Proprietà dei Materiali Ecosostenibili PDF
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L'articolo descrive le proprietà dei materiali ecosostenibili, suddividendole in categorie chimico-fisiche, meccaniche e tecnologiche. Il documento si addentra nel concetto di microstruttura e porosità come fattori chiave nel definire le caratteristiche di un materiale.
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PROPRIETÀ DEI MATERIALI Chimico-Fisiche Meccaniche Tecnologiche Colore Durezza Malleabilità Temperatura di fusione Elasticità Duttilità ...
PROPRIETÀ DEI MATERIALI Chimico-Fisiche Meccaniche Tecnologiche Colore Durezza Malleabilità Temperatura di fusione Elasticità Duttilità Peso specifico Tenacità Fusibilità Conducibilità termica Plasticità Temprabilità Conducibilità elettrica Resistenza all’usura Saldabilità Resistenza alla corrosione Resistenza meccanica dipendono indicano indicano dalla natura degli elementi la resistenza meccanica l’attitudine dei materiali a costituenti il materiale e dei materiali sottoposti a farsi lavorare dalla loro struttura sollecitazioni esterne MICROSTRUTTURA DEI MATERIALI La microstruttura è data dall’insieme delle caratteristiche geometriche e quantitative delle fasi presenti all’interno di un materiale, compresi vuoti e difetti. Essa è il risultato della modalità di produzione del materiale, delle lavorazioni e dei trattamenti subiti, il rilevamento della microstruttura fa parte dei metodi di controllo della qualità dei materiali. Un materiale viene definito: omogeneo, se costituito da una sola sostanza, oppure da più sostanze “solubili” allo stato solido che formano una soluzione solida omogenea. Il componente presente in maggiore quantità è il solvente e l’altro è il soluto. eterogeneo, se costituito da componenti insolubili tra loro, formanti un sistema polifasico. Si definisce fase una porzione fisicamente omogenea (a livello microstrutturale) di un materiale, che si differenzia da altre porzioni. La microstruttura dei materiali viene studiata tramite osservazione al microscopio (ottico ed elettronico). POROSITÀ Molti materiali come i ceramici tradizionali, il legno o il calcestruzzo sono caratterizzati da una struttura porosa. I pori possono essere assimilati ad una fase che contribuisce a determinare le proprietà macroscopiche del materiale. Una implicazione immediata è di tipo meccanico (visto che i pori sono una fase a resistenza nulla, si osserva una drastica diminuzione della resistenza meccanica all’aumentare della porosità. Inoltre, se i pori sono pieni d’aria e sono isolati tra loro conferiscono al materiale caratteristiche di isolamento termico. Se i pori sono comunicanti rappresentano una via di accesso per le specie aggressive e quindi sono di importanza fondamentale nel determinare la resistenza al degrado del materiale. Ogni materiale, anche quello che appare più compatto, è dotato di porosità: una frazione del suo volume è occupato da piccole cavità presenti nel suo interno. Le cavità sono dovute o a gas intrappolato, o a fessure dovute a ritiro (diminuzione di volume durante la solidificazione), o a spazi intergranulari. Il loro volume, rapportato al volume totale (volume apparente) costituisce la porosità del materiale. Le cavità possono essere comunicanti con l’esterno (porosità aperta) o non (porosità chiusa). Le cavità aperte possono essere zone di raccolta di eventuali sostanze liquide presenti nell’ambiente o di condensa di vapori. POROSITA’ PERMEAZIONE E IMBIBIZIONE → La porosità è distinta in porosità aperta, porosità chiusa e porosità interconnessa. I pori chiusi non comunicano tra loro, non permettono la circolazione dell’acqua. I metalli a porosità chiusa sono normalmente impermeabili. Nel caso della porosità aperta i pori comunicano tra loro attraverso i capillari che favoriscono la circolazione dell’acqua, quanto maggiore sarà la porosità aperta di un materiale tanto più sarà grande la sua capacità di assorbimento dell’acqua. Porosità o porometria → ripartizione dei pori aperti di un materiale in funzione della loro dimensione; più i pori sono fini, più il materiale ha la capacità di assorbire acqua. La porosità varia a seconda dei materiali: per i marmi e i graniti è vicina allo 0% e può raggiungere il 40% per i calcari teneri. In presenza d’acqua le principali cause di degrado dei materiali porosi sono il gelo e la cristallizzazione dei sali. Porosità aperta → La porosità aperta si misura con il porosimetro a mercurio: il campione viene immerso nel mercurio; aumentando man mano la pressione il mercurio viene forzato ad entrare nei pori. Dal consumo di mercurio si ottiene una valutazione delle quantità di pori di una certa dimensione presenti nel materiale. Il diametro dei pori intrusi è posto in relazione con la corrispondente pressione applicata al mercurio σ ⋅ cosθ secondo la formula di Jurin: 𝑑= 𝑝 ▪ d = diametro dei pori (m); ▪ σ = tensione superficiale del mercurio (N/m); ▪ θ = angolo di contatto tra mercurio e materiale testato; ▪ p = pressione applicata al mercurio (Pa). BAGNABILITÀ (ANGOLO DI CONTATTO) Tendenza allo spargimento del liquido sulla superfice del solido, porta ad una diminuzione dell’angolo di contatto. Per forze coesive prevalenti, l’angolo di contatto aumenta. Angolo interno DENSITÀ Il rapporto tra la massa ed il volume di un campione è la misura della “vera” densità del materiale solo in assenza di porosità. Nelle