponibilità dei da$: Internet of Things e Big Data Il primo grande sviluppo che ha permesso all'AI di dispiegare il proprio potenziale riguarda la disponibilità dei da$, in quanto le re> ar>ficiali possono essere addestrate per svolgere alcuni compi> solo se è disponibile una grande quan>tà di da> da cui aHngere (da cui dipende la loro efficacia). Nella moderna AI è possibile addestrare una macchina sia sulla base di da> quan$ta$vi (sta>s>che di vendita) che qualita$vi (valutazioni e giudizi o elemen> visivi come immagini). L’AI, per far leva sulla grande quan>tà di da> che si sono mol>plica> nel tempo, ha potuto anche beneficiare del forte aumento delle capacità di calcolo dei computer e dell’evoluzione della tecnologia dei microprocessori. 6 Internet of Things Il fenomeno che ha consen>to la crescita enorme di da> viene definito Internet of Things (IoT) e secondo alcuni cos>tuisce il web 3.0, ossia lo spazio digitale dove la connessione e l'interazione non sono più limitate agli esseri umani, ma vengono estese anche alle “cose”, cioè agli strumen$ e alle macchine che scambiano tra loro informazioni in modo autonomo e indipendente dall’intervento umano (in realtà già precedentemente era possibile iden>ficare e verificare informazioni tramite i tag (negli anni ’80: RFId, Radio Frequency Iden>fica>on) o i QR-Code (connessioni a portata oHca): si è passa> da strumen> passivi, in grado di rilasciare informazioni solo se aHva> da un campo magne>co a disposi>vi aHvi, che contengono una baDeria in grado di alimentare il transponder e competen> per inviare, ricevere e archiviare info). La conneHvità oggi non è limitata esclusivamente alle cose ma può essere estesa anche ai servizi, ai processi e agli animali. Proprio per questo viene u>lizzato il termine di Internet of Everything per enfa>zzare la varietà di connessioni che si produrrà nel prossimo futuro. Oggi una quan>tà enorme di strumen> sono connessi tra loro, i quali in ogni istante scambiano una quan>tà enorme di da>, al fine di svolgere nel modo più efficace i più svaria> compi> I Big Data La connessione tra cose e persone produce uno scambio di informazioni e da> che cresce esponenzialmente e dà luogo al fenomeno dei Big data, che è alla base dello sviluppo e della crescita dell'AI. La grande eterogeneità degli strumen> e delle fon> genera nel tempo un forte aumento della varietà e delle complessità dei da> e cresce anche il loro volume (inteso come quan>tà in bytes). La quan>tà di informazioni oggi disponibile è misurabile in exabytes ed è in con>nua crescita. Il volume dei Big Data Il fenomeno dell’esplosione dei da>, si riferisce a un’enorme disponibilità di fon> e archivi, quali o Da$ genera$ da sistemi contabili ed ERP (Enterprise Resource Planning: soyware u>lizzato per ges>re aHvità di contabilità, procurement, project mgmt e opera>ons): si riferiscono a transazioni come faDurazioni, bolleDe o pagamen>à Megabytes (106 bytes). o Da$ genera$ dalle aOvità di relazione con i clien$ e CRM (Customer Rela>onship Mgmt – sistema per la ges>one dei rappor> e delle interazioni con i clien>): come informazioni su clientela, ordini e richieste di assistenzaà Gigabytes (109 bytes). o Da$ presen$ nel web: genera> da en> pubblici sovranazionali, nazionali o locali come informazioni governa>ve, sta>s>che e censimen>à Terabytes (1012 bytes). o I Big data in senso proprio: a quelli prima elenca>, si aggiungono informazioni provenien> da macchine e strumen> vari, come sensori, rilevatori e altri strumen> di misurazione; da> biometrici, contenu> genera> dagli uten> sui social media ecc. à Exabytes (1018 bytes). o Da$ che deriveranno dall’aumento previsto della capacità di calcolo e interazione: secondo alcune s>me, entro il 2025, la somma di tuH i da>, crea>, caDura> o replica>, “Global Datasphere” crescerà da 33 ZeDabytes (1021 bytes) a 175. I Big Data sono quindi definibili con il fenomeno della disponibilità di una grande quan>tà di da> non forni$ intenzionalmente, fruDo di una grande varietà di fon$ non controllate, indipenden$ ed eterogenee. CaraDeris>che dei Big Data 1. Non intenzionalità: ques> da> non sono resi disponibili da un processo intenzionale ma sono il risultato di processi comunica$vi non finalizza$ alla loro produzione (es. scambio di opinioni all’interno di una chat o un blog non hanno finalità di elaborazioni successive; infaH, il faDo che ques> da> possano essere u>lizza> per analizzare il “sen>ment” delle persone su cer> temi non è lo scopo di chi partecipa ai blog). 2. Decentramento: l'enorme quan>tà di da> proviene da fon> non controllate centralmente; dunque, non vi è un ente che stabilisca quali informazioni produrre e quali non fornire: esse risulta nel fruDo di processi non pianifica> e non struDura>. Non vi è, pertanto, alcuna garanzia che i da> siano certamente aDendibili: non essendo soDopos> a verifica. 3. Indipendenza: il faDo che non esista un controllo centralizzato da sì che vi siano tan>ssime fon> indipenden> che non hanno relazioni tra loro. 4. Eterogeneità: queste fon> sono di natura fortemente eterogenea e ognuna di esse usa schemi ar>cola> e protocolli per la registrazione e la fornitura diversi; perciò, le rappresentazioni sono tra di loro variegate. Quindi, i da> non sono facilmente applicabili o combinabili tra loro, avendo natura così differenziata. La complessità dei Big Data Il loro u>lizzo è estremamente difficile perché per estrarre una qualche conoscenza, sono necessari dei processi preliminari di traDamento molto complessi. La complessità viene definita in modo più specifico dalle caraDeris>che che le informazioni possiedono; ci si riferisce allo schema delle 5 V 1. Volume: la quan$tà delle informazioni disponibili. 2. Velocità: la prontezza con cui i da> sono genera> e la rapidità con cui sono trasmessi agli u>lizzatori. 3. Varietà: la differenziazione delle fon$, la natura e il formato dei da> (es. numeri, immagini). 4. Veridicità: la qualità e l'affidabilità, ossia la rispondenza ai faH e agli even> che rappresentano. Devono essere comple> e correH affinché siano ritenu> affidabili. 5. Variabilità: i da> non sono intrinsecamente stabili in quanto possono essere presen> per un certo arco di tempo e poi non essere più disponibili. Inoltre, il loro formato e la loro natura possono essere soggeH a variazioni nel tempo, non essendo dipenden> da fon> stabili. 