🎧 New: AI-Generated Podcasts Turn your study notes into engaging audio conversations. Learn more

06-le radiazioni-27.09.2022.pdf

Loading...
Loading...
Loading...
Loading...
Loading...
Loading...
Loading...

Transcript

Sbobinatore: Ghislandi Elisa e Cannistrà Vittorio Revisore: Cannistrà Vittorio e Ghislandi Elisa...

Sbobinatore: Ghislandi Elisa e Cannistrà Vittorio Revisore: Cannistrà Vittorio e Ghislandi Elisa Materia: Patologia Generale Docente: Rusnati Marco Data: 27/09/2022 Lezione n° 6 Argomento: Radiazioni Riassunto/integrazione: in questa lezione verrà trattato un nuovo argomento strettamente correlato a quello della lezione precedente sulle ustioni. Infatti, anche in questo caso, il nostro percorso patogenetico non parte dalla chimica delle macromolecole biologiche (come può essere il DNA per le talassemie) o dai microrganismi (in riferimento alle malattie infettive), ma sarà necessario partire da una serie di concetti fisici molto più lontani: le particelle subatomiche (come elettroni, neutroni, protoni e orbitali). LE RADIAZIONI1 INTRODUZIONE Le radiazioni vengono ampiamente utilizzate in ambito biomedico sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico. Parlando di radiazioni utilizzeremo un registro diverso dal solito poiché tratteremo aspetti molto lontani dalla nostra quotidianità. Un esempio di questa lontananza è dato dal diverso utilizzo che faremo dei termini “macroscopico” e “microscopico”. Infatti, solitamente, con il primo intendiamo tutto ciò che si può vedere ad occhio nudo, mentre con il secondo facciamo riferimento ad una cellula, un batterio o un virus. In questo contesto invece utilizzeremo “macroscopico” in riferimento ad un atomo o ad una parte di esso, mentre con “microscopico” (o in generale con “tutto ciò che è più piccolo del macroscopico”) intenderemo le particelle subatomiche, le più piccole delle quali sono gli elettroni. Un ulteriore esempio di questa lontananza dalla quotidianità è dato dal fatto che parleremo anche di radiazioni che non sono associate ad alcuna particella subatomica: si tratta di onde elettromagnetiche che non hanno un'entità fisica per quanto microscopica o subatomica essa possa essere. Uno degli effetti peculiari delle radiazioni (cioè che non ha nulla a che vedere con le ustioni) è che queste provocano alopecia, ovvero la perdita dei peli dovuta all’atrofia dei bulbi piliferi. Questo fatto è noto sin dagli arbori della scoperta delle radiazioni, agli inizi del ‘900, quando le sorgenti radioattive venivano utilizzate dalle signore dell’alta società per depilarsi, ovviamente senza che queste conoscessero i più gravi effetti avversi della pratica. Infatti, ad oggi, è noto che le radiazioni provocano l’insorgenza di tumori. Quest’ultima situazione, così come l’atrofia dei bulbi piliferi e tante altre condizioni, sono determinate dalle radiazioni, non attraverso un semplice trasferimento di energia, ma tramite particolari meccanismi patogenetici paralleli al trasferimento di calore (che è comunque sempre presente). DEFINIZIONE DI RADIAZIONE Per radiazione si intende la propagazione di energia da un punto ad un altro dello spazio in assenza di trasporto di quantità macroscopiche di materia e senza la necessità di un substrato per la propagazione. Da un punto di vista matematico la radiazione può essere descritta duplicemente dalla relazione di De Broglie: ℎ 𝑄= 𝜆 Nella formula 𝑄 rappresenta la quantità di moto, che serve per descrivere la radiazione poiché essa è una propagazione di energia e dunque qualcosa che si muove da un punto, detto sorgente radioattiva, ad un altro, nel nostro caso l’organismo. Quest’ultimo è costituito da vari strati che vengono interessati in maniera diversa in base alle caratteristiche delle radiazioni che li colpiscono. Infatti, alcune radiazioni sfogano i loro effetti lesivi solo sulla cute, mentre altre sono in grado di oltrepassarla e interagire con organi e tessuti più interni. Questa caratteristica è responsabile dei meccanismi patogenetici delle radiazioni paralleli alla trasmissione e cessione di calore. Sempre in riferimento alla formula ℎ sta per la costante di Plank (che non è necessario conoscere e approfondire) mentre 𝜆 indica la lunghezza d’onda. La relazione di De Broglie è utile, inoltre, per comprendere meglio la duplice natura delle radiazioni. Queste possono essere: corpuscolate, quando sono associate ad atomi o a particelle subatomiche, chiamate corpuscoli, e possono essere quindi classificate in base alla loro massa (ad esempio i raggi alfa saranno quelli con massa maggiore mentre i raggi beta avranno massa inferiore); elettromagnetiche o ondulatorie, quando non posseggono una massa, in quanto non sono associate a nessun corpuscolo, e quindi saranno classificate attraverso la misura della lunghezza d’onda. 1 Il trasferimento di energia termica per irraggiamento, che è tipico delle radiazioni, verrà trattato in una lezione a parte. 