applicazioni tecniche talvolta si usa la massa volumica, rapporto tra la massa ed il volume apparente, che comprende anche i volumi delle cavità che non contribuiscono alla massa. I metalli, per la sistemazione compatta del reticolo, hanno valori di densità alti, quelli con peso atomico maggiore raggiungono le densità massime dei materiali. DENSITÀ VOLUMETRICA - massa su unità di volume, g*cm-3 - questa grandezza intrinseca fornisce informazioni sul peso di un manufatto La densità dei materiali è strettamente legata al numero atomico degli elementi che li costituiscono e al modo in cui gli atomi o le molecole si dispongono nello spazio. Dipende: - dal tipo di atomi (+ o - pesanti o voluminosi) - dal tipo di particelle di cui è costituito il materiale (atomi o molecole) - dalla forza dei legami chimici che uniscono le particelle (forti o deboli) - dalla loro distribuzione nello spazio (ordinata o disordinata, + o – compatta) METALLI: Hanno in genere elevata densità perché sono formati da elementi ad alto numero atomico POLIMERI: hanno in genere bassa densità, in quanto costituiti principalmente da elementi a basso numero atomico (carbonio, idrogeno, ossigeno) con una struttura solo parzialmente ordinata CERAMICI: costituiti da elementi (O, Ca, Mg, Si, Al) di peso atomico non rilevante e con reticoli cristallini non molto compatti, pertanto hanno densità minore dei metalli. Sono una classe di materiali così diversificata da non presentare un valore medio. Il legno, il cui costituente principale è la cellulosa ha una porosità aperta di circa il 70%, di conseguenza ha una densità molto bassa. COSTO DEI MATERIALI In generale esiste una correlazione tra elevato volume di produzione e basso costo, il che vuol dire che i materiali più usati sono quelli che possono essere prodotti a un prezzo inferiore. Proprietà meccaniche: TIPI DI SOLLECITAZIONI ESTERNE La condizione di trazione o compressione semplice (σ) si realizza in presenza di una forza che agisce perpendicolarmente ad una superficie (a), mentre lo sforzo di taglio (τ) è generato da una forza che agisce parallelamente ad una superficie. - campione di materiale avente una forma geometrica semplice assimilabile ad una barra sottoposto all’azione di una forza, F, progressivamente crescente; - definizione di sforzo (s) e deformazione (e): la forza viene espressa in N (Newton) e le dimensioni in mm (millimetri), lo sforzo è espresso in N/mm2 o MPa, la deformazione è adimensionale; - sottoponendo un provino di un materiale a una prova di trazione fino a portarlo a rottura, è possibile tracciare la curva σ–ε, rappresentativa del comportamento meccanico di un materiale. - Comportamento elastico: sforzo direttamente proporzionale alla deformazione; dopo rottura o rimozione del carico, il provino torna esattamente alle dimensioni iniziali; - Comportamento meccanico del materiale può essere descritto da una semplice equazione nota come legge di Hooke (σ = E ε), con E modulo di Young (che si misura in Mpa), caratteristico del materiale. La legge di Hokke vale solo per il tratto elastico. - Maggiore è la pendenza della curva sforzo-deformazione, maggiore è il valore del modulo di elasticità. - Tipico dei materiali ceramici e dei vetri che, avendo un alto valore del modulo di elasticità, mostrano deformazioni elastiche molto piccole - elastomeri, che avendo bassissimo valore del modulo di Young, sono invece fortemente deformabili elasticamente. MODULO DI YUONG → Il modulo di Young è una grandezza che esprime la propensione dei materiali ad allungarsi o accorciarsi a causa di una forza di carico. In un grafico il modulo di Young maggiore c’è la linea che sale più rapidamente poiché a parità di sforzo la deformazione è minore. GRANDEZZE CARATTERISTICHE DELLA PROVA DI TRAZIONE F (forza media lungo l’asse) sforzo nominale σ = [σ] = Pa = N/m2 MPa = 106 Pa = N / mm2 A0 (sezione iniziale) l – l0 Δl (variazione della lunghezza del provino) deformazione nominale ε = = l0 l0 (lunghezza iniziale del provino) Δl= allungamento deformazione % = allungamento % = deformazione nominale x 100% A0 – Af sezione iniziale-sezione finale %Strizione= = x 100% A0 sezione iniziale SFORZI E DEFORMAZIONE NEI METALLI Se un materiale metallico viene sottoposto a trazione subisce in generale una deformazione. Si ha una deformazione elastica quando il materiale in oggetto, dopo deformazione, ritorna alle sue dimensioni originali. Con questa deformazione gli atomi del metallo vengono allontanati dalla loro posizione reticolare, ma non abbastanza da assumere una nuova posizione reticolare. La deformazione è proporzionale allo sforzo. PROVA DI TRAZIONE Con la prova di trazione è possibile valutare la resistenza meccanica di un materiale metallico tirando un provino dello stesso fino a rottura. Nel corso della prova viene registrata la forza applicata al campione di metallo con una cella di carico. L’allungamento può essere quello ottenuto dal movimento fatto dalla traversa mobile o meglio ancora tramite un estensimetro opportunamente applicato sul campione. PROVA A TRAZIONE-POSIZIONAMENTO DELL’ESTENSIMETRO Importanti proprietà dei materiali possono essere determinate svolgendo una prova a trazione, ottenendo un diagramma sforzo-deformazione. I dati di forza sono ottenuti dalla cella di carico. I dati di deformazione sono ottenuti dall’estensimetro. Curva di trazione di un materiale metallico → Riportando in un diagramma