7 Quando la complessità cresce oltre un certo limite, i corren> sistemi di analisi vanno in crisi in quanto richiedono tempi di elaborazione non compa$bili con le esigenze degli u>lizzatori. Quindi, da un lato i sistemi intelligen> sono alimenta> dai da>, dall'altro consentono di affrontare la complessità di informazioni che altrimen> sarebbero sempre più inintelligibili. Opportunità e problemi nell’u$lizzo dei Big Data I Big Data sono una grande opportunità per chi deve assumere decisioni in qualunque contesto, come nel caso dei manager che possono prendere decisioni più in linea con le esigenze aDuali e future dei clien>, i decisori poli>ci che possono conoscere meglio le aspeDa>ve dei ciDadini e le aHvità di lean mgmt che possono godere di una più chiara comprensione della realtà per aumentare la propria efficienza e produHvità. Inoltre, le opportunità che nascono dalle nuove tecnologie o dal mercato possono essere meglio comprese analizzando le informazioni; quindi, è possibile cogliere opportunità che altrimen> non sarebbe visibili. Ad ogni modo, il loro u>lizzo comporta mol> rischi: il primo riguarda ovviamente la privacy, in quanto è possibile scoprire l’iden>tà digitale di ogni persona delineando il profilo di ciascun individuo anche con informazioni streDamente sensibili (non solo preferenze di consumo, ma anche da> sulla salute, orientamento poli>co e/o sessuale, …). Questa iden>tà può essere u>lizzata anche per finalità poli>che, che in regimi autoritari o diDatoriali potrebbero avere pesan> conseguenze. I Big Data e l’AI I da> sono alla base dello sviluppo dell’AI e sono prodoH u>lizzando l’AI stessa, che consente agli oggeH di svolgere la propria funzione. Inoltre, ques> da> possono essere u>lizza> a par>re da sistemi di analisi intelligente, in grado di processare l’immensa mole e cogliere modelli interpreta>vi che abbiano la capacità di fare meglio comprendere la realtà. Dunque, l’intelligenza ar>ficiale e l’Internet of Things sono fenomeni streDamente collega> che alimentano vicendevolmente il proprio sviluppo. Il movimento cogni$vista e i Sistemi esper$ L’approccio cogni$vista Il secondo fenomeno alla base della IV rivoluzione industriale è lo sviluppo della scienza cogni$va. Già alla fine degli anni ‘60 nacquero i primi tenta>vi di usare un computer per risolvere una varietà di problemi cogni>vi. Poi, negli anni ’70 emerse un filone di studi basato sulla possibilità di dotare una macchina della conoscenza posseduta dagli esseri umani in un ambito conosci>vo molto specifico: “cogni>vismo”, che si basa sulla psicologia cogni>va, che studia i processi mentali che si riferiscono alle modalità (acquisizione, memorizzazione, elaborazione) con cui un sistema traDa le informazioni per produrre un certo risultato. Nella prospeOva cogni$vista il computer è visto come una mente che riceve informazioni dall'esterno e produce un risultato finale in termini di valutazioni. Secondo il modello cogni>vista se si riuscisse a dotare un computer della stessa conoscenza di un essere umano si arriverebbe a prestazioni del tuDo simili ma con un tempo di elaborazione decisamente migliore. L'idea di fondo è che sia possibile separare il processo cogni>vo in due componen> conoscenza e inferenza, ossia che esista una conoscenza, traData come se fosse un oggeDo, per cer> versi separabile dall'essere umano, e poi una capacità di manipolazione e di u>lizzo separa> da quelli del soggeDo che l'ha prodoDa. Per rendere concreto il funzionamento dell'AI vengono crea> dei programmi, chiama> knowledge-based systems” e che ora prendono il nome di Sistemi Esper$, i quali sono dei soyware in cui vi sono tre componen> fondamentali o Knowledge Base: rappresentata dall'insieme delle regole di >po If-Then o Motore inferenziale: algoritmo che serve per selezionare, dare un ordine e applicare le regole o Interfaccia dell’utente: che rende possibile l’interazione con il Sistema Esperto Problemi rela$vi all’u$lizzo dei Sistemi Esper$ Un primo problema nasce dal faDo che essi devono essere dota> di una base di conoscenza che risul> simile a quella degli umani; quindi, è necessario acquisire questo sapere tramite dei processi di elicitazione (estrazione) da chi lo possiede. Ciò implica che bisogna iden>ficare chi ha la conoscenza (uno o più esper> del campo dove si vuole che operi il Sistema Esperto) e poi cercare di trasformarla in regole che possono essere u$lizzate dal sofware. Le eventuali carenze dell'esperto potrebbero essere riprodoDe nel sistema. Un altro problema è che non è semplice estrarre delle regole che gli esseri umani u>lizzano in modo non del tuDo conscio e che difficilmente possono essere rappresentate i semplici meccanismi If-Then. I sistemi esper> hanno mostrato notevoli problemi di u>lizzo in situazioni sufficientemente complesse creando tre limi$ che ne hanno reso l'u>lizzo sempre più circoscri>o e costoso 1. Essi funzionano esclusivamente all'interno di uno specifico ambito: dovendo essere dota> di una base di conoscenza traDa da uno o più esper> aDraverso un lungo e costoso processo di elicitazione, necessariamente bisogna focalizzarsi su un campo molto circoscri>o. 2. L'unica conoscenza di cui dispongono è quella che viene fornita al momento della predisposizione della knowledge base, per cui ogni successivo mutamento della conoscenza non viene integrato in automa$co nel sistema. Ciò li rende rapidamente obsole$ ed è necessaria una con>nua manutenzione complessa e costosa nel tempo. 3. Alcuni contes> richiedono una capacità di risposta non convenzionale alle nuove situazioni, per cui non è possibile che il sistema possa funzionare in una situazione non prevista in precedenza e a cui non è già stata fornita la conoscenza necessaria per dare risposta. Quindi, nel tempo il filone cogni>vista dell’AI si è estremamente ridoDo e le applicazioni oggi sono limitate ad ambi> in cui la conoscenza è molto stabile e in cui i compi> da svolgere sono semplici e codificabili. 8 Il movimento connessionista e le Re$ Neurali Mentre nella prospeHva cogni>vista abbiamo visto che il calcolatore è posto in analogia con la mente umana, in quella connessionista il computer cos>tuisce soltanto lo strumento che elabora in maniera matema>ca e con grande velocità i segnali ricevu>, ma non rappresenta in alcun modo un riferimento logico del processo cogni$vo. Il modello del movimento connessionista può essere considerato come il meccanismo biologico del cervello, in cui avviene l'aHvità neurologica di controllo del funzionamento degli altri organi. I neuroni ar$ficiali Un neurone riceve vari >pi di s>moli nervosi e li integra tra loro producendo il risultato in relazione alle informazioni avute, per poi trasmeDerlo alle altre cellule nervose creando un circolo. Il movimento connessionista ha preso come modello questo funzionamento del cervello, cercando di copiarne il procedimento e traducendolo da un processo di $po biologico a uno di $po informa$co. Si vuole riprodurre il processo cerebrale aDraverso neuroni ar$ficiali (nodi) che si conneDono tra loro tramite collegamen> informa>ci. Ogni neurone ar>ficiale riceve input e trasme>e un segnale ad altri nodi, poi produce l'output sulla base della somma ponderata degli input, cioè dei da>, che riceve. Se i calcoli effeDua> dal nodo superano una certa soglia (threshold) esso res>tuisce un valore, che viene usato come segnale di aHvazione gli altri nodi. Ciascun neurone altro non è che un algoritmo molto semplice che riceve segnali X1 e X2 (input) che rappresentano connessioni con un peso differente (W1 e W2). L'algoritmo rappresenta la cosiddeDa funzione di aHvazione 𝐘 = ∑𝐧𝐢#𝟏 𝐖𝐢 ∗ 𝐗 𝐢. Una volta elabora> i da> ricevu>, il neurone ar>ficiale trasmeDe a sua volta un segnale a un altro neurone. Le connessioni tra neuroni ar$ficiali hanno lo stesso significato delle sinapsi che uniscono i neuroni biologici e hanno una “dimensione” differente in funzione del peso, che cos>tuisce un rinforzo o