Psicodiagnostica (Prova Intercorso) PDF
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Il documento tratta i disturbi d'ansia e ossessivi-compulsivi, analizzando le diverse prospettive teoriche (socio-culturale, psicodinamica, umanistica, cognitiva) relative al loro sviluppo e alle possibili terapie. Vengono illustrate le caratteristiche dei disturbi d'ansia generalizzato e sociale, nonché delle fobie specifiche e dell'agorafobia, e vengono descritti i diversi approcci terapeutici.
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PROVA INTERCORSO: PSICODIAGNOSTICA Capitolo 4: Disturbi d'ansia e ossessivi-compulsivi 4.1 Disturbo d'ansia generalizzato Le persone che soffrono di disturbo d'ansia generalizzato sono attanagliate da un’ansia eccessiva per la maggior parte del tempo e ogni cosa è per loro fonte di preocc...
PROVA INTERCORSO: PSICODIAGNOSTICA Capitolo 4: Disturbi d'ansia e ossessivi-compulsivi 4.1 Disturbo d'ansia generalizzato Le persone che soffrono di disturbo d'ansia generalizzato sono attanagliate da un’ansia eccessiva per la maggior parte del tempo e ogni cosa è per loro fonte di preoccupazione; il loro problema viene definito infatti anche ansia libera. Questi soggetti si sentono irrequieti, bloccati o in costante tensione; hanno difficoltà di concentrazione; presentano tensione muscolare e hanno problemi del sonno. Quasi il 6% di tutta la popolazione manifesta sintomi d'ansia generalizzata in qualche momento della vita. Le donne sono colpite in misura doppia rispetto agli uomini. 4.1.1 Prospettiva socio-culturale: fattori sociali e multiculturali Secondo la psicologia socio-culturale, il disturbo d'ansia generalizzato si presenta più facilmente nelle persone che vivono in condizioni sociali di continuo pericolo (predisposte a sviluppare sensazioni generiche di tensione, ansia). La povertà è tra le forme più intense di stress sociale con conseguente maggiore rischio di avere problemi di salute. Anche se i fattori socio-culturali hanno un ruolo importante, la teoria deve ancora spiegare come mai alcuni sviluppano il disturbo e altri no. 4.1.2 Prospettiva psicodinamica Secondo la prospettiva freudiana l'ansia, o meglio l'angoscia, può essere considerata tanto come una manifestazione sintomatica di un conflitto nevrotico quanto come un segnale adattivo volto ad allontanare dalla coscienza la consapevolezza di tale conflitto. Nel pensiero freudiano esistono, cioè, due differenti teorie sull'angoscia: la prima ne dà una visione di tipo meccanicistico, la seconda attribuisce all'angoscia una funzione di segnale. Nel modello freudiano, si può affermare che l'angoscia sia un affetto dell'io, un sintomo sovradeterminato, originato da un conflitto inconscio rimosso. Essa è intimamente connessa alle valutazioni che l'Io fa di un imminente pericolo ed è finalizzata a evitare pericoli e dispiaceri maggiori nell'ottica del principio di piacere. Terapie psicodinamica. Le tecniche utilizzate dai terapeuti di orientamento psicodinamico per trattare i problemi psicologici sono: le associazioni libere, l'interpretazione dei sogni, le dinamiche transferali e controtransferali che si attuano in seduta, l'analisi delle resistenze. I terapeuti di formazione freudiana utilizzano questi metodi per aiutare i pazienti a riconoscere gli impulsi dell'Es e a interagire con essi nella direzione di un incremento del principio di realtà. 4.1.3 Prospettiva umanistica Secondo gli studiosi di orientamento umanistico, il disturbo d'ansia generalizzato, come altri disturbi psicologici, si produce quando le persone non vedono più se stesse in modo obiettivo, accettandosi per quello che sono. Rogers riteneva che i bambini che non ricevono una considerazione positiva incondizionata da parte degli altri possono diventare ipercritici nei confronti di se stessi e porsi degli standard molto severi ai quali adeguarsi, definiti da Rogers condizioni di valore. Essi cercano di adeguarsi a questi standard distorcendo e negando continuamente i propri pensieri ed esperienze reali. Nonostante gli sforzi, tuttavia, continuano a giudicarsi in modo severo e ciò provoca in loro molta ansia. Gli operatori che adottano l'approccio terapeutico di Rogers, la terapia centrata sul paziente, fanno in modo di mostrare una considerazione positiva incondizionata verso questi soggetti e una profonda comprensione empatica nei loro confronti. Quando le persone acquisiscono l'obiettività e sono finalmente oneste e a proprio agio con se stessi, l'ansia e gli altri sintomi si attenueranno. La teoria umanistica e i relativi trattamenti non hanno trovato grandi conferme nella ricerca. 4.1.4 Prospettiva cognitiva Gli psicologi di orientamento cognitivo sostengono che i problemi psicologici sono spesso causati da un modo di pensare disfunzionale. Un tempo, i teorici cognitivi ipotizzavano che coloro che soffrono di disturbo d'ansia generalizzato condividono in generale convinzioni irrazionali. Quando le persone che hanno queste convinzioni si trovano a fronteggiare un evento stressante, tendono a interpretarlo come una minaccia, ad avere reazioni eccessive e a provare paura. Continuando ad applicare sempre più queste convinzioni agli eventi, possono cominciare a sviluppare un disturbo d'ansia generalizzato. Negli ultimi anni sono emerse tre nuove spiegazioni per il disturbo d'ansia generalizzato: Le persone con disturbo d'ansia generalizzato nutrono implicitamente convinzioni positive e negative allo stesso tempo sulla preoccupazione. Dal punto di vista positivo, sono convinte che preoccuparsi sia un modo utile per valutare e fronteggiare le minacce che si presentano nella vita. Ecco quindi che cercano e analizzano ogni possibile segnale di pericolo, e perciò si preoccupano costantemente. Sono convinti che qualunque possibilità che un evento negativo possa verificarsi, anche se minima, significa che quell'evento probabilmente accadrà. Le persone con disturbo d'ansia generalizzato continuano a preoccuparti nello sforzo di trovare soluzioni adeguate per i loro problemi e per fare sì che le situazioni in cui si trovano a vivere siano prive di incertezze. Chi soffre di questo disturbo manifesta uno stato di attivazione fisica maggiore rispetto alle altre persone; la preoccupazione avrebbe effettivamente lo scopo di ridurre lo stato di attivazione, forse perché distrae i soggetti dalle sensazioni fisiche e spiacevoli. In breve, la teoria dell'evitamento sostiene che le persone che soffrono di disturbo d'ansia generalizzato sono in uno stato di preoccupazione costante per ridurre o eliminare le sensazioni sgradevoli dell'attivazione a livello fisico. Trattamento. Nel disturbo d'ansia generalizzato si utilizzano due tipi di approccio cognitivo: Modificare le convinzioni maladattive (la terapia razionale-emotiva) → il terapeuta individua le convinzioni irrazionali nutrite dal paziente, suggerisce considerazioni più appropriate e assegna degli esercizi che danno modo al soggetto di esercitarsi a confutare le vecchie convinzioni e applicarne di nuove. Concentrarsi sulla preoccupazione → alcuni terapeuti guidano i soggetti con disturbo d'ansia generalizzato a riconoscere e cambiare il loro uso disfunzionale della preoccupazione. Si inizia spiegando al paziente il ruolo della preoccupazione nel disturbo e facendogli osservare la propria attivazione fisica e le proprie risposte cognitive. Il paziente impara a notare cosa fa scattare in lui/lei la preoccupazione. Man mano che la comprensione di questi meccanismi si fa più approfondita, il paziente dovrebbe cominciare a vedere il mondo come meno minaccioso (a causa di una minore attivazione fisica - pratica della consapevolezza). Prospettiva biologica I circuiti neuronali coinvolti nell'attivazione ansiosa sono da imputarsi all'amigdala e all'ipotalamo. L'amigdala è coinvolta nel funzionamento emotivo in entrata, l'ipotalamo è coinvolto nella risposta comportamentale che avviene in base alla valutazione emotiva dello stimolo. Vi è un carattere di ereditarietà. Negli ultimi decenni alcune importanti scoperte della ricerca sull'encefalo hanno evidenziato chiaramente che il disturbo d'ansia generalizzato è legato a fattori biologici: si è scoperto che il GABA trasporta messaggi inibitori: quando viene ricevuto da un recettore, blocca l'attività di rilascio nel neurone. Nelle normali reazioni di paura, i neuroni chiave si attivano più rapidamente in tutto il cervello, causando quindi l'attivazione di altri neuroni e producendo così uno stato generale di eccitabilità a livello celebrale fisico. Tale stato viene percepito come paura o ansia. La continua attività dei neuroni innesca alla fine un sistema di feedback, ossia attività celebrale e fisica che riducono il livello di eccitabilità. Alcuni neuroni presenti in diverse aree cerebrali rilasciano il neurotrasmettitore GABA, il quale si lega ai recettori specifici su altri neuroni e trasmette a questi un messaggio inibitorio che impedisce la generazione di nuovi impulsi. Lo stato di eccitabilità cessa e la percezione di paura o ansia si attenua. In base a questa scoperta si è avanzata l'ipotesi che le persone con disturbo d'ansia generalizzata potrebbero avere un continuo problema nel sistema di feedback dell'ansia, forse perché hanno pochi recettori GABA, o forse i loro recettori GABA non catturano abbastanza rapidamente il neurotrasmettitore. Le ricerche più recenti indicano che il disturbo d'ansia generalizzato non è semplicemente determinato da un neurotrasmettitore o da un gruppo di neurotrasmettitori. I ricercatori hanno rilevato, infatti, che alcune reazioni emotive sono legate ai circuiti cerebrali. Si è scoperto che il circuito che produce sensazioni d'ansia include la corteccia prefrontale, la corteccia cingolata anteriore e l'amigdala. Trattamenti. … Terapia farmacologica anti-ansia → vengono utilizzati i farmaci sedativo-ipnotici (es. benzodiazepine). Le benzodiazepine si legano ai recettori GABA, e questo legame sembra aumenti la capacità del GABA di legarsi anche a questi e quindi la sua capacità di inibire l'attivazione neuronale e di ridurre l'ansia. Tutto ciò ha un effetto a breve termine e può permettere di sviluppare una dipendenza fisica con numerosi effetti collaterali (es. sonnolenza, perdita di memoria). Negli ultimi decenni sono stati introdotti altri tipi di farmaci. … Training autogeno → ciò che sta alla base di questo approccio è che il rilassamento fisico conduca uno stato di rilassamento psicologico. La ricerca indica che il training autogeno ha una buona efficacia. Il miglioramento prodotto tende tuttavia a essere modesto. … Biofeedback → il terapeuta utilizza i segnali elettrici di certe funzioni corporee, captati con elettrodi, per guidare il paziente a controllare volontariamente le funzioni monitorate. Il paziente è collegato a un monitor che controlla le sue funzioni fisiologiche. Servendosi come guida dei segnali captati dal monitor, egli può imparare gradualmente a controllare anche processi fisiologici apparentemente involontari (il metodo di biofeedback più utilizzato per il trattamento dell'ansia prevede l'uso di un'elettromiografia, che rileva il livello di tensione muscolare). Fobie Una fobia è la paura persistente e irrazionale di un oggetto, di un'attività o di una situazione particolare. Il DSM-5 afferma che una fobia è più intensa e persistente della paura e che c'è un maggiore desiderio di evitare l'oggetto e la situazione. Fobie specifiche Una fobia specifica è la paura persistente di un oggetto o di una situazione particolari (es. animali, luoghi elevati, spazi chiusi, temporali ecc). Agorafobia Le persone che soffrono di agorafobia hanno paura di trovarsi in spazi pubblici o situazioni nelle quali, in caso di panico o menomazione fisica, la fuga può risultare difficoltosa o non è disponibile un aiuto. L'agorafobia di solito si sviluppa intorno ai 20 o ai 30 anni. Le persone che soffrono di agorafobia se si avventurano fuori casa, lo fanno in compagnia di parenti stretti o amici. L'intensità dell'agorafobia è variabile. A volte, proprio a causa delle importanti limitazioni alla vita personale determinate dal disturbo che li affligge, può insorgere anche la depressione. Molti soggetti agorafobici, se entrano in spazi pubblici, soffrono di attacchi di panico (in questi casi, vengono diagnosticati due distinti disturbi, agorafobia e disturbo di panico). Disturbo d'ansia sociale. I soggetti affetti da disturbo d'ansia sociale, provano una grave, persistente e irrazionale ansia di situazioni sociali, nelle quali devono esibirsi o sono sottoposti a giudizio altrui o ancora possono sentirsi in imbarazzo. Il disturbo d'ansia sociale può interferire pesantemente con la vita quotidiana. Quali sono le cause? La teoria più seguita in materia di causa del disturbo d'ansia sociale è quella secondo il quale chi ne soffre ha un patrimonio di convinzioni negative su se stesso (es. credono di doversi comportare in modo esemplare in ogni situazione sociale, si ritengono poco gradevoli ecc.). Le persone che soffrono di disturbo d'ansia sociale sono convinte che le loro carenze sociali siano lacausa della propria ansia, perché sono certi di non avere le competenze sociali necessarie a gestire le situazioni. Successivamente all'evento sociale, i soggetti ripercorrono ogni dettaglio di quanto avvenuto epensano che le cose siano andate malissimo. 