Digital Marketing - Giusy PDF
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2024
Giusy
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This document is a lecture summary on digital marketing, focusing on recent trends toward customer-centricity rather than proactivity. It explains how online marketing is different from traditional marketing and the use of technology to build strategies. The lecture shows important areas in the changing global market and how digital companies work within it.
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Lezione 1-24/09/2024 Codice Teams: gooyfm8 Valutazione: Voto finale per i frequentanti: esonero entro 18 dicembre (peso 70%) + orale (peso 30%), oppure al posto dell’orale, un project work subito dopo l’Epifania (peso 30%). L’esonero: è scritto con domande multiple e una aperta. Spiegazione del pro...
Lezione 1-24/09/2024 Codice Teams: gooyfm8 Valutazione: Voto finale per i frequentanti: esonero entro 18 dicembre (peso 70%) + orale (peso 30%), oppure al posto dell’orale, un project work subito dopo l’Epifania (peso 30%). L’esonero: è scritto con domande multiple e una aperta. Spiegazione del programma: Non basta più avere il marketing proattivo (anticipare il cliente), ma il customer centricity in cui il cliente è il focus del marketing; il cliente è un consumatore attento, dinamico, che sa come muoversi nelle fasi del processo d’acquisto e quelle che le precedono. Questo orientamento diventa più attivo attraverso il web. La smart competition è una competizione che cambia in base all’uso della tecnologia. I touchpoint possono essere fisici o digitali, quelli fisici diventano digitali e viceversa. I rumori sono tanti stimoli provenienti da altre imprese che interferiscono nella comunicazione tra emittenti e destinatari, perché ad oggi il consumatore è bombardato da messaggi. Quindi ci vuole molta tecnica nel trasformare un prospect, in un lead e quest’ultimo in un Ambassador. Aumenta l’importanza degli “user genereted content”, ossia noi che comunichiamo con altre persone e creiamo contenuti attraverso commenti, post, opinioni, ecc.; al fine di aumentare il passaparola, il quale adesso è molto più potente rispetto a quello tradizionale. L’ e-wom si attiva più velocemente e tramite i contenuti generati dagli utenti. L’engagement e l’esperienza sono gli obiettivi finali. INTRODUZIONE Descriviamo il mercato, importante per capire il potenziale del mercato, ossia il numero dei potenziali clienti interessati al brand. È importante analizzare i dati: I dati ci dicono che su una popolazione di 7.91 miliardi di popolazione mondiale, 5 miliardi utilizza uno smartphone, di questi 4.95 miliardi utilizza lo smartphone per collegarsi ad internet e di questi la maggior parte utilizzano Internet come modalità di messaggio. Es. Whatsapp, WeChat, sono app che permettono di mettere in contatto gli utenti. L’utilizzo di Internet nel mondo è nettamente cresciuto con il passare del tempo. Quando parliamo degli utilizzatori di Internet nel mondo parliamo di un tasso di penetrazione del mercato abbastanza elevato, ossia crescono gli utenti che utilizzano internet nel mercato. Altro dato importante è il dato legato al tempo di utilizzo di Internet. Partendo da 4.95 miliardi di persone, la maggioranza utilizza Internet 6h e 58m, ciò significa che vi è una permanenza molto elevata su Internet. Già nel marketing tradizionale, le imprese che operano attraverso punti vendita diretti cercano di conquistare il cliente attraverso la pubblicità e altri elementi. Non sempre l’obiettivo è l’acquisto, ma in realtà può essere incrementare la permanenza nel punto vendita; perché questo è un indice fondamentale di performance. Bisogna quindi cogliere questo particolare e applicarlo alla permanenza degli utenti su Internet. Quali sono i motivi per cui si utilizza Internet? I motivi sono diversi: - In primis il più importante è la ricerca di informazioni, dobbiamo intercettare il consumatore nel momento in cui inizia il processo di acquisto, per questo è importante monitorare, indicizzare, migliorare il sito, ecc..; per poter individuare il momento in cui nasce il bisogno e si tramuta nella ricerca di informazioni. - Seguono altri motivi inerenti all’essere in contatto con i famigliari, - Uso per video, tv, ecc. Quali sono gli strumenti/device più utilizzati? In primis lo smartphone, a seguire il pc, tablet e altri device. Tutto verte sullo smartphone, il tablet ha una percentuale molto bassa. (Questa ricerca non prende in considerazione i device usati per la realtà virtuale) Tipi di websites più utilizzati Al primo posto quelli legati alle e-chat (interazioni via messaggi), seguono poi i social network e infine l’utilizzo dei motori di ricerca. L’ACQUISTO ONLINE In base a questa ricerca gli acquisti online sono più alti per le popolazioni orientali, o comunque quelle popolazioni che hanno difficoltà di accesso ai prodotti nel negozio fisico, dove è più difficile raggiungere il punto vendita. Quali sono le categorie di prodotti acquistati? Ormai quasi tutti i prodotti vengono acquistati, anche se all’inizio quelli maggiormente acquistati erano quelli elettronici, seguiti poi da prodotti fashion, accessori, casa, arredamento, prodotti per la cura della persona, ecc... COME NASCE UN ACQUISTO ONLINE? Il primo acquisto è avvenuto nel 1974 negli Stati Uniti con un computer dell’epoca, che permetteva l’ordine di un prodotto ma con un pagamento alla consegna. In questo momento non c’è la transazione online, ma la stipula del contratto che determina un pagamento alla consegna. Il primo acquisto e-commerce con transazione online è avvenuto nel 1994, attraverso un sito (net market), che ha permesso alla persona di acquistare il prodotto conteggiando le spese di spedizione. Questa è stata la prima transazione online, la quale è avvenuta perché il software della crittografia dei dati ha permesso una registrazione sicura del numero della carta di credito. Nel 1994 inizia il vero e proprio e-commerce, ossia l’acquisto di un prodotto attraverso una conclusione del contratto tramite pagamento online sicuro e legale. Che cos’è un e-commerce? E come si differenzia dal marketplace? L’e-commerce è un negozio online/virtuale gestito dal titolare del sito, per vendere un proprio prodotto. È un punto vendita gestito da un venditore (che può essere un produttore/grossista/dettagliante) ed è del singolo brand. Il marketplace è una piattaforma digitale che agevola l’incontro tra domanda e offerta. È un aggregatore di assortimento che mette in relazione venditori e acquirenti (soddisfa la domanda indiretta). Attraverso questa i venditori si appoggiano/vendono, e i potenziali acquirenti entrano per acquistare prodotti. Molto spesso queste piattaforme sono gestite dal punto di vista di vendita del brand e non dal titolare del marketplace. Il marketplace generalmente rappresenta un’aggregazione di assortimento, che non si occupa della gestione della vendita specifica, ma rimanda poi al brand la gestione della vendita, quando il potenziale consumatore clicca e acquista sul prodotto. Come si sviluppa un progetto e-commerce? Un progetto e-commerce può essere realizzato mediante dei software che devono avere 3 caratteristiche fondamentali (CMS= Content Management System): 1) Permettono di creare o inserire e visualizzare il portafoglio prodotti dell’impresa; 2) Hanno al loro interno un carrello che permette al potenziale cliente, di sapere in maniera anticipata l’ammontare da spendere, inclusi i costi di spedizione; 3) Avere la possibilità di concludere la transazione attraverso le modalità di pagamento (gestione del check-out). Esistono 3 tipi di piattaforme che servono per sviluppare un progetto e-commerce: - piattaforme open source: sono software che possono essere utilizzati gratuitamente da chi le richiede perché non vi è il copyright da pagare, ma hanno bisogno di un supporto in termini di progettazione, gestione. Molto spesso queste hanno bisogno del supporto di progettatori o web agency che si offrono per offrire dei servizi. Le open source offrono molti servizi in modo gratuito, e altri a pagamento; - software proprietari: sono software che nascono per opera di web agency che realizzano dei software offrendo vari servizi, mediante l’acquisizione di pacchetti. Rispetto alle open source, se il sito deve essere modificato, la personalizzazione non può essere fatta gratuitamente, da soli, ma su pagamento della web agency. Quindi sono gestiti dalle web agency per conto del cliente.; - online shopping cart: software che permette di sviluppare una piattaforma e-commerce standardizzata, pronta per l’uso, più facile da utilizzare. Molto spesso è la base collegata a software proprietari ed è un software adatto a piccoli e-commerce per piccole imprese o utenti. Esempi: WooCommerce (plugin di WordPress, open source), Shopify (gestita da una web agency), Magento (open source, molto sofisticata), PrestaShop (open source) e Squarespace (è una web agency emergente, non molto conosciuta, si sta diffondendo in Italia perché ha un’esposizione visiva molto bella). LA COMPLESSITÀ DEL MERCATO GLOBALE Il mercato globale è molto complesso e vede l’unione di due mercati: a) Il mercato globale elettronico: Il mercato globale elettronico è un mercato formato soprattutto da produttori di beni digitali. Esso è una rete di attori tra produttori, distributori di servizi digitali e consumatori che entrano in relazione, ma è soprattutto un mercato che viene attivato da produttore digitali. I produttori di beni digitali sono colore che producono: Software, file, mp3, e-book, ossia prodotti digitali. Il mercato globale elettronico, quindi, nasce ad opera dei produttori di beni digitali, che utilizzano il web per vendere i prodotti digitali ed estendono il loro mercato nel fisico. Quindi, sono produttori di beni digitali che nascono e vendono in Internet, nel mercato digitale, estendendo però la loro offerta anche nel mercato fisico. b) Il mercato globale tradizionale: I mercati globali tradizionali sono quei mercati globali che utilizzano Internet, ma per estensione rispetto al mercato fisico. Quindi partono dal fisico per arrivare al digitale, il contrario. È un mercato globale chiamato tradizionale, perché è formato da produttori, venditori che svolgono l'attività del mercato fisico ed estendono la loro attività nel mercato online. Si parla di due mercati globali che prima erano abbastanza distinti, ma adesso stanno sempre più convergendo (grazie alla tecnologia) e quindi annullando le loro differenze. Però è importante capire che i mercati globali sono: elettronici se attivati da imprese che nascono da internet attraverso prodotti digitali e poi lo estendono al fisico oppure tradizionali se attivati da imprese del mercato fisico che vendono prodotti fisici, estendendosi nel mercato digitale. IL MERCATO GLOBALE COME ECOSISTEMA Il mercato globale è un ecosistema formato da un gruppo di attori, vediamo quali sono: Clienti diretti e clienti finali: nel mercato globale troviamo gli attori che sono sostanzialmente tutti i clienti. I clienti sono clienti diretti nel mercato B2B, cioè le imprese, clienti di altre imprese e poi i clienti finali, ossia i consumatori nel mercato B2C. Sia i clienti B2B, sia i clienti B2C, hanno la possibilità di accedere a una miriade di prodotti, di offerte, di prezzi, in modalità di pagamento. Nel mercato B2B dove le imprese acquistano un prodotto da un fornitore, vi è un periodo molto lento di pianificazione nella scelta del fornitore; in cui il centro d’acquisti, cioè