L'insegnamento del Buddha PDF
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2013
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Questo testo presenta l'insegnamento del Buddha, esplorando la sua vita, le sue parole e i concetti chiave del buddhismo. Il documento include diverse sezioni dedicate a varie tematiche buddiste, come il Dharma e il percorso spirituale.
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L’INSEGNAMENTO DEL BUDDHA WHEEL OF DHARMA "Ruota del Dharma" traduce la parola sanscrita “Dharmacakra”. Come la ruota di un carro che continua a girare, simboleggia l'insegnamento del Buddha che continua a diffondersi sempre più e senza fine. Gli otto raggi della ruota rappr...
L’INSEGNAMENTO DEL BUDDHA WHEEL OF DHARMA "Ruota del Dharma" traduce la parola sanscrita “Dharmacakra”. Come la ruota di un carro che continua a girare, simboleggia l'insegnamento del Buddha che continua a diffondersi sempre più e senza fine. Gli otto raggi della ruota rappresentano il nobile ottuplice sentiero, il più importante aspetto della pratica buddhista. Per nobile ottuplice sentiero si intendono la retta visione, il retto pensiero, la retta parola, la retta azione, i retti mezzidi sussistenza, il retto sforzo, la retta presenza mentale e la retta concentrazione. Anticamente, prima che fosse introdotta la rappresentazione iconica di statue e altre immagini del Buddha, era la Ruota del Dharma ad essere oggetto di venerazione. Oggi questa Ruota è il simbolo internazionale del buddhismo comune a tutte le tradizioni buddhiste. Copyright © 1982, 2013 by BUKKYO DENDO KYOKAI Qualsiasi parte di questo libro può essere citata liberamente senza previa autorizzazione. Chiediamo solo che la Bukkyo Dendo Kyokai, Tokyo, e il nome del traduttore siano menzionati, e che venga inviata una copia della pubblicazione. Grazie. BUKKYO DENDO KYOKAI (Society for the Promotion of Buddhism) 3-14, Shiba 4-chome, Minato-ku, Tokyo, Japan, 108-0014 Phone: +81 (03) 3455-5851 Fax: +81 (03) 3798-2758 E-mail: [email protected] http://www.bdk.or.jp Sesta edizione rivista, 2013 Stampato da Kosaido Co., Ltd. Tokyo, Giappone La saggezza del Buddha è immensa come un vasto oceano e il suo cuore è pieno di grande bontà amorevole. Il Buddha non ha forma, ma si manifesta nella perfezione e ci guida con tutta bontà. Questo libro merita attenzione perché raccoglie l’essenza dell’insegnamento del Buddha, tramandato in più di cinquemila libri pervenutici attraverso più di duemilacinquecento anni di storia, superando le frontiere e le barriere razziali del mondo. Infatti, le parole del Buddha illustrano la reale situazione della vita e del cuore dell’uomo di sempre. DHAMMAPADA La vittoria genera l’astio; i vinti vivono nel dolore. L’uomo pacifico, invece, vive felice, incurante delle vittorie e delle sconfitte (Dhammapada, 201). La più grave delle malattie è il desiderio; il corpo, il più grande dei mali. Consapevole della reale essenza di tutte le cose, il saggio realizza la suprema felicità (Dhammapada, 203). Recidete i vostri desideri come se fossero dei loti d’autunno sfioriti. Avanzate sull’antico e veritiero sentiero della pace. La felicità suprema viene insegnata dall’“Onorato” (Dhammapada, 285). Nascere uomo è difficile; vivere da mortale è difficile; capire la verità sublime è difficile; vedere un Buddha è difficile (Dhammapada, 182). Non è facile trovare un vero uomo. Costui non nasce ovunque. La famiglia ove egli nasce, vivrà nella felicità (Dhammapada, 193). Benefica è la nascita di un Buddha; benefico è l’insegnamento della dottrina; benefica l’unione della grande comunità; benefici sono gli sforzi di coloro che sono uniti (Dhammapada, 194). INDICE IL BUDDHA Capitolo primo: Il Buddha ĝƗkyamuni........................ 2 I. La vita del Buddha............................................... 2 II. Le ultime parole del Buddha.............................. 10 Capitolo secondo: Il Buddha eterno.............................. 15 I. La sua bontà amorevole e i suoi voti.................. 15 II. L’aiuto del Buddha e i suoi metodi di salvezza............................................................. 19 III. Il Buddha eterno................................................ 22 Capitolo terzo: La figura del Buddha e le sue virtù.. 25 I. I tre aspetti del Buddha...................................... 25 II. Il manifestarsi del Buddha................................. 29 III. Le virtù del Buddha........................................... 32 IL DHARMA Capitolo primo: La legge di causalità........................ 38 I. Le quattro nobili verità...................................... 38 II. La causalità........................................................ 41 III. La catena delle cause......................................... 42 Capitolo secondo: La teoria della sola mente e il reale stato delle cose.................... 46 I. Caducità e non-sè............................................... 46 II. La teoria della sola mente.................................. 49 III. Lo stato reale delle cose..................................... 52 IV. La via di mezzo................................................. 57 Capitolo terzo: La natura di Buddha........................ 65 I. La purezza del cuore........................................ 65 II. Il tesoro nascosto, ovvero la natura di Buddha... 71 III. La natura di Buddha e il non-sè......................... 75 Capitolo quarto: Le passioni...................................... 81 I. Le impurità del cuore......................................... 81 II. La natura dell’uomo........................................... 88 III. Allegorie sulla vita umana................................. 90 IV. La realtà della vita umana.................................. 95 Capitolo quinto: La liberazione offerta dal Buddha..102 I. I voti del Buddha Amida...................................102 II. La Terra Pura del Buddha Amida......................110 COME PRATICARE IL BUDDHISMO Capitolo primo: La via della purificazione...............116 I. La purificazione della mente.............................116 II. Il modo corretto di comportarsi.........................123 III. Antiche storie e la loro morale..........................134 Capitolo secondo: La via della realizzazione...............150 I. La ricerca della verità.......................................150 II. Le vie della pratica...........................................163 III. La via della fede...............................................176 IV. Parole del Buddha, ovvero parole di salvezza...184 LA COMUNITÀ Capitolo primo: I doveri della comunità...................194 I. I religiosi..........................................................194 II. I laici................................................................200 III. Guida pratica a un corretto modo di vivere.......212 Capitolo secondo: Contruire una terra di Buddha........225 I. L’armonia della comunità.................................225 II. La Terra di Buddha...........................................233 III. Gloriosi della Terra di Buddha..........................238 Fonti delle citazioni..........................................245 Appendici I. Una breve storia del buddhismo........................258 II. Come venne trasmesso l’insegnamento del Buddha.............................................................268 III. Com’è nato “L’insegnamento del Buddha”.......272 IV. Indice per argomenti.........................................275 V. Glossario di termini sanscriti............................283 La Fondazione per la propaganda e la diffusione de “L’insegnamento del Buddha”.....290 IL BUDDHA CAPITOLO PRIMO IL BUDDHA ĝƖKYAMUNI I LA VITA DEL BUDDHA 1. Ai piedi della catena dello Himalaya, sul versante meridionale e lungo il fiume Rohini, si trovava Kapilavastu, sede del clan degli ĝƗkya. Il re ĝuddhodhana Gautama vi aveva fatto costruire un grande castello e governava con saggezza tra il favore dei sudditi. La regina MƗyƗ era figlia dello zio del re, sovrano anche lui di un territorio vicino appartenente al medesimo clan degli ĝƗkya. Per venti anni, i due sposi non ebbero figli. Ma una notte, dopo un sogno singolare in cui vide un elefante bianco entrarle in seno dal lato destro, la regina MƗyƗ rimase gravida. Il re ed il popolo attesero con gioia la nascita del principino. Come voleva l’usanza dei tempi, la regina tornò alla casa paterna (a Devadaha, capitale del piccolo stato dei Koliya, n.d.tr.) per dare alla luce il bambino. Durante il viaggio, ella sostò per riposarsi nel giardino di Lumbini, sotto uno splendido sole primaverile. –2– Il Buddha ĝƗkyamuni Fiori d’asoka le si protendevano attorno e proprio quando ella stese la mano destra per coglierne un ramo, il principe nacque. Tutti si rallegrarono per il lieto evento, glorificando la regina e il neonato; così pure la terra e il cielo. Era l’8 aprile, giorno memorabile. Il re, al colmo della felicità, diede al figlio il nome di SiddhƗrtha, ovvero “Colui che porta a compimento ogni desiderio”. 2. Nel palazzo reale, tuttavia, alla gioia seguì presto la tristezza, per la morte repentina dell’amata regina MƗyƗ. La sorella minore MahƗprajapƗtƯ divenne la madre adottiva del bimbo e lo allevò amorevolmente. A quel tempo, viveva fra le montagne non lontano dal palazzo un eremita di nome Asita. Egli notò un chiarore effondersi attorno alla dimora reale e, interpretandolo quale fausto presagio, scese al palazzo per vedere il bambino. “Se il principe rimarrà al palazzo, diverrà un grande sovrano e dominerà il mondo. Ma se lascerà la vita di corte per abbracciare la vita religiosa, diverrà un Buddha, il liberatore del mondo”: così Asita predisse. Il re, dapprima lieto della profezia, cominciò ben presto a tormentarsi al pensiero dell’eventualità che il suo unico figlio abbandonasse il palazzo per diventare un anacoreta senza fissa dimora. –3– Il Buddha ĝƗkyamuni All’età di sette anni, il principe cominciò a studiare le arti civili e militari, ma a ben altro si volgeva spontaneamente il suo pensiero. Un giorno di primavera uscì dalla reggia con il padre e, insieme, guardarono un agricoltore al lavoro. Il principe vide allora un uccello scendere dal cielo ed afferrare un vermicello messo allo scoperto dall’aratro. Il principe si sedette all’ombra di un albero e si mise a riflettere sull’accaduto, dicendo fra sé: “Ahimé! Che tutti gli esseri viventi si uccidano gli uni con gli altri?”. Il dramma dei due piccoli esseri afflisse non poco il principe, orfano di madre poco dopo la nascita. Questa ferita spirituale divenne sempre più profonda col trascorrere dell’adolescenza. Pari ad una piccola cicatrice in un alberello, la sofferenza della condizione umana affondò sempre più le radici nel suo cuore. Il sovrano si tormentava ogni giorno di più al ricordo della profezia dell’eremita e cercava con ogni mezzo di rallegrare la vita del figlio per farlo pensare ad altro. Quando il principe ebbe diciannove anni, il re ne combinò il matrimonio con la principessa YasódharƗ, figlia di Suprabuddha, Signore del Castello di Devadaha e fratello della defunta regina MƗyƗ. –4– Il Buddha ĝƗkyamuni 3. Per dieci anni, nei vari Padiglioni della Primavera, dell’Autunno e della Stagione delle Piogge, il principe si immerse nelle musiche, nelle danze e nei piaceri. I suoi pensieri però tornavano sempre al problema della sofferenza, nel tentativo di riuscire a capire il senso vero della vita umana. “I lussi della corte, la salute fisica, le gioie della giovinezza, che significato ha mai tutto questo per me?”, rifletteva. “Un giorno mi accadrà di ammalarmi, poi invecchierò e non potrò certo sfuggire alla morte! L’orgoglio degli anni verdi, l’orgoglio di essere sano, l’orgoglio di esistere: tutti gli esseri di buon senso dovrebbero accantonarlo!”