Tutela Internazionale dei Diritti Umani - PDF

Summary

These notes cover the international protection of human rights, discussing the nature of international norms, the role of states, and the concepts of universality, cultural relativism, and multiculturalism in the context of human rights law. The document explores various aspects related to rights, such as limitations, foundations, and the duties and roles of states, as well as examining different types of human rights and their respective obligations.

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Questa materia è fatta di norme aventi forza performativa (=ciò che viene scritto,si avvera), anche se non sempre è così ma ci crediamo (es. Tutti nascono liberi e uguali, allora tutti lo sono anche se non è vero), in ogni caso portando a dei cambiamenti. Per questo noi attiviamo dei comportamenti e...

Questa materia è fatta di norme aventi forza performativa (=ciò che viene scritto,si avvera), anche se non sempre è così ma ci crediamo (es. Tutti nascono liberi e uguali, allora tutti lo sono anche se non è vero), in ogni caso portando a dei cambiamenti. Per questo noi attiviamo dei comportamenti e dei meccanismi a livello sociale e materiale. Il diritto internazionale si occupa di queste norme che hanno l'obiettivo di regolare i rapporti tra Stati, quest’ultimi molto complessi, imprevedibili e delicati, per cui possono verificarsi dei cambiamenti. Spesso i contenuti possono essere letti in mala o buona fede, che nei diritti umani alla fine diventa la regola, portando ad una evoluzione delle norme stesse. Ad esempio, il diritto alla privacy (art 8) è stato interpretato anche come una salvaguardia dei diritti delle persone omosessuali e poi anche un relazione alle problematiche ambientali perché intacca la vita privata delle persone ( come si nota, c'è stata un'estensione dell'interpretazione). Le norme internazionali sono delle realtà performative fragili perché si interfacciato con delle realtà sovrane le quali pongono una riserva specialmente mentale,ma tutto questo castello regge fino a quando i pensieri dei governati rimangono coerenti, essendo anche influenzati indirettamente dai cittadini. Inoltre, c'è una crescente sfiducia nella capacità performativa delle norme, per cui si risponde non più andando a ribadire le solite idee ma ricominciando ad argomentare i testi e i documenti anche con spirito critico, comprendendo i limiti (come della parte storica in chi è nata). Anche sul piano dei diritti umani c'è una sfiducia, motivo per cui è importante capire dove nasce, quali sono le disposizioni che si prestano a dare più o meno problematiche. Per esempio, una critica è nata dal movimento femminista perché ritengono che non ci sia niente per le donne. I diritti umani possono essere usati sia in modo egemonico ( dai colonizzatori che dicono “vi colonizzo così rispettate i diritti umani”) che controegemonico (per constatare operazioni coloniali, far emergere aspetti prima nascosti come donne, bambini, indigeni). Bisogna usare le critiche che possono nascere per creare qualcosa di buono e sviluppare una letteratura sempre migliore e più approfondita. Concetti Chiave II campo dei diritti umani ha elaborato delle prassi interpretative, mentre il diritto internazionale è un diritto tra Stati su base convenzionalistica perché alla fine i trattati sono dei contratti tra le parti, potendo recedere se non è più utile per i loro affari. Nei diritti umani, questa logica è più difficile da affermare perché nelle varie convenzioni sono protetti, garantiti e promossi i diritti delle persone che interagiscono con le autorità dello Stato nelle varie circostanze. Per uscirne, lo Stato dovrebbe far valere la propria sovranità e autonomia non solo con altri Stati ma anche con le persone che magari hanno fatto affidamento su quelle Convenzioni. Per questo, la logica solita nel diritto internazionale (=pacta sum servanda) è difficile da applicare. Le convenzioni dei diritti umani si discosta dal modello del contratto e si avvicina più a quello delle leggi, vincolando gli Stati in una maniera da cui è più difficile sottrarsi. Concezione evolutiva delle nozioni e delle forme giuridiche dei diritti umani: le norme si evolvono nel tempo, motivo per cui un diritto di una certa epoca può essere sviluppato ed inteso per le necessità del proprio tempo. La flessibilità è il loro punto di forza, ma al tempo stesso la debolezza perché non si sa bene che cosa vogliano dire. Diritti umani, fondamentali ed inviolabili: le Nazioni Unite hanno usato il termine “diritti umani” per discostarsi dalle costituzioni dei vari Stati che utilizzavano un altro termini (i diritti delle persone si basavano sulla forza della sovranità degli Stati, motivo per cui si è voluto trovare qualcosa che fossero indipendenti dalle nazioni come i diritti umani e i popoli). IL fatto che queste espressioni tipiche del linguaggio occidentale si siano diffuse in tutto il mondo, mostra come questo tema sia valso e che le autorità di riconoscono con il rispetto dei diritti umani e fondamentali (come fondamento di una buona società). Diritti ed obblighi individuali (due diligence dello Stato):I diritti umani esistono nella misura in cui ci sono degli obblighi che gli corrispondono, direttamente riconducibili agli Stati (sul piano verticale) i quali creano e definiscono i diritti e quindi hanno degli obblighi nei confronti della collettività. Tuttavia, dato che lo Stato non può controllare tutto, si dovrebbe affiancare anche un piano orizzontale che, nella concezione del diritto internazionale, dovrebbe esser garantita dallo Stato, mantenendo un obbligo di vigilanza anche se non può tutto. Universalità contestuale dei diritti umani: le convenzioni approvate dall'Assemblea Generale sono aperte a tutti gli Stati (prima era solo agli Stati dell'ONU), quindi i diritti che possono essere riconosciuti sono universali perché sono ovunque ma è difficile che siano gli stessi in tutti i Paesi perché ognuno ha la sua struttura e tradizione. Ognuno ha il suo modo di organizzarsi. Quindi è universale perché tutti tendono a dire le stesse cose, ma l'idioma è quella dei popoli di quel luogo Diritti umani non sono il diritto umanitario: quest'ultimo è quello che si usa quando c'è un conflitto armato o situazioni simili che porteranno a selezionare le cose più urgenti e necessarie (triage), quindi in sostanza il diritto umanitario protegge il diritto alla vita e l'integrità personale. I diritti umani, in queste situazioni, vengono compresse e prevale il diritto umanitario che divide le persone tra combattenti e non combattenti dove i primi possono ammazzarsi mentre i secondi dovrebbero avere il loro diritto alla vita garantito, motivo per cui possono essere spostati in un campo di protezione per proteggerli. Limiti intrinseci ed estrinseci dei diritti umani: dentro i diritti umani ci sono sempre delle possibili restrizioni (per legge, per motivi specifici come sicurezza pubblica o salute), i diritti possono essere ridotti. I diritti umani devono essere flessibili ma non eccessivamente,e devono essere oggetto di negoziazione e conflitti però sempre con l'obiettivo di avere un programma per raggiungere sempre un tenore di vita decente. Ci sono alcuni diritti che sono incomprimibili come la protezione della tortura per tutti o la schiavitù. Fondamento dei diritti umani Si basa su idee liberali, in cui gli Stati non possono opprimere tutto ciò che vogliono. Questa ideologia si basa su diverse radici: –Religioso: Bibbia e Corano–tuttavia, uno sviluppo più interessante si ha nei secoli successivi. –visione giusnaturalista: giusnaturalismo un diritto umano è tale quando corrisponde alla natura umana, ossia alla ragione ed alla volontà tipiche della specie umana–questo pensiero però rischia di non trovare una definizione universale del concetto di “natura umana”, dato che c’è un’ampia soggettività nella ricerca di questa definizione. –tesi “dell’auto evidenza”: come nella Costituzione americana–qui i diritti umani non hanno bisogno di una giustificazione razionale in quanto sono molto evidenti e immediati; anche questa rischia di entrare nel vortice dell’eccessiva soggettività. –Consenso: il consenso tra gli Stato che porta a produrre un testo condiviso. I diritti umani, quindi, sono quei diritti che vengono riconosciuti come tali in un determinato ordinamento giuridico sulla base di un consenso generale dei soggetti di quel ordinamento, ma soprattutto, sono quei diritti legittimi che cercano di contrastare la lotta, il potere e l’abuso. Nell’ordinamento internazionale, sarà la comunità internazionale a stabilire quali diritti possano essere definiti umani; ma uno dei problemi in questo senso, è l’accettare quali diritti umani siano davvero universali. Questa idea ha avuto a suo modo un'evoluzione: ❖​ consenso riscontrato su una base religiosa diffusa indipendente dall'appartenenza nazionale. Un esempio nel diritto romano ci sono alcuni diritti come quello alla famiglia (ius gentium) era presente anche tra i barbari e i greci ❖​ Magna Charta (1215) e Liber Paradisus: dato che siamo tutti umani, il re non può imporre la sua volontà su tutti–il Liber Paradisus (come a Bologna) invece, fu un documento in cui si sanciva l’abolizione della schiavitù. ❖​ Habeas Corpus Act (1679) e Bills of Right (1689) ❖​ Dichiarazione di indipendenza americana (1776) ❖​ Dichiarazione dei diritti naturali durante la rivoluzione francese (1789) ❖​ Costituzione In questi documenti però, nonostante l’intento universalistico, i diritti umani sono intesi come diritti dei cittadini e che si rilevano sul diritto costituzionale interno e non quello internazionale. Secondo il pensiero del diritto internazionale classico predominante fino al XX secolo, gli individui non erano soggetti di diritto internazionale e quest’ultimo regolava solo i rapporti tra Stati–come gli Stati trattavano i propri “sudditi” apparteneva alla sfera del dominio riservato. Esistevano però già alcuni limiti alla sovranità territoriale, nei quali i sudditi ne traevano solo un beneficio indiretto e non un vero e proprio diritto: –Diritto umanitario: si inizia post Napoleone. Si capisce che non bisogna solo vincere e concentrarsi sulla battaglia, ma anche curare altri aspetti della guerra come per esempio, curare i feriti. Il diritto umanitario si occupa della protezione delle vittime dei conflitti armati e di proibire metodologie di guerra considerate inumane, con l’obiettivo di “umanizzare” tramite regole giuridiche i conflitti armati. La nascita del diritto umanitario risale alla metà del XIX secolo con la creazione del Comitato Internazionale della Croce Rossa e alla creazione della Convenzione di Ginevra del 1864 per migliorare le condizioni dei feriti e dei malati nelle forze armate. Successivamente, uno sviluppo importante furono le Convenzioni dell’Aja del 1899 e quelle del 1907. Queste prime regole del diritto umanitario si fondavano sul principio di reciprocità e non attribuivano veri e propri diritti agli individui sul piano del diritto internazionale. Il diritto umanitario