Prontuario per il Primo Intervento delle Forze dell'Ordine PDF

Summary

This document, published in 2018, is a guide for law enforcement personnel on responding to various situations. It details the procedures related to abandoned property, disposal of waste, and criminal offenses. The guide also examines court precedents and legislation.

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COPYRIGHT © Copyright La Tribuna Srl — 2018 La Tribuna — www.latribuna.it 29121 Piacenza — Via Campo della Fiera, 4 Tel. 0523.46311 - Fax 0523.757219 __________________________________________________________________________________ Sono riservati per tutti i Paesi la traduzione, l'adattamento totale o parziale, la riproduzione con qualsiasi mezzo (inclusi i microfilm, i film, le fotocopie), nonché la memorizzazione elettronica. INFORMAZIONI TECNICHE Istruzioni per la visualizzazione ottimale degli eBook LA TRIBUNA I nostri eBook, in formato epub, sono protetti da DRM Adobe e sono consultabili con programmi di lettura compatibili con il DRM Adobe. Per poter sfruttare al meglio i nostri indici molto articolati consigliamo i seguenti programmi di lettura: - per le postazioni desktop e per i portatili "Adobe Digital Edition", - per tablet e smartphone "BluefireReader", app gratuita scaricabile da AppStore di Apple per iOS o da Play Store di Google per il sistema Android. 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PREMESSA Questo volume descrive oltre trecento casi di intervento delle Forze dell'ordine tratti dalle innumerevoli richieste che giungono al numero di emergenza per le più svariate motivazioni. Si va, infatti, dal caso dei writers che imbrattano i muri con le bombolette spray all'insegnante che perquisisce le tasche o gli zaini degli alunni, dal marito che spia la moglie dentro casa con l'uso del registratore ai baci ed abbracci in luogo pubblico tra soggetti consenzienti, dall'antifurto dell'auto che suona ripetutamente al cane del vicino che abbaia di notte. Quest'Opera, aggiornata con il D.L.vo 10 aprile 2018, n. 36 che amplia l'istituto della procedibilità a querela di parte e con il D.L.vo 1 marzo 2018, n. 21, che introduce nuove fattispecie di reato nel codice penale, rappresenta un vero e proprio protocollo operativo, creato in modo tale da indicare schematicamente l'iter da seguire nei casi trattati, elencati in ordine alfabetico per una più facile consultazione, permettendo, con estrema semplicità, di individuare la norma, la procedura da applicare alla fattispecie concreta, nonché la procedibilità che può essere a querela di parte o d'ufficio. PRIMO INTERVENTO A ABBANDONO DEL DOMICILIO DOMESTICO. – Si procede a querela della p.o., salvo nell'ipotesi, procedibile d'ufficio, in cui l'autore del reato, allontanandosi, fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, o al coniuge che non sia legalmente separato per sua colpa. Arresto e fermo non sono consentiti. Affinché possa configurarsi il reato, non è sufficiente l'allontanamento in sé per sé dal domicilio domestico, ma è necessario che esso sia ingiustificato, ossia non derivi da impossibilità, intollerabilità o estrema penosità della convivenza (Cass. Pen., sez. VI, 27 maggio 2013, n. 22912). L'obbligo di permanere nella casa coniugale viene a cessare sin dalla domanda di separazione che costituisce giusta causa di allontanamento dalla residenza familiare ai sensi dell'art. 146 c.c. (Cass. pen., sez. VI, 12 giugno 1986, n. 5478). Esempi: Chi, sebbene separato, si disinteressi completamente dei figli e del coniuge, rendendosi inadempiente nei loro confronti circa gli obblighi di assistenza morale connessi alla sua qualità di padre e coniuge, non esaurendo la somministrazione dei mezzi di sussistenza o sopravvivenza gli obblighi scaturenti da tale qualità (Cass. pen., sez. VI, 24 luglio 2007, n. 30151). Il coniuge che si allontana dal domicilio domestico solo al fine di coltivare, senza impacci, una diversa relazione sentimentale (Cass. pen., sez. VI, 5 settembre 2000, n. 9440). ABBANDONO DEL DOMICILIO DOMESTICO DA PARTE DEI FIGLI MINORENNI. – Il figlio sino alla maggiore età o all'emancipazione, non può abbandonare la casa dei genitori o del genitore che esercita su di lui la responsabilità genitoriale né la dimora da essi assegnatagli. Qualora se ne allontani senza permesso, i genitori possono richiamarlo ricorrendo, se necessario, al giudice tutelare (art. 318 codice civile). Il figlio può andare a convivere con persona diversa dai genitori, se questi sono d'accordo; solo in caso di dissenso del genitore è previsto uno strumento di coercizione mediante anche il ricorso al Giudice Tutelare per far ritornare il figlio a casa qualora questi opponga resistenza. Il genitore, dunque, ha il potere di imporre e vietare comportamenti al figlio (ovviamente nel pieno rispetto dello sviluppo della sua personalità e del suo diritto ad una crescita armonica e compiuta) e se il figlio si allontana senza permesso deve richiamarlo, facendo valere la sua posizione di soggetto gravato dal dovere di protezione del figlio, mediante il ricorso al Giudice Tutelare. il Tribunale di Trento ha stabilito che non c'è reato di sequestro di persona per i genitori che per un breve intervallo di tempo abbiano limitato la libertà di movimento d'una figlia minorenne impedendole di uscire di casa per evitare che se ne allontanasse e si accompagnasse con soggetti gravitanti nel mondo della droga. A non far scattare il reato è il fatto che i genitori agiscono in ottemperanza di un dovere di legge (Trib. Trento, sent. del 20.10.1999). È escluso un potere coercitivo dei genitori per riprendere con sé il figlio scappato di casa. Il codice dice infatti che i genitori, per richiamare il figlio, devono rivolgersi al giudice. ABBANDONO DI MINORI. – L'art. 1 della legge 184/1983 definisce lo stato di abbandono di minore come "la mancanza di assistenza materiale e morale, grave e irreparabile", situazione che impedirebbe al minore di vivere e crescere in maniera adeguata presso la famiglia di origine e che giustificherebbe il ricorso a forme di assistenza sociale previste dalla stessa legge. Sotto questo profilo deve ritenersi legittimo l'inserimento dei minori in una casa famiglia quando si dimostra che il permanere nella famiglia di origine possa risultare pregiudizievole per la loro crescita. Dal punto di vista probatorio, il giudice del merito deve basare la propria decisione di dichiarare tale stato di abbandono con motivazione logica e razionale, fondata non soltanto su singoli episodi o, ad esempio, sulle sole dichiarazioni del minore, maprendendo in esame relazioni e dichiarazioni fornite dai soggetti coinvolti nella vicenda (servizi sociali, polizia, dirigente scolastico del centro presso cui il minore viene educato). Se la legge sopra citata detta i criteri generali utili a fondare la pronuncia di stato di abbandono, sarà poi il giudice, nella specie, a dover argomentare la propria decisione basandosi sugli elementi probatori raccolti in corso di causa (Cass. civ., sez. I, 8 agosto 2014, n. 17725). L'art. 403 c.c. consente alla Pubblica Autorità di collocare il minore in un luogo sicuro, qualora si trovi in uno stato di abbandono morale o materiale o è allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone che, per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi, siano incapaci di provvedere alla sua educazione. Pertanto in caso venga trovato un minore (qualunque età egli abbia), senza nessuno che possa legittimamente provvedere alla sua custodia, occorre procedere alla sua corretta identificazione e collocarlo in una struttura protetta, da individuare unitamente ai Servizi Sociali, senza alcuna necessità di un provvedimento dell'Autorità Giudiziaria. Effettuare: Fotosegnalamento, se il minore risulta privo di validi documenti d'identità. Precedenti dattiloscopici (AFIS) e risultanze SDI. Redigere verbale di affidamento e informativa al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni o al Giudice Tutelare.. B O ND K A D D L ABBANDONO DI PERSONE MINORI O INCAPACI. – Delitto E U E sussistente nel caso in cui si abbandona una persona minore degli anni R quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa, e della quale il soggetto attivo abbia la custodia o debba avere cura (come nel caso di anziani abbandonati nelle case di riposo o di cura) ovvero se abbandona all'estero un cittadino italiano minore degli anni diciotto, a lui affidato nel territorio dello Stato per ragioni di lavoro. Si procede d'ufficio. L'arresto in flagranza è facoltativo, il fermo è consentito solo se dal fatto consegue una lesione personale o la morte. Esempi: L'infermiere in servizio presso un istituto per anziani che in più occasioni non aveva fornito ai ricoverati le prestazioni assistenziali e terapeutiche cui era tenuto, esponendo così a rischio la loro salute (Cass. pen., sez. V, 22 giugno 1990, n.1947). Il conducente di uno scuolabus che lascia un piccolo alunno a terra, senza accertarsi della presenza dei genitori, con l'effetto di causarne il viaggio di ritorno a casa in una condizione di pericolo rappresentato dalle condizioni di luogo e di tempo (pioggia battente in atto e strada a scorrimento veloce e fuori dal centro abitato) (Cass. pen., sez. V, 27 febbraio 2004, n. 8833). La mamma che per andare a fare shopping lascia la figlia di quattro anni in auto per un'ora (Cass. pen., sez. V, 9 aprile 2014 n. 42254). ABBANDONO DI RIFIUTI DA PARTE DI IMPRESE. – Si procede d'ufficio. Arresto e fermo non sono consentiti. Se l'abbandono è effettuato da un'impresa, la violazione diviene sanzionabile penalmente, e non in via amministrativa. Si tratta, infatti, di reato. Contestare al titolare di impresa e/o rappresentante di un ente, l'art. 256 del d.lgs. 152/2006, ossia l'abbandono o deposito incontrollato di rifiuti - sia pericolosi sia non pericolosi - ovvero immissione degli stessi in acque superficiali o sotterranee. O ND ABBANDONO DI RIFIUTI DA PARTE DI PRIVATO. – Si procede. B d'ufficio. K A D D L E U E Contestare all'autore l'illecito amministrativo di cui all'art. 255 d.lgs. R 152/2006 (T.U.A.), ossia l'abbandono o deposito incontrollato di rifiuti non pericolosi sul suolo o nel suolo ovvero immissione degli stessi rifiuti, solidi o liquidi, in acque superficiali o sotterranee da parte di privati (Cass. pen., sez. III, 6 ottobre 2014, n. 41352). Trasmettere copia del verbale al Sindaco per la predisposizione di ordinanza di rimozione dei rifiuti e ripristino dello stato dei luoghi, e per conoscenza alla Provincia. L'inosservanza dell'ordinanza sindacale di rimozione e smaltimento dei rifiuti abbandonati e di ripristino dello stato dei luoghi rappresenta reato (art. 255 comma 3 D.Lgs. 152/06). ABBANDONO DI SIRINGA. – La condotta consiste nel gettare o abbandonare, in modo da mettere a rischio l'incolumità altrui, siringhe o altri strumenti pericolosi usati per l'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope. L'abbandono per essere sanzionabile deve avvenire in luogo pubblico o aperto al pubblico ovvero in un luogo privato, ma di comune o altrui uso (quali il giardino di una villa appartenente a terzi ma abitualmente frequentato da altre persone). Non rientrano tra i luoghi previsti dalla norma quelli di proprietà esclusiva dell'agente (la propria abitazione frequentata unicamente da quest'ultimo). Inoltre, è necessario che l'abbandono metta in pericolo l'incolumità altrui, creando un effettivo pericolo immediato (ad es. se l'ago è ancora inserito nella siringa). In caso contrario, se le siringhe non sono state utilizzate per l'assunzione di stupefacenti, si applicheranno le norme speciali in materia di abbandono di rifiuti, oppure l'art. 674 c.p. (getto pericoloso di cose), a seconda dei casi. Sanzione amministrativa. Il verbale amministrativo va inviato al Presidente della Regione. Qualora l'illecito sia commesso dal minore non può essere sanzionato in virtù di quanto prevede l'art. 2 L. n. 689/81, che preclude l'assoggettamento a sanzione amministrativa del soggetto che, al momento del fatto, non fosse ancora maggiorenne.. B O ND ABBANDONO RIFIUTI SPECIALI COSTITUITI DA PNEUMATICI K A D D L FUORI USO IN AREA PRIVATA. – Segnalare la