Introduzione all'Unione Europea

Il processo di trasferimento di potere decisionale dal governo nazionale alle istituzioni europee. Questo comporta la concessione di parte dell'autonomia nazionale a Bruxelles, creando un nuovo centro decisionale sovranazionale.

L'espansione delle aree di intervento delle politiche europee, misurata in termini quantitativi. In sostanza, l'UE assume nuove responsabilità in diversi settori.

L'aumento del numero di paesi membri nell'Unione Europea, che può portare a una maggiore diversità tra i sistemi politici, economici e culturali.

La difficoltà di raggiungere decisioni condivise tra un numero crescente di paesi membri, con sistemi politici, economici e culturali diversi. Questo può ridurre il grado di integrazione europea.

Il compromesso tra l'approfondimento dell'integrazione europea e l'allargamento del numero di membri. Un'integrazione più profonda potrebbe richiedere meno membri, mentre un allargamento maggiore potrebbe portare a un'integrazione meno intensa.

Un'Europa dove alcuni paesi (in particolare quelli fondatori) spingono per una maggiore integrazione, mentre altri scelgono di non partecipare a tutte le iniziative, mantenendo maggiore autonomia.

L'idea che l'UE dovrebbe trasformarsi in una vera e propria unione politica, oltre ad essere un'unione economica, con un maggiore potere e un ruolo più attivo nella politica internazionale.

L'idea che l'UE dovrebbe concentrarsi maggiormente sui temi sociali, come la giustizia sociale, la coesione sociale e la protezione dei diritti sociali dei cittadini.

Al termine della Seconda Guerra Mondiale, molti stati europei desideravano riacquistare il loro ruolo di grandi potenze e influenzare la politica mondiale.

La Gran Bretagna, con la sua potenza militare e il rapporto privilegiato con gli Stati Uniti e le proprie colonie, credeva ancora di essere una superpotenza.

Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo, consapevoli della loro vulnerabilità, cercavano di rimanere neutrali pur rimanendo coinvolti nei conflitti.

La Germania non era coinvolta nelle discussioni sull'integrazione europea.

La Francia voleva controllare la ricostruzione della Germania per trasformarla in un alleato e non in una minaccia. L'interesse francese risiedeva nella sicurezza e nella dipendenza economica dalle risorse tedesche.

L'Italia desiderava tornare a essere un attore internazionale e riabilitare la propria immagine dopo il fascismo, l'alleanza con il nazismo e la sconfitta militare.

L'ideale federalista, che promuoveva l'unione di stati in un'unica entità politica, era presente tra le élite europee, ma non era l'unica idea.

Il mantenimento dei confini nazionali e della sovranità era visto come importante, influenzando il processo di integrazione europea.

Il processo per cui l'integrazione economica si espande in altri ambiti politici, spinto da sfide esterne.

L'analisi delle politiche pubbliche in base ai benefici e svantaggi che distribuiscono e alle risorse impiegate.

Politiche che impongono regole, obblighi o divieti, utilizzando la coercizione come strumento di applicazione (es. limiti di velocità, sanzioni).

Politiche che distribuiscono risorse a gruppi specifici, ma i costi sono sostenuti da tutta la collettività (es. borse di studio, detrazioni fiscali).

Politiche che spostano risorse da un gruppo specifico ad un altro (es. tassazione progressiva, tasse universitarie basate sul reddito).

Politiche che riguardano la struttura del sistema politico, come la legge elettorale per il Parlamento Europeo (es. la regola della maggioranza qualificata nel Consiglio).

Il bilancio dell'UE rappresenta solo una piccola parte della spesa pubblica totale degli Stati membri, concentrandosi principalmente su politiche regolative.

Una politica redistributiva dell'UE che mira a ridurre le disparità economiche tra Stati e regioni, promuovendo l'armonizzazione dello sviluppo.

Il primo allargamento dell'Unione Europea, avvenuto nel 1973, ha visto l'ingresso di Danimarca, Olanda e Regno Unito. È stato un processo caratterizzato da un'asimmetria di potere negoziale tra gli Stati membri esistenti e i paesi richiedenti.

Il secondo allargamento dell'Unione Europea, che si è svolto tra il 1981 e il 1986, ha visto l'ingresso della Grecia, del Portogallo e della Spagna. Questo allargamento ha avuto un grande significato politico e simbolico, poiché ha accolto paesi che avevano appena completato la transizione verso la democrazia.