un’aDenuazione del segnale. Maggiore il peso della connessione di uno dei segnali e maggiore è la probabilità che venga selezionato per essere ritrasmesso (ruolo eccitatorio), cioè di aHvazione della risposta del neurone o, in caso contrario, inibitorio, quindi di aDenuazione. Le re$ neurali L’insieme dei neuroni ar$ficiali, che ricevono input da segnali esterni e che producono un output complessivo, sulla base dell’aHvazione di tuH i nodi secondo il meccanismo sopra descriDo, viene chiamata rete neurale. Le prime re> intelligen> furono modellate sulla struDura dei neuroni che compongono il cervello umano. Nel cervello umano il sapere risiede nei neuroni e nella rete delle sinapsi che li collegano. Proprio in quanto le re> funzionano sulla base delle connessioni tra i neuroni ar>ficiali, l’insieme degli studi in questo campo dell’AI, venne chiamato movimento connessionista. In una rete ar>ficiale la conoscenza non risiede in un singolo punto della rete ma è distribuita tra le connessioni che uniscono i neuroni ar$ficiali. Sulla base del processo di apprendimento, quindi, la conoscenza sta in tuDa la rete e non in un suo ambito specifico. L’insieme dei neuroni ar>ficiali tra loro connessi, la rete neurale, si compone di diversi stra> chiama> layer e ognuno di essi svolge dei compi$ defini$. Nella figura adiacente vediamo una rete neurale elementare, in cui si riconosce un primo strato che ha il compito di ricevere i da> di input. Poi, un secondo strato nascosto (hidden), in quanto è interno alla rete e non ha connessioni con l’ambiente esterno. I nodi di questo layer ricevono segnali da quelli di input e, dopo aver elaborato l’informazione, trasmeDono i da> allo strato successivo, l’output layer, che, infine, consegna il risultato prodoDo dalla rete all’esterno. Il Deep Learning L’apprendimento nelle re$ neurali Le re$ neurali cercano di simulare l'apprendimento umano, che in larga parte è basato sull'errore e sulla correzione successiva. Affinché essa impari a svolgere un certo compito cogni>vo, è necessario un processo di addestramento che comincia dall'iden>ficazione dei da> che devono essere u>lizza>. Essi vengono divisi in alcune categorie o Training dataset: u>lizza> in modo che la rete apprenda e struDuri le proprie connessioni in modo stabile. o Test dataset: da> che la rete non ha mai “osservato” e che sono u>lizza> al fine di verificare se essa abbai formato dei modelli adaH alla realtà su cui è stata addestrata o sia in grado di condurre i da> a risulta> generalizzabili in contes> differen>. L'apprendimento in una rete avviene tramite un processo di riconoscimento degli errori e la loro propagazione in tu>e le connessioni, processo definito back-propaga$on in quanto vengono modificate le connessioni per produrre una risposta migliore iterando il processo più volte, fino ad arrivare ad una soluzione soddisfacente. Quando i da> sono elabora>, gli errori vengono rileva> e comunica> all’interno, modificando così tuH i pesi delle connessioni, tra i neuroni, mediante il processo di back- propaga>on, il quale consiste nel faDo che quando un dato appartenente al gruppo dei training data produce l'aHvazione di un neurone ar>ficiale, il peso della rela>va connessione si incrementa. Al contrario, se il segnale non ha una sufficiente forza di aHvazione, il peso della connessione diminuisce. In questo modo i pesi vengono con>nuamente modifica>, per tenere conto della differenza tra l’output oDenuto e quello desiderato (meccanismo della back-propaga$on rule). Questa aHvità di riada>amento 9 dei pesi delle connessioni tra i neuroni per tenere conto degli errori è il processo di addestramento alla base del funzionamento dei sistemi intelligen>. La modifica dei pesi delle connessioni tra i nodi avviene in modo massiccio sopraDuDo nella fase iniziale del processo di apprendimento; infaH, l'addestramento rende a poco a poco stabile il sistema e i nuovi da> modificano sempre più marginalmente la struDura precedente. È come se la rete formasse una sua memoria per funzionare sulla base di quanto è divenuto un modello di interpretazione della realtà stabile. I $pi di apprendimento Vi sono tre modalità di addestramento cui una rete può essere soDoposta, che si dis>nguono in funzione delle regole di riconoscimento degli errori I. L'apprendimento supervisionato: viene indicato il processo tramite cui la rete viene addestrata soDo la supervisione di esper$ che predispongono le risposte correDe. Si prepara un dataset che con>ene sia i da> di input che dell'output appropriato. È come se la rete avesse sempre a disposizione un istruDore in grado di volta in volta di fornire la risposta esaDa, su cui “valutare” la correDezza del risultato (es. soyware volto a riconoscere un oggeDo in un’immagine, che apprende aDraverso l’analisi di molte immagini). Una volta che l’apprendimento è stato completato, alla macchina vengono soDoposte immagini mai viste in precedenza, per valutare se l’addestramento possa considerarsi concluso e se essa sia a questo punto in grado di “generalizzare” il modello di riconoscimento anche a situazioni mai viste. L’apprendimento della macchina è tanto migliore quanto più elevato è il numero di immagini che può visionare. II. L'apprendimento non supervisionato: il soyware sviluppa un modello di interpretazione dei da> senza avere un supervisore (cioè l’insieme dei da> con la risposta correDa) che indichi la bontà o meno del risultato. In questo caso la rete deve scoprire autonomamente gli errori inferendo dalla struDura naturale nel set di da> usato per l'addestramento. L’apprendimento avviene senza qualcuno che dia un feedback posi>vo o nega>vo sulla classificazione effeDuata. III. L'apprendimento per rinforzo: in questo >po di apprendimento (reinforcement learning) non esiste una soluzione oHmale che possa essere determinata all'inizio del processo. La rete deve ipo$zzare delle risposte parziali e verificare se queste funzionino in modo che vengano sviluppate, nel qual caso le soluzioni vengono ulteriormente sviluppate, oppure, in caso contrario, vengono dismesse. È un processo il cui punto di arrivo non è definito, ma in cui vengono forni$ dei criteri per giudicare se una soluzione funziona o meno (delle regole del gioco). Il processo è itera>vo di >po trial & error, tramite un sistema di premi o punizioni. Il premio ha un significato conferma>vo, nel senso che induce il programma a con>nuare nella strada intrapresa, mentre la punizione è modifica>va, indicando alla rete che bisogna cambiare la strategia. Il Deep Learning e gli hidden layer Per Deep Learning, il cui termine indica quanto l'apprendimento avvenga tramite meccanismi profondi e complessi, e come tali non facilmente decodificabili, si intende quel processo di apprendimento basato su un'archite>ura della rete composta da un numero elevato di layer, che u>lizza una varietà molto ampia di da$. Nella formulazione più semplice le re> hanno un solo strato intermedio, mentre se aumenta il livello di complessità aumenta anche il numero degli hidden layer. Ognuno dei layer riceve input dagli stra> inferiori e propaga segnali a quelli superiori, in modo che ognuno compia aHvità