presenza degli E U E pneumatici al Sindaco del luogo ove insistono, che potrà intimare al R proprietario del terreno su cui si trovano la rimozione degli stessi. L'ordine di smaltimento presuppone l'accertamento di una responsabilità a titolo quantomeno di colpa in capo all'autore dell'abbandono dei rifiuti, e lo stesso vale per il proprietario o titolare di altro diritto reale o personale sull'area interessata, che sia chiamato a rispondere in solido dell'illecito. Ai sensi dell'art. 192 comma 3° del d.lgs. 152/06, l'accertamento, da parte dei soggetti preposti al controllo, deve essere effettuato in contraddittorio con i proprietari ovvero con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area. Nel contempo è richiesto un accertamento, in positivo, dei presupposti del dolo o della colpa del proprietario del terreno, o del titolare di altro diritto reale o personale di godimento dell'area, non essendo sufficiente, ai fini della prova di tale indefettibile elemento psicologico, la mera deduzione, da parte della P. A. procedente, di una generica violazione dell'obbligo di vigilanza. Consegue che è illegittima un'ordinanza emessa ai sensi dell'art 192 d.lgs. n. 152/06 con la quale il Sindaco ordina al proprietario di un terreno di procedere alla rimozione e all'avvio al recupero o allo smaltimento dei rifiuti ivi presenti, senza svolgere alcuna preventiva valida attività istruttoria finalizzata ad accertare ed individuare l'effettivo responsabile dell'abbandono dei rifiuti medesimi, atteso che gli adempimenti concernenti l'eliminazione dei rifiuti ed il ripristino dei luoghi non possono essere addossati indiscriminatamente al proprietario per il solo fatto di questa sua qualità, ma è necessario l'accertamento di un suo comportamento, anche omissivo, di corresponsabilità e quindi di un suo coinvolgimento doloso o quantomeno colposo. Se dall'attività d'indagine non emerge alcuna responsabilità a carico del proprietario, che potrebbe dichiararsi estraneo ai fatti, bisognerà effettuare comunicazione al Comune ai sensi dell'art 192 T.U.A. che, qualora non sia effettuato sequestro penale dell'area, dovrà rimuovere tempestivamente i rifiuti (in caso di sequestro chiedere al P.M. il dissequestro e poi adempiere con la rimozione) nella speranza di poter poi recuperare il costo dell'operazione addebitabile all'autore dell'abbandono se identificato a seguito di ulteriori e successive indagini.. B O ND Ipotesi in ordine al reato di cui: - al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, K A D D L articolo 192 sanzionato dal'art. 256, comma 1, a carico di: (ignoti o ……) per E U E aver effettuato un abbandono di rifiuti speciali non pericolosi (circa n..... R pneumatici fuori uso codice CER 160103 di varie marche e misure, per un volume di circa --- mc.) su un'area di mq. di proprietà di ________. NORMA VIOLATA: art. 192, comma 2, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152. SANZIONE PENALE: prevista dall'art. 256, comma 1 lett.a), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (arresto da tre mesi ad un anno ed ammenda da euro 2.600 a euro 26.000), non ammessa l'oblazione; AUTORITÀ alla quale inoltrare la c.n.r.: Procura della Repubblica presso il Tribunale. AUTORITÀ alla quale richiedere la rimozione dei rifiuti: Comune, ai sensi dell'art. 192 del d.lgs. 152/2006. ATTI DA ESPLETARE: Comunicazione di notizia di reato ai sensi dell'art. 347 c.p.p. che potrà contenere: Accertamenti urgenti sullo stato dei luoghi e delle cose, art. 354 c. 2,3 c.p.p.; Fascicolo fotografico effettuato ai sensi dell'art. 354 c. 2, 3 c.p.p.; Verbale di sequestro dell'area e/o dei rifiuti che a seconda delle diverse finalità potrà essere SEQUESTRO PROBATORIO art. 253 c.p.p. (che può costituire oggetto di prova) o SEQUESTRO PREVENTIVO art. 321 c.p.p. (impedire la prosecuzione del reato); Sommarie informazioni rese da persona informata, art. 351 c.p.p.; Spontanee dichiarazioni rese dall'indagato, art. 350 c. 7 c.p.p.; Verbale d'identificazione e di elezioni del domicilio, art. 349/161 c.p.p.; Annotazione ex art. 357 c.p.p. ABIGEATO. – Si procede d'ufficio. Arresto facoltativo in flagranza (381 c.p.p.) È una forma aggravata di furto (di capi di bestiame), che si realizza se il fatto è commesso su tre o più capi di bestiame (non pollame, ecc.) raccolti in gregge (pecore, capre, agnelli, ecc.) o in mandria (suini, bovini, equini, ecc.), ovvero su animali bovini o equini, anche non raccolti in mandria (nel senso che se si tratta di bovini o equini, il furto è aggravato, anche se riguarda un solo capo fuori dalla mandria). Sarà il giudice a stabilire caso per caso se sussiste gregge o mandria, non essendo specificato dalla norma il numero. B O ND minimo di animali necessario a formare le categorie anzidette. E lo farà K A D D L tenendo conto del fatto che la raccolta in gruppo di animali costituisce gregge E U E o mandria, anche se di modestissime dimensioni, quando è volta al fine di R servire all'attività pastorizia e all'accrescimento del patrimonio zootecnico (Cass. Pen., sez. II, 5 luglio 1985, n. 6711). ABUSIVA VENDITA DI CD E DVD (PRIVI DI MARCHI SIAE). – Si procede d'ufficio, attraverso identificazione del soggetto, ex art. 349 c.p.p., redazione verbale d'identificazione, elezione di domicilio e nomina difensore, annotazione di p.g.. Sequestrare il materiale posto in vendita, ex art. 354 c.p.p.. Se il venditore tenta di corrompere il pubblico ufficiale procedente, offrendogli dei CD/DVD per chiudere un occhio, sarà denunciato anche per istigazione alla corruzione (322/2 c.p.). ABUSO DEI MEZZI DI CORREZIONE E DI DISCIPLINA. – Si procede d'ufficio. Arresto facoltativo, nell'ipotesi di lesione gravissima o morte. Fermo consentito solo qualora derivi la morte. Si tratta di un reato comune, di pericolo, che è consumato qualora, abusando dei mezzi di correzione o di disciplina, si arrechi un pregiudizio ad una persona sottoposta alla propria autorità, o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte. Il pregiudizio consiste nel pericolo di una malattia fisica o psichicanei confronti del sottoposto. Non è necessario, per il configurarsi del reato in questione, che la malattia si sia realmente verificata, in quanto in caso di lesione personale si realizzerà la più grave ipotesi contemplata nel secondo comma dell'art. 571 c.p. (Cass. Pen., sez. VI, 21 maggio 1998, n. 6001). Si tratta, infatti, di un'ipotesi d delitto aggravato dall'evento lesione o morte, evento che non deve però essere voluto; se così fosse, infatti, il reo risponderebbe di lesioni o di omicidio. Non si configura il reato de quo, qualora soggetto passivo sia il figlio già divenuto maggiorenne ancorché convivente, trattandosi di persona non più sottoposta all'autorità del genitore (Cass. Pen., sez. VI, 7 febbraio 2011, n. 4444).. B O ND Le minacce di bocciatura e voti bassi da parte di un insegnante, rimangono K A D D L nell'alveo dell'abuso dei mezzi di correzione, reato che si sostanzia nel E U E "comportamento dell'insegnante che umili, svaluti, denigri o violenti R psicologicamente un alunno causandogli pericoli per la salute, atteso che, in ambito scolastico, il potere educativo o disciplinare deve essere sempre esercitato con mezzi consentiti e proporzionati alla gravità del comportamento deviante del minore, senza superare i limiti previsti dall'ordinamento o consistere in trattamenti afflittivi dell'altrui personalità". (Cass. Pen., sez. V, 16 luglio 2015, n. 2590). L'insegnante che da uno schiaffo all'alunno pone in essere il più grave reato di maltrattamenti (572 c.p.) e non quello di abuso dei mezzi di correzione. L'uso sistematico della violenza "quale ordinario trattamento del minore, anche lì dove fosse sostenuto da animus corrigendi, non può rientrare nell'ambito della fattispecie di abuso dei mezzi di correzione, ma concretizza, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, gli estremi del più grave delitto di maltrattamenti" (Cass. Pen., sez. VI, 18 novembre 2015 n.1564). Urla, punizioni e violenza fisica non possono considerarsi mezzo di correzione a fini educativi. Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso l'ordinanza con cui il tribunale del riesame aveva respinto la richiesta di revoca/sostituzione della misura coercitiva applicata a due maestre cui era stato contestato il reato di maltrattamenti ai danni di alcuni bambini dell'istituto scolastico presso cui le stesse insegnavano, la Corte di Cassazione (sentenza 7 settembre 2017, n. 40959) - nel dichiarare inammissibile la tesi difensiva secondo cui nell'ordinanza impugnata non si era verificato se le maestre fossero o meno mosse da un personale animus corrigendi - ha ribadito il principio secondo cui l'uso sistematico della violenza, quale ordinario trattamento del minore affidato, anche lì dove fosse sostenuto da animus corrigendi, non può, infatti, rientrare nell'ambito della fattispecie di abuso dei mezzi di correzione, ma concretizza, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, gli estremi del più grave delitto di maltrattamenti. (Cass. Pen., sez. VI, sentenza 7 settembre 2017, n. 40959). Esempi: La morte provocata da un incidentale colpo di scopa alla testa diretto dalla madre alla propria figlia a fini correttivi, configura l'ipotesi di cui all'art. 571 c.p. e non quella dell'omicidio preterintenzionale (Corte Assise di Roma, 3 luglio 1991, Fiorentino).. B O ND Le frustate a sangue e le punizioni umilianti e degradanti, quali pulire il K A D D L pavimento con la lingua, mangiare in ginocchio per un mese, cospargere la E U E vittima di pomate irritanti, ecc., integrano gli estremi del reato di violenza R privata e non quello di cui all'art. 571 c.p. (Cass. Pen., sez. V, 14 ottobre 1986, n. 10841). L'insegnante risponde del reato di abuso dei mezzi di correzione se fa grugnire l'alunno di sette anni che lo aveva offeso e deriso durante la lezione, facendo il verso del maiale. Il maestro per punizione l'ha costretto a mettersi a terra a quattro zampe e a grugnire (Cass. Pen., sez. VI, 2 aprile 2014, n. 15149). Non commette reato la maestra che obbliga l'alunno a stare in un angolo o dietro la lavagna per pochi minuti, ma risponde di maltrattamenti se lo obbliga a rimanere chiuso dentro una stanza (Cass. Pen. sent. n. 38993/2017). ACCATTONAGGIO (IMPIEGO DI MINORI). – Dal 1999 il mendicare in pubblico non costituisce più reato, salvo che l'elemosina sia chiesta avvalendosi di minori degli anni quattordici o di soggetto non imputabile, o consentendo a questo di mendicare quando è sottoposto alla sua autorità o vigilanza. Si procede d'ufficio. Arresto e fermo non sono consentiti. È dubbio se il reato sussista quando il reo chiede l'elemosina tenendo in braccio un bambino nato da poco. Infatti, secondo parte della giurisprudenza in tal caso il bimbo non viene impiegato nell'accattonaggio, ma come mezzo per destare l'altrui pietà (Cass. Pen., sez. I, 13 novembre 1997, n. 6379). Costringere un figlio minorenne all'accattonaggio è da considerarsi come una forma di riduzione in schiavitù, ex art. 600 c.p. (Cass. Pen., sez. III, 25 gennaio 2007, n. 2841). ACCENSIONI O SPARI PERICOLOSI. – Il reato si configura quando si spara, senza licenza, in luogo abitato o su pubblica via (luoghi di transito come le piazze e gli slarghi) o in direzione di essa (quando si spara, seppure nella propria abitazione, ma in modo da far giungere oggetti pericolosi sulla pubblica via) con armi da fuoco (è tale quella che comporta una fiammata o. B O ND un'esplosione causata da materiale infiammabile come la polvere da sparo), K A D D L fuochi d'artificio, ovvero quando si lanciano razzi o si fanno in genere cartoni). E U E accensioni pericolose (è tale ad es. un fuoco, alimentato con cassette e R Si procede d'ufficio. Accertare se chi spara possiede la capacità tecnica per l'accensione (art. 48 T.U.L.P.S.) e la licenza per accensione di fuochi di artificio in luoghi pubblici (art. 57 T.U.L.P.S.). In caso contrario procedere come di seguito indicato. Identificare ex art. 349 c.p.p. l'autore del reato. Denunciarlo per la violazione degli artt. 48 e 57 TULPSe 703 c.p. Procedere al sequestroex art. 354 c.p.p. dei fuochi di artificio. Non integra la fattispecie