fu aggiornato e sviluppato nel XX secolo, soprattutto dopo il secondo conflitto mondiale. –obbligo di protezione degli stranieri: Obbligo di natura consuetudinaria: uno Stato ha l’obbligo di proteggere gli stranieri che si trovano nel proprio territorio da offese relative alla loro persona o ai loro beni mediante misure di prevenzione e repressione che rispettino gli standard minimi di civiltà e giustizia. Questo obbligo coinvolge solo lo Stato territoriale e lo Stato di nascita dello straniero: in caso di violazione della protezione dello straniero infatti, poteva intervenire ed agire contro lo Stato offensore solo lo Stato di nascita dello straniero–in questo senso, l’individuo era solo un “oggetto” e non “soggetto”; pertanto, non poteva chiedere nemmeno la riparazione se lo Stato fosse riuscito ad ottenerla dallo Stato offensore. –Antischiavismo: si diventa favorevoli perché ormai lo schiavismo non era più profittevole–a partire dal Congresso di Vienna del 1815 iniziò un processo di internazionalizzazione, in cui il trattamento degli individui usciva dal dominio riservato e diveniva oggetto di un obbligo internazionale attraverso la stipulazione di trattati bilaterali o multilaterali.Il Congresso adottò una Dichiarazione sul commercio degli Schiavi, in cui si affermò la sua abolizione in quanto incompatibile con i principi di umanità e di moralità internazionale–questo obiettivo fu ripreso anche nel 1926 dalla Società delle Nazioni con la Convenzione della schiavitù. Il Congresso impose anche l’obbligo di non discriminare minoranze religiose e la libertà di praticare la religione cattolica in certi territori. –interventi umanitari: Consiste nell’uso legittimo della forza armata da parte di uno o più Stati se necessario per cessare maltrattamenti di individui in uno Stato, e se queste violenze offendevano la coscienza della comunità degli Stati–si presentava quindi, come un limite alla libertà degli Stati nel trattamento dei propri sudditi quando si trattava di gravi violazioni di diritti umani. –Versailles (post prima guerra mondiale):Alcuni sviluppi importanti riguardo i diritti umani avvennero dopo la Prima Guerra Mondiale. Il Patto della Società delle Nazioni del 1919 non conteneva delle disposizioni dedicate ai diritti umani perché non nella comunità internazionale non era ancora maturata l’idea che i diritti umani dovessero essere protetti a livello internazionale–però, il Patto conteneva delle disposizioni che furono importanti per lo sviluppo di alcuni diritti umani, come per esempio l’art.22 che stabiliva il sistema dei mandati che si applicava alle colonie e ai territori non autonomi; lo scopo era quello di assicurare l’autodeterminazione di questi territori. Nel Trattato di pace di Versailles si riconosceva l’esigenza di proteggere i lavoratori in quanto la pace mondiale può essere stabilita solo se si basa sulla giustizia sociale. Anche l’art.23 del Patto della società delle Nazioni si occupava alle “condizioni di lavoro eque ed umane per uomini, donne e fanciulli”–questo portò alla nascita dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (nata per sterilizzare il bolscevismo), che portò gli Stati ad adottare alcune Convenzioni, come per esempio quella sul lavoro forzato del 1930. Ci fu anche un sistema di protezione delle minoranze–dopo il collasso dell’Impero Romano e dell’Impero Austro Ungarico, rimasero in quel territorio delle minoranze linguistiche, etniche e religiose che avevano motivi storici per temere che i nuovi Stati non avrebbero rispettato la loro autonomia, quindi, gli Stati vincitori del primo conflitto mondiale riuscirono ad imporre ai suddetti Stati dei Trattati che garantivano la protezione di tali minoranze, imponendo la non discriminazione contro membri delle minoranze protette ed garantire la tutela della loro vita e persona, libertà di credo, di pratica religiosa e di certi diritti linguistici. Questi però non creavano dei veri e propri diritti per gli individui, ma solo obblighi degli Stati nei confronti di altri Stati. –WWII: Qui gli individui vengono considerati come persone umane da tutelare in quanto tali–questo parte dalla consapevolezza che i regimi totalitari creati durante il secondo conflitto mondiale avevano dimostrato un disprezzo per i diritti umani, quindi era necessario creare un ordine mondiale che fosse fondato sulla pace e sulla tutela dei diritti umani. Ciò fa da strada all'ONU(direttorio governativo con le 5 grandi potenze della WWII)--nata con la conferenza di San Francisco del 1945–per parlare e realizzare i diritti umani. Viene creato anche un sistema di sicurezza collettivo che può prendere la leadership in un momento di crisi e usare la forza nei confronti di Stati che violano la pace. Inoltre, si mettono dei limiti alla sovranità degli Stati e, sulla base delle 4 libertà(di parola, di credo, diritto alla pace, dal bisogno), iniziano a realizzarsi i diritti umani e la pace. Infatti, verrà creata la Dichiarazione universale dei diritti umani. Nello stesso periodo, si sviluppa l'idea del diritto penale internazionale con anche i processi di Norimberga e di Tokyo. Nel ‘48 viene approata la proibizione del genocidio con l'annessa Convenzione dove si vanno a proteggere i gruppi e non gli indiviui, che verranno protetti solo in seguito. Nel ‘49 si va a confermare il diritto umanitario con le Convenzioni di Ginevra per dire che le norme del diritto umanitario si rispettano sempre e anche se l'altro Stato non rispetta tale diritto (prima vigeva la logica “ se rispetti tu rispetto anche io, altrimenti suca”). Nello stesso periodo (1951) viene approvata anche una convenzione sui rifugiati, anche se concentrata più sui rifugiati europei e della seconda guerra mondiale. Dal 1967 inizia ad essere aperto anche a tutti gli Stati del mondo e non più per la WWII. Con il tempo, quindi, è nato il c.d sistema di tutela dei diritti umani delle NU; con il tempo, si sono creati anche i sistemi di tutela a livello regionale. Il sistema internazionale di tutela dei diritti umani è nato progressivamente grazie a norme, organi, procedure e attraverso l’adozione di atti soft law e di alcune norme di diritto internazionale generale. la teoria dei diritti umani ha avuto un grande impatto, creando così un cambiamento strutturale del diritto internazionale–infatti quest’ultima è per questo motivo “sovversiva” perché in contrasto con i principi tradizionali. Il cambiamento strutturale è avvenuto per due motivi: –la teoria dei diritti umani ha natura rivoluzionaria in quanto va contro con la struttura tradizionale degli Stati, ossia con il principio di sovranità –la teoria mette al centro l’individuo, e comincia a non essere più visto solo come un “suddito”, ma come persona umana Le norme internazionali sui diritti umani perseguono due scopi generali: a)​ proteggere la dignità della persona umana e di difenderla nei confronti dello Stato: questo scopo crea un regime giuridico di tutela degli interessi individuali che intendono prevalere sugli interessi statali, perché i diritti umani sono diritti che l’individuo vanta contro lo Stato–il principio di preminenzquinid, costituisce un principio guida del sistema internazionale. b)​ realizzare un valore universale dell'ordinamento internazionale contemporaneo: le norme internazionali sui diritti umani hanno lo scopo di realizzare un interesse comunitario degli Stati, che prevale sui loro interessi individuali; il principio di universalità però, non è scontato, perché è controverso dato che deve confrontarsi con fenomeni di particolarismo e multiculturalismo che sono presenti nella comunità internazionale. La vocazione universalistica dei diritti umani è indubbia, sono diritti che dovrebbero spettare a tutte le persone umane e che tutti gli stati dovrebbero riconoscere: all human beings are born free and equal in dignity and rights. Il principio dell’universalità è un principio-guida che opera nell’intero settore. Tuttavia, in un mondo multiculturale esistono concezioni diverse su quali diritti e quali valori siano davvero fondamentali, e per la realtà giuridica solo alcuni diritti umani sono regolati dal diritto internazionale generale. Bisogna far conciliare i principi dell’universalismo e del multiculturalismo. La vocazione universalistica dei diritti umani agisce come forza trainante dell’intero settore, ma essa si è realizzata da un punto di vista giuridico solo in parte, ossia solo per quello numero di diritti umani che sono regolati dal diritto internazionale e che godono del consenso generale della comunità internazionale. L’universalismo dei diritti umani incontra molti limiti perché la maggior parte dei diritti umani è regolata solo dal diritto internazionale convenzionale, da norme che vincolano solo gli stati che le hanno volontariamente ratificate, quindi non possono essere considerati diritti concretamente universali (es. divieto della pena di morte). Inoltre, il contenuto della norma consuetudinaria (divieto di privazione arbitraria della vita) è più generale, semplice ed essenziale di quello di una norma convenzionale (restrizioni e deroghe dettagliate) sullo stesso diritto (diritto alla vita). Il diritto convenzionale può anche esprimere la vocazione universalistica, oltre a quella favorevole al multiculturalismo (trattati ratificati da molti stati). Dichiarazione del 1948 ag res 217/III C'è una lista di diritti dell'uomo. È composto da 30 articoli che si suddividono in altri sottoarticoli in cui sono presenti molteplici diritti, il cui totale sono 58. È stata elaborata dalla Commissione diritti umani dell'ECOSOC (54 Paesi appartenenti all'ONU che si rinnovano periodicamente che coordinano le azioni dell'ONU con le altre agenzie) con alcuni personaggi importanti come Humphrey, Monnet ed Eleonor Roosevelt e ci sono state alcune astensioni come Arabia Saudita, Bielorussia, Cecoslovacchia, Jugoslavia, Polonia, Sudafrica, Ucraina e URSS (questa astenuta perché voleva anche il diritto alla rivolta come uno fondamentale, ma non è passato). Formalmente, è una risoluzione quindi non ha nessun valore obbligatorio, ma in qualche modo vincola politicamente. Il fatto di adottare questi tipi di documenti fissa confini: rinunciare o smentire questi principi espone politicamente, soprattutto se sei ha a che fare con un pubblico non di soli governanti ma anche di miliardi di persone che sono informati, inchiodando la responsabilità nel caso di oltraggio a tali principi. Si è deciso di adottare una dichiarazione non vincolante in modo tale che potesse essere accettato più facilmente da parte di tutti gli Stati membri delle NU, ispirati da tradizioni giuridiche e concezioni politiche e ideologie diverse. Si deve ammettere che alcuni dei diritti proclamati nella dichiarazione sono con il tempo entrati a far parte del diritto internazionale generale; e si deve riconoscere che la Dichiarazione, pur con i suoi limiti, rimane uno strumento fondamentale, che ha formulato un insieme universalmente riconosciuto di valori per la comunità internazionale e ha dato un impulso importante al processo di formazione