Summary

Il documento descrive i concetti e le tecniche di osteosintesi, nonché le diverse tipologie, indicazioni e complicanze delle protesi, in particolare per anca, ginocchio, spalla e caviglia. Vengono dettagliati i vari tipi di materiali e le metodiche operative. Approfondisce la problematica di diagnostica e scelte terapeutiche legate a fratture e artrosi.

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MEDICINA CLINICA I – CHIRURGIA CONCETTI E TECNICHE DI OSTEOSINTESI RIDUZIONE: manovra di riallineamento dei frammenti di una frattura, solo fratture scomposte. OSTEOSINTESI Si opta per l’osteosintesi quando esiste la ragionevole certezza di ottenere un buon risultato per il pa...

MEDICINA CLINICA I – CHIRURGIA CONCETTI E TECNICHE DI OSTEOSINTESI RIDUZIONE: manovra di riallineamento dei frammenti di una frattura, solo fratture scomposte. OSTEOSINTESI Si opta per l’osteosintesi quando esiste la ragionevole certezza di ottenere un buon risultato per il paziente in tempi più brevi e con tasso di rischio ragionevole. Metodo di terapia delle fratture ossee che prevede l’esecuzione di un intervento chirurgico e l’installazione di dispositivi (chiodi, placche, viti) per ripristinare la continuità ossea. ๏ Vantaggi: stabilità del focolaio di frattura; carico precoce; rapido ripristino della funzione ๏ Svantaggi: anestesia; rischio infezione; strumentazione complessa; fallimento dell’impianto Il metodo conservativo ha una maggiore facilità di esecuzione ed un minor impatto sul paziente, ma comporta tutti i rischi legati all’immobilizzazione (ipotrofia muscolare; rigidità articolare..). La scelta dei mezzi di osteosintesi (chiodi, placche, viti, fissatori esterni ed interni), usati singolarmente o in combinazione, dipende dal tipo di frattura, dalla sede, delle condizioni generali del paziente e dal tipo di osso da guarire. Con l’osteosintesi si può optare per ottenere: ๏ Stabilità assoluta: assenza di movimento nel focolaio di frattura (frammenti compressi) con conseguente non evidenziazione del callo di frattura –> ossi cazione diretta ๏ Stabilità relativa: predispone alla formazione del callo osseo –> ossi cazione indiretta (callo) La ssazione di osteosintesi si classi ca in: ๏ Interna: quando i mezzi di sintesi sono impiantati totalmente nel corpo [chiodi, viti, placche] ๏ Esterna: quando i mezzi di sintesi sono per buona parte esterni [ ssatori esterni] VITI ๏ Da corticale – letto stretto, passa da una corticale all’altra ๏ Da spongiosa – parzialmente o totalmente lettate, impiegate nelle epi si delle ossa lunghe INSERIMENTO DEL CHIODO ๏ Anterogrado – inserito a partire dall’estremità prossimale ๏ Retrogrado – inserito a partire dell’estremità distale fi fi fi fi fi fi fi fi L’impianto viene rimosso quando ha raggiunto il suo obiettivo, oppure in caso di interferenza con le funzioni siologiche; di rotture o mobilizzazioni dell’impianto stesso e/o di mancata guarigione. È sempre necessario seguire la RX prima della rimozione e seguire un adeguato periodo di riposo per evitare possibili ricadute. Dopo la rimozione delle viti i fori permangono nell’osso per 6-9 mesi. Tali fori si riempiono dapprima di tessuto broso privo di tenuta meccanica poi tale tessuto broso viene sostituito da tessuto osseo. Un foro di vite rende l’osso più debole, soprattutto in essione e torsione; è consigliabile attendere circa 1 anno per rimuovere i mezzi di sintesi dalla frattura. FISSATORI ESTERNI Si utilizza quando non si può aggredire il focolaio di frattura: per gravi lesioni ossee e dei tessuti molli quando la pro lassi dell’infezione e la guarigione dei tessuti è di estrema importanza. In base al tipo di frattura si possono applicare diverse tipologie di ssatori esterni. DIAGNOSI DI UNA FRATTURA - Almeno 2 proiezioni radiogra che, sempre!! - Partire dalle corticali e seguirne la linea - Correlare sempre RX alla clinica - Nel dubbio fare accertamenti ulteriori (TC) CONCETTI-PRINCIPI BASE IN CHIRURGIA PROTESICA Principali sedi protesiche – tipologie di protesi ๏ Anca – endoprotesi, artroprotesi ๏ Ginocchio – monocompartimentale, totale ๏ Spalla – inversa, anatomica ๏ Caviglia PROTESI D’ANCA L’intervento di protesi all’anca si esegue sui pazienti che hanno subito frattura o su