50 Tutte le radiazioni, sia corpuscolate che elettromagnetiche, sono associate ad un’energia che sono in grado di trasmettere. Ad esempio, un corpuscolo che costituisce un raggio alfa, nel momento in cui entra in contatto con un individuo trasferirà un’energia che in parte si sfogherà sulla cute e in parte penetrerà verso gli organi interni. Anche la radiazione elettromagnetica trasporta energia, nonostante non abbia nessuna massa ad essa associata: più una radiazione ha lunghezza d'onda elevata minore sarà la sua energia, più una radiazione ha lunghezza d'onda breve maggiore sarà la sua energia (nella relazione di De Broglie, infatti, la lunghezza d’onda sta al denominatore generando una correlazione inversa con l’energia). RADIAZIONI ELETTROMAGNETICHE Nell’immagine sono riportate varie situazioni in cui ci troviamo accidentalmente o volontariamente esposti a radiazioni elettromagnetiche: nella parte più interna sono raffigurate delle apparecchiature che costituiscono degli emettitori di radiazioni, appena più esternamente è riportata l'energia trasportata dai diversi tipi di radiazione e ancora più esternamente sono presenti i nomi delle radiazioni che vanno dalle onde radio o dei telefoni, ad elevatissima lunghezza d’onda e quindi a bassissima energia, ai raggi X e gamma, con lunghezza d'onda brevissima ma un'energia enorme. Va da sé che, maggiore è l'energia della radiazione, maggiore sarà la sua patogenicità, poiché un’energia maggiore corrisponde a un maggiore effetto simil-ustione e a maggiori effetti paralleli caratteristici delle radiazioni. Le uniche radiazioni che non hanno assolutamente alcun effetto patologico sono quelle che appartengono alla piccolissima finestra della luce visibile, il cui unico ruolo è quello di permettere il senso della vista. Per quanto riguarda i raggi UV (caratteristici dell’esposizione solare) quando assunti in quantità moderata hanno un ruolo essenziale per il nostro organismo poiché permettono la produzione di vitamina D, se assunti in quantità abnorme possono portare a ustioni di primo o secondo grado e all’insorgenza di tumori, mentre se manca completamente l’esposizione si ha l’insorgenza del rachitismo2. Anche le radiazioni infrarosse non sono particolarmente patogeniche ma possono portare alla produzione di calore se l’esposizione perdura nel tempo. Le onde radio, invece, con elevatissima lunghezza d’onda e bassissima energia, dovrebbero essere assolutamente innocue. Tuttavia, vista l’ampia diffusione degli smartphone e del WiFi, ci si è iniziati ad interrogare sulla loro potenzialità patogenetica e ancora non si è giunti ad una risposta univoca3. In quest’immagine sono riportate tutte le radiazioni elettromagnetiche, puramente ondulatorie e senza massa associata che nel loro insieme prendono il nome di spettro elettromagnetico. In alto in bianco è riportata la lunghezza d’onda di ciascun tipo di radiazione che è inversamente proporzionale all’energia (ad esempio i raggi gamma e X, che hanno la lunghezza d’onda minore, generano energia maggiore e di conseguenza sono potenzialmente più patogenetici). Bisogna comunque tenere in considerazione che qualsiasi sostanza chimica e qualsiasi entità fisica diventa patologica quando assunta in quantità eccessive. RADIAZIONI CORPUSCOLATE Per poter parlare di radiazioni corpuscolate è necessario definire le sostanze radioattive, dette radioisotopi. Un radioisotopo non è nient’altro che un atomo con numero atomico diverso da quelli presenti nella tavola periodica. Ad esempio, in alto a sinistra dell’immagine è raffigurato un atomo di idrogeno costituito da un protone, con carica positiva, e da un elettrone, con carica negativa. Queste due particelle si equilibrano tra loro rendendo l’atomo relativamente stabile. A destra dell’idrogeno sono invece raffigurati i suoi due radioisotopi chiamati deuterio e trizio. Questi hanno lo stesso numero atomico dell’atomo di riferimento ma 2 Malattia endemica nei paesi nordici dove i bambini, a causa del clima inclemente, passano molto tempo in casa. Porta ad alterazioni ossee e a un rallentamento dello sviluppo osseo dovuto alla mancanza di vitamina D poiché la nostra cute non la produce se non viene irraggiata. 3 Viene dato per certo che l’utilizzo smodato del telefonino senza auricolari provoca un’ipertermia significativa nella zona di contatto. Non è noto però se tale fenomeno sia affiancato o meno ai temuti effetti paralleli delle radiazioni. 