progressiva del diritto internazionale dei diritti umani. Preambolo Qui si indicano gli scopi e gli ideali della Dichiarazione–esso è l'anticamera del testo vero e proprio numerato in articoli, il quale viene introdotto con “Considerando che…”. offre alcuni diritti di base: –Dignità –Risposta al disconoscimento delle 4 libertà: il disconoscimento di queste 4 libertà ha portato alla guerra e alla violazione dei diritti umani. Quindi la Dichiarazione è la risposta alla violazione delle 4 libertà –Prevenire le ribellioni: rispettare i diritti umani può prevenire la ribellione –NU: richiamo esplicito e serve a riempire quel buco che nella Carta dell'ONU si riscontra quando cita i diritti umani ma non ci sono –Donna: il valore della persona umana si basa anche sull'uguaglianza tra uomo e donna. INfatti, è questo il periodo in cui viene esteso il voto alle donne –Cooperazione: necessaria per realizzare e rispettare i diritti umani. Infatti, la Dichiarazione serve anche tutti gli Stati siano più allineati possibili con visioni comuni, così da ssare obiettivi e strategie e traguardi su cui convergere –Concezione comune –Educazione, garanzia multilivello (stati/territori): l'insegnamento e l'educazione sono le basi per insegnare e garantire i diritti umani, ottenendo così’ un universale ed effettivo riconoscimento e rispetto Il preambolo non ha funzioni vincolanti e non sono dei veri e propri diritti, ma dà principi e valori su cui si basano i successivi articoli. Infatti non individua diritti, ma uno spazio ideale dove i diritti devono essere interpretati ART 1-29-30 Sono articoli che si interrogano su quali sono alcuni diritti, ma anche sui doveri: Art. 1: tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di conoscenze e devono agire gli uni verso gli altri con spirito di fratellanza. Si è discusso su “esseri umani” perché la visione cattolica-europea ritiene gli individui sia come singolo sia come comunità e relazioni interpersonale, mentre la visione più anglosassone ritiene più le persone come meri singoli dove entra nella comunità un po’ per caso. Alla creazione della Dichiarazione si discute e si decide di assumere una visione neutra parlando di “esseri umani/human beings”. Inoltre, come si nota dalla seconda frase, ci sono varie correnti di pensieri come illuminismo e comunitarismo Art. 29: l'individuo ha dei doveri verso la comunità, dove può svilupparsi personalmente ( quindi personalismo). I diritti sono implicitamente limitati ed essi possono essere limitati dalla legge con una motivazione legittima (quindi deve essere legalità e legittimità) come giuste esigenze della morale, dell'ordine pubblico( in senso stretto (l'ordine delle strade) e sicurezza pubblica) e del benessere generale in una società democratica. Inoltre, questi diritti e libertà non possono essere esercitati in contrasto con i fini e principi delle NU. Quest’ultimo comma è essenziale perché, se così non fosse, ci sarebbe un abuso dei diritti umani e questo è un divieto. Per esempio, far satira sul Profeta, sto abusando della mia libertà di espressione e artistica? Qual è il limite? Dietro l'idea dell'abuso è fare qualcosa di negativo sostenendo di applicare comunque un mio diritto (libertà di espressione, legittima difesa…) come usare un mio diritto per condizionare la vita di altri. Ciò è un abuso perché si sta usando un diritto (con o senza provocare danni) in maniera da costituire un abuso. L'abuso dei diritti è testare i limiti di quella sfera in cui posso muovermi tranquillamente. La cosa essenziale è comprendere se sto esercitando il mio diritto per testare i limiti o con altre modalità. Per esempio, se faccio uno spettacolo in cui insulto la religione, ma non per testare il limite della blasfemia, ma per fare soldi perché conscio del fatto che questo argomento stimola interesse, così da utilizzare il mio diritto di espressione per motivi commerciali. L'abuso è quando il diritto viene usato non in quanto diritto, ma per obiettivi che sono al di là della sfera di sviluppo di quel diritto. L'intenzione di abuso deve comunque essere dimostrabile, anche se l'ambiguità è spesso presente. In generale, come si nota, le limitazioni fino ad adesso citate sono poste in maniera generale, ma saranno spiegate meglio e in modo più puntuale in altre convenzioni. In ogni caso, si nota che i diritti sono intrinsecamente limitati. I limiti possono essere posti da uno Stato attraverso una legge, ma non casualmente ma con una esigenza che viene descritta in tale articolo (giuste esigenze, ordine pubblico…) Art. 30: pone un limite all'esercizio dei diritti. Infatti, tale articolo sostiene che nulla posto in tale Dichiarazione può dare un diritto allo Stato o gruppo di persone di esercitare un'attività mirante alla distruzione di alcuni dei diritti o libertà in essa enunciati Clausola generale di non discriminazione (art.2) Il principio di non discriminazione, secondo alcuni, non è solo una norma consuetudinaria, ma dovrebbe avere anche un valore di diritto cogente. Tale principio è espresso dall'art. 2, ponendo l'accento su non discriminare in base a razza, colore, sesso, lingua, religione, opinione poltiica o altra, origine nazionale, rigine sociale, ricchezza, nascita, altra condizione, statuto politico del proprio Paese d'origine. Come si nota, è una lista molto ampia ma mancano alcune sfaccettature come i disabili, orientamento sessuale. In ogni caso, è una lista aperta, motivo per cui si è inserita “altra condizione” così da racchiudere un po’ tutto. Un esempio di lista chiusa, invece, è la lista delle motivazioni possibili per la limitazione dei diritti stessi. Le basi della non discriminazioni possono anche essere intrecciate tra loro, sono intersezionali. Il divieto generale di discriminazione è incorporato in una norma di diritto internazionale generale, è un principio-quadro che sovraintende e controlla il settore dei diritti umani, piuttosto che di una norma consuetudinaria. Ciò perché il suo contenuto è ampio. Esistono due modelli applicativi diversi del principio: 1. il principio viene visto come l’aspetto negativo del principio di uguaglianza, si suole dire che è vietato un trattamento disuguale degli uguali, senza motivi oggettivi e ragionevoli; quindi è vietato trattare in maniera uguale situazioni diverse. 2. Il principio è più preciso rispetto a quello di uguaglianza, poiché presuppone che si stabiliscano i criteri di discriminazione vietati; cioè i motivi che non possono essere invocati per giustificare un trattamento disuguale → modello accolto nel diritto internazionale dei du. La maggior parte delle norme stabilisce un divieto di discriminazione “accessorio”, cioè che opera soltanto in collegamento con gli altri diritti umani sostanziali previsti dal trattato in questione. Un numero minore di trattati stabilisce un divieto di discriminazione autonomo, cioè che protegge le persone dalla discriminazione anche nel godimento di diritti diversi da quelli elencati nel trattato. Alcuni criteri di discriminazione sono quasi sempre previsti nei trattati: razza, colore, sesso, lingua, religione, opinioni politiche o di altro genere, origine nazionale o sociale, proprietà, nascita. Il divieto generale di discriminazione è incorporato in una norma di diritto internazionale generale, è un principio-quadro che sovraintende e controlla il settore dei diritti umani, piuttosto che di una norma consuetudinaria. Ciò perché il suo contenuto è ampio. Occorrono alcune precise condizioni affinché ci sia discriminazione: -occorre che vi sia un trattamento diseguale fra persone o situazioni uguali, costituito da distinzioni, limiti, restrizioni, esclusioni, punizioni o preferenze -occorre che il trattamento crei uno svantaggio rispetto ad altre persone che hanno le stesse caratteristiche o che si trovino in situazioni simili -occorre che il trattamento sia fatto sulla base di uno dei motivi di discriminazione vietati -occorre verificare che il trattamento sia giustificato oggettivamente e ragionevolmente, perché persegue uno scopo legittimo. Tale differenza di trattamento deve essere proporzionata, cioè necessaria e non eccessiva per perseguire tale scopo. Questa questione assume particolare rilevanza nel caso delle discriminazioni fondate sull’origine nazionale, ad esempio nel trattamento dei migranti. Distinzione fra: Discriminazione diretta o formale: si realizza quando il trattamento diseguale è direttamente collegato a uno dei motivi di discriminazione vietati (es. sesso) Discriminazione indiretta: quando il trattamento diseguale non è esplicitamente collegato a uno dei criteri vietati, ma produce effetti sfavorevoli soltanto o prevalentemente per le persone che hanno quelle caratteristiche (es. donne) Il divieto di discriminazione impone agli stati l’obbligo negativo di astenersi dal discriminare le persone per uno dei motivi vietati e in maniera ingiustificata. Esso impone anche numerosi obblighi positivi di varia natura: reprimere e prevenire discriminazione di persone, adottare misure legislative ed amministrative in vari settori della vita sociale, adottare trattamenti preferenziali di protezione a favore di persone o gruppi svantaggiati. Gli art dal 2 all'art. 6 rientrano nel novero dei diritti fondamentali di base/ irrinunciabili- integrità personale e sono: –Vita, libertà e sicurezza personale (art. 3): e si nota come questi tre diritti sono tra loro non scollegabili. Il problema con il fatto che il diritto alla vita sia assoluto oppure no, solleva altre questioni come casi in cui le persone possano essere legittimamente uccisi (legittima difesa, pena di morte…). Quindi il diritto alla vita non è un diritto assoluto, ma solo inteso come un’integrità della persona (non è assoluta anche perché in guerra si può uccidere o anche legittima difesa). Il diritto alla vita, stabilito dall’art.3, stabilisce il concetto base per cui nessuno può essere arbitrariamente privato della vita, ma dall’ordinamento internazionale, si desume che non è assoluto perché non sono considerate arbitrarie le uccisioni derivate dall’uso legittimo della forza. Il diritto alla vita viene definito come un diritto umano “supremo” che ammette però limiti e due eccezioni; →l’esecuzione della pena di morte legittimamente inflitta: è un’eccezione perchè è ancora prevista al giorno d’oggi da alcubni Stati; Nei principali trattati sui diritti umani la pena di morte è subordinata ad una serie di condizioni, sostanziali, procedurali e personali che valgono per gli stati che non hanno abolito tale pena. La pena di morte è stata abolita in alcuni protocolli addizionali. La corte di Strasburgo ha affermato che doveva ritenersi come un trattamento inumano e la pena di morte deve essere proibita in ogni circostanza. Vi sono alcune norme convenzionali che vietano agli stati che hanno abolito la pena di morte di reintrodurla nei propri ordinamenti giuridici. →l’uccisione che si verifica nel corso di un conflitto armato secondo le regole del diritto internazionale umanitario: secondo questa visione tradizionale, in tempo di pace gli individui sarebbero tutelati dal