. “E’ normale che un uomo in lotta per l’esistenza cerchi aiuto. Ora, due sono i modi per cercarlo: uno corretto ed uno errato. Ecco il modo errato: constatata l’impossibilità di evitare le malattie, la vecchiaia e la morte, aggrapparsi o dare valore a cose vuote, transitorie, effimere. “Il modo corretto, una volta individuata la natura vera delle malattie, della vecchiaia e della morte, consiste nel cercare aiuto e nel dar valore a quel che è al di là di ogni sofferenza umana. In questa vita di piaceri mondani alla reggia, sto muovendomi, direi, nella direzione sbagliata”. 4. Fu così che la lotta spirituale si fece strada nel cuore –5– Il Buddha ĝƗkyamuni del principe fino al suo ventinovesimo anno d’età, quando gli nacque l’unico figlio, RƗhula. Quest’evento spinse la situazione agli estremi, sembra, poiché solo allora il principe decise di lasciare il palazzo per cercare la soluzione al proprio tormento interiore in un tipo di vita da mendicante senza fissa dimora. Il suo piano, l’attuò di notte: a cavallo del destriero preferito Kanthaka, bianco come la neve, seguito dal solo cocchiere Chandaka, abbandonò la reggia. Non tacquero pertanto nel suo animo i pensieri tormentosi e molti demoni lo tentavano dicendogli: “Sarebbe meglio per te tornare al palazzo e trovare qualche altra soluzione: così il mondo intero sarà tuo”. Ma egli riuscì a ridurre al silenzio le voci demoniache, avendo compreso che nulla di mondano avrebbe potuto mai soddisfarlo. Si rasò quindi il capo e volse i suoi passi verso il sud, con in mano una ciotola per l’elemosina. Il principe visitò dapprima l’eremita Bhagava e ne osservò le pratiche ascetiche; poi fece parte della scuola di Arada Kalama e di Udraka Ramaputra, volendo far propri i metodi per conseguire il nirvana tramite la meditazione. Praticatili però per un certo lasso di tempo, si convinse che non erano questi la via per ottenere l’Illuminazione. Raggiunse infine il Magadha e praticò l’ascetismo nella foresta di Uruvilva, sulle rive del Nairanjana, un fiume nei pressi del castello di Gaya. –6– Il Buddha ĝƗkyamuni 5. I metodi delle sue pratiche ascetiche toccarono una rigorosità estrema. Gli era di stimolo il pensiero seguente: “Nessun asceta nel passato, nel presente e nel futuro ha praticato, pratica né praticherà mai con un rigore superiore al mio”. Nondimeno il principe non riusciva a raggiungere la meta prefissa. Dopo sei anni di vita nella foresta, rigettò ogni pratica ascetica. Si bagnò nel fiume ed accettò una ciotola di latte da Sujata, una serva che viveva nel vicino villaggio. I cinque compagni che avevano vissuto per sei anni con il principe, condividendone la vita austera, si scandalizzarono nel vederlo accettare del latte dalle mani di una serva. Ritenendolo ormai degradato, l’abbandonarono (era infatti vietato a quei tempi, agli asceti, ricevere qualcosa direttamente da una donna, ritenuta un essere impuro, n.d.tr.). E così il principe rimase solo. Era ancora debole ma, a rischio della vita, tentò un ennesimo periodo di meditazione, dicendosi: “A costo di depauperare il mio sangue, di disseccare la mia carne e di far cadere nella polvere le mie ossa, io non lascerò questo luogo senza aver conseguito l’Illuminazione”. Fu allora una lotta intensa, senza paragoni. Il suo animo toccò la disperazione e si riempi d’idee confuse, cupe tenebre ne invasero lo spirito; egli venne assediato da tutte le lusinghe dei demoni. Ma con cura e con pazienza –7– Il Buddha ĝƗkyamuni egli le esaminò una ad una, eliminandole una dopo l’altra. Fu proprio una lotta dura: il suo sangue s’impoverì, la carne deperì, le ossa scricchiolarono. Tuttavia, al sorgere della stella del mattino ad oriente del cielo, lo scontro era finito e lo spirito del principe, chiaro e luminoso come l’aurora. Fu all’età di 35 anni che il principe divenne il Buddha; era l’8 dicembre. 6. Da quel momento, il principe divenne noto sotto diversi appellativi. Chi lo chiamava Buddha, chi l’Illuminato; chi ancora ĝƗkya, chi infine l’Onorato. Egli raggiunse dapprima Mrigadava (o Parco dei Daini) a Varanasi (Benares), dove si trovavano i cinque che per sei anni avevano condiviso con lui l’austera vita ascetica. Loro all’inizio cercarono di evitarlo ma poi, ascoltati i suoi sermoni, credettero in lui e divennero i suoi primi discepoli. In seguito, si recò al Castello di Rajagriha e convertì il re Bimbisara, da anni suo amico. Da lì, percorse l’intera regione, vivendo di elemosine e convincendo gli altri ad accettare il suo modo di vivere. La risposta ai suoi appelli fu come quella di assetati alla ricerca d’acqua, o di affamati in cerca di cibo. Due grandi discepoli, ĝƗriputra e MaudgalyƗyana, lo –8– Il Buddha ĝƗkyamuni raggiunsero con duemila adepti. All’inizio, il padre del Buddha, il re ĝuddhodana, ancora tutto rattristato dalla decisione del figlio di lasciare per sempre il palazzo, si tenne in disparte ma poi entrò nel novero dei suoi fedeli discepoli. MahƗprajapƗtƯ, la matrigna del Buddha, e la di lui moglie principessa YasódharƗ, assieme a tutti i membri del clan degli ĝƗkya, credettero in lui e lo seguirono. Molti altri divennero suoi devoti seguaci. 7. Per 45 anni, il Buddha percorse l'India in lungo e in largo insegnando il Dharma. Ma, ormai ottantenne, mentre si trovava a Vaisali, tra Rajagriha e Shravasti, cadde malato e predisse che tre mesi dopo avrebbe conseguito il nirvƗ a. Viaggiò ancora fino a Pava, ove però venne colpito da un più grave attacco del male, dopo un pasto offertogli dal fabbro Chunda. Poi, malgrado le sofferenze e il forte indebolimento, a piccole tappe, raggiunse la foresta vicina a Kusinagara. Là, coricatosi tra due grandi alberi di sala, continuò fino all’ultimo ad elargire il suo insegnamento ai discepoli. Quindi, terminata l’opera di sommo maestro spirituale, raggiunse la perfetta tranquillità. –9– Il Buddha ĝƗkyamuni 8. Guidati da Ɩnanda, il discepolo prediletto del Buddha, i suoi amici cremarono la salma a Kusinagara. Il re AjƗtaĞatru e sette sovrani dei territori vicini richiesero la spartizione delle ceneri. Dapprima il re di Kusinagara aveva opposto un diniego e ne era sorta una disputa che per poco non degenerò in guerra. Intervenne a quietare gli animi il saggio Drona e infine le ceneri vennero suddivise fra gli otto regni. Le ceneri del rogo funebre e la giara di terracotta ove erano stati deposti i resti mortali, furono donati ad altri due governanti che ne rimasero ugualmente onorati. Inoltre, vennero eretti gli Stupa, monumenti commemoranti il Buddha, per accoglierne i resti e le ceneri. II LE ULTIME PAROLE DEL BUDDHA 1. Mentre si trovava disteso sotto gli alberi di sala a Kusinagara, il Buddha si rivolse per l’ultima volta ai suoi discepoli e disse: “Siate un’isola per voi stessi, prendete rifugio in voi stessi e non in altro! Che la vostra isola sia il Dharma, che il vostro rifugio sia il Dharma e non altro. “Contemplate il vostro corpo e riflettete sulla sua impurità. Sapendo che i piaceri fisici sono, come i dolori, causa di sofferenza, come potete dar libero corso ai – 10 – Il Buddha ĝƗkyamuni desideri del corpo? Guardate il vostro “sè” ed osservate quanto muta! Come potete illudervi circa la sua natura e nutrire orgoglio ed egoismo, sapendo che questi sentimenti vi condurranno inevitabilmente alla sofferenza? Osservate la materia: vi trovate un elemento duraturo? Le cose sono forse altro che agglomerati destinati, presto o tardi, a disgregarsi e a disperdersi? Non abbiate timore di constatare l’universalità della sofferenza, ma seguite il mio insegnamento anche dopo il mio addio a questo mondo. Sarete così liberi dal dolore. Sì, fatelo e sarete veramente miei seguaci. 2. “Discepoli miei, non dimenticate mai quanto vi ho insegnato, né lasciate che si perda. Fatene tesoro, meditatelo sempre, praticatelo. Ottemperate ad esso e sarete sempre felici. “L’importante, nel mio insegnamento, è la padronanza della mente. Respingete l’avidità e il comportamento sarà retto, puro lo spirito, sincera la parola. Se siete memori del carattere passeggero della vita, sarete in grado di tenere testa all’avidità e alla collera e potrete così evitare ogni male. “Se vi accorgete che la vostra mente viene tentata trova nelle spire dell’ingordigia, sopprimetela e controllate la tentazione: siate padroni della vostra mente. – 11 – Il Buddha ĝƗkyamuni “E’ la mente a rendere l’uomo un Buddha o una bestia. Sviato dall’errore, l’essere umano díventa un demone; illuminato, diventa un Buddha. Controllate la mente e non lasciatela deviare dalla retta via. 3. “In conformità al mio insegnamento, abbiate rispetto gli uni per gli altri ed evitate le dispute. Non imitate l’acqua e l’olio nel loro mutuo respingersi ma piuttosto l’acqua e il latte, che si mescolano perfettamente. “Studiate insieme, insegnate insieme, praticate insieme. Non disperdete la mente e il tempo nell’ozio e nelle dispute. Gioite dei fiori dell’Illuminazione nella loro stagione e raccogliete i frutti della retta via. “I precetti che vi ho dato sono frutto della mia esperienza diretta di questa via. Seguiteli e conformatevi al loro spirito in ogni circostanza. “Se li trascurate, è perché non mi avete mai veramente incontrato, è perché vi siete allontanati da me, pur standomi vicini. Se invece accettate e praticate il mio insegnamento, anche qualora foste dall’altra parte del globo, sarete con me. 4. “Discepoli miei! La mia fine è prossima, la nostra – 12 – Il Buddha ĝƗkyamuni separazione non tarderà a venire. Tuttavia, non date sfogo ai lamenti. La vita è mutamento perenne e nessuno sfugge al dissolversi del fisico. Ve ne darò ora prova: con la mia morte, il mio corpo sarà come un carro sconquassato. “Non vi lamentate vanamente, ma prendete atto che tutto è impermanente, riconoscendo la natura effimera dell’esistenza umana. Non date ascolto al folle desiderio di voler vedere immutato quel che è transitorio. “Il demone dei desideri mondani cerca sempre occasioni per ingannare la mente. Se una vipera fosse nella vostra stanza, non potreste dormire tranquilli se non dopo averla cacciata. “Spezzate dunque i legami dei desideri mondani e scacciateli proprio come fareste con una vipera. Dovete seriamente proteggere la mente. 