Sbobine Eco. PDF - Economia Sanitaria

Summary

Questi appunti riguardano l'economia sanitaria e presentano un'introduzione sui modelli di servizi sanitari, la spesa sanitaria e farmaceutica, e il funzionamento del SSN italiano. Viene descritto il contesto istituzionale in relazione alle politiche e alle strategie in ambito sanitario. Il materiale analizza anche i diversi modelli di finanziamento dei servizi sanitari, come quello basato sulla fiscalità generale (modello Beveridge) e quello basato sulle assicurazioni sociali (modello Bismarckiano).

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ECONOMIA SANITARIA Contenuti del corso LEZIONE 1 Da professionisti farmacisti bisognerà interfacciarsi con il SSN quindi bisogna conoscere com’e strutturato, pertanto vedremo l’aspetto economico sia dal lato del farmacis...

ECONOMIA SANITARIA Contenuti del corso LEZIONE 1 Da professionisti farmacisti bisognerà interfacciarsi con il SSN quindi bisogna conoscere com’e strutturato, pertanto vedremo l’aspetto economico sia dal lato del farmacista territoriale che di quello clinico-ospedaliero. Vedremo anche le politiche nazionali che avranno un effetto su come svolgere la professione di farmacista. Partiamo da aspetti di inquadramento quindi vedremo i modelli di servizi sanitari cioè come il Paese risponde ai problemi sanitari della popolazione, la spesa medica (sanitaria e farmaceutica) industria farmaceutica, nozioni su come funziona il SSN fino a trattare le aziende sanitarie. Nell’ambito delle aziende sanitaria troviamo normalmente una unità o un dipartimento del farmaco. Vedremo poi le farmacie territoriali sia come azienda quindi come viene gestita, i cambiamenti in atto, i costi… SISTEMI SANITARI Obiettivi:  Imparare a interpretare il contesto di riferimento  Identificare e comprendere le policy in materia di sanità e le implicazioni  Comprendere le dinamiche di settore Il farmacista non è un sanitario ma opera nell’ambito dei sistemi sanitari. È importante innanzitutto capire il contesto istituzionale (regionale e nazionale) di riferimento che è fatto di norme, policy, strategie, istituzioni… Tutto quello che viene definito nell’ambito del contesto di riferimento produce un effetto non banale nel modo in cui si va a lavorare, quindi ha effetto sull’autonomia che abbiamo, gli strumenti… Ormai la quantità di risorse erogate da un Paese per soddisfare gli obiettivi di salute è scarsa rispetto alle esigenze, quindi ci troviamo in una situazione di tensione. Un modo attraverso cui viene misurata l’entità delle risorse investite nella sanità è guardare l’indicatore della spesa sanitaria sul PIL del Paese. Nel grafico vediamo che l’Italia si posiziona intorno all’ 8,7%. Questo indicatore mostra l’andamento dei principali Paesi dell’OCSE, vediamo che l’Italia investe un po’ più di altri Paesi dato che la media europea è 8,3%. Nel grafico da un lato vediamo le risorse messe in campo dal governo (spesa pubblica allocata per la sanità) rappresentate dal blu scuro, mentre in azzurro viene riportato quello che i cittadini, su base volontaria, decidono di spendere (out of pocket) e vediamo che in Italia questa parte rappresenta un bel pezzettino. Quindi quando diciamo che l’Italia alloca l’8,7% del PIL nella sanità in realtà non intendiamo l’8,7% della spesa pubblica in quando comprende anche la parte privata che pagano i cittadini che comprende anche 1 la parte del farmaco acquistato dal cittadino. Vediamo infatti che la parte pubblica che viene spesa è poco più del 6% che è un valore piuttosto basso rispetto agli altri Paesi. I vari Paesi hanno individuato modalità di rispondere ai problemi di salute abbastanza diverse l’una dall’altra e questo ci apre al tema dei sistemi sanitari e dei vari tipi di sistemi sanitari esistenti. I sistemi sanitari: razionale Un sistema sanitario è il modo attraverso il quale, in maniera organizzata, si dà una risposta ai fabbisogni di salute della popolazione. Comprende istituzioni pubbliche e private, diverse risorse finanziarie che vengono trasferite per produrre prestazioni e servizi sanitari. Quindi quando parliamo di sistema sanitario dobbiamo pensare a qualcosa di particolarmente complesso costituito da vari componenti: aziendali, entità delle risorse sia umane che finanziarie destinate a produrre servizi sanitari che soddisfino i fabbisogni di salute della popolazione. Due sono gli elementi fondamentali: 1. Finanziamento 2. Assetto istituzionale (potrebbero essere due possibili domande) Ogni sistema sanitario ha una sua identità e un suo percorso storico in quanto ognuno è nato in momenti storici diversi, quindi oggi troviamo il risultato di scelte passate e delle caratteristiche culturali delle popolazioni. Quando un Paese decide di affrontare il tema della tutela della salute, può farlo dando una risposta SISTEMICA e una domanda che sorge è: quanto è rilevante la scelta di un modello di sistema sanitario rispetto a un altro? La scelta del modello, infatti, non è banale → la misura in cui un Paese affronta il tema della sanità con una risposta organizzata istituzionalizzata questo ha un effetto sulla qualità e sulla speranza di vita della popolazione. Che io scelga di finanziare un sistema attraverso delle assicurazioni o che scelta di farlo con la tassazione generale, fa differenza dal punto di vista dell’outcome? Tra l’intento iniziale e l’outcome finale ci sono miriadi di scelte, tra cui la scelta del modello organizzativo. Aspetti fondamentali  I sistemi sanitari sono costituiti da diverse entità ma è fatto anche di persone e di aziende/organizzazioni progettate per soddisfare i bisogni di salute di una popolazione.  Solo i Paesi industrializzati - circa 40 nel mondo - hanno sviluppato dei sistemi sanitari cioè approcci sistemici.  I Paesi che dispongono di un sistema sanitario generalmente hanno un sistema che rappresenta una variazione di uno dei 4 modelli base. Il finanziamento dei servizi sanitari Esistono essenzialmente 4 modelli di fondo: 1. Finanziamento tramite imposizione fiscale → (tasse e imposte non sono la stessa cosa: le tasse sono delle contribuzioni che vengono pagate per uno specifico obiettivo; le imposte invece non hanno un obiettivo specifico quindi vanno pagate solo per il fatto di avere un reddito). Dalla raccolta delle imposte sui redditi, il governo definisce la quantità di risorse per il finanziamento della sanità. Anche una parte dell’IVA può essere usata per finanziare la sanità. 2. Assicurazioni sociali → è come se nell’ambito di un Paese venissero create diverse mutue / assicurazioni sociali ovvero forme di raggruppamento che molto spesso prendono avvio dalla natura dell’attività lavorativa. 2 3. Assicurazione nazionale obbligatoria → tutti i cittadini pagano un tot all’anno come assicurazione sanitaria 4. Pagamenti diretti e assicurazioni sanitarie volontarie → questo modello in realtà non è un’opzione ma è quello che resta cioè l’approccio residuale al finanziamento della sanità. O si lascia che il cittadino paghi di tasca propria o si lascia che si faccia un’assicurazione di sanità. Finanziamento tramite imposta - modello Beveridge Significa finanziamento tramite fiscalità generale. In Italia non c’è una raccolta specifica per la sanità, non c’è in quasi nessun Paese che si finanzia in questa maniera → è come dire che il Paese, dopo che tutti hanno pagato le imposte, non solo i cittadini ma anche le imprese, valuta con una scelta politica l’entità delle risorse da usare per la sanità. Quindi le risorse vengono decise a livello politico e il finanziamento è associato all’obiettivo del sistema. Questo modello tramite fiscalità generale viene chiamato modello Beveridge e fu ideato negli anni 40 nel Regno Unito. Le prestazioni sono finanziate ed erogate da entità, strutture e istituzioni pubbliche governative e sono finanziate tramite l’imposizione fiscale. La maggior parte delle strutture che eroga tali operazioni sono pubbliche e i professionisti sono dipendenti pubblici. Il modello italiano rientra in questa categoria. Nel mondo occidentale ha rappresentato la prima risposta sistemica al problema della salute della popolazione. Viene oggi ampiamente utilizzato da vari Stati (Spagna, Scandinavia, Nuova Zelanda…). Una curiosità → Hong Kong ha avuto questo approccio alla sanità fintanto che è rimasto colonia britannica, ma quando nel ‘97 è tornato alla Cina, la popolazione è insorta per tenersi il sistema sanitario britannico fondato sulla tassazione generale. Ad oggi il sistema cinese non è di questo genere. Le assicurazioni sociali - modello Bismarckiano Questo approccio nasce alla fine dell’800 nel mondo tedesco-prussiano e rappresenta la risposta del cancelliere Bismarck alla perdita di produttività nell’economia tedesca. Infatti quando gli operai nelle fabbriche si ammalavano, calava la produttività, quindi è stata una scelta fatta per motivi prettamente economici. Sono quindi stati creati dei meccanismi assicurativi (mutue) secondo cui l’imprenditore pagava un contributo per la salute del dipendente, mentre il dipendente pagava solo una piccolissima parte. Il risultato di ciò è che chi lavorava era assicurato, chi non lavorava non aveva diritto all’assicurazione. Ad oggi questo modello è ampiamente diffuso e non discrimina più per cui anche chi non lavora viene coperto. In questo tipo di sistema sanitario le strutture che erogano le prestazioni sanitarie sono private o non profit (non sempre sono parte dell’amministrazione pubblica) quindi vengono fatti dei contratti con queste strutture alle quali vengono trasferiti dei fondi per ottenere le prestazioni. E il personale spesso non ha un contratto di natura pubblica, ma ha un contratto di natura privata con queste strutture. Quindi cambia il rapporto di lavoro; la natura del contratto; e la natura della struttura che eroga le prestazioni. La differenza è che se lavoro per una struttura pubblica questa non ha fini di lucro quindi alloca tutte le risorse che ha a disposizione per produrre prestazioni più efficaci e in maggior volume; se io lavoro per una struttura privata, invece, questa ha un profitto. Il modello di assicurazione nazionale 3 Riunisce caratteristiche di entrambi i modelli precedenti perchè a livello istituzionale si parla di assicurazione che in questo caso è una per tutto il Paese, pertanto devono aderire tutti i cittadini; mentre a livello di strutture possiamo trovare strutture private che erogano le prestazioni ma tutto è a carico del programma assicurativo nazionale. Questo modello è interessante perchè è simile a quello Italiano che si compone del Ministero della Salute che si occupa della negoziazione per l’acquisto dei farmaci → questo modello ha una forza contrattuale maggiore rispetto ad un sistema sanitario organizzato con un pull di assicurazioni sociali dove può essere difficile mettere d’accordo tutti. Normalmente i Paesi si barcamenano tra questi sistemi, ma spesso viene prediletto il modello Beveridge perchè si è dimostrato quello più efficiente in quanto a parità di risultato impiega meno risorse rispetto agli altri modelli. Se andiamo però ad analizzare il sistema sanitario dei vari Paesi, ci accorgiamo che il sistema Beveridge in modo puro quasi non esiste più (eccezione Cuba) perchè i Paesi non riescono ad avere abbastanza risorse da investire sulla sanità. Quindi questi sistemi rimangono l’impalcatura generale che verrà poi integrata da qualcos’altro. Assicurazioni sanitarie volontarie Sono contratti che rispondono al fabbisogno di salute e che richiedono il pagamento di un premio annualmente o mensilmente. All’interno di questo contratto viene scritto a che cosa ho diritto