51 differente numero di massa4 poiché all’interno del loro nucleo si trovano dei neutroni: uno nel deuterio e due nel trizio. I radioisotopi esistono anche per elementi più complessi dell’idrogeno (ad esempio il carbonio 14, lo iodio 125 e 132…) e sono tutti accomunati dal fatto di essere estremamente instabili a causa della presenza di neutroni in più. L’instabilità dei radioisotopi non è nient’altro che un surplus di energia, quindi questi tenderanno a liberare energia, trasformandosi nel loro atomo di riferimento, per recuperare stabilità. L’energia viene liberata sottoforma di particelle subatomiche che possono essere di diverso tipo: radiazioni α, radiazioni β, neutroni o raggi γ. La caratteristica fisica principale di questo tipo di radiazioni (meno note rispetto a quelle elettromagnetiche) è la loro dimensione: le particelle α corrispondono al nucleo di un atomo di elio con massa 4. Essendo la massa quattro volte maggiore rispetto a quella dell’idrogeno, queste potranno essere emesse solo da radioisotopi con numero atomico elevatissimo. Tra questi troviamo l’uranio che viene utilizzato in ambito nucleare sia a scopo civile che bellico. Normalmente l’energia che deriva dal fenomeno del decadimento radioattivo e che quindi è associata ad una radiazione corpuscolata, è direttamente proporzionale alla massa della particella. Per questo motivo la radiazione α avrà un’energia superiore rispetto alle altre radiazioni corpuscolate. le particelle β (megatroni, sostanzialmente corrispondono ad un elettrone) hanno una massa di circa diecimila volte più piccola rispetto a quella delle particelle α. La quantità di energia che trasportano sarà proporzionale alla massa mantenendo ilo stesso rapporto a confronto con le radiazioni α. i neutroni hanno massa uguale a uno e presentano caratteristiche più simili ad una particella α piuttosto che ad un elettrone, ovvero una particella β. RADIAZIONI COME CAUSA DI MALATTIA Ora che conosciamo la natura e le caratteristiche principali delle radiazioni ondulatorie e corpuscolate possiamo iniziare il nostro percorso patogenetico. Partendo dalla descrizione di fenomeni chimici tipici delle radiazioni arriveremo ad analizzare un paziente pan-irradiato per capire come mai esso sviluppa una serie di manifestazioni patologiche come ustioni, alopecia e tumori. I due fenomeni chimici di nostro interesse caratteristici delle radiazioni sono la ionizzazione e l’eccitazione5. Questi dipendono dalla massa e dall’energia della particella radioattiva interessata e, per poter capire meglio come avvengono, è necessario riprendere brevemente la struttura dell’atomo. Quest’ultimo è costituito da un nucleo centrale e da orbitali esterni su cui si muovono gli elettroni. Gli elettroni si spostano a velocità molto elevata generando attorno al nucleo la cosiddetta “nuvola elettronica” e rendendo impossibile determinare la loro posizione esatta sull’orbitale (principio di indeterminazione di Heisenberg). Per spiegare meglio il concetto si può paragonare l’atomo alla ruota di una bicicletta: quando la ruota è ferma i suoi raggi sono ben visibili, mentre quando inizia a girare i raggi diventano indistinguibili. La stessa cosa accade agli elettroni quando si muovono a gran velocità lungo gli orbitali. Inoltre, quando la ruota è ferma, possiamo passare le dita tra un raggio e l’altro senza che accada nulla, ma se questa inizia a girare i raggi colpiscono con forza tutto quello che trovano sul loro percorso. Ciò accade anche a livello atomico: qualsiasi atomo o radiazione che si scontra con un altro atomo interagisce con esso tramite gli elettroni più esterni, scambiandoli o cedendoli. Gli orbitali più interni e vicini al nucleo dell’atomo hanno minore energia rispetto a quelli più esterni, i quali risultano di conseguenza maggiormente instabili. Le interazioni tra atomi ed elettroni avvengono quotidianamente in natura, sia a livello biologico che biochimico. L’uomo però è riuscito a riprodurre ciò che accade all’interno delle stelle: qui le particelle subatomiche riescono ad assumere un’energia sufficiente per sfondare la nuvola elettronica, interagire con il nucleo e dare origine, non più ad una reazione chimica, ma ad una reazione nucleare, con conseguente liberazione di enormi quantità di energia. Vediamo ora più nel dettaglio eccitazione e ionizzazione. 4 Il numero di massa sarà maggiore, 1 per l’idrogeno di partenza, 2 per il deuterio e 3 per il trizio. 5 L’eccitazione ha una valenza patologica minore rispetto alla ionizzazione e ne parleremo solo in questa lezione. 