Etica Nicomachea - Libro II (PDF)
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University of Milan
Aristotle
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This document presents the second book of Aristotle's Nicomachean Ethics.
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Libro II, capitolo primo: Aristotele ha introdotto la distinzione tra: 1. Virtù intellettuali/ dianoetiche: derivano dall’insegnamento, richiedono tempo per svilupparsi (sono legate alla parte razionale dell’anima). 2. Virtù morali/ etiche: derivano dall’abitudine (ethos) e non dall...
Libro II, capitolo primo: Aristotele ha introdotto la distinzione tra: 1. Virtù intellettuali/ dianoetiche: derivano dall’insegnamento, richiedono tempo per svilupparsi (sono legate alla parte razionale dell’anima). 2. Virtù morali/ etiche: derivano dall’abitudine (ethos) e non dall’insegnamento (sono legate alla parte desiderante dell’anima). La virtù morale non nasce in noi per natura ma è nella nostra natura accoglierla. L’innatismo predisposizionale: Aristotele afferma che le virtù morali non sono innate, poiché ciò che è naturale non può essere alterato dall’abitudine. ↓ Tuttavia è nella nostra natura accogliere le virtù e perfezionarle con l’abitudine. Virtù ed esercizio: Aristotele afferma che noi acquisiamo le virtù con l’esercizio e la ripetizione di azioni virtuose. ↓ La stessa cosa avviene con le arti, nessuno di noi nasce sapendo suonare ma si impara l’arte del suonare tramite l’esercizio. Generazione e distruzione: Le virtù, come le arti, si generano e si distruggono (dipendono) dall’esercizio pratico delle stesse azioni che le costituiscono: - Compiendo azioni virtuose, si diventa virtuosi. - Compiendo azioni viziose, si diventa viziosi. Dunque è importante avere un buon maestro che, fin dalla nascita, sia in grado di fornire l’abitudine corretta da seguire. ↓ Quindi l’educazione per Aristotele è tutto. Due problemi: Aristotele ha detto che l’educazione è tutto ma qui nascono due problemi: 1. Arbitrarietà/ contingenza: noi non possiamo decidere di nascere in una famiglia piuttosto che in un'altra. 2. Reversibilità dell’habitus: una volta ricevuta una determinata educazione è possibile cambiarla? - Secondo Donini non vi è più reversibilità. - Secondo Aristotele è possibile voler cambiare ma fare ciò non sarà facile. Capitolo secondo: Aristotele ripete che il suo obiettivo non è la conoscenza teorica ma è di tipo pratico: diventare buoni. ↓ Dovremo indagare quindi il campo della praxis. Retta ragione: Aristotele afferma che bisogna agire in conformità alla retta ragione. ↓ Qui si rinvia la trattazione di cosa sia la retta ragione. - Questo rimando anticipa il ruolo della phronesis (saggezza pratica), virtù dianoetica atta alla deliberazione. La mancanza di precisione: Aristotele insiste sulla natura non esatta dell’etica in quanto essa si basa su azioni umane instabili e quindi le regole etiche non sono assolute. La mesotes: Aristotele introduce il concetto della medietà (mesotes). ↓ Dato che la virtù è distrutta dall’eccesso e dal difetto, è necessaria la giusta misura che permette la piena attuazione della virtù. - Esempio: l’eccesso o la mancanza di esercizio e di cibo rovina la salute, mentre la giusta quantità la conserva. Applicazione della mesotes: Applicando questo principio alle virtù morali: - Coraggio: l’eccesso è la temerarietà, il difetto è la viltà. - Temperanza: l’eccesso è l’intemperanza, il difetto è l’insensibilità. Il massimo grado: Il massimo grado di un’azione consiste nel frequentare in maniera adeguata la medietà. Piacere e dolore: Aristotele afferma che chi si astiene dai piaceri del corpo e gode di questo stesso astenersi è temperante, chi invece se ne rammarica è intemperante. ↓ Dunque Aristotele conviene che la virtù morale riguarda piaceri e dolori. - A causa del piacere che la gente compie azioni ignobili - a causa del dolore la gente si astiene da azioni belle L’educazione: Per questo si deve essere abituati in un certo modo fin da giovani, come dice Platone, a provare piacere per le cose giuste e rammaricarsi per quelle turpi. Le punizioni: Le punizioni vengono inflitte come terapie alle azioni viziose tramite la terapia dei contrari. ↓ Esempio: se si è ecceduto di libertà, si verrà sottoposti alla terapia dei contrari: la libertà verrà tolta. Uomo giusto e sbagliato: Tre cose portano a scegliere (bello, utile e piacevole) e tre cose a rifiutare (turpe, dannoso e doloroso). ↓ L’uomo buono è colui che sceglie correttamente, il cattivo colui che giudica sbagliando e commette errori in particolare riguardo il piacere (perseguono, i cattivi, piaceri sbagliati). Il piacere come criterio di giudizio: Aristotele conclude osservando che gli uomini tendono a giudicare le azioni con il metro del piacere e del dolore. Capitolo terzo: Aristotele distingue tra: - Compiere un’azione giusta o temperante: il semplice fatto di eseguire un atto che sembra giusto o temperante non implica che chi lo compie sia veramente giusto o temperante. ↓ Allo stesso modo, il bambino può scrivere grammaticalmente corretto (per caso) senza conoscere veramente la grammatica. - Essere virtuosi in senso pieno: si è virtuosi quando l'azione è compiuta con le giuste intenzioni: 1. Consapevolezza: l’azione deve essere compiuta con piena consapevolezza di ciò che si sta facendo. ↓ Aristotele sottolinea che la consapevolezza arriva solo ad un certo punto della vita (i bambini non sono consapevoli). 