5. “Miei discepoli! Il mio ultimo istante è giunto, ma non dimenticate che la morte è solo la dissoluzione di questo organismo, nato da genitori e cresciuto con il cibo: gli sono inevitabili la malattia e il perire. “Ma il vero Buddha non è un corpo umano: è Illuminazione. L’organismo si dissolve per legge, ma la saggezza dell’Illuminazione permane invece eterna nella – 13 – Il Buddha ĝƗkyamuni verità del Dharma, nella pratica del Dharma. Colui che vede soltanto il mio corpo, in realtà non mi vede. Solo chi accetta il mio insegnamento, mi vede davvero. “Dopo la mia morte, il Dharma vi sarà maestro. Seguitelo e così mi sarete fedeli. “Durante questi ultimi 45 anni, nulla ho nascosto del mio insegnamento. Non vi è né precetto celato, né un significato nascosto. Tutto vi è stato insegnato in modo chiaro ed aperto. Miei amati discepoli, ecco, ora è la fine. Fra un istante, raggiungerò il nirvƗ n. a. Queste le mie istruzioni!” – 14 – CAPITOLO SECONDO IL BUDDHA ETERNO I LA SUA BONTÀ AMOREVOLE E I SUOI VOTI 1. Lo spirito del Buddha è un cuore tutto bontà amorevole. La grande bontà è la volontà di salvare con ogni mezzo tutti gli esseri; la grande compassione è quel sentimento che spinge ad essere malato con i malati, a soffrire insieme a chi soffre. “La compassione dolore è il mio dolore e la vostra felicità è la mia felicità”, dice il Buddha. E proprio come l’affetto imperituro di una madre, così egli non abbandona mai neanche per un istante questo suo atteggiamento, per la bontà amorevole e piena di comprensione propria alla natura stessa del Buddha. La compassione del Buddha è stimolata in proporzione alle necessità degli esseri umani; la fede dell’uomo è la reazione a questo spirito e lo guida all’Illuminazione, proprio come una mamma realizza il suo essere madre con l’amare il proprio figlioletto; il bambino allora, grazie a questo amore, si sente ben protetto e al sicuro. – 15 – Il Buddha eterno Nondimeno, gli uomini non comprendono lo spirito del Buddha e si dibattono nelle illusioni e nei desideri generati dalla loro ignoranza; soffrono dei propri atti dovuti a passioni mondane ed errano fra montagne di illusioni, sotto il peso delle loro cattive azioni. 2. Non crediate che la compassione del Buddha si limiti alla vita presente; è piuttosto una manifestazione della bontà del Buddha eterno, al di là di ogni tempo, operante da quando il genere umano si è sperduto per ignoranza. Il Buddha eterno si manifesta sempre agli esseri umani sotto le forme più accattivanti ed amichevoli per arrecare loro i più saggi metodi di salvezza. Il Buddha ĝƗkyamuni, principe di sangue della famiglia regale degli ĝƗkya, rinunciò agli agi del proprio rango per una vita ascetica. Tramite la pratica della meditazione in silenzio assoluto, toccò la vetta dell’Illuminazione. Predicò il Dharma fra i suoi simili ed infine lo provò con la sua morte corporea. L’opera del Buddha è eterna così come l’ignoranza umana è senza fine; e come la profondità dell’ignoranza è priva di fondo, così non ha limiti la compassione del Buddha. – 16 – Il Buddha eterno Quando il Buddha decise di rompere i legami con la vita mondana, formulò quattro grandi voti: – salvare tutti gli esseri; – rinunciare a qualunque desiderio mondano; – imparare ogni insegnamento; – raggiungere la perfetta Illuminazione. Siffatti voti erano manifestazioni dell’amore e della compassione che sono qualità fondamentali della natura di Buddha. 3. Il Buddha si esercitò dapprima ad evitare il crimine di uccidere qualunque creatura vivente; poi espresse l’augurio che tutta l’umanità conoscesse le gioie della longevità. Il Buddha si esercitò ad evitare il peccato del ladrocinio e grazie a questa virtù espresse l’augurio che ogni uomo possa possedere tutto quello di cui ha bisogno. Il Buddha si esercitò ad evitare di commettere adulterio e grazie a questa virtù espresse l’augurio che tutti gli uomini possano conoscere la felicità di uno spirito puro e non tormentarsi più per desiderî insoddisfatti. Il Buddha, teso verso la meta, si esercitò a evitare ogni inganno, formulando l’augurio che a tutti sia dato di conoscere la tranquillità dello spirito che nasce dalla sincerità. Si esercitò ad evitare ogni doppiezza, formulando l’augurio che ogni uomo possa conoscere la gioia dell’amicizia. – 17 – Il Buddha eterno Si esercitò ad evitare d’ingiuriare gli altri ed auspicò che tutti possano avere la serenità di spirito che nasce dal vivere in pace con il prossimo. Si guardò dalle parole futili ed augurò che tutti possano conoscere la gioia di capirsi senza malintesi. Il Buddha teso verso la propria meta ideale, si esercitò ad essere libero dall’avidità; e grazie a questa virtù, augurò che tutti gli esseri viventi possano conoscere la pace che segue la rinuncia di ogni desiderio malsano. Si esercitò ad evitare la collera, auspicando per gli uomini un amore reciproco. Si esercitò ad evitare l’ignoranza, ed augurò che ogni uomo possa comprendere la legge di causalità e non ignorarla. Così la compassione del Buddha abbraccia tutti gli esseri con instancabile sollecitudine per la loro felicità. Egli ama gli uomini come i genitori amano i propri figli ed augura loro la felicità più sublime, ovvero, la capacità di passare al di là di quest’oceano della vita e della morte. – 18 – Il Buddha eterno II L’AIUTO DEL BUDDHA E I SUOI METODI DI SALVEZZA 1. E’ ben arduo per le parole del Buddha dette dalla lontana riva dell’Illuminazione raggiungere coloro che si dibattono senza sosta nel mondo delle illusioni; così il Buddha torna di persona in questo mondo e mette in pratica i suoi metodi di salvezza. “Ora vi racconterò una parabola”, disse il Buddha. “C’era un uomo, di condizioni agiate; un giorno la sua casa prese fuoco, in sua assenza. Al ritorno, trovò i figli così intenti a giocare da essere ignari delle fiamme, e quindi sempre all’interno. Il padre gridò: “Figlioli, presto, fuggite! Via di là! presto!” Ma non gli fu prestata attenzione. Allora il padre, in preda all’ansia, gridò di nuovo: “Piccoli miei, ho qui dei meravigliosi giochi per voi: uscite e venite a prenderli”. Quella volta al suo appello i bambini accorsero dall’abitazione in fiamme. Questo mondo è una dimora in fiamme, m a gli esseri umani, inconsci dell’incendio, rischiano di bruciarsi a morte. Allora il Buddha, nella sua bontà amorevole, escogita i mezzi per salvarli. – 19 – Il Buddha eterno 2. Il Buddha disse: “Vi narro ora un’altra storia. Un giorno, il figlio unico di un uomo ricco lasciò la casa e cadde in estrema miseria. Il padre, partito per un lontano viaggio alla ricerca del figlio, ne perse ogni traccia. Il padre fece tutto il possibile per ritrovarlo, ma invano. Passò del tempo e il figlio, ridotto alla miseria, errava nei pressi della casa paterna. Il padre lo riconobbe presto ed inviò dei servi per ricondurre il vagabondo. Ma questi, intimorito dalla maestosità della dimora e sospettando di essere preso in giro, si rifiutò di seguirli. Il padre mandò di nuovo i suoi servi con l’ordine di dargli del denaro con l’offerta di lavorare presso il loro ricco signore. Il figlio allora accettò, tornò con i servi alla casa paterna e divenne un servitore. Il ricco signore gli accordò un graduale avanzamento di grado fino ad affidargli l’incarico del mantenimento di tutta la proprietà e delle sue ricchezze. Ma pur sempre il figlio non riconosceva il proprio genitore. Il padre, soddisfatto della fedeltà del figlio, quando – 20 – Il Buddha eterno sentì avvicinarsi la fine riunì familiari e amici e disse: “Amici, ecco il mio unico figlio, che ho cercato per lunghi anni. D’ora in poi, l’intera mia proprietà e tutti i miei tesori sono suoi”. Il figlio, stupito dalla rivelazione paterna, disse: “Non solo ho ritrovato mio padre, ma anche tutti i suoi beni e tesori ora mi appartengono”. L’uomo ricco della parabola simboleggia il Buddha, mentre il figlio errante rappresenta tutti gli uomini. La compassione del Buddha abbraccia ogni essere come l’amore di un padre per il suo unico figlio. Con quest’amore, egli escogita i metodi più saggi per guidare, insegnare ed arricchire gli uomini con tutti i suoi tesori. 3. Pari alla pioggia che cade in misura uniforme sulla vegetazione, così la compassione del Buddha si estende in modo uguale su ogni essere vivente. Ma come piante diverse ricevono benefici specifici dalla stessa pioggia, così, esseri di diversa natura e in circostanze diverse vengono resi felici con metodi differenti. 4. I genitori amano tutti i figli, ma il loro amore trova, per un figlio malato, espressioni particolari. La compassione del Buddha, uguale per chiunque, si manifesta con cura speciale verso coloro che, per ignoranza, portano dei fardelli più schiaccianti di mali e di sofferenze. – 21 – Il Buddha eterno Il sole si leva ad oriente del cielo e fuga il buio senza pregiudizi né favoritismi per una regione in particolare. Così la compassione del Buddha circonda tutti gli esseri, incoraggiandoli nel giusto e guidandoli contro il male; in tal modo mette in fuga le tenebre dell’ignoranza e porta gli esseri all’Illuminazione. Il Buddha è paterno nella sua compassione e materno nella sua bontà amorevole. Per ignoranza e per attaccamento ai desideri mondani, spesso gli uomini agiscono con zelo eccessivo. Anche il Buddha è pieno di ardore nella sua compassione verso tutti gli esseri, i quali sono privi di aiuto senza questa bontà del Buddha; qual figli del Buddha, essi ne dovrebbero accogliere i metodi di salvezza. III IL BUDDHA ETERNO 1. E’ per lo più comune l’opinione che il Buddha, principe di nascita, apprese la via dell’Illuminazione da mendicante. In realtà, invece, lunga fu la preparazione perché il Buddha è sempre esistito, in un mondo che non ha inizio né fine. – 22 – Il Buddha eterno Il Buddha, in quanto eterno, ha conosciuto tutte le genti e messo in pratica ogni sorta di metodi di salvezza. Non vi sono punti falsi o ingannatori nel Dharma eterno, perché il Buddha conosce tutte le cose del mondo cosi come sono e le insegna agli uomini. In effetti, è assai difficile capire il mondo nella sua realtà, perché, sebbene reale in apparenza, non lo è, e per quanto appaia illusorio, non lo è. È impossibile, per chi è accecato dall’ignoranza, comprendere la verità del mondo. Solo il Buddha ha una comprensione vera e completa del mondo e non lo dichiara mai vero o illusorio, buono o cattivo. Mostra il mondo semplicemente qual’è. Il Buddha insegna che tutti gli uomini dovrebbero coltivare le virtù secondo la propria inclinazione, i propri atti e credenze. Questo insegnamento trascende ogni affermazione e ogni negazione del mondo. 2. Il Buddha non insegna è solo con le parole, ma anche con la sua vita. E sebbene la sua vita sia senza fine, per guidare coloro che sono schiavi del desiderio, per tenerne desta l’attenzione, usa l’espediente della morte. “Una volta, un medico era in viaggio e i figli, per circostanze accidentali, presero del veleno. Al rientro, il padre si accorse del loro malessere e preparò un antidoto. – 23 – Il Buddha eterno Qualcuno dei figli, non gravemente avvelenato, ingerì il medicinale e guarì, ma gli altri stavano tanto male da rifiutare il farmaco. Il medico, spinto dall’amore paterno, pensò di farli guarire ricorrendo a un partito estremo. Disse allora ai figli: “Devo partire per un lungo viaggio; sono vecchio e potrei morire da un giorno all’altro. Se fossi qui con voi, potrei prendermi cura di voi, ma se dovessi morire, voi stareste sempre peggio. Se verrete a conoscenza della mia morte, non esitate a prendere questo antidoto, e guarirete da questo avvelenamento sottile”. Poi partì per il suo lungo viaggio. Dopo qualche tempo, inviò un messo ai figli per informarli della sua morte. I figli, alla notizia, si commossero profondamente al pensiero della scomparsa del genitore e si resero conto che non avrebbero più goduto dei benefici delle sue cure amorevoli. Rammentandosi dell’ultimo desiderio espresso dal padre, con dolore e con lo sconforto di sentirsi ormai soli, presero la medicina e si ristabilirono. Non è da condannare l’inganno perpetrato da questo padre medico; come quel genitore, anche il Buddha usa la finzione della vita e della morte per liberare gli uomini dalla schiavitù dei desideri. – 24 – CAPITOLO TERZO LA FIGURA DEL BUDDHA E LE SUE VIRTÙ I I TRE ASPETTI DEL BUDDHA 1. Non tentate di conoscere il Buddha attraverso la sua figurazione o i suoi attributi poiché né l’una né gli altri sono il vero Buddha. Il vero Buddha, non altro che l’Illuminazione medesima. Il giusto modo di conoscere il Buddha sta nel conseguire l’Illuminazione. Chi vede una rappresentazione artistica pur finissima del Buddha e crede così di conoscerlo, compie l’errore di un occhio ignorante, giacché il vero Buddha non può venire incorporato in una forma o figura né essere visto con occhi umani. E neppure si può conoscere il Buddha tramite una descrizione perfetta dei suoi attributi, perché le parole degli uomini non bastano a definirli. Pur parlando della sua forma, il Buddha eterno non ha una figura definita ma è in grado di manifestarsi sotto qualunque aspetto. Pur delineando noi degli attributi, il Buddha eterno non ha attributi definiti ma può mani-festarsi con ogni perfezione. – 25 – La figura del Buddha e le sue virtù L’uomo che vede in modo distinto la figura del Buddha o discerne con chiarezza i suoi attributi, senza però restare legato alla figura o agli attributi del Buddha, è in grado di vederlo e di conoscerlo. 