Il terzo allargamento dell'Unione Europea, avvenuto nel 1995, ha visto l'ingresso di Austria, Finlandia e Svezia. È stato un processo relativamente semplice, poiché i tre paesi erano già membri dell'EFTA (Area Europea di Libero Scambio) e quindi condividevano già una forte integrazione economica.

Il quarto allargamento dell'Unione Europea, avvenuto tra il 2004 e il 2007, ha visto l'ingresso di Cipro, Malta, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Polonia, Slovenia, Lituania, Lettonia ed Estonia. È stato il più grande allargamento della storia dell'Unione Europea, quasi raddoppiando il numero degli Stati membri. Questo allargamento ha aperto le porte all'Europa orientale e ha posto sfide importanti in termini di integrazione e coesione.

L'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea, avvenuta nel 2020, ha segnato un momento storico per l'Unione Europea. Questo evento ha messo in discussione l'unità e la coesione dell'Unione Europea, e ha sollevato interrogativi sul futuro dell'integrazione europea.

Il processo di allargamento dell'Unione Europea ha portato ad un'espansione geografica significativa e ha contribuito a diffondere i valori europei di democrazia, libertà e rispetto dei diritti umani in nuovi paesi.

Il processo di allargamento dell'Unione Europea ha portato ad una maggiore diversità culturale e linguistica. Questa diversità ha arricchito l'Unione Europea, ma ha anche creato nuove sfide in termini di comunicazione e comprensione reciproca.

Il Trattato di Lisbona ha introdotto un nuovo sistema che collega la nomina del Presidente della Commissione Europea ai risultati delle elezioni europee. Il Consiglio Europeo deve tener conto del risultato elettorale e delle preferenze del Parlamento Europeo.

La strategia degli "Spitzenkandidaten" (candidati di punta) è stata introdotta nelle elezioni europee del 2014. I partiti europei nominavano un candidato ufficiale per la presidenza della Commissione prima delle elezioni. Il partito vincitore avrebbe visto il suo candidato nominato Presidente.

La designazione anticipata dei candidati per la presidenza della Commissione prima delle elezioni europee. Questo ha permesso ai cittadini europei di conoscere i candidati e le loro visioni per l'Europa.

Il Parlamento Europeo ha giocato un ruolo fondamentale nella scelta del Presidente della Commissione attraverso il processo degli Spitzenkandidaten. Il partito vincitore avrebbe avuto il suo candidato nominato Presidente.

La resistenza politica e il dibattito sul processo degli Spitzenkandidaten. Alcuni hanno criticato il processo come non democratico e altri hanno espresso dubbi sulla sua efficacia.

L'opinione pubblica è stata coinvolta nel processo degli Spitzenkandidaten attraverso i dibattiti pubblici e la copertura mediatica delle elezioni europee. Questo ha contribuito a rendere le elezioni più visibili e a far crescere l'interesse dei cittadini.

La strategia degli Spitzenkandidaten mirava ad aumentare la visibilità delle elezioni europee e a renderle più significative per i cittadini. Questo si traduceva in una maggiore partecipazione e interesse.

La strategia degli Spitzenkandidaten mirava a rafforzare il ruolo del Parlamento Europeo rispetto al Consiglio Europeo. Questo si traduceva in una maggiore influenza del Parlamento nel processo decisionale dell'UE.

È la differenza tra il rendimento di un titolo di stato di un paese (per esempio l'Italia) e il rendimento di un titolo di stato di un altro paese (per esempio la Germania).

È il processo attraverso cui i governi aiutano le banche a rischio fallimento fornendo loro capitale pubblico.

Questa crisi è iniziata negli USA con il fallimento della Lehman Brothers nel 2008. Le banche europee avevano prestato soldi a chi non li poteva restituire. Il salvataggio delle banche ha aumentato il debito pubblico degli stati.

Gli stati membri dell'Eurozona si divisero in due fazioni: Creditori (es. Germania) che volevano politiche di austerità, e Debitori (es. Grecia) che si opposero.

L'aumento del debito pubblico degli stati europei ha portato gli investitori a dubitare della loro capacità di ripagare i loro debiti.

I tassi di interesse, cioè il costo del denaro, sono aumentati, rendendo più difficile per gli stati indebitati rimborsare i prestiti e causando una spirale negativa.

A causa della crisi del debito sovrano, gli investitori hanno iniziato a dubitare della capacità dell'euro di risolvere i problemi economici dell'Eurozona.

Il rendimento dei titoli di stato è un indicatore della salute economica di un paese, più alto è il rendimento, maggiore è il rischio, e viceversa.