con questa assicurazione e viene anche definita la natura del farmaco a cui si può avere accesso, mentre altri farmaci non sono coperti. C’è da dire inoltre che spesso queste assicurazioni hanno una franchigia per cui comunque c’è una parte del costo della prestazione sanitaria che ricade sempre sull’individuo. l’USA per esempio è un Paese con un meccanismo individualistico fortemente basato sulle assicurazioni ma ha anche alcuni programmi per specifiche fase di popolazione come per gli indigenti o i veterani (es: medicare). Ci sono quindi alcuni programmi specifici che hanno un finanziamento pubblico mentre poi il grosso si sviluppa sulle assicurazioni sanitarie. In USA c’è stato anche l’Obamacare ovvero il tentativo del Presidente di creare un sistema sanitario pubblico cioè attivare una copertura tra le più ampie possibili. La sostenibilità finanziaria del SSN (proiezione) Abbiamo visto i vari modelli di sistema sanitario, ad oggi nessuno è puro al 100% ma spesso assistiamo a delle forme di integrazione. C’è un problema di sostenibilità del SSN nel senso che non ci sono abbastanza risorse per alimentare il modello che abbiamo. Per questo motivo si sta andando in una direzione che alcuni studi definiscono come multi-pillar ovvero un sistema sanitario che non può più fare affidamento solo sulla spesa pubblica ma deve fare affidamento anche su qualche altro supporto. Nell’immagine vediamo una proiezione del sistema sanitario italiano:  La parte viola del grafico rappresenta la spesa pubblica dal 2016 al 2025 e vediamo che aumenta ma non abbastanza;  La parte verde riguarda la spesa privata;  La parte gialla è la spesa privata che il cittadino paga di tasca propria e vediamo che sta crescendo cioè i cittadini stanno pagando sempre più di tasca propria attraverso fondi sanitari o assicurazioni per integrare la parte pubblica. 4  La linea tratteggiata rappresenta invece il fabbisogno e vediamo che quello che noi riusciamo a mettere in campo sono sempre più scarse rispetto alle necessità richieste. Proprio a causa di queste problematiche c’è il tentativo di supplire con delle risorse private, ma per quanto si stia andando in questa direzione il privato non ha preso piede in maniera importante come ci si aspettava. Molto spesso il privato è veicolato dal datore di lavoro: molti accendono un contratto di assicurazione volontaria che però in realtà è un benefit che gli dà l’azienda verso cui lavora. La spesa privata per il 33% è stipulata da persone con reddito medio-alto appunto perchè spesso è un benefit per chi ha ruoli manageriali; il 67% dei contraenti sono donne; il 38% sono adulti mentre il 48% sono anziani; e solo l’11% sono malati gravi. Questa spesa è ripartita in modo abbastanza equo tra centro-nord-sud. Vediamo che la maggior parte della spesa privata si tratta di farmaci, mentre tra i servizi troviamo le prestazioni odontoiatriche, diagnostiche, specialistiche… Ci stiamo quindi muovendo verso un’evoluzione multi-pillar che, di fatto, è già una realtà non solo nel mondo ma anche in sistemi universalistici come quelli che troviamo in Europa. Nel metodo multi-pillar troviamo da un lato la copertura di base che viene dal governo, e una seconda copertura che può venire da fondi integrativi, da assicurazioni o da altre entità. Questi sistemi sanitari hanno cercato di evolvere, quindi abbiamo queste situazioni multi pilastro. Nel primo pilastro abbiamo un SS che copre una serie definita di cure e una certa tipologia di assistenza, a volte anche richiedendo una compartecipazione ai cittadini. Il secondo pilastro aggiuntivo invece spesso è basato su meccanismi assicurativi sanitari privati il cui obiettivo è quello di integrare le prestazioni sanitarie che vengono garantite dalla prima forma di assistenza oppure di consentire al cittadino un accesso più rapido alle cure o alla scelta di quelli che sono i professionisti o le strutture sanitarie a cui si vuole accedere. Vari paesi si sono mossi in questa direzione. - In Francia, Germania e Belgio il primo pilastro è affiancato da forme sanitarie complementari e l’obiettivo è quello di neutralizzare i costi della sanità aiutando le famiglie, quindi evitare le spese di tasca propria. - L’Olanda è andata in questa direzione fin dal 2006, quindi ha integrato il sistema di base con un secondo pilastro a gestione assicurativa che si occupa delle spese farmaceutiche, della specialistica, dell’odontoiatria e di tutta una serie di altre prestazioni. Quando l’Olanda ha promosso questo sistema l’integrazione non è volontaria ma è obbligatoria e l’entità di questa situazione è anche importante, circa 400 euro al mese a persona. - Irlanda, Spagna, Portogallo e Regno Unito hanno affiancato il loro sistema sanitario universalistico (pubblico) con delle forme sanitarie assicurative che eventualmente possono dare una mano per un più rapido accesso alle cure. Molti paesi si stanno muovendo trovando delle forme aggiuntive complementari e tutto questo spesso è fatto su base volontaria (tranne l’Olanda), quindi bisogna tenere presente che il modo in cui la popolazione accede al secondo pilastro è molto eterogeneo, perché dipende anche molto dalla capacità di spesa. Nel grafico si vedono i vari paesi OCSE il modo in cui i vari paesi si sono mossi. 5 Francia, Belgio, Germania e Danimarca hanno cercato delle forme di complementarietà ma in Francia c’è oltre il 95% della popolazione, in Italia siamo all’11%. Per le forme integrative in Olanda siamo all’84,5% della popolazione, in Italia al 3,9%. Le sostitutive sono utilizzate in Irlanda, l’assicurazione che dà assistenza primaria è molto presente negli USA. È significativa la situazione dell’Italia per quanto riguarda le prime due, perché mette in evidenza il fatto che questi strumenti integrativi o aggiuntivi sono appannaggio di una fetta molto limitata della popolazione e non hanno ancora preso piede. Se si vuole tenere un SS di tipo universalistico vuol dire che il SS eroga tutte le prestazioni a tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro capacità di pagare, questo è lo spirito del SSN quando è nato nel 1978. L’universalismo caratterizza tutti i SS sanitari citati prima (quelli europei, quello canadese), e questo fa la differenza tra quei circa 40 paesi citati prima e tutto il resto del mondo, perché anche in Cina e in India c’è il SS ma purtroppo non riesce a garantire tutto a tutti, quindi non è universalistico. L'OMS raccomanda ai paesi di organizzare i SS come vogliono ma che siano universalistici. Per quanto riguarda la spesa pubblica per la sanità pro capite in Italia abbiamo 1921 euro, contro i 3000 del Regno Unito e i 4100 della Germania, in fondo c’è la Grecia con 800 euro. Quindi la percentuale sul PIL (la percentuale delle risorse pubbliche che i vari paesi mettono sulla sanità) è abbastanza eterogenea, l’Italia viaggia intorno al 6,4% e il resto è privato, mentre la Germania viaggia al 9,9%. Questo pone in evidenza la difficoltà per l’Italia di continuare a sostenere il suo SS così com’è (universalistico e pubblico), ci mancano circa 40 miliardi per raggiungere la situazione della Germania. Se questa situazione permane è evidente che entra in gioco molto il secondo pilastro, ossia quello dei fondi sanitari integrativi oppure delle assicurazioni sanitarie volontarie. SPESA PRIVATA Quando si parla di spesa sanitaria privata, c’è una parte della spesa sanitaria privata che è di tasca propria (quella che nelle statistiche e nei report istituzionali viene definita come out of pocket), e una parte della spesa sanitaria privata iene definita intermediata, che è molto piccola (13,9%). Spesa sanitaria privata intermediata significa che è intermediata con l’assicurazione o un fondo sanitario integrativo. Della parte intermediata il 67,5% è costituito da fondi sanitari e polizze collettive, poi c’è un 12,3% di polizze individuali e un 20,3% di altro. A febbraio c’è stato il convegno sull'entità dei consumi privati in sanità, dove è stato affermato che in realtà esiste già un sistema privato in Italia ed è sempre più sull’out of pocket, perché dal punto di vista delle visite specialistiche il 37% vengono pagate di tasca propria, il 5% con il rimborso da parte di un’assicurazione, il 33% col pagamento del ticket (la contribuzione del cittadino, che dipende dall’entità del ticket) e il 25% con esenzione totale. 6 Per quanto riguarda i dispositivi medici, per il 73% vengono pagati out of pocket e il 6% da spesa intermediata, quindi qui viaggiamo quasi completamente nel privato. L’obiettivo ultimo è quello della copertura universalistica, un obiettivo dei SS e dei governi è quello di riuscire a tenere fede a questo principio di universalismo. L'OMS ci dice che è un aspetto molto importante perché consentiamo ad ogni cittadino di accedere a delle prestazioni sanitarie di qualità e perché proteggiamo gli individui dall’incorrere nel rischio finanziario mentre si accede alle cure. Cos’è il rischio finanziario? Se una persona va al pronto soccorso e deve fare una prestazione, se non ha una copertura finanziaria per pagare non viene erogata la prestazione. Il rischio finanziario non dobbiamo immaginarlo come qualcosa di molto lontano da noi perché si manifesta già nel nostro paese, perché molte persone per carenza di disponibilità finanziaria o perché non si può assentare dal lavoro decide di non accedere alle prestazioni, a quelle prestazioni programmabili, le rimanda o cerca di evitarle. Quindi l’universalismo deve proteggere dal rischio finanziario. Il nostro SS è di tipo Beveridge, richiede di contribuire nella misura in cui si lavora, noi paghiamo le imposte sui redditi, quindi chi guadagna di più pagherà più imposte e molto probabilmente contribuirà di più al fondo sanitario nazionale. Nel corso della storia in alcuni paesi ci sono stati dei passaggi da un modello Beveridge a uno Bismark e viceversa, soprattutto i paesi est europei, che quando i loro network si sono frantumati hanno effettuato varie riforme dal punto di vista della sanità. C'è una grande difficoltà a coprire il fabbisogno della sanità, i servizi sanitari cercano sempre di più di interagire con i provider privati (come le case di cura) e c’è un’interazione importante anche col mondo del farmaco, ci sono interazioni tra i SS e l’industria del farmaco, ci sono degli accordi per cercare di introdurre alcuni farmaci di ultima generazione. Altra cosa che si osserva è un aumento della contribuzione dei cittadini, in alcuni casi si richiede un ticket maggiore oppure si cerca di enfatizzare il ruolo delle assicurazioni sanitarie. La collaborazione pubblico-privato ci deve essere, il problema è come viene disciplinata, può essere regolamentata in vari modi e poi funziona in modo diverso a seconda dell’oggetto: un conto è la collaborazione pubblico privato per l’ospedalizzazione, un contro è la collaborazione pubblico privato per quanto riguarda l’accesso a un farmaco di ultima generazione. La letteratura ha cercato di analizzare queste forme di collaborazione e ci sono una serie di barriere: - a volte è la parte politica che ha uno scarso interesse a una vera collaborazione col mondo del privato - a volte manca l’incentivo economico, spesso si dice che queste soluzioni di collaborazione devono essere di tipo win-win, cioè che tutti quanti devono riuscire ad avere un proprio interesse soddisfatto - manca il beneficio economico della collaborazione - in alcuni casi sono collaborazioni che non si attivano perché sono contesti in cui l’interesse sociale è molto basso - a volte i governi non regolamentano bene queste forme di collaborazioni e ci sono delle incertezze Quindi oggi la sanità ha delle sfide, il primo problema è il finanziamento, il dato del PIL 6,4% da qui in avanti frenerà le corse. 