pazienti affetti da coxartrosi (diagnosi radiogra ca). Gli obiettivi dell’intervento di protesi d’anca sono: attenuare fi fi fi fi fi fi fl fi i sintomi; migliorare la funzione articolare; rallentare l’evoluzione della malattia (coxartrosi) e migliorare la QoL del paziente affetto. Score radiografico per artrosi Endoprotesi – parziale L’intervento di endoprotesi prevede la sostituzione di stelo e testina, ma il cotile rimane naturale. Si utilizza nei casi di fratture mediali in pazienti di età avanzata; con scarsa autonomia pre-frattura o in presenza di comorbilità. L’intervento è più breve e meno invasivo; la durata dell’impianto è minore. Può presentarsi il rischio di cotiloidite (necessità di conversione in artroprotesi), dovuto allo sfregamento del metallo contro la cartilagine Artroprotesi – totale L’intervento di artroprotesi prevede la sostituzione di stelo, testina, inserto e cotile. Si usa sempre nelle coxartrosi, oppure per fratture in pazienti di età non troppo avanzata; con un buon grado di autonomia pre-frattura e con poca o assente comorbilità. L’intervento è più lungo e maggiormente invasivo; la durata dell’impianto è maggiore. N.B: le protesi si classi cano a seconda che abbiano lo stelo cementato o non cementato, la scelta varia in funzione della preferenza del chirurgo e della forma del femore. Scelta dei materiali – tribologia ๏ Metallo & Polietilene ๏ Ceramica & Polietilene ๏ Metallo & Metallo ๏ Ceramica & Ceramica fi La protesi si cementa in persone con scadente qualità ossea. Gli impianti non cementati (più diffusi) si utilizzano se c’è un’adeguata qualità ossea e devono rispettare il principio di osteointegrazione (l’osso deve crescere sull’impianto; nessun legame chimico). Ad una stabilità primaria, ottenuta durante l’impianto, seguirà una stabilità secondaria derivante dal rimodellamento osseo. Esistono anche gli impianti modulari che, in caso di problemi (impingement/lussazione), consente la sostituzione di singole componenti della protesi. Garantiscono una maggior precisione anatomica; un miglior ripristino biomeccanico ed una maggior prevenzione dell’instabilità. È molto importante dal punto di vista riabilitativo la scelta della via di accesso che, soprattutto nel primo mese post intervento, condiziona il recupero. N.B: l’intervento con via d’accesso postero-laterale prevede il taglio degli extrarotatori brevi. Il planning dell’intervento non tiene conto solo del sizing dell’impianto, ma valuta anche: funzione muscolare; pregresse cicatrici; deambulazione; rigidità; stato neurologico ecc.. Prima di operare si de nisce una safe zone di posizionamento del cotile per ridurre il rischio di lussazione. Complicanze post-operatorie Mobilizzazione asettica (protesi non osteointegrata); lussazione; infezione (necessaria sostituzione protesica); frattura periprotesica; usura inserto in polietilene; ossi cazione eterotopica (formazione di tessuto osseo in sedi anomale, rara, causa ipomobilità). fi fi PROTESI DI SPALLA Spesso impiantata per artrosi distinguiamo un’artrosi eccentrica: ovvero un’usura asimmetrica della cartilagine articolare della spalla legata problematiche dei tendini della cuf a dei rotatori che modi cano il normale allineamento e carico dell’articolazione gleno-omerale. Se l’usura della cartilagine articolare è uniforme sull’intera super cie dell’articolazione gleno-omerale, quindi interessa in modo omogeneo entrambe le super ci articolari (testa dell’omero e glena scapolare) si parla di artrosi concentrica. La differenza tra le due tipologie è importante perché varia il tipo di trattamento. Protesi Anatomica Ricostruisce la struttura articolare senza variare la biomeccanica dell’articolazione. Si utilizza per artrosi di spalla concentrica (cuf a dei rotatori integra), prevalentemente in pazienti giovani. Protesi Inversa Altera la struttura meccanica ed anatomica della spalla. Si utilizza in caso di artrosi di spalla eccentrica (sublussazione superiore della testa omerale, degenerazione cuf a dei rotatori, deltoide conservato), nei pazienti più anziani. La protesi inversa di spalla è stata sviluppata per outcome insoddisfacenti della protesi anatomica in condizioni di degenerazione artrosica e di frattura, e per rotture