in argomento lo sparo di armi ad aria compressa, che possono essere considerate armi da sparo e non da fuoco. Pertanto lo sparo in luogo pubblico di un fucile ad aria compressa può integrare solo il reato di getto pericoloso di cose (674 c.p.) (Cass. Pen., sez. V, 12 maggio 2010, n. 18062). ACCESSO A STRUTTURE ALLOGGIATIVE. – Il potere di accesso della polizia amministrativa nei locali ricettivi quali hotel, alberghi o residence deriva dall'art. 16 T.U.L.P.S.,che facoltizza ufficiali e agenti di P.S. ad accedere, anche nelle ore notturne, nei locali ove si svolgono attività soggette ad autorizzazioni di polizia, al fine di verificare se l'attività soggetta ad autorizzazione è esercitata in modo conforme all'autorizzazione stessa. Questa facoltà è prevista anche nell'art. 20 del D.P.R. n. 616/77. Impedire l'accesso ad ufficiali e agenti di P.S. è reato contravvenzionale procedibile d'ufficio, per cui, ex art. 17 comma 1 TULPS, si procederà a elezione/dichiarazione di domicilio, annotazione di p.g. per la violazione di cui all'art. 16 TULPS, e trasmissione informativa al P.M. ACCESSO ABUSIVO A SISTEMA INFORMATICO. – Integra la fattispecie criminosa di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico protetto, prevista dall'art. 615 -ter c.p., la condotta di accesso o di mantenimento nel sistema, posta in essere da soggetto che, pure essendo abilitato, violi le condizioni ed i limiti risultanti dal complesso delle prescrizioni impartite dal titolare del sistema per delimitarne oggettivamente. B O ND l'accesso. Non hanno rilievo, invece, per la configurazione del reato, gli scopi K A D D L e le finalità che soggettivamente hanno motivato l'ingresso al sistema (Cass. E U E Pen., Sez. Unite, 7 febbraio 2012, n. 4694). R Si procede a querela di parte, salvo che il fatto sia commesso da Pubblico Ufficiale o da incaricato di pubblico servizio, con abuso dei propri poteri, da soggetto armato, o se dal fatto deriva la distruzione o il danneggiamento dei dati contenuti nel sistema informatico. In questi ultimi casi si procede d'ufficio. Le condotte punite da tale norma, a dolo generico, consistono pertanto: a) nell'introdursi abusivamente in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza: da intendersi come accesso alla conoscenza dei dati o informazioni contenuti nel sistema, effettuato sia da lontano (attività tipica dell'hacker) sia da vicino (da persona, cioè, che si trova a diretto contatto dell'elaboratore); b) nel mantenersi nel sistema contro la volontà, espressa o tacita, di chi ha il diritto di esclusione: da intendersi come il persistere nella già avvenuta introduzione, inizialmente autorizzata o casuale, continuando ad accedere alla conoscenza dei dati nonostante il divieto, anche tacito, del titolare del sistema. Ipotesi tipica è quella in cui l'accesso di un soggetto sia autorizzato per il compimento di operazioni determinate e per il relativo tempo necessario (ad esempio, l'esecuzione di uno specifico lavoro ovvero l'installazione di un nuovo programma) ed il soggetto medesimo, compiuta l'operazione espressamente consentita, s'intrattenga nel sistema per la presa di conoscenza, non autorizzata, dei dati. Esempi: L'agente di Polizia che effettua un'interrogazione alla banca dati del Ministero dell'Interno, relativo ad una vettura, usando la sua “password” e l'artifizio della richiesta di un organo di polizia in realtà inesistente, necessaria per accedere a tale informazione (Cass. Pen., sez. V, 10 novembre 2010, n. 39620). Chi, senza averne il permesso, consulti la casella di posta elettronica di un collega di studio (Cass. Pen., sez. V, 15 dicembre 2014, n. 52075). Accedere all'email altrui è sempre reato, anche se si conosce la password (Cass. Pen., sez. V, 17 novembre 2017, n. 52572). ACCOMPAGNAMENTO PER IDENTIFICAZIONE DI INDAGATO O DI PERSONA INFORMATA SUI FATTI DI REATO. – I presupposti sono che si cerchi di identificare (cioè dare un nome) a: a) Un soggetto sottoposto ad indagini. b) Persone informate su fatti di reato. c) E costoro si rifiutino di fornire le generalità o ci siano dubbi sull'identità dichiarata (nome, cognome, data e luogo di nascita, residenza, status civile, professione). Il rifiuto va riferito non solo al nome e cognome, ma anche a tutte le altre indicazioni richieste per una completa identificazione. Commette pertanto il reato chi si limita ad indicare solo il proprio nome e cognome (Cass. Pen., sez. VI, 4 dicembre 1981, n. 10896). Infatti, non esclude il reato di cui all'art. 651 c.p. né la circostanza che il soggetto fornisca una qualche indicazione sulla propria identità personale, senza fornire le complete generalità, né il fatto che la sua identità sia facilmente accertabile, né tanto meno il fatto che la persona è conosciuta dal pubblico ufficiale o possa essere facilmente identificata. Non costituisce il reato di cui all'art. 651 c.p. il rifiuto di consegnare i propri documenti identificativi, qualora il soggetto fornisca le proprie generalità al pubblico ufficiale, in quanto il precetto di cui all'art. 651 c.p. contiene l'obbligo per il soggetto di fornire al pubblico ufficiale indicazioni sulla propria identità personale e non di documentazione. Se la persona non aderisce spontaneamente all'invito di seguire gli agenti in Ufficio, procedere all'accompagnamento coattivo. L'uso della forza è legittimato dalla necessità di adempimento del servizio di polizia e dall'illegittimo comportamento del trasgressore, nel caso in cui per la sua identificazione occorra procedere all'accompagnamento in Ufficio. (Cass. Pen., sez. III, 3 settembre 2007, n. 18531). Se la resistenza è attiva è possibile utilizzare mezzi di coazione fisica, come le manette di sicurezza, essendo scriminata tale condotta dall'art. 53 del c.p. (Uso legittimo delle armi o di altro mezzo di coazione fisica). Dare avviso al P.M. competente (art. 349/5 c.p.p.), il quale può ordinare in qualsiasi momento il rilascio della persona se non sussistono le condizioni per procedere all'accompagnamento. Effettuare ricerche in archivio o altri uffici per l'identificazione (es. controllare se la persona è munita di passaporto, di porto d'arma, di patente di guida consultando anche l'archivio della Motorizzazione Civile); controllare lo schedario delle carte d'identità, se la persona è residente nella provincia, altrimenti estendere tale accertamento alla provincia di residenza o al Comune di residenza; accertare se esiste scheda fotosegnaletica presso il Gabinetto di Polizia Scientifica della Questura o presso la Direzione Centrale Criminale. Se necessario, estendere l'accertamento ad altre Questure e uffici di polizia; se si tratta di straniero, ai sensi dell'art. 6 del d.lgs. 286/98, per procedere alla sua identificazione ed alla verifica della sua posizione di soggiorno, il predetto dovrà essere fotosegnalato e sottoposto ad accertamenti AFIS. Se si tratta dell'indagato, è possibile procedere a rilievi dattiloscopici, fotografici e antropometrici (art. 4 T.U.L.P.S.); se si tratta di persona informata sui fatti, invece, non può essere fotosegnalata, tranne nell'ipotesi in cui si sia rifiutata di declinare le proprie generalità, nel qual caso diventa indagata del reato di cui all'art. 651 c.p., per cui può essere sottoposta a fotosegnalamento. Trattenere l'accompagnato per il tempo strettamente necessario per l'identificazione e, comunque, non oltre 12 ore (art. 349/4 c.p.p.); tuttavia, se l'identificazione risulta particolarmente complessa o occorre la partecipazione dell'autorità consolare o di un interprete, la persona può essere trattenuta non oltre 24 ore (come previsto dal decreto legge 144/05 antiterrorismo, il cd. decreto Pisanu), ma in tal caso bisogna previamente avvisare il Pm e la persona, in tale ipotesi, ha la facoltà di avvisare un familiare o un convivente (349/4 c.p.p.). Nel verbale, inoltre, bisogna espressamente indicare i motivi di complessità dell'accertamento (ad es.: perché si tratta di straniero privo di permesso di soggiorno, che non conosce la lingua italiana, per cui ci si è avvalsi dell'assistenza dell'interprete; ovvero perché è stata richiesta l'assistenza dell'Autorità consolare di….). Dare avviso del rilascio al P.M. competente con l'indicazione dell'ora in cui esso è avvenuto (art. 349/6 c.p.p.). Redigere verbale di accompagnamento per identificazione in duplice copia, indicando le modalità con cui si è pervenuto all'identificazione (art. 357/2 lett. c e 3 c.p.p.); la documentazione dovrà essere messa a disposizione del Pm, a norma degli artt. 357/4 e 347/1 c.p.p. Qualora, dopo l'identificazione, ricorrano gli estremi di reato (es. rifiuto di declinare le generalità, false attestazioni o uso di atto falso) redigere relativa informativa di reato. Nel caso in cui il rifiuto di fornire le generalità sia opposto da un soggetto sottoposto a misura di prevenzione, egli va denunciato non per il reato di cui all'art. 651 c.p. ma per quello di cui all'art. 221 T.U.L.P.S. in relazione agli artt. 4 e 294 del relativo regolamento. Detti soggetti hanno, infatti, l'obbligo di munirsi della carta d'identità e di esibirla a richiesta degli agenti. ACCOMPAGNAMENTO PER IDENTIFICAZIONE DI P.S. (C.D. FERMO DI PUBBLICA SICUREZZA). – Attuabile se intendesi semplicemente identificare un soggetto e questo si sia rifiutato di farsi identificare ovvero ricorrono sufficienti indizi per ritenere la falsità delle dichiarazioni sull'identità e dei documenti esibiti. Accompagnare il soggetto in ufficio e qui trattenerlo per il tempo strettamente necessario all'identificazione e comunque non oltre le 24 ore (art. 11/1). Avvisare immediatamente dell'accompagnamento il P.M. (art.11/3), che può ordinare il rilascio se non sussistono i presupposti previsti (per i minori avvisare il PM presso il Tribunale dei minorenni). Effettuare ricerche in archivio per l'identificazione (controllare se la persona è munita di passaporto o di porto d'armi, controllare anche lo schedario delle carte d'identità della Questura, se la persona si dichiara o può essere residente nella provincia, altrimenti richiedere tale accertamento alla Questura o ad altri uffici di polizia della provincia o del comune di probabile residenza, eseguire l'accertamento attraverso gli schedari e gli archivi elettronici dello S.D.I.; accertare, attraverso la Motorizzazione civile, se la persona è munita di patente di guida; accertare se esiste scheda fotosegnaletica presso il Gabinetto di Polizia Scientifica; cercare parenti o conoscenti in grado di identificare la persona; chiamare i Carabinieri del luogo di residenza o di dimora del soggetto per chiedere informazioni, farsi inviare, tramite fax, una copia del documento d'identità con acclusa fotografia). Se non si riesce in alcun modo ad identificare il soggetto, procedere, a norma dell'art. 4 del T.U.L.P.S., a rilievi dattiloscopici, fotografici e antropometrici (è il c.d. fotosegnalamento). Avvisare il PM se è necessario sottoporre il soggetto a rilevi anche biologici (saliva o capello), salvo nell'ipotesi in cui il fermato consenta al prelievo di liquidi biologici, nel qual caso non sarà necessaria l'autorizzazione del PM. Attendere l'esito AFIS (ossia l'esito del controllo sulle impronte digitali e palmari). Accertare se a carico del fermato ci sono precedenti tramite lo SDI (art. 9 L.121/81). Avvisare il PM dell'ora del rilascio (art. 11/4). Il difensore non ha diritto di assistere (art. 356 c.p.p.). Se la persona resiste all'accompagnamento in ufficio, procedere coattivamente, se necessario utilizzando mezzi di coazione fisica, come le manette. “Il rifiuto opposto da taluno alla richiesta, da parte di un ufficiale o agente di polizia, di dichiarare le proprie generalità legittima l'accompagnamento coattivo del soggetto negli uffici di polizia e giustifica l'uso di un mezzo di coazione fisica, come la forza muscolare, ove a tale accompagnamento venga opposta resistenza, anche meramente passiva; l'uso della forza deve però essere rigorosamente proporzionato al tipo ed al grado della resistenza opposta” (Cass. pen., sez. VI, 18 marzo 2015, n. 22529). Vedi anche art. 53 c.p. Denunciare il soggetto se ha dato false generalità (art. 496 c.p.) o se si rifiuta di fornirle (art. 