4.1.1 Da cosa sono causate le fobie? I comportamentisti ritengono che le persone con fobia tendano inizialmente a temere determinati oggetti, situazioni o eventi attraverso un condizionamento. Una volta acquisita la paura, l'individuo evita l'oggetto e la sensazione temuta, facendo sì che la paura diventi sempre più interiorizzata (condizionamento classico = due eventi che avvengono in momenti ravvicinati nel tempo diventano strettamente associati e la persona allora reagisce in modo simile a entrambi gli eventi | modellamento = i soggetti osservano che gli altri sono spaventati da determinati oggetti oeventi e sviluppano una paura analoga). Certe fobie sono molto più comuni di altre. Gli studiosi spesso spiegano queste differenze conl'ipotesi che la specie umana sia più portata a sviluppare alcune paure (predisposizione evoluzionistica). 4.1.2 Come vengono trattate le fobie? Ciascun modello teorico ha un suo approccio per il trattamento delle fobie, ma le più usate sono le tecniche comportamentali. Trattamenti per le fobie specifiche.... Desensibilizzazione sistematica → i soggetti imparano a rilassarsi gradualmente ogni volta chesono messi di fronte agli oggetti o alle situazioni di cui hanno terrore. I terapeuti che utilizzano queste tecniche iniziano con un training di rilassamento. I terapeuti guidano i soggetti nella creazione di una gerarchia delle paure, un elenco di oggetti o situazioni temute, dalle più lievi a quelle estremamente angosciose. I soggetti imparano quindi ad associare il rilassamento con gli oggetti e le situazioni temute. Quando il paziente è completamente rilassato, il terapeuta lo pone di fronte all'evento che si trovanel punto più basso della sua gerarchia (desensibilizzazione in vivo o desensibilizzazione immaginaria).... Immersione o Flooding → il soggetto fobico cessa di temere le cose che gli fanno paura dopo ripetute esposizioni e dopo essersi convinto che in realtà sono abbastanza innocue. I soggetti sono costretti ad affrontare oggetti o situazioni ansiogene senza prima essersi sottoposti a tecniche di rilassamento e senza alcuna gradualità (in vivo o immaginaria). … Modeling → è il terapeuta a confrontarsi con l'oggetto o con una situazione ansiogena mentre è osservato dal fobico. Tutto per dimostrare che la paura di quella persona è infondata. In una versione particolare di modeling, detto partecipante, il soggetto viene attivamente incoraggiato a imitare ciò che sta facendo il terapeuta. Trattamento per l'agorafobia. Solitamente il terapeuta aiuta il paziente ad avventurarsi sempre più lontano dalla propria casa fino ad entrare gradualmente in spazi aperti, un passo alla volta. Utilizzando il sostegno, il ragionamento e la persuasione, si arriva a mettere il paziente di fronte al mondo esterno. Per motivare maggiormente i pazienti che soffrono di agorafobia, la terapia espositiva prevede anche la partecipazione a gruppi di sostegno. I membri dei gruppi di sostegno effettuano delle uscite tutti insieme per qualche ora. Trattamenti per le fobie sociali. Un recente successo è in parte dovuto al diffuso riconoscimento del fatto che le fobie sociali hanno due caratteristiche distinte che si innestano una sull'altra: Le persone con questo tipo di fobie possono avere dei timori sociali dei quali si sentono sopraffatte. Le persone con questo tipo di fobie possono non essere capaci di avviare una conversazione, comunicare le proprie necessità e rispondere ai bisogni degli altri. Trattamenti per il disturbo d'ansia sociale. L'ansia sociale spesso viene attenuata dalla terapia farmacologica (farmaci antidepressivi si sono dimostrati più utili). Ma esistono allo stesso tempo diversi tipi di psicoterapia che si sono rivelati efficaci: … Terapia di esposizione → il terapeuta invita il soggetto con ansia sociale a esporsi alle situazioni sociali temute e a rimanervi finché le paure non si placano. … Terapie cognitive → la terapia razionale-emotiva e altri approcci cognitivi sono realmente efficaci nel ridurre l'ansia sociale. D'altra parte, le ricerche indicano che la terapia cognitiva non è altrettanto efficace nell'aiutare le persone ad acquisire le abilità necessarie per affrontare le situazioni sociali temute. In questo caso è necessario anche un insegnamento delle abilità sociali. come possono essere migliorate le abilità sociali? In genere i terapeuti modellano i comportamenti sociali appropriati per i loro pazienti e li incoraggiano a provare a metterli in pratica. I soggetti avviano quindi un gioco di ruolo con il terapeuta, provando il nuovo comportamento finché non lo hanno acquisito. Nel corso del processo, il terapeuta fornisce un feedback costante e rinforza il soggetto quando esegue l'esercizio nel modo giusto. 4.2 Disturbo di panico A volte una reazione d'ansia assume la forma di panico soffocante e spaventosa, in cui si perde il controllo del proprio comportamento e non si è in pratica più consapevoli di quello che si sta facendo. Gli attacchi di panico sono brevi accessi periodici di panico che si verificano all'improvviso, raggiungono un picco nel giro di una decina di minuti e passano gradualmente. Quelli che hanno attacchi di panico ripetuti e improvvisi, senza alcuna ragione apparente, potrebbero soffrire di disturbo di panico (cambiamenti disfunzionali nel modo di pensare e di comportarsi provocati dagli attacchi stessi - es. preoccupazione costante di avere altri attacchi). Dopo aver vissuto vari attacchi di panico, aumenta la paura del soggetto di avere nuovi attacchi in luoghi pubblici. 4.2.1 Prospettiva biologica Quali sono i fattori biologici alla base del disturbo di panico? A partire dalla comprensione del meccanismo d'azione degli antidepressivi che sembravano avere un'azione calmante, i ricercatori iniziarono a sospettare che il disturbo di panico potesse essere causato da un'attività anomala della noradrenalina. Numerosi studi hanno provato che l'attività della noradrenalina è effettivamente irregolare nelle persone che soffrono di attacchi di panico. Il circuito che produce le reazioni di panico comprende aree cerebrali come l'amigdala, il nucleo ventromediale dell'ipotalamo, la sostanza grigia centrale e il locus ceruleus. Quando una persona si trova di fronte a un oggetto o a una situazione che la terrorizza, si ha un'attivazione dell'amigdala. L'amigdala stimola a sua volta le altre aree, attivando una reazione temporanea di allarme e fuga molto simile a una reazione di panico. È importante notare che il circuito cerebrale responsabile delle reazioni di panico sembra essere diverso da quello responsabile delle reazioni d'ansia (reazioni più sfumate, continuative e dominate dalla preoccupazione rispetto alle reazioni di panico). Il circuito cerebrale dell'ansia, che funziona impropriamente nelle persone con disturbo d'ansia generalizzato, comprende l'amigdala, la corteccia prefrontale e la corteccia cingolata anteriore. Tutto ciò può essere principalmente a causa di fattori genetici. Terapie farmacologiche. Alcuni antidepressivi sono in grado di prevenire gli attacchi di panico e di ridurne la frequenza (ristabiliscono attività adeguata della noradrenalina nel locus ceruleus e in altre aree cerebrali). I potenti farmaci benzodiazepinici si sono dimostrati efficaci nel trattamento del disturbo di panico (influenzando l'attività della noradrenalina). 4.1.1 Prospettiva cognitiva I teorici cognitivisti ritengono che le persone che tendono a farsi prendere dal panico potrebbero essere ipersensibili nei confronti di alcune sensazioni fisiche: quando provano tali sensazioni all'improvviso le interpretano erroneamente come segnali di una catastrofe medica (es. molte persone con disturbo di panico sembrano respirare rapidamente ma in modo superficiale, ossia vanno in iperventilazione nelle situazioni di stress. La respirazione anomala li porta a pensare di essere in pericolo di soffocare e vanno nel panico). Nei challenge test biologici i ricercatori producono con adeguati interventi le azioni o altre sensazioni biologiche tramite la somministrazione di farmaci o dando istruzioni ai partecipanti di respirare, fare attività fisica o semplicemente di pensare in un certo modo. Non sorprende che i partecipanti con disturbo di panico provino durante questi test una maggiore angoscia. Perché alcune persone tendono a dare interpretazioni errone delle proprie sensazioni fisiche? Una possibilità è che i soggetti che tendono ad andare nel panico provano in genere, anche se non volontariamente, sensazioni fisiche più frequenti o più intense rispetto alla maggioranza delle persone. La ricerca indica che i soggetti che tendono a provare panico hanno un'elevata sensibilità all'ansia. Terapia cognitiva. I terapeuti cognitivisti provano a correggere le interpretazioni erronee delle sensazioni fisiche di chi tende a provare panico. Il primo passo è quello di informare i pazienti sulla natura generale degli attacchi di panico, sulle cause reali delle sensazioni fisiche e sulla tendenza a fraintendere tali sensazioni. Nella fase successiva, ai pazienti viene insegnato ad applicare sistemi di interpretazione più precisi durante le situazioni stressanti, bloccando così all'inizio la sequenza del panico. I terapeuti cognitivisti possono utilizzare challenge di test biologici per indurre le sensazioni di panico, in modo che i pazienti possono applicare le abilità appena acquisite sotto la supervisione attenta dell'esperto. Essi possono quindi esercitarsi a interpretare correttamente le sensazioni che ne derivano, senza fissarsi su di esse. 4.3 disturbo ossessivo-compulsivo Le ossessioni sono pensieri o idee, impulsi o immagini persistenti che sembrano invadere la coscienza di una persona. Le compulsioni sono comportamenti ripetitivi e rigidi o atti mentali che alcune persone sentono di dover eseguire allo scopo di prevenire o ridurre l'ansia. Si ha una diagnosi di disturbo ossessivo-compulsivo quando ossessioni o compulsioni diventano eccessive o irrazionali, causano angoscia e malessere, assorbono gran parte del tempo o interferiscono con le funzioni quotidiane. I pensieri ossessivi vengono percepiti come invadenti ed estranei. Il tentativo di ignorare o resistere a questi pensieri può provocare ansia ancora maggiore e i pensieri tendono a ritornare con maggiore insistenza. La maggior parte di queste persone riconosce di avere un comportamento irragionevole, ma allo stesso tempo è convinta che accadrà qualcosa di tremendo se non fa ciò che è spinta a fare. Le compulsioni assumono diverse forme: Compulsioni di pulizia → le persone che hanno queste compulsioni si sentono costrette a lavare continuamente se stesse, i propri abiti e la casa. Compulsioni di controllo → controllano di continuo le stesse cose: come serrature, rubinetti del gas, documenti importanti. Tutto per essere sicure che ogni cosa sia come deve essere. Compulsioni inerenti all'ordine all'equilibrio → il soggetto continua a mettere in ordine perfetto alcuni oggetti in base a regole rigide. Compulsione a toccare. Compulsione a contare. Compulsioni verbali. Alcune persone con disturbo ossessivo-compulsivo manifestano solo ossessioni o solo compulsioni, ma nella maggior parte delle persone con questo disturbo sono presenti entrambe. Infatti gli atti compulsivi sono sovente una reazione ai pensieri ossessivi. 