massive della cuf a dei rotatori in pazienti giovani. La riabilitazione di protesi inversa avviene su un’articolazione la cui biomeccanica è sovvertita; si agisce sulla muscolatura di deltoide e sottoscapolare. Per il planning dell’operazione si valutano molti parametri (es. offset). Un aspetto cruciale dell’intervento è il corretto posizionamento della componente glenoidea (talvolta necessario correggere le deformità). Il sistema di navigazione GPS è una tecnologia af dabile e facile da utilizzare che consente al chirurgo di raggiungere il posizionamento glenoideo piani cato. Protesi anatomica Protesi inversa PROTESI DI CAVIGLIA Interessa l’articolazione tra tibia e astragalo. I sintomi delle artrosi di caviglia (che molto spesso sono post-traumatiche) sono: dolore durante attività e a riposo; edema e rigidità; crepitii e scrosci al movimento dell’articolazione; riduzione del ROM. La minor area di contatto articolare ed il minor spessore cartilagineo della caviglia rispetto ad altre articolazioni come anca e ginocchio, rendono la caviglia meno resistente allo sviluppo di artrosi primaria. Le due possibilità in caso di artrosi sono: artrodesi e protesi. fi fi fi fi fi fi fi fi fi Artrodesi Procedura chirurgica di fusione permanente di due o più ossa di un’articolazione, che elimina il movimento. Si effettua quando la protesi di caviglia non è indicata. In caso di: ๏ Gap osseo: manca osso per poter attaccare la protesi ๏ AVN dell’astragalo: necrosi avascolare ๏ Infezioni ๏ Neuroartropatia di Charcot: problema neurologico che causa un malfunzionamento della caviglia Artrodesi con viti Artrodesi con placche Artrodesi con chiodo Siccome manca dell’osso, per effettuare l’intervento senza accorciare la gamba è necessario usare un osso di banca: un pezzo di osso (dalla cresta iliaca o dalla testa del femore), oppure si può utilizzare un supporto in materiale osteo-integrativo (allograft metallico). In conclusione, l’artrodesi è una procedura di salvataggio in cui si cerca di risparmiare l’articolazione sottoastragalica (tra astragalo e calcagno) e di bilanciare correttamente i carichi per evitare l’instabilità residua. Protesi La storia delle protesi di caviglia ha attraversato numerosi cambiamenti. Il salto di qualità è stato fatto quando il design protesico ha seguito meglio tutte le geometrie dell’articolazione (sia di tibia che di astragalo). La decisione di fare o meno la protesi è più importante dell’intervento in sé. La protesi di caviglia è indicata in caso di artrosi primaria e secondaria (post-traumatica, emo liaca..). I rischi derivanti dall’innesto della protesi sono gli stessi delle protesi ad anca e ginocchio: infezione (probabilità più alta causata dalla vicinanza della caviglia con il terreno); mobilizzazione asettica; fallimento dell’impianto. La via di accesso per l’intervento può essere anteriore o laterale (in questo caso è necessario tagliare il perone per fare la protesi, e poi riattaccarlo con una placca). PROTESI DI GINOCCHIO L’intervento di protesi al ginocchio si esegue su pazienti affetti da gonartrosi (artrosi al ginocchio), che comporta una riduzione della rima articolare; osteo tosi marginale e sclerosi subcondrale. La protesi totale di ginocchio si fa in caso di artrosi tricompartimentale (femore, tibia, rotula). fi fi La scelta della protesi è variabile. Al sioterapista interessa la distinzione tra protesi: ๏ CR: crociato posteriore retaining (non si toglie il crociato posteriore) – stabilità data dal LCP ๏ PS: posterior stabilized (si toglie anche il crociato posteriore) – stabilità garantita dalla protesi Materiali protesici: titanio (tibia); cromocobalto (femore) e polietilene (in mezzo). Molto rare sono le protesi in ceramica. Anche in questo caso, come per l’anca, il chirurgo valuta se ssare direttamente la protesi all’osso tramite un impianto cementato (circa 90% cementate), ciò garantisce un’ottima stabilità primaria ed la possibilità di carico immediato. Parallelamente si può optare per l’innesto di un impianto modulare (migliora la cinematica e la ssazione dell’impianto). Esistono non solo le protesi totali di ginocchio ma anche quelle monocompartimentali (mediale/laterale/ patello-femorale) e quelle bi-monocompartimentali (es. mono-mediale + mono-laterale). Queste tipologie servono per protesizzare solo il compartimento rovinato, senza intaccare gli elementi sani. La differenza tra le protesi parziali e quelle totali consiste, rispettivamente, nel minore e maggiore sanguinamento e tempo di recupero. Il carico è concesso per entrambi gli impianti dal giorno 0. Le complicanze post-operatorie possono essere: ematoma ad alto rischio di infezione (prevenibile con drenaggio e trattabile con riposo dell’arto); instabilità o mobilizzazione protesica; infezioni. Monocompartimentale Bi-Monocompartimentale N.B: una protesi di ginocchio deve consentire la completa estensione; deve avere un buon grado di essione e soprattutto deve bilanciare gli spazi intrarticolari sia in essione che in estensione. ARTROSCOPIE DI GINOCCHIO L’artroscopia è una procedura chirurgica minimamente invasiva utilizzata per diagnosticare e trattare problemi all’interno di un’articolazione. Viene eseguita mediante un dispositivo chiamato artroscopio, uno strumento sottile dotato di una telecamera e una fonte di luce, che viene inserito attraverso piccole incisioni intorno all’articolazione. L’artroscopio trasmette immagini ingrandite dell’interno dell’articolazione su un monitor, permettendo al chirurgo di visualizzare e intervenire con precisione. Cosa si può fare in artroscopia di ginocchio: ๏ Chirurgia meniscale ๏ Ricostruzioni legamentose ๏ Chirurgia cartilaginea (strumento utilizzato: curette) fl fi fi fl fi ๏ Traumatologia - Frattura piatto tibiale int/est - Fratture spinali tibiali - Frattura rotula - Distacchi cartilaginei Prima di iniziare l’artroscopia viene iniettata all’interno dell’articolazione la soluzione siologica (distende l’articolazione e dona una visibilità migliore). Per evitarne la fuoriuscita, i fori nei quali verrà inserito l’artroscopio devono essere larghi il minimo indispensabile. Un ruolo fondamentale è ricoperto dalla pompa; crea infatti un ricircolo di soluzione siologica senza il quale sarebbe impossibile avere visibilità. CHIRURGIA MENISCALE L’artroscopia meniscale è un’operazione complessa per via dello spazio ristretto (quando si opera il menisco mediale è necessario ettere il ginocchio in valgo per creare lo spazio necessario all’inserimento degli strumenti). Si può eseguire una meniscectomia: rimozione totale o parziale (pulizia) del menisco; oppure una sutura meniscale (outside-in; inside-out; all-inside). Il trapianto meniscale è la procedura più dif cile perché richiede di attuare tutte le tecniche di sutura. Meniscectomia Sutura meniscale Trapianto meniscale CHIRURGIA DI RICOSTRUZIONE DEI LEGAMENTI CROCIATI La ricostruzione del LCA può essere eseguita con: ๏ Tendine Rotuleo (può dare dolore anteriore post-intervento) ๏ Tendile Gracile e Semitendinoso (monotunnel o doppio tunnel) –> tecnica più utilizzata ๏ Tendine Quadricipitale (autograft) ๏ Innesto da cadavere (allograft) fi fl fi fi ๏ Xenograft: innesti da tendini di animali (es. maiale) N.B: sistemi di ssazione diversi richiedono diversi percorsi di riabilitazione Ricostruzione LCA In alcuni casi permane instabilità rotatoria anche dopo la ricostruzione del LCA. Va effettuata una stabilizzazione ulteriore sul legamento antero-laterale (Lemaire modi cata o plastica periferica). Il Pivot shift test valuta l’instabilità antero-laterale ed è indice di danno del legamento omonimo. Pivot Shift Test Lemaire modificata – Plastica periferica La ricostruzione del LCP è più rara e tecnicamente più complessa; può essere eseguita con: ๏ Tendine Rotuleo ๏ Tendine Quadricipitale (si può prelevare secco oppure con una bratta ossea della rotula) CHIRURGIA CARTILAGINEA Superficial cartilage degeneration (Godfellow classification) fi fi Per lesioni inferiori (gradi I, II e III) si effettua un debridment cartilagineo con lo shaver – pulizia della cartilagine per rendere la super cie più liscia. In aggiunta, si può fare una terapia a radiofrequenze per irrobustire la cartilagine. Nelle condropatie di grado IV, in cui l’osso subcondrale è esposto, si effettua un trapianto di cartilagine; oppure si utilizzano gli uncini Steadman per la tecnica di microfrattura: si fanno dei piccoli buchi nell’osso, il sangue che fuoriesce aiuta a riformare una