651 c.p.). Perquisirlo ex art. 352 c.p.p. Se questo è persona sottoposta a misura di prevenzione (ex lege 1423/56), in caso di rifiuto di declinare le generalità, denunciarlo ex art. 221 T.U.L.P.S. e non ex art. 651 c.p. Tali soggetti hanno, infatti, l'obbligo di munirsi della carta di identità e di esibirla a richiesta degli agenti (art. 294 Reg. T.U.L.P.S.). Atti: Verbale di accompagnamento per identificazione, in duplice copia, nel quale devono essere indicate le modalità con cui si è pervenuti all'identificazione (art. 357 c.p.p.). Una copia va trasmessa senza ritardo in Procura per la convalida, allegata all'informativa, e l'altra conservata agli atti di ufficio. Non va data copia all'interessato. Annotazione per il reato di cui all'art. 651 c.p. (rifiuto d'indicazioni sulla propria identità personale) ovvero all'art.496 c.p. (falsa attestazione o dichiarazione sull'identità o qualità proprie o di altri), ovvero procedere per il reato di falsità in atti. Verbale di elezione di domicilio e nomina del difensore. L'impossibilità di identificare un indagato va valutata ai fini del fermo (ex art. 384 c.p.p.). AFFISSIONE ABUSIVA. – Si tratta di sanzione depenalizzata in illecito amministrativo dall'art. 46, d.lgs. 30.12.1999, n. 507, per cui non costituisce più reato affiggere in un luogo pubblico o aperto al pubblico, vendere o distribuire o mettere comunque in circolazione scritti o disegni, senza avere ottenuto l'autorizzazione richiesta dalla legge. Un manifesto pubblicitario è abusivo se è affisso fuori degli spazi consentiti (per esempio su muri, cabine telefoniche, pensiline di autobus, sulla segnaletica stradale, sui cassonetti dell'immondizia, sugli spazi commerciali del comune); sui tabelloni apposti per strada in vista delle elezioni, qualora pubblicizzino un partito diverso da quello che ha chiesto l'autorizzazione all'affissione; senza alcuna autorizzazione. Per affiggere un cartellone pubblicitario, è necessario chiedere e ottenere l'autorizzazione all'ufficio affissioni del Comune, pagando un'imposta; successivamente andranno rispettate le indicazioni fornite dal Comune per l'affissione. Le affissioni, infatti, sono vietate (in particolare) sui monumenti pubblici, sulle segnaletiche stradali, sulle proprietà private (a meno che non vi sia il consenso del proprietario) ed in posizioni che potrebbero influire negativamente sulla concentrazione degli autisti, distraendoli. AFFISSIONE VOLANTINI PUBBLICITARI. – Si procede d'ufficio se si affiggono volantini su beni immobili, su mezzi di trasporto pubblico o privati, su cose di interesse storico o artistico (ad es. affiggere sui muri del centro storico volantini pubblicitari relativi a eventi musicali e cinematografici). Se, invece, si tratta di beni mobili si procede a querela di parte. La condotta di "imbrattamento" (quale l'affissione di volantini su un muro previa spennellatura di colla sullo stesso) prescinde dalla preesistente condizione estetica del muro stesso, perchè l'atto di imbrattare lede (peggiorando quantomeno la situazione preesistente dell'oggetto imbrattato) comunque l'interesse giuridicamente protetto. Ne consegue che, ai fini della verifica della sussistenza dell'elemento oggettivo del reato di cui all'articolo 639 c.p., non è necessario, per il caso in cui il reato sia stato integrato attraverso la condotta di imbrattamento, accertare la previa condizione dell'oggetto danneggiato (Cass. Pen., sez. II, n. 47184 del 2009). Se, invece, i volantini sono distribuiti a mano lungo le strade e in generale nei luoghi pubblici, l'attività è essenzialmente libera e l'amministrazione non vanta poteri regolatori suscettibili di incidere direttamente nel rapporto tra gli operatori commerciali e i potenziali clienti (T.A.R. Brescia, sez. II, 21 giugno 2012 n. 1133). AFIS. – Si tratta dei precedenti dattiloscopici,a differenza dei precedenti negli archivi di Polizia (per cui si parla di SDI). È un archivio contenente i cartellini segnaletici, comprensivi di dati fotografici, anagrafici e biometrici (impronte digitali), di soggetti sottoposti a fotosegnalamento. È l'acronimo di Automated Fingerprint Identification System, (Sistema Automatizzato di Identificazione delle Impronte), sistema costituito da database a disposizione delle singole unità di polizia scientifica, o dei RIS dei Carabinieri, che hanno la possibilità di connettersi, via rete telematica, alla Banca dati del Casellario Centrale d'Identità - II Divisione del Servizio Polizia Scientifica, che contiene le informazioni biometriche dei singoli soggetti per essere identificati ai fini preventivi o giudiziari. AGGIOTAGGIO. – Si procede d'ufficio. Arresto e fermo non sono consentiti, salvo nell'ipotesi di cui al terzo comma dell'art. 501 c.p., nel qual caso l'arresto è facoltativo. L'aggiotaggio è un reato comune che consiste nel pubblicare o divulgare notizie false, esagerate o tendenziose o nell'adoperare altri artifici, al fine di determinare un aumento o una diminuzione del prezzo delle merci o dei valori di borsa (azioni, obbligazioni, titoli di debito pubblico). È una sorta di truffa ai danni della collettività (per tale motivo per essa è prevista l'incapacità a contrattare con la pubblica amministrazione). Il reato in questione, infatti, ha ad oggetto la tutela dell'economia nazionale, nel senso che la notizia falsa deve estendersi se non a tutto il territorio nazionale, ad una zona sufficientemente vasta di esso in modo da poter nuocere alla pubblica economia, per cui non si realizza se la comunicazione è data ad un numero ristretto di persone (nella specie, è stato escluso il reato in questione nell'ipotesi di un commerciante che aveva riferito ad un ristrettissimo numero di persone di essere sprovvisto di merce, nascondendola in magazzino per rivenderla a prezzo maggiorato quando la falsa notizia da lui fornita avesse prodotto l'effetto sperato) (Cass. Pen., sez. VI, 28 settembre 1979, Pazzola). ALLARME ACUSTICO (ININTERROTTO CHE CREA DISTURBO ALLA QUIETE PUBBLICA). – Tentare di rintracciare il proprietario. In caso di esito negativo, contattare P.M. di turno e farsi autorizzare all'eventuale distacco dell'impianto di allarme. Contattare i vigili del fuoco per il distacco. Redigere relazione ed eventualmente annotazione per disturbo quiete pubblica. I dispositivi di allarme acustico antifurto installati sul veicolo si devono attenere ai tempi massimi di cui all'art. 350 comma 2 del regolamento di esecuzione del codice della strada (intervallata e non superiore a tre minuti), oltre che rispettare i limiti di esposizione al rumore di cui al D.P.C.M. 1 marzo 1991. La più recente giurisprudenza penale ha escluso la configurabilità nei casi di specie dell'art. 659 c.p. ritenendo sempre sussistente, in quanto speciale, l'illecito amministrativo di cui all'art. 155 c.d.s.. Il risultato, com'è noto, è la difficoltà di intervenire facendo cessare nell'immediato la fonte del disturbo, cessazione alla quale si addiveniva ipotizzando il reato de quo ed effettuando il sequestro preventivo del veicolo per evitarne la protrazione. La fattispecie di cui al c.d.s. prevede peraltro una sola sanzione amministrativa pecuniaria, senza alcuna sanzione accessoria. ALLOGGIO PER MERCEDE A CHI NON HA DOCUMENTO IDENTIFICATIVO. – Ex art. 109 T.U.L.P.S. chi offre alloggio per mercede, ossia in cambio del pagamento del prezzo (albergatori, locandieri, gestori di pensioni o case di salute, ecc.), non può ospitare persone che non esibiscano un documento di identità o, se straniere, il passaporto o altro valido titolo. In caso contrario: Identificare il gestore Denunciarlo, redigendo annotazione di p.g., per inosservanza dell'art. 109 T.U.L.P.S. (l'inosservanza ha assunto carattere penale per effetto dell'art. 8 L.135/2001, per cui si applica l'art. 17 del T.U.L.P.S.) L'art. 17 T.U.L.P.S. prevede l'arresto fino a tre mesi o l'ammenda fino a € 206,00. ALT POLIZIA: NON FERMARSI. – Redigere verbale ex art. 192 c.d.s. Elaborare anche annotazione per il reato di resistenza a p.u. (art. 337 c.p.), ma solo se si tratta non di una semplice fuga, ma anche di un comportamento di pericolo e minaccia sia per l'agente operante che per i terzi. Esempi: La condotta del soggetto che, guidando un veicolo in modo oggettivamente pericoloso, non si limita a tentare la fuga dinanzi ad un posto di blocco autostradale, ma pone volontariamente in pericolo l'incolumità personale degli agenti inseguitori o degli altri utenti della strada integra l'elemento materiale della violenza al fine del configurarsi del reato di resistenza a pubblico ufficiale (Cass. Pen., Sez. VI, 24 giugno 2015, n. 26528). ALTERAZIONE DI TARGA. – Si procede d'ufficio. Sequestro della targa. Sequestro penale del mezzo. L'alterazione della targa (come nel caso di soggetto che modifica anche un solo numero della propria targa) integra la fattispecie del reato di “falsità materiale commessa in certificati o autorizzazioni amministrative” di cui al combinato disposto degli artt. 100, comma XIV del c.d.s. e 487- 482 del codice penale. La targa è, infatti, una certificazione amministrativa. Tuttavia vanno fatte due distinzioni: 1) Alterazione di targa propria: si applicano gli artt. 482 e 487 c.p. 2) Falsità di targa apposta su auto rubata: si contesterà l'art. 648 bis c.p. (riciclaggio) qualora si abbia la prova che sia stato il soggetto fermato a sostituire la targa falsa al fine di ostacolare l'individuazione della provenienza del bene, altrimenti si contesta la ricettazione (art. 648 c.p.). Esempi: Targa verniciata per eludere l'autovelox, rendendo parzialmente visibili i dati, al fine di impedire l'identificazione del proprio veicolo dal dispositivo autovelox configura l'ipotesi di falsità in certificazioni amministrativa di cui all'art. 482 c.p. (Cass. Pen., sez. V, 23 settembre 2014, n. 38742). ANIMALI: ABBANDONO. – Si procede d'ufficio, ex art. 50 comma 2 c.p.p. Affidare l'animale ad un canile, contattando il Comune o il Servizio Veterinario dell'Azienda USL di competenza territoriale. La contravvenzione sussiste quando si abbandonano animali (727 comma 1) o si detengono in condizioni incompatibili con la loro natura (727 comma 2) producendogli gravi sofferenze. Trattandosi di contravvenzione, e non di delitto, si è puniti sia a titolo di dolo sia di colpa, rendendo punibili tutti quegli atti colposi d'incuria e negligenza che danneggiano l'animale. Esempi: Procedere anche nel caso in cui si rinvenga a bordo di veicolo animale con i finestrini chiusi e lasciato al sole e non si riesca a contattare il proprietario (Cass. Pen., sez. III, 16 novembre 2012, n. 44902). In tal caso, far intervenire i Vigili del Fuoco che potranno rompere il vetro del veicolo. Se non sopraggiunge il proprietario, trasportare il mezzo in depositeria dove va custodito e denunciare il proprietario per il reato di cui all'art. 727 c.p. Il proprietario di un cane che trasporta il proprio animale da un luogo all'altro, per un apprezzabile lasso di tempo, rinchiudendolo nel bagagliaio della propria auto di piccole dimensioni, in quanto la restrizione del cane in un ambiente inidoneo incide sulla sensibilità dell'animale provocandogli un'inutile sofferenza (Cass. Pen., sez. III, 28 maggio 2004, n. 24330). Tener legato il cane ad una catena corta e senza alcun riparo (Cass. Pen., sez. III, 29 gennaio 1999, n. 1215). Abbandonare durante il periodo estivo un animale, atteso che la norma tutela gli animali in quanto autonomi esseri viventi, dotati di propria sensibilità psico-fisica, e come tali capaci di avvertire il dolore causato dalla mancanza di attenzione e amore legato all'abbandono. (Cass. Pen., sez. III, 10 luglio 2000, n. 11056: nel caso in esame due gattini abbandonati in un giardino erano morti d'inedia). L'abbandono si configura non solo con il distacco volontario dall'animale (quindi dolosamente), ma anche con qualsiasi forma di trascuratezza, disinteresse o mancanza di attenzione verso quest'ultimo, quindi anche nel caso di comportamenti colposi improntati ad indifferenza o inerzia nell'immediata ricerca dell'animale in caso di smarrimento (Cass. Pen., sez. III, 13 maggio 2011, n. 18892). La Corte di Cassazione ha anche precisato che basta l'incessante abbaio