quel gruppo di persone, che hanno ruoli diversi all'interno di un'impresa, deve scegliere il fornitore più appropriato per l'impresa. Con il digitale tutto si semplifica e accelera, perché nel mercato B2B si ha la possibilità di entrare in contatto con una miriade di potenziali fornitori, che possono essere visibili nelle loro attività, attraverso il loro catalogo, i loro costi e prezzi a portata di un click. Es. la piattaforma di marketplace Alibaba è una piattaforma B2B, è aggregatore di assortimenti, dove esistono tantissimi fornitori che si appoggiano su questa piattaforma a seconda della categoria merceologica. I potenziali fornitori per es. produttori di parti componenti, attraverso il mercato globale digitale ed elettronico, attraverso la loro presenza, hanno la possibilità di controllare meglio i loro progetti. Tramite il mercato globale elettronico e tradizionale, il cliente sia B2B e B2C, ha una maggiore presenza, un chiaro posizionamento e anche una maggiore possibilità di confrontarsi e di guardare attentamente come cambiano i nostri concorrenti. Nel mercato di B2C bisogna dire che i consumatori finali acquisiscono maggiore potere per effetto della loro presenza nella community e quindi hanno particolare potere nella relazione del brand, il quale è determinato dal fatto che fanno parte di una community e tutta la community ha un peso sulle decisioni e strategie del brand. Ci sono i produttori di beni fisici che estendono la loro attività nel digitale con una piattaforma e- commerce propria, o appoggiandosi sulla piattaforma di marketplace, o con l'utilizzo di dettaglianti, grossisti, ecc.. e poi ci sono i produttori di beni digitali che caratterizzano il mercato elettronico. Partner e domanda indiretta. Con Internet le imprese hanno la possibilità di accedere a una domanda indiretta che prima non era facilmente individuabile in un mercato tradizionale. Che cos'è la domanda indiretta? È la domanda di beni e servizi che possono rappresentare un pacchetto articolato (combinazione personalizzata) di offerte a disposizione di un consumatore/cliente. La domanda indiretta è la domanda collegata all'esigenza di un prodotto complesso, per risolvere un problema. Il brand attraverso il virtuale/Internet è in grado di intercettare questa esigenza di domanda indiretta e soddisfarla attraverso partnership; grazie alle piattaforme presenti su Internet che agevolano l'incontro tra vari brand e tra varie istituzioni, imprese di prodotti e servizi. Es. la ricerca di un pacchetto completo per soddisfare un bisogno di viaggio, è un bisogno legato non solo alla ricerca dell'albergo, ma anche la ricerca di tutte le attrazioni, i trasporti, ecc. La realizzazione di un pacchetto complesso è un insieme di prodotti e servizi che devono essere messi a disposizione su Internet, in maniera facile e veloce, ed è più facilmente vendibile perché il singolo produttore o erogatore del servizio ha la possibilità di creare più facilmente partnership con altri produttori e offrire un servizio che soddisfi il cliente. Il digitale facilita l’attuazione delle partner e il soddisfacimento di una domanda indiretta. Questa domanda viene più facilmente soddisfatta, grazie a piattaforme di aggregazione di assortimenti che abilitano e facilitano la transazione di un conto, ossia la transazione tra produttori (brand) e consumatori oppure produttori e clienti se le piattaforme sono B2B, es. Alibaba. Distributori e rivenditori nei mercati globali tradizionali: i distributori del mercato tradizionale, ovvero grossisti, dettaglianti estendono la loro attività nel mercato digitale e in questo modo acquistano un potere legato alla capacità di poter esporre, vendere una quantità illimitata di prodotti sul web. (Per un aumento di produttori digitali, ossia e-marketplace; ci sono i produttori fisici che espandono il loro mercato nel digitale, attraverso piattaforme e-commerce. Questo porta, alla creazione di una competizione tra distributori tradizionali e quelli digitali). Dal punto di vista tecnico questi attori svolgono il loro business nello sviluppare una certa performance reddituale (margini), sulla base della vendita di prodotti e quindi sulla base dell'esposizione dei prodotti in vendita. Dunque, maggiore è la base della superficie di vendita, maggiore è il potenziale di vendita nel fisico. Nel virtuale non c'è un limite spaziale, però c’è molta concorrenza. Di conseguenza, alla private label (=marca commerciale), si aggiungono tutti gli altri marchi industriali che entrano nel punto vendita distributivo. Questo porta a un aumento della competizione tra i distributori, ma anche a un aumento della convergenza. Si parla di aumento della presenza dei gruppi di acquisto (= contratti in un rapporto tra dettaglianti), perché i distributori si moltiplicano e perciò decidono di unirsi in partnership. Questo porta un miglioramento della competizione, della performance e anche della presenza dei brand nei rapporti con i distributori. Concorrenti diretti ed indiretti: l’impresa per essere indipendente/autonoma dipende da 2 fattori critici di successo: a) dalla struttura concorrenziale del mercato: consiste nell’analizzare prima il concorrente diretto, quello più vicino; ma a seguito della natura del digitale, della sua trasparenza e connettività, vi è un abbattimento delle barriere all’ingresso. Tutto diventa più facile da raggiungere, diventa più facile per un’impresa di differenti settori entrare in un mercato specifico (diverso, in cui non si hanno competenze), dato l’annullamento di ostacoli: temporali, geografici e così via. A seguito di questo emerge la concorrenza indiretta (potenziali entranti, ossia imprese che producono cose diverse che però soddisfano lo stesso bisogno) e dei prodotti sostitutivi (5 forze di Porter). A livello concorrenziale gioca un ruolo importante l’analisi della domanda indiretta e quella della concorrenza indiretta. Questa porta a una convergenza competitiva detta “intertype competition”, delineando un mercato dove c’è una concorrenza maggiormente intertype rispetto all’intratype: - Intertype competition: concorrenza tra imprese diverse, - Intratype competition: concorrenza tra imprese uguali. b) dal valore del prodotto percepito dalla clientela: in cui concorrono tutte le leve del mkt mix. Influenzatori e prescrittori: il prescrittore è simile all’influenzatore, ma sono persone che influiscono mediante la loro prescrizione (es. medico). Gli influenzatori esistevano già nel mondo fisico, l’influenza c’è sempre stata nel mercato. Adesso non solo è più forte, ma è anche generata da soggetti che potrebbero non conoscersi nella realtà. Gli influenzatori sono tutti quei soggetti che fanno parte di una rete sociale, che non sono conosciuti personalmente dagli utenti, ma generano contenuti interessanti, che portano ad avere followers. Essi portano ad aumentare il desiderio di condivisione e quello del passaparola. Sono quindi attori importanti, legati a influenzare fasi delicate che possono precedere l’individuazione di un bisogno o l’acquisto o il post-acquisto. E-marketplace: marketplace o e-marketplace è uguale, è una piattaforma che tende alla transazione, è essa che abilita l’interazione tra più soggetti e poi porta alla vendita. Come avviene nei mercati tradizionali, i marketplace possono avere un posizionamento: a) Generalisti: vendono una serie di categorie merceologiche es. Amazon, Ebay, Aliexpress (B2C) che appartiene ad Alibaba (B2B) ecc.; b) Verticali/specialistici: vendono specifiche categorie di merce es. Zalando, ManoMano, ecc. Le imprese adottano uno o l’altro posizionamento a seconda che vogliano soddisfare un consumatore che ha un comportamento verticale, ossia che prima di acquistare vuole effettuare delle scelte, tra le varietà presenti nella stessa categoria merceologia; oppure un consumatore che, quando effettua degli acquisti, compra più merci differenti. Una macrocategoria o categoria è un settore merceologico, in un supermercato, le macrocategorie sono es. il fresco; la categoria dei generi vari, ossia tutti i prodotti confezionati che si dividono a sua volta in food (a seconda del condizionamento abbiamo freddo o fresco) e no food; ecc. In ogni categoria merceologica ci sono tante varianti di brand, di gusti, linee, prezzo che definiscono la specializzazione. I generalisti offrono tutte le categorie merceologiche food e non food. Facilitatori di mercato o infomediario: attori fondamentali, sono quei provider che facilitano la trasmissione di informazioni, e aumentano il loro potere grazie alla fiducia degli utenti. Un informediario è un motore di ricerca, es. Google. Altri stakeholder di mercato: es. dipendenti, associazioni dei consumatori, che interagiscono con i precedenti attori all’interno di un mercato globale elettronico e mercato globale tradizionale, i quali stanno convergendo nel tempo. (Lez.2, slide 6) In azzurro: relazioni tra attori tradizionali, si aggiungono influenzatori, i concorrenti indiretti, l’e-marketplace e i facilitatori. MOTIVAZIONI DEGLI ATTORI È importante capire le motivazioni di ogni attore per cui convergono verso il mercato globale tradizionale ed elettronico: - Consumatore: per avere un maggiore assortimento, accedere a un maggiore assortimento, accedere a prezzi più bassi e per un’interazione con altri consumatori (ricerca di socializzazione, molto più forte sul web). - Dettaglianti: motivi legati a un’espansione del mercato, aumento dell’utenza e una riduzione dei costi e spese generali (di transazione e di trasporto). - Produttori di beni digitali (beni non tangibili, software): attraverso il digitale hanno la possibilità di innovare velocemente, tramite l’inventioning, il packaging, ecc. - Produttori di beni fisici: estendono il fisico nel digitale, utilizzando i facilitatori (motori di ricerca) che agevolano l’incontro con i prodotti fisici venduti o su un sito e-commerce e/o su piattaforme di marketplace. - Infomediari: facilitano la ricerca, aumentando la loro reputazione sulla base della fiducia che di volta in volta, gli utenti trasferiscono utilizzandoli per cercare informazioni. Lezione 2-26/09/2024 LO SVILUPPO DELL’ECONOMIA DIGITALE Premesso che l’economia digitale è rappresentata da network globali di attività sociali ed economiche abilitate da piattaforme quali internet, smartphone, tablet e reti di comunicazioni; vediamo i suoi benefici. Quali sono i benefici? a) Rapidità della comunicazione (che crea innovazione). Da cosa deriva? Deriva dalla tecnologia e dipende dalla CONNETTIVITÀ. La connettività è il motore della rapidità della comunicazione, del cambiamento dei modelli di consumo e anche dei modelli di business, cambia il processo di consumo. La connettività crea una comunicazione bidirezionale e in tempo reale (indipendentemente dal luogo in cui ci troviamo). La connettività è l’elemento che nasce dall’innovazione tecnologica digitale, che porta rapidità della comunicazione, la quale si esprime nella formazione di contenuti che devono essere snelli, veloci, che devono subito (in secondi) attirare l’attenzione. Questa rapidità porta a un’innovazione più veloce, perché le interazioni aumentano e si abbassa il costo dell’interazione (perché abbassamento? Perché l’interazione è qualsiasi contatto con il brand. Nel mondo fisico, per contattare il brand si impiega tempo e denaro, bisogna considerare i costi monetari e non monetari -il tempo speso per arrivare e raccogliere informazioni-, bisogna fare un’analisi tra costi e benefici di natura economica e non). Le innovazioni sono frutto