specifiche. Si parla profondità della rete, per descrivere il numero di layer presen> tra lo strato di input e quello di output, mentre per ampiezza della rete si intende la numerosità dei nodi che compongono ciascun layer. In queste re> complesse i nodi possono consistere in algoritmi molto complessi (possono consistere in algoritmi di >po non lineare) e “autoadaHvi” (capaci di modificarsi sulla base dei risulta> del processo di apprendimento); inoltre sono necessari metodi di oHmizzazione per creare struDure interne di u>lizzo che consentano risulta> soddisfacen>. Le macchine che u>lizzano i processi di Deep Learning sono in grado di creare struDure di interpretazione di una realtà anche molto complessa. Gli u$lizzi dell’intelligenza ar$ficiale Gli ambi$ di applicazione Oggi l’AI è u>lizzata in mol> seDori: medicina, in ambito giuridico, in campo militare, nel seDore finanziario, in agricoltura e nella PA (ovviamente, anche in azienda vi sono mol> u>lizzi). Si possono dis>nguere quaDro grandi aree di applicazioni (questa suddivisione serve a fini puramente classificatori, infaH esistono for> interrelazioni e aree di sovrapposizione e non è sempre facile stabilire gli esaH confini) I. Riconoscimento linguis$co (NPL, Natural Language Processing): riguarda la capacità di comprendere il linguaggio naturale, dandogli un significato, per fornire eventualmente una prestazione nella stessa forma. Con “dare un significato” si intende che la macchina è in grado di porre una frase in un ambiente sufficientemente definito in modo che la risposta risul> coerente con il contesto stesso, a par>re dalle parole di una par>colare lingua e dal loro significato, usando le regole della rela>va gramma>ca (es. chatbot, assisten> vocali negli smartphone). II. Riconoscimento delle immagini (NIP, Natural Image Processing): consiste nel processo di caDura, collocazione in un contesto aDraverso iden$ficazione di immagini (tagging), riconoscimento di forme e di stru>ure e, infine, creazione di immagini e di filma$. Questa aHvità per un essere umano è solitamente semplice ma per un sistema ar>ficiale risulta molto complessa in quanto molte immagini sono dotate di un alto livello di ambiguità. Ad ogni modo, ques> sistemi sono in grado di oDenere performance spesso superiori a quelle degli esseri umani (es. sistemi di riconoscimento facciale come pass per l’accesso). 10 III. Analisi di business (BI, Business Intelligence): consiste nella raccolta, immagazzinamento e analisi di vari $pi di informazione per iden>ficare modelli di interpretazione di una certa realtà, i quali sono u>lizzabili per una varietà molto ampia di fini, come previsione dei da> di mercato, automazione di processi aziendali o sistemi di supporto decisionali (es. sistemi di classificazione delle preferenze degli uten> di diverse piaDaforme social; lo sviluppo di programmi di fidelizzazione della clientela). IV. Robo$ca: è il campo della manipolazione fisica, quello in cui, ad oggi, l’AI ha avuto le maggiori e più diffuse applicazioni in ambito produHvo. I robot sono delle stru>ure meccaniche, guidate da sistemi d’AI, in grado di svolgere una grande varietà di aHvità, con un contenuto cogni$vo e fisico, >piche dell’essere umano. I robot sono diffusi sopraDuDo nell’industria manifaDuriera, ma anche nel seDore dei servizi (robot medicali), in campo militare (droni per l’analisi del territorio o armi) e per uso privato (pulizia dei pavimen>). Si possono dis>nguere i robot in base alle aHvità che svolgono Mobilitàà robot stazionari, >picamente integra> nelle linee di produzione, che sono fissi in un luogo, o robot mobili, >picamente u>lizza> in logis>ca. Interazione con le personeà robot di $po classico (che lavorano indipendentemente dagli esseri umani e che da ques> sono solitamente isola>, per non causare problemi involontari) o cobot (“collabora>ve robot”, che lavorano al fianco degli esseri umani con cui interagiscono). Aspe>oà robot senza aspe>o umano (machine like) o di $po umanoide, che riproducono le faDezze di donne o uomini, che vengono u>lizza> quando si traDa di interagire con gli esseri umani, i quali sono maggiormente a proprio agio con macchine dall’aspeDo empa>co. Le applicazioni manageriali Nelle imprese crescono le aspeDa>ve sulle possibilità delle AI. Vi sono tre grandi aree applica>ve dell’AI all’interno dell’impresa 1. Automazione di processi: si traDa di automa>zzare delle aHvità di >po ges$onale e amministra$vo, prima svolte da esseri umani. Mol> compi> possono essere compiu> in modo automa>co, come rispondere a un’e-mail o predisporre un contraDo (oggi, negli studi lega> è possibile automa>zzare la ricerca delle sentenze su un par>colare tema. L'obieHvo è quello di velocizzare le aHvità). 2. Market intelligence: è la >pica aHvità di analisi dei da$ che si riferisce al complesso di strumen> che va soDo il nome di marke>ng analy>cs: si occupa dell'iden>ficazione di par>colari cluster di clien> interessa> a specifiche caraDeris>che dell'offerta, della previsione di trend di consumo, dell’iden>ficazione di messaggi di comunicazione, … (es. offerta di contenu> da parte delle piaDaforme di streaming, una volta che gli uten> siano sta> raggruppa> in funzione delle scelte effeDuate, al fine di predisporre offerte personalizzare). 3. Interazione tra soggeO: si traDa di interazioni di >po ripe>>vo che coinvolgono clien>, fornitori e personale interno (es. chatbot (intraDengono rappor> con la clientela o con i fornitori in modo automa>co per 24 ore al giorno, con cos> bassi e fornendo risposte alle esigenze e alle domande più frequen>) o i sistemi di addestramento del personale). Gli ostacoli all’adozioni dell’AI Nonostante il rapido sviluppo di strumen> dell’AI all’interno delle imprese, vi sono barriere alla loro adozione. Ques> ostacoli possono essere reali o derivare da pregiudizi e possono essere individua> in quaDro categorie I. Difficoltà di comprensione: riguarda la difficoltà di comprendere una tecnologia totalmente diversa da quelle i cui manager sono avvezzi. Un aspeDo che rende le imprese molto nervose circa l'adozione delle macchine intelligen> è l'impossibilità di capire cosa accade all'interno delle re$ neurali, in quanto non è possibile capire quali logiche vengono u>lizzate dagli algoritmi di Deep Learning (sono come delle “scatole nere”, ossia invisibili all’interno). Questo avviene sopraDuDo nei seDori in cui le decisioni comportano possibili rischi (es. servizi finanziari). Spesso le imprese fa>cano anche a trovare figure professionali necessarie per ricoprire i ruoli come esper> informa>ci e data scien>st, che siano in grado di comprendere gli algoritmi e le modalità con cui fare evolvere i sistemi. Inoltre, nonostante le tecnologie non siano complicate da u>lizzare, mol> manager pensano che sia necessario possedere elevate competenze in questo campo e di non essere all’altezza. Al riguardo, si vanno diffondendo nel mercato soluzioni Saas (Soyware as a Service), che forniscono varie applicazioni di sistemi intelligen> alle imprese, ma che garan>scono anche l’addestramento iniziale e il con>nuo miglioramento e adaDamento, senza che le imprese debbano