del cane a documentarne il malessere, per concretizzare il reato (Cass. pen., sez. III, 9 aprile 2015, n. 14250). Detenere animali con catene limitandone anche i più elementari movimenti è reato perché si tratta di una situazione incompatibile con la loro natura e produttiva di gravi sofferenze (Cass. Pen., sez. III, 6 marzo 2018, n. 10164). ANIMALI: DIVIETO DI COMBATTIMENTO. – Si procede d'ufficio nei confronti di chi promuove, organizza o dirige combattimenti o competizioni non autorizzate tra animali che possono pregiudicarne l'integrità fisica. Arresto facoltativo in flagranza solo nell'ipotesi in cui le predette attività sono compiute in concorso con minorenni o da persone armate, o sono promosse utilizzando materiali contenenti scene o immagini di combattimenti o delle competizioni, o se il colpevole cura la ripresa o la registrazione dei combattimenti o delle competizioni in qualsiasi forma. Fermo non consentito. ANIMALI: DIVIETO DI PELLICCE DI CANE E DI GATTO. – Si procede d'ufficio. ANIMALI: MALTRATTAMENTO. – Il reato si configura quando per crudeltà o senza necessità si cagiona una lesione ad un animale o lo si sottopone a sevizie o a comportamenti o fatiche insopportabili per le sue caratteristiche etologiche o a trattamenti che gli procurano danno alla salute. Per lesione si intende un'apprezzabile diminuzione dell'originaria integrità dell'animale che, pur non risolvendosi in un vero e proprio processo patologico e non determinando una menomazione funzionale, sia comunque diretta conseguenza di una condotta volontaria commissiva od omissiva (Cass. Pen., sez. III, 29 luglio 2013, n. 32837). Per “comportamenti insopportabili” imposti all'animale, idonei ad integrare il reato si intendono quelli incompatibili con il comportamento proprio della specie di riferimento dello stesso così come ricostruito dalle scienze naturali, come nel caso in cui si costringe un cane ad intrattenere rapporti sessuali con un essere umano al fine di realizzare un film a tema “zoopornografico” (Cass. Pen., sez. III, 7 febbraio 2013, n. 5979). Si procede d'ufficio. Arresto e fermo non sono consentiti. Ai sensi dell'art. 55 c.p.p., la p.g. deve impedire il consumarsi dell'evento morte, ad esempio procedendo a sequestro preventivo d'urgenza dell'animale ex art. 321 c.p.p.. Affidare l'animale maltrattato ad un canile, contattando il comune o il servizio veterinario dell'A.S.L.. L'art. 19 quater disp. coord. trans. c.p. (affidamento animali sequestrati) ha previsto che gli animali oggetto di provvedimenti di sequestro o confisca per reati contro gli animali sono affidati ad associazioni o Enti che ne facciano richiesta individuati con decreto del Ministero della Salute, adottato di concerto con il Ministero dell'Interno. Naturalmente, nella fase successiva sarà poi il magistrato competente a decidere in via stabile sia sulla custodia sia sul destino definitivo dell'animale. Se l'animale è di proprietà altrui, citare anche la violazione dell'articolo 638 c.p. che punisce l'uccisione o il danneggiamento di animali altrui. Esempi: Costituisce maltrattamento la detenzione di gatti in piccole gabbie, poiché essa priva l'animale della possibilità di movimento e di espansione, se non al prezzo di sofferenza (Cass. Pen., sez. III, 11 giugno 1997, n. 5584). ANIMALI: OMESSA CUSTODIA. – Si procede d'ufficio. Nel caso in cui il cane sfuggito all'attenzione di chi lo custodiva uccida altro cane, si configura fatto tipico di responsabilità civile ex art. 2052 c.c., che prevede espressamente il danno cagionato dall'animale custodito dal proprietario o smarrito (Cass. Pen., sez. II, 21 marzo 1987, n. 3565). Esempi: Il cane di proprietà aggredisce un passante. Non è sufficiente, per escludere responsabilità, che l'animale si trovi in un luogo privato o recintato, ma è necessario che in tale luogo non possano introdursi estranei (Cass. Pen., sez. IV, 17 maggio 1988, n. 5845, nonché 28 aprile 2006, n. 14829). Condannati i due proprietari del cane, per il delitto di cui agli artt. 110 e 590 c.p. per non aver impedito allo stesso, custodendolo in modo idoneo, in violazione dell'art. 672 codice penale, di aggredire una passante procurandole lesioni alla mano destra (Cass. Pen., sez. III, 1 settembre 2014, n. 36461; conforme 22 dicembre 2014 n. 53138). ANIMALI: UCCISIONE. – Si procede d'ufficio, per il delitto di animalicidio, anche se il reato deriva da una condotta omissiva, ad esempio di incuria ed abbandono (Cass. Pen., sez. III, 30 novembre 2007, n. 44822), come nel caso in cui si lasci morire di inedia un animale nella propria abitazione. La condotta assume rilevanza penale solo se commessa con crudeltà o senza necessità, per cui sussiste anche se l'uccisione dell'animale, pur se avvenuta per necessità (capi destinati all'alimentazione) è effettuata in maniera crudele. Arresto e fermo non sono consentiti. Se trattasi di uccisione o maltrattamenti di animali altrui si applica l'art. 638 c.p. APERTURA PORTA PER MOTIVI DI EMERGENZA. – Se giunge sull'utenza di emergenza “113” richiesta di apertura porta per motivi di emergenza (es. odore di gas proveniente dall'interno dell'appartamento in cui si trovi anziano, neonato o disabile), verificare l'attendibilità della segnalazione e successivamente autorizzare i Vigili del Fuoco ad effettuare l'apertura. Se, invece, giunge richiesta di apertura porta perché si crede che all'interno ci sia persona per la quale si tema per l'incolumità (perché sparita da giorni, perché ha minacciato di suicidarsi, ecc.), chiedere al vicinato se l'hanno vista negli ultimi tempi. Se nessuno ha notizie, procedere all'apertura della porta, chiedendo l'intervento dei Vigili del Fuoco. Aperta la porta, e risolta la situazione d'emergenza, se nessuno dei proprietari è presente, affidare l'immobile ad un parente o al portiere o, se ciò non sia possibile, chiamare un fabbro o il servizio tecnico del comune per far provvedere alla chiusura provvisoria mediante apposizione di lucchetti o altro. Se a seguito dell'apertura il proprietario pretende il risarcimento dei danni, trattandosi di un'operazione svolta per motivi di tutela della pubblica e/o privata incolumità dei cittadini, quindi nell'ambito di un provvedimento urgente di pubblica sicurezza, si applica l'art. 7 T.U.L.P.S. che stabilisce che nessun indennizzo è dovuto per i provvedimenti dell'autorità di P.S., nell'esercizio delle facoltà ad essa attribuite dalla legge. Redigere relazione di servizio. APPARECCHI DA GIOCO CON VINCITA IN DANARO. – Utilizzo da parte di minori. Se in un esercizio pubblico è accertato che un minore degli anni 18 è intento a giocare a un apparecchio, con vincita di denaro, compilare i seguenti atti: Verbale d'ispezione di cose di luoghi diversi dalla privata dimora. Verbale di accertata violazione amministrativa, ex art. 24, comma 19, D.L. 6 luglio 2011 n. 98, convertito nella L.155/2011, riportando la seguente formula sul verbale stesso: “Quale titolare dell'esercizio pubblico consentiva la partecipazione ai giochi pubblici, con vincita in denaro, a minori di anni diciotto”. Sanzione accessoria: chiusura dell'esercizio pubblico da dieci fino a trenta giorni, ex art. 24, comma 20 del decreto citato. Rapporto all'ufficio territoriale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, competente in relazione al luogo e in ragione dell'accertamento eseguito. Il titolare dell'esercizio commerciale, del locale ovvero del punto di offerta del gioco con vincite in denaro identifica i minori di età mediante richiesta di esibizione di un documento di identità, tranne nei casi in cui la maggiore età sia manifesta. (art. 7 comma 8 del D.L. 158/2012). APPROPRIAZIONE DI COSE SMARRITE, DEL TESORO O DI COSE AVUTE PER ERRORE O CASO FORTUITO. – Abrogato dal D. Lgs n. 7/2016 e trasformato in illecito civile. Trattandosi di illecito civile ci si potrà rivolgere ad un legale per intraprendere azione finalizzata al risarcimento dei danni. (Vedi ingiuria). L'illecito si configura se il ritrovatore non ha proceduto a consegnare la res alla più vicina stazione delle forze dell'ordine o presso l'ufficio oggetti smarriti del Comune. In quest'ultimo caso, il proprietario è tenuto a garantire il premio previsto dall'art. 930 c.c. o in alternativa, se non è identificato, il ritrovatore acquisisce la titolarità della stessa ex art. 929 c.c., qualora il proprietario non si presenti per reclamarla entro un anno dall'ultimo giorno di pubblicazione del ritrovamento nell'albo pretorio, quindi dopo circa un anno e un mese. Esempi: Se dal portafoglio è possibile risalire all'identità del titolare (ad esempio tramite la patente, la carta d'identità o anche la carta bancomat che, se consegnata alla banca, potrebbe consentire l'identificazione del proprietario), chi non lo restituisce commette il reato di furto; Se dal portafoglio non è possibile risalire al nome e cognome del titolare (perché ad esempio ci sono solo soldi e nessun documento) allora si commette solo una sanzione amministrativa, quella di «appropriazione di cose smarrite». (Cass. Pen., sez. V, 14 novembre 2017, n. 51895). È furto, e non appropriazione di cose smarrite, il ritrovamento di un bancomat riportante l'indicazione dell'Istituto di Credito e il numero convenzionale (Cass. Pen., sez. V, 16 novembre 1988, n. 11860). APPROPRIAZIONE INDEBITA. – Si configura il reato di appropriazione indebita quando taluno, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria del denaro o della cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso (da intendersi come mera detenzione). Questo reato è punito a querela della persona offesa. Si procede d'ufficio se ricorrono circostanze aggravanti ad effetto speciale (649 bis c.p.). Arresto facoltativo, purché sia stata presentata querela, anche orale, o sussistano le circostanze aggravanti sopra indicate. Se compiuto a danno di congiunto dal reo convivente (coniuge, ascendente o discendente o affine in linea retta, adottante o adottato, fratello o sorella), il reo stesso non è punibile. Se, invece, il reato è compiuto nei confronti del coniuge legalmente separato, del fratello o sorella che non convivano con lui, oppure dello zio, del nipote o dell'affine in secondo grado con lui convivente, tali reati sono punibili a querela della persona offesa(vedi art. 649 c.p.). Esempi: Il rifiuto del professionista (ad es. avvocato) di restituire al cliente la documentazione ricevuta, in quanto costituisce un comportamento che eccede i limiti del titolo del possesso (Cass. Pen., sez. II, 3 luglio 2008, n. 26820). La condotta del conduttore di un appartamento che asporti dall'immobile oggetto di locazione i relativi arredi (Cass. Pen., sez. II, 9 febbraio 2012, n. 4958). La condotta dell'amministratore condominiale che, ricevute le somme di denaro dai condomini, ometta di versare i contributi previdenziali per il servizio di portierato (Cass. Pen., sez. II, 23 novembre 2010, n. 41462). In presenza di un conto corrente cointestato, a carico del cointestatario, il quale, pur avendo la facoltà di compiere azioni separatamente, disponga di somme in proprio favore (effettuando prelievi o pagamenti), in misura eccedente il tetto di pertinenza, senza il consenso, espresso o tacito, degli altri cointestatari, si configura il delitto di appropriazione indebita (Cass. Pen., sez. II, 4 luglio 2014, n. 29019). ARRESTI DOMICILIARI. – Misura cautelare personale prevista dall'articolo 284 c.p.p. e disposta dal giudice nei confronti dell'imputato rispetto al quale sussistono gravi indizi di colpevolezza e altre esigenze cautelari. Consiste nel provvedimento con cui il giudice prescrive all'imputato di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora ovvero da un luogo pubblico di cura o di assistenza ovvero, ove istituita, da una casa famiglia protetta. Il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, anche di propria iniziativa, possono controllare in ogni momento l'osservanza delle prescrizioni imposte all'imputato (284/4 c.p.p., art. 97 bis disp. att. c.p.p.). Il soggetto sottoposto agli arresti domiciliari deve permanere nel perimetro delle mura domestiche o degli altri siti di esecuzione della misura, è fatto divieto di colloquio anche telefonico con soggetti