2. Il corpo del Buddha è l’Illuminazione stessa. Non avendo forma né sostanza, è sempre esistito ed esisterà sempre. Non è un corpo fisico da nutrire con cibo. E’ un corpo eterno la cui sostanza è la saggezza. Il Buddha, dunque, non conosce timori né afflizioni: è eternamente immutabile. Dunque, il Buddha non svanirà fintantoché esista l’Illuminazione. E’ questa la luce della saggezza che desta a nuova vita e che fa rinascere nel mondo del Buddha. Coloro che se ne rendono consapevoli, divengono i figli del Buddha; ne seguono il Dharma, ne onorano l’insegnamento e lo trasmettono ai posteri. Nulla è più miracoloso del potere del Buddha. 3. Il Buddha ha un triplice corpo: l’aspetto dell’essenza o Dharma-KƗya; l’aspetto delle perfezioni spirituali o Sambhoga-KƗya; e l’aspetto della manifestazione o NirmƗna-KƗya. – 26 – La figura del Buddha e le sue virtù Il Dharma-KƗya è la sostanza del Dharma, ossia della Verità stessa. In quanto aspetto dell’essenza il Buddha non ha né forma né colore e come tale non viene da nessun luogo né va in alcun luogo. Come il cielo azzurro copre ogni cosa, e poiché egli è tutte le cose non manca di nulla. La sua esistenza non dipende dal fatto che qualcuno pensi che esista; e neanche scompare perché viene dimenticato. Non ha alcun obbligo di apparire quando gli uomini sono felici e al sicuro, né è tenuto a scomparire quando sono disattenti e pigri. Il Buddha trascende ogni direzione immaginabile del pensiero umano. Sotto questo aspetto, il corpo del Buddha pervade ogni angolo dell’universo: raggiunge ogni luogo, esiste in eterno sia che gli uomini credano in lui sia che dubitino della sua esistenza. 4. Il Sambhoga-KƗya significa che la natura del Buddha, che è l’unione di compassione e saggezza e quindi una natura spirituale priva di immagine, si mani-festa tramite i simboli della nascita e della morte, tramite la formulazione dei grandi voti, della pratica e della rivelazione del suo nome, per condurre tutti gli uomini alla salvezza. – 27 – La figura del Buddha e le sue virtù La compassione è l’essenza del suo corpo ed è nelle intenzioni del Buddha usare ogni mezzo per liberare tutti coloro che sono disposti alla liberazione. Come un fuoco, una volta acceso, non si spegne fino all’esaurimento del combustibile, così la compassione del Buddha non verrà mai meno fino all’esaurimento di tutte le passioni mondane. E come il vento manda via la polvere, così la compassione del Buddha, in questo corpo, scaccia la polvere delle sofferenze umane. Il NirmƗna-KƗya significa che, per completare la salvezza offerta dal Sambhoga-KƗya, il Buddha è apparso nel mondo in una forma tangibile e ha mostrato agli esseri umani, secondo la loro singola natura e le loro singole capacità, gli aspetti della nascita, della rinuncia al mondo e dell’Illuminazione. Per guidare gli uomini, il Buddha, in questo corpo, impiega tutti i mezzi ivi comprese le malattie e la morte. La forma del Buddha è all’origine unicamente il Dharma-KƗya, ma poiché la natura degli esseri varia, appare differenziata. Benché la forma del Buddha vari secondo i diversi desideri, azioni e capacità degli individui, non è in realtà altro che la verità del Dharma. Benché il Buddha abbia un corpo triplice, il suo fine è unico: salvare tutti gli uomini. – 28 – La figura del Buddha e le sue virtù Il Buddha si estrinseca in ogni circostanza in tutta la sua purezza; tale manifestazione non è però il Buddha, perché il Buddha non è una forma. La natura del Buddha pervade tutto; egli fa dell’Illuminazione il suo corpo, e in quanto tale, appare a chiunque sia in grado di vedere la verità. II IL MANIFESTARSI DEL BUDDHA 1. E’ raro che un Buddha appaia nel mondo. Quando accade, egli raggiunge l’Illuminazione, espone il Dharma, disfa la rete dei dubbi, allontana le lusinghe dei desideri e le loro radici, tampona le fonti del male; indi, senza ostacoli di sorta, percorre il mondo liberamente. Nulla è più grande della venerazione di un Buddha. Il Buddha appare nel mondo della sofferenza perché non sa abbandonare i sofferenti; l’unico suo fine è diffondere il Dharma e rendere felici tutti gli uomini con questa Verità. E’ ben arduo presentare il Dharma in un mondo pieno di ingiustizie e di falsi valori in vana lotta con desideri insaziabili e afflizioni. Il Buddha fa fronte a queste difficoltà grazie al suo immenso amore e compassione. 2. Il Buddha è un buon amico per tutti. Se incontra un – 29 – La figura del Buddha e le sue virtù uomo oppresso dal peso delle passioni mondane, ne condivide il fardello. Davanti a un uomo afflitto dalle sue illusioni, metterà in fuga le tenebre dell’errore con la pura luce della sua saggezza. Come un vitello cerca sempre la madre, così chi ha inteso l’insegnamento del Buddha non vuole più staccarsi dai precetti che gli apportano felicità. 3. Quando la luna tramonta, si dice che essa scompare, e al suo sorgere si dice che appare. In realtà, la luna né viene né va, ma brilla immutata nel cielo. Il Buddha, proprio come la luna, non appare né scompare. Sembra fare così, solo per amore degli uomini, per insegnare loro la retta via. Chiamiamo “plenilunio” una fase lunare e “luna crescente” un’altra fase, ma in realtà, la luna è sempre perfettamente rotonda, non cresce né decresce. Il Buddha è proprio come la luna. Agli occhi degli uomini sembra cambiare in apparenza, ma in verità non muta. La luna si leva ovunque, al di sopra di una città popolosa, di un villaggio silente nella quiete notturna, di una montagna, di un fiume; si specchia nelle profondità di – 30 – La figura del Buddha e le sue virtù uno stagno, in una brocca d’acqua, nella goccia di rugiada su una foglia. Se un uomo viaggia per centinaia di miglia, la luna lo accompagna. Agli esseri umani la luna appare mutevole, e quando in realtà non muta. Il Buddha, come la luna, segue i mortali in tutte le circostanze mutevoli, manifestandosi in modi diversi: eppure nella sua essenza non muta. 4 L’apparire e scomparire del Buddha si può spiegare con la causalità: se le cause e le condizioni sono propizie, il Buddha appare; se queste non sono favorevoli, il Buddha sembra scomparire dal mondo. Che il Buddha appaia o scompaia, la buddhità non muta. Conoscendo tale principio, si deve seguire la via dell’Illuminazione e raggiungere la perfetta saggezza senza lasciarsi turbare dai mutamenti apparenti dell’immagine del Buddha, delle condizioni del mondo o delle fluttuazioni del pensiero umani. Il Buddha, lo si è già detto, non è un corpo fisico, ma è l’Illuminazione stessa. Un corpo si può considerare un ricettacolo. Se il ricettacolo è pervaso dall’Illuminazione, può essere chiamato Buddha. Ecco perché chi rimanga legato al corpo fisico del Buddha e ne pianga la scomparsa sarà incapace di vederlo. – 31 – La figura del Buddha e le sue virtù In realtà, la vera natura di tutti i fenomeni trascende il dualismo dell’apparire e scomparire, andare e venire, bene e del male. Tutto è perfettamente omogeneo e privo di sostanza. Sono i giudizi erronei di chi vede i fenomeni a causare la discriminazione. La vera figura del Buddha, ricordiamolo, non appare né scompare. III LE VIRTÙ DEL BUDDHA 1. Il Buddha merita il rispetto del mondo per le sue cinque virtù: condotta superiore; punto di vista superiore; saggezza perfetta; capacità superiore d’insegnamento e abilità nel guidare gli esseri umani a mettere in pratica la sua dottrina. Inoltre, otto virtù distinte permettono al Buddha di accordare benefici e felicità agli uomini: recare al mondo benefici immediati tramite la pratica del suo insegna-mento; discernere correttamente il bene dal male, il vero dal falso; guidare gli esseri umani verso l’Illuminazione insegnando loro la retta via; guidare tutti gli uomini secondo un metodo adeguato; evitare l’orgoglio e la vanagloria; fare quel che ha detto e dire quel che ha fatto e compiere, così, i voti del suo cuore compassionevole. – 32 – La figura del Buddha e le sue virtù Grazie alla pratica della meditazione il Buddha mantiene uno spirito calmo e pacifico irradiante bontà amorevole, compassione gioia ed equanimità. Agisce in modo equo verso tutti gli uomini, purificandone lo spirito da ogni macchia e accordando loro la felicità in perfetta unità spirituale. 2. Il Buddha, per gli uomini, è un padre e una madre. Durante i sedici mesi successivi alla nascita del figlio, i genitori devono rivolgersi al bimbo con termini infantili e poi, gradualmente, lo abituano ad esprimersi da adulto. Parimenti il Buddha dapprima si prende cura degli esseri umani, poi lascia che si curino da sé; prima, dona loro di che soddisfare i loro desideri e poi li conduce a un rifugio tranquillo e sicuro. Quel che il Buddha insegna nel suo linguaggio, gli uomini lo accolgono e l’assimilano nel proprio linguaggio, come se destinato esclusivamente a loro. Lo stato mentale del Buddha trascende i pensieri umani; non è esprimibile verbalmente ma si può solo lasciare intendere con parabole. Un fiume è intorbidato dal calpestio dei cavalli e degli elefanti, agitato dal nuoto dei pesci e delle tartarughe; ma il fiume scorre puro e indisturbato da queste inezie. Il – 33 – La figura del Buddha e le sue virtù Buddha è come un grande fiume. I pesci e le tartarughe delle altre dottrine nuotano nelle sue profondità e vanno contro corrente, ma invano. Il Dharma del Buddha scorre, puro e imperturbato. 3. La perfetta saggezza del Buddha si guarda dagli estremi dei pregiudizi e conserva una sublime moderazione indescrivibile. Onniscente, il Buddha conosce i pensieri e i sentimenti di tutti gli uomini, vede e comprende all’istante ogni cosa. Come gli astri celesti si specchiano nella calma del mare, così i pensieri e i sentimenti umani, insieme a tutte le circostanze, si riflettono nella profondità della saggezza del Buddha. Ecco perché il Buddha è chiamato “l’Illuminato perfetto”, l’Onnisciente. La saggezza del Buddha rinfresca l’arido spirito dell’uomo, illumina e gli fa conoscere il significato di questo mondo, le sue cause e i suoi effetti, il suo apparire e scomparire. Infatti, senza l’aiuto della saggezza del Buddha, quale aspetto del mondo sarebbe comprensibile agli uomini? 