Qualificazione dell'Impresa: Economicità

Il requisito di economicità, come stabilito dall'articolo 2082 del codice civile italiano, è un requisito fondamentale per qualificare un'attività produttiva come impresa. Questo requisito riguarda il metodo che deve essere seguito nello svolgimentio dell'attività. In sostanza, l'attività deve essere svolta con l'obiettivo di ottenere un qualche tipo di risultato economico, che può includere un profitto, ma non è limitato a questo.

Secondo questa interpretazione, un'impresa si qualifica solo se l'attività è strutturata per ottenere un profitto. I prezzi di vendita dei prodotti o servizi devono essere fissati in modo da coprire i costi e generare un margine di profitto. Questo profitto può servire per ricompensare l'imprenditore, i soci o essere destinato ad altri obiettivi.

Questa interpretazione prevalente pone l'accento sul raggiungimento di un equilibrio finanziario tra ricavi e costi. Il profitto, in questo caso, non è un requisito indispensabile, ma un risultato eventuale. L'importante è che l'attività sia svolta in modo da coprire i costi.

Secondo l'interpretazione tradizionale, l'economicità era vista come un requisito non autonomo, cioè come un rafforzativo della professionalità. Questo significa che la professionalità era considerata un requisito prioritario, e l'economicità era vista come un'ulteriore condizione per qualificare un'attività come impresa.

L'interpretazione prevalente oggi considera l'economicità come un requisito autonomo e indipendente dalla professionalità. Questo significa che per qualificare un'attività come impresa sono necessari sia la professionalità sia l'economicità, come elementi distinti.

Il requisito di economicità pone gli aspetti di profitto e di equilibrio finanziario al centro della definizione di impresa. Questo requisito aiuta a distinguere un'attività commerciale da una attività svolta per puro piacere o per fini sociali.

L'interpretazione dell'economicità come requisito autonomo ha modificato la visione tradizionale dell'impresa. Oggi, il focus è sul raggiungimento di obiettivi economici, che possono includere il profitto, ma anche altri risultati, come il pareggio tra ricavi e costi.

La controversia sull'interpretazione dell'economicità evidenzia l'importanza di una definizione precisa e completa di impresa. Comprendere i diversi aspetti dell'economicità è fondamentale per identificare e classificare correttamente le attività produttive.

Un'attività produttiva si qualifica come impresa quando i prezzi di vendita sono fissati in anticipo in modo da coprire almeno i costi di produzione.

Il titolare dell'impresa deve essere in grado di recuperare l'investimento iniziale dal mercato, garantendo la prosecuzione dell'attività senza bisogno di ulteriori finanziamenti esterni.

L'economicità di un'impresa si riferisce alla capacità di sostenere l'attività nel tempo, senza ricorrere a continui fondi esterni.

Secondo questa interpretazione, l'impresa non solo deve generare profitti, ma anche raggiungere un equilibrio economico per autofinanziarsi.

L'attività di un'impresa è in grado di mantenersi in equilibrio economico e finanziario, preservando la sua autonomia da fonti di finanziamento esterne.

Le risorse finanziarie necessarie per acquisire i fattori produttivi possono essere ottenute da capitale proprio (senza obbligo di restituzione) o da capitale di credito (con obbligo di restituzione).

L'obiettivo dell'impresa è di recuperare le risorse necessarie per soddisfare le esigenze dei suoi finanziatori attraverso la vendita dei suoi prodotti o servizi.

Il rischio di mercato è il rischio che l'impresa non riesca a vendere i suoi prodotti o servizi sul mercato, non riuscendo a soddisfare le aspettative dei suoi finanziatori.

Il presupposto che rende un'attività economica oggetto del diritto dell'impresa è la sua interazione con il mercato.

Anche le attività economiche che non puntano al profitto, ma al pareggio dei costi, sono soggette al diritto dell'impresa perché interagiscono con il mercato.

Le attività erogative, come quelle delle associazioni benefiche che distribuiscono gratuitamente pasti, non sono considerate imprese perché non hanno a che fare con il mercato.

Le attività che prevedono un prezzo di vendita inferiore ai costi di produzione, ma che vengono compensate da un terzo, possono essere considerate imprese se l'attività è programmata in modo da contenere la perdita.

Le organizzazioni non profit che producono servizi e li cedono a un prezzo inferiore, affidandosi a finanziamenti esterni per coprire la differenza, rientrano nell'ambito del diritto dell'impresa.