cartesiano lo sforzo e la deformazione, si ottiene la curva sforzo-deformazione (o curva σ - ε). Nella regione a comportamento elastico (tratto lineare) il provino di materiale metallico tornerà alla sua lunghezza originale una volta rimosso lo sforzo a cui è stato sottoposto. Normalmente, i metalli subiscono una deformazione elastica minore dello 0,5%. In questa regione, lo sforzo è proporzionale alla deformazione: σ = E ε (legge di Hooke) dove E è il modulo elastico o modulo di Young (coefficiente angolare della retta tratteggiata in rosso nella figura). Più esso è elevato più il metallo è rigido. Prova a trazione-provini Diagramma sforzo-deformazione nominali (σ - ɛ) Il diagramma σ-ɛ ha molte caratteristiche rilevanti: 1. Intervallo ad elasticità lineare: o σ e ɛ sono correlati in modo lineare; o Elastico significa che la deformazione generata è recuperabile: si rimuove il carico e la deformazione viene recuperata; o E è il modulo di elasticità o la costante di proporzionalità nell’intervallo lineare. 2. Punto di snervamento: o Il punto sulla curva nel quale termina l’intervallo elastico; o Dopo questo punto, ogni ulteriore deformazione non è recuperabile ed è permanente; o L’intervallo plastico inizia dopo il punto di snervamento e termina con il punto di rottura. 3. Sforzo a rottura a trazione: o è il punto massimo della curva σ-ɛ; o rappresenta lo sforzo maggiore che il provino possa raggiungere prima di rompersi. 4. Punto di rottura: o Il punto sulla curva nel quale il provino si rompe. La curva σ-ɛ può essere utilizzata per ottenere informazioni sul comportamento dei materiali testati e sui dati relativi alle proprietà meccaniche. Proprietà Meccaniche Ottenibili dalla Prova a Trazione – Modulo di Elasticità o modulo di young, E Modulo di Elasticità (E): lo sforzo e la deformazione hanno una relazione lineare nel campo elastico (Legge di Hook). σ (sforzo) E= Maggiore la resistenza di legame, maggiore è il modulo di elasticità. ɛ (deformazione) L’acciaio è più rigido dell’alluminio e si deforma meno (elasticamente) sottoposto allo stesso carico. Carico di Snervamento → è un’altra importante grandezza che si può ottenere dalla curva sforzo- deformazione. Esso rappresenta il limite tra la regione a comportamento elastico e la regione a comportamento plastico. Applicando un carico superiore a quello di snervamento, il materiale in studio comincia a subire una deformazione plastica (deformazione irreversibile). Poiché nella curva sforzo-deformazione dei metalli, il confine tra comportamento elastico e comportamento plastico è spesso di difficile individuazione, il carico di snervamento viene rilevato in corrispondenza dello sforzo che, una volta rilasciato, lascia una deformazione plastica residua pari allo 0,2%. In corrispondenza di questa deformazione, viene tracciata una retta parallela a quella del tratto elastico e dal punto d’incontro di questa retta con la curva sforzo-deformazione si ottiene il carico di snervamento. La deformazione dello 0,2% è un valore del tutto arbitrario. Nei metalli per vedere il punto di snervamento dobbiamo prendere la retta del grafico spostarla al punto 0.002 e vedere dove va a intersecare la retta. Sforzo di snervamento, σy → è lo sforzo al quale il materiale inizia ad avere una deformazione permanente o plastica. La posizione dello sforzo di snervamento non è sempre chiara e precisa. L’offset sforzo di snervamento a 0.2% è usato per identificare lo sforzo di snervamento. Il Carico Di Rottura → è il massimo valore di resistenza raggiunto nel diagramma sforzo-deformazione. Dopo il massimo della curva sforzo-deformazione, il provino sottoposto a trazione subisce un restringimento localizzato al centro della sua sezione originale (strizione). Esso si allunga ulteriormente fino a rottura. Dal punto di vista tecnologico è più importante il carico di snervamento perché indica il limite massimo a cui può essere messo sotto sforzo un materiale prima di subire significative deformazioni plastiche. Non è bene considerare in fase di progettazione, il carico di rottura perché in corrispondenza di esso il materiale è molto deformato. Schematizzazione dei cambiamenti subiti da un provino nella prova di trazione Proprietà Meccaniche Ottenibili dalla Prova a Trazione – Modulo di Resilienza, Ur Il modulo di resilienza, Ur, è una misura della quantità di energia necessaria per causare lo snervamento nel materiale. - Questa energia è quasi completamente recuperata una volta che il carico viene rimosso. - Ur è misurato calcolando l’area sottostante l'intervallo elastico lineare della curva σ-ɛ. 1 - Ur = 2 σ y ɛ y - La tenacità è la quantità di energia necessaria per rompere il materiale. È una misura di combinazione di resistenza e duttilità. - Si misura determinando l’area sottostante l’intera curva. Proprietà Meccaniche Ottenibili dalla Prova a Trazione – Rapporto di Poisson, ѵ Quando un campione è allungato elasticamente sotto un carico di trazione, il suo diametro deve diminuire. Questo produce il rapporto di Poisson, ѵ ɛ (laterale) ɛ𝑦 Rapporto di Poisson= v= - =- ɛ (longitudinale) ɛ𝑧 Il rapporto di Poisson è sempre positivo nei materiali isotropi e varia tra 0.25 e 0.4 Proprietà Meccaniche Ottenibili dalla Prova a Trazione – Modulo di Elasticità o modulo di young, E RIGIDITÀ (contrario di cedevolezza) → di un materiale è correlata alla sua capacità di subire deformazione in campo elastico; - la