4. Il Buddha non sempre appare come un Buddha. Ora sceglie di incarnarsi in un essere maligno, ora in una donna, in un dio, in un re o in un uomo di stato, ora in un bordello o in una casa da gioco. – 34 – La figura del Buddha e le sue virtù In un’ epidemia, egli prende l’aspetto di un medico, in guerra, insegna la pazienza e la pietà per i sofferenti. A chi crede eterne le cose, mostra il fugace e l’incerto. Ai fieri e agli egoisti, insegna l’umiltà e il sacrificio di sé. A chi è impigliato nella rete dei piaceri mondani, rivela la miseria del mondo. L’opera del Buddha è di manifestare in ogni cosa e in ogni occasione la pura essenza del Dharma-Kaya, ossia la sua natura assoluta; così l’amore e la bontà piena di comprensione del Buddha emanano dal Dharma-Kaya in una vita infinita e in una luce senza limiti, recando la salvezza all’umanità. 5. Il mondo è come un edificio in fiamme, in un succedersi inarrestabile di fasi di distruzione e di ricostruzione. Gli uomini confusi dal buio dell’ignoranza, smarriscono il loro spirito nella collera, nell’insoddisfazione, nella gelosia, nei pregiudizi e nelle passioni mondane. Sono simili a bambini bisognosi della madre; ognuno si rifugi nell’amore del Buddha. Il Buddha è un padre per chiunque in questo mondo; tutti gli esseri umani sono figli del Buddha; egli è il più santo fra i santi. Il mondo è in fiamme per la vecchiaia e la morte; dovunque regna la sofferenza, ma gli uomini, – 35 – La figura del Buddha e le sue virtù attirati dalla vana ricerca dei piaceri mondani non sono saggi abbastanza da rendersene conto. Il Buddha capì che il palazzo del piacere, in realtà, era una casa in fiamme; dunque, se ne allontanò e trovò rifugio e pace nella calma della foresta; là, nella solitudine e nel silenzio, mosso dalla sua grande compassione, ci parla: “Mio è questo mondo di mutamenti e di sofferenze; questi sventati per ignoranza sono i miei figli; io solo posso salvarli dalle loro illusioni e miserie”. Il Buddha, da grande sovrano del Dharma, può elargire il suo insegnamento a chiunque nel modo desiderato. Così, si manifesta al mondo per rendere felici gli esseri umani e per liberarli dalle sofferenze insegna loro il Dharma. Gli uomini, però, sordi, non gli prestano attenzione: i loro orecchi sono intorpiditi dalla brama. Chi ascolta però i suoi insegnamenti, si libera dalle illusioni e dalle miserie del vivere. Egli ha detto: “Gli uomini non si possono salvare facendo leva solo sulla propria saggezza; devono penetrare con fede il mio insegnamento”. Dunque, è bene prestare orecchio alla dottrina del Buddha e metterla in pratica. – 36 – IL DHARMA CAPITOLO PRIMO LA LEGGE DI CAUSALITÀ I LE QUATTRO NOBILI VERITÀ 1. Il mondo è pieno di sofferenze. Nascere è sofferenza, la vecchiaia è sofferenza, la malattia è sofferenza, la morte è sofferenza; incontrare qualcuno che si detesta è sofferenza; separarsi da un essere amato è sofferenza; non poter soddisfare i propri desideri è sofferenza. In breve, una vita schiava dei desideri e delle passioni implica sempre sofferenza: questa è la verità della sofferenza. Quanto alla causa delle sofferenze umane, non c’è dubbio che esse nascono dagli appetiti del corpo fisico e le illusioni delle passioni mondane. L’origine di queste passioni, eccola radicata in tutti i desideri intensi legati agli istinti. Tali desideri, fondati su un imperiosa voglia di vivere, cercano di impadronirsi di tutto quanto si percepisce come desiderabile, lasse pure la morte. Questa è la verità sull’origine della sofferenza. Se si riesce a sradicare il desiderio, la passione si estingue e la sofferenza ha fine. Questa è la verità sulla cessazione della sofferenza. – 38 – La legge di causalità Per entrare nello stato in cui non vi è più alcun desiderio, né sofferenza, occorre seguire un sentiero. Otto sono le diramazioni che vi confluiscono, ovvero: la retta visione, il retto pensiero, la retta parola, la retta azione, i retti mezzidi sussistenza, il retto sforzo, la retta presenza mentale e la retta concentrazione. Questa è la verità che guida alle cessazione della sofferenza. E’ bene tenere sempre presenti con nitida chiarezza queste verità, perché il mondo è pieno di sofferenze e chi desideri sfuggirle deve sciogliere i nodi delle passioni mondane, unica causa di sofferenza. Solo l’Illuminazione permette di conoscere uno stato scevro da passioni e da dolori, e l’illuminazione si ottiene solo grazie alla disciplina del nobile ottuplice sentiero. 2. Coloro che cercano l’Illuminazione non possono ignorare le quattro nobili verità. Altrimenti, errano senza fine nel dedalo delle illusioni del mondo. Se un uomo comprende queste quattro nobili verità, si dice che ha acquisito “l’occhio dell’Illuminazione”. Accogliere l’insegnamento con tutto il cuore ed approfondire bene il significato delle quattro nobili verità, è indispensabile. In tutti i tempi, un santo, per essere – 39 – La legge di causalità veramente tale, le ha conosciuto a fondo e le insegna egli altri. Solo alla chiara luce di queste quattro nobili verità, il Nobile ottuplice sentiero porta alla libertè dalla brama, non si litiga con nessuno, non si uccide, non si ruba, non si commette adulterio, non si mente, non si calunnia, non si adula, non si invidia, non ci si inquieta e, mai dimentichi del carattere passeggero della vita, non si commettono ingiustizie. 3. Seguire il Nobile sentiero è come entrare in una camera buia, con una candela in mano: il buio si dilegua e la luce rischiara e pervade la stanza. Chi comprende il significato delle nobili verità e segue il Nobile sentiero, possiede la luce della saggezza che scaccia le tenebre dell’ignoranza. Il Buddha guida gli esseri umani unicamente mostrando loro le quattro nobili verità. Sono esse a rendere capaci di guidare e di sostenere gli altri in questo mondo disorientato. Sono degne di fiducia. Col comprendere le quattro nobili verità tutte le fonti delle passioni mondane si prociugano e coloro che arrivano a comprenderle alla perfezione raggiungono l’Illuminazione. – 40 – La legge di causalità Alla luce di queste quattro nobili verità, i discepoli del Buddha possono comprendere tutti gli altri precetti, attirarsene i benefici e conquistare la saggezza con cui coglieranno il senso profondo delle cose e saranno in grado d’insegnare liberamente a chiunque. II LA CAUSALITÀ 1. Per ogni sofferenza c’è una causa ma anche il mezzo per porvi fine. E perché? Perché ogni cosa in questo mondo risulta da un vasto concorso di cause e di condizioni e tutto scompare col mutare di esse. Che piova o soffi il vento, che una pianta fiorisca o cadano le foglie, nulla sfugge alla legge secondo cui tutto nasce e perisce in base al mutare di cause e condizioni. Un bambino nasce da condizioni determinate dai genitori, poi il suo organismo si sviluppa col cibo e la mente con l’educazione e l’esperienza. Il corpo e la mente dipendono da condizioni e mutano al mutare di queste. – 41 – La legge di causalità Le maglie di una rete sono tenute insieme dai nodi che le uniscono. Così in questo mondo tutto è connesso da una serie di legami. Sarebbe un grave errore ritenere che una maglia di rete possa sussistere da sola. Una maglia di rete è tale perché vi sono le altre maglie: ognuna è necessaria all’esistenza delle altre. 2. Un fiore si schiude per il concorrere di varie cause e le foglie cadono anch’esse per il concorrere di più cause, senza le quali il fiore non sboccia e la foglia non cade. Il fiore si schiude grazie a certe condizioni e la foglia non cade da sé, fuori stagione; lascia il suo ramo in seguito a determinate condizioni. Tutto dunque è soggetto al mutamento; nulla può esistere di per sé, indipendente, né può rimanere senza mutare. Una sola cosa non muta, in questo mondo, ma detta legge in terra e in cielo: tutto muta, nasce da una causa e perisce per un’altra causa. III LA CATENA DELLE CAUSE 1. Donde provengono la sofferenza, il dolore, la pena e l’angoscia? Dall’ignoranza e dal desiderio. – 42 – La legge di causalità L’uomo in genere si ostina a volere una vita di ricchezze e di onori, di benessere e di piacere, una vita di eccitazioni e di egoismo, ignaro che il desiderare tutto questo causa di per sé sofferenza. Dall’inizio, il mondo è afflitto da ogni sorta di calamità, inevitabili da sempre: le malattie, la vecchiaia e la morte. Nondimeno, se ci si ferma a riflettere, la tristezza e il dolore sussistono perché esistono i desideri. Se solo si riuscisse a mettere fine ai desideri, la tristezza e il dolore svanirebbero. La causa del desiderio è l’ignoranza che riempie l’animo umano. L’ignoranza consiste nel fatto di ignorare la vera legge e la ragione del succedersi dei fenomeni. L’ignoranza e l’avidità sprigionano desideri incontrollabili e irrealizzabili dietro i quali gli uomini si perdono in una ricerca cieca e ostinata. Sono ancora l’ignoranza e l’avidità a far fare – 43 – La legge di causalità discriminazioni laddove, in realtà, non esistono. Compiere dunque una distinzione fra il bene e il male nella condotta umana è frutto di ignoranza. A causa dell’ignoranza, gli uomini hanno sempre idee sbagliate e perdono il modo corretto di vedere. Per ignoranza, si attaccano al loro ego e compiono atti sbagliati, smarrendosi nelle vie dell’errore. Ecco un paragone allegorico: il campo delle azioni, ossia il Karma, è un terreno; il pensiero discriminante è il seme; lo si copre con l’ignoranza; lo si annaffia con l’egoismo e i cattivi desideri fanno da fertilizzante; vi si aggiunge il concetto del male e nasce così l’errore che poi l’uomo si trascina dietro. 2. In realtà, tutto questo accade nella mente. E’ dunque la mente a causare il mondo delle illusioni, delle sofferenze, delle pene, dell’angoscia. È un mondo – ombra, creato dalla mente. Eppure, è sempre dalla mente che nasce l’Illuminazione. 3. Tre i punti di vista errati in questo mondo. Un asservimento ad essi non dà via d’uscita. – 44 – La legge di causalità Il primo, è credere il mondo retto dal destino. Il secondo, è pensare che tutto sia opera di creazione di un dio alla cui volontà tutto è sottomesso, il terzo, è affermare che tutto viene dal caso, negando l’esistenza di cause o di condizioni. Qualora tutto dipendesse dal destino, il bene e il male, la felicità e l’infelicità, sarebbero prestabiliti, nulla sfuggirebbe alla predestinazione. In tal caso, sarebbe impossibile dire: “Bisogna comportarsi così e non fare in quel modo”. Gli uomini perderebbero la speranza e il piacere dell’impegno e degli sforzi; il mondo non conoscerebbe progresso. Asserire che ogni evento è sotto la volontà di un dio sconosciuto o del cieco caso, non porterebbe l’umanità a una completa e servile sottomissione? Se così fosse, non vi sarebbe alcuna ragione di impegnarsi ad evitare il male ed a compiere il bene. Questi tre modi di vedere sono errati in quanto tutto nasce da una causa, ossia da una catena di cause e di situazioni, e perisce per un’altra serie di cause. – 45 – CAPITOLO SECONDO LA TEORIA DELLA SOLA MENTE E IL REALE STATO DELLE COSE I CADUCITÀ E NON-SÈ 1. Poiché il corpo e lo spirito si manifestano per un concorso di cause e di condizioni, ne consegue che non esiste un ego duraturo. Il corpo, fatto di carne, in quanto aggregato di elementi non è duraturo. Se il corpo fosse un sè, potrebbe agire di sua volontà. Un re ha il potere di ricompensare e di punire a suo beneplacito, ma suo malgrado cade malato, invecchia, e la fortuna raramente si accorda con i suoi desideri. Nemmeno la mente è un sè. Anch’ essa è un aggregato di cause e di condizioni in perenne mutamento. Se la mente fosse un sè, potrebbe agire di propria volontà. Ma la mente non sempre compie le azioni che sa – 46 – La teoria della sola mente e il reale stato delle cose corrette e senza volerlo rincorre il male. Nulla accade proprio secondo i nostri desideri. 