7 Ci sono dei problemi dal punto di vista dei dati, il PNRR varato sotto il governo Draghi sono dei fondi europei che poi sono da restituire però sono risorse da investire, e nell’ambito del PNRR c’è anche la missione sulla sanità, tra cui la digitalizzazione del SS. C'è un problema di sicurezza e di utilizzo dei dati, e questo porta a ripetizioni anche nell’inserimento di dati già esistenti. C'è un problema di trasparenza dei costi delle prestazioni. La sostenibilità del SSN non è scontata, tecnicamente potrebbe anche crollare, e a rendere ulteriormente precario il sistema sono: - La demografia della popolazione, perché l’Italia ha già invertito la rotta, la popolazione sta calando e cresce la popolazione over 65 e i consumi di prestazioni sanitarie avvengono soprattutto negli ultimi anni di vita, quindi ci si aspetta un aumento del fabbisogno sanitario in un contesto che avrà sempre meno persone giovani. - Un altro problema sono i cambiamenti sociali, un’evoluzione delle strutture familiari, c’è un aumento dei nuclei monofamiliari (1 componente), e se a questo componente anziano viene data una cura farmacologica particolare magari non c’è nessuno che controlla che venga assunta correttamente, quindi bisogna monitorare l’aderenza al trattamento. - Ci sono cambiamenti epidemiologici - La sostenibilità del SS è minata dai costi delle innovazioni, perché l’innovazione è costosa e una volta che viene prodotta bisogna riuscire a garantirla a tutti. SPESA SANITARIA - SPESA FARMACEUTICA LEZIONE 2 Il sistema sanitario si organizza rispetto alle tendenze che sono in atto, l’assistenza sanitaria si evolve in base alle caratteristiche e condizioni macroeconomiche che si vanno a verificare. La spesa farmaceutica è contenuta dentro la spesa sanitaria. Bisogna capire il trend e come si è evoluta nel corso degli anni che ha portato a vari interventi da parte del governo dei vari paesi, soprattutto di interventi di razionalizzazione e contenimento della spesa sanitaria. Ma anche capire come queste stanno impattando sulla spesa. La spesa sanitaria è l’ammontare di risorse che un paese destina alla soddisfazione dei bisogni di salute della propria popolazione. Questa contiene in genere due componenti: 1) La spesa pubblica, a carico del SSN, ciò che viene destinato dal governo al fondo sanitario nazionale 2) La spesa privata, a carico del singolo cittadino Nel grafico si vede l’andamento della spesa sanitaria dal 2000 al 2025. La linea blu indica i prezzi correnti e vediamo 3 tendenze nel grafico: - 2000-2008= (68 miliardi) prima fase di espansione - 2008-2020= stabilizzazione perché c’è la crisi finanziaria e i governi devono razionalizzare le risorse in particolare sulla sanità contendendo la sua spesa - 2020-…= nuova esplosione (ad oggi 131 miliardi), questo è stato anche l’effetto della pandemia 8 Ma queste sono stime che tengono conto dell’inflazione*, quindi essere passati dai 68 miliardi del 2000 ai 131 miliardi del 2022 è anche dovuto a questo effetto inflativo. Se togliamo l’inflazione (linea rossa del grafico) c’è stato un aumento ma sicuramente non così elevato e significativo. *l’inflazione è un fenomeno per cui si ha un andamento dei prezzi generali in aumento per una serie di condizioni macroeconomiche (es. aumento del carburante impattano sull’aumento dei prezzi generali). In questo grafico si vede il trend della spesa pubblica pro-capite dal 2008 al 2022, mettendo a confronto la situazione in Italia e la media europea. La spesa pubblica pro-capite è quella a carico del SSN destinata al singolo cittadino. Si nota che l’Italia spende molto meno in sanità rispetto alla media OCSE (paesi europei), questo perché il nostro paese è stato caratterizzato dai provvedimenti di contenimento della spesa e dalla razionalizzazione e comunque anche nel momento della pandemia abbiamo investito meno rispetto ad altri Paesi. Non c’è in realtà correlazione tra spesa sanitaria ed effetti sulla qualità della vita, dobbiamo vedere come quelle risorse sono spese. La nostra è comunque una spesa in aumento sicuro dovuto a: - Invecchiamento della popolazione, co-morbilità e cronicità - Tecnologie farmaceutiche, farmaci innovativi con costi molto importanti sul budget del SSN Quindi questo ci dice che la nostra spesa non può far altro che aumentare. L’obiettivo appunto del nostro paese è stato introdurre degli interventi che potessero andare a contenere la spesa. Un altro indicatore che viene utilizzato per andare a rappresentare l’aumento della spesa sanitaria è il rapporto tra spesa sanitaria e il PIL (prodotto interno lordo= indicatore di ricchezza del paese). Per misurare il PIL è semplice perché ricomprende tutti i ricavi e fatturati che deriva della vendita dei beni e servizi delle industrie del paese. Il rapporto ci permette di evidenziare l’incidenza della spesa sanitaria sulla ricchezza del paese. Il report ci dice che il rapporto è tendenzialmente aumentato e anche la spesa sanitaria privata, però quello che allerta è che il PIL è diminuito (ridotto 5/6%) nel tempo perciò ci siamo impoveriti. Quindi vuol dire che stiamo spendendo di più in rapporto al PIL. Da un lato siamo divietai meno ricchi e dall’altro spendiamo di più per la sanità. La spesa sanitaria pubblica, quindi a carico del SSN, ha avuto una espansione importante dal 2000 al 2008 ma generalmente legato ad una spesa fatta “male”, facendo sprechi da parte delle regioni e un problema di incorrettezza dell’uso e prescrizione dei farmaci e questo ha portato le aziende a dover sottoporsi a dei piani di rientro. Le aziende se hanno costi molto superiori a quelle che sono le entrate devono essere sottoposte a delle misure di contenimento e quindi attuare dei piani per razionalizzare la spesa. Fino al 2008 c’è stato un trend di spesa crescente ma poi gli interventi di contenimento hanno portato a un 6,4 del 2019. Poi esplosione per effetto pandemico e ora invece siamo tornati a un 6,3 del PIL. La spesa sanitaria pro-capite è pari più o meno a 1844 euro in Italia, ancora una volta gli indicatori ci dicono che spendiamo meno rispetto a paesi europei industrializzati (in Germania più di 3000euro). 9 La maggior parte della spesa sanitaria, per il 73%, è sostenuta dal SSN pubblico, invece solo il 27% è a carico del singolo cittadino. Della quota privata circa l’86% è out- of-pocket quindi che viene direttamente dalla tasca propria del cittadino. Per il restante ci sono delle forme intermedie, soggetti terzi pagatori, a cui il soggetto si rivolge per sue necessità come le polizze assicurative a cui il singolo può in autonomia rivolgersi e trovare coperture. Ci sono poi anche soggetti no-profit, in quota pero minore, che coinvolge le parti della popolazione più svantaggiate che non riescono ad accedere ai servizi sanitari, così queste associazioni no-profit intervengono come soggetti paganti. In termini di efficienza è stato rilevato con un indice Bloomberg Health Care Efficiency nel 2018 che va a vedere l’efficienza del SS. L’efficienza in economica è il rapporto tra le risorse spese e i risultati ottenuti, quindi un rapporto tra input (costi) e output. Il valore ci fa posizionare al quarto posto nel mondo per efficienza dopo Hong-Kong Singapore e la Spagna. Questo indicatore rapporta la spesa sanitaria e l’aspettativa di vita. Ma questo non è un indicatore completo, perché non è tanto quanto spendo ma quanto sono in grado di produrre in termini di qualità dell’assistenza. Degli indicatori di assistenza che evidenziano invece nel nostro SSN dei problemi: - Assistenza pazienti anziani non autosufficienti - Inappropriatezza dell’uso dei farmaci Ci fanno capire come la qualità di assistenza del SSN non si misura in termini di efficienza, che invece è solo uno dei parametri. La SPESA FARMACEUTICA è una componente della spesa sanitaria (fa parte dei 131miliardi). Le voci che compongo la spesa farmaceutica sono:  Spesa territoriale pubblica (farmaci distribuiti dalle farmacie pubbliche e quelle private convenzionate)  Spesa ospedaliera (fascia H) + DPC  Spesa privata (fascia C, a carico del singolo cittadino) + ticket regionali con ricette + co-partecipazione del cittadino che va a pagare la differenza tra originale ed equivalente La classe più aumentata negli ultimi anni è la spesa ospedaliera, non solo per un discorso covid ma anche per la proliferazione di nuove specialità farmaceutiche, anche per curare patologie importanti con nuove terapie costose che di solito sono dispensate dal SSN pubblico e quindi non a carico del cittadino. Questo ha portato ad aumento della spesa farmaceutica ospedaliera. Tutte le volte in cui abbiamo la necessita di introdurre un nuovo farmaco in commercio è previsto un accordo tra AIFA e l’azienda farmaceutica. Siccome il farmaco innovativo deve essere messo a disposizione il prima possibile, soddisfando comunque le condizioni di efficacia, qualità e sicurezza e portare innovazione rispetto a quello che c’è già, è possibile fare un’immissione anticipata senza che siano completati tuti gli studi, facendo un’immissione in commercio condizionata a dispetto di determinati parametri. Ci deve essere una valutazione di AIFA che dichiara che effettivamente quel farmaco sia innovativo, se poi questa condizione non è soddisfatta dall’azienda è tenuta a rimborsare il SSN. 10 Anche nel caso in cui l’azienda farmaceutica garantisca che per trattare quel paziente siano necessarie due confezioni di farmaco per l’intero ciclo e poi il farmaco non è così efficace e mi servono in realtà più scatole, in questo caso quelle in più le deve pagare l’azienda farmaceutica. Queste linee di spesa quindi devono tenere conto di questi rimborsi che gravano sulle aziende farmaceutiche, per esempio per i farmaci innovativi. In Italia abbiamo un sistema di contenimento della spesa che è fatto a TETTI: questo significa che ogni anno il nostro governo con la legge di bilancio va a stabilire dei tetti di spesa a valere sul fondo sanitario nazionale. Quindi stabilisce che per il fondo spesa farmaceutica territoriale sia destinata una percentuale, uguale per l’ospedaliera. Ovviamente se supero e sconfino quel tetto intervengono dei soggetti pagatori che generalmente sono degli enti privati (aziende farmaceutiche, grossisti e farmacia) e soggetti pubblici che sono le regioni. Questi valori dello sforamento ne dobbiamo tenere conto perché gravano su soggetti terzi e per depurare e avere un valore netto. - Per la farmacia territoriale il richiamo rispetto al tetto, tutto ciò che sconfina, viene sostenuto dalla filiera dei privati sulle quote di spettanza. Se si parla di farmacie vengono previsti degli sconti al SSN - Se si parla di grossisti vengono rivisiti i prezzi - Se si parla di aziende farmaceutiche devono restituire sulla base di quello che era stato definito in sede di contrattazione con AIFA Per l’ospedaliera è un po’ diverso perché non interviene la filiera ma solo aziende farmaceutiche e regioni che hanno sforato (50% ciascuno). Quando vado a vedere l’andamento della spesa farmaceutica devo depurarla da questi meccanismi di sforamento perché sennò starei sovrastimando un valore. Nel grafico si osserva questo trend crescente soprattutto negli ultimi anni della pandemia, dove la spesa per farmaci e vaccini è andata ad influire sulla spesa sanitaria dopo un periodo di stabilità. Ci sono varie misure di contenimento: tetti, MEA, risk sharing La spesa ospedaliera è quella che è variata maggiormente nel tempo, variazione in aumento del 12%. La spesa non è mai stata la di sotto del tetto, si è sempre un