grandezza, caratteristica di ogni materiale, in grado di definire con esattezza la sua rigidità è il modulo di elasticità; - il materiale 3 è il più rigido, il materiale 1 il meno rigido; - i valori dei moduli di elasticità dei metalli sono molto più elevati di quelli dei polimeri. RESISTENZA → di un materiale è legata alla sua capacità di sopportare forze applicate senza rompersi e senza deformarsi in modo permanente. - nel caso di materiali a comportamento elastico-plastico, la grandezza da tenere in considerazione è lo sforzo di snervamento (detto anche limite elastico) in genere indicato con σsn; - nei materiali a comportamento solo elastico (che presentano un comportamento a rottura fragile) la grandezza da considerare è lo sforzo di rottura, σR. Entrambe queste grandezze vengono misurate in MPa. - la resistenza aumenta passando dal materiale 1 al materiale 3, pur in presenza di rigidità (E) e duttilità (ɛR) molto simili. DUTTILITÀ → capacità di un materiale di sopportare grandi deformazioni plastiche senza rompersi. - sono duttili solo i materiali a comportamento elastico-plastico, mentre i materiali a comportamento elastico hanno duttilità nulla; - oggetti con bassissima duttilità non possono essere prodotti per stampaggio o comunque deformazione plastica, ma devono essere prodotti con tecniche quali la sinterizzazione (ceramici) o la colata e solidificazione (bronzo, ghisa); - allungamento percentuale a rottura, indicato con la sigla ɛR (%): la duttilità aumenta passando dal materiale 1 al materiale 3, pur in presenza di rigidità (E) e resistenza (σsm) molto simile; - i polimeri hanno in genere elevata duttilità. Hanno duttilità molto bassa i ceramici, i vetri e i compositi. TENACITÀ → capacità di un materiale di mantenere la sua integrità dissipando al suo interno energia di deformazione che può provenire, ad esempio; - tenacità di un materiale correlata all’ampiezza del tratto plastico che precede la rottura; - nel tratto in cui si comporta in modo elastico, il materiale assorbe energia di deformazione elastica, che è reversibile e può essere rilasciata. Nel tratto in cui si comporta in modo plastico il materiale assorbe energia di deformazione plastica, che non è reversibile e non può essere rilasciata. Un approccio più rigoroso alla definizione di tenacità passa attraverso la definizione di come tali cricche si generano e si propagano all’interno del materiale fino a portarlo a frattura completa ed è basato sulla misura sperimentale di un parametro della meccanica della frattura, il fattore di intensità dello sforzo, con sigla KIC e unità di misura MPa; - tanto più elevato è il valore di tale parametro, tanto più il materiale risulta idoneo a sopportare la presenza di difetti (o cricche) al suo interno senza rompersi quando sollecitato; - i metalli hanno in genere tenacità a frattura, misurata in termini di KIC più elevati rispetto ai polimeri, mentre i materiali ceramici e il vetro hanno tenacità a frattura molto bassa. SFORZO E DEFORMAZIONE DI TAGLIO S (forza di taglio) τ = sforzo di taglio = A (superficie applicazione forza di taglio) spostamento a taglio, γ = deformazione di taglio = = tan 𝜃 (*per piccoli angoli 𝜃) a distanza “h” sulla quale agisce lo sforzo COMPORTAMENTO ELASTICO LINEARE (a) Nel caso di comportamento elastico lineare, nel corso della deformazione il materiale immagazzina energia di tipo elastico. La progressiva riduzione dello sforzo applicato provoca la corrispondente diminuzione della deformazione, fino al suo annullamento nel momento in cui lo sforzo è completamente rimosso e l’energia elastica immagazzinata viene integralmente restituita. COMPORTAMENTO ELASTICO NON LINEARE (b) Mentre i materiali metallici ed i ceramici sono caratterizzati da comportamento elastico lineare, gli elastomeri, quali le gomme naturali e artificiali, possono deformarsi molto di più, ma dopo una deformazione elastica lineare, manifestano un comportamento elastico non lineare. Dati gli altissimi valori di deformazione che possono raggiungere, gli elastomeri sono in grado di immagazzinare e restituire quantità elevate d’energia elastica. COMPORTAMENTO ANELASTICO (c) La maggior parte dei materiali in pratica non è capace di restituire integralmente l’energia fornita durante la deformazione; la curva sforzo-deformazione presenta generalmente un’isteresi più o meno evidente e l’area compresa tra le due curve rappresenta la frazione di energia non restituita. Questa proprietà, detta anelasticità, abbastanza spiccata in materiali quali gomme e ghisa, viene sfruttata per esempio per smorzare le vibrazioni o per assorbire le onde acustiche. ANELASTICITÀ → Il fenomeno per il quale il comportamento elastico di un materiale è dipendente dal tempo → è dovuto a processi microscopici e atomici che si sviluppano nel tempo accompagnano la deformazione → per i materiali metallici la componente anelastica è molto piccola e può essere trascurata invece è evidente per alcuni polimeri e il comportamento risultante viene chiamato visco- elastico. CONDUCIBILITA’ TERMICA ed ELETTRICA CONDUCIBILITÀ TERMICA → è la proprietà che regola il trasferimento di calore; - i metalli sono conduttori termici, mentre i polimeri sono isolanti termici; i materiali ceramici hanno conducibilità termica che varia in un ampio intervallo di valori, in alcuni casi (diamante, grafite) superiore o paragonabile a quella dei metalli (sono, cioè, conduttori termici), in