possedere competenze rela>ve alle re> neurali. II. Cos$ di adozioni eleva$: in realtà questa percezione che le tecnologie abbiano cos> leva> deriva da pregiudizi più che dalla realtà, in quanto le tecnologie dell'intelligenza ar>ficiale non sono par$colarmente costose, a meno che non si vogliano costruire sistemi internamente all’organizzazione, dotandosi di tuDe le competenze necessarie. In realtà, ormai esistono nel mercato società specializzate nella produzione di sistemi basa> su re> neurali, che sono in grado di costruire su misura programmi adaH alle imprese, con oneri molto bassi, sopraDuDo se confronta> con i cos> del personale interno. III. Volontà di non licenziare persone: è una preoccupazione fondata in quanto nel breve periodo le macchine possono portare a una sos>tuzione delle persone, sopraDuDo per i compi> più ripe>>vi e a bassa crea>vità, creando pesan> disagi e forte demo>vazione all’interno delle proprie realtà. È importante adoDare ques> sistemi in una logica di crescita del personale e non di sos$tuzione, in quanto è fondamentale che le imprese mostrino grande aDenzione alle persone in primo luogo. Nelle imprese virtuose, le persone che sono state liberate dai compi> più ripe>>vi e noiosi vengono u>lizzare per aHvità più crea>ve, s>molan>, appagan> e u>li. 11 IV. Immaturità delle tecnologie: un'altra preoccupazione è che molte tecnologie dell'intelligenza ar>ficiale siano in uno stadio troppo precoce dello sviluppo tecnologico, ma anche in questo caso si traDa di un pregiudizio, più che della realtà: queste tecnologie risalgono alla metà del secolo scorso ed è indubbio che lo sviluppo applica>vo in campo aziendale s>a avvenendo velocemente e che oggi un numero crescente di aOvità vengano automa$zzate con grande efficienza ed efficacia. È fondamentale, infaH, che le imprese cominciano a familiarizzarsi con tecnologie che saranno pervasive in mol> seDori in un futuro molto prossimo. Quando si saranno diffuse, non aver avuto alcuna esperienza di u>lizzo potrebbe essere una condizione di forte svantaggio; pertanto, è essenziale prendere dimes>chezza con ques> sistemi fin da subito. Per evitare difficoltà future è fondamentale che le imprese introducano in modo precoce le tecnologie dell'intelligenza ar>ficiale, se il livello di maturità aziendale è sufficientemente elevato, o, in caso contrario, lanciare progeO pilota che consentano all’impresa di prendere confidenza con le nuove tecnologie, rendendo più consapevoli i manager e il personale. Tali progeH possono coinvolgere un’area aziendale limitata, un comparto geografico circoscriDo o un problema di >po opera>vo e a basso rischio. Quando poi cresce la confidenza, le imprese possono ampliare ance ad ambi> via via più sofis>ca>, dove le tecnologie possono dare un contributo importante all’efficienza aziendale e alla capacità compe>>va. Le abilità cogni$ve dei sistemi intelligen$ Gli sviluppi dell’AI Le macchine sono capaci di apprendere modelli di rappresentazione della realtà che simulano molte funzioni cogni$ve superiori tramite delle riproduzioni efficaci del modo in cui gli esseri umani u>lizzano il proprio cervello e, quindi, funzioni cogni>ve superiori (non si traDa, infaH, di capacità di valutazione o di valori e>ci). InnanzituDo, si dis>ngue tra Intelligenza ar$ficiale di $po forte (Strong AI): la capacità di riprodurre e migliorare le performance cogni>ve di un essere umano, permeDendo di sos$tuire completamente una certa prestazione. Intelligenza ar$ficiale debole o ristre>a (Weak o Narrow AI): la prestazione cogni>va fornita da una macchina a supporto di un'aHvità svolta da un essere umano. Essa non sos>tuisce ma è complementare al lavoro dell'uomo. Questo >po di AI richiede che una persona si occupi di una parte dell’aHvità, senza la quale il sistema intelligente non può completare un certo compito. Va soDolineato che la maggior parte delle applicazioni nelle imprese appar>ene alla categoria dell’AI debole, anche se un numero sempre crescente di compi> viene svolto in modo del tuDo autonomo. Inoltre, via via l'intelligenza ar>ficiale è in grado di riprodurre aHvità cogni>ve che possono essere contemporaneamente in grado di sos>tuire alcune aHvità dell'uomo ed essere di complemento ad altre. TuDavia, la dis>nzione man>ene un suo significato, in quanto mostra che sempre più l’AI è in grado di riprodurre aHvità cogni>ve >piche dell’uomo, il quale può decidere se mantenere il pieno controllo su un processo, relegando quindi il contributo dei sistemi intelligen> a compi> di supporto, oppure se affidarsi totalmente ad essi (es. diversi livelli di sistemi intelligen> nelle auto a guida autonoma). L'impaDo che l'intelligenza ar>ficiale ha sull'aHvità e sul lavoro delle persone può essere riassunto nei principali compi> cogni>vi associa> alla mente umana che si possono definire come “le 6 P” dell’AI 1. Profilazione e analisi: consiste nel comprendere quali elemen> sono significa>vi all'interno di una certa realtà. Grazie ai sistemi intelligen> è possibile iden$ficare e profilare le informazioni più rilevan$ in una grande massa di da>, che difficilmente potrebbero essere compresi in poco tempo. affinché possano essere u>li ai decisori, è necessario che vengano traDa> in modo adeguato, tradoH in informazioni, messi cioè “in forma” (nel senso che viene data loro una forma) affinché il decisore abbia la capacità di analizzarli. Perché siano leH e compresi, è necessario che vengano prima categorizza$, condensa$, contestualizza$ e rappresenta$ in modalità u$li. In questo modo il decisore può comprendere le informazioni necessarie. 2. Produzione di conoscenza: dopo la profilazione, cioè dopo che siano sta> individua> i da> più significa>vi e che siano sta> struDura> nel modo più appropriato, è necessario inferire quali a>ribu$ o quali elemen$ consentano di dare un significato a queste informazioni, producendo la conoscenza da u>lizzare nel processo decisionale. Produrre conoscenza significa arrivare in modo sistema>co a delle conclusioni che abbiano senso e che siano gius>ficate dall'esperienza. La conoscenza di una macchina assomiglia molto alle convinzioni che una persona sviluppa in base alla propria esperienza ma, mentre un essere umano fonda le proprie convinzioni sulla base di tuDo il sapere accumulato, sulle aspeDa>ve e sui valori, la conoscenza di una macchina è fruDo di un apprendimento focalizzato su un singolo aspeDo della realtà (esperienza) totalmente slegato da qualunque altro elemento, come valori, credenze ed esperienza generale di vita. La conoscenza di una rete, inoltre, non è esplicitabile, ossia non è possibile comprendere il processo inferenziale che porta a fornire certe risposte a fronte dei da> esamina>. Questo fa assomigliare la conoscenza di una macchina a quella che viene definita “conoscenza tacita” degli esseri umani, cioè che non può essere codificata. 