diversi dai conviventi. Il divieto di comunicare con persone diverse dai familiari conviventi si estende anche alla comunicazione tramite internet (social network “Twitter- facebook”) (Cass. Pen., sez. IV, 31 gennaio 2012, n. 4064) e non può ricevere persone, al di fuori di coloro che abitano con lui o che lo assistono. Non potrà allontanarsi dalla propria abitazione senza autorizzazione dell'Autorità Giudiziaria procedente. Per abitazione è da intendersi il luogo in cui il soggetto conduce la propria vita domestica e privata con esclusione di ogni altra appartenenza (aree condominiali, dipendenze, giardini, cortili e spazi simili) che non sia di stretta pertinenza dell'abitazione e non ne costituisca parte integrante. In presenza di determinate e comprovate motivazioni e a fronte di un'istanza presentata all'autorità giudiziaria competente, l'imputato agli arresti domiciliari può fruire di permessi al fine di allontanarsi dal luogo di detenzione per il tempo strettamente necessario al compimento delle incombenze. Molto ampia è la casistica di situazioni che possono dare luogo alla concessione di permessi: si pensi al soggetto che deve fare la spesa o recarsi in farmacia o provvedere ad altre indispensabili esigenze di vita oppure alla persona che deve sottoporsi a visite mediche, a sedute ambulatoriali dall'odontoiatra o a un programma di recupero per tossicodipendenti. I permessi durante gli arresti domiciliari possono essere concessi anche per consentire all'imputato di svolgere un'attività lavorativa o per accompagnare i figli a scuola (sempre che non vi sia nessun altro disponibile a farlo e non vi siano i mezzi economici per assumere qualcuno che vi provveda). Il soggetto sottoposto agli arresti domiciliari è privato della libertà personale allo stesso modo di un detenuto. Per salvaguardare l'inalienabile diritto di difesa, l'imputato può sempre comunicare con il suo avvocato, ma il giudice, ordinando gli arresti domiciliari, può limitare, anche in modo incisivo, i contatti con il mondo esterno del soggetto sottoposto alla misura coercitiva. In concreto, il giudice può vietare all'imputato di ricevere persone (le visite possono essere escluse tout court o il divieto può riguardare solo determinati soggetti) e di comunicare con altri soggetti, salvo che con coloro che coabitano o gli prestano assistenza. In queste ipotesi, ad essere precluso non è solo il contatto vis-à-vis, ma anche l'interloquire con altri soggetti di persona, tramite telefono o con mezzi informatici. Anche i social network non possono essere utilizzati come mezzi di comunicazione, ma solo a scopi conoscitivi. ARRESTO A SEGUITO DI ORDINE DI CUSTODIA CAUTELARE. – Notificare al destinatario l'ordine di custodia in carcere, mediante consegna di copia. Perquisirlo, prima di accompagnarlo in carcere. Compilare biglietto di carcerazione da consegnare alla casa circondariale, unitamente a copia dell'ordine di carcerazione. Accompagnarlo in carcere. Redigere verbale di esecuzione dell'ordine di carcerazione. ARRESTO DA PARTE DEL PRIVATO. – L'art. 383 c.p.p. consente anche al privato (qualsiasi persona fisica, quindi cittadino italiano, comunitario, extracomunitario o apolide) di procedere all'arresto quando l'autore del reato è colto in flagranza di un delitto punito a norma dell'art. 380 c.1 e 2 c.p.p. La norma, tuttavia, limita tale facoltà ai soli delitti perseguibili d'ufficio. Ai privati, dunque, non è riconosciuto alcun potere con riguardo ai reati che richiedono una condizione di procedibilità, neppure quando il reato posto in essere è particolarmente grave (si pensi ad es. ai reati a sfondo sessuale, per la cui punibilità è necessaria la proposizione della querela da parte della persona offesa). Una volta proceduto all'arresto, il privato ha l'obbligo di consegnare immediatamente l'arrestato e il corpo del reato alla P.G. (art. 383 comma 2 c.p.p.). La consegna deve avvenire senza ritardo, nel più breve tempo possibile, per evitare che una misura eccezionale possa trasformarsi in un sequestro di persona. Per il privato l'arresto è sempre facoltativo, per cui su di esso non incombe alcun dovere. La P.G. ha l'obbligo di redigere il verbale di presa in consegna della persona arrestata dal privato. Copia del verbale di presa in consegna dell'arrestato deve essere consegnata al privato che ha proceduto all'arresto. La stessa P.G. deve, inoltre, provvedere alle incombenze prescritte dall'art. 386 c.p.p. in ordine ai doveri conseguenti all'arresto. ARRESTO DEL MINORENNE. – Non è mai consentito l'arresto del minore infraquattordicenne in quanto, ex art. 98 c.p., non è imputabile. Nei confronti del minorenne che abbia superato il quattordicesimo anno di età, invece, l'arresto in flagranza non è mai obbligatorio ma facoltativo. La P.G., infatti, dovrà valutare se procedere all'arresto stimandone la pericolosità (precedenti penali e giudiziari, condizioni di vita familiare e sociale), sulla base degli indici di cui all'art.133 c.p., e la gravità del fatto commesso. Inoltre, la P.G. può (art. 16 DPR. n. 448/88) arrestare il minore solo nel caso in cui venga colto nell'atto di compiere un delitto non colposo punibile con: L'ergastolo (strage, omicidio nei confronti di ascendente o discendente, omicidio premeditato, omicidio aggravato, sequestro di persona a scopo estorsivo con omicidio doloso del sequestrato); La reclusione non inferiore nel massimo a 9 anni (omicidio, lesioni gravissime, ecc.); oppure qualora commetta specifici delitti previsti dall'art. 380 comma 2 lett. e), f) g), h), del c.p.p., nonché per il delitto di violenza sessuale (art. 23 D.P.R. 448/88): Furto aggravato dalla violenza sulle cose (art. 625/1, n. 2 c.p.), salvo il caso ricorra la circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità (art. 62, n. 4 c.p.). Non è previsto l'arresto per il furto con strappo e furto in abitazione ex art. 624 bis c.p., anche se può considerarsi consentito in relazione all'orientamento della Corte Costituzionale (sent. n. 281/07) e della Corte di Cassazione (sent. n. 34216/07). In questi casi è comunque possibile procedere all'accompagnamento a seguito di flagranza ovvero all'arresto, ma solo se sussista una delle circostanze aggravanti di cui all'ultimo comma dell'art. 624 bis c.p. Rapina (628 c.p.) Estorsione (629 c.p.) Spaccio e detenzione di stupefacenti Furto su armi o esplosivi, commesso in luoghi adibiti alla loro custodia (armerie, depositi, ecc.). Detenzione, porto, vendita in luogo pubblico o aperto al pubblico di esplosivi, armi da guerra, arma clandestina o di più armi comuni da sparo (escluse quelle da bersaglio di sala, quelle ad aria compressa o lanciarazzi). Per il minore colto in flagranza di un delitto non colposo per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni è prevista, invece, la possibilità dell'accompagnamento coattivo del minorenne presso la propria abitazione o in comunità, se manca o non è indicata l'abitazione. La P.G. nel caso di arresto o fermo di minore deve: Darne immediatamente avviso al PM presso il Tribunale per i minorenni e all'esercente la potestà genitoriale. Avvertire il minorenne della facoltà di nominare un difensore di fiducia. Darne avviso al difensore d'ufficio o di fiducia, che può essere nominato anche dal genitore o affidatario (art. 96/2 c.p.p.). Consentire il colloquio del minore con il proprio avvocato, ex art. 104 c.p.p., che può essere differito dal P.m.. Darne avviso, anche via fax, ai servizi sociali del centro per la Giustizia Minorile. Redigere e trasmettere al P.M. il verbale di arresto entro le 24 ore. Redigere biglietto di accompagnamento del minore presso il carcere minorile. Nell'esecuzione dell'arresto, del fermo o della traduzione in carcere, i minori vanno protetti dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità. È vietato l'uso di strumenti di coercizione fisica, salvo che ricorrano gravi esigenze di sicurezza. Trattenere il minore in ufficio in locali separati da dove sono trattenuti i maggiorenni arrestati o fermati (art. 20 D.Lgs. 272/89). Il PM può disporre, se ritiene che sia necessario applicare una misura cautelare, che sia condotto presso un centro di prima accoglienza oppure, se lo ritiene opportuno, presso l'abitazione familiare dove deve rimanere a sua disposizione. Se invece il PM non ritiene di dover richiedere al Gip l'applicazione di misure cautelari, dispone con decreto motivato che sia posto immediatamente in libertà. Il minore non può essere trattenuto presso camere di sicurezza o ambienti carcerari inidonei alla sua età. I centri di prima accoglienza sono, infatti, locali diversi dal carcere istituiti allo scopo di evitare che l'impatto col carcere avvenga prima dell'intervento del Gip e della convalida della misura precautelare. Nel caso in cui il minore non sia colto in flagranza di reato, potrà essere sottoposto comunque al fermo di indiziato di delitto, nel caso sia ritenuto autore di delitti per i quali si può procedere all'arresto in flagranza, sempre che, quando la legge stabilisce la pena della reclusione, questa non sia inferiore nel minimo a due anni (art.17 D.P.R. 448/88) e qualora sussista un fondato pericolo di fuga, che non consente l'intervento del P.M. Ad es., il minore autore di uno “scippo” può essere accompagnato in flagranza, ma non fermato, in quanto la pena prevista per lo scippo è compresa tra 1 e 6 anni di reclusione e non raggiunge il minimo di due anni. Può essere invece anche fermato il minore autore di una rapina, essendo il minimo di pena per essa prevista di 3 anni di reclusione. ARRESTO FACOLTATIVO IN FLAGRANZA. – L'arresto è facoltativo, anche per delitti colposi, nelle fattispecie di cui all'art. 381 c.p.p.: per i delitti non colposi, tentati o consumati, puniti con la pena della reclusione superiore nel massimo a 3 anni; (criterio quantitativo); per i delitti colposi puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni (criterio quantitativo), es. omicidio colposo, strage colposa, incendio colposo); per i delitti che, pur non raggiungendo le pene edittali di cui sopra, rientrano nell'elencazione tassativa di cui all'art. 381 comma 2 c.p.p. (peculato, violenza e minaccia a p.u., ecc.) (criterio qualitiativo). Hanno facoltà di procedervi ufficiali e agenti di polizia giudiziaria sussistendo i presupposti della gravità del fatto o della pericolosità del soggetto desunta dalla sua personalità o dalle circostanze del fatto. La gravità del fatto sarà desumibile dalla pena edittale prevista per quel reato, dalle circostanze aggravanti, dall'entità del danno provocato, dal luogo, tempo e mezzi usati per porre in essere l'azione. La personalità sarà, invece, desumibile da altri elementi tra cui: precedenti penali, pendenze, certificato ex art. 335 c.p.p., ossia iscrizione nel RGNR, precedenti di Polizia (rilevabili dallo SDI), uso di stupefacenti, recidiva, delinquenza professionale per tendenza o abituale, frequentazioni, tenore di vita. Altre circostanze del fatto possono essere, ad esempio, la presenza ictu oculi di circostanze aggravanti (come nel furto in abitazione), l'età (ad es. minore infraquattordicenne); capacità di intendere e di volere (imputabilità ex artt. 85 ss c.p.), costringimento fisico o psichico, sussistenza di scriminanti o cause di giustificazione (es. legittima difesa), cause di esclusione della punibilità (caso fortuito o forza maggiore o stato di necessità: es. furto per fame), recesso attivo, desistenza volontaria. Tutte queste circostanze del fatto vanno considerate se sono percettibili immediatamente per cui vanno indicate nel verbale. Ai fini della legittimità dell'arresto facoltativo in flagranza non è necessaria la presenza congiunta della gravità del fatto e della pericolosità dell'agente, essendo sufficiente, a norma dell'art. 381, co. 4, c.p.p., che ricorra almeno uno di detti parametri (Cass. Pen., sez. III, 08 giugno 2007, n. 32186). La polizia giudiziaria è tenuta ad indicare le ragioni che l'hanno indotta ad esercitare il proprio potere di privare della libertà in relazione alla gravità del fatto o alla pericolosità dell'arrestato, ma tale indicazione non deve necessariamente concretarsi nella redazione di un'apposita motivazione del