altri casi (vetro e calcestruzzo) paragonabile a quella dei polimeri (sono cioè isolanti termici). CONDUCIBILITÀ ELETTRICA → è la capacità di un materiale di condurre la corrente. Normalmente si indica la resistività del materiale, misurata in micro ohm per centimetro (mΩ - cm), che diminuisce all'aumentare della conducibilità elettrica. - i metalli sono conduttori elettrici, mentre i polimeri e i ceramici sono isolanti elettrici - proprietà legata alla diversa mobilità degli elettroni. COMPORTAMENTO FRAGILE O DUTTILE - Un materiale duttile è un materiale che ha sia la regione plastica che quella elastica. - Un materiale fragile ha solo una parte elastica. La differenza tra comportamento fragile e duttile è evidenziata anche dal diverso aspetto delle superfici di frattura. Il comportamento duttile o fragile non è sempre una caratteristica intrinseca dei materiali, ma in certi casi dipende da fattori esterni, quali la modalità di applicazione del carico e la temperatura. Curva σ-ε per materiale duttile e fragile La tenacità è la misura della quantità di energia che un materiale è in grado di assorbire prima di giungere a rottura (J/m3); questa proprietà è di notevole importanza tecnologica in relazione all’attitudine di una materiale a resistere a una sollecitazione d’urto senza rompersi. Sforzo e Deformazione Reali → si basano sull’area resistente istantanea e la lunghezza istantanea. Questo è in contrasto con lo sforzo nominale che è determinato sulla base dell’area della sezione trasversale originale. F Sforzo reale = 𝜎𝑡 = Ai 𝑙𝑖 𝐴0 Volume= cost l0A0= liAi → = 𝑙0 𝐴𝑖 𝐴 Deformazione reale = 𝜀𝑡 = ln 𝐴0 𝑖 Lo sforzo reale è sempre maggiore dello sforzo nominale, perché si considera l’area istantanea (che è sempre minore). Questa differenza, però, non è significativa nel campo elastico. I progetti strutturali non sono basati sullo sforzo reale di rottura in quanto non appena superato il carico di snervamento, il materiale inizia a deformarsi. I progettisti usano invece il carico di snervamento allo 0.2 %, corretto con opportuni coefficienti di sicurezza. PROVE D’IMPATTO DEI MATERIALI RESILIENZA → viene determinata con una prova di Charpy, che dà la resistenza alla rottura a flessione per urto. Nota la massa del pendolo e la differenza tra l’altezza iniziale e quella finale, che il pendolo raggiunge dopo aver rotto il provino, si calcola l’energia assorbita dal provino per rompersi. Resilienza = energia assorbita dal provino dopo la rottura = M g (H-h) - M è la massa della mazza e dell’asta in kg; - g è l’accelerazione di gravità (9.81 m/s2); - h e H sono le altezze della mazza rispettivamente prima e dopo l’urto; - La resilienza si misura in joule (J). Nelle prove di resilienza si studia un materiale intagliato, con un intaglio a V Durezza e Prova di durezza dei materiali (è una prova NON DISTRUTTIVA) Queste prove servono a rilevare e allo stesso tempo non danneggia il materiale; infatti, viene detto prove di tipo non distruttivo, cioè, possono essere utilizzate dopo la prova. Queste prove servono a capire di che tipo di materiale si sta trattando; quindi, si evita di farci imbrogliare Le prove di durezza cambiano in base al materiale se è di tipo metallico o di tipo polimerico. La durezza è una misura della resistenza di un metallo alla deformazione plastica localizzata o indentazione; La durezza è importante in applicazioni nelle quali un componente si articola su un altro, causando usura; I materiali più duri si consumano meno; Il materiale più duro in natura è il diamante; Le indentazioni sulla superficie e all'interno del dente dell’ingranaggio hanno diverse dimensioni. CONCETTO MINERALOGICO → la durezza è la resistenza alla scalfittura (un materiale più duro riesce a scalfire uno meno duro). La scala di riferimento, chiamata scala Mohs, è empirica e prende come riferimento 10 minerali diversi: 1 talco, 2 gesso, 10 diamante. CONCETTO FISICO-METALLURGICO → la durezza è la resistenza che oppone un materiale alle deformazioni elastoplastiche e come tale è legata a fenomeni di scorrimento plastico indotti dalla compressione localizzata. La durezza di un metallo viene misurata comprimendo un penetratore sulla sua superficie; il penetratore, che è solitamente una sfera, una piramide o un cono, è costituito da un materiale molto più duro (acciaio temprato, il carburo di tungsteno o il diamante) del materiale che viene testato. Le prove di durezza sono standardizzate e prevedono la lenta applicazione di una forza nota che comprime il penetratore perpendicolarmente alla superficie del materiale per un certo tempo. Dopo la rimozione del carico e del penetratore il valore empirico della durezza si calcola o si legge direttamente sulla macchina di prova basandosi sull’area dell’impronta o sulla sua profondità. N.B.: La misura dell’impronta viene effettuata dopo la rimozione del carico a causa della difficoltà di misurla durante l’applicazione del carico stesso, per cui l’impronta residua “plastica” che rimane è più piccola di quella “elasto-plastica” che si forma sotto l’azione del carico. La durezza di un metallo dipende dalla facilità con cui esso si deforma plasticamente. Per un particolare metallo si possono determinare empiricamente delle correlazioni tra durezza e resistenza meccanica, quindi tra durezza e carico di rottura. Si può effettuare in maniera più agevole una prova di durezza in luogo di una prova di trazione per