2. Scelto per sé stesso: l’atto virtuoso deve essere stato scelto per se stesso e non per altro. ↓ Un atto giusto deve essere compiuto perché è giusto, non per ricevere vantaggi. 3. Disposizione stabile (hexis): l’atto virtuoso non deve essere occasionale ma deve essere una disposizione stabile. Come si diventa virtuosi: Aristotele critica chi crede che la sola teoria o il discorso filosofico possano rendere una persona virtuosa (come i malati che ascoltano le prescrizioni dei medici ma non le mettono in pratica). ↓ Per Aristotele la virtù si acquisisce solo con la pratica di azioni virtuose che porta allo sviluppo di un habitus stabile che rende la persona virtuosa. Capitolo quarto: Aristotele distingue tre cose che si generano nell’anima desiderante: 1. Passioni: emozioni che coinvolgono piacere e dolore (desiderio, ira, paura). 2. Capacità (dynameis): tendenze naturali innate che ci permettono di provare le passioni (essere capaci di adirarsi o provare paura) 3. Stati abituali (hexeis): disposizioni stabili attraverso cui ci si atteggia bene o male rispetto alle passioni. ↓ Esempio con la rabbia: Se uno si adira troppo facilmente → vizio (eccesso). Se uno non si adira mai → vizio (difetto). Se uno si adira nel giusto modo → virtù. La virtù non è una passione: La virtù non può essere una passione perché noi veniamo ritenuti eccellenti o ignobili in base a come ci rapportiamo alle passioni (e non in base alla passione in sé). ↓ Infatti non si biasima chi si adira ma si biasima chi lo fa in un certo modo = come si rapporta alla passione. La virtù non è una capacità: Aristotele esclude anche che la virtù sia una capacità perché noi non veniamo detti né buoni né cattivi per il fatto di essere capaci di provare passioni. ↓ Inoltre le capacità le abbiamo per natura, vizi e virtù no. La virtù come stato abituale: Aristotele conclude che la virtù è uno stato abituale (hexis) ossia una disposizione stabile dell’anima grazie alla quale rispondiamo bene o male alle passioni. Capitolo quinto: L’ergon della virtù è quello di rendere eccellente sia la natura di un ente sia il suo operato. ↓ Esempio: la virtù dell’occhio rende eccellente l’occhio (natura dell’ente) e permette di vedere in maniera eccellente (operato dell’ente). - Quindi la funzione umana (ἔργον τοῦ ἀνθρώπου) è la razionalità ossia l'azione conforme alla ragione. La difficoltà del giusto mezzo: Aristotele afferma che esistono due tipi di medietà: 1. Medietà relativa alla cosa: valore equidistante dagli estremi. Esempio: 6 è il mezzo tra 10 e 2. 2. Medietà relativa a noi: questa medietà cambia per tutti. Esempio: una dieta non è universale, ciò che è poco per Milone (un atleta) può essere eccessivo per un principiante. Quindi la virtù morale verrà ad essere ciò che tende al giusto mezzo relativo a noi. Phronesis: La virtù morale è un equilibrio che si raggiunge non attraverso una misura matematica, ma attraverso la saggezza pratica (φρόνησις) che valuta ogni situazione. Virtù come medietà nelle passioni: Aristotele applica il concetto di giusto mezzo alle passioni e alle azioni (in quanto la virtù riguarda queste cose). ↓ Le passioni possono essere eccessive, difettive o equilibrate. - Il vizio si manifesta nell'eccesso o nel difetto. - La virtù si manifesta nell’equilibrio. La difficoltà di cogliere il giusto mezzo: L’errare si dà in molti modi (infatti il male è indefinito), mentre l’essere corretti si dà in un solo modo (il bene è finito) perciò vi è anche una cosa facile e una difficile, facile il fallire il bersaglio, difficile cogliere il giusto mezzo. Capitolo sesto: Possiamo dire che virtù è uno stato abituale che produce scelte e si fonda sulla medietà rispetto a noi che è determinata dalla ragione pratica. Culmine: La virtù, per definizione, è medietà ma, rispetto al bene, essa è un estremo (punto culminante). Azioni ignobili in sé: Per Aristotele alcune azioni non hanno il giusto mezzo (adulterio, furto, omicidio) ma sono ignibili in sè. La virtù come estremo positivo: Aristotele ripete che la virtù è sia medietà rispetto al