4.4.2 La prospettiva psicodinamica Sigmund Freud riconduceva il disturbo ossessivo-compulsivo alla fase anale dello sviluppo (2 anni). Egli ipotizzava che in questa fase alcuni bambini provassero intensa rabbia e vergogna in seguito a esperienze negative nel controllo delle funzioni sfinteriche. Altri teorici di orientamento psicodinamico sostengono invece che tali reazioni di rabbia infantile abbiano origine nel senso di insicurezza. In ogni caso, questi bambini provano continuamente la necessità di esprimere gli impulsi forti e aggressivi dell'Es, sapendo allo stesso tempo che dovrebbero cercare di contenere e controllare tali impulsi. Se il conflitto tra Es e Io perdura nel tempo, può sfociare infine in un disturbo ossessivo-compulsivo. Concludendo, potremmo affermare che all'interno di una cornice psicodinamica il disturbo ossessivo- compulsivo può essere eletto come il tentativo del soggetto di controllare i profondi vissuti aggressivi che popolano il suo mondo interno. 4.4.3 Prospettiva comportamentale I clinici comportamentisti si sono dedicati all'analisi e al trattamento delle compulsioni, più che delle ossessioni. Essi ipotizzano che le persone si imbattono nelle loro compulsioni in modo alquanto casuale. In una situazione ansiogena, può capitare che si ritrovino per caso a lavarsi le mani, per esempio, o a vestirsi in un certo modo. Quando la sensazione di paura è passata, essi collegano il miglioramento a quella particolare azione. Dopo ripetute associazioni accidentali, si convincono che quell'azione porti loro fortuna o abbia effettivamente cambiato la situazione, e dunque continuano a eseguire quella stessa azione in situazioni analoghe. Trattamenti. … In un trattamento comportamentale detto esposizione e prevenzione della risposta, i soggetti vengono ripetutamente esposti a oggetti e situazioni ansiogeni, paure ossessive e comportamenti compulsivi, ma viene raccomandato loro di resistere e non cedere ai comportamenti che si sentono costretti a mettere in atto. … Alcuni terapeuti propongono anche delle procedure di auto-aiuto da svolgere a casa: vengono cioè assegnati ai soggetti dei compiti di esposizione e prevenzione della risposta (es. vietato passare il panno sul pavimento del bagno per una settimana). 4.4.4 Prospettiva cognitiva Per i teorici di orientamento cognitivo la spiegazione del disturbo ossessivo-compulsivo inizia dal concetto che tutti hanno pensieri ripetitivi, indesiderati e intrusivi. Ma la maggior parte delle persone scaccia ogni ora agevolmente questi pensieri. Le persone affette dal disturbo, in genere danno la colpa a se stessi se hanno questi pensieri e si aspettano che accada qualcosa di terribile. Per evitare le conseguenze negative cercano di neutralizzare i pensieri, ossia pensano o si comportano in modo da sistemare le cose o modificarle (es. lavarsi le mani). Quando uno sforzo di questo tipo apporta un temporaneo miglioramento dello stato d'ansia, è rinforzato e verrà probabilmente ripetuto. Alla fine il pensiero o atto di neutralizzazione viene utilizzato così spesso che diviene, per definizione, una ossessione e una compulsione. Trattamento. I terapeuti guidano i pazienti a concentrarsi sui processi cognitivi implicati nel disturbo ossessivo- compulsivo che li affligge (guidano i pazienti nell'identificare, analizzare modificare le proprie percezioni distorte). 4.4.5 Prospettiva biologica I fattori biologici hanno un ruolo essenziale nel disturbo ossessivo-compulsivo. Da questa prospettiva è emerso: Una ridotta attività del neurotrasmettitore serotonina → nel caso del disturbo ossessivo- compulsivo si dimostrano utili sono i farmaci antidepressivi che aumentano l'attività della serotonina. Un funzionamento anomalo in alcune importanti aree cerebrali → in particolare la corteccia orbitofrontale, i nuclei caudati, l'amigdala e la corteccia cingolata. Queste regioni fanno parte di un circuito cerebrale deputato alla conversione di informazioni sensoriali in pensieri e azioni. Molti studiosi oggi ritengono che in alcune persone la corteccia orbitofrontale e nei nuclei caudati iperattivi si verifichi una costante eruzione di pensieri indesiderati e di azioni. 4.4 Disturbi ossessivo-compulsivi e correlati: la ricerca di una diagnosi Molti soggetti presentano alcuni caratteri comportamentali ripetitivi e ossessivi che incidono negativamente sulla loro vita. Numerosi ricercatori ormai collegano questi caratteri al disturbo ossessivo-compulsivo. Si parla, in questi casi, dei disturbi dello spettro ossessivo-compulsivo. Sulla base dei risultati di questa ricerca, il DSM-5 include la categoria dei disturbi correlati al disturbo ossessivo-compulsivo distinguendo quattro differenti sottocategorie: Disturbo da accumulo → i soggetti sentono di dover conservare gli oggetti e provano ansia nel disfarsene. Tricotillomania → i soggetti si strappano i capelli, i peli delle ciglia e delle sopracciglia o da altre parti del corpo. Disturbo da escoriazione cutanea → i soggetti si escoriano la pelle in continuazione provocandosi irritazioni e ferite. Disturbo dismorfico del corpo → i soggetti sono convinti che la loro apparenza abbia un difetto minore o immaginario. Capitolo 5: disturbi da traumi e stress 5.1 Stress e stimolo: la risposta Fight or Flight Le caratteristiche dell'allarme e della paura vengono attivate da un area specifica del cervello, l'ipotalamo. L'ipotalamo attiva due importanti sistemi: Il sistema nervoso autonomo → è una rete estesa di fibre nervose che collegano il sistema nervoso centrale a tutti gli altri organi del corpo. Tali fibre intervengono nel controllo dell'attività involontaria degli organi. Il sistema endocrino → è costituito dall'insieme delle ghiandole localizzate in tutto il corpo. Vi sono due vie principali attraverso le quali i due sistemi producono il senso di allarme e le reazioni di paura: L'asse del sistema nervoso simpatico → quando ci troviamo in una situazione di pericolo, l'ipotalamo attiva il sistema nervoso simpatico (un sistema di fibre del sistema nervoso autonomo). Quando la percezione del pericolo è passata, un secondo gruppo di fibre del sistema nervoso autonomo, il sistema nervoso parasimpatico, contribuisce a riportare il battito cardiaco e altri processi fisiologici alla normalità. Il sistema nervoso simpatico e parasimpatico lavora assieme per controllare le reazioni di allarme e paura. L'asse ipotalamo-ipofisi-surrene → quando ci troviamo di fronte a fattori di stress, l'ipotalamo segnala all'ipofisi, ghiandola vicina, che è il momento di secernere l'ormone adrenocorticotropo, detto anche ormone dello stress. Questo ormone, a sua volta, stimola lo strato esterno delle ghiandole surrenali, detta corteccia surrenale, provocando il rilascio di ormoni dello stress, i corticosteroidi, come il cortisolo. I corticosteroidi raggiungono diversi organi, nei quali causano ulteriori manifestazioni di allarme e paura. L'insieme delle reazioni che si manifestano in questi due sistemi è detto reazione Fight or Flight. 5.2 Disturbi da stress acuto e post-traumatico Nella maggior parte delle persone le reazioni di stress e paura cessano non appena si esaurisce il pericolo. In altre, invece, i sintomi di ansia e depressione, ma anche altri tipi di sintomi, persistono anche dopo che è passato molto tempo dal cessare della situazione scatenante. Queste persone potrebbero soffrire di disturbo acuto da stress o di disturbo post traumatico da stress, modelli che si presentano come reazione a un evento psicologicamente traumatico. Con un esordio dei sintomi entro quattro settimane dall'evento traumatico e una durata degli stessi inferiore a un mese, il DSM-5-TR assegna una diagnosi di disturbo acuto da stress. Se i sintomi perdurano oltre un mese, la diagnosi è di disturbo post traumatico da stress. Secondo gli studi, quasi l'80% di tutti i casi di disturbo acuto da stress evolvono in disturbo post traumatico da stress. Chi soffre del disturbo può essere tormentato da pensieri ricorrenti, ricordi, sogni o incubi in cui rivive continuamente l'evento. Alcuni rivivono nella mente l'evento in modo talmente vivido da essere portati a pensare che stia effettivamente accadendo di nuovo. Vengono generalmente evitate le attività che riportano alla mente l'evento traumatico. La persona prova un senso di distacco ed estraneità nei confronti degli altri o perde interesse per quelle attività che un tempo trovava piacevoli. Alcuni hanno sintomi di dissociazione o estraniamento psicologico. Può essere presente una sensazione di ipervigilanza, la persona si spaventa facilmente, ha difficoltà di concentrazione e di addormentamento. 5.2.1 Da cosa è provocato un disturbo da stress acuto e post traumatico? Qualsiasi evento traumatico può provocare un disturbo da stress, ma tale probabilità aumenta in presenza di certe situazioni. Tra le più comuni: Il combattimento (es. guerre). I disastri (es. terremoti, inondazioni ecc). La violenza sessuale e la vittimizzazione → le vittime generalmente sono fortemente scioccate nella settimana successiva alla violenza. Lo stress continua a salire nelle successive tre settimane, si mantiene un livello picco per un altro mese circa e poi inizia un miglioramento. Sebbene la maggior parte delle vittime di stupro presenti un miglioramento delle condizioni psicologiche nel giro di tre o quattro mesi, gli effetti possono perdurare anche per un anno e mezzo o più. Terrorismo. Tortura. 5.2.2 Perché si sviluppa un disturbo da stress acuto e post traumatico? Chi sperimenta un trauma grave ne rimarrà certamente colpito in qualche modo, ma solo alcune persone sviluppano un trauma da stress. Di seguito i numerosi fattori coinvolti: Fattori biologici e genetici → dagli studi è emerso che gli eventi traumatici provocano alterazioni fisiche nel cervello e nell'organismo. Si è riscontrata un'attività anomala dell'ormone cortisolo e dell'ormone/neurotrasmettitore noradrenalina. In particolare vengono colpite due aree cerebrali, l'ippocampo e l'amigdala. Un ippocampo disfunzionale può avere un ruolo nella produzione di ricordi intrusivi e nello stato di allarme costante che si ritrovano nel disturbo post traumatico da stress. In modo analogo l'amigdala rientra nel controllo dell'ansia di altre reazioni emotive. In breve, lo stato di allarme prodotto da eventi traumatici eccezionali può portare al disturbo da stress in alcune persone, e il disturbo da stress può provocare ulteriori alterazioni cerebrali, fissando ancora di più il disturbo. Personalità → alcuni studi indicano che certe personalità, atteggiamenti e stili nell'affrontare i problemi hanno una maggiore tendenza a sviluppare disturbi da stress (es. colori i quali ritengono in genere di non essere in grado di controllare gli eventi negativi della vita; coloro che in generale trovano difficoltà nell'individuare qualcosa di positivo nelle situazioni spiacevoli). Esperienze infantili → alcune esperienze avute nell'infanzia sembrano favorire il rischio di sviluppare in età adulta disturbi acuti e post-traumatici da stress (es. povertà; familiari con disturbi psicologici; coloro che da piccoli hanno subito aggressioni). Supporto sociale → le persone che non hanno una rete di supporto sociale e familiare solida tendono più di altre a sviluppare un disturbo da stress in seguito a un evento traumatico. Fattori multiculturali. Gravità del trauma → certi eventi di alta gravità possono a n nullare anche un'infanzia rassicurante, un atteggiamento positivo e una rete valida di rapporti sociali. 