determinare il carico di rottura di un materiale. Inoltre, la prova di durezza non è distruttiva come quella di trazione. Prove di durezza e Scale DUREZZA → o macro-durezza quando l’impronta interessa un notevole volume del materiale, cioè la resistenza alla penetrazione è influenzata dalla collettività dei grani o dei microcristalli costituenti il materiale. - La forza applicata al penetratore varia tra un minimo di 2 N e un massimo di 30 KN. - Le impronte sono generalmente visibili ad occhio nudo. MICRODUREZZA → quando l’impronta interessa un piccolissimo volume di materiale, cioè la resistenza alla penetrazione è influenzata da porzioni di materiale che possono essere delle dimensioni dei grani. - La forza applicata al penetratore è inferiore a 2 N fino anche a 0,02 N. - Le impronte sono visibili con l’ausilio di un microscopio. DEFORMAZIONE PLASTICA DEI METALLI MONOCRISTALLINI Bande di scorrimento e linee di scorrimento Deformazione plastica di una barra cilindrica costituita da un monocristallino di zinco ottenuta sollecitando la barra oltre il suo limite elastico. Le bande di scorrimento sono causate dallo scorrimento o deformazione dovuta a sforzi di taglio, degli atomi del metallo lungo specifici piani cristallografici chiamati piani di scorrimento. - La deformazione plastica di un monocristallo provoca la formazione di bande dette bande di scorrimento. - Atomi su specifici piani cristallografici (piani di scorrimento) e in direzioni specifiche scorrono per formare queste bande. - Le bande di scorrimento nei metalli duttili sono uniformi. Sistemi di Scorrimento I metalli hanno un sistema di scorrimento preferito: una combinazione di un piano densamente impaccato e una direzione densamente impaccata. - Ogni cristallo ha una serie di sistemi di scorrimento caratteristici in base alla sua struttura. LEGGE DI SCHMID La relazione tra l’azione di sforzo uniassiale su un singolo cilindro di un monocristallo di metallo puro e lo sforzo di taglio risultante, τr, prodotto su un sistema di scorrimento è data da: S (forza di taglio) τ = sforzo di taglio = A (superficie applicazione forza di taglio) F 𝜎= A0 τr= 𝜎 cos cos PROPRIETÀ TERMICHE Calore specifico (Cp) → È caratteristico per ogni materiale e rappresenta la quantità d’energia necessaria per elevare di un grado la temperatura di un kg di materiale. Unità di misura: Jkg-1 K-1. Dilatazione termica (α) → Al crescere della temperatura aumenta il valore medio della distanza interatomica che causa la dilatazione termica del materiale. - Una bacchetta di lunghezza L subisce un incremento di lunghezza dL proporzionale all’aumento di temperatura dT: dL= LdT - La costante di proporzionalità ha valori caratteristici per ogni materiale ed è il coefficiente di dilatazione termica lineare. Unità di misura: K-1 Conduttività termica (k) → Il trasporto di energia termica tra punti che si trovano a temperatura diversa si chiama conduzione di calore. Nei solidi, la conduzione avviene per trasporto di energia vibrazionale; nei metalli un ulteriore contributo è dato dagli elettroni liberi, che trasferiscono energia mediante collisioni. Il flusso di energia termica j, ossia l’energia che attraversa nell’unità di tempo l’unità di superficie perpendicolare alla direzione del trasporto (x), è proporzionale al gradiente di temperatura (δT/δx) nel materiale: δT j= -k δx dove: k = conduttività termica, espresso in J m-1 s-1 K-1. Gli isolanti termici, che hanno valori molto bassi di , sono costituiti da miscele di sostanze cellulari o granulari e aria. L’aria ha una conduttività assai bassa e la conduzione deve seguire un percorso tortuoso più lungo attraverso i grani o le pareti cellulari. La presenza di eventuale umidità, aumenta la conduttività, perché l’acqua conduce molto più dell’aria. PROVE DI DUREZZA SHORE → Scala usata per la misura della durezza su elastomeri e gomme. Il riferimento è dato solo sulla taratura dei durometri di prova eseguita esclusivamente col metodo diretto, ovvero, mediante verifica dei parametri di influenza quali: - forza di prova - scala di penetrazione - forma del penetratore La norma internazionale ISO 868 può, comunque, rappresentare un valido riferimento per le prove su materie plastiche ed elastomeri; questa norma è stata recepita a livello europeo e tradotta in italiano dall’UNI. Essa prescrive le condizioni di prova e la metodologia di esecuzione per la durezza Shore. Prove di durezza Shore A e D Le durezze Shore A e D vengono determinati da apparecchi manuali su materiali plastici flessibili ed elastomeri. Si determina la resistenza alla penetrazione di un tronco di cono (Shore A) oppure di un cono con punta arrotondata (Shore D). Shore A → viene indicata su elastomeri morbidi dopo aver misurato con un ago spuntato. Shore D → viene indicata su elastomeri tenaci dopo aver misurato con un ago non spuntato. La Shore A è la scala maggiormente usata nel campo della misurazione della durezza degli elastomeri termoplastici. Una lettura di 0 indica che il penetratore è entrato fino alla massima profondità, mentre una lettura 100 indica un’assenza di penetrazione nel campione. Al di sopra dei 90 Shore A i valori sono meno attendibili; pertanto, per i materiali più duri è preferibile l’utilizzo di uno Shore D, dotato di un penetratore più acuminato rispetto allo Shore A. Per gli elastomeri plastici più soffici, durezza inferiore ai 5 Shore A, è consigliabile l’utilizzo di