52 Eccitazione Questo fenomeno avviene nel momento in cui una radiazione elettromagnetica o corpuscolata dotata di bassa energia (minore di 10 EV6) colpisce casualmente un atomo (i radioisotopi, essendo instabili, tendono a muoversi di più e questo aumenta la probabilità che si scontrino con un altro atomo). Quando ciò avviene, la radiazione è in grado di cedere parte della sua energia all’elettrone che si trova sull’orbitale più esterno dell’atomo. L’energia rilasciata dalla radiazione eccitante viene assunta dall’elettrone colpito che, grazie ad essa, “salterà” su un orbitale più esterno del suo stesso atomo. A questo punto l’elettrone continuerà a ruotare a distanza maggiore dal nucleo poiché possiederà più energia. L’eccitazione viene definita “fenomeno transiente” poiché l’elettrone, acquisendo energia, diventa instabile e di conseguenza tende a tornare sul suo orbitale originario, rilasciando sottoforma di fotone7 l’energia assunta dalla radiazione. Per quanto riguarda la radiazione che ha ceduto inizialmente parte della sua energia, questa viene deflessa con un’energia inferiore rispetto a quella di partenza. Se tale energia residua è sufficiente, la radiazione potrà colpire altri atomi, diventando sempre più stabile e quindi smettendo di agire come sorgente radioattiva. Si tratta di un fenomeno biologico utilizzato da moltissimi animali per emettere luce (lucciole) e sfruttato abbondantemente nella ricerca biomedica per lo studio di proteine direttamente all’interno della cellula. Infatti, se si selezionano sostanze particolarmente propense all’eccitazione e le si fonde con proteine di interesse, si può analizzare facilmente all’interno della cellula il comportamento della proteina grazie alla fluorescenza che essa acquisisce. Ionizzazione Questo fenomeno si verifica nel momento in cui la stessa situazione inziale dell’eccitazione coinvolge una radiazione dotata di energia molto maggiore (maggiore di 10 EV). Quando si verifica lo scontro tra radiazione e atomo, la prima cederà all’elettrone del secondo una quantità di energia sufficiente a strapparlo dall’attrazione del suo nucleo. In questo caso ciò che si ottiene è la formazione di una coppia ionica, ovvero un atomo carico positivamente ed un elettrone staccato dal suo orbitale a causa del surplus di energia. L’atomo carico positivamente reagirà con altri atomi a dare reazioni chimiche, mentre l’elettrone si comporterà come una radiazione in quanto possiede un’energia maggiore del normale. La ionizzazione presenta maggiore patogenicità rispetto all’eccitazione. Infatti, non si conclude con un atomo che torna alla sua condizione iniziale tramite l’emissione di un fotone, ma porta alla produzione di una molecola reattiva che può andare a modificare la struttura o la funzione delle macromolecole (può trattarsi di una proteina così come di un acido nucleico). Quindi sostanzialmente la ionizzazione provoca un’amplificazione del danno potenziale8. 6 EV = energia che una particella carica assume se immersa in un campo elettrico con differenza di potenziale di 1V. 7 Si tratta di un fascio luminoso, radiazione assolutamente non patogena. L’eccitabilità non ha effetti patogeni. 8 In natura la situazione è più complessa perché più atomi interagiscono con più radiazioni. 53 INTERAZIONE TRA RADIOATTIVITÀ E MATERIA A LIVELLO ATOMICO Per descrivere l’interazione tra radiazione e materia (e quindi valutare gli effetti di una radiazione sull’organismo) bisogna introdurre il concetto di penetranza, ovvero la capacità delle particelle radioattive di sfogare la loro patogenicità sulla cute o sugli organi interni. La penetranza è inversamente proporzionale alla massa della radiazione. Possiamo considerare il corpo umano come un insieme di atomi strettamente complessati gli uni agli altri per generare macromolecole e tessuti. Le macromolecole potranno trovarsi disperse oppure addensate l’una all’altra nei diversi tessuti dell’organismo. Ad esempio, il sangue possiamo considerarlo un tessuto ricco di macromolecole (e quindi atomi) disperse in un ampio volume d’acqua. Al contrario, l’osso sarà costituito da atomi strettamente compattati. Ora immaginiamo il corpo umano e i suoi tessuti sottoforma di reti sportive: l’acqua costituisce la rete di una porta da calcio con buchi molto grossi, mentre gli altri organi, le ossa e la cute somigliano alla rete di un campo da tennis con buchi di dimensioni ridotte. La dimensione dei buchi della rete è un indicatore della densità delle sostanze che costituiscono i tessuti. Maggiore è la densità di un tessuto, maggiore sarà la sua capacità di schermare una