2. A chi domanda se il corpo è duraturo o meno, si è obbligati a rispondere: “non duraturo”. A chi domanda se l’esistenza non duratura comporta felicità o sofferenza, si risponderà, di solito: “sofferenza”. A chi domanda se l’esistenza non duratura comporta felicità o sofferenza, se e cosa provi ogni essere umano nell’invecchiare, nell’ammalarsi e nel morire, si risponderà, di sicuro: “sofferenza”. Credere che una cosa così fugace, sempre in movimento e piena di sofferenze, sia un ego, è un errore ben grave. La mente è essa pure non duratura e piena di sofferenze; non ha dunque nulla che possa farla chiamare un “io”. Ne consegue che sia il nostro fisico sia la mente – elementi della vita di un individuo –, sia il mondo esterno che ci circonda, sono privi del concetto dell’“io” e del “mio”. E’ solo perché la mente viene offuscata dai desideri impuri e resa allora impenetrabile alla saggezza che ci si ostina a pensare in termini di “io” e di “mio”. Poiché il corpo e l’ambiente nascono da cause e – 47 – La teoria della sola mente e il reale stato delle cose condizioni precise, essi sono in perpetua e inarrestabile trasformazione. Nel suo mutare all’infinito la mente umana somiglia o all’acqua di un fiume che scorre senza sosta, o alla fiamma di una candela accesa; simile ad una scimmia, salta da un luogo all’altro, instancabile. Constatato tutto questo, il saggio deve spezzare ogni forma di legame fisico e spirituale, se vuole raggiungere I’Illuminazione. 3. Cinque le cose impossibili in questo mondo: smettere di invecchiare mentre si sta invecchiando; non essere malato quando lo si è; non morire mentre si sta rendendo l’ultimo respiro; impedire il disfacimento laddove è in corso; arrestare il processo di estinzione. In questo mondo, si finisce presto o tardi per scontrarsi con queste situazioni estreme. Nondimeno, chi ha accolto l’insegnamento del Buddha non ne soffre più, conscio di come siano inevitabili. Vi sono quattro verità al mondo: la nascita ha per causa l’ignoranza; qualunque desiderio è caduco incerto e pieno di sofferenze; tutto quello che esiste è temporaneo, – 48 – La teoria della sola mente e il reale stato delle cose instabile e pieno di sofferenze; nulla si può designare come “io” o come “mio”. Caducità e non-sè: verità incontestabile, che ci sia o meno un Buddha nel mondo; conscio di tali verità, il Buddha predica il Dharma a tutti gli uomini. II LA TEORIA DELLA SOLA MENTE 1. Figlie entrambe della mente, l’ignoranza come l’Illuminazione, tutti i fenomeni risultano quindi opera delle attività mentali, in tutto simili ai trucchi di un prestigiatore. Non vi sono limiti alle attività della mente: sono queste a creare l’ambiente vitale. Una mente impura si circonda di elementi impuri, mentre a una mente pura piace avere intorno cose pure. Tutto quel che ci attornia non ha limiti, pari alle attività della nostra mente. Come un quadro viene dipinto da un pittore, così tutto quello che ci circonda è opera della nostra mente. L’ambiente creato dal Buddha è puro e libero da legami, mentre quello fatto dall’uomo non è tale. – 49 – La teoria della sola mente e il reale stato delle cose Un’infinita varietà di dettagli regna in un quadro. Allo stesso modo, la mente umana crea il proprio ambiente. Non vi è nulla al mondo che non sia opera della mente. Anche il Buddha, come la mente umana, crea e ugualmente fanno tutti gli uomini: da questo punto di vista, la mente dell’uomo e tutti gli esseri umani sono uguali, senza differenze, al Buddha. Il Buddha sa perfettamente che tutto viene creato dalla mente. Chi riesce a comprendere questa verità può vedere il vero Buddha. 2. La mente, artefice del proprio mondo, non è mai del tutto libera dalle proprie “ombre”; rimpiange infatti il passato, paventa l’avvenire e piange il presente, per ignoranza e soggezione alle passioni. Il mondo delle illusioni nasce dall’ignoranza e dai desideri: tutto il vasto insieme di cause e di condizioni interdipendenti esiste solo nella mente e non altrove. Anche la vita e la morte sorgono dalla mente, esistono nella mente. Quando la mente passa, il mondo della vita e della morte passa con lei. – 50 – La teoria della sola mente e il reale stato delle cose Una vita non illuminata e piena di errori nasce da una mente smarritasi nel proprio mondo di illusioni e di inganni. Se ci si rende conto che il mondo degli errori non esiste al di fuori della mente, la nostra mente torna ad essere libera. Chi smette di dar vita a un mondo impuro, consegue l’Illuminazione. Dunque, il mondo della vita e della morte è opera della mente, è asservito alla mente, dominato dalla mente, timone di ogni situazione. Il mondo delle sofferenze nasce da una mente in errore. 3. Tutto, quindi, è dapprima controllato e dominato dalla mente creatrice. Come le ruote seguono il bue che tira il carro, così la sofferenza non abbandona una mente avvinghiata a pensieri impuri e a passioni umane. Se qualcuno parla ed agisce con intenzione salutare, la felicità lo accompagna pari a un’ombra. Chi compie del male si rammenta poi di aver agito in modo scorretto ed è questo ricordo che si annida in lui a pesare inevitabilmente sulle vite successive. Chi agisce per buone ragioni, si rallegra del bene compiuto ma esulta ancor più al pensiero della felicità che ne verrà nelle vite successive. – 51 – La teoria della sola mente e il reale stato delle cose La via, per una mente impura, sarà impervia e faticosa e il piede inciamperà: non poche le cadute e i dolori. Se invece la mente é pura, il cammino sarà piano e il viaggio sereno. Colui che conserva la purezza fisica e spirituale compie grandi progressi verso la natura di Buddha, spezzando la rete dell’egoismo, dei pensieri impuri e dei cattivi desideri. Chi possiede una mente calma, vive in pace e sa farla progredire con assidua ed ininterrotta cura. III LO STATO REALE DELLE COSE 1. Non esiste una distinzione fondamentale fra le cose, dal momento che tutto, in questo mondo, nasce da un concorrere di cause e di condizioni. Le distinzioni, apparenti, sorgono dai pensieri discriminanti ed assurdi degli esseri umani. Il cielo non conosce distinzioni fra oriente e occidente; è l’uomo a distinguere così e a crederlo vero. In matematica, i numeri dall’uno all’infinito sono tutti completi in sé ed ognuno di essi non comporta in sé qualità differenti; pertanto, gli uomini compiono delle distinzioni per comodità propria nell’effettuare le varie operazioni. – 52 – La teoria della sola mente e il reale stato delle cose Nel processo universale del divenire, non vi è distinzione intrinseca fra il processo della vita e quello dell’estinzione; è l’uomo ad opporre alla nascita la morte. In un azione, non esiste discriminazione fra il vero e il falso, ma è l’uomo a giudicare in questo modo secondo il proprio errato comodo. Il Buddha si guarda da siffatti arbitrî e considera il mondo come una nube di passaggio. Per lui, ogni cosa definita è illusoria; egli sa che tutto quel che la mente afferra e respinge è privo di consistenza. In tal modo, evita la trappola delle apparenze e del pensiero discriminante. 2. L’uomo si avvinghia a quel che ritiene di sua convenienza; si aggrappa così alla salute, alle ricchezze, agli onori e si attacca disperatamente alla vita. Distinzioni arbitrarie fra l’esistenza e la non esistenza, fra il bene e il male, fra il vero, il giusto e il falso fanno della vita umana una catena di desideri e di affezioni, donde viene necessariamente l’inganno delle pene e delle sofferenze. C’era un tempo un uomo che intraprese un lungo – 53 – La teoria della sola mente e il reale stato delle cose viaggio. Giunto in riva al fiume, disse tra sé: “Questa sponda è ardua e rischiosa ma l’altra mi sembra più facile e sicura; il fiume, però, come attraversarlo?” Si costruì una zattera con rami e giunchi ed arrivò sano e salvo all’altra riva. Allora si disse: “Questa zattera mi è stata di grande utilità nell’attraversare il fiume: invece di lasciarla marcire, me la porterò dietro”. E finì con il caricarsi di un fardello tutt’altro che necessario. Quest’uomo era forse saggio? La parabola suggerisce che anche una cosa buona, una volta divenuta un peso inutile, deve essere abbandonata alle nostre spalle; a maggior ragione, poi, una cosa cattiva! Il Buddha, di evitare le discussioni futili e vane, ne ha fatto una regola di vita. 3. Le cose né vengono né vanno via; non compaiono né scompaiono; ecco perché non vi è nulla da guadagnare, nulla da perdere. Il Buddha ci insegna che le cose non appaiono né scompaiono, in quanto esse trascendono sia l’affermazione dell’esistenza sia la negazione della medesima. Ne consegue che ogni fenomeno, quale risultato del concorrere e del succedersi di cause e di condizioni, non esiste in realtà di per sé e si può dunque dire che non esiste. Ma nel – 54 – La teoria della sola mente e il reale stato delle cose contempo, proprio in quanto risultato di cause e di condizioni, non si può neppure affermarne la non esistenza. Aderire ad una cosa per la sua bellezza è la causa primaria dell’errore. Se non ci si aggrappa a tale bellezza, l’immaginazione mistificante e l’inganno assurdo non vi saranno. L’Illuminazione è la saggia capacità di vedere questa verità e di evitare un errore così insulso. Il mondo, in verità, è proprio come un sogno; i suoi tesori, un miraggio seducente. Pari alla prospettiva in pittura, le cose non sono reali in sé, ma sono simili ad una nebbia al sole. 4. Credere nell’eternità delle cose create da una serie incalcolabile di cause è quel grave errore cui si dà il nome di teoria della permanenza. Ma è ugualmente un non lieve inganno credere nella teoria della non esistenza, ossia ritenere che le cose scompaiano del tutto. Le nozioni di vita eterna e di morte eterna, di esistenza o meno non si legano alla natura essenziale degli eventi ma solo alle loro apparenze esterne che colpiscono lo sguardo offuscato dell’uomo. Spinto dai suoi desideri, l’uomo si attacca a queste apparenze esterne, mentre invece, nella loro natura più profonda, le cose sono libere da ogni discriminazione e attaccamento. – 55 – La teoria della sola mente e il reale stato delle cose Giacché tutto viene creato da un concatenamento di cause e di condizioni, l’apparenza delle cose varia senza sosta. Prova, questa, della mancanza di un’essenza durevole propria delle vere sostanze. Il perenne mutamento di apparenza ci induce ad amare le cose simili a un miraggio o a un sogno. Ma, a dispetto dei mutamenti continui di apparenza, le cose non cambiano nella loro essenza: sono costanti. Un fiume, a un uomo, sembra un fiume, ma a un demone affamato per il quale l’acqua è come il fuoco quello stesso corso d’acqua somiglia al fuoco. Ecco perché parlare ad un uomo della presenza di un fiume ha un senso, sconosciuto invece all’essere demoniaco. Lo stesso si può di ogni fenomeno: “Le cose sono illusorie, non si può affermare né che esistono, né che non esistono”. Inoltre, non si può asserire la coesistenza, accanto al mondo dei mutamenti e delle apparenze, di un altro mondo immutevole e vero. E’ erroneo, in entrambi i casi, considerare questo mondo o effimero o reale. Ma gli ignoranti lo credono reale e tendono ad agire secondo quest’assurdo concetto. Poiché però il mondo non – 56 – La teoria della sola mente e il reale stato delle cose è altro che un’illusione, i loro atti basati sull’errore, portano inevitabilmente al male e alla sofferenza. Il saggio invece, riconoscendo illusorio il mondo, non si comporta certo come se questo fosse reale, e sfugge così alla sofferenza. IV LA VIA DI MEZZO 1. Per chi scelga la via dell’Illuminazione, due sono gli estremi da evitare: uno è l’abbandono ai piaceri. Vi è poi l’estremo opposto, che consiste in una disciplina ascetica eccessiva e in un’irragionevole tortura fisica e spirituale. Il Nobile Sentiero, che trascendendo i detti estremi porta all’Illuminazione, alla saggezza, alla pace del cuore, può definirsi la via di mezzo. Che via è dunque? E’ retta, il Nobile Ottuplice Sentiero: retta visione, retto pensiero, retta parola, retta azione, retti mezzi di sussistenza, retto sforzo, retta presenza mentale e retta concentrazione. – 57 – La teoria della sola mente e il reale stato delle cose Come si è detto, ogni cosa appare e scompare in relazione ad un infinito concatenamento di cause. L’ignoranza porta a pensare alla vita in termini di esistenza e di non esistenza. La saggezza, invece, fa vedere la vita al di là dell’esistenza, come un qualcosa che trascenda l’una e l’altra. Un modo siffatto di vedere è proprio alla via di mezzo. 