diritto internazionale dei diritti umani, ma in tempo di guerra tale protezione si indebolisce perché gli individui sarebbero tutelato soltanto dal diritto internazionale umanitario, che stabilisce che la perdita di vita durante atti legittimi di guerra non sarebbe illegittima. Oggi però questa tesi appare superata: il diritto umanitario e i diritti umani hanno subito una convergenza tale da ritenere che il diritto alla vita opera anche durante i conflitti armati–quindi, privazioni della vita che sono proibite dal diritto umanitario, costituiscono anche una violazione del diritto alla vita secondo il diritto internazionale dei diritti umani. Il primo obbligo dello stato è quello di astenersi dal compiere, per mezzo dei propri individui-organi, un’uccisione arbitraria. L’uso della forza leale da parte di agenti di polizia, di agenti delle forze di sicurezza, di agenti carcerari o statali è giustificato in certe circostanze, ma l’uso di tale forza non può essere arbitrario o eccessivo, deve rispettare i criteri di necessità e proporzionalità, deve essere necessario per raggiungere lo scopo e non deve superare i mezzi idonei e necessari per conseguire tale scopo. Un altro obbligo negativo dello stato consiste nel fatto che lo stato non può respingere, espellere o estradare una persona verso un paese nel quale essa rischi seriamente di essere privata della vita. Questo obbligo deriva dal principio di non refoulement, il quale trae origine dalla Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status dei rifugiati e poi si è affermato nel diritto consuetudinario. Il principio si è ampliato anche sotto l’aspetto delle cause che ostano al respingimento, poiché esso adesso protegge non solo dai pericoli derivanti dagli specifici motivi di discriminazione, ma anche dal rischio di subire gravi violazioni del diritto alla vita e del diritto di non subire torture o trattamenti inumani o degradanti. Il rispetto del diritto alla vita impone allo stato anche una serie di obblighi positivi di prevenzione, repressione e riparazione. Lo stato ha: a)​ L’obbligo di avere un apparato normativo adeguato di prevenzione delle violazioni: è un obbligo immediato di risultato b)​ L’obbligo di adottare le misure concrete per la prevenzione di violazioni del diritto alla vita da parte di agenti statali e privati: obbligo di due diligence. La prassi degli organi internazionali di controllo attiene soprattutto ai seguenti aspetti: prevenzione rispetto ad atti criminali di individui privati, prevenzione e controllo sull’uso della forza da parte di agenti statali e prevenzione di gravi danni alla salute. Nella maggior parte dei casi le attività di prevenzione devono essere effettuate dalle forze di polizia dello stato e da altre autorità dello stato (come le autorità carcerarie) Lo stato ha l’obbligo di dare la riparazione alle vittime delle violazioni del diritto alla vita. Gli individui vittime delle violazioni dei diritti umani hanno un vero e proprio diritto alla riparazione, che deriva direttamente dal diritto internazionale. La riparazione può prendere tre forme: -risarcimento monetario (obbligo immediato e di risultato) -restituzione in forma specifica (restitutio in integrum): ripristino della situazione di fatto e di diritto esistente prima della violazione (impossibile nel caso di violazione del diritto alla vita). -soddisfazione forma di riparazione specie dei danni morali, può consistere nel riconoscimento della violazione, in espressioni di rammarico o di scuse ufficiali o di altre modalità appropriate alle circostanze. Può configurarsi come obbligo di risultato oppure di due diligence. Inoltre, lo Stato ha due obblighi procedurali: Obbligo di investigare sulle presunte violazioni del diritto alla vita;obbligo di processare e punire i responsabili–non si tratta solo di un obbligo procedurale, ma è anche strettamente connesso all’obbligo dello stato di garantire alle vittime accesso alla giustizia per l’accertamento delle violazioni. –Schiavitù o servitù (art. 4): È una proibizione assoluta, tanto che nemmeno in conflitti armati possono essere catturati i prigionieri di guerra e trattarli da schiavi. Sopravvivono nel mondo forme moderne di schiavitù o di servitù e di lavori forzati, es: tratta di essere umani a scopo di sfruttamento sessuale, prostituzione forzata, matrimoni forzati, sfruttamento del lavoro minorale, uso di bambini soldato; Il concetto di servitù, si riferisce a persone che non hanno perduto la propria capacità giuridica, ma che devono sottoporre il loro lavoro o i loro servizi alla volontà discrezionale di un’altra persona. Gli stati hanno l’obbligo negativo di astenersi da tali abusi e di non adottare norme che li consentano. Gli stati sono soggetti ad una serie di obblighi positivi (immediati) di prevenzione, repressione e riparazione, tesi ad assicurare una efficace protezione contro la violazione di tali divieti da parte di privati. Gli stati devono avere un adeguato apparato amministrativo e giudiziario di repressione ed hanno l’obbligo concreto di investigare per identificare i responsabili delle violazioni e l’obbligo di processare e punire costoro. Gli stati hanno anche l’obbligo di dare una riparazione alle vittime delle violazioni. Per quanto riguarda i lavori forzati invece, il divieto è derogabile in stati di emergenza e non è assoluto, perché prevede eccezioni: per esempio lavori o servizi normalmente imposti a individui regolarmente detenuti o in libertà condizionata, servizi di carattere militare. –Tortura, punizioni o trattamenti inumani ( art.5): È una proibizione assoluta– non ammette eccezioni, restrizioni o limiti, neppure in ragione di altri diritti umani potenzialmente in conflitto. Il divieto in oggetto è inoltre inderogabile in stati di emergenza, non può essere sospeso dallo stato neppure in stati di guerra, di emergenza, di sicurezza nazionale o di pericolo pubblico. La convenzione delle NU contro la tortura del 1984 contiene una definizione giuridica del concetto di tortura. Essa consiste nel fatto che un individuo-organo statale, o un privato con istigazione, consenso o acquiescenza di un individuo-organo statale, infligge intenzionalmente una grave sofferenza fisica o mentale ad una persona per una serie di scopi specifici; con esclusione delle sofferenze che sono la conseguenza inevitabile di una pena legittima (restrittiva per quanto riguarda gli autori). Lo stato ha l’obbligo negativo di astenersi, per mezzo dei propri individui-organi, dal compiere atti di tortura o da infliggere trattamenti o pene inumani o degradanti–si è affermato anche l’obbligo negativo degli stati di non estradare, espellere, respingere o consegnare una persona ad un altro stato dive vi sono motivi fondati per ritenere che essa possa subire tali abusi. Lo stato ha l’obbligo immediato e di risultato di avere un apparato normativo di prevenzione, idoneo a prevenire in astratto le violazioni del divieto in oggetto. Ciò significa introdurre nei propri codici penali i reati di tortura e di trattamenti inumani o degradanti, prevedendo pene adeguate alla gravità di tali reati. Lo stato ha l’obbligo di avere un apparato amministrativo, che sia anch’esso idoneo a prevenire le violazioni. I principali abusi proibiti nella prassi sono:Maltrattamenti dei detenuti e delle persone in stato di arresto o di custodia, come l’insufficiente spazio o luce nelle celle, la ventilazione, la carenza di cure mediche, l’alimentazione forzata, l’esecuzione di misure disciplinari in carcere con uso della forza sproporzionato; Abusi nei confronti delle persone malate di mente;Stupro e violenze sessuali; Pene eccessive e punizioni corporali; Sterilizzazione forzata; Sparizioni di persone. Esistono due dottrine ricavate dalla prassi per definire la differenza tra tortura, trattamento inumano e trattamento degradante: a)​ Quello che si fonda sui livelli di gravità della sofferenza inflitta (più tradizionale). Secondo questo approccio la tortura è la più grave forma di abuso, che comporta una condotta particolarmente dura e crudele da parte dell’autore e che produce un livello elevato di sofferenza per la vittima. Il trattamento inumano è una forma meno grave di abuso, che tuttavia può essere qualificato come inumano poiché produce pur sempre una sofferenza fisica o mentale per la vittima. Costituisce un abuso che si pone ad un livello intermedio tra tortura e trattamento degradante. Il trattamento degradante si pone al livello più basso di gravità. Esso consiste in una condotta che produce l’effetto di degradare o umiliare profondamente la vittima. b)​ Quello che si fonda sullo scopo perseguito da coloro che violano il divieto. La tortura, oltre ad essere una condotta che produce una grave sofferenza fisica o mentale, deve essere: deliberata e avere uno degli scopi previsti dall’art. 1 della convenzione del 1984, cioè soprattutto quello di forzare la volontà della vittima per ottenere informazioni o confessioni o per punirla. Il trattamento o pena degradante, invece, ricorre quando lo scopo è quello di umiliare o degradare la vittima. Il trattamento inumano resta un concetto più generico, che copre gli abusi che producono grave sofferenza fisica o mentale causata in circostanze non coperte dalla tortura oppure che deriva da punizioni illegittime. –Personalità giuridica (art.6): spesso questo è un problema per le donne soprattutto (es. il marito o i fratelli devono firmare per loro), anche per i minori, mettendo nella condizioni di dipendere dai tutori e questo è buono perchè magari ti protegge da scelte sbagliate ma può essere anche di no. State sotto la tutela di altri può essere un rischio, e tale rischio è vissuto principalmente da coloro che hanno della disabilità soprattutto psico-sociale. Sono tutti interconnessi e senza una reale gerarchia, ma se si dovesse mettere si baserebbe proprio su questi articoli perché danno la base per la sicurezza e integrità della persona, ritenendola fondamentale. Il contesto del conflitto armato è dove saltano un po’ tutti questi temi, aggredendo non per difesa ma perché è il dovere di un militare. Se sei un civile, e quindi entra in gioco il diritto umanitario, il diritto alla vita non è protetto dalle norme del diritto internazionale, ma il diritto dei conflitti armati (= diritto umanitario) che fa una distinzione tra combattente e non combattenti, dove il primo può usare la forza e si espone alla forza altrui, mentre i secondi non possono usare la forza (tranne per legittima difesa) e si promette una tutela della vita. Tuttavia, spesso ciò non è salvaguardato perché alcuni combattenti sparano a civili, commettendo un crimine contro il diritto alla vita. Se si riceve un ordine di uccidere un civile ed è chiaro che lo sia, allora commetto un illecito. Garanzie giurisdizionali, quindi si parla del rapporto tra individui e istituzioni giudiziarie (artt. 7-11): –Principio di uguaglianza di fronte alla legge (art.7): se c'è una violazione dei diritti, si deve poter adire alla giustizia senza discriminazioni. In realtà, questa uguaglianza di fronte alla legge è solamente formale