5.2.3 Come viene trattato dal punto di vista clinico un disturbo da stress acuto e post - traumatico? Terapia farmacologica → vengono impiegati i farmaci anti-ansia. Inoltre, i farmaci antidepressivi possono ridurre la frequenza di incubi, attacchi di panico, flashback e senso di depressione. Tecniche di esposizione comportamentale → un tipo particolare è la desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari, in cui il paziente compie movimenti laterali e ritmici degli occhi mentre nella sua mente vengono riversate immagini di oggetti e situazioni che normalmente cerca di evitare. Insight terapeutico → si guida i soggetti nell'analisi e nella modifica degli atteggiamenti disfunzionali e degli stili di interpretazione che derivano dalle proprie esperienze traumatiche. Terapia familiare. Terapia di gruppo. Il debriefing psicologico è una forma di intervento in situazioni di crisi in cui le vittime del trauma vengono fatte parlare a lungo delle proprie emozioni e reazioni a distanza di pochi giorni dall'evento critico. I consulenti spiegano quindi alle vittime che le loro reazioni sono perfettamente normali di fronte a un evento terribile, danno consigli per la gestione dello stress e, se necessario, avviano le vittime ad altri professionisti per un trattamento a lungo termine. I clinici teorici, oggi ritengono che se i soggetti ad alto rischio possono trarre beneficio dai programmi di debriefing, altre vittime di traumi non dovrebbero essere sottoposte a tale trattamento. Capitolo 6: Disturbi somatoformi 6.1 Disturbi con sintomi somatoformi Un problema prettamente fisico potrebbe essere determinato da fattori psicologici (es. una anomala attività dei neurotrasmettitori contribuisce al disturbo di Ansia generalizzato e ad altri). Non sorprende, dunque, che una malattia fisica possa avere cause psicologiche. Il DSM-5 elenca una serie di disturbi psicologici per i quali sintomi fisici costituiscono i primi segni della patologia: Disturbo fittizio → le persone affette da un disturbo fittizio spesso esagerano i loro sintomi per dare l'impressione che si tratti di una malattia vera. Molti assumono farmaci di nascosto e si iniettano medicine che causano emorragie, febbre ecc. Le persone con disturbi psicologici, pensano di non poter controllare il loro problema e spesso vivono in uno stato di grande disagio. La forma estrema e cronica del disturbo fittizio è la sindrome di Munchausen. Il soggetto riproduce sintomi fisici per il desiderio di assumere il ruolo di paziente. Le persone con disturbi fittizi spesso cercano la causa dei loro problemi presunti e dimostrano una conoscenza stupefacente della medicina. Molti arrivano a sottoporsi a esami o a trattamenti dolorosi, fino ad arrivare alla chirurgia. I disturbi fittizi sono particolarmente diffusi tra soggetti che: … Da bambini sono stati sottoposti a cure prolungate per problemi di salute. … Provano risentimento nei confronti della professione medica... Lavorato come infermieri, tecnici di laboratorio o supporto medico. A oggi non si conoscono le specifiche cause, anche se i clinici sembrano individuarle tra fattori come: la depressione, scarso sostegno dei genitori durante l'infanzia, un estremo bisogno di sostegno sociale non altrimenti disponibile. Al momento i clinici non sono riusciti a lavorare a trattamenti efficaci per questo tipo di patologia. In un disturbo correlato, il disturbo fittizio per procura, meglio noto come la sindrome di Munchausen per procura, i genitori inducono o procurano delle malattie fittizie ai figli, tanto da costringerli in certi casi a subire esami clinici dolorosi, cure o interventi chirurgici. Disturbo di conversione → un conflitto o bisogno psicologico viene convertito in sintomi fisici gravi che riguardano le funzioni motorie volontarie o sensitive (es. paralisi, cecità o perdita della sensibilità). I disturbi in genere si manifestano all'improvviso, nei periodi di stress estremo e durano diverse settimane. Dal momento che i disturbi di conversione sono molto simili a veri disturbi fisici, spesso per distinguerli medici fanno riferimento a stranezze che emergono dal quadro clinicocomplessivo del paziente, come eventuali incoerenze con il meccanismo di funzionamento del sistema nervoso. Ad esempio, un classico sintomo di conversione è l'anestesia a guanto: l'intorpidimento coinvolge tutta la mano, inizia dal polso e termina alla punta delle dita. I danni neurologici reali, invece, raramente sono estesi in modo così uniforme. Disturbo con sintomi somatici → i soggetti con disturbo con sintomi somatici sono eccessivamente stressati, preoccupati e ansiosi a causa di sintomi fisici che hanno un effetto particolarmente dirompente sulla loro vita quotidiana. Due sono le forme del disturbo con sintomi somatici: … In quella di somatizzazione, i sintomi fisici sono estesi e numerosi. Questa può prendere il nome di sindrome di Briquet. Tale disturbo viene diagnosticato a persone che presentano una serie di sintomi, tra i quali molti sintomi algici (es. mal di testa e male al torace), sintomi sessuali e sintomi neurologici. Chi soffre di disturbo di somatizzazione descrive tanti sintomi in termini drammatici ed esagerati. Un disturbo di somatizzazione permane per molti anni e di rado scompaiono completamente senza una cura. … In quella con dolore predominante, l'elemento predominante è il dolore patito dal soggetto (anche chi soffre di disturbo di conversione o un altro disturbo con sintomi somatici può provare dolore, ma quest'ultimo non assume un ruolo chiave come lo assume invece in questo caso). Tale disturbo può essere anche nominato come disturbo algico associato con fattori psicologici. Disturbo da ansia di malattia/disturbo somatoforme da preoccupazione → i soggetti sono ansiosi per il proprio stato di salute e si preoccupano di essere gravemente malati pur in assenza di qualsiasi sintomo fisico. Ne fanno parte: … L'ipocondria → le persone affette da ipocondria prestano un'attenzione esagerata ai sintomi fisici interpretandoli come segnali di una malattia vera e propria in atto nel loro organismo. Alcuni pazienti sono coscienti del fatto che la loro preoccupazione è eccessiva, ma molti invece non lo sono affatto. Nella maggior parte dei pazienti, i sintomi si riducono nel corso degli anni. … Il disturbo di dismorfismo corporeo → gli individui affetti dal disturbo di dismorfismo corporeo si dimostrano molto preoccupati per certi presunti difetti trascurabili del proprio aspetto fisico (es. rughe, macchie della pelle, gonfiore del viso ecc.). Le persone affette dal disturbo di dismorfismo corporeo non si limitano a preoccuparsi, ma sono seriamente angosciate da qualche particolare afferente al loro fisico. Coloro che soffrono di questo disturbo possono limitare in modo esagerato il contatto con gli altri, essere incapaci di guardare gli altri negli occhi o darsi molto da fare per nascondere i propri difetti. Quando un problema fisico non ha una causa fisica evidente, i medici avanzano l'ipotesi che si tratti di un disturbo somatoforme, una malattia fisica con cause in gran parte psicosociali. I sintomi fisici non sono prodotti in modo intenzionale. In alcuni disturbi somatoformi, noti come disturbi somatoformi di tipo isterico, vi è un cambiamento reale nel funzionamento fisico, mentre in altri, i disturbi somatoformi ipocondriaci, le persone sane si preoccupano ingiustificatamente, convinte che vi sia qualcosa nel loro fisico che non funziona. I disturbi somatoformi di tipo isterico, sono Disturbo di conversione. Disturbi di somatizzazione. Disturbi algici associati con fattori psicologici. I disturbi somatoformi da preoccupazione sono: Ipocondria Disturbi. di dismorfismo corporeo. 6.1.3 Quali sono le cause dei disturbi somatoformi? Spiegazioni disturbi somatoformi da preoccupazione: I comportamentisti ritengono che le paure presenti nell'ipocondria nel disturbo dismorficocorporeo siano acquisite attraverso il condizionamento classico o il modellamento. I teorici cognitivi avanzano l'ipotesi che le persone affette da questi disturbi siano moltosensibili ai segnali fisici e li avvertano come una minaccia, tanto da giungere a fraintendimenti. Spiegazioni disturbi somatoformi di tipo isterico: Visione psicodinamica → secondo i teorici psicodinamici due meccanismi agiscono nei disturbi somatoformi di tipo isterico: il guadagno primario e il guadagno secondario. Gli individui conseguono un guadagno primario quando i loro sintomi isterici mantengono i conflitti intimi fuori dalla coscienza: per esempio durante una discussione, un uomo che ha delle paure inconsce sull'espressione della rabbia può sviluppare una paralisi di conversione del braccio, impedendo così ai suoi sentimenti di rabbia di affiorare alla coscienza. Gli individui conseguono un guadagno secondario quando i sintomi isterici permettono loro di evitare anche attività sgradite o di ricevere attestazioni di simpatia da altri. Quando, per esempio, una paralisi di conversione consente a un soldato di sottrarsi al dovere di combattere oppure la cecità di conversione impedisce la rottura di una relazione, opera il guadagno secondario. Visione comportamentista → i sintomi fisici dei disturbi isterici rappresentano una ricompensa per i malati, ad esempio i sintomi possono sottrarre gli individui a una relazione spiacevole o attirare l'attenzione di altre persone. In risposta a queste ricompense, i malati imparano a manifestare i sintomi in modo sempre più evidente. È evidente che l'attenzione dei comportamentisti sulla ricompensa richiama l'idea psicodinamica del guadagno secondario. Visione cognitiva → i disturbi isterici sarebbero forme di comunicazione che forniscono i mezzi per esprimere emozioni che altrimenti sarebbe difficile comunicare. Come i teorici psicodinamici, i cognitivi ritengono che le emozioni dei pazienti con disturbi isterici vengono convertite in sintomi fisici; sostengono, però, che il fine della conversione non sarebbe quello di proteggere dall'ansia, ma trasformare sintomi gravi in un linguaggio del corpo familiare rassicurante per il paziente. Secondo questa visione, le persone che considerano particolarmente difficile riconoscere o esprimere le loro emozioni sono predisposti ai disturbi isterici. Visione multiculturale → la somatizzazione di qualunque tipo è oggetto di riprovazione nei paesi occidentali. In realtà, la trasformazione di disagio personale in sintomi somatici è la regola in molte culture non occidentali in cui la somatizzazione è considerata una reazione adeguata e meno stigmatizzante, sia dalla società sia dai medici, ai fattori stressanti della vita. Le reazioni ai fattori di stress sono dunque spesso influenzate dalla cultura di appartenenza Visione biologica → Non bisognerebbe trascurare l'impatto dei processi biologici. Per rendersene conto, occorre riflettere su ciò che hanno appreso i ricercatori sui placebo e sull'effetto placebo. Perché i placebo svolgono una valida azione terapeutica? Recentemente i ricercatori hanno scoperto che una convinzione o un'aspettativa può mettere in azione alcune sostanze chimiche nell'intero corpo, in grado di produrre un effetto curativo. 