uno Shore E (tastatore a semisfera). ENTI DI NORMATORI Ogni paese ha degli enti che identificano le regole da applicare con i diversi materiali. ASTM International → è un organismo di normazione statunitense. Precede altre organizzazioni di standard come il BSI (1901), IEC (1906), DIN (1917), ANSI (1918), AFNOR (1926) e ISO (1947). British Standards Institution (BSI) → è l'ente nazionale di standardizzazione del Regno Unito. Produce standard tecnici su un'ampia gamma di prodotti e servizi e fornisce alle aziende servizi di certificazione e di standardizzazione. Commissione elettrotecnica internazionale (IEC) → è un'organizzazione internazionale per la definizione di standard in materia di elettricità, elettronica e tecnologie correlate. Molti dei suoi standard sono definiti in collaborazione con l'ISO (Organizzazione internazionale per la normazione). Questa commissione è formata da rappresentanti di enti di standardizzazione nazionali riconosciuti. Deutsches Institut für Normung (DIN) Istituto tedesco per la standardizzazione → è un'organizzazione tedesca per la definizione di norme. Fondata il 22 dicembre 1917 col nome di Normenausschuss der deutschen Industrie (Comitato di Normazione dell'industria tedesca) e poi ribattezzata prima nel 1926 con il nome Deutscher Normenausschuß (Comitato Tedesco di Normazione) per giungere, infine, all'attuale nome nel 1975. American National Standards Institute (ANSI) Istituto Americano di Normalizzazione → è un'organizzazione privata senza fini di lucro che definisce le norme industriali per gli Stati Uniti. È membro dell'ISO (Organizzazione Internazionale per la normazione) e dell'IEC (Commissione Elettrotecnica Internazionale). Association française de normalisation (AFNOR) → è l'organizzazione francese che rappresenta la Francia presso l'Organizzazione internazionale per la standardizzazione (ISO) e il Comitato europeo di standardizzazione (CEN). Ente Nazionale Italiano di Unificazione (UNI = norma nazionale italiana) → si tratta di un’associazione di carattere privato che elabora norme tecniche per tutti i settori industriali, commerciali e del terziario, e che rappresenta il nostro paese a livello di normazione europea (CEN) e a livello mondiale (ISO). Comité Européen de Normalisation (CEN) → sono obbligatorie per i paesi membri, il loro obiettivo è quello di uniformare la normativa a livello europeo. I paesi membri non possono quindi utilizzare normative non in linea con le direttive CEN. Quando la norma viene adottata in Italia, prende il nome di normativa UNI EN (la sigla EN si applica alle norme elaborate dal CEN) International Organization for Standardization (ISO) → si tratta di norme di riferimento con valenza mondiale che i diversi paesi possono decidere se adottare o meno. In Italia, l’applicazione di una di queste normative, la renderà riconoscibile come norma UNI ISO, o UNI EN ISO, nel caso che questa venga adottata anche in Europa. - Norma UNI EN ISO → seguita da un numero identificativo, si tratterà di una normativa emanata a livello internazionale, adottata in Europa e in Italia. - Norma UNI EN → si tratterà di una norma UNI, applicata secondo la normativa CEN, quindi Europea. - Norma UNI → sarà invece parte della normativa italiana. PROVA DI RESISTENZA A FLESSIONE un materiale in cui viene fatta la prova di flessione viene poggiato su 2 3Fl 𝜎max = 2 𝑏 ℎ2 Rottura a fatica → Applicazioni di stress al materiale che possono provocare la rottura a fatica: assiale, torsionale e flessorio. quando si ripete un movimento nel tempo, l’oggetto che compie lavoro si indebolisce. un materiale sottoposto a cicli di stress, su un lungo intervallo di tempo, presenta prestazioni meccaniche inferiori, rispetto al materiale non sollecitato (possono insorgere microcrack interni o superficiali che possono condurre alla rottura del materiale). FATICA → è il degrado della resistenza meccanica subito da un materiale quando è sottoposto ad uno sforzo ciclico, anche d’entità variabile nel tempo. Questo fenomeno costituisce la causa principale di rottura di componenti in esercizio, sia perché la ripetizione dello sforzo porta a rottura in presenza di sollecitazioni inferiori al carico di rottura, sia perché molto spesso non si rilevano in tempo i segni premonitori che la accompagnano. Dal punto di vista morfologico le rotture per fatica si differenziano dalle altre per la loro superficie caratterizzata dalla presenza di almeno due zone distinte: una piuttosto liscia e lucente, solcata da linee concentriche o sostanzialmente parallele tra di loro ed una cristallina. Carico ciclico Sono possibili diversi tipi di sollecitazioni cicliche o fluttuanti (assiali, torsionali e a flessione). Nelle prove di laboratorio, il carico ciclico è controllato in ampiezza e frequenza. Le principali sollecitazioni applicate sono: 𝜎max e 𝜎min 𝑚𝑎𝑥 + 𝑚𝑖𝑛 𝑚𝑎𝑥 − 𝑚𝑖𝑛 Sforzo medio: m = ; Ampiezza di sforzo: a = ; 2 2 𝑚𝑖𝑛 Rapporto di sforzo: R = ; Intervallo di sforzo: r = max - min. 