po’ sforato. I tetti sono una misura che va a rimodularsi perché si evolvono le condizioni e le esigenze di salute, si evolvono le tecnologie e i bisogni, che devono essere considerati e quindi nel tempo si è aumentato il tetto della spesa ospedaliera che è quella più impattante e quindi si ha una rimodulazione verso l’alto (innalzato soglia di tollerabilità) tenendo conto dei questi aumenti. AIFA è responsabile del monitoraggio della spesa e quindi ha tutti i dati e riporta dei report con tutti i dati relativi. Sicuramente un fattore che spinge la spesa sanitaria verso l’alto è l’aging e questo si traduce in più consumo di medicinali per la fascia di età dai 64 anni in su. 11 Ovviamente ci sono delle differenze regionali in cui la spesa incide diversamente. Negli ultimi anni abbiamo sicuramente es-sharing e quindi la necessità di creare degli accordi con le aziende farmaceutiche per tenere un budget sui farmaci innovativi. Connesso all’uso di farmaci innovativi ci sono dei registri presso AIFA che monitora sia il consumo che gli esiti ottenuti, questo serve per valutare l’efficacia e i costi sostenuti per curare quel determinato paziente. Il meccanismo del Payback connesso ai farmaci innovativi. Per quanto riguarda il tema degli equivalenti e dei biosimilari ancora non siamo un paese di grandi consumatori di equivalenti e questo che potrebbe portare ad un effetto sulla spesa e in termini di consumi e costi ancora non porta ad un risparmio significativo. Il meccanismo del super-ticket consisteva che oltre al ticket normale, quota a carico del cittadino prevista per legge, la prescrizione di visita medica specialistica oltre a quel ticket prevedeva che il cittadino dovesse pagare altri 10 euro per ricetta. Questo è stato abolito nel 2010 e quindi il costo per il cittadino è diminuito. Questi meccanismi ovviamente vanno a incidere nell’insieme la spesa farmaceutica e va ad impattare sull’andamento nel corso del tempo. L’uso di antibiotici (dati 2021) è un altro grande tema correlato alla spesa sanitaria. C’è stato un aumento del 3% nell’uso di antibiotici sistemici e questo è legato ad una problematica di inappropriatezza prescrittiva da parte dei medici di medicina generale del 24% che va ad impattare sulla spesa. L’uso degli equivalenti in Italia è pari al 39% mentre per quanto riguarda ex-originator e co-marketing* sono ancora questi a prevalenza. *co-marketing= sono farmaci che sono venduti da una serie si aziende farmaceutiche dove una detiene il brevetto e le altre ci pagano le royalties e possono commercializzare con il nome che vogliono. Sensibilizzare la popolazione sull’uso del generico ma questo si scontra anche con una questione di normative. L’industria farmaceutica ha enfatizzato lo sviluppo di farmaci specialistici (epatite C) il cui processo di ricerca e sviluppo è molto costoso e quindi il prezzo sarà poi concordato con AIFA e sarà il più alto possibile per ricoprire i costi di ricerca. Questi farmaci quindi sono parecchio costosi e si riversa sui budget del SSN perché generalmente vengono distribuiti dalle strutture ospedaliere e quindi si pensa a come sostenere questi costi e si pone il problema di quanti pazienti posso trattare e quanti non potranno accedere alla terapia. Un elemento che incide è il CONFIDENTIAL DISCOUNTS ovvero dei prezzi secretati. Le trattative per l’immissione in commercio del farmaco avvengono tra AIFA e azienda farmaceutica che però non sono trasparenti, vengo a sapere l’entità dello sconto al SSN/regione solo una volta applicato e questo pone situazioni di grande iniquità tra diverse aree di mercato. Questo pone diversi problemi al SSN pagatore perché non ha una misura di comparazione e si cercherà di trattare il prezzo migliore a discapito degli altri 12 e questo non va sicuro a beneficio per i paesi più poveri, ma è sicuro vantaggioso per l’azienda farmaceutica che così si tutela. L’INDUSTRIA FARMACEUTICA Alcuni dati dicono che il contributo dell’industria farmaceutica in italia e nel mondo è ormai essenziale: Farmindustria dice che la qualità della vita si è evoluta e migliorata proprio grazie al ruolo delle imprese farmaceutiche. Basti pensare che oggi 2 persone su 3 con diagnosi di cancro sopravvivono dopo 5 anni, differentemente a quanto accadeva prima, e ciò dipende dallo sviluppo di nuovi farmaci da parte delle industrie farma. O ancora, l’HIV è una patologia per cui ora un giovane ha una aspettativa di vita di 70 anni, o pensiamo alle vaccinazioni, e così via. Questi dati dicono che l’industria farma ha concesso passi avanti notevoli nel trattamento di malattie. Questo grafico mostra i principali paesi UE per media tra produzione e numero di addetti e dice che in UE l’italia è la seconda (seconda solo alla Germania) sia per produzione che per numero di occupati in tutta Europa, quindi pesa molto nel suo contributo all’interno dell’UE sia per la capacità di occupare persone sia per quella di contribuire al fatturato, al PIL. Considerando la produzione, l’italia è il primo produttore di farmaci. Verificando il contributo, possiamo vedere che il valore della produzione farmaceutica è pari a 32 miliardi, che non dipende solo dalla impresa farmaceutica in sé ma dall’intera filiera, quindi da tutte le aziende correlate alla produzione del farmaco (industrie high tech, industrie dei packaging etc). è una industria che occupa 66mila addetti in italia, di cui il 90% è laureato o diplomato, e di cui il 42% sono donne. Dati del 2018. In particolare poi vi è stato un aumento della occupazione soprattutto per le funzioni di ricerca e sviluppo (per le quali servono figure qualificate). Proprio questa crescita nell’occupazione, specialmente di figure qualificate, rende l’industria farmaceutica molto attrattiva, soprattutto per i giovani laureati. Vi è stata una crescita nella produzione farmaceutica, addirittura più grande di quella vista nell’industria manufatturiera, crescita soprattutto legata all’export. Quindi l’industria farmaceutica italiana è molto improntata all’export. Questa crescita è stata del 117% dal 2008 al 2018, la crescita in cui l’export ha contribuito di più in assoluto. Circa 15 miliardi di spesa sanitaria pubblica vanno a contribuire all’impresa farmaceutica. Quella farmaceutica è una delle imprese più attive nel campo della sostenibilità. Quando si parla di sviluppo sostenibile si fa riferimento non solo a un aspetto economico, ma anche alla sostenibilità sociale: le aziende farmaceutiche sono molto attenti a temi di interesse sociale, come le politiche di gender 13 balance (ci sono molte donne, soprattutto in posizioni apicali), e le politiche di attenzione alle qualità lavorative (welfare). Il ruolo dei giovani, soprattutto under 35, è molto importante e sono la gran parte dei giovani assunti, soprattutto a tempo indeterminato (l’aspetto contrattuale è un altro aspetto di attrattività). Per quanto riguarda poi la composizione dell’industria, abbiamo un forte focus sull’export. Vi sono differenze regionali rispetto alle imprese del farmaco che operano in italia: Lombardia, Lazio e Campania sono quelle più attive per le imprese a capitale estero che si occupano di export. Altro elemento è che nel campo del farma, la maggior parte delle imprese sono piccole-medie, con numero di addetti < 250 persone e un fatturato < 50 milioni di euro annui. Secondo farmindustria, il 37% del totale sono proprio piccole-medie imprese. Altro dato è che molte imprese con sede in italia sono imprese a capitale estero, cioè che hanno sede in italia ma sono controllati da capitale estero e sono destinati all’export estero, mentre le imprese a capitale italiano sono circa il 42% del totale. Per quanto riguarda le imprese a capitale italiano, queste hanno un 70% di fatturato destinato all’estero, e proprio l’export consente di raggiungere nuovi mercati, e ciò consente di rafforzare l’attività di ricerca e sviluppo NEL PAESE proprio per poi rendersi attrattivi per mercati esteri. Nella gestione della pandemia l’azienda farmaceutica ha avuto un ruolo determinante, in termini di produzione di vaccini, antivirali, anticorpi monoclonali ma anche in termini di innovazione, soprattutto nel collegamento di sviluppo di nuove terapie all’uso di intelligenza artificiale. La pandemia ha dato una forte accelerazione all’intensificazione della ricerca e sviluppo in campo farma. Durante il covid siamo sitati il quarto paese per esportazione di vaccini. SOSTENIBILITA’: tema a cui l’industria farmaceutica è molto attenta soprattutto per gli investimenti green, cioè investimenti fatti per ridurre l’impatto ambientale. tendenzialmente si è riscontrato anche un maggiore investimento da parte delle industrie farmaceutiche in tecnologie pulite rispetto alla media delle altre industrie manufatturiere, con conseguente maggior risparmio di emissioni di gas serra e di consumi energetici, con beneficio maggiore nell’impatto ambientale. Un capitolo a parte è quello che riguarda la ricerca e sviluppo. Questi investimenti sono cresciuti in 5 anni del 22%, con un focus soprattutto per le terapie avanzate. Vi è un focus sulle imprese biotecnologiche, soprattutto per vaccini, bioderivati, farmaci orfani. Quel che caratterizza sempre più l’industria farma è il modello dell’open innovation, cioè la capacità di cooperare con altre imprese e altri settori con cui collaborano (ad esempio piccole-medie imprese biotec che collaborano con multinazionali, che sponsorizzano economicamente lo sviluppo del principio attivo da parte di piccole aziende biotec). 14 La regione Lazio è la regione leader per l’export. In italia la spesa farmaceutica è più bassa che in altri paesi europei, circa 14 miliardi, qtà di denaro inferiore di circa il 27% rispetto alla media UE, e ciò è dovuto 1) a un costo inferiore dei farmaci in italia rispetto alla media europea, 2) al numero di brevetti scaduti, 3) al fatto che l’talia è il primo paese per l’utilizzo di biosimilari.  slide che mostra che risparmiare sul contributo all’industria farmaceutica non è positivo perché implementare la spesa farmaceutica a sostegno dell’industria significa ridurre la spesa legata alla sanità, ad esempio legata alle ospedalizzazioni. INNOVAZIONE NEL SETTORE INDUSTRIALE Il processo di innovazione è fondamentale per l’industria farmaceutica, ad oggi settore che investe di più di tutti in ricerca e sviluppo. Ad oggi ci si sta evolvendo verso modelli break through, ovvero verso lo sviluppo di prodotti farmaceutici in grado di rivoluzionare il modo in cui trattiamo quelle patologie. L’innovazione è anche di processo: vado a rivoluzionare i metodi di produzione dei farmaci o vado a modificare la modalità di somministrazione di quei farmaci. la farmaceutica è il primo settore al mondo per ricerca e sviluppo con più di 1000 miliardi di dollari investimenti. Un altro elemento su cui porre attenzione è quello che riguarda la dipendenza dall’Asia, soprattutto dalla cina, per la produzione di principi attivi e di intermedi, il che rende l’UE poco competitiva e attrattiva sul mercato. Un altro elemento è legato alla crisi energetica: l’impatto della crisi sul settore farmaceutico è stato intenso. L’aumento dei costi nell’industria farma è stato del 350% rispetto ai livelli pre-crisi, con un 35% relativo ai costi delle materie prime. 