e non sostanziale perché, come sappiamo, non siamo trattati tutti ugualmente. Si parla di uguaglianza formale, non discriminazione ma non si parla di uguaglianza materiale, riprnedendo l'approccio liberale su queste tematiche. Quindi formalmente si arriva uguali davanti al giudice, ma sostanzialmente diversi con ognuno avente proprio il background. TUttavia, ciò non deve influenzare la decisione del giudice, ma lo Stato non interviene –Ricorso effettivo (art.8): è effettivo solo se il tempo della sentenza è utile. Inoltre, un altro modo affinché sia utile è un risarcimento. Questo diritto all'accesso al ricorso si basa sulla violazione dei diritti fondamentali riconosciuti sia da questa Dichiarazione , ma anche dalle costituzioni e dalle leggi statali. –Habeas corpus- divieto di arresto e detenzione arbitraria(art.9).Nessuno può essere arbitrariamente arrestato o detenuto. Nessuno può essere privato della propria libertà, se non per i motivi e secondo la procedura previsti dalla legge. Infatti, si prevedono alcune garanzie per i detenuti:il loro diritto di essere prontamente informati dei motivi della detenzione, il loro diritto di ricorrere ad un giudice, perché decida sulla legalità della detenzione ed ordini il rilascio se la detenzione non ha fondamento giuridico, il loro diritto ad un indennizzo se la detenzione è illegale. Coloro che sono stati arrestati o detenuti in base ad un’accusa penale hanno diritto di essere giudicati entro un termine ragionevole o di essere liberati. Il divieto di arresti o detenzioni arbitrari è previsto, oltre che da norme convenzionali, anche da una norma consuetudinaria. Il divieto in oggetto ha il seguente contenuto: nessuno può essere arrestato, detenuto o privato della propria libertà, in maniera arbitraria o illegale. Un altro aspetto importante riguarda la nozione di arbitrarietà, intesa ora in senso stretto come distinta dalla nozione di illegalità. Una privazione della libertà può essere arbitraria anche se è o è stata legale. Il concetto di arbitrarietà si riferisce ad elementi di irragionevolezza, imprevedibilità ed ingiustizia o al fatto che la detenzione, pur essendo giustificata da un motivo giuridicamente legittimo, finisce per violare altri diritti umani del detenuto o al fatto che essa è collegata ad una grave violazione del diritto all’equo processo o al fatto che essa si prolunga per un periodo eccessivo o discrezionale. –Giusto processo. Giudice indipendente ed imparziale, accertamento giuridico e fattuale ( art.10) –Presunzione di innocenza e diritto di difesa in sede penale (art. 11.1) –Divieto di applicazione retroattiva di una legge penale incriminatrice (nullum crimen/ nulla poena sine lege) (art. 11.2): la persona può essere punita solo da una legge che era già in vigore alla commissione del crimine, se la legge arriva dopo suca. Principio di irretroattività della legge penale: nessuna legge penale può essere applicata ad un reato che era stato commesso prima che la legge entrasse in vigore e che eventuali pene più gravi, che siano state stabilite dopo la commissione di un reato, non sono applicabili a tale reato. Ma l’effetto retroattivo è considerato legittimo quando la nuova legge prevede pene più leggere rispetto alla vecchia legge (regola della lex mitior). I principi di legalità penale e di irretroattività dei reati e delle pene conferiscono agli imputati diritti che devono essere considerati come inderogabili in stato di emergenza. Si tratta anche di diritti assoluti. I problemi principali sul contenuto dei diritti sono: La qualificazione del carattere penale degli illeciti e delle sanzioni, perché i due principi si applicano al settore penale e il concetto di illecito penale può cambiare a seconda dei vari ordinamenti giuridici. Gli organi internazionali di controllo dei trattati sui diritti umani adottano una qualificazione autonoma del concetto di illecito penale, cioè che non si fonda su quella dei sistemi nazionali interni. I requisiti richiesti agli stati per il rispetto del principio di legalità: lo stato deve avere norme penali che siano accessibili, chiare e prevedibili, in modo tale da poter essere facilmente conoscibili da parte di tutti i destinatari. Il significato preciso della clausola relativa ai crimini secondo i principi riconosciuti dalle nazioni civili: questa clausola pone due questioni interpretative. La prima è se la formula dei principi generali debba essere intesa come un riferimento al diritto internazionale esistente oppure a principi che sono in via di formazione o consolidazione, ma che non possono ancora essere considerati come diritto internazionale (la prima è preferibile). La seconda è se la clausola in oggetto debba essere interpretata come un’eccezione al principio di irretroattività dei reati e delle pene oppure se essa si limiti a precisare tale principio, specificando che esso si applica anche quando si tratta di crimini previsti da un fonte un po’ particolare e di difficile reperimento e definizione. La clausola intende specificare che, fra le fonti del diritto internazionale, vanno compresi anche i principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili. Qui c’è l’obbligo negativo degli stati di astenersi dall’applicare agli imputati eventuali norme penali esistenti che siano in contrasto con i due principi. Vi possono essere obblighi positivi (immediati e di risultato) a carico degli organi legislativi, come quello di eliminare o modificare disposizioni normative che contrastino con i due principi. Il legislatore statale dovrà anche assicurare che le norme penali siano accessibili, chiare e prevedibili. –Controllo di legittimità e costituzionalità di atti e leggi: non è richiamato nella Dichiarazione universale, ma siccome tutte le materie fino ad ora dette occorre intervenire con leggi, è implicito il fatto che debba essere un giudice delle leggi quindi un Corte Costituzionale, senza la quale il Parlamento rischia di procedere contro i principi detti fino ad adesso Libertà civili (artt.12-20): →Interferenze nella vita privata, familiare, corrispondenza, onore, reputazione (art. 12). Il diritto al rispetto della vita privata non è inderogabile in stati di emergenza, né ha carattere assoluto, poiché è soggetto ad una serie di limiti e restrizioni. Le restrizioni più frequenti sono quelle per motivi di sicurezza nazionale, ordine pubblico, prevenzione dei reati, protezione della salute, della morale e della reputazione altrui. Lo scopo generale di questo diritto è quello di garantire all’individuo un’autonomia nelle questioni che attengono alla sua sfera privata. Un primo aspetto riguarda la libertà dell’individuo di non subire ingiustificate interferenze e intrusioni da parte dello stato o di altri soggetti. Vengono in rilievo questioni legate a forme di sorveglianza statale dell’individuo, tramite intercettazioni telefoniche o tecniche di video-sorveglianza o raccolta di informazioni private da parte della 86 polizia o di servizi di intelligence. Rientrano anche il rispetto delle comunicazioni e del domicilio delle persone. Un secondo aspetto riguarda il diritto alla riservatezza. Rientrano in questo ambito questioni relative alla protezioni e conservazione dei dati personali (soprattutto quelli sulla salute), tematiche legate al diritto della persona all’accesso ai propri dati, al c.d. diritto all’oblio, alla cessione della privacy, alla diffusione indebita di fotografie o altre immagini relative alla vita privata della persona. Un terzo aspetto è quello del diritto all’onore e reputazione personale. Viene il rilievo nei casi in cui deve essere bilanciato con altri diritti umani, quali ad esempio le libertà di espressione e di stampa. Un quarto aspetto concerne il diritto al nome e all’identità personale. Viene in rilievo in relazione al diritto di cambiare il proprio nome, al diritto dei genitori di scegliere il nome dei figli, al possibile trattamento discriminatorio nell’uso dei nomi del padre e della madre, al diritto di conoscere le proprie origini biologiche. Il diritto all’identità comprende anche l’identità e orientamento sessuale delle persone, il quale comprende a sua volta anche il diritto di rispettare le relazioni intime fra individui. Anche l’identità culturale può entrare nell’ambito di applicazione del diritto alla vita privata. Un quinto aspetto riguarda l’integrità fisica e mentale e la salute delle persone. Vengono in considerazione questioni relative a trattamenti sanitari obbligatori per bambini o imposti ad adulti senza il loro consenso, a diritti di accesso a informazioni su problemi di salute e scelte di trattamenti medici, a libertà di scelta delle persone su modalità di fine vita o di suicidio assistito. Anche tematiche relative all’aborto o problemi connessi all’ambiente possono ricadere nell’ambito di applicazione del diritto alla vita privata. Gli obblighi negativi richiedono agli stati di astenersi dall’interferire nella sfera privata delle persone, intesa come integrità fisica e mentale e come libertà di stabilire e mantenere rapporti con familiari ed altre persone. Altri obblighi negativi riguardano divieti di certi trattamenti sanitari o di misure suscettibili di produrre danni ambientali che incidono sulla vita privata delle persone. Anche il diritto alla vita familiare non è inderogabile in stati di emergenza e non ha carattere assoluto. Lo scopo del diritto alla vita familiare è quello di proteggere la famiglia. Molti aspetti della vita familiare vengono presi in esame: -questioni relative al matrimonio, al diritto di sposarsi, all’uguaglianza fra i coniugi, ai rapporti fra coppie di fatto; -questioni circa il nome e il cognome dei figli, la filiazione, le scelte relative alla nascita dei figli, le forme di procreazione medicalmente assistite, l’adozione e l’affidamento dei figli minori nei casi di crisi fra i genitori; -principio dell’unità e del ricongiungimento familiare e questioni relative a ingresso, soggiorno ed espulsione di stranieri e migranti; -questioni legate ai rapporti familiari dei detenuti →Libertà di movimento e residenza nello stato, di lasciare il proprio stato e ritornarvi (art.13): c'è un'implicita dicriminazione? Per andare in qualsiasi altro Paese è necessario un visto che deve essere richiesto dallo Stato stesso che può concederlo oppure no. Quindi c'è il diritto di uscire dal proprio Paese ma non c'è il diritto di entrare in un altro Paese. Il diritto di movimento è presente per il movimento solo all'interno del proprio Stato. Questo mostra come non avere una cittadinanza di un certo Paese può creare “discriminazione” anche se non viene riconosciuta in nessuna Dichiarazione o Convenzione. La libertà di movimento dei cittadini comprende 4 diritti specifici:Il diritto di circolazione e di residenza nel proprio stato; Il diritto di uscire dal territorio del proprio stato;Il diritto di rientrarvi; Il diritto di non essere espulsi dal territorio del proprio stato. Tale libertà non costituisce un diritto inderogabile in stati di emergenza né assoluto. Solo il diritto dei cittadini di non essere espulsi dal proprio