3. Previsione: il valore dell’intelligenza ar>ficiale risiede nella capacità di prevedere, ossia an>cipare il futuro a par>re dai da> disponibili (la predizione; molte imprese usano l’AI per prevedere il tasso di abbandono della clientela sulla base delle caraDeris>che e dei comportamen> passa> oppure un’altra applicazione delle re> neurali a fini prediHvi riguarda l’assegnazione di una probabilità di insolvenza per i clien> di is>tuzioni finanziarie, che concedono credito sulla base di punteggi (credit score) assegna> da sistemi intelligen>). Le previsioni di ques> sistemi vengono u>lizzate in ogni area aziendale, dalla finanza al marke>ng, dalla logis>ca alla ges>one HR. 4. Ponderazione e valutazione: la decisione richiede anche un'aDenta ponderazione basata sulla combinazione dei da> esisten> e sulla s>ma dei da> mancan>: per procedere a una scelta è necessaria una valutazione soggeOva della situazione. L'aspeDo del giudizio è molto problema$co per le macchine perché coinvolge elemen> come valori, emozioni 12 o senso e>co. Una macchina non può ripercorrere il processo che porta un essere umano esprimere giudizi, ma può simulare qualcosa di analogo grazie alla capacità di formare modelli di rappresentazione della realtà appresi sulla base dell'esame di una serie sufficientemente numerosa di situazioni. La valutazione di una certa realtà che una macchina compie aDraverso le sue re> neurali è del tuDo diversa da quella di un essere umano, ma può essere in certe situazioni ugualmente efficace. Possiamo aspeDarci in un futuro più o meno prossimo macchine in grado di ponderare una certa situazione anche con “valutazioni” di caraDere este>co o di >po emozionale. In realtà non si traDerà di senso este>co o di emozioni, ma della capacità di formare modelli di rappresentazione della realtà appresi sulla base dell’esame di una serie sufficientemente numerosa di situazioni in cui sono state espresse valutazioni este>che o emozionali. Le macchine possono simulare quindi senso este>co o giudizi su emozioni, creando modelli d’interpretazione dei fenomeni che riproducono il senso este>co oppure il giudizio sulle emozioni che le persone avrebbero prodoDo, a paDo di disporre di una quan>tà sufficientemente elevata di da>. Quanto deDo solleva problemi e>ci di rilievo. 5. Prescrizione della soluzione: un ulteriore compito cogni>vo che può essere svolto da un sistema intelligente riguarda la prescrizione. TuDe le fasi preceden> sono orientate a una soluzione e, dunque, a una situazione desiderata. Prescrivere significa iden$ficare la migliore alterna$va al fine di raggiungere un certo obieHvo. Dunque, si traDa di iden>ficare la via più appropriata per oDenere un risultato, sulla base della situazione e dei vincoli che questa pone. I sistemi intelligen> sono in grado di iden$ficare le soluzioni in un tempo brevissimo. 6. Proge>azione di nuove soluzioni: progeDare vuol dire ideare e creare qualcosa di nuovo, aspeDo che sembra del tuDo impossibile per un computer, che può funzionare sulla base di un programma necessariamente basato sul passato. TuDavia, le macchine intelligen> sono in grado di progeDare e realizzare situazioni nuove mai viste prima, in quanto l'intelligenza ar>ficiale moderna può dotare le macchine di una qualche forma di crea>vità che si definisce “crea$vità ar$ficiale” che consente alla macchina di affrontare problemi con soluzioni efficaci originali (es. AlphaGo, una macchina intelligente sviluppata da Google, che ha baDuto i massimi campioni di Go, che è un gioco che richiede di sviluppare strategia anche di >po crea>vo). Ovviamente non si tra>a di crea$vità in senso stre>o ma di una capacità combinatoria che, associata all'enorme mole di da>, che una macchina intelligente può analizzare e da cui può apprendere, porta a risulta$ originali dal punto di vista dell'osservatore. Anche se c’è molta paura da parte degli esseri umani riguardo a questo mondo, è importante chiarire che i sistemi di AI hanno un’efficacia molto elevata, ma hanno un grande limite: possono svolgere un compito cogni$vo complesso soltanto in un campo molto limitato. InfaH, ques> sistemi sono molto intelligen> in un campo, ma molto “stupidi” in ogni altra aHvità: non esistono sistemi intelligen> mul>-purpose. TuDavia, nel tempo il numero di aHvità che una macchina sarà in grado di compiere aumenterà. L’impa>o economico delle macchine intelligen$ L’occupazione Vi è un'aspeDa>va nega>va per gli effeH dell'AI sull'occupazione, in quanto non c'è dubbio che le macchine intelligen> possano sos>tuire completamente il lavoro umano, con i significa>vi problemi sociali che ne derivano. I seDori più interessa> dovrebbero essere quelli della produzione manifaDuriera, della distribuzione e della logis>ca, dell’agricoltura, dei servizi di ristorazione e di accoglienza, oltre che una parte del terziario caraDerizzato da aHvità altamente compe>>ve. Ciò può avere un impaDo forte sulle economie più sviluppate in termini di forte disoccupazione, anche se secondo uno studio di McKinsey l'invecchiamento complessivo della popolazione comporterà un fabbisogno di lavoro umano che non sarà compensato dall'u>lizzo di sistemi intelligen>. Il saldo occupazionale dovrebbe essere dunque posi$vo anche se le mansioni lavora>ve cambieranno in modo significa>vo. Inoltre, come nelle preceden> rivoluzioni industriali, quando nuove tecnologie dirompen> e pervasive si affermano, nascono se>ori, stru>ure produOve innova$ve e nuove professionalità che a loro volta alimentano altre innovazioni, in un circolo virtuoso dal punto di vista della crescita e dell’occupazione. Le imprese devono trovarsi pronte, i programmi educa$vi devono rispecchiare le necessità di fornire nuove competenze e si devono effeDuare inves>men> per aiutare i lavoratori nei processi di transizione. Bisogna anche considerare che una parte dei lavoratori non potrà cambiare per mo>vi anagrafici e culturali e quindi dovrà essere indirizzata ad aHvità differen> o essere sostenuta soDo il profilo economico. Come sempre nella storia, questa crescita non avverrà in modo uguale nel mondo in quanto le maggiori economie industriali saranno più toccate rispeDo ai paesi del mondo meno sviluppa>. I paesi europei sono quelli che hanno la popolazione più anziana, per cui l'automazione comporterà un forte aumento di produHvità, ma anche una riduzione dell'occupazione. I paesi del mondo meno sviluppa> potrebbero subire una riduzione occupazionale per lo spostamento di alcune aHvità produHve nei paesi avanza>. L’impa>o complessivo dell'AI sull'economia globale dovrebbe essere nel lungo termine molto posi$vo ma è necessario che si adoHno tuDe le poli>che necessarie affinché i paesi meno sviluppa> non vengano lascia> indietro. Le competenze del personale Il tema della nuova organizzazione del lavoro è prioritario in quanto le persone dovranno essere in grado di interagire con tecnologie differen> da quelle del passato nei pos> di lavoro. Perciò, sarà necessario modificare le competenze del personale per migliorarne le prestazioni. Non tuH sono d'accordo con questo filone in quanto mol> ritengono che l'interazione con le macchine non avrà bisogno di par>colari conoscenze tecniche/scien>fiche e che gli aspeH tecnologici saranno coper> da un limitato numero di specialis>. Serviranno, invece, competenze complementari a quelle delle macchine di >po umano e crea>vo, che le macchine intelligen> non riuscirebbero a replicare in modo paragonabile a quello degli esseri umani. In ogni caso sarà importante per la scuola e per l’università rifleDere su quali conoscenze saranno importan> e per le aziende su come inves>re nella formazione del personale adaDo al nuovo contesto. 