di un abbassamento dei costi di transazione, della capacità di migliorare e differenziare il prodotto, della velocità di raccolta dei dati in tempo reale, e quindi collegate a un “time to market” (cioè, il tempo di lancio del prodotto è più breve rispetto al passato. Prima, l’idea del nuovo prodotto fino al lancio, portava via molto tempo, ma adesso abbiamo una mole di dati che si possono raccogliere velocemente, passando dal concetto del bene, al bene stesso). b) Nuove modalità di consumo. Rispetto al passato vi è uno stravolgimento, questi cambiano anche a seguito della comunicazione aziendale. I nuovi modelli di consumo sono frutto della connettività, della velocità della comunicazione, i consumatori sono multitasking, sono persone abituate a fare più cose contemporaneamente mentre si vuole consumare (non necessariamente legato all’acquisto, anche semplicemente interagendo, es. social tv che diventa sempre più attiva, usando app che geocalizzano, guardare siti e-commerce ed e-marketplace, per verificare il prezzo più basso di uno stesso prodotto). Il consumatore, quindi utilizza più device contemporaneamente utili a raggiungere lo stesso obiettivo. c) Nuovi modelli di business: Un nuovo modello di consumo porta a un nuovo modello di business. Questo è frutto di una comunicazione d’impresa che non è più solo di tipo top-down, ma anche di tipo bottom-up, anche detta comunicazione P2P (peer to peer). Il nuovo modello di business sfrutta non più solo una comunicazione dall’alto verso il basso, ma anche dal basso verso l’alto, sia all’interno dell’impresa che all’esterno. La comunicazione diventa sempre più sullo stesso livello, orizzontale, ossia P2P, la quale si realizza attraverso una costante conversazione tra brand e consumatore. Airbnb, Netflix, ecc. Attraverso queste piattaforme ogni persona privatamente acquisisce un potere imprenditoriale, grazie al web. La comunicazione P2P è frutto del modello di business di Uber. d) Trasparenza e condivisione: la voglia di interagire tramite una comunicazione non solo one to one (tra consumatore e brand), ma anche con altre persone (tutti con tutti= many to many). e) Emergere di nuovi valori: comunità, connettività e condivisione sono valori alla base dei modelli di consumo. f) Si abbattono le barriere spaziali e temporali e si annullano alcuni costi: possiamo interagire con una persona dall’altra parte del mondo, rispondendo in tempo reale; senza sostenere elevati costi, i quali sono abbattuti mediante le economie di scale (aumento la produzione e vendite, provocando una riduzione). g) Opportunità di raccogliere i dati e informazioni sui comportamenti d’acquisto: qualsiasi sia il sito o social usato o non usato dal brand, possono tracciare il comportamento e restituire i dati, per generare un servizio specifico. h) Combinano il desiderio dei produttori di ottenere economie di scala e il desiderio dei consumatori di ottenere varietà di scelta: creare una comunicazione “win win”, cioè, vince sia il brand che il consumatore. L’impresa perché riesce ad abbassare i costi mediante le economie di scala, e il consumatore ottiene una varietà di beni e/o servizi. FUNZIONI DEI MERCATI DIGITALI (Sono collegate ai benefici) I mercati digitali hanno diverse funzioni: Personalizzazione e customizzazione. Nel digitale è importante fare questa differenza (rispetto al mercato fisico, perché in quest’ultimo abbiamo meno elementi): -personalizzazione: quando il brand cerca di costruire il prodotto per il cliente. È frutto di un adattamento dell’offerta del brand, al cliente mediante una raccolta delle informazioni (concetto passivo per il cliente), -customizzazione: quando il cliente scegli in maniera specifica il prodotto, crea il suo prodotto (concetto attivo per il cliente). Le strategie di copertura del mercato. L’impresa può coprire il mercato in maniera totale o parziale. Se lo copre in modo totale adotta un approccio standardizzato (unico prodotto per tutti), mentre se avviene in modo parziale, individua tanti prodotti per raggiungere tanti consumatori di un mercato totale. In un mercato fisico, ciò comporta la creazione di tanti prodotti per segmento di mercato, quindi molti marketing mix. Questi segmenti sono di consumatori raggiunti con sottoprodotti. Si crea un iper-segmentazione, e questa è negativa in un mercato fisico; perché comporta una confusione per il cliente e una cannibalizzazione dei prodotti per l’impresa. Questo crea una sovrapposizione di prodotti che sono simili tra loro, diventando un problema per il brand. Quindi, da un lato c’è il brand che vuole offrire al cliente quanti più prodotti differenti, ma dall’altro lato comporta che la percezione del cliente è confusionaria, si passa da un prodotto ad un altro e ciò provoca che le quote di mercato si erodono a vantaggio di altre, ma per la stessa azienda non per altri competitor, quindi all’interno del portafoglio prodotti della stessa azienda. L’iper-segmentazione come la contro-segmentazione non sono mai la scelta giusta, la via di mezzo è la strada del successo. L’iper-segmentazione la possiamo evitare nel mercato digitale attraverso la personalizzazione e la customizzazione. Quindi con il digitale riesco a personalizzare e creare una customizzazione di massa, che sia efficace, raggiungendo un ampio mercato, senza creare cannibalismo. Combinazioni di prodotti (di questo ne abbiamo parlato nella domanda indiretta) - Bundling: attraverso il digitale abbiamo la possibilità di creare un’unione di più prodotti e servizi (anche una combinazione di prodotti fisici uniti a servizi) che vanno a soddisfare un bisogno (bundle, un pacchetto). Prodotti basati sull’informazione (sono prodotti digitali, non tangibili che incorporano le informazioni, software, immagini, ecc.) e l’informazione basata sui prodotti (sono prodotti fisici dotati di internet, intelligenza artificiale, prodotti dove vi è un’estensione della rete nel mondo fisico. Es. lo Smartwatch permette di raccogliere informazioni sullo stato fisico, queste sono inglobate dall’AI dello smartwatch e dà l’input sulla base dei dati, permettendo di modificare lo stile di vita. Sono quindi, informazioni basate su prodotti che sono un’estensione della rete nel mondo fisico, incorporate nel prodotto.) Ricerca: ricerca delle informazioni sia per l’impresa e per il consumatore. Discriminazione di prezzo: possiamo determinare il prezzo in base alla domanda, sulla base della disponibilità monetaria. L’obiettivo è stabilire un prezzo che sia all’interno dell’intervallo fra il totale dei costi e la massima disponibilità a pagare. Se si supera il prezzo, oltre la max disponibilità a pagare; il prodotto fallisce nella sua proposta commerciale. Questo meccanismo di determinazione prezzo è più facile in Internet, perché si hanno molti dati a disposizione attraverso i quali si può discriminare il prezzo, ossia proporre lo stesso prodotto a prezzi differenti per consumatori diversi, in base al tracciamento del comportamento. Si parla di “revice price”, il prezzo determinato sulla base della disponibilità a pagare e che varia nel tempo. Facilitazione: le facilità offerte dal digitale riguardano la spedizione e il pagamento/transazione, sempre per effetto di quelle economie di scala ed esperienza che sono offerte da operatori specializzati in settori specifici. VERSO UNA DEFINIZIONE DI DIGITAL MARKETING Il digital marketing è la revisione continua delle strategie di marketing basata sugli “insight” e sull’integrazione tra contenuti e piattaforme digitali. Ad oggi, per poter fare digital marketing e per poter attivare una trasformazione digitale di un’impresa, non si può omettere la presenza dei dati, tanto è che si parla di “data driven management”. Questo approccio è fondamentale e per poterlo attivare bisogna saper gestire i dati ed elaborarli attraverso algoritmi e l’AI, al fine di ottenere gli insight, ossia dati più specifici che aiutano l’impresa a prendere decisioni autonomamente o con l’aiuto dell’intelligenza artificiale. Il digital marketing aiuta l’innovazione, modifica i comportamenti e soprattutto crea una digitalizzazione dei rapporti con il consumatore, attraverso app, e-commerce, community, social media. IL NUOVO ORIENTAMENTO AL MERCATO: CUSTOMER CENTRICITY Bisogna adottare un approccio, che guida il cambiamento, la formulazione delle strategie. Bisogna adottare una filosofia “customer centricity” che parte dal soddisfacimento dei bisogni e si focalizza sul cliente/consumatore; attraverso un approccio proattivo e che crea engagement, cioè coinvolgimento. L’orientamento è avere un atteggiamento proattivo. Nel marketing strategico, quando si parlava di orientamento al mercato, si parlava di marketing strategico proattivo e reattivo, dando però più importanza a quello reattivo. Il marketing reattivo è quel marketing che genera una risposta dell’impresa sulla base dei bisogni espressi dalla domanda. Il marketing proattivo invece, anticipa i bisogni, andando a soddisfare quei bisogni cosiddetti “latenti”, non espressi (= bisogni nascosti, inconsci, che il consumatore non sa di avere, neanche sogna). L’impresa intercetta quest’ultimi attraverso un marketing push, anziché pull. Con il marketing reattivo, detto anche pull, l’impresa tira le informazioni dal mercato, cioè, raccoglie le informazioni dei bisogni espressi e insoddisfatti e sulla base di questi, inizia la sua produzione. Dunque, con il marketing reattivo/pull, l’impresa analizza il mercato, individua i bisogni insoddisfatti e cerca di creare innovazione. Per creare innovazione il marketing collabora con la ricerca e sviluppo e insieme individuano un concetto di prodotto che possa soddisfare le esigenze del mercato, il quale viene lanciato attraverso il marketing mix (prodotto, prezzo, distribuzione e comunicazione). Il marketing proattivo invece non nasce dal marketing ma dalla ricerca e sviluppo. La ricerca e sviluppo crea un’innovazione di rottura, NON incrementale, MA RADICALE, ciò significa che la R&S in laboratorio crea un qualcosa, dopodiché informa il marketing e insieme capiscono se e come questo potrebbe servire al mercato. La R&S stimola il marketing e per creare un’innovazione di rottura, non solo la deve costruire, ma deve anche trovare uno scopo di mercato. Un esempio è Geox, è un marchio la cui quota di mercato rimane sempre stabile anche se ci sono tanti di concorrenti. È stato il primo brand a inventare la scarpa che respira, nata proprio dalla R&S, la quale ha inventato un materiale traspirante e insieme al marketing si è chiesta se sarebbe potuto servire al mercato. Per l’orientamento customer centricity è importante avere un approccio proattivo, anticipare le mosse, che si traduce nel creare innovazioni radicali. Un esempio è l’innovazione dello smartwatch, il quale non è stato chiesto dai clienti, ma è frutto dell'innovazione radicale proveniente da un orientamento customer centricity proattivo. All'approccio proattivo bisogna aggiungere anche una necessità di sviluppare un coinvolgimento, engagement del cliente. L'obiettivo è partire da un marketing proattivo per avere successo e sviluppare una customer engagement. La customer engagement è il coinvolgimento del consumatore che si esprime attraverso uno stato psicologico, che nasce con attività cognitive, affettive e comportamentali (sono diversi stadi di coinvolgimento- Learn, Feel, Do). Le attività cognitive sono tutto ciò che viene attivato dal ricordo e dal riconoscimento. Se voglio capire lo stato cognitivo di un consumatore, misuro il suo ricordo, però alcune volte può