6.1.4 Come vengono curati i disturbi somatoformi? Le persone affette da disturbi somatoformi in genere si sottopongono alla psicoterapia solo come rimedio estremo, poiché sono del tutto convinte che i loro problemi siano medici. Alla fine, tuttavia, molti pazienti con questi disturbi si sottopongono a psicoterapia, a terapie a base di psicofarmaci o a entrambe. Gli individui con disturbi somatoformi da preoccupazione (ipocondria e disturbi di dismorfismo corporeo) in genere ricevono lo stesso tipo di trattamento dei malati affetti da disturbi d'ansia. I terapeuti psicodinamici, cercano di aiutare gli individui con disturbi isterici ad acquisire consapevolezza delle loro paure inconsce e a risolverle, riducendo così il ricorso del paziente a modalità repressive e corporee. I terapeuti comportamentali utilizzano anche l'esposizione: i pazienti vengono esposti a condizioni simili agli eventi terribili che per primi hanno scatenato i loro sintomi fisici. I terapeuti biologici usano i farmaci anti-ansia o alcuni antidepressivi per aiutare a ridurre l'ansia di pazienti con disturbi isterici. 6.7 Disturbi psicofisiologici: fattori psicologici che incidono sulla condizione fisica Si tratta di un gruppo di malattie fisiche che sembrano essere causate o peggiorate dall'interazionetra fattori biologici, psicologici e socio-culturali. Nei disturbi psicofisiologici la condizione fisica è direttamente coinvolta e il corpo ne può soffriregravemente. Questo tipo di disturbo si distingue da disturbi come quello fittizio, di conversione d'ansia di malattia che si caratterizzano in primo luogo per elementi di tipo psicologico. 6.7.1 Disturbi psicofisiologici tradizionali Passeremo in rassegna i tradizionali disturbi psicofisiologici per poi analizzare le nuove patologie inserite nella categoria dei disturbi psicofisiologici: Ulcera → è una lesione che si forma nelle pareti dello stomaco o del duodeno e si presenta con una forte sensazione di bruciore o dolore allo stomaco. Asma → determina un restringimento periodico delle vie aeree, rendendo più difficoltoso il passaggio dell'ossigeno da e ai polmoni. Insonni a → difficoltà ad addormentarsi e a dormire in modo continuativo. Mal di testa cronico → consiste in frequenti e intensi dolori alla testa o al collo non causati da disturbi fisici. Ipert e nsione → stato cronico di alta pressione sanguigna. Malattia coronarica → causata da ostruzione delle coronarie, i vasi sanguigni che circondano il cuore e trasportano l'ossigeno al muscolo cardiaco. 6.8 Quali fattori determinano i disturbi psicofisiologici? I clinici hanno individuato alcune variabili che in genere possono contribuire allo sviluppo di disturbi psicofisiologici: Fattori biologici. Fattori psicologici. Fattori socioculturali. 6.9 Nuovi disturbi psicofisiologici Con il passare degli anni sempre più patologie sono state aggiunte alla lista dei disturbi psicofisiologici tradizionali. Nel 1977 due ricercatori, Holmes e Rahe, svilupparono la Social Adjustment Rating Scale, assegnando valori numerici al tipo di stress che la maggior parte delle persone affronta almeno una volta nella vita. Questa scala dà ai ricercatori un sistema di misurazione dell'ammontare totale di stress che una persona affronta in un dato periodo di tempo. Se, ad esempio, nel corso dell'anno una donna inizia una nuova attività commerciale (39 LCU), iscrive suo figlio all'università (29 LCU) e affronta la morte di un caro amico (37 LCU), il suo punteggio di stress ammonta a 125 LCU, una somma considerevole per un periodo di tempo così limitato. Con questi indicatori alla mano, Holmes e Rahe hanno analizzato la relazione tra lo stress e l'insorgere di patologie. Riscontrarono che il punteggio LCU di persone malate, durante l'anno precedente al presentarsi della malattia, era molto più elevato di quello delle persone in salute. Se i cambiamenti nella vita di una persona superano i 300 LCU nel corso di un anno, aumentano le probabilità di sviluppare gravi problemi di salute. 6.9.2 Psiconeuroimmunologia In che modo eventi stressanti determinano l'insorgere di infezioni virali o batteriche? La psicoimmunologia cerca di rispondere a questa domanda studiando i legami tra stress psicosociale, sistema immunitario e salute. Il sistema immunitario è la rete di attività e cellule che individua e distrugge gli antigeni (invasori esterni come batteri, virus, funghi e parassiti) e cellule cancerose. Il sistema è composto da miliardi di linfociti, globuli bianchi che circolano attraverso il sistema linfatico e il flusso sanguigno. Secondo le ricerche, lo stress interferisce con l'attività dei linfociti rallentandola e dunque aumentando la vulnerabilità della persona alle infezioni virali e batteriche. Ma perché e quando lo stress interferisce con il sistema immunitario? Molti fattori influenzano questo rapporto: Attività biochimica → una eccessiva attività di neurotrasmettitore norepinefrina sembra contribuire al rallentamento del sistema immunitario. Cambiamenti comportamentali → lo stress può determinare una serie di cambiamenti comportamentali che in maniera indiretta colpiscono il sistema immunitario. I soggetti sotto stress dormono male, mangiano male, fanno pochi esercizi, fumano ecc. Pers o nalità di tipo A → le persone con una forte personalità rimangono in salute anche dopo eventi stressanti, mentre gli altri sono più vulnerabili alle malattie. Sostegno sociale → il sostegno sociale e l'appartenenza a un gruppo aiuta a proteggere le persone dallo stress, che causa cattivo funzionamento del sistema immunitario. 6.10 Trattamenti psicologici per disturbi fisici I clinici applicano trattamenti psicologici a un numero sempre maggiore di problemi medici. I più comuni tra questi trattamenti sono: Esercizi di rilassamento. Biofeedback. Meditazione. Ipnosi. Interventi cognitivi → soggetti con disturbi fisici a volte vengono insegnati i nuovi comportamenti o reazioni cognitive i propri malanni come parte del trattamento. Gruppi di sostegno e espressione delle emozioni. Capitolo 7: disturbo dell'umore 7.1 Depressione unipolare Tutti possono essere infelici di tanto in tanto, ma solo alcuni soffrono di depressione unipolare. Nella depressione clinica è presente un dolore psicologico grave e duraturo, che può intensificarsi con il passare del tempo. Coloro che ne soffrono possono perdere la voglia di eseguire le attività quotidiane più semplici, fino ad arrivare a perdere anche la voglia di vivere. 7.1.2 Quali sono i sintomi della depressione? La depressione si manifesta con numerosi sintomi, non solo con la tristezza. Tali sintomi riguardano cinque aree di funzionamento: Sintomi emotivi → la maggior parte dei depressi si sentono tristi e abbattuti. Alcuni manifestano ansia, rabbia o agitazione. Sintom i motivazionali → le persone depresse, in genere, non hanno più voglia di dedicarsi alle loro attività consuete, sebbene queste procurassero loro soddisfazione. Sintomi comportamentali → le persone depresse sono in genere meno attive e meno produttive. Passano molto tempo da sole e possono restare a letto per lunghi periodi. Sintomi cognitivi → i soggetti depressi hanno una visione di sé stessi estremamente negativa. Essi si considerano inadeguati, indesiderabili, inferiori, persino cattivi e sgradevoli. Sintomi fisici → le persone depresse presentano spesso sintomi fisici come mal di testa, cattiva digestione, costipazione, episodi di vertigine e dolori generici. 7.1.3 Diagnosi della depressione unipolare (Episodio Depressivo Maggiore) Secondo il DSM-5, un episodio depressivo maggiore è un periodo in cui sono presenti almeno cinque sintomi depressivi che permangono per due settimane o più. In casi estremi, l'episodio può comprendere sintomi psicotici caratterizzati dalla perdita di contatto con la realtà, come deliri o allucinazioni (per delirio si intende una convinzione erronea che comporta un'errata interpretazione di percezioni ed esperienze, convinzione che resiste ai tentativi di falsificazione - per allucinazione si intende una distorsione o un'esagerazione del contenuto della percezione). Per i soggetti che hanno un episodio depressivo maggiore senza episodi maniacali pregressi la diagnosi è di disturbo depressivo maggiore. 7.1.4 Stress e depressione unipolare Spesso un episodio di depressione maggiore sembra essere indotto da un evento stressante. Alcuni clinici giudicano importante distinguere tra depressione reattiva (esogena), successiva a eventi chiaramente stressanti, e depressione endogena, che appare più come una reazione a fattori interni. 7.1.5 Il modello biologico della depressione unipolare Sarebbe possibile individuare delle origini biologiche anche nel caso della depressione unipolare? Fattori genetici → da studi sui gemelli e altri è emerso che la predisposizione della depressione è ereditaria (46% di probabilità tra gemelli). I ricercatori hanno verificato che la depressione unipolare può essere collegata a geni (es. anomalia del gene 5-HTT localizzato sul cromosoma 17, responsabile dell'attività del neurotrasmettitore serotonina). Fattori biochimici → alla depressione unipolare è stata collegata una bassa attività di due neurotrasmettitori chimici: la noradrenalina e la serotonina. Per anni si ritenne che una bassa attività della noradrenalina o della serotonina potesse causare la depressione, mentre oggi gli studiosi ritengono che il rapporto dei neurotrasmettitori con la depressione sia più complesso (è implicata la relazione stessa tra neurotrasmettitori). Dalla ricerca biologica è emerso inoltre che il sistema endocrino può avere un ruolo importante nella depressione unipolare (livelli molto elevati di cortisolo, melatonina). Anatomia del cervello e circuiti cerebrali → è emerso un circuito cerebrale responsabile della depressione unipolare: la corteccia prefrontale, l'ippocampo, l'amigdala e l'area 25 di Brodmann (soggetto depresso → questo circuito presenta anomalie come flussi sanguigni ridotti o iperattivi, o dimensioni alterate). Sistema immunitario → un malfunzionamento del sistema immunitario può favorire lo sviluppo della depressione. Quali sono i trattamenti biologici per la depressione unipolare? In genere con trattamento biologico si intende l'uso di farmaci antidepressivi o di integratori fitoterapici, ma per i soggetti gravemente depressi, che non rispondono a queste forme di trattamento (farmaco-resistenti) è indicata talvolta la terapia elettroconvulsiva o una serie di approcci relativamente recenti, detti nell'insieme 'stimolazione transcranica'. Terapia elettroconvulsiva → due elettrodi vengono applicati alla testa del paziente e una corrente elettrica passa attraverso il cervello per mezzo secondo o meno. Dopo una serie di 6-12 trattamenti i pazienti si sentono meno depressi. Farmaci antidepressivi → vi sono tre categorie di farmaci: … Gli inibitori della monoaminossidasi (IMAO = inibitori MAO) → rallentamento nella produzione nell'organismo dell'enzima monoaminossidasi. Di norma, l'enzima MAO nel cervello degrada il neurotrasmettitore noradrenalina. Gli inibitori MAO bloccano la distruzione della noradrenalina. Il rischio di tali farmaci è un aumento della pressione sanguigna se assumono alimenti che contengono tiramina. … Triciclici → contiene imipramina. Se si sospende la terapia ai primi segni di miglioramento vi è un elevato rischio di recidiva entro un anno. Per questo motivo, in genere i medici suggeriscono la terapia di mantenimento (si attende la scomparsa totale dei sintomi). … Antidepressivi di seconda generazione → sono anche chiamati come inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), in quanto aumentano specificatamente l'attività della serotonina senza influenzare quella della noradrenalina o di altri neurotrasmettitori (es. fluoxetina, sertralina). I nuovi antidepressivi possono ridurre in alcuni casi la libido. Stimolazione cerebrale → negli ultimi anni sono stati proposti tre nuovi promettenti approcci: … La stimolazione del nervo vago → viene impiantato chirurgicamente sotto la cute del torace un piccolo dispositivo, un generatore di impulsi. Da qui il chirurgo conduce un sottilissimo filo che, attraverso il collo, viene collegato al nervo vago sinistro. Il nervo vago stimolat o invia segnali elettrici al cervello (il 40% dei soggetti riferisce un notevole miglioramento). … La stimolazione magnetica transcranica → è una tecnica di stimolazione cerebrale non invasiva. Il medico applica una spirale elettromagnetica sulla testa del paziente, a contatto con essa o leggermente sollevata. La spirale genera un campo elettromagnetico che raggiunge la corteccia prefrontale. Si impiantano due elettrodi direttamente sull'area 25, collegati a una batteria o pacemaker, impiantato nel torace del paziente. Il pacemaker attiva gli elettrodi, i quali inviano all'area 25 un flusso costante di corrente elettrica a bassa intensità. Questa stimolazione ripetuta riduce l'attività dell'area 25 riportandola alla normalità e ricalibra l'intero circuito cerebrale della depressione. … La stimolazione cerebrale profonda. 