15 Questi costi NON possono però incidere sui costi di vendita, poiché sono costi contrattuali, cioè negoziati con AIFA. Fondamentale dunque è lavorare sulle innovazioni, potenziando ricerca e sviluppo, per consentire una minore dipendenza dalle risorse energetiche, e da paesi terzi per l’acquisto di attivi. SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE LEZIONE 3 Il servizio sanitario italiano è il nostro strumento principale per erogare l’assistenza sanitaria, il servizio sanitario è organizzato su 3 livelli: - Servizio sanitario nazionale - Servizio sanitario regionale - Servizio sanitario locale Il servizio sanitario viene finanziato dalle imposte e svolge diverse attività: - Un'attività politica perché vengano emanate delle norme a livello sanitario - Un'attività di programmazione sanitaria ed economica - Un'attività di carattere economico finanziario per tenere sotto controllo le risorse economiche. L’SSN è nato nel 1978 con la legge 833, prima di questo l’Italia non aveva questo approccio, non era uniformata a livello nazionale e non c’era nemmeno un ministero della salute, tutta l’attività svolta era molto eterogeneo. Negli anni 60 l’Italia era organizzata in tanti enti mutualistici a cui i cittadini dovevano iscriversi e le mutue erogavano le prestazioni sanitarie agli iscritti, per cui ogni cittadino aveva un ente mutualistico di riferimento. In questa situazione avevamo 3 soggetti, la mutua, l’assistito e l’ospedale/struttura sanitaria che erogava la prestazione, il cittadino doveva recarsi nella struttura sanitaria per ricevere la prestazione e poi la mutua pagava l’assistenza sanitaria, questo sistema ad un certo punto è saltato perché ad un certo punto le mutue non riuscivano più a star dietro alla spesa sanitaria che dovevano coprire e quindi si è nato il SSN. Il SSN che è nato nel 1978 non porta ancora all’assetto che abbiamo noi oggi, perché l’assetto che abbiamo oggi è stato varato nel 1992, quindi dal 1978 al 1992 l’Italia è stata organizzata in aziende sanitarie locali, la USL sono delle entità che non sono autonome, ma che vengono gestite dai comuni, dagli enti locali, quindi non sono dotate di autonomia, chi gestiva queste USL erano dei sanitari ma mancava una forma una forma di controllo sui costi; quindi, era comunque un sistema inefficienza. La USL aveva un territorio di riferimento, se il territorio coincideva con il territorio di un comune allora era il sindaco di quel comune che si occupava di gestire la sanità, invece se la USL coincideva con più comuni allora si doveva istituire un comitato di gestione, quindi i sindaci dei vari comuni indicavano delle persone per gestire la sanità, questo sistema col passare del tempo è risultato essere eccessivamente politicizzato per cui nel 1992 parte la riforma (D.lgs. 502). La riforma del 1992 nasce perché a partire dagli anni 80 c’è un diffuso pensiero liberale secondo cui la sanità pubblica porta ad un eccessivo consumo di risorse pubbliche e una scarsa capacità di dare una risposta sanitaria corretta al cittadino; quindi, bisogna liberalizzare il servizio sanitario ossia alcuni servizi sanitari che sono gestiti dal settore pubblico li facciamo gestire dai privati. Nel 92 l’Italia era divisa in circa 400 USL con questa riforma si dà la possibilità a queste USL di costituirsi come aziende; quindi, dire USL e 16 dire AUSL/ASL è diverso perché quest’ultime sono aziende, grazie a questa riforma molte delle USL si accorpano e si formano circa 250 aziende sanitarie. Alla fine degli anni 90 avviene la riforma del titolo quinto della costituzione, che viene varata nel 2000, che sposta molto l’ago della bilancia verso la regione, il sistema sanitario è organizzato sui 3 livelli nazionale, regionale e locale però con questa riforma la potestà in materia di sanità spetta alla regione; quindi, la sanità è effettivamente regionalizzata, la regione ha tutta l’autonomia di effettuare le proprie scelte. Inizia così l’ultima fase detta di federalismo fiscale in cui ogni regione pensa al proprio (anche se esistono dei meccanismi di compensazione per le regioni più in difficoltà). Le imposte che finanziano la sanità sono l’IRPEF, l’imposta sui redditi, una parte dell’IVA, una parte dell’accisa sulle benzine, ma c’è anche l’IRAP che è l’imposta sul reddito delle attività produttive, quindi va da sé che se una regione ha molte attività produttive ha più possibilità economiche rispetto ad altre regioni. A livello regionale possiamo anche avere delle agenzie sanitarie regionali che sono semplicemente un supporto alla gestione ed organizzazione dei servizi. A livello locale abbiamo le ASL o USL che dir si voglia e le aziende ospedaliere (quindi due tipologie di aziende), le USL che hanno un territorio di riferimento, per esempio l’USL di Ferrara comprende tutta la provincia di Ferrara, l’azienda ospedaliera invece non ha un territorio di riferimento. PIANIFICAZIONE L’attività di pianificazione parte dall’ambito sociosanitario a livello nazionale dove vengono identificati le area principali di intervento, ma oltre a questo vengono indicati i LEA ossia i livelli essenziali di assistenza che sono una serie di servizi/prestazione indispensabili da erogare per il servizio sanitario, per verificare il grado di raggiungimento sei dei LEA ci sono degli indicatori. Ci sono delle regioni che non riescono ad erogare i LEA, spesso le regioni del sud sono quelle più in difficoltà. Una volta creato il piano sociosanitario nazionale questo diventa un punto di riferimento per le regioni per fare esse stesse un piano sociosanitario regionale, per cui la pianificazione passa dal livello nazionale a quello regionale, che però deve essere coerente con quello nazionale, negli ultimi anni questa attività sta venendo sempre meno perché l’Italia ha iniziato a lavorare per il patto della salute, perché quello è un momento in cui i governatori delle regioni discutono proprio della sanità. Le regioni in virtù della riforma del titolo quinto della costituzione hanno una grande autonomia per quanto riguarda la gestione della sanità, in particolar modo hanno l’autonomia di creare un proprio fondo sanitario regionale per raccogliere le risorse che provengono sia dal gettito locale che dal fondo sanitario nazionale, quindi le regioni possono avere delle entrate proprie per finanziare la sanità e una volta definiti i LEA, (ossia dopo aver fatto la programmazione sanitaria devono fare la programmazione economica) se la regione ha le risorse può anche erogare dei servizi aggiuntivi che sono fuori dai LEA. 17 La riforma del titolo quinto ha spinto per il decentramento del percorso decisionale in materia di sanità, questo ha portato sia a vantaggi che svantaggi, i vantaggi sono che è più semplice individuare le priorità nei vari territori, c’è una maggiore vicinanza tra il governo a l’ambito locale quindi è più semplice valutare ciò di cui c’è necessità, gli svantaggi sono che i LEA che le regioni devono garantire vengono definiti a livello nazionale (la regione può solo rivedere i LEA in aumento ma non può togliere dei servizi) ma i fondi non sono sempre sufficienti per tutte le regioni quindi ci possono essere disparità tra le varie regioni del paese. Le regioni devono coordinare le varie aziende sanitarie per questo spesso ci si avvale di agenzie sociosanitarie locali come l’Agenas. A livello locale abbiamo le ASL e le aziende ospedaliere che sono controllate dalla regione, a seconda dei modelli regionali il livello di autonomia di queste aziende può variare ma negli ultimi anni le regioni tendono ad intervenire sempre di più perché i fondi sono sempre meno. MODALITÁ DI FINANZIAMENTO DEL SSN L’equilibrio economico è fondamentale per la gestione del SSN. - Tra il 1980 e il 1991 il SSN era finanziato interamente dal bilancio dello stato - Tra il 1992 e il 2000 si è creata l’aziendalizzazione dove le regioni hanno iniziato ad utilizzare un gettito proprio - Dal 2001 in poi il finanziamento è basato sul federalismo Quindi oggi le regioni istituiscono un fondo sanitario regionale che è fatto di risorse che provengono dallo stato più una parte di risorse che provengono dalle imposte regionali e dalle entrate proprie come i ticket (che non sono altro che una richiesta della regione a partecipare alle spese sanitarie). IRAP e addizionale regionale IRPEF sono imposte che vanno ad alimentare il fondo sanitario, per cui le regioni hanno anche dei margini di manovra. L'addizionale IRPEF ha un range, quindi nel momento in cui una regione è in difficoltà può fare una politica fiscale diversa e spostare l’addizionale IRPEF verso il tetto più elevato per avere un aiuto maggiore, quindi chiede ai lavoratori di partecipare di più. C’è stata una fase in cui il budget da dedicare alla sanità veniva stabilito a livello nazionale, dal 2000 questo viene stabilito nell’ambito della conferenza sanitaria regionale attraverso il cosiddetto PATTO PER LA SALUTE. Quindi ci sono sia i singoli cittadini che le imprese che pagano imposte varie (IVA, IRAP, addizionale IRPEF, IRPEF, pagano il ticket), e alcune di queste imposte vanno direttamente allo stato (e quindi servono per il fondo sanitario nazionale), altre vanno alle regioni e altre vanno direttamente al soggetto erogatore (ASL). Quindi a livello nazionale si ripartiscono le risorse tra le regioni e vengono ripartite secondo un criterio di quota capitaria, 18 ossia in base al numero di cittadini residenti in una regione, quindi la regione che ha più residenti avrà risorse maggiori. Ovviamente qui c’è anche un fondo perequativo, perché ci sono delle regioni molto piccole e con pochi residenti, che con le risorse che hanno non potrebbero assicurare i LEA, quindi a queste regioni vengono date attraverso il fondo perequativo delle risorse per arrivare al minimo. Poi la regione, da quello che riceve a livello centrale aggiunge le entrate proprie regionali, a quel punto le risorse vengono ripartite tra le diverse aziende (i vari erogatori di prestazioni sanitarie). Il primo livello di finanziamento è a livello regionale, quindi il criterio è la quota capitaria, poi abbiamo dalle regioni alle ASL o agli ospedali attraverso un criterio di finanziamento a tariffa o a DRG. In alcuni casi, tipo per le ASL, il finanziamento è a quota capitaria. Ad oggi ci sono dei criteri con cui le risorse vengono assegnate, è dominante il criterio della quota capitaria (ossia per cittadino residente), così come la regione dà alle ASL le risorse in base al numero di cittadini residenti nel territorio della ASL. Il consumo di risorse in base all’età è diverso, per cui si dovrebbe ponderare il finanziamento capitario in base all’indice di vecchiaia della popolazione. PATTO PER LA SALUTE Questo patto per la salute negli ultimi 10 anni sta avendo un ruolo cruciale, è un patto che viene fatto tra i governatori delle regioni (che normalmente mandano l’assessore regionale alla sanità), viene rinnovato ogni 3 anni ed è un accordo sulle priorità del servizio sanitario e su come finanziarlo. In seguito all’avvento del patto per la salute ha perso di rilevanza il piano sociosanitario ordinario. Il patto per la salute: - identifica come migliorare la qualità dei servizi e in quali ambiti - intende promuovere l’appropriatezza delle prestazioni - intende garantire l’unitarietà del sistema Il patto per la salute deve anche dire come finanziare il tutto, quindi deve negoziare con il governo le risorse. La negoziazione sulle risorse parte sempre dalle risorse dell’anno prima. Il tema sull’entità del finanziamento del servizio sanitario non è tanto il valore assoluto, ma l’importante è il finanziamento rapportato al PIL, e bisogna considerare anche il tema dell’inflazione (es. 115 miliardi dell’anno scorso sono diversi da 115 miliardi di oggi, perché con l’inflazione quelli di oggi hanno un potere d’acquisto inferiore), tenendo conto che il sistema richiede sempre più risorse per finanziare l’innovazione. Gli obiettivi del patto per la salute corrente sono:  revisione del sistema di compartecipazione alla spesa sanitaria a carico degli assistiti (cioè dei ticket, perché sono diversi da una regione all’altra per quanto riguarda l’entità della compartecipazione e il regime di esenzione, quindi l’idea è di raggiungere maggiore equità). Ci sono delle regioni in cui il ticket è commisurato al reddito della famiglia dell’assistito, in altre regioni questo non c’è e il ticket è uguale per tutti. 