essere difficile ricordare qualcosa di completamente nuovo, allora posso usare il riconoscimento, ossia il ricordo sollecitato, non spontaneo. Qual è la differenza? - Ricordo: attività cognitiva spontanea, - Riconoscimento: attività cognitiva sollecitata. L'attività emotiva (feel) riguarda il nutrire un’emozione da parte del cliente e poi c’è l’attività comportamentale, ossia il comportamento del consumatore, es. l’acquisto, il tempo di permanenza su un sito, ecc. L’impresa deve cercare di stimolare un engagement del consumatore, che si esprime in termini cognitivi, emotivi e comportamentali. L’unione di questi stadi è diversa, generalmente si parte dallo stimolare lo stadio cognitivo, per poi passare a quello emotivo ed arrivare a quello comportamentale, ossia Lear- Feel-Do; altre volte può seguire una diversa unione. L’orientamento customer centricity è collegato a questa customer engagement, che deve favorire l’esperienza, perché l’esperienza è ciò che deriva dall’engagement, creazione della fiducia nel brand. CUSTOMER CENTRICITY Lezione 3-01/10/2024 Nella customer centricity si ha la necessità di seguire un orientamento proattivo, cioè, spinto dalla R&S e non tirato dal mercato. Parliamo quindi di un marketing tecnology-push, focalizzato sul cliente con lo scopo di migliorare l’atteggiamento, stimolare il coinvolgimento/l’engagement. L’obiettivo è creare un coinvolgimento che ha come effetto finale: un’esperienza. Il coinvolgimento si attiva, mediante una partecipazione attiva del cliente (attuale e prospettivo) nella relazione con il brand, stimolando le risposte, l’attività cognitiva e affettiva ed anche la relazione comportamentale, grazie soprattutto a un’interazione Peer to Peer, un’interazione orizzontale, “democratica”, tra il consumatore e il brand, la quale sviluppa quella famosa positività di partecipazione attiva nella progettazione, co-creazione nell’offerta. Una relazione customer centricity grazie al digitale migliora la capacità dell’impresa di internazionalizzare. Quindi, il digital marketing con un approccio all’orientamento customer centricity facilità l’espansione territoriale, la globalizzazione e quindi l’internazionalizzazione, ossia l’ampliamento, anche di una piccola impresa. PRESUPPOSTI PER LA REALIZZAZIONE DELLA CUSTOMER CENTRICITY È importante ricordare i presupposti per realizzare l’orientamento customer centricity. La customer centricity quindi, è un impegnativo processo di trasformazione del modello di business, attraverso questi presupposti: Adeguamento delle strutture e logiche operative: si tratta di un cambiamento culturale dell’impresa, che porta a un cambiamento di un modello di business. Cambiare il modello di business vuol dire prima di tutto cambiare la struttura organizzativa, quindi le logiche operative. Se vogliamo digitalizzare con un approccio customer centricity è necessario modificare l'assetto organizzativo, che non può più essere funzionale ma deve essere necessariamente per processi; proprio perché è necessario creare una logica di team, tra attori che hanno ruoli e competenze diverse per raggiungere degli obiettivi. Quindi a livello organizzativo è necessaria una flessibilità delle risorse umane, che avendo competenze diverse si uniscono e formano dei teams per raggiungere degli obiettivi specifici (quindi una logica per processi è una logica operativa, che porta la collaborazione del marketing e la ricerca e sviluppo con la finanza, la produzione in vari progetti aziendali; in ogni fase del ciclo di vita del prodotto -nella fase di introduzione, di lancio, di crescita e nella fase di maturità e quindi anche nelle fasi di declino e riposizionamento del prodotto, che diventa una fase gestita in maniera dinamica, molto più velocemente rispetto al passato-). Questo perché con il digitale, con i dati a disposizione, sia ha la possibilità non soltanto di micro-segmentare più facilmente il mercato, ma anche di personalizzare le proposte e offrire più cambiamenti di posizionamento. Quindi il posizionamento che è quella fase in una pianificazione strategica di marketing che punta a collocare il prodotto nella mente della domanda; dopo aver segmentato, dopo aver definito le strategie di copertura del mercato, diventa una fase molto più dinamica, più evoluta nel tempo, rispetto al passato. Questo perché naturalmente le attività di marketing sono facilitate da attività operative, che sono realizzabili grazie alla logica per processi, grazie alla capacità processuale dell'organizzazione di formare un team tra persone di competenze diverse. Definizione dei target customer e dei loro bisogni: il presupposto fondamentale per l'analisi per un orientamento customer centricity è definire dei target, che sono sempre più specifici, sempre più profilati (infatti accanto alla normale segmentazione sociodemografica vi è una segmentazione comportamentale, che è più facilmente realizzabile grazie a una lettura in tempo reale dei dati sul web. Tutto ciò che avviene sul web, le interazioni sul web permettono di creare una segmentazione comportamentale, oltre che una segmentazione tribale, ossia quella segmentazione spontanea per effetto della creazione delle community, che non sono altro che delle tribù. Quindi le tribù sono dei segmenti spontanei che si formano soprattutto grazie al web, perché le tribù esistevano anche prima nel mercato fisico, ma ora ancor di più nel mercato digitale.). Quindi una spinta segmentazione è una spinta capacità di soddisfare i bisogni della domanda, grazie a un’analisi più chiara, efficace dei target, ossia i consumatori che si vogliono raggiungere. Riformulazione della proposizione offerta (soluzione) o proposta di offerta: vuol dire che l'approccio alla definizione di un'offerta è un approccio legato alla soluzione di un problema. Molto spesso si è detto nel marketing che per soddisfare i bisogni, bisogna risolvere i problemi. Abbiamo quindi un orientamento spiccato alla soluzione di un problema, che è qualcosa di più articolato di un soddisfacimento di un bisogno primario. Soluzione di un problema vuol dire soddisfare un bisogno più articolato che porta a definire un'offerta complessa/più articolata. Riformulare la proposta d'offerta vuol dire definire un'offerta che è la combinazione di prodotti e servizi, che permettono ad un utente/consumatore di risolvere un problema complesso. Mediante l’offerta andiamo a soddisfare la famosa domanda indiretta, che difficilmente è raggiungibile in un mercato tradizionale. L’APPROCCIO DI SOLUZIONE. Definire un'offerta articolata che vada a soddisfare un bisogno complesso, una soluzione di un problema, concettualmente viene definito approccio di soluzione. L'approccio di soluzione tipico di quelle imprese market-driver, che sono guidate dal mercato, ma che attraverso i dati, diventano fornitori (imprese fornitrici) di soluzioni, ovvero di “combinazione unica di prodotti e servizi” per risolvere un problema. La combinazione è unica non è una semplice somma di più prodotti e più servizi, ma è una combinazione che crea un valore superiore, rispetto al valore delle singole parti, per effetto della personalizzazione e dell’integrazione di queste componenti, realizzando un'offerta unica. Non consiste in un semplice accorpamento di prodotti e servizi diversi, che poi generano un valore che è la somma dei valori dei singoli prodotti e servizi; ma è una combinazione unica, in quanto determinata da una personalizzazione e integrazione di queste componenti; tale da generare un valore superiore alla somma dei valori delle singole parti, ossia il cosiddetto “premium price” (cioè, un prezzo superiore rispetto al prezzo che avrebbero quei prodotti sommati). Il giusto esempio è quando vado ad integrare prodotti e servizi food, offrendo un prezzo più elevato, quindi per esempio prodotti tipici locali di diversa natura merceologica; collegati a servizi, di tipo turistico/locale. Questa offerta nasce attraverso la partnership, oppure co- marketing, un co-branding tra tutti questi brand, così che venga personalizzata ad hoc. Creiamo un approccio di soluzione attraverso l'integrazione e la personalizzazione, che giustifica il premium price. In una logica di orientamento customer centricity è importante adottare un approccio di soluzione, il quale presupposto è la riformulazione della proposta di offerta, un'offerta non rappresentata da un prodotto, ma personalizzata che ha la possibilità di essere meglio inserita nel mercato grazie a partnership che aiutano nella personalizzazione e integrazione di prodotti e servizi, che soddisfano un bisogno olistico/articolato. Generazione di customer engagement lungo tutto il customer journey: il customer Journey è il viaggio del consumatore, ossia un'analisi dei percorsi del consumatore, che equivale al concetto di processo d'acquisto ma più articolato. Questo perché il consumatore entra con il digitale, in contatto con vari strumenti, stimoli digitalizzati, touchpoint, in ogni fase del processo d'acquisto. Può entrare in contatto con il brand in qualsiasi momento: dal momento dell'individuazione del bisogno, fino all'acquisto. Parliamo di customer Journey e non di processo d'acquisto, perché nel viaggio il consumatore si può muovere in maniera dinamica dal fisico al digitale, e viceversa. Creare “customer engagement” vuol dire proporre coinvolgimenti in ogni fase di questo customer Journey, analizzando come entra in contatto col brand dal momento del bisogno e individuare i modi per coinvolgere il cliente in ogni fase. Apprendimento continuo: è realizzabile grazie al digitale tramite i “Big Date”, flash learning, e così via. Un apprendimento continuo è fondamentale per l'orientamento sempre più customer centricity, questo apprendimento continuo si realizza nel momento in cui c'è sempre un aggiornamento delle competenze di tutte le persone che lavorano in un'impresa, quindi una formazione continua, un miglioramento della competenza anche nel digital marketing e un'apertura alla relazione con il mercato, quindi anche dal punto di vista culturale. Infatti, viene prima l'apertura culturale dell’impresa, che porta allo sviluppo di competenze, addestramento continuo del personale e a un miglioramento della professione del digital mkt. Supporto di canali, strumenti e tecniche digital: l'utilizzo dei canali deve essere necessariamente un'evoluzione della multicanalità. Quindi per poter orientarci alla customer centricity è necessario utilizzare più canali, non secondo una logica di multicanalità, ma secondo una logica di omnicanalità, ossia una logica di utilizzo integrato di canali. LA CUSTOMER EXPERIENCE COME OUTPUT DELLA CUSTOMER CENTRICITY I processi aziendali dell’impresa customer centricity sono volti a: 1) L’analisi della customer experience, 2) La progettazione della customer experience, 3) La realizzazione della customer experience, 4) Il controllo della customer experience. Tutte queste sono le funzioni che determinano il successo nell'orientamento customer centricity. L’output finale è la creazione di un'esperienza, perciò adottando tutti questi presupposti si migliora l'esperienza del cliente, ossia si attiva la fiducia, il passaparola, il commitment, cioè quell’attaccamento particolare, continuo verso un brand. La creazione dell'esperienza presuppone un investimento nella “content creation”, la creazione dei contenuti della comunicazione, ossia nel gestire la comunicazione anche in maniera diversa rispetto al passato. Attivare più esperienza, vuol dire analizzare ciò che si è fatto, progettare qualcosa di nuovo e monitorando