paese non ammette restrizioni o limiti. Il diritto dei cittadini di scegliere liberamente la propria residenza include anche il diritto di rimanere nella residenza scelta e quindi garantisce una protezione contro pratiche di dislocazione e ricollocazione forzata delle persone. Il diritto di lasciare il territorio del proprio stato è un diritto umano antico che risale alla Magna Charta del 1215. I cittadini hanno anche il diritto di non essere espulsi dal territorio del proprio stato. Il termine espulsione viene usato in senso ampio, tale da comprendere sia misure di espulsione amministrativa e giudiziaria che misure di deportazione e di respingimento. Gli obblighi dello Stato sono di varia natura: negativi, positivi e immediati. Ad esempio: obbligo dello stato di rilasciare i necessari documenti di viaggio al proprio cittadino che vuole esercitare il diritto di lasciare il proprio paese oppure obbligo di proteggere il diritto di circolazione dei cittadini da interferenze da parte di altri individui. →Cercare o godere asilo da persecuzioni (salvo per atti di criminalità comune o contrari alle NU) (art. 14): si ha il diritto a chiedere asilo e lo Stato può darlo oppure no. La convenzione sui rifugiati per uniformare la materia è del 1951 e, nel mentre, sono intervenute delle norme per dire degli standard comuni e non tutti li riconoscono ma alcuni lo fanno dipendere dalla nazionalità di provenienza e/o il motivo. L’asilo (a differenza del rifugio) è un istituto giuridico antico, che ha assunto nel tempo varie denominazioni (territoriale, extraterritoriale, politico, religioso). Esso significa che uno stato ammette nel suo territorio (o in un altro spazio soggetto al suo controllo) e concede protezione ad un individuo straniero (o apolide), che cerca tale protezione nei confronti di un altro stato. spesso l’individuo cerca di sfuggire a persecuzioni politiche da parte del proprio stato nazionale; ma talora egli vuole fuggire da altri pericoli, quali processi penali, guerre, conflitti interni, carestie, disastri ambientali. Il termine diritto di asilo ha due significati: il diritto di uno stato, nei confronti di altri stati, di concedere l’asilo ad un individuo straniero e il diritto di un individuo di ottenere asilo da parte di uno stato. La prassi e l’opinio iuris internazionali non sono sufficienti per far ritenere esistente una norma di diritto internazionale generale sul diritto di asilo, inteso nel senso ampio, cioè come il diritto di un individuo perseguitato in uno stato, salvo che per crimini ordinari, di cercare e ricevere accoglienza a tempo indeterminato e protezione in un altro stato. Una parte limitata del contenuto del diritto di asilo, tuttavia, permette ad ogni individuo straniero di ottenere una sorta di asilo provvisorio e temporaneo dalla persecuzione in certe circostanze–molti stati poi hanno adottato norme costituzionali o legislative che attribuiscono un diritto di asilo agli stranieri. →Avere una cittadinanza, non esserne privato arbitrariamente, cambiare cittadinanza (art. 15) →Diritto al matrimonio uomo/donna senza restrizioni di razza, cittadinanza o religione, fondato sul consenso libero degli sposi → Uguaglianza tra gli sposi, anche nello scioglimento del matrimonio →Protezione della famiglia →Proprietà privata o in comune: Il diritto non è inderogabile in stati di emergenza e non ha carattere assoluto. Le norme convenzionali prevedono di solito possibilità di restrizioni da parte dello stato per motivi di interessi pubblici o generali. La nozione di beni è interpretata in maniera autonoma rispetto ai diritti interni degli stati parti e anche in maniera estensiva, equiparandola a un interesse sostanziale o patrimoniale sufficientemente significativi. Nel concetto di beni ricadono: beni mobili e immobili, proprietà intellettuale e altri diritti e interessi di natura patrimoniale, come crediti, marchi, brevetti, concessioni, ecc e le aspettative legittime di ottenere l’effettivo godimento del bene. Copre solo i beni esistenti e non quelli futuri. Con la nozione di privazione della proprietà si intende la perdita di un diritto di proprietà o di altri diritti reali non solo sul piano formale, ma anche de facto. Una privazione può essere giustificata, se soddisfa tre criteri: È conforme al diritto dello stato coinvolto (criterio di legalità), deve cioè fondarsi su norme vigenti, che siano accessibili, precise e prevedibili. È conforme al diritto internazionale (riguarda specie l’obbligo di equo indennizzo in caso di nazionalizzazioni), questo requisito si applica solo alle privazioni di proprietà di cittadini stranieri. È stata effettuata nell’interesse pubblico, per questo requisito viene di solito riconosciuto agli stati un margine di apprezzamento, legato alla considerazione di interessi politici, sociali o economici da parte dello stato, ma comunque l’interesse pubblico va bilanciato, secondo il principio di proporzionalità, con il diritto individuale di proprietà. Qui gli Stati hanno obblighi: -negativi: gli Stati devono astenersi dall’interferire nel godimento dei beni delle persone, salvo che nei casi in cui l’interferenza è espressamente consentita dalle varie norme convenzionali rilevanti. -obblighi positivi e immediati: ad esempio, lo Stato deve prendere le opportune misure di prevenzione e di repressione per garantire che il diritto sia protetto anche nei rapporti fra privati. Ciò comporta l’adozione di norme a tutela della proprietà e di norme che siano idonee a rendere efficaci le procedure di esecuzione delle sentenze o di procedure concorsuali. →Libertà di pensiero, coscienza e religione, cambiare religione o credo, manifestare il credo attraverso insegnamento, pratiche, culto, riti (art.18). Lo scopo generale di queste norme è quello di consentire alle persone: -di pensare liberamente, senza subire influenze da parte dello stato o di altri soggetti; -di mantenere e sviluppare liberamente le convinzioni della propria coscienza; -di avere e manifestare una religione o un credo. A queste libertà corrispondono obblighi degli stati che hanno prevalentemente carattere negativo, cioè di astensione dalle interferenze in tali libertà individuali. Si è affermata nella prassi e nella dottrina la distinzione fra il forum internum, cioè i processi strettamente interni alla persona, che producono le sue convinzioni di pensiero, coscienza e religione e il forum externum, cioè le manifestazioni esterne o esteriori di tali convinzioni. Si ritiene che l’esercizio delle tre libertà nel forum internum della persona non possa subire limiti o restrizioni da parte dello stato, mentre le manifestazioni esterne possono essere soggette a limiti e restrizioni. →Opinione e espressione(art.19); cercare, ricevere e diffondere informazioni anche oltre le frontiere. Le libertà di opinione e di espressione non hanno il carattere dell’inderogabilità in stati di emergenza né quello dell’assolutezza. Esse sono soggette alle restrizioni che vengono volta per volta specificate dai vari trattati. Queste libertà sono uno dei cardini fondamentali per la protezione delle attività intellettuali e culturali degli individui e per lo sviluppo della loro stessa personalità. Esse perseguono uno scopo politico, perché costituiscono uno dei fondamenti essenziali della società democratica e pluralista: esse contribuiscono al progresso e allo sviluppo di ogni persona umana e permettono di controllare, giudicare e criticare l’operato dei pubblici poteri. La libertà di espressione include anche il diritto di informazione, il quale deve essere inteso non solo come diritto di comunicare informazioni di vario genere e attraverso ogni mezzo, ma anche come diritto di cercare e di ricevere informazioni. Al concetto tradizionale di libertà di espressione, come diritto umano di autonomia della persona che deve essere tutelata rispetto ad ingerenze indebite da parte dello stato, si è aggiunta una nuova concezione della libertà, che deve essere tutelata nel suo diritto di cercare e ricevere informazioni ed opinioni, e di avere gli strumenti conoscitivi per formarsi una propria opinione autonoma e consapevole. I diritti in oggetto includono ogni forma di espressione di opinioni, informazioni o idee e anche ogni mezzo con il quale esse vengano diffuse. Un terzo aspetto riguarda la natura e il contenuto delle informazioni, opinione ed idee. La giurisprudenza degli organi internazionali di controllo ha chiarito che la tutela copre tutte le opinioni, informazioni o idee. La corte europea ha affermato che la protezione vale anche per le opinioni che non sono condivise, che offendono, che sono provocatorie e scioccanti, che disturbano lo stato o certi settori della popolazione. Tuttavia, non tutte le idee possono essere espresse senza conseguenze. Tali libertà impongono allo stato specie obblighi negativi, ma attualmente esse richiedono che lo stato assolva anche numerosi obblighi positivi. Fra questi, vi sono sia quello di intervenire per assicurare le libertà contro lesioni derivanti da altri individui, sia quello di adottare norme e prassi favorevoli all’esercizio delle libertà in parola. →Riunione e associazione pacifica, senza costrizioni (art.20). Possono essere considerate come diritti politici in senso lato, poiché sono essenziali per la protezione delle attività politiche e sociali delle persone in ogni forma di regime democratico e pluralistico. Esse non hanno natura né di diritti inderogabili in stati di emergenza né di diritti assoluti. Ambedue le libertà sono soggette a una serie di restrizioni. La libertà di riunione comprende sia le riunioni private sia quelle tenute in luogo pubblico, come sit-in, marce e cortei. Le riunioni possono avere natura politica, economica, sociale, sportiva o artistica. La libertà appartiene sia agli organizzatori della riunione, sia a coloro che vi partecipano. Nel caso di riunioni e manifestazioni violente, sono giustificati gli interventi delle autorità, ma con forme e mezzi che non superino i limiti della necessità e della proporzionalità. Anche la nozione di associazione è ampia e autonoma ed essa implica una pluralità di soggetti, stabilmente e volontariamente associati. Nelle associazioni rientrano anche i sindacati, i partiti politici e le ONG. La libertà di associazione comprende anche il diritto di fondarne una, organizzarla e ottenerne il riconoscimento giuridico, per poter operare efficacemente. Essa implica anche il diritto di non aderire ad alcuna associazione e quello di non essere costretto a rimanervi. Gli Stati hanno obblighi: -negativi: non proibire le libertà e non interferire -di risultato: emanare norme e adottare prassi amministrative per tutelare tali libertà -positivi e immediati: proteggere le persone da interferenze nelle loro libertà da parte di terzi Diritti politici (artt. 21); comprendono: la partecipazione al governo del proprio Paese; Elettorato attivo e passivo; Accedere ai pubblici impieghi del Paese in cui si è cittadini. La Volontà si esprime con elezioni: periodiche, veritiere, a suffraggio universale ed eguale, voto segreto e libere. I tre