19  rispettare la programmazione nazionale in termini di cronicità (gestione dei pazienti cronici) e di accorciamento delle liste d’attesa (liste d’attesa lunghe vanno a minare l’efficacia delle cure e la qualità delle prestazioni).  valutazione del fabbisogno di personale di professionisti del SSN e vedere se il sistema universitario sta formando quel volume di professionisti che è necessario o meno ed eventualmente intervenire anche sul sistema di formazione.  realizzazione di un sistema di interconnessione dei sistemi informativi del servizio sanitario che consentano di tracciare il percorso seguito dal paziente. Nelle aziende sanitarie ci sono n sistemi informativi (es il sistema che gestisce i posti, il sistema che gestisce la diagnostica, il sistema che gestisce gli esami di laboratorio, le cartelle cliniche, ecc), quindi la quantità di dati e di informazioni che abbiamo in questo settore è veramente enorme. Di questi fa parte anche il fascicolo sanitario elettronico, che è l’interfaccia tra cittadino e professionista, che però ha avuto un grado di implementazione molto diverso a seconda della regione. Quindi si sta cercando di promuovere una connessione a livello nazionale sia dei fascicoli sanitari sia di tutti quei sistemi di dati che riguardano il lato gestione.  ammodernamento delle tecnologie, che richiede uno stanziamento di risorse non banale. ES patto per la salute 2019-2021 su classroom (da leggere, è un esempio di come è strutturato il patto per la salute) Alla luce del patto per la salute poi vengono fatte le previsioni di spesa, ossia le previsioni di finanziamento. Guardando la ripartizione del fondo sanitario nazionale tra le regioni nel 2020 si vedono i vari valori di quota capitaria che arriva. La quota media in Italia era di circa 1900 euro a cittadino, che andava da quella più alta della Liguria (di poco superiore ai 2000) a quella più bassa di Bolzano (1824 euro). Nel 2021 il FSN era di 121 miliardi, e nel momento il cui si ripartiscono all’interno del Piano per la salute vengono indicati in quali ambiti sono stati ripartiti, es 116 miliardi vanno per coprire i LEA, altri vanno per coprire le spese COVID, altri vanno alle province autonome, altri sono destinati al finanziamento di attività specifiche, ecc. Oltre a definire dove vanno le risorse, si definisce anche quanta parte delle risorse va a finanziare i diversi livelli di assistenza, quindi una parte di risorse va sulla prevenzione, una parte va per l’assistenza distrettuale (che contiene medicina di base, farmaceutica, specialistica e medicina territoriale) e una parte per l'assistenza ospedaliera. LEA E ASSISTENZA FARMACEUTICA L’ultima revisione dei LEA ha portato a definire quella che è l’assistenza farmaceutica che viene erogata attraverso le farmacie convenzionate e quanto viene erogato attraverso le farmacie ospedaliere attraverso l’articolo 9 del DPCM del 2018, che dice (la prof l’ha letta tale quale): Quindi ci dice sostanzialmente che cosa possiamo dare e cosa non possiamo dare. 20 Per definire questo viene fatta un’analisi di impatto della spesa, quindi si fa una previsione di quanti sono gli assistiti che hanno bisogno di x farmaci e valutano come impatterà tutto ciò sulla spesa farmaceutica. FEDERALISMO FISCALE IN SANITA’ A partire dal 2000, con la riforma del titolo 5 sul piano del finanziamento, ci siamo mossi sempre di più nella direzione del federalismo fiscale, quindi questo dà maggiore autonomia alle regioni e introduce il concetto di costo standard dell’assistenza sanitaria. Sostanzialmente si definisce il fabbisogno sanitario nazionale (l’entità delle risorse di cui abbiamo bisogno) tenendo conto di quelli che sono i costi standard per erogare le prestazioni su tutte le regioni. I costi standard però non sono i costi reali, ma sono i costi programmati (quindi si fa una stima, ma nell’atto pratico può essere che costi di meno ma soprattutto può essere che costi di più). Il federalismo fiscale quindi si basa su questo concetto di costo standard, quindi noi definiamo quanto costeranno le varie prestazioni in Emilia-Romagna, in Toscana, nelle Marche ecc in relazione ad un costo standard che è stato definito che però è riferito alle regioni migliori. Quindi se una regione non rientra tra le migliori e ti dicono che ti daranno le risorse per finanziare le prestazioni che tu devi erogare in base al costo standard dei migliori, è ovvio che sforerai. Questo concetto è stato introdotto per spingere le regioni alla massima efficienza, se ti do x te devi efficientarti al tuo interno in maniera tale che quella prestazione ti costi x. Se sei poco efficiente e non riesci ad organizzarti, è un problema tuo e ti rimane come deficit. Quindi il fabbisogno regionale viene definito sulla base dei costi standard e 3 delle prime 5 regioni per qualità dei servizi e in equilibrio di bilancio sono benchmark per determinare i costi standard (le 5 regioni nel 2022 erano Lombardia, Veneto, Umbria, Marche, Emilia- Romagna). Quindi, quando una regione è a posto col bilancio e non è in disavanzo ed è a posto con i LEA e con la qualità delle prestazioni, è eleggibile per essere una delle regioni migliori. A quel punto calcolano i costi standard su quella regione e le altre regioni devono “pedalare” per arrivare a quel livello di efficienza. Per le regioni viene utilizzato un indicatore di qualità ed efficienza (IQE), che viene calcolato tenendo conto di vari parametri: - risultati dell’erogazione dei LEA - grado di disavanzo - degenza media pre-operatoria - la percentuale di interventi per frattura di femore operati entro due giorni (l’operazione se eseguita dopo 48 ore non garantisce un recupero completo) - percentuale dimessi da reparti chirurgici - spesa pro capite per l’assistenza sanitaria di base - spesa farmaceutica pro capite - Ecc. SOSTENIBILITA’ DELLA SPESA Detto ciò il nostro sistema sanitario non ha un assetto stabile, è in disgregazione e in divenire. C'è un tema di sostenibilità finanziaria, perché la pressione fiscale in Italia è già abbastanza alta, quindi continuare a 21 tassare per recuperare risorse non è una via percorribile. Bisogna tenere conto dell’inflazione, in più c’è l’invecchiamento della popolazione, infatti se continuiamo di questo passo nel 2100 l’Italia avrà 35-40 milioni di abitanti, con molti anziani affetti da cronicità e polipatologie, e bisogna tenere conto anche delle prestazioni per i disabili, quindi ci sarà una crescita costante della spesa. C’è chi propone di potenziare la prevenzione e chi di rendere obbligatorie delle forme di integrazione (come fonti integrative o assicurazioni). E’ vero che il nostro sistema è universalistico ma si potrebbe andar verso un universalismo selettivo, che eroga prestazioni diverse in base alla capacità di contribuire del cittadino, e comunque promuovere il più possibile la salute e uno stile di vita sano, in maniera tale da ridurre il peso della malattia. C’è tutto il problema del personale sanitario e ospedaliero, c’è una riduzione del numero dei medici e degli infermieri, il personale è invecchiato e questo c’è uno scarso ricambio. SSN: LIVELLO LOCALE DI GESTIONE LEZIONE 4 Il livello locale di gestione del SSN è composto da Aziende, nate in virtù al D.Lgs. 502/1992 che permette di offrire alle Usl, agli ospedali universitari, agli ospedali di interesse regionale e ai policlinici la possibilità di costituirsi come Aziende aventi personalità giuridica pubblica (entità che rispondono direttamente delle loro azioni) aventi Autonomia su vari fronti: Organizzativo, Gestionale, Amministrativo, Patrimoniale, Contabile. Dopo il D.Lgs. 502/1992 le Usl si sono dimezzate in termini numerici, per via di accorpamenti effettuati tra le Usl stesse. Per quanto riguarda il punto di vista Organizzativo, queste aziende si suddividono in dipartimenti. C’è da specificare però che la suddivisione in dipartimenti è obbligatoria per le aziende; l’autonomia organizzativa sta infatti nel fatto che a discrezione dell’azienda è la gestione dei dipartimenti stessi. L’autonomia che spetta alle aziende sanitarie locali non è un’autonomia assoluta, nel senso che vi sono delle limitazioni imposte dalle istituzioni Regionali. C’è da specificare che dall’entrata in vigore del D.Lgs. 502/1992 fino ad arrivare al giorno d’oggi, l’autonomia delle aziende sanitarie locali ha subito una limitazione progressiva e crescente da parte delle istituzioni Regionali, questo perché la disponibilità dei fondi è andata via via decrescendo. Un'altra limitazione dell’autonomia dell’Azienda Sanitaria è l’obbligo nel garantire i Livelli di Assistenza (LEA) che vengono stabiliti dalla Regione. Detto ciò, si può affermare che l’autonomia gestionale delle aziende sanitarie locali è comunque secondaria al rispetto dell’equilibrio economico. Infatti, l’autonomia viene ulteriormente limitata quando l’equilibrio economico è sbilanciato verso le spese, ovvero quando le spese sono maggiori dei ricavi. Esempi di limitazioni dell’autonomia sono per esempio la gestione delle assunzioni a tempo indeterminato di figure professionali che prestano servizio presso le aziende sanitarie locali: se i fondi destinati agli stipendi dei professionisti che operano nelle aziende sanitarie locali non sono sufficienti per implementare il numero dei professionisti stessi, purtroppo, anche in caso di necessità, questi non vengono assunti (ecco che si ritorna al discorso del rispetto dell’equilibrio economico). Il D.Lgs. 502/1992 ha portato una serie di innovazioni riguardanti: La Configurazione Giuridica (come detto prima, si parla di aziende che dal 1992 in poi hanno personalità giuridica pubblica). 