radiazione e minore sarà quindi la penetranza di quest’ultima. Nell’immagine sottostante sono raffigurati diversi esempi di densità della materia. Ciascuno di questi può interagire con i differenti tipi di radiazione9. Particella α La particella α è talmente grossa che la sua penetranza è ridotta al minimo e quindi sarà schermata10 anche dalle sostanze meno dense. Un esempio con dei numeri ben precisi è quello di una singola particella α emessa da un emettitore sperimentale; tale particella se ci posizioniamo anche solo a 21 cm di distanza dall’emettitore non ci raggiungerà mai. Questo perché, nei 20 cm precedenti, avrà sicuramente colliso con un numero sufficiente di atomi di aria tali da farle perdere tutta l’energia. In immagine si vede infatti che la singola particella α viene bloccata idealmente da un foglio di carta. Particella β Essa (corrispondente a un elettrone) passa tranquillamente attraverso l’aria essendo 10mila volte più piccola della particella α. Per la particella β l’aria è come un “deserto” nel quale ogni tanto si trova una nuvola elettronica che non è sufficiente per schermarla. Oltre all’aria, questa particella è anche in grado di attraversare la carta ma a contatto con del materiale biologico (cute, ossa, muscoli), che presenta atomi maggiormente addensati collide perdendo energia. Raggio g Il raggio γ non ha assolutamente massa quindi attraversa liberamente l’aria, la carta, il materiale biologico e l’acqua. La singola particella γ di per sé è innocua tanto quanto la singola particella α ma per motivi differenti: la singola particella α viene bloccata da 20 cm di aria, la singola particella γ statisticamente non ha probabilità di colpire atomi di materia a bassa densità, viene bloccata solo da materiale a densità molto molto elevata come il cemento o il piombo. In questa descrizione abbiamo sempre fatto riferimento a esposizioni a particelle singole. Tuttavia, in natura, ogni volta che ci si ritrova esposti a radiazioni (dai campi magnetici all’esplosione nucleare), non si è mai colpiti da una singola particella ma da miliardi di esse. Ciò significa che, per la legge dei grandi numeri, anche quello che a livello di singola particella è impossibile, in questi casi diventa possibile; ovvero: se per una singola particella α bastano 21 cm di distanza per evitare conseguenze, in un’esplosione nucleare (emissione di miliardi di particelle α) le particelle sfondano e danneggiano tutti gli strati che incontrano aprendo la strada ad altre particelle. Fino ad ora abbiamo visto cosa accade a livello atomico. Adesso ci portiamo a livello molecolare o macromolecolare entrando in ambito biomedico. Faremo riferimento a macromolecole biologiche come lipidi, 9 Il professore per quanto riguarda il neutrone dice testuali parole: “Il neutrone non lo vediamo perché ha dei casini che sarebbero un complicazione”. 10 “Schermata” significa che se consideriamo un gas in cui gli atomi sono molto dispersi, la particella con una probabilità elevatissima e in un brevissimo tratto di percorso, colpirà un altro atomo e cederà la sua energia. 54 INTERAZIONE TRA RADIOATTIVITA' E MATERIA A LIVELLO MOLECOLARE zuccheri, proteine, acidi nucleici e alla molecola che compone il 70% del nostro corpo: l’acqua. Quest’ultima nei processi che coinvolgono le radiazioni svolge A livello molecolare un ruolo molto la radiazione puòimportante indurre iche spiegheremo suoi effetti in seguito. A livello molecolare la radiazione può indurre i suoi effetti lesivi con due diverse modalità: effetto diretto ed effetto indiretto. lesivi con due distinte modalità: Effetto diretto: quando la Effetto indiretto: quando la radiazione radiazione colpisce colpisce le molecole di acqua che direttamente la macromolecola circondano le macromolecole biologica bersaglio (acido biologiche. Questa evenienza è nucleico, lipide, proteina, enormemente più probabile carboidrato) danneggiandolo dell’interazione diretta radiazione- macromolecola biologica Ne deriva che, in vivo, il danno indiretto da radiazione è molto più importante di quello diretto. In risposta all'energia ceduta dalla radiazione la molecola d'acqua Effetto direttosubisce una scissione omolitica con formazione di radicali liberi che Con effetto diretto si intendono possono andarei meccanismi di cui a danneggiare le abbiamo molecoleparlato prima, bersaglio nei quali la o possono radiazione colpisce colpire direttamente la macromolecolaaltre biologica danneggiandola. Le conseguenze sono molecole d'acqua amplificando il danno diverse poiché la radiazione può colpire: un atomo che fa parte del legame fosfodiesterico del DNA portando alla sua