i risultati per capire se è necessario modificare i contenuti di quella campagna di comunicazione che crea esperienza, una custom experience. La customer experience è frutto di un'analisi, è frutto di una progettazione mirata di contenuti, che poi devono essere veicolati con diversi strumenti e in seguito si esegue un controllo delle performance. Un controllo delle performance oggi è facilmente realizzabile attraverso gli insight, che ci aiutano a capire il numero delle visualizzazioni, il tempo speso in un luogo digitale piuttosto che un altro, il numero dei prodotti acquistati o il numero dei carrelli che sono stati completati e che hanno portato alla conclusione della transazione. Una serie di performance che sono facilmente individuabili grazie al digitale. PROCESSO DI CUSTOMER EXPERIENCE La customer experience sfrutta un modello teorico, ossia il modello di “customer brand engagement”. Il processo è costituito da: 1) Coinvolgimento, ->2) Partecipazione, -> 3) Interattività, -> 4) Esperienza, -> 5) Soddisfazione, -> 6) Commitment, -> 7) Fiducia, -> 8) WOM (Word of Mouth, passaparola). Il processo di customer brand engagement parte da uno primo stimolo comunicazionale che attiva un primo stadio di coinvolgimento1, involvement, anche attraverso solo un like. Successivamente, si migliora questo stadio di coinvolgimento attraverso un'evoluzione del livello di coinvolgimento in termini di partecipazione2. Si attiva una partecipazione maggiore, che si esprime non soltanto con un like ma con qualche altra cosa, qualche altra risposta. Dopo si migliora questo coinvolgimento attraverso l'interactivity, quindi l'interattività3 che si esprime attraverso la frequenza di risposte, di feedback da parte del consumatore attivo, effettivo e/o potenziale. Questi livelli di engagement portano a una flow experience, cioè a un’esperienza4 che è chiamata flow perché è inconscia. È un’esperienza che migliora l’atteggiamento, la positività, la voglia di interagire maggiormente con il brand e la percezione di valore del brand, che porta alla soddisfazione5, al commitment6 (attaccamento al brand, desiderio di appartenenza al brand. Molto spesso questo si esprime attraverso l'identificazione nel brand, che oggi è realizzabile attraverso il mobile marketing; perché attraverso lo smartphone si va a utilizzare questo strumento in maniera intima. Il commitment riguarda un'identificazione nel brand che in letteratura chiamiamo “self brand congruity”, cioè congruenza dell’io con il brand, questo è un elemento di valutazione emotiva che mi aiuta a capire il livello di attaccamento a un brand e analizzare meglio lo stadio della relazione con un cliente). Per poi finire con la fiducia7 e il famoso passaparola8 che è moltiplicato attraverso il digitale, le condivisioni. Un processo di customer engagement sviluppa attività cognitive, affettive e comportamentali. Gli input comunicazionali creano involvement e partecipazione, migliorando il ricordo e il riconoscimento del brand. Le attività affettive servono per comunicare, trasferire dei contenuti più emozionali che migliorano l'esperienza inconscia e migliorano il commitment, quindi l'attaccamento al brand, oltre che la soddisfazione. Con le attività comportamentali si va ad attivare un'azione, un comportamento attraverso l’e-WOM, ossia attraverso il passaparola elettronico, perché attraverso il web si crea quel valore in termini di condivisione e appartenenza a un gruppo. La customer centricity deve poter essere utilizzata/realizzata con presupposti ed e deve attivare un processo di customer engagement, che porta all'evoluzione della relazione dal punto di vista cognitivo, dal punto di vista affettivo e dal punto di vista comportamentale; misurabile attraverso l’e-WOM, il feedback, la frequency e quindi interactivity ( l’interactivity è la frequenza con la quale si creano questi feedback), l'esperienza flow, ossia un'esperienza attivata dall'inconscio che naturalmente porta a una soddisfazione e a uno sviluppo di azioni comportamentali come il passaparola, oltre che l'acquisto. L’EVOLUZIONE DELLA COMUNICAZIONE SUL WEB Dobbiamo conoscere queste tecnologie, le caratteristiche per comprendere l'impatto sul marketing e quindi saperle usare nel momento e nel luogo giusto. La comunicazione sul web si è evoluta nel tempo. Quando parliamo di web/digital marketing, ci riferiamo a un'innovazione che nasce con Internet, ossia con il World Wide Web. Nel 2000 nasce Internet, uno strumento non solo di comunicazione, ma di moltiplicazione dei volumi di comunicazione, per effetto della sua trasparenza della condivisione. Internet in realtà già esisteva nel 1950/1960, ma era un sistema chiuso con “ARPANET”, utilizzato soltanto dai militari, che doveva servire per trasmettere informazioni digitali. Poi, si è diffuso come sistema sempre interno tra le università, negli anni 70/80, per permettere la comunicazione tra scienziati delle università in tutto il mondo. Fino ad arrivare al 2000, che nasce come strumento che diffonde la comunicazione in maniera democratica, trasparente in tutto il globo. La nascita di Internet ha portato alla nascita dei primi siti di varie imprese, che però non riuscivano a essere visibili, per cui è nato il display advertising. Esso è la comunicazione dell'url della pagina del sito, sui mezzi di comunicazione tradizionali: giornali, tv, ecc; poiché i siti non erano non erano raggiungibili da una mole di consumatori presenti sul web. Quindi, i siti per poter essere individuati, inizialmente utilizzavano il display advertising, cioè la comunicazione dell'url nelle newsletter nella comunicazione tradizionale, sui giornali, riviste, in televisione; per permettere un reindirizzamento (utilizzo di quell'url) per arrivare sul sito; però sempre dal fisico al digitale. Successivamente è nata l’e-mail, che ha permesso l'utilizzo di una casella di posta elettronica per tutti. (Inizialmente in maniera gratuita con Telecom Italia e Libero) L'email ha così attivato una possibilità per il brand di e-mail marketing; quindi, ha permesso al brand di entrare in comunicazione con gli indirizzi di posta elettronica delle persone che davano il consenso, per promuovere i prodotti. L’e-mail e le newsletter inviate tramite e-mail sono una forma di direct marketing, il quale diventa più usato grazie alla possibilità di ricevere un feedback veloce, in tempo reale. Solo in seguito nascono i motori di ricerca, i quali aiutano il display advertising. I motori di ricerca inizialmente erano delle directory, focalizzati per argomento tipo Yahoo, Arianna; poi sono nati motori di ricerca più ampi come Google, che hanno permesso una ricerca per parola chiave e contemporaneamente hanno attivato: il Search Engine Marketing. Essi hanno attivato uno strumento fondamentale per l’impresa, cioè la possibilità di collegare le parole chiave con i contenuti del sito; permettendo ad un utente che faceva la ricerca, di visionarie immediatamente il sito, cliccando ed entrando. Il Search Engine Marketing, si è evoluto in Search Engine Advertising, una forma di ricerca del sito attraverso un click sul banner, nel momento in cui si scrive una parola chiave. Nel 2005 nascono i Blog, es. YouTube, ecc e i social network. I social network non sono ancora social media, c'è una differenza tra il concetto di social network e quello di social media. Il social network è la piattaforma che può essere Facebook, Twitter, che abilita l'interazione consumer to consumer, tra persone. L’interazione che è stata facilitata da queste piattaforme ha attratto l'attenzione dei brand, i quali hanno iniziato a inserirsi nelle conversazioni, nelle community, intercettando gli utenti per interagire e promozionare il brand. Da qui si ha il passaggio dal concetto di social network al concetto di social media: perciò Facebook, Twitter sono diventati social media per effetto dell'inserimento dei brand nelle famose conversazioni/interazioni tra consumatori/utenti. Motivo per cui si ha la necessità di investire in un social media marketing e negli strumenti che agevolano la promozione sulle piattaforme. IPERCONNESSIONE DEI MERCATI: Tecnologie Le tecnologie le raggruppiamo in 3 categorie, perché sono quelle che hanno un impatto sul marketing: -le tecnologie mobile, -Big data, - l’AI (Intelligenza artificiale). I big data e l’AI sono tra loro collegati, però i big data possono funzionare anche senza AI. Sono queste le tecnologie che dobbiamo conoscere, perché agevolano quella convergenza che porta all’Omni Channel management e uno sviluppo dell’orientamento customer centricity e che sfrutta queste tecnologie per migliorare le strategie di marketing: l’impatto del marketing nei confronti della domanda e dell'offerta. LE TECNOLOGIE MOBILE Quando parliamo di tecnologie mobile, ci riferiamo all'uso dello smartphone, del tablet; strumenti che portiamo sempre con noi. Sono strumenti che ci permettono di interagire in mobilità, in qualsiasi momento e luogo e hanno perciò delle caratteristiche che dobbiamo considerare (perché, se conosciamo bene le caratteristiche possiamo modulare la nostra offerta e formulare le strategie in maniera adeguata): a) Prima strategia: l’ubiquità. Lo strumento mobile consente di raggiungere, un utente potenziale in qualsiasi momento e luogo. È uno strumento dinamico, non invasivo, perché si decide di accettare una comunicazione nel momento in cui si utilizza uno strumento, prima di tutto personale e che migliora l'accessibilità alla comunicazione col brand, le offerte; perché è sempre con noi e ne facciamo uso per qualsiasi cosa. Quindi migliora l'accessibilità, migliora la frequenza d'uso e la frequenza di acquisto di un prodotto, perché essendo più accessibile, permette in maniera veloce di acquistare, di utilizzare, di comunicare attraverso lo smartphone anziché utilizzare il pc e naturalmente permette un aumento degli utilizzatori. Soprattutto permette un miglioramento della personalizzazione dei contenuti; perché attraverso questo strumento “ubiquo” non soltanto si personalizza il contenuto sulla base dei dati precedenti, ma si personalizza anche sulla base del luogo in cui si trova la persona. La personalizzazione è legata anche al luogo e alla vicinanza di alcuni punti vendita o quant'altro. È anche uno strumento universale perché permette di veicolare contenuti con device diversi; nel senso che trasmette contenuti adattati per ogni device. b) Creare una relazione personale e intima con il consumatore. Il consumatore utilizza lo smartphone in qualsiasi cosa, perciò diciamo che diventa un mezzo di identificazione e questo mezzo di identificazione viene utilizzato per comunicare con il proprio brand. Diventa un metodo di identificazione, che può essere sfruttato dal brand per creare per es. delle immagini digitali; creando un'identificazione sia reale, che virtuale. Il brand sfrutta questa identificazione attraverso lo smartphone, per creare un'identità non soltanto fisica, ma anche digitale. Si dice che lo smartphone sia un oggetto di culto, perché diventa uno strumento di comunicazione personale che poi attiva una conversazione con es. Siri, Amazon home, ecc, grazie anche all'intelligenza artificiale. Può essere considerato un oggetto di culto, perché può creare un'esperienza, la famosa Flow experience: perché attraverso lo smartphone possiamo utilizzare per es. il movimento, la realtà aumentata, quindi sovrapporre, un'immagine digitale a un contesto fisico. Si crea un'esperienza che migliora la conoscenza di un servizio, di un prodotto, vedendo qualcosa di digitale