22 Autonomia e Responsabilità, che sono due facce della stessa medaglia, poiché dal momento che viene data autonomia si assumono responsabilità riguardanti sia i risultati finanziari della gestione, sia quelli qualitativi che quelli clinici. I dirigenti sono tali in ragione di un contratto di natura privata e non più pubblica. Si è cercato di separare la responsabilità tecnica da quella politica e lo si è fatto eliminando i comuni e i comitati di gestione che prima avevano responsabilità sulla gestione delle aziende (dal ’92 in poi viene istituita la “conferenza territoriale socio sanitaria”, ovvero il raggruppamento dei sindaci dei comuni che costituiscono il bacino territoriale dell’azienda USL). Cultura orientata verso la gestione. Introduzione di strumenti gestionali che sono tipici del mondo privato e delle imprese. Dal ’92 in poi le aziende sanitarie hanno switchato la loro gestione con strumenti gestionali che permettono la contabilizzazione dei costi, cosa che prima non avveniva. Il D.Lgs. 502/1992 attribuisce alle ASL due grandi funzioni: La Tutela della Salute dei cittadini: le ASL devono provvedere a garantire i LEA (livelli di assistenza) all’interno del proprio territorio a prescindere da chi eroga le prestazioni, siano esse erogate da aziende ospedaliere universitarie, strutture private convenzionate, soggetti convenzionati come medici di medicina generale o pediatri di libera scelta, altri soggetti accreditati dalla Regione: accreditati significa che dal punto di vista tecnico ha tutte le caratteristiche per erogare le prestazioni individuate nel proprio piano. E’ il comune che la autorizza, dopodiché è la regione che la accredita definitivamente. Per poter essere accreditati bisogna disporre di un servizio di controllo della qualità in maniera tale che l’ASL che acquista le prestazioni possa in qualsiasi momento verificare la qualità delle prestazioni erogate. Altro presupposto per essere un soggetto accreditato è accettare il meccanismo di finanziamento del settore pubblico. I medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta nominati prima non sono dipendenti del settore sanitario, ma sono autonomi e legati all’azienda sanitaria mediante un accordo che disciplina le modalità di erogazione delle prestazioni. L’ASL di Ferrara possiede 3 presidi ospedalieri (Argenta, Cento e Lagosanto), mentre acquista le prestazioni ospedaliere dall’azienda ospedaliera universitaria di Cona per coprire il bacino d’utenza nella zona della città di Ferrara. La Produzione ed erogazione dei Servizi: come li produce? Attraverso le proprie strutture (poliambulatori, presidi ospedalieri). Le aziende ospedaliero-Universitarie sono aziende che hanno la stessa natura giuridica delle ASL, ma non hanno un bacino territoriale di riferimento a differenza delle ASL. La loro caratteristica principale è la forte interazione con l’Università sia sul piano della Governance (per esempio, quando viene nominato il direttore dell’azienda ospedaliera universitaria anche il rettore può esprimere un suo parere), sia sul piano operativo (molti universitari, soprattutto quelli dell’ambito biomedico, sono convenzionati con il servizio sanitario della regione e prestano un certo numero di ore erogando delle prestazioni). IRCCS La terza tipologia di azienda di cui parliamo è l’IRCSS, sono istituti di ricerca, ricovero e cura ad alta specializzazione, nati negli anni ‘30, l’obiettivo era quello di fare innovazione, creare sinergie e 23 aggregazioni di strutture che fossero leader nell’innovazione e nell’assistenza clinica, all’epoca erano pochissimi poi con l’avvento del SSN sono stati inseriti in questo progetto. - Nascono negli anni ’30 al fine di ottimizzare sforzi e risorse su settori clinici innovativi che all’epoca risultavano poco sviluppati. - La legge 833/78 li colloca nel SSN quali strutture dello stesso con l’obiettivo di integrare ricerca e assistenza sanitaria. - Definizione: “Gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) sono enti a rilevanza nazionale dotati di autonomia e personalità giuridica che, secondo standards di eccellenza, perseguono finalità di ricerca, prevalentemente clinica e traslazionale, nel campo biomedico e in quello dell’organizzazione e gestione dei servizi sanitari, unitamente a prestazioni di ricovero e cura di alta specialità”. Traslazionale perché i risultati della ricerca scientifica vengono traslati in tempo reale sui pazienti San Raffaele a Milano è un esempio di IRCCS L’IRCCS è come se fosse un'azienda ospedaliera universitaria, l’elemento a cui dobbiamo pensare per primo è ricerca, se mi rivolgo all’IRCCS mi aspetto di ricevere la cura e la prestazione migliore dal punto di vista del risultato della ricerca e l’innovazione. Se lo guardassi come direttore, in cosa dobbiamo eccedere? Nella ricerca scientifica È sempre così? No. Un articolo del sole 24 ore sanità ci dice che pochi IRCCS fanno ricerca; quindi, c’è qualche problema alla base della gestione di queste entità. Due tipi di IRCCS: a natura giuridica pubblica o privata. IRCCS che si rispetti ha un bacino di attrazione di pazienti su scala nazionale, molto ampio Riassumendo quindi se l’ASL e la azienda ospedaliera universitaria hanno un valore CLINICO; L’IRCCS ha un valore di RICERCA. La gestione dei sistemi di relazione tra questi enti da parte dell’ASL è molto difficile, queste aziende che insistono sul territorio hanno interessi tutti diversi, quindi dal punto di vista gestionale non è tutto fluido, perché se l’azienda ospedaliera universitaria eroga tante prestazioni che l’ASL non eroga e l’azienda ospedaliera universitaria è inefficiente, di questo ne risente l’ASL; se dal punto di vista qualitativo l’IRCSS non è efficiente, i pazienti non ci vanno e decidono di andare in un’altra regione , chi paga? L’ASL. Questo è un meccanismo definito di mobilità passiva, l’ASL mi paga per la prestazione che mi ha dato. In più, a questi enti connessi con l’ASL, si affianca anche il privato accreditato, il quale a sua volta non ha gli stessi interessi dell’azienda USL, è un soggetto profit, quindi per il privato conviene trattare qualsiasi tipo di paziente, per esempio un paziente cronico, che costa tanto? No e di questo ne risente l’ASL. La gestione della sanità nel complesso deve insistere nel trovare un compromesso tra entità diverse e privati con diversi interessi tra di loro. Al di là della definizione delle aziende, sono soggetti autonomi con fini aziendali diversi, riuscire a trovare l’equilibrio non è semplice. 24 In che contesto operano queste diverse entità? nel QUASI-MARKET La riforma del ‘92, che abbiamo mutuato dai britannici, dice che lo stato è quello che ci garantisce le prestazioni e poi abbiamo entità che sono produttori di prestazioni. Il contesto della riforma parte dall’idea che il mercato è qualcosa che rende le aziende efficienti, se sei sul mercato non puoi alzare prezzi come vuoi ecc, perché nel libero mercato vige la regola della domanda e dell’offerta, più aumenta la domanda più lavori sul prezzo, però quando l’offerta è ampia, il consumatore salta da un’offerta all’altra e quindi i prezzi si abbassano. Il mercato, quindi, è il meccanismo regolatore dell’efficienza delle aziende; se io sono direttore di un'azienda inefficiente e sto producendo dei servizi inefficienti, in più ho un costo alto e a quel costo alto voglio aggiungerci un utile da tenere e vado sul mercato a prezzi altissimi, quell’azienda è fuori mercato; oppure l’altra tipologia di azienda inefficiente è quando sono competitivo con il prezzo ma è la qualità che manca. Quindi il mercato è un meccanismo regolatore non solo per il prezzo ma anche per la qualità; l’idea degli anni 90 era quindi che nella sanità si introducessero logiche di mercato chiamate “concorrenza regolamentata”, questa concorrenza è tra le strutture che devono erogare servizi per l’ASL che non può erogare da solo. La logica del quasi mercato vede dal lato dell’offerta le aziende sanitarie e dal lato della domanda il libero utente. Questo quasi-mercato ha trovato una forma di realizzazione molto diversa in Italia, complice la riforma del titolo V della Costituzione, si è assistito allo sviluppo di diversi modelli regionali in Sanità, tutti caratterizzati da peculiarità e differenziazione, talvolta anche solo nei presupposti di avvio. Quasi mercato di Emilia Romagna, Veneto ecc, significa che c’è qualcosa di diverso, le regioni hanno fatto scelte diverse, il modo in cui si estrinseca sul piano operativo è diverso, la differenza la fa la politica. Ci sono regioni che hanno spinto sulla concorrenza, altre no, la differenza la fa la politica, alcune regioni hanno avuto una visione più liberale, altre basate più su collaborazione che concorrenza. A seconda del governo delle regioni sono dipese le scelte sulla sanità, la scelta è stata politica Elenco di vari modelli: 1. Modello classico: questo è stato in origine adottato da tutte le regioni tranne la Lombardia, l’ASL si occupava dell’assistenza territoriale, mentre l’assistenza ospedaliera veniva garantita in parte dall’ASL, in parte dalle aziende ospedaliere e da altre strutture private accreditate. L’ASL assume il ruolo doppio di conduttore di prestazioni che assicuratore garante della sanità, finanzia tutte le prestazioni, ha il budget della regione e attraverso quel budget acquista da sé stesso e un po’ da altre strutture 2. Modello lombardo: si è spinto sulla concorrenza, l’ASL serviva per amministrare i servizi e poi ha tagliato gli ospedali dall’ASL, li ha trattati come se fossero aziende autonome, quindi il finanziamento degli ospedali non era più dentro il bilancio dell’ASL, ma erano trattati come un’azienda ospedaliera universitaria; praticamente le strutture ospedaliere sono diventate territoriali ed in concorrenza con le aziende ospedaliere universitarie, ha fatto questa azione attraverso un meccanismo di finanziamento. L’ASL si chiama ATS, azienda territoriale sanitaria. le ASL non hanno in gestione alcun presidio ospedaliero e si occupano solamente di finanziare, controllare e programmare le prestazioni erogate ai propri residenti, mentre l’erogazione delle prestazioni spetta alle Aziende Ospedaliere (ASST), agli IRCCS e alle Case di Cura private. Questo significa che i ruoli per garantire l’assistenza ospedaliera ai cittadini sono stati ben distinti e ben definiti: l’ASL paga e gli ospedali forniscono. 3. Modello marchigiano: ora non esiste più, ma nel 2003 le marche hanno scelto di accorpare tutte le ASL in un’azienda unica, la sanità è stata gestita dalla SUR, azienda sanitaria unica regionale, perché si 25 pensava che questa forma di integrazione portasse a una riduzione dei costi dal punto di vista amministrativo. Oggi sono tornate ad avere le ASP, aziende sanitarie provinciali, ed è come se per 20 anni non ci sia stata la forma di gestione ma semplicemente un’amministrazione, si è andato in scia di quello che c’era. Tuttavia, questo modello è stato intrapreso dal Molise, quindi in alcune realtà sono state scelte le aziende sanitarie uniche 4. Modello toscano: è il modello delle aree vaste ESTAV, la toscana ha cercato, partendo dal modello classico, di trovare delle forme di sinergie tra le aziende e ha creato delle aree vaste, delle aziende che si uniscono per determinati obiettivi, la toscana ha 3 aree vaste, non sono delle aziende ma piuttosto accordi tra aziende A Ferrara è in corso il processo di fusione tra l’azienda sanitaria e l’azienda ospedaliera universitaria, e questo porterà all’azienda sanitaria universitaria, c’è stata prima la fase di integrazione per arrivare alla fusione Nel 2014 è nata L’ASL della Romagna, la Romagna non ha aziende ospedaliere universitari, si fondono le ASL di Forlì, Rimini e Ravenna in un’unica azienda con un bacino di utenza di 1 milione e mezzo di abitanti. Il veneto è una tra le regioni italiane che è rimasta maggiormente divisa ma ha creato un’innovazione: l’AZIENDA 0, cioè un’azienda virtuale, dotata di personale, non ha un territorio, però ha tutte le caratteristiche delle aziende fisiche, deve gestire la programmazione, gli acquisti, l’amministrazione, le tecnologie, controllo e verifiche di bilancio. Però come contenitore è uguale giuridicamente all’azienda sanitaria. Anche in Liguria è stata fatta l’azienda 0, c’è il tentativo di innovare Qual è il modello più efficiente? La risposta è difficile, confrontiamo Lazio e Lombardia Per esempio in Lombardia c’è stato un fenomeno di desertificazione del territorio, l’accentramento sulle grande strutture ha portato carenza sull’erogazione dei servizi territoriali, contrariamente, nel Lazio, ci 26 sono tante strutture piccole e possono risultare efficienti, anche se vige il principio dell’economia di scala: più grande è la dimensione, quindi maggiore è il potere negoziale, per cui si dice che all’aumentare della scala io ho delle economie, cioè dei vantaggi economici, ovvero ho prezzo più bassi, agevolazioni amministrative; certamente nel Lazio parliamo di diseconomie di scala, perché abbiamo il problema delle strutture piccole che non portano ad economie. Parlando di disavanzi, la Lombardia è una regione che non è mai andata in disavanzo, il Lazio ha avuto il suo disavanzo, determinato dal