diritti politici non sono inderogabili in stati di emergenza, né hanno natura assoluta. Il primo diritto viene definito come diritto di partecipazione alla vita politica e pubblica. Tuttavia, questo diritto ha un contenuto vago e generale. Il terzo diritto politico è il più importante. Esso può essere definito come il diritto a libere elezioni, cioè il diritto di veder indette libere elezioni e di parteciparvi come elettore e come candidato. La corte europea ha affermato che la norma riconosce un vero e proprio diritto individuale a vedere indette le elezioni e a parteciparvi, sia come elettore che come candidato. La nozione di elezioni è stata interpretata in senso estensivo. Si ritiene, di solito, che le elezioni siano libere se esse si svolgono nel rispetto di altri diritti umani, quali la libertà di espressione, di riunione e di associazione e se i loro risultati sono riconosciuti e eseguiti dai governi. Il principio di segretezza del voto è fondamentale e le elezioni devono essere tenute secondo intervalli di tempo ragionevoli. I diritti umani sono soprattutto per quelli che non li hanno e li sentono in maniera più intensa. Noi che li abbiamo li diamo alla fine per scontato, ma per coloro che non vengono presi in considerazione, come tutti gli emarginati o molte situazioni dei migranti, sono molto sentiti. Per un periodo si è pensato di anticipare il voto di alcune persone ma con un diverso peso. Si sa che il voto vale 1 ciascuno, ma magari se si va a votare prima il loro voto pesa magari 0.65 e così via fino alla maggiore età. Tuttavia, questo sarebbe contro un voto uguale tra i votanti Diritti economici e sociali (artt.22-25): ★ Sicurezza sociale e diritti economici (art.22), sociali e culturali minimi, nei confronti della –società nazionale –società internazionale (cooperazione) Riguarda sia la previdenza che l'assistenza sociale. Inoltre, ogni Stato deve provvedere a ciò nel limite delle loro facoltà economiche ed organizzative. ma se proprio è messo così male può esser aiutato dalla cooperazione internazionale ★ Lavoro (dipendente) (art.23), scelta libera, condizioni giuste e soddisfacenti, protezione per disoccupazione –uguale retribuzione per uguale lavoro: riferito soprattutto al salario delle donne –remunerazione equa e sufficiente per sé e famiglia –diritto alla protezione sociale se necessario –fondare e aderire a sindacati –riposo e ferie retribuite (art.24) ★ Tenore di vita sufficiente per sé e famiglia (art.25), comprensivo di: – cibo –vestiario: su questo non c'è una grande problema di disponibilità perchè c'è una enorme produzione di tessile –abitazione: grande problema anche nei Paesi ricchi –cure mediche –servizi sociali necessari (assistenza sociale) –disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia, altro (previdenza sociale) ★ Protezione della maternità (art.25.2) ★ Protezione dell’infanzia ★ Uguaglianza di protezione sociale tra figli nati dentro o fuori il matrimonio Come si nota, sono meno specifici e più grossolani anche perchè ci sono delle organizzazioni e delle Convenzioni che vanno più nello specifico DIritti culturali (artt.26-27): Diritto all’istruzione (art.26): ○ gratuita (primaria) ○ obbligatoria (primaria): è un diritto garantito in maniera assoluta ○ Istruzione tecnico-professionale: accessibile a tutti ○ Istruzione superiore: accesso in base al merito Finalità: ○ pieno sviluppo della personalità ○ rafforzamento dei diritti umani ○ promuovere tolleranza, favorire le NU La Dichiarazione si dilunga anche su ciò che l'educazione deve promuovere perché vede questo l'unico strumento per rendere un essere umano un buon essere umano ​ Priorità nella scelta data ai genitori ​ Partecipare alla vita culturale della comunità ​ Godere delle arti ​ Partecipare al progresso scientifico ​ Godere dei benefici del progresso scientifico ​ Protezione degli autori C'è un ossimoro perché si garantisce che tutti beneficiano del progresso scientifico come un nuovo farmaco, ma anche chi lo crea ha il diritto di beneficiare dei suoi vantaggi economici, motivo per cui questo può portare ad un costo elevato del nuovo bene, portando ad escludere la maggior parte della popolazione a meno che lo Stato non intervenga Art.28 viene interpretato come l'anello di congiunzione tra i diritti umani e la pace internazionale, vedendo questa raggiungibile solo se tutti rispettano ed attuano pienamente i diritti umani. Il diritto ad un ordine sociale ed internazionale in cui siano pienamente realizzati tutti i diritti umani è un diritto individuale. Nella Dichiarazione non c'è quasi niente che parla dei diritti e della protezione del bambino, arrivando solo nel 1989. Questa Dichiarazione è un atto di Soft Law che impegna gli Stati che hanno votato a favore oppure astenuti ad essa. Queste norme sono anche applicate da Corti (europea, africana, americana..) le cui giurisprudenze permettono di dare alle norme della Dichiarazione una spiegazione migliore. A questo si aggiunge la quasi-giurisprudenza di organismi internazionali di controllo e monitoraggio che consistono, per esempio, in comitati stabiliti dall'ONU che, col loro lavoro, aiutano a comprendere meglio le Convenzioni. Questa fonte è Dichiarazione, ma non sono obblighi da seguire ma solo un aiuto. Altre fonti del diritto internazionale sono: –principi generali:La tesi dominante è che la categoria dei principi generali del diritto internazionale debba essere ammessa tra le fonti autonome del diritto internazionale contemporaneo. Alcuni principi generali del diritto internazionale (i più antichi) derivano per astrazione da norme consuetudinarie già esistenti. Ci sono, invece, altri principi (più recenti), che hanno un fondamento e un metodo di rilevazione diverso. Essi non sono basati su norme consuetudinarie già esistenti, ma sulla circostanza che su di essi vi è un riconoscimento e consenso generale da parte della comunità internazionale (Stati, organizzazioni internazionali, ong, individui, associazioni…) non inteso come diuturnitas + opinio iuris, ma dal fatto che la comunità internazionale crede che questi principi esprimano valori giuridici internazionali condivisi. Alcuni di questi hanno carattere dispositivo, altri carattere inderogabile (ius cogens). Molti ritengono che proprio su questi principi si fondi gran parte del diritto internazionale generale in materia di diritti umani. I principi generali del diritto internazionale hanno un grado più alto di generalità rispetto alle norme consuetudinarie ed esprimono spesso le tendenze evolutive del diritto internazionale. Ci sono due categorie di principi generali del diritto internazionale: a)​ quelli che derivano da norme consuetudinarie già esistenti b)​ quelli che si fondano sul riconoscimento e consenso generale e diretto da parte della comunità internazionale. –norme consuetudinarie:ci sono due concezioni riguardo il modo di formazione e rilevazione delle norme di diritto internazionale consuetudinario: tradizionale e moderna. L’approccio tradizionale richiede due elementi costitutivi per la formazione di una norma consuetudinaria: la prassi degli stati (diuturnitas) e il convincimento degli stati che tale prassi sia giuridicamente obbligatoria (opinio iuris). L’approccio moderno sostiene che il metodo di formazione delle norme consuetudinarie nei settori dei diritti umani, del diritto internazionale umanitario e del diritto internazionale penale sarebbe innovativo. Alcuni autori sostengono che vi è una tendenza ad estendere il concetto di diuturnitas al fine di comprendere non solo la prassi reale (comportamenti) degli stati, ma anche la prassi scritta e orale (atti giuridici, affermazioni, dichiarazioni di organi statali, giudici, organi esecutivi, forze armate, ecc.). inoltre, ritengono che ci sia la tendenza ad attribuire un ruolo più importante all’elemento dell’opinio iuris e ad invertire la logica tradizionale nella rilevazione della consuetudine (diuturnitas → opinio iuris). Questo metodo moderno è convincente ed è confermato dalla prassi internazionale, come le sentenze dei tribunali militari di Norimberga. Questo metodo è spiegato dal fatto che le norme di diritto consuetudinario sono caratterizzate da una forte opinio iuris e da una prassi reale scarsa o contraddittoria. Inoltre, l’opinio iuris ha il pregio di indicare con più evidenza, rispetto alla diuturnitas la coscienza o il consenso collettivi della comunità internazionale. Questo nuovo metodo favorisce la protezione dei diritti umani rispetto alla sovranità degli stati. –I principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili in foro domestico:Sono i principi che hanno origine e trovano applicazione uniforme nei diritti statali. –i trattati bilaterali, multilaterali: –fonti derivanti dai trattati –ius cogens: non è una fonte autonoma del diritto internazionale, ma piuttosto un carattere speciale che assumono certe norme del diritto internazionale generale. La convinzione di inderogabilità è il punto cruciale per poter affermare il carattere imperativo di una norma. Le norme cogenti invalidano o estinguono i trattati che siano ad esse contrari. Esse prevalgono, in caso di conflitto, sulle norme consuetudinarie e sui principi di diritto internazionale. Esse sono di un rango superiore al vertice delle fonti internazionali. Esse invalidano fonti derivate da trattati, se sono ad esse contrarie; impediscono ad uno stato di invocare una causa di giustificazione dell’illecito in relazione ad una condotta contraria ad una norma cogente; impediscono la validità di una situazione frutto della violazione di una norma cogente e infine la violazione di una norma cogente crea una responsabilità aggravata, che comporta particolari conseguenze. Norme di ius cogens: Diritto all’autodeterminazione dei popoli; Divieto di aggressione; Divieto di genocidio; Divieto di schiavitù; Divieto di tortura; Divieto di apartheid. Non è invece un fonte in senso proprio la soft law–anche se la soft law induce gli stati a conformarsi ad essa, anche se essi non hanno un obbligo giuridico di farlo: Le regole di soft law possono aiutare le corti e gli altri organi internazionali di controllo, i giudici statali e gli operatori giuridici nella rilevazione e interpretazione del contenuto di norme internazionali, scritte e non scritte; Certi atti di soft law riproducono specificando meglio per iscritto norme di diritto internazionale generale; La soft law contribuisce allo sviluppo progressivo del diritto internazionale (hard law). Se la soft law deriva da un consenso generalizzato di stati, può esprimere l’elemento dell’opinio iuris as necessitatis, che può rafforzarsi con il tempo. La soft law può esprimere anche l’elemento della diuturnitas (prassi materiale + verbale). Tra queste diverse fonti c'è una continua conversazione: 1.