7.1.6 Modelli psicologici della depressione unipolare I modelli psicologici più attestati nel caso della depressione unipolare sono il tipo psicodinamico, comportamentale e cognitivo. Approccio psicodinamico ai disturbi dell'umore → Vi sono due principali tipologie di depressione al'interno dell'approccio psicodinamico: … Depressione introiettiva → viene ipotizzata la possibilità di alterazione di stati morbosi delle emozioni di base. Si considera la depressione come la realizzazione alla perdita, reale o immaginaria, di un oggetto: questo sentimento viene codificato come conseguenza dell'incapacità dell'individuo di raggiungere e conservare dentro di sé l'oggetto stesso, generando così nel soggetto un senso di impotenza e vulnerabilità. La depressione viene quindi intesa come la conseguenza della rappresentazione che l'individuo ha di sé stesso come inabile a perseguire i propri obiettivi. … Depressione anaclitica → si verifica in riferimento allo stato depressivo in cui vengono a trovarsi i bambini abbandonati e separati prematuramente dalle cure materne. Tale quadro clinico è il risultato di una separazione dalla madre che avviene durante i primi mesi di vita. Tale separazione riveste importanti conseguenze sulla struttura psichica del bambino. Essa colora il mondo interno del soggetto di sentimen ti di perdita, solitudine ecc. Il tema centrale in tale disturbo è l'esperienza della perdita: essa rappresenta un'esperienza destrutturante che comporta, oltre che a un'iniziale vissuto di confusione, un conseguente e intenso dolore psichico. In questo disturbo, oltre all'esperienza di perdita è centrale il senso di colpa. Alcuni soggetti utilizzano il diniego per contrastare il vissuto depressivo e il senso di colpa; essi, inoltre, idealizzano il proprio sé e contemporaneamente svalutano gli altri, evitando qualsiasi tipo di legame intimo e tutte quelle situazioni che potrebbero riattivare un vissuto di perdita. Il senso di abbandono originariamente sperimentato all'interno delle relazioni primarie verrebbe successivamente negato. La terapia psicodinamica a lungo termine è efficace solo di rado nel trattamento della depressione unipolare. Vi sono due limiti: … I pazienti depressi possono essere troppo passivi e sentirsi troppo abbattuti per partecipare a pieno alle profonde discussioni che fanno parte della terapia. … Nei soggetti può subentrare scoraggiamento quando non vedono i risultati immediati che disperatamente cercano nella terapia, e dunque potrebbero abbandonare il trattamento troppo presto. Il modello comportamentale → i comportamentisti ritengono che la depressione unipolare derivi da cambiamenti significativi nella quantità di gratificazioni e punizioni che le persone ricevono nella vita. Lewinsohn e colleghi hanno scoperto che il numero di riconoscimenti che si ricevono nella vita è effettivamente correlato alla presenza o assenza di depressione. Hanno inoltre osservato che il riconoscimento sociale sia particolarmente rilevante nella spirale discendente della depressione. I trattamenti comportamentali della depressione unipolare, sono: … Il terapeuta seleziona prima di tutto delle attività che il paziente considera piacevoli e lo incoraggia a stabilire un programma settimanale che preveda degli spazi per queste attività. Dagli studi è emerso che l'inserimento di attività positive nella vita di una persona può realmente migliorarne l'umore. Quindi, dopo aver reintrodotto nella vita del suo paziente degli eventi piacevoli, il terapeuta verifica che i diversi comportamenti del soggetto ricevano il giusto riconoscimento. … I terapeuti di questo orientamento possono cercare di ignorare sistematicamente i comportamenti depressivi del paziente e al contempo apprezzare o riconoscere inaltro modo le affermazioni e i comportamenti costruttivi. … I terapeuti possono addestrare i pazienti a migliorare le proprie abilità sociali efficaci: nei programmi terapeutici di gruppo, per esempio. Il modello cognitivo → i teorici cognitivi ritengono che le persone con depressione unipolare vedano tutto in modo negativo e che siano tali percezioni e causare il disturbo. Le due spiegazioni cognitive più autorevoli, sono: … Impotenza appresa → secondo tale teoria, la depressione subentra quando le persone pensano di non avere più il controllo sui vari rinforzi (gratificazioni e punizioni) nella loro vita, e di essere responsabili per primi di questo stato di impotenza. Secondo una nuova versione della teoria, la teoria dell'attribuzione causale, quando le persone con sideran o gli eventi come al di là del proprio controllo, se ne domandano la ragione. Se la mancanza di controllo viene attribuita a una causa interna a loro stessi, allo stesso tempo globale e stabile nel tempo (es. "Sono un incapace e lo sarò sempre"), questi soggetti possono sentirsi impossibilitati a impedire futuri risultati negativi e diventare depressi. Se effettuano invece altri tipi di attribuzione tale reazione è improbabile. … Pensiero negativo → alla base della depressione vi sono pensieri connotati negativamente. Alcune persone sviluppano atteggiamenti maladattivi nell'infanzia, del tipo "Devo fare tutto perfettamente, altrimenti non valgo niente". Atteggiamenti disadattivi nascono a partire da una valutazione erronea ed esagerata dei propri fallimenti e aprono la strada al proliferare di stili di pensiero negativi e di una polarizzazione dell'umore sul polo deflesso. Questo modo di pensare assume in genere la forma definita da Beck come triade cognitiva:. Le persone tendono a interpretare continuamente.. se stesse,. e il proprio futuro, in modo negativo, il che le porta a sentirsi depresse. Inoltre, le persone depresse tendono anche a fare errori di pensiero. Un comune errore di logica è trarre inferenze arbitrarie, ossia conclusioni negative basate su prove inconsistenti. Infine, i soggetti depressi tendono ad avere pensieri automatici, un flusso costante di pensieri negativi che continuano a veicolare l'idea di inadeguatezza e di una situazione senza speranza (es. "Sono una persona inutile... Non faccio che deludere le persone ecc"). Il trattamento cognitivo per la depressione unipolare → Beck mise a punto un approccio terapeutico cognitivo. Tale approccio include anche diverse tecniche comportamentali. Per questa ragione, molti studiosi considerano questo approccio una terapia cognitivo- comportamentale. L'approccio è costituito da quattro fasi e richiede in genere meno di venti sedute: … Fase 1: aumentare le attività e migliorare l'umore → il terapeuta incoraggia il paziente a diventare più attivo e sicuro. … Fase 2: pensieri automatici → ai soggetti viene insegnato come riconoscerli, a mettere su carta i pensieri automatici così come si presentano e a portare gli elenchi compilati a ogni seduta. Il terapeuta e il paziente verificano quindi passo dopo passo la realtà che si cela dietro a questi pensieri, raggiungendo spesso la conclusione che sono senza fondamento. … Frase 3: identificare i pensieri e i pregiudizi negativi → il terapeuta guida il paziente a riconoscere che quasi tutte le sue interpretazioni degli eventi presentano un pregiudizio negativo e a cambiare questa modalità di interpretazione. … Fase 4: cambiare gli atteggiamenti di fondo → il terapeuta aiuta il paziente a cambiare prima di tutto gli atteggiamenti maladattivi che sono alla base della sua depressione. 7.1.7 Modello socio-culturale della depressione unipolare I teorici socio-culturali ipotizzano che nella depressione unipolare sia molto forte l'influsso del contesto sociale in cui vivono le persone. Anche in questo caso vi sono due tipi di visione socio- culturale: La prospettiva sociofamiliare → la depressione è stata più volte collegata alla mancanza di supporto sociale (simile al comportamentismo). Le terapie sociofamiliari mirano a cambiare le modalità di gestione dei rapporti personali più stretti. Gli approcci, sono: … Psicoterapia interpersonale → trattamento della depressione unipolare basata sull'ipotesi che identificare e modificare i problemi interpersonali aiuti a guarire dalla depressione. … Terapia di coppia → approccio in cui un terapeuta lavora con due persone legate da un rapporto sentimentale duraturo. La prospettiva multiculturale → le due idee principali della teoria multiculturale della depressione sono: … Il legame tra genere e depressione → in quasi tutti i paesi le donne hanno circa il doppio di probabilità di sviluppare la depressione unipolare. Sono state avanzate numerose spiegazioni: / L'ipotesi dell'artefatto → afferma che donne e uomini sono ugualmente esposti alla depressione, ma che negli ultimi il disturbo spesso non viene individuato. / Ipotesi ormonale → sarebbero i cambiamenti ormonali tipicamente femminili a condurre alla depressione. / Ipotesi degli event i di vita stressanti → nella società occidentale le donne sono sottoposte a maggiore stress rispetto agli uomini. / Spiegazione dell'insoddisfazione per l'aspetto fisico → nella società occidentale viene insegnato alle donne che un corpo snello e un basso peso sono valori positivi da perseguire, anche se spesso irragionevoli, irraggiungibili e dannosi per la salute. / Teoria della mancanza di controllo → le donne potrebbero essere più esposte alla depressione perché sentono di avere minore controllo degli uomini sulla propria vita. / Teoria della ruminazione → la ruminazione è la tendenza a pensare in maniera coattiva a pensieri disadattivi e disfunzionali che generano nel soggetto dei vissuti depressivi e lo spingono a interrogarsi di continuo sulle cause e conseguenze della situazione depressiva (es. "perché mi sento tanto giù?"). Si è scoperto che le donne tendono più degli uomini alla ruminazione depressiva, e questo potrebbe esporre maggiormente all'insorgere della depressione clinica. / Il legame fra contesto etnoculturale e depressione → il quadro depressivo presenta delle variazioni nei diversi paesi. Nei paesi non occidentali i soggetti depressi tendono maggiormente a manifestare sintomi fisici, come affaticamento cronico, debolezza, disturbi del sonno. In questi paesi la depressione è caratterizzata meno spesso da sintomi cognitivi quali autoaccusa, bassa autostima e senso di colpa. Le terapie culturalmente sensibili cercano di trattare i problemi specifici che si trovano ad affrontare i membri dei gruppi culturali minoritari. Nel trattamento della depressione unipolare, gli approcci culturalmente sensibili vengono sempre più spesso abbinati a forme tradizionali di psicoterapia, allo scopo di ridurre l'incidenza della sintomatologia depressiva nei pazienti appartenenti a minoranze etniche. 