disavanzo dell’ospedale pediatrico di ricerca “Bambino Gesù” che è l’IRCCS di Roma. La mobilità passiva Nel momento in cui un paziente si muove dall’Emilia Romagna e va in Veneto si innesca il meccanismo di mobilità passiva, molte regioni cercano di marginare questa mobilità perché dietro alla mobilità sanitaria c’è una mobilità finanziaria da parte delle ASL, che ha dei costi non da sottovalutare. IOR, Istituto Ortopedico Rizzoli, attrae pazienti da tutta Italia, se una struttura di una certa dimensione attrae così tanti pazienti, deve essere in grado anche di fornire una capacità produttiva, questo significa quindi: investimenti e costi fissi molto elevati; in più c’è l’aspetto legato ai principi dell’ASL, cioè il cittadino può farsi curare dove vuole ma vigono anche i principi di equità e della prossimità; quindi, non è equo che uno da Bari deve andare a farsi curare a Bologna, per questo, per esempio, questo istituto ortopedico ha installato una succursale in Sicilia. Da un lato la regione che attrae non riceve risorse a sufficienza e dall’altro c’è un disagio nella regione a cui appartengono i pazienti che si mobilitano perché ci sono costi su ogni paziente. Alcuni esempi: - Provincia autonoma di Trento, l’azienda sanitaria provinciale trentina e di Bolzano, hanno delle situazioni importanti legate al territorio in cui si trovano, ovvero il fatto che ci siano della catene che creano grandi barriere e allo stesso tempo ci sono pochi abitanti; per cui questa regione sperimenta una mobilità passiva enorme perché per molti cittadini è più conveniente spostarsi dalla regione piuttosto che rimanere in trentino, per questo è stato fatto un accordo tra trentino e veneto, hanno stimato un importo che ogni anno la regione Trentino deve dare alla regione Veneto, affinché il Veneto prenda in carico i cittadini di questa valle - Strutture attrattive possono essere anche private e accreditate, per esempio a Ferrara abbiamo l’azienda ospedaliera universitaria a Cona ma il territorio ferrarese è molto vasto e ci sono cittadini che vivono a due passi da un ospedale che appartiene al Veneto, questa è una struttura privata e accreditata, per questi cittadini è preferibile andare lì e questo innesca una mobilità passiva importante dall’ASL di Ferrara verso il Veneto. La mobilità passiva ha un impatto finanziario sui bilanci, ed in più è possibile osservarla solo molto tempo dopo che avviene, quindi può creare molti disagi ex-post Mobilità può anche essere intra-regionale, anche se normalmente entra a gamba tesa la regione che definisce come pagare i vari casi quindi è meno problematica che una mobilità extraregionale. 27 STRUTTURA DELLE AZIENDE A LIVELLO LOCALE LEZIONE 5 Il disavanzo è un grande indicatore del fatto che il SSN di una regione o di un’azienda sia in equilibrio economico o meno, cioè nel momento in cui c’è il disavanzo allora vuol dire che non si sta procedendo bene (dipende anche da quanto grave è il disavanzo). Abbiamo già parlato del livello regionale e del livello nazionale, oggi andremo a chiarire quella che è l’organizzazione interna delle aziende sul piano locale. A livello locale la struttura di tutte le aziende è quella dipartimentale, è una struttura che viene imposta per legge. Nella lezione precedente avevamo detto che c’era un’autonomia organizzativa, e la legge di riforma ci dice che tutte le aziende si organizzano in dipartimenti. Il dipartimento è un’articolazione organizzativa che ritroviamo in qualsiasi tipologia di azienda (azienda ospedaliera, azienda USL, IRCCS). I dipartimenti possono essere diversi, come quello per l’emergenza, come il dipartimento delle biotecnologie. Poi all’interno del dipartimento c’è una certa numerosità di servizi e prestazioni che vengono erogate, che a loro volta a seconda del grado di omogeneità vengono raggruppate in unità operative. Quindi ho l’azienda che si articola in dipartimenti e ciascun dipartimento si articola in unità operative Come si organizzano i dipartimenti? I dipartimenti hanno 3 criteri per l’organizzazione: - In base al criterio dell’ANALOGIA - In base all’ITER DEL PAZIENTE - In base all’EFFICIENZA GESTIONALE Il fatto di scegliere un criterio piuttosto che un altro non vuol dire che all’interno dell’azienda tutti i dipartimenti devono seguire lo stesso criterio. 1. Il primo criterio fa riferimento ad individuare le unità operative che dal punto di vista della tipologia di attività sono analoghe. Quindi il criterio dell’analogia ci porta in una direzione. Hanno un criterio di analogia che può essere un’analogia chirurgica, oppure una analogia dal punto di vista del trattamento del paziente. 2. Invece pediatria, chirurgia pediatrica, ostetricia sono unità operative incluse nello stesso dipartimento e stiamo seguendo l’iter del paziente. 3. Se utilizziamo il criterio dell’efficienza gestionale allora inserisco nello stesso dipartimento delle diverse unità operative che hanno delle interazioni e delle comunanze. Sono unità operative che sono interdipendenti l’una dall’altra. Per esempio, l’emergenza dentro cui abbiamo il pronto soccorso, il trasfusionale, la terapia intensiva e così via. Sono spesso delle unità operative attigue l’una all’altra e sono funzionali tra loro. Le aziende applicano uno di questi criteri e definiscono la propria struttura dipartimentale, questa una volta che è stata identificata va comunicata alla regione. Qual è l’articolazione interna delle aziende? Le aziende si articolano tutte per unità operative e dipartimenti. Strutture interne Come faccio a capire come si organizza l’azienda? La struttura organizzativa di un’azienda si legge attraverso l’organigramma che è un documento. Ogni azienda ha un sito che è il sito amministrazione- 28 trasparente in cui viene pubblicato anche l’organigramma aggiornato. In un’azienda ospedaliera ho diversi dipartimenti, ho la direzione, ho una serie di organi, ho un direttore sanitario ed uno amministrativo, poi ho il dipartimento cardio- toraco-vascolare, dipartimento delle chirurgie specialistiche, dipartimento di ematologia, dell’oncologia e medicina di laboratorio… La farmacia non è all’interno di un dipartimento. I dipartimenti non sono solo clinici, ma possono essere anche tecnico- amministrativi. Questa è un’altra realtà: Abbiamo un dipartimento amministrativo, c’è il dipartimento per le dipendenze, il dipartimento delle cure primarie, della prevenzione e poi ci sono una serie di altre strutture dipartimentali. Quali sono gli organi di queste aziende? Quelli in grassetto sono gli organi, quelli non in grassetto sono gli organismi. Gli organi sono quelli che contano per la gestione, hanno potere decisionale per legge, quindi la legge gli attribuisce determinate competenze. Gli organi di un’azienda sono: 1. il direttore generale 2. il collegio di direzione 3. il collegio sindacale (o collegio revisore dei conti). Gli organismi hanno un valore consultivo, non hanno un potere deliberativo decisionale. 29 Direttore generale È qualcuno che ha un’esperienza di coordinamento di risorse umane, finanziarie e tecnologiche di almeno 5 anni ma nei 10 anni precedenti al momento in cui risponde all’avviso di direzione. Non deve essere un medico necessariamente, può esserlo anche un farmacista o altri. Oltre ad avere queste caratteristiche, la regione periodicamente apre la possibilità di far domanda di essere inclusi nell’elenco degli idonei a ricoprire il ruolo di direzione. Chi pensa di avere i requisiti per poterlo fare può presentare la domanda che viene esaminata da una commissione e si entra a far parte dell’elenco regionale di idonei a ricoprire il ruolo di direzione. A questo punto la regione quando ha bisogno nomina da questo elenco un direttore generale. Come lavora la commissione? Come vengono valutate le domande? È un po' diverso da regione a regione. Ci sono regioni che ricevono la domanda e stabiliscono l’idoneità, mentre ci sono regioni che fanno una short list e dopodiché coloro che sono stati selezionati vengono sottoposti ad un colloquio orale e sulla base di questo decidono chi includere nell’elenco. Il direttore generale è il massimo organo dell’azienda, ha la responsabilità dell’andamento gestionale dell’azienda sia sul piano economico che sul piano medico-assistenziale. Ha la responsabilità giuridica dell’andamento aziendale. Il direttore è sottoposto a valutazione. Il direttore generale è scelto dalla regione e deve anche essere valutato. È la giunta regionale che sceglie il direttore (l’assessore alla sanità fa parte della giunta regionale). La scelta del direttore generale ha una direzione politica. La competenza tecnica del direttore generale viene variata, da questa commissione, nel momento in cui entra a far parte di questo elenco. La regione valuta l’operato del direttore generale. Cosa valuta? La capacità di perseguire gli obbiettivi, cioè nel momento in cui la regione gli assegna l’incarico di direzione gli assegna degli “obbiettivi di mandato”. Il mandato ha una durata di 3 anni e la regione gli assegna una serie di obbiettivi da raggiungere in 3 anni. La prima verifica viene fatta dopo 18 mesi e poi ci sono delle verifiche annuali. Il direttore generale può essere rimosso da parte della regione quando ci sono dei gravi motivi, quando la gestione dell’azienda presenta un gravissimo disavanzo, quando c’è una violazione delle norme di corretta amministrazione e delle leggi di riferimento. Il direttore generale ha 2 collaboratori: Direttore sanitario Direttore amministrativo  può avere responsabilità giuridica In alcuni casi abbiamo anche il direttore dei servizi socio-sanitari. Le aziende si stanno evolvendo e quindi la sanità ed il mondo del sociale sono integrati, per questo nasce una direzione socio-sanitaria. Questi elencanti precedentemente non sono organi, ma sono dei collaboratori del direttore generale. Possono avere potere decisionale pari a zero, perché hanno capacità decisionale qualora il direttore generale delega l’autonomia decisionale. Le norme ci dicono che il direttore generale stesso sceglie i propri collaboratori, spesso però vengono suggeriti dalla regione. Collegio di direzione Chi siede nel collegio di direzione? Per rispondere a questa domanda la cosa migliore è guardare la legge regionale di riferimento che descrive l’assetto del servizio sanitario di una regione o di una provincia autonoma. 30 Nel collegio di direzione ci sono: o tutti i direttori di dipartimento o direttore amministrativo o direttore sanitario o direttore delle professioni o i direttori di presidio o direttori di distretto La composizione puntuale va vista attraverso alla legge regionale della propria regione. Che ruolo ha il collegio di direzione? Il collegio di direzione è un organo incaricato del governo clinico dell’azienda, deve governare le attività clinico-assistenziali, deve valutare la programmazione, deve organizzare le risorse umane, organizza i servizi. Il collegio di direzione solitamente si riunisce una volta a settimana (non sempre, ma nella maggior parte dei casi). Collegio sindacale (revisore dei conti) È un organo che si occupa di valutare la correttezza della gestione dal punto di vista contabile- amministrativo. È costituito da professionisti esterni, nessuno dei componenti lavora all’interno dell’azienda. Il collegio di direzione è costituto da componenti che lavorano all’interno dell’azienda, mentre il collegio sindacale è costituito da persone che sono esterni all’azienda (professionisti, commercialisti). Deve accertare la correttezza della tenuta della contabilità, deve valutare che la gestione sia corretta dal pu

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