2. E’ come un travicello su un fiume. Se non affonda, se non è preso da qualcuno o distrutto, finirà col giungere al mare. La vita è come un travicello nella corrente di un grande fiume. Se non ci si aggrappa alla ricerca di gratificazioni e se non ci si avvinghia, avendo rinunciato alla vita, ad un’esistenza di mortificazioni; se non ci si inorgoglisce delle proprie virtù, né ci si lega ad atti cattivi; e se, nel cercare l’Illuminazione, non si diventa sprezzanti, o timorosi dell’errore, si è nella via di mezzo. Nel seguire detta via, l’importante è evitare di lasciarsi prendere e trascinare da uno degli estremi: ossia occorre camminare sempre sulla via di mezzo. Consapevole del fatto che le cose non sono né esistenti né non esistenti e rammentandosi che la natura di tutto è simile ad un sogno, l’uomo deve cercare di non lasciarsi dominare dall’orgoglio legato all’io o dalle lodi per le sue buone azioni; deve evitare di venir preso e – 58 – La teoria della sola mente e il reale stato delle cose trascinato da altro. Per sfuggire al turbine dei propri desideri è bene imparare dapprima a non avvinghiarsi alle cose, per tema di abituarsi ad esse e di attaccarvisi. Non bisogna legarsi né all’esistenza né alla non esistenza, né a nulla che sia dentro o fuori di noi, né al bene né al male, né al vero né al falso. Se ci si aggrappa alle cose sia pure per un istante, comincia subito a vivere l’illusione erronea. Chi percorre la retta via dell’Illuminazione non rimpianga il passato, né paventi l’avvenire. Dovrà invece, con spirito equo e pacifico, prendere le cose come vengono. 3. L’Illuminazione non ha una forma definita, né una natura tramite la quale manifestarsi; non vi è nulla dunque, nell’Illuminazione in sé, che debba essere illuminato. Essa esiste soltanto perché vi sono l’ignoranza e l’errore; se questi scomparissero, l’Illuminazione pure si dileguerebbe. Ma anche il contrario è vero: l’ignoranza e l’errore non esistono che in rapporto con l’Illuminazione: al cessare dell’Illuminazione, cessano ugualmente l’ignoranza e l’errore. Ne consegue che è bene guardarsi dal considerare l’Illuminazione come un “oggetto” di cui impadronirsi, altrimenti diverrà essa stessa un ostacolo. Quando la mente passa dall’oscurità all’Illuminazione, essa “passa”; e con – 59 – La teoria della sola mente e il reale stato delle cose questo “passare”, anche quel che definiamo “Illuminazione” viene meno. Finché agognerete l’Illuminazione come un oggetto da fare vostro, vorrà dire che siete ancora schiavi dell’errore: ecco perché, percorrendo la via dell’Illuminazione, non vi ci dovete attaccare, e se raggiungete l’Illuminazione, non dove te attardarvici. Conseguire l’Illuminazione in tal senso significa che ogni cosa è l’Illuminazione in sé, tal quale: ecco perché va seguita la via dell’Illuminazione finché, nei propri pensieri, le passioni mondane e l’Illuminazione non si identifichino, così come sono in realtà. 4. Il concetto dell’unità universale, ovvero dell’assenza di segni distintivi delle cose, nella loro natura essenziale, è ciò che si definisce “ĞnjnyatƗ”: la non sostanza, il non nato, l’assenza di una natura propria, la non dualità. In una parola: il “vuoto”. E’ proprio perché le cose, in sé, non hanno né forma né caratteristiche, che si può affermare che non nascono e non vengono distrutte. Nulla, nella natura essenziale delle cose, è descrivibile in termini di discriminazione: ecco perché diciamo che non esiste sostanza nelle cose. Come si è già sottolineato, ogni fenomeno appare e – 60 – La teoria della sola mente e il reale stato delle cose scompare secondo il diverso fluire di cause e condizioni. Nulla esiste in modo completamente indipendente; ogni cosa è sempre in rapporto con altro. Ovunque sia la luce, ecco anche le tenebre; accanto alla lunghezza, c’è la brevità; c’è il bianco laddove spicca il nero. Parimenti, poiché la natura propria delle cose non esiste in modo indipendente, si dice che le cose siano prive di sostanza. In virtù del medesimo ragionamento, l’Illuminazione non può esistere senza l’ignoranza, né la seconda senza la prima. E se le cose non differiscono nella loro natura essenziale, come può esservi la dualità? 5. Gli uomini, di solito, si credono legati alla nascita e alla morte, ma siffatte concezioni non sono conformi alla realtà. Quando si è capaci di intendere questa verità, si comprende la verità della non dualità della nascita e della morte. E’ perché si accarezza l’idea di un io che ci si aggrappa all’idea del possesso; ma poiché non vi è un “io”, non può esservi “possesso”. Se si presta ascolto a tale verità, si può intendere quella della non dualità. – 61 – La teoria della sola mente e il reale stato delle cose Gli uomini si attaccano alla distinzione fra il puro e l’impuro, inesistente invece nella natura delle cose; essa proviene solo dalle immagini false ed assurde create della mente. L’uomo opera parimenti una distinzione fra il bene e il male, ma il bene e il male non esistono l’uno indipendentemente dall’altro. Chi segue la via dell’Illuminazione sa che non esiste dualità e dunque non loda il bene condannando il male né trascura il bene giustificando il male. L’uomo teme per natura le disgrazie ed aspira alla felicità. Se si analizza però con attenzione questa dicotomia, si nota che l’infelicità porta spesso alla felicità e viceversa. Il saggio impara ad affrontare le circostanze mutevoli della vita con animo equo e sereno, senza esaltarsi del successo e senza deprimersi per l’insuccesso. E’ in tal modo che mette in pratica la verità della non dualità. Tutti i termini dunque indicanti una dualità – quali esistenza e non esistenza, passioni mondane e vera conoscenza, purezza e impurità, bene e male –, tutti, non sono né espressi né riconosciuti nella loro natura intrinseca, in quanto nel pensiero dell’uomo si scontrano con i loro opposti. Se l’uomo si mantiene libero da queste parole e dalle emozioni che esse suscitano, solo allora egli intende la verità universale della ĝnjnyatƗ. – 62 – La teoria della sola mente e il reale stato delle cose 6. Proprio come i fior di loto, puri e profumati, crescono nel fango di una palude piuttosto che nel fertile terreno pulito in altura, così, dal fango delle passioni mondane scaturisce la pura Illuminazione dello stato di Buddha. Persino la visione erronea di chi si trova immerso nell’errore e nelle illusioni prodotti dalle passioni mondane può essere “in nuce” lo stato di Buddha. Il pescatore di perle deve scendere nel fondo marino, sfidando tutti i pericoli, non ultimi le dentellature dei coralli e l’attacco vorace dei pescecani. L’uomo, dunque, deve far fronte agli attacchi delle passioni mondane se vuole impadronirsi della perla preziosa dell’Illuminazione. Egli deve dapprima perdersi tra le rocce scoscese dell’egoismo e dell’orgoglio perché si desti in lui il desiderio di trovare una via che lo guidi all’Illuminazione. Un’antica leggenda narra di un eremita così desideroso di trovare la retta via da scalare una montagna di spade e gettarsi nel fuoco, accettando tutto per amore della sua ricerca. Chi voglia affrontare i rischi della via, troverà una brezza fresca sulle montagne dalle spade taglienti dell’egoismo e nelle fiamme dell’odio e, alla fine, capirà che l’egoismo e le passioni mondane contro cui aveva lottato si identificano con l’Illuminazione. 7 L’insegnamento del Buddha ci porta alla non dualità, lontano dall’idea discriminante di due cose in conflitto. E’ – 63 – La teoria della sola mente e il reale stato delle cose errato cercare quel che si suppone buono e giusto fuggendo da quel che si immagina cattivo o falso. Chi insiste sull’idea che tutto è vuoto e transitorio, commette lo stesso grave errore di colui che rimane attaccato all’idea dell’immutevole. E’ sbagliato avvinghiarci al nostro “io”, non certo in grado di salvarci dall’insoddisfazione e dalla sofferenza. E’ però errato crederlo inesistente, perché renderebbe vana la ricerca della verità. Affermare che tutto e sofferenza, asserire che tutto è felicità, è, ugualmente, errato. Il Buddha ci indica la via di mezzo che trascende i due concetti antagonisti e dissolve la dualità nell’unità. – 64 – CAPITOLO TERZO LA NATURA DI BUDDHA I LA PUREZZA DEL CUORE 1. Gli uomini variano fra loro per mentalità. Alcuni sono saggi, altri stolti; alcuni hanno un buon carattere, altri sono inclini al malumore; chi è docile, chi ribelle; alcuni hanno un cuore puro, altri no. Ma queste differenze non sono molto importanti quando si tratta di raggiungere l’Illuminazione. Il mondo è come uno stagno costellato di ninfee di vari colori: bianche, rosa, blù, gialle; alcune si sviluppano sott’acqua, altre sfiorano con le foglie la superficie, altre ancora si ergono sopra l’acqua. Anche nel genere umano vi sono molte differenze. C’è la differenza del sesso, non essenziale però, perché dal punto di vista del tirocinio le donne possono raggiungere l’Illuminazione proprio come gli uomini. Per essere una buona guida di elefanti sono indispensabili cinque qualità: salute buona, sicurezza di sé, diligenza, sincerità d’intenti e saggezza. Per seguire la via dell’Illuminazione indicata dal Buddha è necessario avere simili qualità. Chi le possiede, uomo o donna che sia, può – 65 – La natura di Buddha raggiungere l’Illuminazione. E’ opportuno studiare senza indugi l’insegnamento del Buddha, poiché tutti gli uomini hanno una natura aperta all’Illuminazione. 2. Nel seguire la via dell’Illuminazione, si vede il Buddha con i propri occhi e si crede in lui nel proprio cuore. Gli occhi che vedono il Buddha e il cuore che crede in lui sono i medesimi occhi e il medesimo cuore di chi, fino a quel giorno, ha errato nel mondo della nascita e della morte. Un re che sia molestato dai banditi deve scoprire il loro campo prima di attaccarli. Cosi, colui che viene assediato dalle passioni mondane deve dapprima accertarne l’origine. Se vi trovate in casa e aprite gli occhi, notate per prima cosa l’interno della stanza e poi, affacciandovi alla finestra, l’esterno. Allo stesso modo, non è bene volgere lo sguardo alle cose esterne senza prima aver aperto gli occhi su quel che è dentro di noi. Se nel corpo c’è una mente, dovrebbe essere consapevole innanzitutto di quel che avviene dentro il corpo. Ma, di solito, ci si preoccupa quel che è fuori e, pare, molto meno di quel che è dentro di noi. – 66 – La natura di Buddha Se la mente si trovasse invece fuori del corpo, come potrebbe conoscerne i bisogni? Ma, in realtà, il corpo sente quel che la mente conosce, e la mente conosce quel che il corpo sente. Ecco perché non si può dire che la mente risieda all’esterno del corpo. Dove, dunque, risiede la sostanza della mente? 