frammentazione; una pirimidina, cambiandone la struttura e facendola somigliare ad una purina, provocando quindi una mutazione; una proteina generica, determinando un’alterazione strutturale della catena laterale o una frammentazione del legame peptidico; gli zuccheri depolimerizzandoli; i lipidi perossidandoli. Effetto indiretto Il primo tipo di danno, pur essendo il più intuitivo, è un effetto che contribuisce in modo sicuramente marginale alla patogenesi degli effetti delle radiazioni. Ciò che contribuisce più pesantemente è l’effetto indiretto causato dalle radiazioni che colpiscono le molecole di H2O che circondano le macromolecole biologiche (acqua di idratazione). Questa evenienza è enormemente più probabile rispetto all’interazione diretta poiché l’acqua rappresenta più del doppio della composizione del nostro corpo e quindi la probabilità che una radiazione, (con penetranza sufficiente da superare la nostra cute) la colpisca è più che doppia. Il danno indiretto è quindi di molto più grave di quello diretto11. Quando la radiazione colpisce una molecola d’acqua le cede la sua energia modificandone la struttura. Più precisamente l’acqua va incontro a scissione omolitica. È importante distinguere la scissione omolitica, che è patogena, dalla scissione eterolitica che avviene quotidianamente nel nostro organismo in condizioni fisiologiche. Quest’ultima permette all’acqua di dividersi in uno ione idrogeno e in uno ione ossidrile che serviranno per regolare il pH dei tessuti in cui avvengono i normali metabolismi. La scissione eterolitica serve quindi per la normale sopravvivenza, mentre quella omolitica porta alla formazione di radicali liberi estremamente patogeni (questa distinzione è simile a quella tra necrosi coagulativa o necrosi colliquativa12). 11 Quando arriveremo a parlare di alopecia o parlare di tumori voi sappiate che questi non avvengono per danni diretti alle proteine del bulbo pilifero o il DNA, ma avvengono perché l’acqua colpita da radiazione forma sostanze che vanno a danneggiare il dna o il bulbo pilifero. 12 Spiegato nella lezione numero 4 di patologia generale. 55 Osserviamo ora l’interazione tra radiazioni e uomo: le prime “vedono” l’uomo come un insieme di tante molecole d’acqua con una quantità ridotta di macromolecole biologiche disperse al suo interno. Il numero di macromolecole ovviamente può variare in base al tessuto che si osserva (aumenta nell’osso, diminuisce nel sangue ed è intermedio nel muscolo). Con questo tipo di visione è chiaro che: se la radiazione è un raggio γ probabilmente attraverserà i diversi tessuti senza provocare nessun effetto, se si tratta di una particella β potrà incontrare una macromolecola causandole danno diretto oppure, con maggiore probabilità, colpire una molecola d’acqua producendo danno indiretto tramite la creazione di un radicale idrogeno e un radicale ossidrile, amplificando di conseguenza l’effetto dannoso (ci saranno più macromolecole danneggiate per effetto indiretto che per effetto diretto). Infatti, i radicali liberi, esattamente come gli enzimi litici, non si possono controllare e provocano gravi danni di diverso tipo. Ad esempio: un’interazione tra il radicale idrogeno e l’ossigeno molecolare presente nei polmoni, nei tessuti periferici o legato nell’emoglobina genera un altro radicale: l’idroperossido. quando due radicali ossidrili si incontrano fra loro danno origine a una molecola solo apparentemente stabile: l’acqua ossigenata (propriamente detta perossido di idrogeno) estremamente lesiva. Arrivati a questo punto bisogna tenere conto di una regola aurea: prima si è parlato di raggi UV che, in dosi eccessive, sono sicuramente patologici; al contrario in dosi appropriate aiutano la produzione di perossido di idrogeno non dannoso. La stessa cosa vale per l’acqua ossigenata che, insieme ai radicali liberi ROS, è un importante meccanismo battericida del nostro organismo, ma in quantità eccessive risulta essere dannosa. Con tutta la serie di reazioni in immagine si è voluto riassumere un ambito che non può essere trattato sistematicamente: R è una qualsiasi macromolecola biologica (catena di DNA, di acidi grassi, di lipidi) contenente H; i radicali liberi reagiscono con essa dando origine a delle modificazioni: l’importante è fissare il fatto che il radicale libero nella maggior parte dei casi modifica la struttura della proteina o dello zucchero. A livello di macromolecole biologiche i radicali liberi contenenti ossigeno hanno un più alto potenziale patogeno poiché ossidano13 le proteine e il DNA e perossidano i lipidi. Riassumendo, gli organi più fortemente idratati saranno quelli