𝑚𝑎𝑥 Se m = 0, max = - min e il carico è detto completamente invertito. Nel caso completamente invertito: r (intervallo di sforzo) = 2 a (ampiezza di sforzo) e R (rapporto di sforzo) = 1. Se entrambi m ≠ 0, il carico è detto ripetuto Nel caso di carico ripetuto: sia max che min possono essere positivi, negativi o con segno diverso. L’ampiezza dello sforzo, a, gioca un ruolo chiave nella rottura a fatica. Maggiore è il suo valore, più esteso è il danno. Lo sforzo medio, m, gioca un minore ruolo nel danno da fatica. Prove a fatica In una prova di fatica in laboratorio (prova di R.R. Moore), il carico alternato di compressione e trazione viene applicato su un pezzo metallico rastremato verso il centro. - Il campione ruota e ogni rotazione completa rappresenta un ciclo; - Lo sforzo applicato, σ, è mantenuto costante; - Ad ogni sforzo, σ, il numero di cicli, N, necessario per determinare la rottura vengono contati; - I punti σ-N sono diagrammati per formare la curva σ-N. Sforzo e Lunghezza Cricca-Propagazione Cricca a Fatica - Quando ‘a’ è piccolo, anche da/dN è piccolo; - da/dN aumenta quando aumenta la lunghezza di cricca; - Un aumento di σ aumenta la velocità di crescita di cricca; - ΔK = Kmax - Kmin = intervallo del fattore di intensità di sforzi; - A, m = costanti che dipendono da materiale, ambiente, frequenza, temperatura e rapporto di sforzo. Velocità di Crescita Cricca a Fatica ΔK → Linea retta con pendenza m Il valore limite di ΔK sotto il quale non è misurabile la crescita della cricca è chiamato valore soglia del fattore di intensità di sforzo ΔKth. Rottura a Fatica applicando sollecitazioni cicliche, la rottura può avvenire per condizioni di carico inferiori al valore di resistenza a rottura determinato per un carico statico. la rottura a fatica è di tipo brittle-like anche in materiali che normalmente hanno un comportamento di tipo duttile; quindi, è improvvisa e catastrofica. la rottura a fatica avviene seguendo tre fasi distinte: 1. Crack initiation nella zona di concentrazione dello stress 2. Propagazione incrementale del crack 3. Rottura del campione CRACK: fase iniziale e propagazione → Nf = Ni + Np Nf → numero di cicli prima della rottura Ni → numero di cicli anteriori al primo crack Np → numero di cicli prima della propagazione del crack Il crack si propaga perpendicolarmente alla direzione di applicazione della tensione. La zona liscia e lucente solcata da linee concentriche, che parte dal punto in cui si è innescata la cricca di fatica, è dovuta alla più o meno rapida propagazione della cricca. La zona cristallina corrisponde alla rottura di schianto, che si verifica quando il carico applicato diventa superiore a quello consentito dalla sezione residua. Fattori che influiscono sulla vita a fatica: Sforzo medio Geometria del materiale Finiture→ se il materiale non è stato correttamente levigato, le cricche possono apparire dove erano presenti imperfezioni del materiale. Variabili metallurgiche Trattamento superficiale: pallinatura e cementazione→ tali trattamenti vanno a modificare la geometria del materiale Ambiente: o Fatica termica → i cicli termici provocano una modifica dei materiali (freddo e caldo) o Corrosione→ per esempio se usassimo materiali ferrosi non trattati vicino al mare possiamo vedere la corrosione dei materiali che causano un Scorrimento a caldo o creep → legato al movimento di atomi, molecole, dislocazioni e vacanze per diffusione che avviene lentamente con il tempo in presenza di una sollecitazione ed è facilitato dalla temperatura elevata. → Metalli e Ceramici: la temperatura a cui inizia lo scorrimento viscoso è tanto più alta quanto maggiore è la temperatura di fusione Tf. Esso inizia a valori di T > 0.3 ÷ 0.5 Tf In pratica, in materiali con bassa temperatura di fusione il fenomeno del creep si può verificare anche a temperatura ambiente. Si dice che un materiale ha temperatura di scorrimento alta se T c> 0.5 Tm. → Polimeri: a temperature maggiori di Tg, le catene di molecole slittano una dopo l’altra al variare del tempo (a temperature minori questo meccanismo è reso più difficile). Il fenomeno si manifesta per temperature basse quando TTg Comportamento ad alta temperatura Una generica curva di creep presenta tre zone: - una con velocità di deformazione decrescente, detto creep primario. o Durante la fase di creep primario (legato al movimento delle dislocazioni nel reticolo cristallino) prevale il meccanismo dell’incrudimento (che porta ad una progressiva diminuzione della velocità di scorrimento). - una con velocità di deformazione costante, detto creep secondario. o Durante la fase di creep secondario, possono avvenire fenomeni di riarrangiamento atomico (legati alla diffusione allo stato solido) che possono ridurre il numero delle dislocazioni presenti. - una con velocità di deformazione crescente, detto creep terziario. o Durante la fase di creep terziario l’aumento della velocità di deformazione è legato alla formazione di vuoti o microcricche in corrispondenza dei bordi di grano, che porta alla rottura del materiale. Effetti dello sforzo e delle temperature - Dipendenza della velox di deformazione da creep dello sforzo → ɛs = K1 n - Dipendenza della velox di deformazione da creep dello sforzo e dalla temperatura (in K) → Qc ɛs = K2 n exp (− ) L’energia di attivazione RT Prova di Creep a rottura → è come la prova di creep, ma finalizzata alla rottura del provino. - Il tempo per la rottura diminuisce con l’aumento di sforzo e temperatura. Parametro di Larsen Miller → è utilizzato per rappresentare i dati creep-rottura sotto sforzo. - P (Larsen-Miller) = T [log tr + C] - T = temperatura (K), tr = sforzo - tempo rottura (ore) - C = costante (ordine di 20) A un dato livello di sforzo, il log tempo per la rottura da sforzo più la costante moltiplicata per la temperatura rimane costante per un determinato materiale.