provvedimento, essendo sufficiente che tali ragioni emergano dal contesto descrittivo del verbale d'arresto o dagli atti complementari in modo da consentire al giudice della convalida di prenderne conoscenza e di sindacarle. (Cass. Pen., sez. VI, 06 maggio 2009, n. 31281). Se si tratta di delitto perseguibile a querela, l'arresto può essere eseguito se la querela viene proposta anche oralmente alla polizia giudiziaria presente nel luogo. Ma se il querelante dichiara di rimettere la querela, l'arrestato è posto immediatamente in libertà. ARRESTO IN FLAGRANZA DI REATO. – L'arresto in flagranza e il fermo di indiziato di delitto vengono definiti misure precautelari in quanto generalmente, ancorché non necessariamente, sono seguite da una misura cautelare personale quale, a titolo esemplificativo, la custodia cautelare in carcere. Trovano le proprie basi costituzionali nell'art. 13 Cost., il quale dopo avere sancito il carattere di inviolabilità della libertà personale (comma 1) e l'inammissibilità di forme di restrizione della libertà personale se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge (comma 2), al comma 3 stabilisce che «In casi eccezionali di necessità e di urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l'autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro 48 ore all'autorità giudiziaria e, se questa non li convalida entro le successive 48 ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto». In particolare l'arresto è una misura precautelare restrittiva della libertà personale, che viene adottata prima dell'intervento dell'Autorità Giudiziaria, al fine di mettere in vinculis l'autore di un fatto di reato colto in flagranza. Soggetti legittimati all'arresto in flagranza sono: a) ufficiali e agenti di (artt. 380 e 381 c.p.p.); b) i privati hanno la facoltà - si badi, non l'obbligo - di procedere all'arresto in flagranza ma solo nei casi di arresto obbligatorio previsti dall'articolo 380 c.p.p. e purché si tratti di delitti perseguibili di ufficio. La persona che ha eseguito l'arresto deve senza ritardo consegnare l'arrestato e le cose costituenti il corpo del reato alla polizia giudiziaria la quale redige il verbale della consegna e ne rilascia copia (art. 383 c.p.p.); c) il pubblico ministero non può disporre l'arresto in flagranza se non nell'ipotesi di reati commessi nel corso dell'udienza ex art. 476, comma 1, c.p.p. (si pensi ad esempio, al caso del padre della donna stuprata che nel corso dell'udienza tira fuori una pistola e uccide l'imputato presunto stupratore) e quando agisce, cioè come privato cittadino, nei casi e nei modi stabiliti dal già richiamato art. 383 c.p.p.. È legittimamente eseguita quando ricorrono i seguenti presupposti: a) Stato di flagranza (art. 382). b) Commissione di uno dei delitti previsti dagli artt. 380 c.p.p. (arresto obbligatorio) e 381 c.p.p. (arresto facoltativo). c) Nel caso di arresto facoltativo, sussistenza della gravità del fatto e/o della pericolosità del soggetto. ARRESTO IN QUASI FLAGRANZA. – La giurisprudenza di legittimità nel corso degli anni ha avuto orientamenti contrastanti sull'argomento, sino a che le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno espresso il principio di diritto secondo cui “non può procedersi all'arresto in flagranza sulla base di informazioni della vittima o di terzi fornite nella immediatezza del fatto”. (Cass. Pen., Sez. Un., 24 novembre 2015, n. 39131). ARRESTO O FERMO: DOVERI DELLA POLIZIA GIUDIZIARIA. – Ex art. 386 c.p.p. nel caso di arresto o fermo di indiziato di delitto, la p.g. dovrà: Identificare il soggetto arrestato. Se all'arresto procede un agente di P.G., questi deve darne immediata notizia all'ufficiale di P.G. competente (ex art. 120 disp. att. c.p.p.). L'ufficiale di P.G., infatti, deve accertare se l'arresto è stato eseguito legittimamente ed eventualmente disporre l'immediata liberazione dell'arrestato (ex art. 389/2 c.p.p.), comunicandola subito al p.m. competente. Non procedere all'arresto (ex art. 385 c.p.p.) quando, tenuto conto delle circostanze del fatto (costringimento fisico o psichico, sussistenza di scriminanti quale la legittima difesa e l'adempimento del dovere o di cause di esclusione della punibilità, quali il caso fortuito, la forza maggiore o lo stato di necessità), appare che questo è stato compiuto in presenza di una causa di non punibilità, ossia di una causa di esclusione del reato dal punto di vista psicologico: caso fortuito, forza maggiore, costringimento fisico, errore di fatto (art. 47 e ss. c.p.), incoscienza indipendente dalla volontà. Eseguire la perquisizione personale, ex art.352 c.p.p.(anche gli agenti di p.g.). Il soggetto ex vinculis può essere sentito dagli agenti o ufficiali di P.G. solo ai sensi dell'art. 350 comma 7 c.p.p. (spontanee dichiarazioni) o escusso (solo) dagli ufficiali di PG a sommarie informazioni ex art. 350 comma 5, cioè sul posto e nell'immediatezza del fatto e anche in assenza del difensore. Tali dichiarazioni, che non vanno documentate, sono tuttavia utilizzabili solo per la prosecuzione delle indagini e non vanno verbalizzate in apposito verbale di sommarie informazioni. Immediata comunicazione dell'arresto al Pm del luogo in cui la misura è stata eseguita. Il Pm, dato che l'arresto è atto proprio della p.g., non le può impedire di effettuarlo, ma può semplicemente dare consigli tecnici, se ritiene ad esempio che non vi siano le condizioni di flagranza. Il Pm potrà inoltre disporre l'immediata remissione in libertà della persona arrestata, ove non ritenga di dover richiedere al G.I.P. l'applicazione di una misura cautelare coercitiva (art. 121 disp. att. c.p.p.). Il Pubblico Ministero avuta la notizia dell'arresto: a) può disporre che si proceda con giudizio direttissimo e se l'udienza non si tiene nell'immediatezza dell'arresto può stabilire, medio tempore, che l'arrestato sia fatto permanere agli arresti domiciliari o in via residuale ed eccezionale (ad es. quando non vi è disponibilità di abitazione o di altro luogo di privata dimora, ovvero se sussistono elementi ostativi alla custodia domiciliare, inerenti alla pericolosità dell'arrestato, al pericolo di fuga e d'inquinamento probatorio), presso le camere di sicurezza della Questura ovvero condotto in un carcere, che può anche essere diverso da quello del luogo in cui è stato eseguito l'arresto (ciò avviene quando ne può derivare grave pregiudizio per le indagini) ovvero in un luogo diverso dal carcere. In tale ultimo caso, dispone che sia condotto in uno dei luoghi indicati dall'art. 284, comma 1, c.p.p. (casa di abitazione, altro luogo di privata dimora, altro luogo pubblico di cura o di assistenza) – cfr. art. 386, comma 5, c.p.p. -; b) può ordinare, con decreto motivato, l'immediato rilascio dell'arrestato quando l'arresto è stato eseguito per errore di persona, ovvero in assenza dei presupposti che lo giustificano (già sopra specificati), ovvero quando l'arrestato non viene messo a disposizione del P.M. entro 24 ore dall'arresto, ovvero quando il verbale di arresto non viene trasmesso al P.M. entro il medesimo termine (ovvero entro il più lungo termine concesso dal P.M.), (cfr. art. 389 c.p.p.) ovvero quando, trattandosi di reato perseguibile a querela di parte, non è stata presentata la querela (neanche oralmente sul posto) ovvero dopo essere stata presentata, la querela viene ritirata, (art. 380/3 e art. 381/3 c.p.p.; in questo caso il procedimento penale si chiude con una sentenza di non doversi procedere) ovvero quando il P.M. ritiene di non dovere richiedere per l'arrestato (nell'udienza di convalida dell'arresto) l'applicazione di misure cautelari coercitive (art. 121 disp. att.). Immediato avviso al soggetto della facoltà di nominare un difensore di fiducia o designazione di un difensore d'ufficio, se quello di fiducia non viene nominato (art. 29/5 disp. att. c.p.p.), altrimenti sussiste nullità a regime intermedio dell'arresto (che deve essere eccepita subito dopo il compimento dell'atto ossia, per quanto concerne l'arresto o il fermo, all'udienza di convalida. Se non viene eccepita in tale sede la nullità si sana). In caso di arresto, il difensore di fiducia può essere nominato anche da un prossimo congiunto (art. 96 c.p.p.) Costituisce grave infrazione disciplinare suggerire il nominativo di un difensore di fiducia - art. 25 disp. att. c.p.p.; il difensore ha il diritto di conferire subito con l'arrestato - art. 104 c.p.p. e art. 36 disp. att. c.p.p. Informare immediatamente il difensore dell'avvenuto arresto. L'avviso è lecito anche per sms, qualora non sia possibile diversamente. Obbligatoria concessione del diritto al colloquio col proprio difensore, anche negli uffici di polizia, tranne nel caso di divieto imposto con decreto motivato del Pm o del Gip (104 c.p.p.), per non più di 5 giorni. L'indagato o l'imputato ha diritto di nominare non più di due difensori di fiducia ex art. 96 c.p.p.. L'art. 24 disp. att. c.p.p. stabilisce che la nomina di ulteriori difensori è inefficace, finché non sono revocate le nomine precedenti. Eventualmente escutere a spontanee dichiarazioni ex art. 350/7 l'arrestato. Porre l'arrestato a disposizione del P.M., entro le 24 ore dalla misura, a pena di inefficacia della misura stessa (ex art. 386/7 c.p.p.), attraverso l'accompagnamento in carcere. Al P.M., peraltro, è attribuito il potere di disporre che il soggetto sia custodito presso la propria abitazione o in luogo di cura ovvero, quando possa derivarne pregiudizio per le indagini, presso altra casa circondariale. Per la traduzione in carcere dell'indagato, è previsto l'uso obbligatorio delle manette ai polsi, quando ciò è richiesto dalla pericolosità del soggetto ovvero dal pericolo di fuga ovvero da circostanze ambientali, che rendono difficile la traduzione. Al di fuori delle predette circostanze (pericolosità dell'arrestato, pericolo di fuga e circostanze ambientali) l'uso delle manette è vietato. Nel caso di eventuale uso ingiustificato delle manette, ricorrono gli estremi del reato di abuso di autorità contro arrestati previsto e punito dall'art. 608 c.p.; inoltre, nel caso di uso improprio delle manette (es. per fare male ai polsi), unitamente al reato di abuso di autorità contro arrestati, può concorrere anche l'ipotesi di reato di lesioni personali di cui agli artt. 582 e 590 c.p., a seconda che la condotta posta in essere dall'agente sia connotata da dolo ovvero da colpa. Per i reati di competenza del Tribunale Monocratico, condurre l'arrestato direttamente davanti al giudice del dibattimento per la convalida dell'arresto e il contestuale giudizio, sulla base dell'imputazione formulata dal p.m. (art. 558, comma 1, c.p.p.); ovvero se il p.m. ordina che l'arrestato sia posto a sua disposizione, può presentarlo direttamente all'udienza, entro 48 ore dall'arresto, per la convalida dell'arresto e il contestuale giudizio. La differenza sta nel fatto che nel primo caso, la relazione introduttiva al giudice nel corso del giudizio direttissimo, verrà fatta dall'ufficiale di p.g. che presenta l'arrestato, così come la richiesta di fissazione dell'udienza al tribunale, nel secondo caso, sarà il p.m., togato od onorario, a relazionare al giudice. Trasmissione del verbale di arresto entro le 24 ore dall'arresto (o, su autorizzazione del Pm, nel più ampio termine che comunque non può superare le 48 ore, ex art. 390/1 c.p.p.) a pena di inefficacia della misura (386/7 c.p.p.). Qualora, infatti, il verbale di arresto o fermo venga trasmesso oltre le 24 ore dalla sua esecuzione al P.M. competente, l'arresto o fermo diviene inefficace con conseguente obbligo, anche per la stessa P.G., di procedere all'immediata liberazione dell'indagato. La trasmissione del verbale di arresto al p.m. entro il termine indicato dall'art. 386 c.p.p. può avvenire con qualsiasi mezzo idoneo e quindi anche mediante "fax" (Cass. Pen., sez. VI, 3 dicembre 2008, n. 10274) o per via telematica (386 c.3 c.p.p.). La trasmissione del verbale di arresto "deve essere effettuata per l'intero contenuto dell'atto e non mediante semplice comunicazione per riassunto, poiché attraverso esso l'arrestato (come il fermato) viene posto a disposizione del p.m., che in tal modo è in grado di controllare