più suscettibili al danno da radiazione.EFFETTO Inoltre, DELLE RADIAZIONI ION MACROMOLECOLE BIOLO se i radicali contenenti ossigeno sono quelli che determinano maggiore danno, gli organi maggiormente ossigenati saranno quelli più sensibili alla radiazione. radiosensibilità In generale, proteine dosi di radiaz Le macromolecole più radioresistenti sono le proteine. Infatti, nella maggior parte dei l'inattivazione di un' sulle proteine) che a casi, il danno che si verifica è la rottura del legame peptidico che richiede una quantità polisaccaridi funzionalità cellul di energia e di radiazioni abnorme. quelle richieste lesioni cromosom Al contrario, polisaccaridi e lipidi hanno un livello intermedio di radiosensibilità, mentre Lipidi inibisc gli acidi nucleici si rompono e mutano molto facilmente. (membrane cellulari) È dimostrato che le dosi di radiazioni richieste per ottenere una mutazione dell’attività In complesso enzimatica compromettente le funzionalità della cellula, sono molto più alte di quelle struttura o de necessarie per produrre mutazioni o danni sul DNA. Acidi nucleici enzimatiche o essere considerat In altre parole, a livello cellulare, la radiazione effettua il suo danno attraverso la morte (DNA) patogen radiazioni mitotica delle cellule (questione affrontata nel paragrafo successivo). Danni sul DNA e morte mitotica Se una cellula con alterazione del DNA causata da radiazioni o da radicali liberi entra in fase di duplicazione, tale mutazione risulterà incompatibile con la vita e porterà a morte cellulare in quanto non viene terminata la metafase. Al contrario la probabilità che una cellula muoia perché un enzima viene disabilitato da una radiazione, è trascurabile: l’alterazione della struttura e della funzione delle proteine enzimatiche o strutturali non è considerabile un fattore primario di patogenesi degli effetti lesivi delle radiazioni a livello cellulare. Concentriamoci quindi sugli effetti delle radiazioni e dei radicali sul DNA. 13 L’ossidazione è sinonimo per antonomasia di danno molecolare. 56 Lo studio delle lesioni generate da radiazioni a livello cellulare è molto difficile poiché i vari tipi cellulari sono molto diversi tra loro per quanto riguarda la radiosensibilità: alcune cellule sono completamente radioresistenti, altre assolutamente radiosensibili. Inoltre, la difficoltà di questi studi aumenta nel momento in cui si considera la fase del ciclo cellulare in cui la cellula si trova al momento dell’analisi. I primi sperimentatori analizzando degli epatociti notarono proprietà radiosensibili e radioresistenti che si intercambiavano in base al momento in cui venivano analizzate le cellule. Durante la mitosi le cellule sono più vulnerabili al danno poiché il DNA è più esposto e facilmente raggiungibile. Quindi: diverse cellule presentano diversa radiosensibilità; la radiosensibilità varia anche all’interno della cellula stessa in base alla fase del ciclo cellulare. La diversa sensibilità alle radiazioni dipende da una serie di parametri: tipo di radiazione, dose di radiazione, stato di ossigenazione (parametro tessutale), stato di idratazione (parametro tessutale), tipo cellulare, ad esempio i neuroni e le cellule epiteliali/ematopoietiche rappresentano due estremi: i primi sono radioresistenti mentre i secondi radiosensibili. Infatti, le cellule ematopoietiche e quelle epiteliali sono accomunate dal ritmo proliferativo, cioè dalla frequenza di duplicazione della cellula nell’unità di tempo. Siccome la radiazione causa principalmente morte mitotica, una cellula che deve entrare in mitosi tante volte, avrà più probabilità di andare in contro a morte. Il neurone che non entra in mitosi è, al contrario, radioresistente. La fase più sensibile del ciclo cellulare è la mitosi. Consideriamo un epatocita irradiato prima in fase S e poi in mitosi: durante la fase S sarà radioresistente, in fase M molto radiosensibile, a riprova del fatto che la radiosensibilità di una cellula varia in relazione alla fase cellulare in cui si trova. In immagine è rappresentato il ciclo cellulare EFFETTO DELLE RADIAZIONI DURANTE IL CICLO CELLULARE: “srotolato”. L’effetto di una radiazione su una radiosensibilità cellula che compie questo ciclo viene misurato (aberrazioni cromosomiche) sulla sua molecola più sensibile: il DNA. In fase G1, S o G2 la radiosensibilità è bassissima, mentre, a parità di dose di radiazione, in fase M verrà registrato un picco di radiosensibilità. Le M G1 S G2 M ragioni di questa maggiore sensibilità sono: Durante la mitosi le cellule sono più vulnerabili al danno da radiazione la mancanza, in fase mitotica, di proteine poiché il