che entra nel fisico, migliorando l'esperienza attraverso lo smartphone, ossia uno strumento ubiquo e mobile. c) Consentire l’identificazione spaziale dell’utilizzatore. Abilitare i messaggi via chat, è una funzione importante per gestire soprattutto i servizi post-vendita; perché attraverso questi, si può migliorare la transazione, la conclusione dei contratti, il tracking dell'ordine nel momento in cui mi sto muovendo; ecc. Infine, abbiamo una capacità di personalizzazione di tipo omnimediale, cioè una capacità di personalizzazione attivabile attraverso il GPS; cioè, attraverso il GPS possiamo personalizzare i contenuti dell'offerta e inviarli in maniera diversa a seconda del luogo in cui si trova il consumatore. Esistono tante caratteristiche, per gestire sempre la relazione del cliente in un'ottica di customer centricity. (Al giorno d’oggi esistono molte partnership tra providers tecnologici che non hanno esperienza nel settore retail, con un retail che si occupa appunto del servizio di vendita di prodotti sul mercato.) Lezione 4-03/10/2024 Riassunto: LE TECNOLOGIE Abbiamo analizzato le caratteristiche dei device delle tecnologie mobile; vedendo quanto esse: influiscono sullo stile di vita degli individui, migliorano l’accesso e la velocità all’informazione e offrono informazioni in tempo reale, anche in luoghi diversi, attraverso la geolocalizzazione. VALORE DEL MOBILE MARKETING Queste caratteristiche creano un valore sia per il consumatore e che per l’impresa: Per il consumatore: l’utilizzo degli strumenti mobile, creano un valore utilitaristico, emozionale, sociale e monetario. Perché creano questo valore? Nella letteratura di “Consumer behaviour” (comportamento del consumatore), si parla molto di shopping value, cioè il valore dello shopper, ossia del consumatore (parliamo di shopper perché tutto si riconduce all’acquisto). Questo valore può essere: a) Utilitario (Utilitarian shopping value). Il valore utilitaristico di uno shopper rispetto a quello edonistico, è un valore funzionale, ossia: lo shopper che ha questo valore utilitaristico-funzionale tende a raggiungere un obiettivo specifico. Egli è mosso dal soddisfacimento di un bisogno specifico attraverso lo shopping. Quindi, realizza un viaggio per lo shopping con uno scopo preciso: sa quello che vuole acquistare e molto spesso sa già il brand da cui vuole acquistare. Lo shopper utilitaristico proprio perché sa quello che desidera, vuole acquistarlo nel minor tempo possibile. Di conseguenza, il tempo speso dal momento in cui nasce un bisogno fino al momento in cui si acquista, deve essere accorciato perché il tempo rappresenta un sacrificio per uno shopper con un valore utilitaristico-funzionale. Quindi, tutte le fasi del processo d’acquisto si riducono. b) Edonistico (Hedonic shopping value). Lo shopper edonistico dà valore all’intrattenimento, allo sviluppo di emozioni. Lo shopping per un soggetto edonistico è una fuga dalla realtà, volersi divertire, socializzare; quindi utilizzare l’esperienza di shopping per edonismo. Egli considera lo shopping un’attività edonistica, sociale, emozionale. Si mette al primo posto la voglia di intrattenimento, la socializzazione, l’interazione; rispetto all’acquisto specifico di un prodotto. Questo perché in primis si vuole soddisfare un bisogno emozionale. In questo caso, lo shopper considera il tempo un piacere e tende ad allungarlo, ad estenderlo. Il tempo è importante ed è un tempo dedicato al piacere. Lo studio di questi valori è importante per il marketing, perché rappresentano delle motivazioni (sono antecedenti al comportamento, uno stimolo all’azione) che spingono ad un comportamento. Il mobile aiuta a creare valore sia nei confronti dello shopper edonistico, sia nei confronti dello shopper utilitaristico. Nei confronti dello shopper utilitaristico perché le sue caratteristiche consentono di raggiungere velocemente un obiettivo, in modo personalizzato e raggiungere immediatamente il luogo dell’oggetto. Il mobile è importante anche per lo shopper edonistico, perché attraverso il mobile si possono veicolare messaggi di contenuto emozionale, sociale, legati al divertimento e intrattenimento. (Quando si progetta un contenuto per una comunicazione possiamo anche considerare una comunicazione che prevede un gioco, uno scambio di opinioni; che prevede una certa emozione nella vista e nella percezione di un video rispetto ad altro.) Il mobile migliora entrambi i valori e anche il valore monetario della scelta, perché permette di raggiungere lo scopo, eseguendo nell’acquisto di un prodotto un confronto/analisi tra benefici e costi/rischi. Il valore economico è collegato al trade-off tra benefici/vantaggi e costi/sacrifici (i sacrifici si riducono in termini di tempo e in termini economici quando ad es. ci sono delle promozioni). Per l’azienda: ha un valore perché riesce ad ottenere un vantaggio in termini di: 1. risultati: perché attraverso il mobile, riesce meglio a raggiungere il consumatore, interagire, sviluppare l’intenzione di acquisto e aumentare il suo profitto, la sua performance economica, e; 2. processo: con il mobile si crea una convergenza nelle attività di marketing, perché esso è collegato al social media marketing, alle politiche di elaborazione di dati, all’utilizzo di intelligenza artificiale. Quindi, il mobile è il fulcro di tutte le strategie di un’impresa. Investire nel mobile significa far convergere tutte le attività di marketing e quindi spingere l’impresa verso un lavoro per processi, attraverso la creazione di team per effettuare i diversi processi aziendali. Per l’impresa, il mobile migliora l’attività della catena di valore. BIG DATA E IMPATTO SUL COMPORTAMENTO DELLA DOMANDA Sono definiti big data perché tutti i dati confluiscono in una macchina, computer e sono aggregati, elaborati, processati in maniera efficace. Ad oggi, investire nei big data è fondamentale, non solo per una grande impresa, ma in particolare per una piccola impresa. Cosa significa investire nei dati? Significa attivare un sistema che permette di catalogare una mole elevata di dati che provengono in maniera libera dal web (da Internet, dai social, dai blog, dai comportamenti su smartphone). Aggregare questi dati rappresenta un vantaggio competitivo per l'impresa (oggi se non si investe in big data non si può raggiungere un vantaggio competitivo considerando la concorrenza e l’enorme accesso alla domanda). I big data hanno determinate caratteristiche: Volume: abbiamo grande quantità di dati, i quali provengono da varie sorgenti come: e-mail, social media, log file, sensori, log collegati ai web server. I web server sono dei processori, dei software che memorizzano tutte le interazioni tra il server e gli utenti, in termini di traffico, di URL. Di conseguenza sono tutti quei dati che confluiscono nei big data. Quindi, i log sono generati dai web server, ma anche generati dai firewall; i quali invece sono dei software che funzionano per sicurezza, ossia per individuare e memorizzare le interazioni non rischiose. Parliamo di volume, perché i dati sono tanti e generati in maniera eterogenea da differenti fonti, tra cui siti e-commerce,... Varietà: Non solo parliamo della quantità di dati generati in vario modo da varie fonti; ma anche di dati di diversa natura. Vuol dire che possiamo avere dati codificati e dati non codificati. I dati codificati sono quelli fissi, prestabiliti che ovviamente sono associati ad un codice e facilmente processabili. I dati non codificati invece non sono codificati e non sono strutturati, e provengono dalle immagini, dai video... Infatti, esistono dei dati semi-strutturati, che hanno una parte fissa e una parte variabile, come per esempio in un atto notarile dove ci sono delle parti fisse e altre che si possono modificare. Di conseguenza, i dati semi-strutturati in parte si possono codificare e in parte no (nei big data confluiscono tutti questi i dati). Velocità: sono dati che confluiscono velocemente e hanno una loro efficacia, quando servono in tempo reale al consumatore/utente. Sono dati che vengono raggruppati e raccolti velocemente e hanno un valore nel momento in cui vengono sfruttati in tempo reale in base alle richieste dell'utente. Veridicità: hanno un grado di affidabilità variabile: ci sono dati più affidabili rispetto ad altri. L'affidabilità dei dati può essere diversa, di solito il processore che li raccoglie ed elabora, ossia il machine learning; individua dei criteri che classificano i dati in base all’affidabilità. Di conseguenza, quando si andranno ad elaborare per definire degli indici, sì terrà conto del grado di affidabilità dei dati, che vengono utilizzati. Valore: il valore di questi dati deve essere maggiore dell'investimento nel sistema di raccolta di big data. Il valore si ha nel momento in cui la risposta in termini economici della raccolta, elaborazione e utilizzo dei dati (in termini di vendite) è maggiore rispetto all'investimento in tutta la struttura di raccolta di big data. IMPATTO SUL MARKETING Queste caratteristiche hanno un impatto su alcuni elementi del marketing che sono fondamentali: - il CRM: i big data hanno un impatto sul CRM, perché un'impresa ha un sistema informativo aziendale, (senza il quale non sarebbe possibile aggregare dei dati) e un sottosistema informativo di marketing, i quali contengono quei dati che l’aiutano a gestire le relazioni. Si parla di CRM (Customer Relationship Management), ossia un insieme di attività che possono essere realizzate grazie al sistema informativo di marketing, le quali hanno come obiettivo finale: l’acquisizione di nuovi clienti e il mantenimento della clientela. Infatti, il CRM si occupa di monitorare il “life time value”, ossia il tempo di vita del cliente. Esso è calcolato in maniera più veloce con i big data ed è gestito più efficacemente. Il CRM oggi grazie ai big data è in grado di avere una maggiore efficacia, perché attraverso i dati riesce a gestire meglio una relazione in termini di acquisition e mantenimento della clientela. - il marketing machine o machine learning (il marketing machine che è collegato al machine learning): I big data sono collegati al machine learning, ovvero gli algoritmi. Il machine learning è quella macchina che genera gli algoritmi e che muove i big data. Gli algoritmi raccolgono, elaborano, adattano e interpretano questa grande mole di dati in maniera dinamica; per restituire degli insight, ossia dei dati di performance più specifici. Il marketing machine, gli algoritmi sono usati da grandi player come Spotify, Netflix, al fine di profilare sempre di più la clientela e restituire risposte personalizzate in termini di film, musica, ecc. (Anche i cookies sono usati per fini di profilazione, perché sono un gancio che permette di avere l’aggregazione di questi dati) Il marketing machine incorporando l'AI, fa sì che i risultati di questi algoritmi vengono utilizzati, per prendere decisioni autonome tramite sempre l’AI (il machine learning può essere usato anche senza l’AI). - Impatto sulla personalizzazione dell’offerta e della comunicazione: la personalizzazione dell'offerta è più agevole con i big data e il machine learning. Prima di fare questo dobbiamo personalizzare la comunicazione soprattutto quella che lega per es. il brand->il retailer-> il consumatore finale; attraverso l’uso di tutti gli strumenti di marketing, digital marketing. È importante personalizzare la comunicazione tra il brand e il consumatore finale attraverso il retailer. La comunicazione diventa personalizzata e molto più semplice perché si