vizio, sia estremo rispetto al bene. Capitolo settimo: È fondamentale applicare i principi etici generali ai casi particolari in quanto la prassi riguarda il mondo concreto dove ogni azione avviene in circostanze particolari. Applicazione della mesotes: Aristotele elenca diverse virtù e vizi e individua il giusto mezzo, l’eccesso e il difetto: - Coraggio (andreia)→medietà: coraggio /eccesso: temerarietà (troppo ardire) /difetto: viltà (troppa paura). - Temperanza (sophrosyne)→medietà: temperanza (controllo dei piaceri e dolori)/ eccesso: intemperanza/ difetto: insensibilità. - Generosità (eleutheriótes)→medietà: generosità/ eccesso: prodigalità (spendere troppo)/ difetto: avarizia (trattenere troppo). - Magnificenza (simile alla generosità, ma legata a grandi spese)→medietà: magnificenza/ eccesso: cattivo gusto, volgarità/ difetto: grettezza. - Fierezza→medietà: fierezza (dignità nell’accettare grandi onori)/ eccesso: vanità/ difetto: pusillanimità. - Mitezza→medietà: mitezza/ eccesso: iracondia/ difetto: flemma. - Sincerità→medietà: sincerità/ eccesso: vanteria/ difetto: ironia. - Arguzia→medietà: arguzia (buon senso dell'umorismo)/ eccesso: buffoneria/ difetto: rusticità (mancanza di spirito e piacevolezza) - Amabilità nei rapporti sociali→medietà: amabilità/ eccesso: adulazione/ difetto: misantropia - Pudore e sdegno: anche se non sono virtù in senso stretto, Aristotele riconosce il valore di pudore (medietà) e sdegno rispetto agli estremi viziosi: Eccesso di pudore: pudibondo Difetto di pudore: sfacciato Eccesso di sdegno: invidia Difetto di sdegno: malevolenza Riassunto delle virtù morali: Ora Aristotele può dire che le virtù morali sono disposizioni d’animo che si acquisiscono attraverso l’abitudine (héxis) e Il giusto mezzo non è una media aritmetica tra due estremi, ma una scelta razionale relativa alla situazione contingente fatta con la phronesis. Capitolo ottavo: Aristotele stabilisce che vi sono tre disposizioni principali: 1. Eccesso 2. Difetto 3. Medietà I primi due riguardano il vizio, la medietà la virtù. ↓ Ciascuna di queste disposizioni si oppone alle altre: - Gli estremi (eccesso e difetto)si oppongono sia tra loro sia rispetto alla medietà. - La medietà è opposta agli estremi. Esempi di opposizioni: Aristotele afferma che il coraggio è virtù mediana. ↓ Il temerario considera il coraggioso un vigliacco e il vigliacco considera il coraggioso un temerario. - Si può notare che la viltà è molto più contraria al coraggio rispetto alla temerarietà. Gli estremi: Aristotele osserva che c’è più opposizione tra i due estremi rispetto al quisto mezzo. Somiglianza: Pur essendo opposti, alcuni estremi hanno una certa somiglianza con il giusto mezzo. ↓ Ad esempio sembra che la temerarietà assomigli al coraggio e a volte possiamo confonderci e dire che il temerario è coraggioso. Maggiore contrarietà: Aristotele sostiene che uno degli estremi appare più contrario al giusto mezzo rispetto all’altro. ↓ Questo dipende da: - Causa oggettiva (nella cosa stessa): la viltà è più lontana dal coraggio rispetto alla temerarietà e quindi risulterà più contraria rispetto al giusto mezzo. - Causa soggettiva (nella natura umana): gli esseri umani sono naturalmente portati verso alcuni estremi: siamo più inclini alla mancanza di autocontrollo. ↓ Quindi diciamo che sono maggiormente contrarie le cose verso le quali vi è in noi una tendenza più forte (noi tendiamo a soffocare le spinte naturali x essere più virtuosi). Capitolo nono: Qui si conclude la trattazione della medietà e si ribadisce la difficoltà di raggiungere il giusto mezzo. ↓ Saper cogliere il centro di un cerchio non è da tutti, ma è proprio dell’esperto. I mali minori: Citando l’Odissea, Aristotele consiglia di tenersi lontano dal “fumo e dal vortice”, cioè dagli estremi più pericolosi. ↓ Quindi, se il giusto mezzo è difficile da raggiungere, bisogna scegliere i mali minori, ossia tendere verso l’estremo meno dannoso. Correzione delle inclinazioni naturali: Aristotele propone un metodo per correggere le proprie inclinazioni naturali e raggiungere il giusto mezzo. ↓ Questo metodo consta di tre passaggi: 1. Individuare la propria inclinazione: alcuni tenderanno ad alcune cose, altri ad altre ed è possibile individuarle osservando il piacere e il dolore che derivano dalle azioni. 2. Correggere con l’azione opposta: una volta individuata la propria inclinazione errata bisogna spingersi nella direzione opposta. 3. Diffidare del piacere: il piacere è ingannevole quindi bisogna evitarlo. ↓ Viene citato l’atteggiamento degli anziani verso Elena di Troia i quali presero distanza dalla donna. Tendere verso l’opposto: Quindi per raggiungere la virtù noi dobbiamo mirare al giusto mezzo con un leggero spostamento verso l’estremo meno dannoso.