brocartilagine (intervento inutile se il paziente non sta in scarico per almeno 6 settimane!) In alternativa si esegue una mosaicoplastica: si preleva (preferibilmente da una sede non sottoposta a carico) un pezzo di cartilagine ed osso e lo si reimpianta nella zona interessata. ARTROSCOPIE DI ANCA È importante che l’accesso artroscopico avvenga attraverso dei punti di accesso standardizzati, per evitare di danneggiare i vasi circostanti. L’artroscopia d’anca prevede la messa in trazione dell’arto del paziente (detta distrazione) per creare lo spazio d’accesso. Gli strumenti utilizzati sono gli stessi del ginocchio, ma più lunghi. La tecnica di accesso prevede: 1. Distrazione 2. Inserimento ago 3. Distrazione con 4. Posizionamento liquido intraarticolare del Trocar fi fi Una volta che si è riusciti ad accedere all’articolazione, le possibilità terapeutiche sono: ๏ Estrazione corpi mobili (pezzi di cartilagine, ossi cazioni..) ๏ Trattamento delle condropatie femoro-acetabolari (shaving, microfratture..) ๏ Trattamento delle sinoviti (in ammazioni membrana sinoviale) ๏ Trattamento dell’impingement femoro-acetabolare (modellare collo femore, riparazione labbro) OSTEOTOMIE DI ANCA In situazioni di con itto femoro-acetabolare; displasia congenita; necrosi e difetti osteocondrali, per prevenire la comparsa o l’aggravamento di coxartrosi e/o rimediare al dolore, si eseguono interventi di osteotomie periacetabolari allo scopo di: ๏ Correzione della volumetria acetabolare –> Acetaboloplastiche ๏ Correzione dell’orientamento acetabolare –> Osteotomie di ridirezione ๏ Aumento della copertura acetabolare Le osteotomie periacetabolari hanno lo scopo di modi care la morfologia dell’anca patologica per trasformarla in un’anca funzionalmente normale. I requisiti del paziente per questo tipo di interventi sono: età contenuta; suf ciente articolarità e collaborazione. Nei gradi II e III della classi cazione di Tönnis (per la coxartrosi), quando l’articolazione è ormai eccessivamente danneggiata, si deve innestare la protesi. La chirurgia conservativa (osteotomia) si esegue solo nei nei gradi 0 ed I (sintomatologia lieve-moderata), se il paziente riporta dolore. Tettoplastica Con uno scalpello si esegue un taglio sopra l’acetabolo e si abbassa la materia ossea per aumentare la copertura acetabolare. A volte la guarigione è af data a li metallici; diversamente viene inserito un innesto osseo per accelerare e migliorare la guarigione. fl fi fi fi fi fi fi fi Osteotomia di Salter Intervento che si esegue su pazienti di età compresa tra i 18 mesi e i 6 anni (la sin si deve essere plastica/malleabile) in casi di testa del femore ridotta. La tecnica è simile alla tettoplastica, ma a ni di guarigione, il cuneo si ssa con delle viti alla spina iliaca. Triplice osteotomia di Tönnis Intervento che prevede tre tagli su: ileo, ischio e pube per correggere l’orientamento acetabolare. Osteotomia Periacetabolare Bernese (PAO – Ganz) Principale intervento di correzione dell’orientamento acetabolare che, però, mantiene integra la colonna posteriore (freccia rossa), riducendo tutti i rischi legati all’instabilità di bacino. Preservando l'integrità della colonna posteriore, questa osteotomia consente anche un carico più precoce. OSTEOTOMIE FEMORALI PROSSIMALI Il femore prossimale è divisibile in tre zone: testa; trocantere; dia si. Il 10-70% delle problematiche al femore prossimale coinvolge la testa (zona maggiormente vascolarizzata). fi fi fi fi Le osteotomie femorali possono essere di: ๏ Varizzazione: se il ginocchio è valgo ๏ Valgizzazione: se il ginocchio è varo ๏ Flessione ๏ Trasposizione del grande trocantere: se è mal posizionato Osteotomia di varizzazione Effettuata quando il femore è troppo valgo. Si taglia il collo medialmente, si inclina e si stabilizza. Osteotomia valgizzante Effettuata quando il femore è troppo varo. Si taglia il collo lateralmente, si inclina e si stabilizza. Siccome il carico si distribuisce linearmente lungo l’asse meccanico che va dall’anca al piede, qualunque intervento all’anca si ripercuote sull’arto inferiore, quindi sul ginocchio e sul piede. La varizzazione del femore sposta l’asse meccanico verso l'interno, generando un sovraccarico del comparto mediale. Al