crea una connessione di dati; che si esprime anche attraverso una risposta in tempo reale di comunicazione del retailer. Egli entrando in partnership con il brand industriale veicola comunicazioni personalizzate in tempo reale al cliente: es. attraverso vetrine interattive. INTELLIGENZA ARTIFICIALE L'intelligenza artificiale è il terzo strumento che agevola il digital marketing e la convergenza, per giungere all'omnicanalità. L'intelligenza artificiale è un ramo della “computer science”, che si occupa di studiare e sviluppare sistemi di hardware e di software, dotati di capacità tipiche umane. Lo studio è volto allo scopo di interagire con la domanda e l'ambiente. È un sistema che cerca di interagire in maniera simile all'uomo, con la finalità di confrontarsi e di entrare in contatto con il cliente, di apprendere, di adattarsi all'ambiente, di ragionare e rispondere con una pianificazione. L'intelligenza artificiale ha una particolare importanza, perché molto spesso permette in maniera autonoma di prendere delle decisioni, sostituendosi all'uomo. L'intelligenza artificiale è collegata ai big data, perché senza essi non può prendere delle decisioni. È una branca di studio, le cui applicazioni che emergono maggiormente sono in termini di machine learning, perché attraverso la lettura degli algoritmi permette di prendere decisioni autonomamente. Un'altra area di applicazione è la vision, cioè la lettura intelligente delle immagini, (quindi le telecamere intelligenti) che permettono di essere elaborate e prendere una decisione. L'intelligenza visuale può essere utilizzata per far funzionare degli strumenti che non sono prodotti, ma che servono a essere letti e ad inviare una comunicazione. Le telecamere intelligenti possono servire a erogare un servizio allo shopper. Si parla perciò di strumenti che vengono utilizzati come lettura delle immagini, quindi quei big data difficilmente codificabili. L’intelligenza artificiale può essere incorporata in dei prodotti. In particolare, l'intelligenza applicata alle automobili, incorporata all'interno di un'auto; la trasformano in una smart car (prodotto smart). L’intelligenza artificiale può essere associata ai robot. I robot sono sempre esistiti però integrando l'intelligenza, si apre la possibilità di raccogliere tutti i dati, effettuare delle previsioni, adattare la macchina e il robot sulla base dei dati e prendere quelle decisioni autonome. Quando parliamo di robot ci riferiamo anche agli impianti produttivi che grazie all'AI hanno la possibilità di rendere il sistema più produttivo più efficiente e più efficace, perché attraverso l'intelligenza artificiale si raccolgono tutti i dati. Infine, l'intelligenza artificiale è applicata al Natural Language Processing (NLP), ossia uno strumento fondamentale senza il quale non è possibile interagire, conversare con un brand in maniera interattiva e digitale. IL NLP è quel processo che attribuisce un linguaggio naturale ad una macchina; quindi, un robot può conversare imitando l'umano, imitando la conversazione con una persona. I chatbot infatti, vengono utilizzati per la comunicazione con il cliente in ogni fase della vita aziendale, in ogni ambito. Il chatbot è oggi un agente conversazionale che ha una grande efficacia in termini di interazione tra un brand e un consumatore e perché imita il linguaggio dell'uomo, attraverso il Natural Language processing. Esso permette a un chatbot di utilizzare una comunicazione verbale (scritta o orale), para verbale (il tono della voce, i momenti di pausa che possono aiutare una conversazione) e non verbale (l'aspetto, il genere). Il NLP aiuta a umanizzare il chatbot, si parla infatti di antropomorfismo. Il chatbot è sempre più uguale all'uomo perché lo scopo è interagire sempre in maniera elevata con l'utente, cliente o non cliente, creando engagement, esperienza, fiducia, … L'intelligenza artificiale viene applicata in questi ambiti, dando un apporto fondamentale in termini di efficienza ed efficacia per il marketing. L'intelligenza artificiale ha contribuito alla realizzazione di strumenti importanti, per le applicazioni di strategie di marketing efficaci, tra questi: L’IoT (Internet of Things): (smart object o wherever devices) nasce e si sviluppa attraverso l'AI, perché è tutto quello che rientra nel concetto di prodotto smart, cioè un prodotto tangibile che incorpora l'AI, cambiando le regole del mercato (smart competition, smart market). La presenza di questi smart product attiva una nuova relazione con la domanda, una relazione diversa a livello competitivo; cambiando le logiche e i poteri all'interno del mercato. Un'internet of things è quel prodotto smart che incorpora l’AI e permette di connettersi con la domanda attraverso il collegamento Internet. Il prodotto smart estende Internet nel mondo fisico e permette una connessione tra Internet e il consumatore finale/un'impresa, perché gli smart ocbject possono essere utilizzati sia nel mercato B2B che nel B2C. Ci riferiamo a tutti quei prodotti che essendo collegati a Internet assumono dei significati anche nuovi, (es. orologio che non solo indica il tempo, ma misura il battito, comunica come se fosse uno smartphone, interagendo con il consumatore in maniera diversa scambiandosi dati), aggiungono nuove funzioni. Con l’intelligenza artificiale offriamo molto più, in termini di servizio al consumatore e riempiendo il paniere degli attributi di un prodotto. La Blockchain: si sviluppa con l'AI e riguarda gli smart contract, ossia le transazioni online, che sono protette. Fare un’e-commerce che contiene la possibilità di concludere una transazione con il pagamento online; è possibile perché ci sono questi modelli di smart contract, che rendono sicuro il contratto. La blockchain ha stravolto il concetto di servizio, permettendo l’erogazione di servizi nuovi, in tempo reale. Es. una banca attiva degli smart contract, nel momento in cui agevola e velocizza la richiesta di un mutuo. Nella supply chain tutte le relazioni all’interno della filiera del canale produttivo e distributivo sono attivate da contratti. Se tutti questi contratti sono smart, non soltanto si agevola il controllo della qualità, la trasparenza nel trasporto, ma si migliora la qualità delle relazioni. C'è un'affidabilità maggiore, nell'effettuare delle transazioni online che sono tracciate, rendendo sicure le interazioni contrattuali tra gli attori (garanzia). Le blockchain sono utilizzate nel settore healthcare, nella pubblica amministrazione, ecc.…L’AI aiuta il marketing nell’elaborazione di strategie sempre più mirate, personalizzate, migliorando la customer experience, la fiducia nei confronti del brand. I Chatbot: Attraverso l'intelligenza artificiale, si sviluppa un agente conversazionale, che si evolve sempre di più; perché oggi si passa da un'intelligenza artificiale cosiddetta conversazionale ad un'intelligenza artificiale detta generativa. I chatbot hanno un elevato potere conversazionale anche grazie all'intelligenza generativa che dà la possibilità di creare innovazioni. L’intelligenza artificiale è lo strumento che alimenta i chatbot, perché senza l’AI e il NLP non è possibile interagire in maniera quasi umana con la domanda e quindi con i clienti. AI CONVERSAZIONALE e AI GENERATIVA Qual è la differenza tra queste due intelligenze? a) Intelligenza conversazionale: è progettata per ricreare e imitare le conversazioni umane, tiene conto della specificità delle informazioni da fornire e degli aspetti della comunicazione che rendono completa la conversazione: verbali, para-verbali e non verbali. Permette di instaurare una conversazione simile all'uomo con un utente. Interpreta la domanda che viene fatta da un utente e risponde sulla base dei dati storici, i big data. Questa intelligenza intermedia tra il machine learning e l'intelligenza artificiale, raccogliendo dati e restituendo risposte ai prompt di domanda. Un consumatore attraverso ad es. ChatGPT fa una domanda (un prompt) e riceve una risposta sulla base della sua domanda. Molto spesso le risposte possono differenziarsi a seconda del prompt di domanda. Quindi l'intelligenza artificiale conversazionale risponde, prende le decisioni autonomamente sulla base dei dati passati. b) Intelligenza generativa: è in grado di produrre testi autonomamente, generando frasi e paragrafi coerenti con le richieste fatte, attingendo da più fonti provenienti dal web. L'intelligenza generativa è un qualcosa in più rispetto all'intelligenza conversazionale. Porta a prendere delle decisioni più autonome e creative. Si tratta di un’intelligenza che elabora una mole di dati più elevata, restituendo qualcosa di nuovo, non solo presa dal web. Un esempio è ChatGPT 4, dove c'è un'integrazione tra intelligenza conversazionale e intelligenza generativa, in cui si può domandare e generare innovazioni. L'innovazione deve essere colta nei suoi aspetti positivi e quindi utilizzata in maniera consapevole. In questo caso l'intelligenza generativa crea qualcosa di nuovo, ma è un qualcosa che deve essere monitorato, controllato e unito a ciò che la competenza/conoscenza dell’uomo. AI E IMPATTO SUL COMPORTAMENTO DELLA DOMANDA L'AI permette di analizzare i dati e analizzare l'ambiente, la domanda; in maniera molto più veloce rispetto a quello che si faceva in un mercato tradizionale. L’intelligenza artificiale ci aiuta ad analizzare il mercato in termini di domanda e di offerta, restituendo quelli insight che ci aiutano a prendere le decisioni. Queste analisi è fondamentale per attivare il marketing machine. Interpretare: Attraverso l'AI si riesce a misurare le percezioni attraverso i click, i commenti, qualsiasi user generated content (tutto quello che viene generato dagli utenti). Analizzare le percezioni, permette di apprendere e prevedere in maniera più efficace, rispetto alle previsioni fatte nel mercato tradizionale. Ora diventa molto più semplice prevedere, perché anche gli stessi algoritmi del machine learning agevolano la previsione. In particolare, l’analisi della percezione dinamica, porta a un effetto sulla dinamicità dell’offerta. (ad es. l’assortimento virtuale è dinamico) Sviluppare delle azioni. Come detto prima, l’AI aiuta nel definire le decisioni da prendere. Tutto questo ha un effetto sulle aree: o Descrittiva: poiché analizzo, ho la possibilità di descrivere quello che è lo scenario, il mercato; o Diagnostica: ho la possibilità di formulare delle ipotesi (aspetto importante della pianificazione di mkt), ipotizziamo degli scenari, i quali sono elaborati direttamente dall'AI; o Predittiva: aiuta a prevedere il futuro, con una logica di miglioramento dell'offerta che diventa dinamica; o Prescrittiva: permette di avere soluzioni sempre ottimali, migliorare la risoluzione di un problema, offrire sempre qualcosa di ottimale attraverso il suggerimento e l'utilizzo anche autonomo dell’AI. Esempi: L'intelligenza artificiale oggi viene utilizzata in tutti i settori, però nasce e si sviluppa soprattutto nel mondo fashion. Nel fashion si utilizzano molto la ricerca visiva, l'intelligenza visiva; perché nel fashion è molto importante utilizzare l'AI per captare immagini e trasformarle in prodotti. Nel settore fashion vengono usati anche i motori di raccomandazione tipo Amazon, i quali sono frutto dell'uso dell'AI, che combinata con il machine learning e i big data permette di raccomandare prodotti complementari e creare un cross selling, ossia un incrocio di vendite tra prodotti complementari. Yoox è stato il primo nel 2000 a utilizzare l'intelligenza artificiale, conquistando