7.2 Disturbi bipolari Nelle persone con disturbo bipolare, periodi di depressione si alternano a periodi di mania e, quindi, l'umore risulta altalenante, a tratti deflesso, a tratti euforico. 7.2.1 Quali sono i sintomi dello stato maniacale? Coloro che vivono in stato maniacale provano una grande esaltazione dell'umore. I sintomi dello stato maniacale riguardano le stesse aree di funzionamento della depressione (area emotiva, motivazionale, comportamentale, cognitiva e fisica), ma in senso opposto. Durante tale stato le persone hanno solitamente un comportamento molto attivo. Si muovono rapidamente come se il tempo non bastasse mai per tutto ciò che intendono fare, risultano spesso iperattivi e logorroici. Il desiderio di apparire non è insolito in questi soggetti. Dal punto di vista cognitivo, gli individui in stato maniacale hanno una scarsa capacità di giudizio e di pianificazione, si sentono onnipotenti e spesso invincibili, e ciò può portarli ad agire condotte pericolose poiché incapaci di valutare la reale pericolosità di una data situazione. Infine, per quanto riguarda la sfera fisica, le persone in stato maniacale si sentono piene di energia. 7.2.2 Diagnosi dei disturbi bipolari Si considera episodio maniacale uno stato in cui è presente, per almeno una settimana, un umore esaltato o irritabile, oltre ad almeno tre altri sintomi di mania. Quando i sintomi sono più sfumati e poco invalidanti si è in presenza di un episodio ipomaniacale. Il DSM-5 distingue fra: Disturbo bipolare I → alternano episodi maniacali e periodi di depressione. Disturbo bipolare II → episodi ipomaniacale (di intensità più lieve rispetto a quelli maniacali). Si alternano episodi di depressione maggiore in un arco di tempo più lungo. Se non trattati gli episodi di umore tendono a ripetersi in entrambi i tipi di disturbo bipolare. Se il soggetto riscontra più di quattro episodi di umore nel corso di un anno, il disturbo viene definito a ciclo rapido. Quando una persona attraversa ripetuti periodi di sintomi ipomaniacali e sintomi di depressione lieve, il DSM-5 indica una diagnosi di disturbo ciclotimico; i sintomi di questa forma attenuata di disturbo bipolare perdurano per due o più anni, intervallati da periodi diumore stabile della durata di alcuni giorni o settimane 7.2.3 Da cosa sono causati i disturbi bipolari? Dalla ricerca biologica sono emersi alcuni indizi positivi: Neurotrasmettitori → numerosi studi confermano che l'attività della noradrenalina nelle persone con episodi maniacali è superiore rispetto alle persone depresse o ai partecipanti dei gruppi di controllo. Gli studi indic ano che lo stato maniacale, così come la depressione, sembra essere collegato a una bassa attività della serotonina. Tale ipoattività potrebbe favorire un disturbo dell'umore e consentire così che l'attività noradrenergica definisca la particolare forma che il disturbo assumerà. In altre parole, una bassa attività della serotonina accompagnata a una bassa attività della noradrenalina può portare alla depressione, mentre una bassa attività della serotonina accompagnata a un'iperattività della noradrenalina può portare a uno stato maniacale. Attività degli ioni → Alcuni studi ritengono che alcune irregolarità nel meccanismo di trasporto degli ioni possano causare un'iperattivazione dei neuroni (che porterebbe allo stato maniacale) o un'ostinata resistenza all'attivazione (causa di depressione). Struttura cerebrale → dalle neuroimmagini e dagli studi post mortem è emerso un certo numero di anomalie nelle strutture cerebrali di persone con disturbi bipolari. Fattori genetici → molti studiosi ritengono che si possa ereditare una predisposizione biologica a sviluppare un disturbo bipolare (gemelli omozigoti di soggetti affetti da disturbo bipolare hanno il 40% di probabilità di sviluppare lo stesso disturbo). 7.2.4 Quali sono i trattamenti per i disturbi bipolari? Numerose ricerche hanno confermato l'efficacia del litio e di altri stabilizzatori dell'umore nel trattamento di episodi maniacali. Gli stabilizzatori dell'umore si dimostrano efficaci anche per aiutare i soggetti conper disturbo bipolare a superare gli episodi depressivi, anche se in grado minore rispetto all'efficacia degli episodi maniacali. A causa del minore influsso del farmaco su gli episodi depressivi, nel trattamento della depressione bipolare è molto utilizzata una combinazione di stabilizzatori dell'umore e di antidepressivi. Mentre gli antidepressivi agiscono sulla ricezione iniziale di neurotrasmettitori da parte del neurone, gli stabilizzatori dell'umore sembrano avere un'influenza sui secondi messaggeri nel neurone (secondi messaggeri = cambiamenti chimici che avvengono all'interno di un neurone subito dopo la ricezione di un messaggio tramite neurotrasmettitore e subito prima della risposta). Psicoterapia aggiuntiva → la sola psicoterapia è raramente efficace nel caso di persone con disturbo bipolare. Considerati questi problemi, oggi molti clinici utilizzano una terapia individuale o di gruppo o familiare in aggiunta ai farmaci stabilizzatori dell'umore. I terapeuti usano molto spesso questi abbinamenti per avere modo di sottolineare costantemente l'importanza di assumere i farmaci con costanza. Capitolo 9: disturbi dell'alimentazione L'anoressia nervosa è un disturbo caratterizzato dalla ricerca di un'estrema magrezza e di un'estrema perdita di peso. Almeno metà di coloro che soffrono di anoressia nervosa cala di peso riducendo l'assunzione di cibo, un modello detto anoressia nervosa con restrizioni. Alcuni soggetti, invece, si auto-provocano il vomito dopo aver mangiato, oppure usano frequentemente lassativi o diuretici, o ancora alternano periodi di anoressia ad altri di abbuffate, e questo modello viene definito anoressia nervosa con abbuffate/condotte di eliminazione. Generalmente esso inizia dopo che un soggetto lievemente in sovrappeso, o anche normopeso, inizia una dieta dimagrante. Il passaggio all'anoressia vera e propria può essere successiva a un evento stressante, come la separazione dei genitori, o un'esperienza di fallimento personale. 9.1.1 Quadro clinico Dimagrire è l'obiettivo principale delle anoressiche, mentre la motivazione è la paura. Le persone anoressiche si preoccupano in in modo esagerato del rapporto con il cibo. Le persone anoressiche pensano in modo distorto, ossia in questi soggetti la percezione e il valore attribuiti all'aspetto fisico e al peso corporeo risultano distorti. In genere hanno una bassa opinione della propria forma fisica, si considerano brutte e inoltre tendono a vedersi troppo grasse. Nell'anoressia nervosa la percezione distorta del proprio corpo produce atteggiamenti disadattivi. I soggetti anoressici tendono ad avere convinzioni del tipo "diventerò una persona migliore se digiuno/se non mangio non mi sento in colpa". Possono manifestare alcuni problemi psicologici, come depressione, ansia e bassa autostima. Possono essere presenti insonnia o altri disturbi del sonno. È frequente in loro l'abuso di sostanze. Sono spesso presenti comportamenti ossessivo-compulsivi (es. esercizio fisico compulsivo). Le persone anoressiche tendono essere perfezioniste, una caratteristica che in genere si manifesta prima dell'insorgere del disturbo. 9.1.2 Problemi medici L'abitudine al digiuno prolungato comporta numerosi problemi medici (es. amenorrea, ipotensione, sudorazione eccessiva, osteoporosi, bradicardia, squilibri metabolici, potenziali morti per arresto cardiaco, secchezza e screpolature della cute, sviluppo di lanugo (peluria fine e soffice simile a quella talora presente nei neonati)). sarebbe considerato normale, nel corso di ripetute abbuffate (binge). Successivamente, gli individuibulimici mettono abitualmente in atto comportamenti compensatori e inappropriati, quali auto- provocarsi il vomito, abusare di lassativi, diuretici e clisteri, saltare i pasti o digiunare, o fare In ambito clinico si è osservato che alcune di essi, anche sovrappeso, hanno un comportamento alimentare in cui si abbuffano ma non vomitano, ne mettono in atto altri comportamenti compensatori. Tale modello, detto disturbo da alimentazione incontrollata, non è ancora considerato un disturbo a sé nel DSM. 9.2.1 Abbuffate Il bulimico ingerisce grandi quantità di cibo molto rapidamente, senza quasi masticare, in genere predilige alimenti dolci e molto calorici, di consistenza morbida, come gelato, biscotti, dolci e panini. Il cibo non viene quasi mai assaporato ne osservato. Le abbuffate sono precedute da grande tensione e nervosismo. Durante l'abbuffata la persona bulimica non riesce a fermarsi e a smettere di mangiare. Sebbene l'abbuffata in sé possa essere esperita come qualcosa di piacevole, nel senso che allevia una tensione insopportabile, è seguita da un forte senso di colpa, oltre che dalla sensazione di stare ingrassando e di essere scoperti. 9.2.2 Comportamenti compensatori Molti ricorrono al vomito autoindotto, che però, contrariamente a quanto si pensa, non impedisce l'assorbimento di metà delle calorie assunte durante un'abbuffata. Inoltre, l'azione ripetuta del vomito autoindotto influenza nel tempo il senso di sazietà e porta così a un appetito sempre maggiore e ad abbuffate sempre più abbondanti e frequenti. Neppure l'uso di lassativi e diuretici consente di annullare gli effetti calorici della buffate. Con il passare del tempo si instaura un circolo vizioso in cui l'eliminazione consente di abbuffarsi ancora e l'abbuffata richiede una nuova eliminazione. La maggior parte di essi è perfettamente consapevole di avere un disturbo dell'alimentazione. Come nel caso dell'anoressia nervosa, il comportamento bulimico inizia in genere durante o dopo un periodo di dieta rigida, che spesso ha funzionato e ha suscitato i complimenti di amici e familiari. 9.2.3 Bulimia nervosa e anoressia nervosa Tra gli individui affetti da uno di questi disturbi il rischio di suicidio è più alto. Vi sono tra i due disturbi significative differenze. I bulimici tendono a compiacere ed essere attraenti agli occhi degli altri, oltre che di stabilire con loro relazioni intime. Tendono inoltre a essere più attivi sessualmente rispetto agli anoressici. Un aspetto particolarmente preoccupante è la presenza in molti soggetti di variazioni di umore. Oltre un terzo dei soggetti bulimici manifesta le caratteristiche di disturbo di personalità borderline. Un'altra differenza è la natura delle complicazioni mediche associate ai due disturbi. Solo la metà delle donne con bulimia nervosa non hanno più le mestruazioni rispetto quasi alla totalità delle anoressiche. Nel caso della bulimia, inoltre, l'abitudine al vomito sottopone denti e gengive all'azione frequente dell'acido cloridrico, per cui possono verificarsi in questi soggetti seri problemi dentali. Il vomito ripetuto o la diarrea cronica possono provocare pericolose carenze di potassio. 9.3 Disturbo da alimentazione incontrollata (Binge Eating) I soggetti affetti da disturbo da alimentazione incontrollata si abbuffano ripetutamente. Non pongono in essere, tuttavia, comportamenti compensatori e, come conseguenza delle abbuffate, circa due terzi dei soggetti diventa sovrappeso o addirittura obeso. Le abbuffate sono simili a quelle riscontrate nella bulimia nervosa. Proprio come chi soffre di bulimia nervosa o anoressia nervosa, chi soffre di disturbo da alimentazione incontrollata si preoccupa del cibo, del peso e del proprio aspetto; valuta se stesso sulla base del proprio peso e della propria forma; percepisce in modo distorto la propria taglia ed è estremamente insoddisfatto del proprio corpo. Diversamente dagli altri disturbi dell'alimentazione, il disturbo da alimentazione incontrollata non si sviluppa a partire dallo sforzo di seguire diete estreme e non vi sono differenze di genere. 