DNA (cioè la struttura più radiosensibile per definizione) è più facilmente raggiungibile dalle radiazioni ionizzanti: che complessano e proteggono il DNA (DNA polimerasi, repressori, regolatori). Queste 1) nonproteine sono ci sono varie radioresistenti proteine che complessano e ediproteggono conseguenzail DNA permettendo il passaggio solo di una minima dose di radiazione non sufficiente per provocare effetti dannosi al DNA; 2) non c'è la membrana nucleare che avvolge il materiale genetico durante la metafase non è presente la membrana nucleare 3) il DNA che avvolge è superspiralizzato il strutture nelle materiale deigenetico; cromosomiquindi, si ha che in questa una protezione fisica in meno rispetto all’interfase durante larappresentano configurazione quale le radiazioni si sfogheranno dei bersagli più grossi e piùsui lipidi densi perdi l'azione delle radiazioni membrana; durante la mitosi il DNA si trova super spiralizzato costituendo un facile bersaglio per la radiazione siccome è concentrato in un’unica zona ristretta. Nel processo di morte mitotica la mutazione del DNA può impedire alla cellula di terminare la duplicazione, ovvero la ripartizione di materiale genetico durante la citodieresi. Basandosi su questo fatto si può misurare la radiosensibilità di una cellula anche andando a calcolare il ritardo o la mancata mitosi. In questo caso la distribuzione di radiosensibilità è diversa rispetto a quella vista prima per il ciclo cellulare: il momento di maggiore sensibilità non è più la mitosi ma la fase G2. Ciò significa che se la radiazione provoca mutazioni in questa fase, la probabilità di morte cellulare sarà maggiore (questa fase è importante per la sintesi delle strutture necessarie alla successiva mitosi che risulterà compromessa). 57 Quando si manifestano aberrazioni cromosomiche o morte mitotica bisogna tenere in conto che esse costituiscono solo lo 0,002% di tutte le mutazioni che le radiazioni hanno provocato alla cellula; tutto il resto delle modificazioni viene corretto dal sistema cellulare di riparo del DNA. Questo sistema può agire soltanto in interfase poiché, durante la mitosi, gli enzimi non possono scorrere sul DNA super spiralizzato. Supponiamo che una mutazione avvenga in interfase: i sistemi di riparo hanno tanto tempo prima della mitosi per trovare la mutazione e ripararla. Se invece la mutazione avviene in fase G2 i sistemi di riparo non riescono sempre ad intervenire prima che la cellula entri in mitosi. A questo punto, se la mutazione è grave porta all’incompatibilità con la vita e alla morte mitotica. Ora trasponiamo queste conoscenze analizzate su una singola cellula su una coltura cellulare sincronizzata, ovvero in cui tutte le cellule entrano in mitosi contemporaneamente. Possiamo osservare che il tempo necessario per svolgere una mitosi è costante per qualsiasi tipo cellulare preso in considerazione. Ciò che varia è il numero di replicazioni a cui può andare in contro un certo tipo cellulare nell’unità di tempo. Ad esempio, una cellula in rapida proliferazione (cellula ematopoietica) in un’unità di tempo andrà in contro a cinque mitosi, mentre una cellula stabile nella stessa unità di tempo andrà in contro solo a due processi mitotici. Consideriamo una coltura di EFFETTO epatociti DELLE (cellule stabili RADIAZIONI per antonomasia) A LIVELLO ed una IMPORTANZA DELLE CELLULE: coltura sincronizzata di cellule epiteliali labili che, nella stessa unità di tempo, vanno REPLICATIVO DEL RITMO incontro a un numero nettamente maggiore di mitosi. A questo punto entrambe le colture vengono colpite da una radiazione ad impulso. Analizzando l’effetto della prima radiazioneCome a impulso sulle due già visto, colture il DNA è piùcellulari si riscontrerà vulnerabile al dannouna da maggiore radiazioneprobabilità durante ladi colpire le cellule epiteliali labili mitosi; in mitosinee deriva gli epatociti che lastabili cellulain in interfase. Proseguendo con rapida proliferazione (chegli impulsi passa piùsitempo otterràin(come riportato nell’immagine sottostante) che il numero di volte mitosi) in cui è più le cellule stabili sono state colpite in mitosi è uno, radiosensibile mentre nelle cellule labili è cinque. Si può quindi concludere che le cellule stabili sono più radioresistenti di I sistemi di riparazione sono attivi solo nel periodo di interfase, quindi una quelle labili, più radiosensibili. cellula stabile avrà più tempo per riparare i danni da radiazione sul DNA Interfase Interfase Inter M M R R R R R Int. Int. Int. Int. Int.M M M M M 58

Tags

radiation biomedical applications general pathology
Use Quizgecko on...
Browser
Browser