immediatamente la ritualità delle circostanze nelle quali la restrizione della libertà si è verificata" e che "non si verifica l'effetto sanzionatorio dell'inefficacia dell'arresto qualora l'organo di polizia abbia provveduto alla tempestiva trasmissione del verbale de quo ma esso, per disorganizzazione interna degli uffici destinatari, non sia stato ricevuto o trattenuto" (Cass. Pen., sez. VI, 17 gennaio 1990, n.101). Il Pm, entro 48 ore dall'arresto, deve richiedere la convalida al GIP (390 c.p.p.), il quale GIP entro le successive 48 ore fissa l'udienza di convalida. Notizia dell'avvenuto arresto ai familiari, senza ritardo, col consenso dell'interessato (387 c.p.p.). Tale consenso non è necessario nel caso in cui l'arrestato sia un minorenne. L'omissione, pur costituendo irregolarità, non da origine ad alcuna nullità della misura. I familiari possono, nel caso in cui non vi provveda direttamente l'interessato, nominare il difensore di fiducia (96/3 c.p.p.). Per familiare è da intendersi qualsiasi soggetto che abbia un concreto rapporto affettivo con l'arrestato, anche la fidanzata. Se si arresta un extracomunitario per un reato in materia di stupefacenti ex art. 73 c.1, 2 e 5 del DPR 309/90, informare anche il Prefetto che, previo nulla osta dell'A.G. procedente, disporrà l'immediata espulsione con accompagnamento alla frontiera (art. 86/3 DPR 309/90). Se si arresta un soggetto che non conosce la lingua italiana, nominare un interprete (143 c.p.p.), al fine di consentire all'arrestato di comprendere l'accusa, rilasciare spontanee dichiarazioni, ed esercitare il diritto al colloquio col difensore (artt. 104 c.4 bis e 143 c.p.p.). Non è previsto l'obbligo di consegna all'interessato del verbale di arresto (Cass. Pen., sez. II, 23 ottobre 1998, n. 5508). Il verbale di arresto non va firmato dall'arrestato. Se il giudice non tiene udienza, (che comunque deve fissare entro 48 ore dall'arresto), nel caso di arresto per rapina, estorsione o furto in abitazione o con strappo, salvo in quest'ultima ipotesi la speciale tenuità del danno patrimoniale, il P.M. dispone che l'arrestato sia custodito presso le camere di sicurezza delle Forze dell'Ordine e in caso di indisponibilità o inidoneità di queste, dispone con decreto motivato che l'arrestato sia condotto nella casa circondariale del luogo dove l'arresto è stato eseguito (art. 558 comma 4-bis, terzo periodo). Nelle altre ipotesi delittuose, il P.m. dispone che l'arrestato sia custodito, per l'esecuzione degli arresti domiciliari, in uno dei luoghi indicati nell'art. 284, comma 1, c.p.p. (abitazione dell'arrestato, altro luogo di privata dimora, luogo pubblico di cura o assistenza, casa famiglia). Mancando tali luoghi o in caso di pericolosità dell'arrestato, il P.M. ne dispone la custodia presso le camere di sicurezza e, se queste risultano inidonee, presso la casa circondariale del luogo dove è avvenuto l'arresto. È vietata la pubblicazione dell'immagine della persona privata della libertà personale, ripresa mentre è ammanettata o soggetta ad altro mezzo di coercizione fisica, salvo che la persona vi acconsenta (art. 114 c.6 bis c.p.p.). ATTI: 1) Verbale di perquisizione ex art. 352 c.p.p. e di eventuale sequestro del corpo del reato ex art. 354 c.p.p.. 2) Verbale di arresto. È valido il verbale di arresto in cui siano indicati i nominativi di tutti gli operanti che l'hanno eseguito, ma che sia stato redatto e sottoscritto mediante sigle autografe solo da alcuni di essi (Cass. Pen., sez. VI, 16 aprile 2010, n. 28133). La circostanza che le firme in calce al verbale siano state apposte con l'uso di sigle è irrilevante ai fini del rispetto dell'art. 137 c.p.p. e della sanzione prevista dall'art. 142 dello stesso codice, trattandosi comunque di scritture autografe che, se del caso, possono consentire di individuarne l'autore, ad esempio attraverso l'interpello del reparto di appartenenza (Cass. Pen., sez. II, 9 febbraio 2007, Monteleone). 3) Informativa al Pm. Agli adempimenti previsti dall'art. 386 c.p.p. possono provvedere anche ufficiali e agenti di p.g. diversi da quelli che hanno eseguito l'arresto o il fermo (art. 120 disp. att. c.p.p.). ARRESTO: STATO DI FLAGRANZA. – L'art. 382, comma 1 c.p.p., stabilisce che è in stato di flagranza chi: Viene colto nell'atto di commettere il reato (flagranza propria o tipica) ovvero chi: subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone (quasi flagranza), come nel caso in cui la Polizia giunge sul luogo del reato segnalato e vede la persona derubata che urla e a distanza vede un soggetto con in mano la borsa rubata che scappa (in tal caso non assiste in diretta al reato) o come nel caso del ladro che viene inseguito dalla persona offesa o da altra persona e bloccato, con conseguente consegna alla p.g., ovvero chi: è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima (quasi-flagranza o flagranza differita). Come nel caso della pattuglia che dopo aver ricevuto comunicazione di un furto in un cantiere edile perlustra la zona ed individua nell'immediatezza un giovane che sta scaricando dalla sua macchina le mattonelle appena sottratte. Per decidere se convalidare l'arresto in questo caso, secondo la Cassazione, il giudice dovrà applicare il criterio del ragionevole giudizio, nel senso che dovrà valutare se vi è stata contestualità (elemento spaziale) e contiguità (elemento temporale) tra la commissione del reato e il ritrovamento del suo autore. In occasione di competizioni sportive, nelle quali non è possibile procedere immediatamente all'arresto per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica, sulla base della documentazione video fotografica dalla quale emerge inequivocabilmente il fatto, ne risulta autore, sempre che l'arresto sia compiuto non oltre il tempo strettamente necessario alla sua identificazione e, comunque, entro 48 ore dal fatto (L. 401/1989 art. 8 comma 1 ter). L'art. 382, comma 2 c.p.p. stabilisce che nel reato permanente (come ad esempio nel sequestro di persona) lo stato di flagranza dura fino a quando non è cessata la permanenza. ASSEGNI. – Il soggetto che falsifica la firma del correntista per incassare l'assegno risponde di falsità materiale e sostituzione di persona (482 e 494 c.p.). Il soggetto che si presenta in banca per cambiare un assegno rubato risponde di ricettazione; si procede d'ufficio per ricettazione e si sequestra l'assegno ex art. 354 c.p.p. L'emissione di assegni senza provvista ("a vuoto" o "scoperti"), ossia senza che sul conto ci siano depositati soldi sufficienti a pagarli, ha delle conseguenze piuttosto rilevanti, anche se con il D.Lgs. 30.12.1999, n. 507 il reato è stato depenalizzato e configura solo un illecito amministrativo punito dalla legge con sanzioni pecuniarie. Emettere un assegno post datato (che cioè presenta una data di emissione differente e successiva a quella reale) a partire dal 1999 con l'entrata in vigore del D.L. n. 507/99, non è più reato trattandosi di un comportamento sanzionabile solo a norma del D.P.R. 642/72 per evasione dell'imposta di bollo. Infatti, diviene come una cambiale, dalla quale si è materialmente evasa l'imposta di bollo relativa all'emissione. Chi emette un assegno postdatato rischia quindi principalmente di dover pagare una sanzione pari al doppio dell'imposta non versata, ma l'assegno resta valido, anche se, al pari di una cambiale che risulti irregolare nel pagamento dell'imposta di bollo, non è utilizzabile come titolo esecutivo e non consente perciò di procedere alla notifica dell'atto di precetto. Resta ferma la possibilità di ottenere il titolo esecutivo attraverso il ricorso per ingiunzione. ATTI CONTRARI ALLA PUBBLICA DECENZA - TURPILOQUIO. – Depenalizzato dal D.lgs. n.8/2016 e trasformato in illecito amministrativo. Si procede redigendo: Contestazione amministrativanei confronti di chi, in un luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti contrari alla pubblica decenza. Sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 10.000. A differenza degli atti osceni, gli atti contrari alla pubblica decenza non toccano la sfera degli interessi sessuali, ma ledono solo le regole etico-sociali attinenti al normale riserbo e all'elementare costumatezza, sì da produrre disagio, fastidio e riprovazione. La ratio dell'ex reato ravvisa atti contrari alla pubblica decenza in tutte le condotte che si pongono "in spregio ai criteri di convivenza e di decoro che debbono essere osservati nei rapporti tra i consociati, provocando in questi ultimi disgusto o disapprovazione". Ciò a prescindere, dalla circostanza che i gesti contrari alla pubblica decenza siano stati effettivamente percepiti da qualcuno, essendo sufficiente la stessa possibilità che possano essere percepiti. Esempi: La pubblica decenza va commisurata secondo un criterio storico-sociologico al sentimento comune dell'uomo medio e non alla particolare sensibilità di un singolo, per cui girare completamente nudo (al di fuori delle ipotesi dei campi nudisti) in luogo pubblico o aperto al pubblico configura il reato in questione, anche se il denunciante dichiara di non aver provato disgusto (Cass. Pen., sez. III, 21 settembre 2006, n. 31407). Urinare sul portone di casa o in luogo pubblico, esibire il deretano, andare girando con abiti succinti che lasciano intravedere il seno o il deretano (Cass. Pen., sez. III, 10 dicembre 2012, n. 47868). Il soggetto che, sulla spiaggia non appartata ed in presenza di altre persone, si denuda completamente, con esposizione quindi degli organi genitali, atteso che una tale esposizione non può essere assimilata a quella del seno nudo femminile, entrata ormai da vari lustri nel novero dei comportamenti comunemente accettati (Cass. Pen., sez. III, 20 marzo 2000, n. 3557). Prostitute in strada con perizoma in vista: non si configura il reato di atti contrari alla pubblica decenza. Se è consentito poter indossare un abbigliamento succinto, ciò non legittima anche a far vedere parti intime che restano comunque censurate. (Cass. Pen., sez. III, 26 settembre 2014, n. 39860). ATTI OSCENI. – Depenalizzato dal D.lgs. n. 8/2016 e trasformato in illecito amministrativo. L'art. 527 comma 1 è divenuto illecito amministrativo, per cui si procede con immediata contestazione amministrativa, stilando un verbale sul posto, nei confronti di colui che in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico compie atti osceni, cioè comportamenti anche meramente esibizionistici, attinenti alla sfera della sessualità, idonei a determinare, secondo l'apprezzamento comune, offesa al pudore, disgusto o repulsione in chi possa assistervi (Cass. Pen., sez. III, 25 settembre 1985, n. 8159). Infatti, la condizione obiettiva di punibilità per l'illecito in questione è il pubblico scandalo. In tal caso verrà contestata la violazione amministrativa dolosa (comma 1, punita con la sanzione da euro 5000 a euro 30000) o colposa (comma 3, punita con la sanzione da euro 51 a euro 309). Copia del verbale dovrà essere trasmessa all'autorità amministrativa competente (il Prefetto). Contro i verbali redatti dai vari organi accertatori, può essere presentato dal trasgressore scritto difensivo entro 30 giorni dalla contestazione della violazione ovvero dalla notifica del verbale, direttamente al Prefetto. Il Prefetto dopo aver esaminato il verbale, gli atti e la documentazione depositata, sia dall'interessato che dai verbalizzanti, nonché le controdeduzioni prodotte dall'organo che ha accertato la violazione, sentiti gli interessati che ne abbiano fatto richiesta: - In caso di conferma del verbale, emette ordinanza motivata con la quale ingiunge il pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria (dal minimo al massimo stabilito dalla normativa); - In caso di accoglimento delle istanze del trasgressore, emette ordinanza di archiviazione degli atti. Contro l'ordinanza-ingiunzione di pagamento, l'interessato può proporre opposizione, entro 30 giorni dalla notifica del provvedimento (che sono elevati a 60 se l'interessato risiede all'estero), al Giudice di Pace del luogo dove è stata commessa la violazione. Lo scritto difensivo in carta semplice, deve essere presentato (entro 3

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