9.4 Quali sono le cause dei disturbi dell'alimentazione? Vengono identificati diversi fattori essenziali che pongono gli individui a rischio per questi disturbi. Più numerosi sono i fattori presenti, maggiore è la probabilità che una persona possa sviluppare un disturbo dell'alimentazione. I fattori citati più spesso comprendono: Fattori psicodinamici → i disturbi del comportamento alimentare rappresentano la manifestazione sintomatica di un profondo disagio psichico, un disagio che affonda le sue radici nella dimensione evolutivo-relazionale del soggetto e, in particolare, in deficitari contesti di accudimento. Occorre ricordare che il momento della nutrizione riveste un'importanza centrale nel determinare la strutturazione psichica del soggetto e l'organizzazione delle sue funzioni mentali. Durante le precoci esperienze di allattamento, infatti, non avviene solo un nutrimento fisico, ma anche un nutrimento psichico che concorre alla costruzione dell'apparato infantile ancora in formazione. Tuttavia, laddove vengano a mancare quelle esperienze di reciprocità, si potrebbe affermare che quando il genitore si rivela poco disponibile emotivamente, il cibo perde la sua funzione di nutrimento psichico e finisce invece col diventare un cibo tossico, un introietto carico di valenze relazionali negative. Nella prospettiva psicoanalitica, quindi, la sintomatologia anoressica-bulimica, e più in generale il rapporto disfunzionale che il soggetto instaura con il cibo (si ricorda che l'alimentazione è un fondamentale organizzatore delle funzioni psichiche e che a livello simbolico il cibo rappresenta il sostituto del oggetto d'amore primario, ovvero la madre: il modo in cui il soggetto si rapporta con il cibo rappresenta, quindi, la manifestazione osservabile delle relazioni oggettuali primarie), presenta l'espressione sintomatica della sofferenza emotiva esperita dal bambino a causa dell'assenza di sincronia e reciprocità con la madre durante l'allattamento. Il principale fattore eziologico risulta essere la mancanza di risposte genitoriali appropriate ai segnali con cui il bambino esprime i suoi bisogni. Figure genitoriali emotivamente inaccessibili e al tempo stesso fortemente intrusive e soffocanti, vengono allora personificate nel corpo, a sua volta percepito come un involucro ingombrante e disincarnato. A seguito di ciò il soggetto sviluppa meccanismi difensivi di tipo 'no entry' volti a difendere il Sé dall'intrusione di oggetti estranei. Tale sistema difensivo, che si sostanzia a partire dal conflitto dipendenza- indipendenza e dalle modificazioni corporee (sessualizzazione del corpo), implica una pervasiva negoziazione del desiderio nella sua radice corporea; i sentimenti di profonda disperazione e di vergogna tipici di questi soggetti restano forclusione del corpo, che viene investita a dismisura. Il corpo diviene il teatro della sofferenza psichica, un oggetto da rinnegare, lacerare, affamare e mortificare, poiché in esso sono proiettati gli oggetti mortiferi che popolano il mondo interno del soggetto e che egli non è in grado di mentalizzare, e di conseguenza anche del cibo. Fattori cognitivi → a causa di un modello genitoriale inefficace le persone che soffrono di disturbi dell'alimentazione interpretano in modo erroneo le proprie sensazioni e i propri bisogni interiori, sentono in generale di avere scarso controllo sulla propria vita e, allo stesso tempo, vogliono avere un controllo esasperato sul proprio corpo e sulle proprie abitudini alimentari. Secondo i teorici cognitivi, sono questi problemi a causare la bassa distorsione cognitiva che è alla base del disturbo alimentare: nelle persone anoressiche e bulimiche, cioè, il giudizio di sé è basato su forme e dimensioni fisiche e sulla loro capacità di controllarle. Disturbi dell'umore → in molte persone con disturbi dell'alimentazione, in particolare bulimici, sono presenti sintomi di depressione. Questa scoperta ha condotto alcuni teorici a ipotizzare che siano i disturbi dell'umore a preparare il terreno per l'insorgenza dei disturbi alimentari. Fattori biologici → i teorici di orientamento biologico ipotizzano che alcuni geni possano predisporre disturbi dell'alimentazione. Si è effettivamente verificato che i familiari di soggetti con disturbi alimentari hanno fino a sei volte più probabilità rispetto ad altri individui di manifestare gli stessi disturbi: … Vi è il sospetto che sia un'attività anomala della serotonina, condizione alla quale alcuni possono essere predisposti, a provocare l'intenso desiderio e l'ingestione eccessiva di cibi ad alto contenuto di carboidrati. … Sono state localizzate nell'ipotalamo due distinte aree che controllano il desiderio di mangiare. La prima, l'ipotalamo laterale, quando si attiva produce il senso di fame. La seconda, l'ipotalamo ventromediale, al contrario quando è attivata riduce il senso di fame. Le aree dell'ipotalamo e le strutture cerebrali connesse vengono in apparenza attivate da sostanze chimiche prodotte dal cervello e dal soma, a seconda che la persona stia mangiando o digiunando. Alcuni scienziati ritengono che l'ipotalamo, le aree connesse e le sostanze chimiche collaborino a istituire una sorta di adipostato, responsabile del mantenimento del peso di un individuo su un livello detto set-point ponderale. In base alla teoria del set-point ponderale, quando si è a dieta e si scende a un peso inferiore al set-point individuale, il cervello si attiva per cercare di ristabilire il peso di partenza. Una volta che cervello e soma iniziano a cooperare per innalzare il peso, la persona a dieta ingaggia una battaglia contro sé stessa. Pressioni sociali → molti ritengono che gli standard occidentali della bellezza femminile siano in gran parte responsabili della nascita del disturbo. Ambiente familiare → secondo la ricerca, almeno la metà delle famiglie in cui c'è una persona con un disturbo alimentare ha una tradizione di valorizzazione della magrezza, dell'aspetto fisico e delle diete dimagranti. Azioni e forme di comunicazione anormali nella famiglia possono a loro volta favorire l'insorgere di disturbi alimentari (es. modello familiare invischiato → sistema familiare in cui membri sono eccessivamente coinvolti nelle vite di tutti gli altri e troppo preoccupati del loro benessere). Differenze razziali ed etniche. Differenze di genere → non è del tutto chiara la ragione di questa notevole differenza di genere (> femmine), ma è certo che nella società occidentale vi è un doppio standard per i canoni di bellezza. L'enfasi attuale sulla magrezza a tutti i costi è chiaramente rivolto alle donne più che agli uomini. E una seconda ragione può essere attribuita ai diversi metodi per dimagrire preferiti dai due sessi: i maschi tendono a incrementare l'attività fisica per perdere peso, le femmine si mettono a dieta. Ma perché alcuni maschi sviluppano un disturbo alimentare? I maschi con un disturbo alimentare generalmente praticano un lavoro o uno sport in cui è importante tenere il peso sotto controllo (es. lottatori, fondisti e maratoneti). Vi è anche una categoria di uomini affetta da un particolare disturbo dell'alimentazione, l'anoressia nervosa inversa o dismorfismo muscolare. Si tratta di un disturbo diffuso tra uomini molto muscolosi, che però continuano a vedersi scarni e deboli e a ricercarne il corpo perfetto con misure estreme, come l'allenamento esasperato, il sollevamento pesi o l'abuso di steroidi. Circa un terzo di questi uomini manifesta inoltre i comportamenti disfunzionali, come la tendenza alle abbuffate. 9.5 Come vengono trattati i disturbi dell'alimentazione? I trattamenti attuali dei disturbi dell'alimentazione hanno due obiettivi: il primo è correggere innanzitutto il modello di alimentazione pericoloso, il secondo è affrontare i fattori psicologici esituazionali che hanno provocato e mantengono in essere il problema. 9.5.1 Trattamenti per l'anoressia nervosa Lo scopo immediato di tutti i trattamenti per l'anoressia nervosa è aiutare gli individui a recuperare il peso perduto, guarire da sintomi di malnutrizione e riprendere a mangiare normalmente. I terapeuti aiutano quindi i pazienti a operare dei cambiamenti nel proprio modo di pensare. In che modo vengono ristabiliti il peso adeguato e l'alimentazione normale? Nei casi più gravi i medici possono ordinare l'alimentazione forzata (nasogastrica e parenterale) quando il paziente si rifiuta di mangiare. Il lato negativo è che però questa imposizione puoi generare sfiducia nel paziente. Negli approcci di recupero del peso di tipo comportamentale i medici usano l'apprezzamento e la gratificazione quando il paziente mangia adeguatamente o aumenta di peso, gratificazione che viene negata quando ricade nelle cattive abitudini o non aumenta di peso. La tecnica più utilizzata per ristabilire il peso vede una combinazione di assistenza infermieristica di sostegno, counseling nutrizionale e una dieta relativamente ipercalorica. I pazienti seguiti in questo modo recuperano un peso adeguato nell'arco di 8-12 settimane. Come si ottengono i cambiamenti duraturi? Si devono superare i problemi psicologici di fondo per poter ottenere dei miglioramenti duraturi. Terapia cognitivo comportamentale → lo scopo è di guidare i pazienti a rendersi conto dei propri comportamenti e dei processi cognitivi che mantengono in essere il loro tipo di alimentazione e a modificarli. Dal punto di vista comportamentale si chiede ai pazienti di monitorare, anche attraverso un diario alimentare, le proprie sensazioni, il senso di fame, il cibo ingerito e le connessioni esistenti tra queste variabili. Dal punto di vista cognitivo, viene insegnato loro a identificare la patologia di fondo, ossia la convinzione profondamente radicata di essere giudicati in base a peso, forma e dimensioni corporee alla loro capacità di controllare queste caratteristiche fisiche. La terapia cognitivo-comportamentale mira inoltre ad aiutare i pazienti a modificare il proprio atteggiamento sul cibo e sul peso. Il terapeuta guida il paziente nel notare come la sua autovalutazione delle dimensioni del corpo sia erronea. Modificare le interazioni familiari → come in altre situazioni di terapia familiare, il terapeuta incontra la famiglia nel suo insieme, identifica i modelli problematici e guida i membri nell'apportare i cambiamenti idonei. In particolare, il terapeuta familiare può cercare di aiutare la persona anoressica a separare i propri bisogni da quelli degli altri membri della famiglia invischiata. Quali sono le conseguenze dell'anoressia nervosa? Il decorso e l'esito del disturbo variano da persona a persona, ma i ricercatori hanno individuato alcune tendenze generali. Tra gli aspetti positivi: + spesso si ristabilisce un peso accettabile una volta avviato il trattamento del disturbo, e i benefici del trattamento possono conti n uare per anni. + la maggior parte delle ragazze anoressiche riprende ad avere il ciclo mestruale una volta recuperato parte del peso. + il tasso di mortalità a causa dell'anoressia sembra essere in calo. tra gli svantaggi: - quasi il 20% delle persone anoressiche continuano ad avere seri problemi per anni. - la guarigione non è sempre permanente. - la maggior parte degli ex anoressici continua ad attribuire molta importanza al peso e all'aspetto fisico. - la metà degli ex anoressici continua ad avere alcuni problemi emotivi (es. depressione, disturbo ossessivo e ansia sociale ecc). 5.5.2 Trattamenti per la bulimia nervosa Scopo comune di tali progr