quote di mercato elevatissime, perché ha implementato una piattaforma e-commerce, per trasferire prodotti in tutto il mondo. Yoox è un nome preciso: le due lettere x e y, sono associate y alla donna e x all'uomo e le due centrali sono i codici binari che identificano con qualcosa di digitale. È stata la prima azienda a usare l’AI per creare una linea di abiti e usare un avatar per aiutare i consumatori a creare i loro look (inoltre nel 2020 ha aggiunto un’altra funzionalità, attraverso la quale l’utente pubblica una foto e riceve una proposta di outfit). CARATTERISTICHE DEGLI SMART OBJECT Gli smart object sono famosi Internet of things, ossia prodotti che incorporano intelligenza artificiale, estendendo Internet nel fisico. Essi funzionano perché alla base sfruttano la tecnologia di “radiofrequency identification”, la quale permette la trasmissione dei dati attraverso l'AI. L’Internet of Things aiuta a connettere il digitale con il fisico e attraverso la tecnologia radiofrequency identification collega i sensori a dei tag, che sono inseriti nei beni per renderli tracciabili. Inoltre, non soltanto permette un collegamento tra un prodotto e il suo possessore, ma permette un collegamento tra più prodotti, diventando quindi tra loro interconnessi attraverso la tecnologia Near Field Communication (NFC) e quindi influenzandosi tra loro (es. all’interno di una casa -> concetto di domotica). La connessione con Internet agevola l'interazione con il possessore attraverso il “radiofrequency identification” e agevola l'interazione tra prodotti attraverso l’NFC. Quindi, l'internet of things è un network di oggetti fisici contenenti tecnologie per comunicare o misurare e interagire con gli stati propri interni o l'ambiente esterno. Queste spiegazioni mettono in evidenza come l'IoT stia rivoluzionando il modo in cui gli oggetti interagiscono con il mondo fisico e digitale, migliorando l'efficienza e la tracciabilità in vari settori. IMPATTO DEGLI SMART OBJECT SULLE RELAZIONI Gli smart object creano quindi una relazione di 3 tipi: 1. One to One: Tra una persona e un prodotto dotato di intelligenza artificiale; 2. One to Many: Tra una persona e più prodotti; 3. Many to Many: tra più persone (es. componenti di una famiglia) e più prodotti, perciò si parla di interazioni complesse. CARATTERISTICHE DEGLI SMART OBJECT Le caratteristiche sono 3: Agentività: cioè, capacità di agire e interagire in tempo reale (es. telecamere di sorveglianza); Autonomia: cioè, la capacità di questi prodotti di agire condizionando il comportamento della domanda (es. termostato che suggerisce e influisce sulla temperatura); Autorità: è collegato all’autonomia e vuol dire che i prodotti sono dotati di intelligenza artificiale, che li permette di poter bypassare l'utente, ossia possono decidere al suo posto (es. telecamere di sorveglianza che in caso di movimento si attivano, registrano e inviano automaticamente il video alla vigilanza). Lezione 5-08/10/2024 Oggi approfondiamo il tema dello smart market, in relazione alle informazioni e caratteristiche delle varie tecnologie: gli IoT (inglobano l’AI, la quale gli permette di avere un particolare potere di mercato, un maggior potere di condizionamento della domanda. Hanno inoltre, delle caratteristiche: agentività, autonomia e autorità; le quali sono basate su una continua connessione in tempo reale con la domanda, col possessore dello smart object). LE AREE DI IMPATTO DELLO IoT SUL MKT Qualunque tipo di Internet of Things (es. per B2B, B2C) ha un impatto sul marketing, in particolare: Possibilità di ricevere una mole di dati sia da parte del consumatore e sia da parte dell’impresa in tempo reale, quindi in modo accessibile e veloce. La ricezione della mole di dati ha conseguenze in termini di: personalizzazione dell’offerta/comunicazione, ricevimento di un feedback immediato da parte del cliente e infine in termini anche di un contenimento di rischi: di “recovery brand”, cioè rischi legati a un insuccesso di una politica aziendale, al fine di adottare una “strategia di recovery”, ossia strategia di recupero del cliente in modo veloce; in tempo reale. Un'area di impatto riguarda il CRM: perché abbiamo la possibilità di analizzare in tempo reale i dati del consumatore. Questi dati vanno ad alimentare il CRM, che gestisce l’acquisizione e il mantenimento del cliente e restituisce attraverso l'intelligenza artificiale delle decisioni che supportano il management oppure vengono erogate automaticamente. Questo naturalmente ha una conseguenza in termini di raccolta, interpretazione dei dati ai fini della risoluzione di un problema, anche complesso. Incremento delle performance: le performance di vendita possono essere moltiplicate con l'utilizzo degli smart object, come è avvenuto per es. per Yoox, Asos, ecc. L’analisi della performance deve essere letta non soltanto in termini di vendite, ma anche di percezioni. Il risultato non è solo la vendita, ma è anche l'atteggiamento, la percezione positiva. Questo è possibile verificarlo con gli smart object; perché possiamo leggere i dati, possiamo renderli visibili (se questi sono collegati con le piattaforme di social network) e possiamo monitorare il “Ckick- through rate”, ossia un indice dato dal rapporto tra la percentuale dei click e al denominatore il numero delle impressure, cioè il numero delle visualizzazioni; al fine di capire quale sia l'efficacia di un'azione di marketing. Questo ha come conseguenza un'efficacia maggiore delle politiche di comunicazione. Customer experience: con l'Internet of Things aumentiamo l’engagement e quindi aumentiamo la customer experience. La conseguenza di ciò è che queste soluzioni personalizzate che offriamo attraverso gli smart object, permettono poi di modificare, influenzare i comportamenti e dunque migliorare l'esperienza. Social media predittivi: gli Internet of Things hanno come impatto l'utilizzo dei social media predittivi, cioè l'internet of things con l'elaborazione e la restituzione di dati più precisi, permette di automatizzare meglio le interazioni con la domanda. L’utilizzo dei social media in maniera automatizzata permette allo stesso tempo, di poterli usare per prevedere dei comportamenti; ad es. attraverso i commenti si può prevedere un eventuale insoddisfazione/disservizio. I social media hanno sempre rappresentato uno strumento importante, sul quale si investe nei social media manager, perché è uno strumento utile per osservare il comportamento della domanda. Attraverso l'internet of things, quindi andiamo ad automatizzare tutti i contenuti e a restituire non solo delle risposte autonome, ma anche dei dati che possono proiettare delle situazioni future. I social media diventano perciò predittivi/preventivi e la conseguenza è che con questa previsione, che si può automaticamente realizzare attraverso i dati, possiamo automatizzare le risposte (previsioni ed automatismo sono due cose molto collegate, che si possano realizzare in quanto alla base c'è un'interconnessione tra prodotto e rete). Impatto sulla customer engagement legato alla fornitura di dati personali in cambio di utilità: è una determinante della customer experience. Una customer engagement la si può attivare attraverso una comunicazione particolare, attraverso l'enfatizzazione dei contenuti. Un engagement nasce già di per sé dall'utilizzo dell'internet of things, perché il consumatore che acquista e utilizza un'internet of things, sa perfettamente che deve trasferire dei dati; ma lo fa alla condizione di ricevere delle funzionalità, delle risposte personalizzate che solo l'internet of things può dare. Infatti, l'app è lo strumento spesso utilizzato, attraverso lo smartphone, per interagire con il brand, in maniera anche automatizzata e il cliente naturalmente per interagire deve dare il suo consenso. Un monitoraggio costante della qualità: gli internet of things permettono attraverso i dati, di monitorare costantemente la qualità, soprattutto nel B2B, ad es. se consideriamo degli impianti. Gli impianti dotati di intelligenza artificiale hanno una marcia in più, perché permettono di controllare costantemente il processo di realizzazione del prodotto. L'internet of things in ambito B2B permette di monitorare la qualità del prodotto, soprattutto quando il prodotto è un bene strumentale, ossia di lunga durata. Questo ha una conseguenza in termini di analisi e controllo nel lungo termine dello stato di salute di un prodotto. Questi aspetti sono importanti da focalizzare, perché il nostro studio è quello di adattare le strategie di marketing a contesti nuovi e quindi all'uso di nuove tecnologie. DAI CONSUMI SOLIDI AI CONSUMI LIQUIDI Prima di parlare del mercato che non è altro che un insieme di produttori e consumatori, iniziamo a parlare del concetto di consumo, il quale nel tempo è cambiato attraverso l'uso del digitale. Lo studioso Bauman ha evidenziato un passaggio da un'idea di consumo cosiddetto “solido”, a un'idea di consumo cosiddetto “liquido”. Egli diceva che esistono questi due concetti lungo i quali c'è un continuum tra solido e liquido. Quindi, esiste un passaggio dal solito liquido che è dinamico. Quando parliamo di consumo solido ci riferiamo al consumo di un prodotto prevalentemente tangibile/fisico, per il quale si acquisisce un titolo di proprietà e si sviluppa anche una fedeltà nel lungo termine. Il consumo liquido è associato al concetto del consumo di un prodotto prevalentemente immateriale, (quindi più un servizio); che si utilizza per accedere a qualcosa. Mentre con il consumo solito si mette in risalto il possesso di un bene attraverso titolo la proprietà; con il consumo liquido si dà priorità all'accesso (lo scopo è consumare/soddisfare in termini di accesso ad un bene non tanto alla proprietà). In questo caso, il consumo liquido che è più effimero, è un consumo che dovrebbe portare a una fedeltà a breve termine, a un legame più breve, temporaneo legato all'accesso. I driver guidano la creazione/sviluppo di valore per il cliente e sono cambiati nel tempo. Nel consumo solido il valore che ricercano i consumatori è legato al design, alla forma, alla qualità, a qualcosa di materiale; legato agli attributi generalmente utilizzati per definire un prodotto tangibile. Invece, i valori che persegue un consumatore liquido sono valori legati alla flessibilità, alla dinamicità, alla velocità. Nel consumo solido si va a identificare un consumatore che tipicamente è un consumatore fedele ad un brand nel lungo termine, mentre nel consumo liquido il consumatore vuole accedere al bisogno, nel momento in cui ha necessità di qualcosa, in maniera veloce e dinamica (es. un consumo solido può essere l'acquisto di un'automobile per scopi personali, es. un consumo liquido potrebbe essere anche l’auto, che viene usata indirettamente per accedere a un servizio di mobilità, come il car sharing). È importante dire che tra questi due concetti non c'è una polarizzazione, non sono dicotomici (o uno o l’altro), ma sono concetti che convergono, ossia nel consumo è difficile che vi sia un consumo solo solido o solo liquido. Possiamo dire che un consumatore può essere prevalentemente solido oppure prevalentemente liquido: - un consumatore prevalentemente solido: è colui che dà importanza a due cose fondamentali: l'identità del brand e il tipo di relazione sociale con il brand. Il consumo prevalentemente solido è tipico di una persona che sceglie un prodotto che ha una grande forza di “brand identity”, (l’identità di un brand è rafforzata non solo quando andiamo a collegare il nome, l'are