3. Da un tempo incalcolabile, gli esseri umani si sono persi nell’ignoranza, condizionati dai propri atti e ingannati da due illusioni fondamentali. Innanzitutto, credono che il pensiero discriminante, che è all’origine di questa vita di nascita e di morte, sia la loro vera natura; indi, ignorano che all’interno stesso del pensiero discriminante si cela la sola mente dell’Illuminazione, loro vera natura. Quando si chiude il pugno o si alza un braccio, gli occhi vedono e la mente discerne, ma questa non è la vera mente. Il pensiero discriminante serve a distinguere le differenze immaginarie create dall’avidità e dalle altre passioni legate all’ego. Il pensiero discriminante dipende da cause e condizioni; esso è vuoto di ogni sostanza e – 67 – La natura di Buddha cambia continuamente. Nondimeno, poiché l’uomo crede che in ciò consista la sua vera mente, è avvinto alle cause e alle condizioni che portano alla sofferenza. L’uomo apre la mano: un gesto che la mente percepisce. Ma, cos’è che si muove? La mente o la mano? O nessuno dei due? Se è la mano, la mente l’asseconda; però anche il contrario è vero. Ma la mente che si muove non è la vera mente, bensí una manifestazione superficiale. 4. Di fatto, tutti hanno una mente pura, che di solito é ricoperta dalla polvere delle passioni umane nate dalle circostanze. La mente impura non è la natura essenziale; qualcosa che é stato aggiunto, come un intruso o un ospite non è il padrone di casa. La luna, spesso nascosta dalle nuvole, non ne viene alterata: la sua purezza rimane intatta. Non è bene ingannarsi pensando che la mente impura sia la vera mente. E’ opportuno tener sempre presente il pensiero dell’Illuminazione pura e immutevole. E’ perché si è preda di una mente impura e mutevole, è perché si è ingannati dalle proprie idee false che si erra nel mondo delle illusioni. – 68 – La natura di Buddha I tormenti e le impurità della mente umana vengono dalla bramosia, così come le sue reazioni di fronte a circostanze sempre in mutamento. La mente, non turbata dagli avvenimenti che si presentano, rimane pura e serena in ogni situazione; è lei la vera mente che deve essere la padrona di casa. Un albergo certo non scompare solo perché il cliente è fuori vista. Ugualmente, non si può dire scomparso il vero sé soltanto perché un pensiero scorretto, nato da circostanze mutevoli della vita, scompare. La mente umana che muta secondo le circostanze non è la natura vera della mente. 5. Immaginiamo una sala di riunione, luminosa con il brillar del sole ed oscura dopo il tramonto. E’ comune pensare che la luce se ne va con il sole e che l’oscurità segue la notte, ma non possiamo pensare così della mente in grado di percepire la luce e le tenebre. La sensibilità alla luce e alle tenebre può essere attribuita solo alla sua vera natura che è la sua natura fondamentale. – 69 – La natura di Buddha Riconoscere che fa giorno quando il sole si leva e che annotta dopo il tramonto si deve a una mente ‘temporanea’. E’ solo uno stato temporaneo pronto a modificarsi da un istante all’altro, secondo le circostanze della vita; non è la mente vera. La mente fondamentale ed autentica che percepisce la luce e le tenebre è la vera natura dell’uomo. I sentimenti dunque del bene e del male, dell’amore e dell’odio, che nascono e periscono per cause esterne, sono soltanto stati temporanei accumulati dallo spirito umano, paragonabili a un velo di polvere su uno specchio. La nostra vera natura in origine è pura. Benché ricoperta da questa polvere, non è né affettata, né sporca. L’acqua messa in un recipiente rotondo diviene rotonda; in un recipiente quadrato, diventa quadrata. Ma, in realtà, l’acqua non è né rotonda né quadrata. Gli uomini, dimentichi che essa non ha forma, si lasciano ingannare dalla forma che assume. L’uomo vede il bene e il male, crede di amare o di odiare e pensa una cosa esistente o meno: persegue così delle apparenze e ne soffre. – 70 – La natura di Buddha Se gli uomini riuscissero a liberarsi dall’attaccamento alle condizioni esteriori, illuminate da false discriminazioni, e a ritrovare la purezza della mente originaria, si libererebbero, nel fisico e nello spirito, da contaminazioni e da sofferenze, e potrebbero conoscere una pace che si accompagna ad una libertà che nulla riuscirebbe a turbare. II IL TESORO NASCOSTO OVVERO LA NATURA DI BUDDHA 1. La mente pura e autentica che abbiamo detto fondamentale, è la natura di Buddha, il seme dello stato di Buddha. Si può accendere il fuoco mettendo una lente tra il sole e la stoppia, ma donde viene il fuoco? La lente si trova ad una distanza enorme dal sole, ma è solo grazie ad essa che la stoppia può infiammarsi. Se la stoppia non fosse però infiammabile per natura, non prenderebbe fuoco. Allo stesso modo, quando la luce della saggezza del Buddha è accentrata sul cuore dell’uomo, la vera natura di questo, ossia lo stato di Buddha, si accende. E’ cosí che questa luce brilla nel cuore umano e lo desta alla fede nel Buddha. Il Buddha tiene davanti ad ogni essere umano la – 71 – La natura di Buddha lente della saggezza e per il suo tramite la fede può accendersi. 2. Gli uomini ribelli contro la saggezza del Buddha che è la loro autentica natura, si lamentano dei propri limiti e sofferenze, legati come sono alle apparenze del bene e del male ed alle passioni. Perché mai gli uomini, pur possedendo una mente fondamentale e autentica, si attaccano sempre a false immagini e si condannano ad errare in un mondo illusorio ed apportatore di sofferenze, quando, proprio vicino a loro, brilla la luce della saggezza del Buddha? Una volta, un uomo si guardò nel rovescio dello specchio: rimase terrorizzato nel non vedersi né la testa né il viso. Ora, il viso e la testa non erano certo scomparsi: lui credette di averli perduti solo perché aveva guardato il lato sbagliato dello specchio. E’ invero stupido e vano affliggersi per il mancato raggiungimento dell’Illuminazione laddove si era sperato di trovarlo. L’errore è di chi cerca a lungo l’Illuminazione nei propri pensieri discriminanti, senza capire che non è la vera mente, bensì una mente illusoria creata dell’avidità e delle illusioni che nascondono quella autentica. Allo scomparire della farragine delle idee – 72 – La natura di Buddha discriminanti e delle false credenze ecco sfolgorare l’Illuminazione. Cosa strana: col conseguire l’Illuminazione l’uomo si rende conto che, senza le prime, non potrebbe esservi la seconda! 3. La natura di Buddha non conosce limiti. Gli uomini, anche i più perversi, pur reincarnandosi in animali, in demoni affamati e dunque sofferenti, o pur cadendo fra i tormenti infernali, non perdono mai questa loro natura di Buddha. Nascosta in un corpo impuro, o tra le radici dei desideri mondani, o perfino dimenticata, la capacità che ha l’uomo di divenire un Buddha non è mai, comunque, del tutto perduta. 4. Si racconta di un uomo, caduto un giorno in un sonno profondo causatogli da una bevuta eccessiva. Un suo amico rimase presso di lui finché potè. Poi, dovendosene andare ma temendo che l’uomo potesse trovarsi nel bisogno, nascose un gioiello nel collo dell’abito di lui. Al risveglio, ignorando il gesto generoso dell’amico, quell’uomo condusse una vita errabonda nell’indigenza e nella fame. Molto più tardi, i due si incontrarono di nuovo, e l’amico raccontò al pover’uomo del gioiello e lo invitò a mettersi a ricercarlo. Come il protagonista di questa storia, gli uomini errano tra le sofferenze di questo mondo della nascita e – 73 – La natura di Buddha della morte, ignari che tra le pieghe più profonde del loro essere, della loro natura autentica, pura ed intatta, è nascosto il gioiello della natura di Buddha. Sebbene gli uomini ignorino che ciascuno di noi ha in sé siffatta natura suprema, malgrado la loro ignoranza e corruzione, il Buddha non perde la fede in loro. Infatti sa che, in potenza, tutti possiedono le virtù della natura di Buddha. Così egli ridesta la fede in chi, ingannato dall’ignoranza, non riesce a identificare la propria natura di Buddha; lo allontana dagli errori e gli insegna che, fondamentalmente, non v’è differenza fra lui e il Buddha. 5. Il Buddha è un essere che ha raggiunto lo stato di Buddha, mentre gli uomini hanno ancora in potenza la capacità di realizzare nel futuro lo stato di Buddha: questa è la sola differenza fra di loro. Chi creda tuttavia di aver raggiunto l’Illuminazione, si inganna; pur muovendosi in tal direzione, non ha ancora, in realtà, messo a nudo la natura di Buddha. Essa non si rivela senza uno sforzo diligente e pieno di fede e l’impegno non trova il suo compimento completo – 74 – La natura di Buddha fintanto che la natura di Buddha non affiori. 6. Un tempo, un re riunì dei ciechi attorno ad un elefante. Poi domandò loro a che mai rassomigliasse l’animale. Il primo, palpata una zanna, rispose che un elefante era come una carota gigantesca; il secondo toccò un orecchio e disse che l’elefante era simile a un grande ventaglio; il terzo, sfiorata la proboscide, lo definì un pestello, il quarto, al tastare la gamba, rispose che era un mortaio; il quinto infine, toccata la coda, concluse che l’elefante somigliava ad una corda. Nessuno di loro fu in grado di dire che cosa fosse, in realtà, un elefante. Ugualmente, si può descrivere solo in parte la natura dell’uomo. Nessuno è però capace di delinearne la vera natura, ossia la natura di Buddha. C’è un unico modo di conoscere la vera natura, che né le passioni possono turbare, né la morte distruggere: è il Buddha stesso e il suo retto insegnamento. III LA NATURA DI BUDDHA E IL NON-SÈ 1. Come abbiamo detto, la natura di Buddha non si può descrivere. Pur sembrando uguale all’“anima” di altre – 75 – La natura di Buddha dottrine filosofico-religiose, non lo è. L’idea di una personalità duratura è un’invenzione del pensiero discriminante che vi si è attaccato, ma tuttavia, da abbandonare. La natura di Buddha è, al contrario, qualcosa d’indescrivibile, in primo luogo da scoprire. In un certo senso, somiglia ad un “io” duraturo; ma non ha niente a che vedere con i concetti di “io” e di “mio”. Immaginare l’esistenza di un io è una credenza erronea, perché significa supporre esistente quel che in realtà non esiste. Per contro, negare l’esistenza della natura di Buddha è falso, perché si supporrebbe non esistente quel che in realtà esiste. Spieghiamoci mediante una storia. Una madre portò il figlioletto malato dal medico. Questi prescrisse una medicina, ordinando però alla donna di non allattare il suo bimbo prima della completa digestione del farmaco. La madre allora si unse il petto con una sostanza amara, perché il bimbo se ne allontanasse di sua volontà. A digestione avvenuta, ella si lavò e allattò il figlio. La donna agì in quel modo spinta unicamente dall’amore materno. Allo stesso modo il Buddha, per liberarci dalle idee – 76 –