13 L’offerta delle imprese L'AI cambierà in modo radicale il modo in cui si opera nel mercato e ciò implicherà la necessità di adaDare l'offerta ai bisogni della clientela; infaH, i da> consen>ranno una visione delle preferenze e dei bisogni della clientela molto più approfondita rispeDo a quanto avviene oggi. Aziende come Facebook, Google, Ne€lix e Amazon usano già il deep learning per tracciare e classificare le esigenze e le preferenze dei clien>, meDere a punto le offerte, organizzare la comunicazione e ges>re i servizi agli uten>. Gli operatori umani non sarebbero in grado di affrontare la mole di da> necessari per proporre prodoH e servizi in modo personalizzato ai clien> e nemmeno i programmi tradizionali dei computer potrebbero svolgere le stesse aHvità. Il vantaggio compe$$vo in mol> seDori sarà modificato dall'AI e si può prevedere che le aziende non in grado di adoDare e u>lizzare i nuovi sistemi troveranno difficoltà crescen> per mantenere la compe>>vità o sviluppare nuovi prodoH. TuDavia, l'adozione di sistemi intelligen> per ridisegnare i modelli di business non garan>rà a lungo un vantaggio compe>>vo ai First Mover: se una nuova tecnologia si diffonde a macchia d'olio nessuna delle imprese prima adoDan> riesce a mantenere una posizione duratura di supremazia sulle altre. Poi nasceranno sicuramente molte startup, capaci di creare aHvità basate sull'u>lizzo delle nuove tecnologie e la maggior parte dello sviluppo economico dipenderà dalla nascita di queste nuove imprese. Anche i prodoH e i servizi saranno ridisegna> dall'intelligenza ar>ficiale, come nel caso delle macchine automa>che. I problemi e$ci dell’AI I problemi possono essere soDo due profili differen>: uno comune ad ogni tecnologia, che ne riguarda l'uso, e l'altro nasce dal faDo che le macchine assumono decisioni con una potenziale valenza e$ca. Con riferimento al primo profilo, abbiamo già definito che la tecnologia può essere u>lizzata per il bene o a danno dell’uomo (es. u>lizzo per scopi militari). Oggi i sistemi di intelligenza ar>ficiale non sono dota> di meccanismi che impediscano comportamen> aH ad arrecare danni agli esseri umani, ma sono addiriDura progeDa> robot per uso militare. Questo uso spregiudicato dell'intelligenza ar$ficiale fa sì che le macchine possano essere u>lizzate in futuro per commeDere crimini di varia natura, in quanto privi di meccanismi di inibizione di caraDere e>co, rappresentando rischi gravi per l'umanità. Quindi, è necessaria una grande vigilanza da parte di tuDa la società perché si approvino standard e>ci rigorosi a livello mondiale da adaDare alle macchine. La Commissione europea ha presentato una bozza di legge al fine di regolamentare l'uso dell'AI, aDraverso l'individuazione di standard ar>cola> in base ai diversi livelli di rischio: minimo, limitato, alto, inacceDabile. Gli ul>mi due riguardano le applicazioni in grado di avere un forte impaDo sulla vita delle persone. Per i livelli di rischio elevato oltre al tema dell'u>lizzo e>co, entra in gioco il faDo che le macchine intelligen> possiedono la capacità di decidere in modo autonomo e possono dunque compiere scelte moralmente inacce>abili. Si pone dunque la ques>one di come “dotare” una macchina dell'e$ca che dovrebbe entrare in gioco in ogni processo decisionale. Alcuni temi possono essere affronta> tramite dei semplici processi di apprendimento dei sistemi (es. nel pilota automa>co di un'automobile a cui si insegna come rispeDare il codice stradale). Queste istruzioni sono in grado di consen>re una macchina di operare scelte che possano essere in linea con le regole di una comunità per evitare comportamen> sbaglia>. TuDavia, non tuDe le scelte sono semplici e possono essere contemplate all'interno di un codice, ma dipendono da un esame più profondo della situazione e da una valutazione di $po e$co. Sempre facendo riferimento all’esempio dell'automobile si può presentare il cosiddeDo trolley problem, per cui un veicolo si trova di fronte a un ostacolo improvviso e non è in grado di frenare in tempo, dovendo scegliere se con>nuare nella traieDoria investendo un pedone, sterzare velocemente nella corsia opposta meDendo a rischio la vita di chi proviene in senso opposto o sterzare verso un muro con il rischio di uccidere il passeggero a bordo. Esistono due approcci per affrontare dei problemi e>ci come quello precedente o Approccio top-down: consiste nell'individuare le regole e programmare le macchine in modo che esse vengano rispeDate. Il limite di questo un approccio è che non tu>e le faOspecie sono definibili a priori e non tuDe le probabilità possono essere composte in termini semplici (es. la ques>one se vada tutelata di più la sicurezza di un giovane o di una persona anziana. Inoltre, alcune scelte non possono essere composte in termini astraH e la decisione non può essere indipendente dalla situazione specifica in cui si manifestano gli even>). o Approccio bo>om-up: in questo caso le macchine prendono la condo>a appropriata osservando come si comportano gli esseri umani in situazioni simili, senza che nessuno descriva qual è il modo di agire più appropriato. Dunque, in società con tradizioni culturali, credi religiosi, convinzioni e>che differen>, le macchine si comporterebbero in modo dissimile. Un limite di questo approccio è che l'apprendimento necessario all'AI richiede che vengano esaminate molte situazioni da cui inferire il comportamento appropriato, e può risultare complesso o addiriDura improbabile soDoporre una varietà ampia di casi al sistema per ogni possibile circostanza. OltretuDo, non tu>e le persone assegnano ai differen> comportamen> la stessa valenza morale e ogni individuo ha valori diversi riguardo le varie situazioni. In aggiunta, nelle azioni degli individui prevale spesso l’egoismo. Non è de>o che i comportamen$ degli esseri umani rispondano sempre a regole e$che acce>abili (es. guidatori che guidano in stato di ebrezza o con il telefono in mano). Un altro problema di questo approccio è che, poiché le azioni degli esseri umani sono viziate da innumerevoli mancanze, queste vengono riflesse in macchina che da quelli apprendono. Il rischio è che vengano presi dalle macchine aDeggiamen> non condivisibili (es. pregiudizi di razza o genere nei sistemi HR). o Alcune possibili soluzioni: la soluzione sta nell'uso combinato dei due approcci, ciò significa che alcune regole devono essere stabilite a priori, altre invece devono essere apprese autonomamente dalle macchine, anche se ciò non toglie che alcuni problemi e>ci richiedano un intervento dall’alto, Un’altra soluzione è quella di lasciare al giudizio dell'uomo la decisione finale in situazioni complesse. Essa non è sempre u>lizzabile, in quanto nel momento in cui viene assegnato un sufficiente grado di autonomia decisionale ai sistemi intelligen>, non è possibile intervenire con prontezza in tuDe le situazioni in cui ci si trovi una potenziale crisi di >po e>co. Un'ul>ma soluzione defini>va ma limitante è quella dell'AI 14 debole, ossia non assegnare alla macchina intelligente il ruolo di sos>tuirsi completamente all'essere umano, dove possono presentarsi situazioni potenzialmente cri>che. Cap. 3 - Conoscenza, risorse e innovazione Le cara>eris$che della conoscenza Per scienza si intende la conoscenza delle leggi che governano la natura e la società, per tecnologia il complesso di mezzi materiali e di conoscenze a>e a trasformare entrambe. Scienza e tecnologia sono due forme diverse di conoscenza, la cui natura economica va compresa se si vuole capire che ruolo giochi nei processi d’innovazione. Oggi la conoscenza si sta manifestando come la più importante delle risorse produHve grazie all'evoluzione tecnologica che ha reso l’informazione Disponibile e immagazzinabile in grandi quan>tà a cos> bassi Manipolabile e riproducibile con facilità Trasferibile a cos> sostenu> Facile da estrarre nella quan>tà e qualità voluta Semplice da elaborare e da finalizzare Inoltre, è aumentata la consapevolezza che la conoscenza è l'elemento fondamentale per la creazione di valore economico: ogni manufaDo possiede un valore che è commisurato alla quan>tà di conoscenze che incorpora (es. acquis>amo una lampada per il valore che ha la conoscenza di chi la progeDa/costruisce/vende/u>lizza). Un ulteriore aspeDo è che il confronto compe$$vo tra i soggeH economici dipende sopraDuDo dal sapere posseduto e non solo dalla proprietà dei faDori produHvi (K & L). Il valore aggiunto e il vantaggio compe>>vo risiedono nella capacità di originare nuova conoscenza, di scambiarla per accrescere il valore e di appropriarsi del sapere originato da altri. Dunque, la conoscenza risulta una risorsa centrale nel processo produHvo (sia nella produzione che nel consumo) poiché è cri>ca ai fini della trasformazione economicaà il valore aggiunto che la tecnologia dà ai processi e ai prodoH supera quello dato dalle trasformazioni chimiche, fisiche o di altra natura. Il sapere possiede alcune caraDeris>che specifiche o Non è deperibile con l'uso: si intende la caraDeris>ca di usurabilità e di riduzione al momento dell’u>lizzo. Quando viene u>lizzato, “trasformato” in una nuova conoscenza, diviene più ricco, si incrementa di nuovi elemen>. o È un bene “non rivale”: può essere u>lizzato più volte o da più persone. Inoltre, meDere in comune la conoscenza non necessariamente implica rinunciare alla rendita derivante dal suo possesso. o È riproducibile senza limi$: il sapere, una volta codificato, può essere poi duplicato in copie perfeDamente iden>che all’originale (es. conoscenza codificata in un brano musicale può essere riprodoDa su un supporto digitale (file) e poi replicata senza limi>). o Può essere facilmente imitato: la conoscenza quando viene u>lizzata può generare un flusso di reddito che si alimenta anche grazie alla caraDeris>ca della riproducibilità. TuDavia, da questa caraDeris>ca ne deriva un’altra: la fragilità, in quanto le rendite derivan> sono facilmente appropriabili da terzi. Le imprese investono sapendo che per un periodo più o meno limitato possono godere di un sovra-reddito. Quanto più la conoscenza può essere riprodoDa da altri, tanto meno si può contare su una rendita monopolista: per questo la proprietà intelle>uale è così importante. o Genera sinergie nello scambio: quanto più i soggeH, persone o organizzazioni, meDono in comune le proprie conoscenze, tanto più si genera nuova conoscenza. Inoltre, scambiare le informazioni accresce anche la qualità e quan>tà del sapere. InfaH, la conoscenza generata dallo scambio diviene più produHva di quella originaria. Conoscenza e risorse nelle imprese Il ruolo delle risorse L’esistenza di piccole differenze tra un’impresa e l’altra, lungi dall’essere di breve periodo, conduce a comportamen> e asseH diseguali. Ogni impresa è diversa dalle altre e non è riconducibile ad un modello unico, al contrario di quanto ipo>zzato nella teoria economica classica. Ci si chiede cosa provochi la diversità tra le imprese e perché i piccoli cambiamen> amplificano le differenze dando luogo ha una grande varietà di imprese. Si introduce il tema dei faDori produHvi, che nella visione tradizionale sono lavoro e capitale. Ovviamente se i faDori produHvi più importan> fossero solo ques>, le differenze tra imprese sarebbero minime. Ciò che rende diverse le organizzazioni tra loro è quel >po di risorse dotate di rarità, di scarsa imitabilità e di difficoltà di acquisizione. Per cui, la risposta più convincente alla precedente domanda può essere fornita dal Resource-Based-Theory (RBT). Partendo dal lavoro di Penrose, si è sviluppata la teoria evolu>va dell’imprese, vista come insieme di capacità sedimentata all’interno dell’organizzazione e soggeDo ad evoluzione per adaDamento all’ambiente. Poi, si è riconosciuto alle risorse basate sulla conoscenza il ruolo fondamentale nello spiegare la capacità concorrenziale e di sopravvivenza dell’impresa. Termini come capacità differenziali, competenze dis>n>ve, pun> di forza, soDolineano come la conoscenza sia rilevante in relazione al potenziale compe>>vo in essa racchiuso. Negli ul>mi trent’anni questa teoria si è sviluppato e l'obieHvo è iden>ficare quelle risorse in grado di consen>re all'impresa di sostenere il vantaggio compe>>vo e la produzione di valore. Le risorse sono la fonte della creazione di valore se C'è una loro distribuzione ineguale tra le imprese Non sono dotate di mobilità È possibile proteggerle dall’imitazione della concorrenza La capacità di reddito e di sviluppo dell’impresa non risiede nelle scelte che compie, ma nelle risorse che dispone. Non tuDe le risorse possono essere fonte di vantaggio compe>>vo, ma solo quelle non negoziabili nel mercato ossia dotate di elevata specificità e che sono il fruDo della con>nua accumulazione all’interno. 15 La natura della conoscenza Due interpretazioni del conceDo di conoscenza 1. Posi$vista: la conoscenza ha un cara>ere universale, è dotata di univocità e indipendenza dai soggeH e dalle is>tuzioni, è soggeDa ad accumulazione e basata su una capacità di ricerca e comprensione delle leggi e della natura. 2. Natura soggeOva della conoscenza: è fruDo di apprendimento individuale e di fenomeni di interazione sociale. Un’altra dis>nzione è quella proposta da Polanyi che si basa su un tenta>vo di sintesi aDraverso la conceDualizzazione dell’esistenza di due $pi di conoscenza Conoscenza esplicita: dotata di ar>colazione, codificabilità e comunicabilità. Conoscenza tacita: in>mamente connessa all’individuo, intui>va, non ar$colabile e difficilmente trasmissibile. Rou$ne organizza$ve: sono la traduzione della conoscenza esplicita in prassi aziendali, ovvero la capacità di affrontare problemi ricorren> facendo appello a procedure e processi divenu> patrimonio dell’organizzazione nel suo insieme e si traducono in processi manageriali o tecnici (es. capacità di progeDare un impianto). Un secondo aspeDo riguarda i meccanismi di formazione della conoscenza. L’organizzazione può essere anche vista come luogo in cui ogni individuo, avendo un sap

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