contrario, la valgizzazione del femore porta ad uno spostamento dell’asse meccanico verso l’esterno del ginocchio, generando un sovraccarico del comparto laterale. Osteotomia di Pauwels: valgizzante Pauwels ha studiato un intervento di osteotomia tale per cui non si agisce esternamente, sotto il trocantere, ma a livello del collo femorale. Agendo all’interno della capsula c’è il rischio di necrosi. Osteotomia derotante Effettuata in caso di eccessiva anteversione del collo femore. L’osso viene tagliato, ruotato e ssato. OSTEOTOMIE DI GINOCCHIO Osteotomia di apertura interna Correzione del varismo che si effettua attraverso una valgizzazione della tibia. Si taglia il tratto sotto-tuberositario nella porzione mediale e si inclina la tibia sino a che si crea una fessura (di dimensioni calibrate); si stabilizza l’osteotomia (placche/viti) e si inserisce un cuneo di osso (iliaco) o un cuneo sintetico per riempire lo spazio che sarà anche la zona di guarigione dell’osso. Con l’osteotomia di apertura è anche possibile correggere lo slope tibiale: l’angolo di inclinazione in antiversione (o pendenza) del piatto tibiale. Osservando una lastra laterale del ginocchio, se il piatto tibiale ha un’alterazione morfologica di slope (pendenza eccessiva) è necessario intervenire per evitare la sublussazione anteriore e la rottura del LCA. Osteotomia di apertura interna Slope tibiale L’osteotomia di apertura interna è la più diffusa perché: è semplice; non intacca il perone; non si rischia di danneggiare lo SPE (Sciatico Popliteo Esterno) e permette una mobilizzazione precoce del ginocchio. Gli svantaggi di questa tecnica sono: l’impossibilità di correggere eccessivamente; la necessità di un trapianto per riempire la fessura; la lenta consolidazione, quindi, il carico ritardato; perdita di correzione per cedimento; allungamento dell’arto e abbassamento relativo della rotula. Inoltre, se nel tentativo di correggere il varismo si crea una fessura troppo grossa, si rischia di sollevare eccessivamente la TTA e di inclinare l’interlinea articolare (da dritta a obliqua). TIP: un metodo di controllo operatorio per valutare il corretto allineamento del ginocchio è tramite l’uso di uno stelo metallico, che viene posizionato passante per i punti: caviglia, ginocchio, anca. fi Emicallotasi Tecnica di correzione del varismo, derivata dalla metodica di callotasi nell’allungamento degli arti, che si effettua attraverso la distrazione periodica della tibia (1mm al gg). Il ssatore va mantenuto per 3 mesi e le viti vanno medicate continuamente (possono infettarsi); però non necessità di trapianti, il carico è precoce e la regolazione della correzione è molto precisa. Osteotomia di sottrazione esterna Correzione del varismo che si effettua attraverso una valgizzazione della tibia. Si taglia il tratto sotto-tuberositario della tibia nella porzione laterale; si rimuove un cuneo osseo e si unisce l’osso ssando l’osteotomia (placche/viti). Gli svantaggi di questa tecnica, rispetto all’apertura interna, sono: l’osteotomia del perone e il rischio di danneggiare lo SPE; la cerniera mediale (che rimane intatta) è meno stabile rispetto a quella laterale (che rimane intatta nell’osteotomia di apertura); detensionamento del tendine rotuleo e del LCL. Consente, però, la trasposizione della TTA. Le placche che si utilizzano per ssare l’osteotomia esterna sono diverse rispetto a quella interna perché è diversa la conformazione del piatto tibiale esterno. N.B: le osteotomie di apertura e di chiusura si equivalgono per correzioni no ai 15°, al di sopra si utilizzano le osteotomie curviplane – correzione tridimensionale. Non bisogna associare nel paziente apertura e sottrazione! Requisiti del candidato all’osteotomia di apertura/sottrazione Soggetto giovane; varo tibiale; buona interlinea articolare esterna; LCA e collaterali normali; no sovraccarico ponderale (non obeso); correzione per artrosi di stadi I e II. fi fi fi fi Osteotomia di chiusura interna del femore Correzione del valgismo che si effettua attraverso una varizzazione del femore. Osteotomia di chiusura interna della tibia Correzione del valgismo che si effettua attraverso una varizzazione della tibia.

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