​ Se si realizza un Trattato, questo andrà applicato davanti ad una Corte che creerà una giurisprudenza che potrà influire la quasi-giurisprudenza, oppure può influenzare in maniera inversa. Tutto ciò può, nel corso degli anni, formare una norma consuetudinaria le quali possono evolvere in maniera tale da codificarlo in maniera più chiara con un trattato multilaterale e poi, forse, di ius cogens (considerare una materia senza concedere eccezioni. Un esempio è l'aggressione che dovrebbe essere condannata sempre e da tutti). Ovviamente, quando si scrive nero su bianco una spiegazione su una fattispecie, può non mettere tutti d'accordo, andando a creare due line parellele le quali una è la norma consuetudinaria così come è stata realizzata e l'altra chi approva o no il trattato multilaterale. Ci sono 9 Convenzioni e 9 protocolli: 1.Convenzione contro la discirminazione razziale del 1965: essa ha avuto alcuni momenti di appannamento a seguito della fine dell'apartheid in Sudafrica, ma poi la Convenzione ha avuto una lettura intersezionale legato la razza ad altri aspetti comela religione 2.Testamento sui diritti civili e politici del 1966: con Testamento si intende qualcosa di solenne ed estremamente importante. Questo patto contiene tutti i diritti che derivano dal modello liberaldemocratico di tradizione occidentale. La parte IV del patto stabilisce una procedura di controllo sul rispetto del medesimo, istituendo il Comitato dei diritti umani. Il comitato è composto da 18 individui, che sono eletti e servono nelle loro capacità personali e non come rappresentanti di uno stato. Il comitato esercita le proprie funzioni tramite quattro procedure tipiche: –Esame dei rapporti periodici trasmessi dagli stati contraenti → il comitato poi predispone un documento, che contiene delle osservazioni conclusive, nelle quali si indicano gli sviluppi positivi, i punti critici e si emettono le raccomandazioni opportune (non vincolanti, ma esercitano una pressione politico-diplomatica). –Esame di presunte violazioni dei diritti contenuti nel patto da parte di uno stato contraente su richiesta di un altro stato contraente (ricorsi interstatali) (inoperante). –Esame di presunte violazioni di diritti da parte di uno stato contraente su istanza di individui o gruppi di individui che dichiarino di aver subito una violazione (ricorsi individuali). La procedura non si conclude con una vera e propria sentenza di condanna, ma con dei pareri, che sono motivati. –Prassi di predisporre dei commenti generali sulle disposizioni del patto, per fornire un’interpretazione autorevole. 3.Testamento sui diritti economici, sociali e culturali del 1966: La natura degli impegni richiesti agli stati parti è diversa, poiché il patto definisce la natura di tali impegni come obblighi a realizzazione progressiva: ogni stato parte si impegna ad operare al fine di assicurare progressivamente con tutti i mezzi appropriati la piena attuazione dei diritti riconosciuti nel patto. Nella parte IV del Patto si stabilisce una procedura di controllo che è affidata al Consiglio economico e sociale delle NU (ECOSOC). Nel 1958 l’ECOSOC ha istituito il Comitato sui diritti economici, sociali e culturali, composto da 18 esperti indipendenti, che ha gradualmente sviluppato una procedura di esame dei rapporti trasmessi dagli stati contraenti e la prassi di predisporre General Comments sulla interpretazione delle disposizioni del Patto. Al comitato è stata data la competenza a ricevere comunicazioni individuali e interstatali. 4.Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne del 1979:mostra come non ci sono diritti specifici per le donne perchè sono gli stessi degli uomini, c'è solo un problema di discirmnazione. La Convenzione cerca di eliminare la discriminazione contro le donne, che viene definita come ogni distinzione, esclusione o restrizione fatta sulla base del sesso, che abbia l’effetto o lo scopo di pregiudicare o annullare il godimento da parte delle donne dei diritti umani nel campo politico, economico, sociale e culturale o civile. Gli stati parti si impegnano ad adottare una serie di leggi e di altre misure, comprese sanzioni, per assicurare l’attuazione pratica del principio di uguaglianza di genere. Le procedure di controllo sono affidate al Comitato sulla Eliminazione della Discriminazione contro le donne, composto di 23 persone indipendenti. Il compito ha il compito di esaminare i rapporti periodici presentati dagli stati parti, i ricorsi individuali e le procedure di inchiesta nei confronti degli stati in seguito ad informazioni ricevute su violazioni gravi e sistematiche della convenzione. 5.Convenzione contro le torture e atti crudeli, inumani e degradanti del 1984: La definizione di tortura è: a)​ limitata agli atti inflitti da (o su istigazione, consenso o acquiescenza) un pubblico ufficiale o altra persona che agisca in veste ufficiale -deve essere un atto intenzionale b)​ non può essere commessa senza scopo, ma deve avere lo scopo di ottenere informazioni o confessioni o altri scopi espressamente previsti c)​ non comprende le sofferenze o il dolore risultanti unicamente da sanzioni legittime. L’obiettivo più importante della Convenzione è quello della repressione penale della tortura: tutti gli stati contraenti si obbligano a riconoscere gli atti di tortura nel proprio ordinamento interno come reati ed a prevedere per essi pene appropriate. 38 Le procedure di controllo sono affidate al Comitato contro la tortura, composto da 10 esperti indipendenti. Essi hanno la competenza ad esaminare i rapporti periodici degli stati parti ed a decidere sui ricorsi interstatali ed i ricorsi individuali. Il comitato può anche procedere ad un’inchiesta confidenziale nei confronti di uno stato quando abbia ricevuto informazioni su presunte pratiche di tortura. Esiste anche un sottocomitato sulla prevenzione della tortura, tale organo è composto da 25 membri ed esercita tre funzioni: I membri effettuano visite presso i luoghi dove potrebbero trovarsi persone private della loro libertà ed inviano raccomandazioni agli stati parti. Al sottocomitato spetta l’attuazione di alcuni meccanismi di prevenzione, prevalentemente attraverso attività di consulenza e assistenza verso gli stati. Coopera per la prevenzione della tortura in generale. 6.Convenzione sui diritti del bambino del 1989: non è semplicemente contro la discirminazione come per le donne, ma proprio sui loro diritti che sono specifici. La Convenzione definisce il fanciullo come “ogni essere umano di età inferiore ai 18 anni, a meno che la maggiore età sia ottenuta prima secondo il diritto applicabile al fanciullo”. Il principio-guida è quello del “best interests of the child”: in tutte le azioni che riguardano i fanciulli, i migliori interessi del fanciullo dovranno essere la primaria considerazione. Essa impone agli stati numerosi obblighi positivi. Sono stati adottati, inoltre, due (tre) protocolli opzionali: uno concernente la vendita di fanciulli, la prostituzione e la pornografia minorile e l’altro riguardo il coinvolgimento dei fanciulli nei conflitti armati. Le procedure di controllo sono affidate al Comitato sui diritti del fanciullo, che consiste in 18 esperti indipendenti che hanno la funzione di esaminare i rapporti periodici degli stati parti, di ricevere ricorsi individuali e di svolgere inchieste. 7.Convenzione per la protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti ei membri delle loro famiglie del 1990: Il termine lavoratore migrante si riferisce ad una persona che è, sta per essere o è stata impegnata, in un’attività remunerata in uno stato del quale essa non ha nazionalità. Il principio guida è quello di non discriminazione. La convenzione stabilisce una serie di diritti, tra cui il diritto di accesso alla giustizia in condizioni di uguaglianza rispetto ai cittadini dello stato in questione e numerose garanzie procedurali in caso di espulsione. Per le procedure di controllo vi è un Comitato, che ha la competenza obbligatoria ad esaminare i rapporti periodici degli stati e quella facoltativa ad esaminare ricorsi interstatali e individuali. Tuttavia, non ha avuto un alto numero di ratifiche. 8.Convenzione per la protezione delle persone forzatamente scomparse del 2006: Con sparizioni forzate si intende varie forme di privazione della libertà, che vengono tenute nascoste e che sono compiute da agenti statali o da persone che agiscono con l’autorizzazione, aiuto o acquiescenza dello stato. Nessuna circostanza eccezionale può giustificare tali atti. Ai fini del controllo vi è un Comitato sulle sparizioni forzate, che ha la competenza obbligatoria ad esaminare i rapporti degli stati e quella facoltativa ad esaminare ricorsi interstatali e individuali. 9.Convenzione dei diritti dei disabili del 2006: non è semplicemente contro la discriminazione come per le donne, ma proprio sui loro diritti che sono specifici. Le persone disabili vengono definite come “coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri.” Per il controllo viene istituito il Comitato sui diritti delle persone con disabilità, che ha competenza ad esaminare i rapporti periodici degli stati parti e quelli di individui o di gruppi di individui. 10.Protocollo opzionale al Testamento dei diritti economico sociali e culturali del 2008: stessa cose di quello sotto 11.Protocollo opzionale al Testamento sui diritti civili e politici del 1966: si aggiungono garanzie, chi firma approva il comitato e di essere accusato dai titolari di questi diritti non aver rispettato la Convenzione 12.Secondo protocollo opzionale al Testamenteo dei diritti civili e politicio con un focus sull'abolizione della pena di morte del 1989 13.Protocollo opzionale alla convenzione per l'eliminazione della discriminazione contro le donne del 1999 14.Protocollo opzionale alla convenzione sui diritti dell'infanzia sul coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati del 2000: per la Convenzione di Ginevra erano minori di 15 anni non possono partecipare ai conflitti armati, ma questo protocollo alza fino ai 18enni e nemmeno la loro iscrizione all'accademia. Se vogliono arruolarsi, devono esserci garanzie ulteriore che sia effettivamente la volontà del bambino con l'approvazione della famiglia per essere certi che non sia qualcosa di forzato 15. Protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti dell'infanzia sulla vendita di bambini, la prostituzione infantile e la pornografia rappresentante un'infanzia del 2000 16.Protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti del fanciullo su una procedura di comunicazione del 2011 17.Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti del 2002: introduce un meccanismo preventivo dei casi di tortura. Quindi crea un comitato internazionale di 23 persone che può fare visite nei vari Paesi parte del protcollo per prevenire la tortura. Per aiutare a fare questo lavoro,, ogni Stato appartenente deve anche istituire una figura che fa questi controlli, motivo per cui viene istituito il garante per i diritti delle persone private nelle libertà 18.Protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti delle persone con disabilità del 2006: introduce il ricorso individuali se lamentano una violazione della convenzione Altre Convenzioni: 19.Convezione sul genocidio del 1948: Il genocidio è un crimine secondo il diritto internazionale, che gli stati parti si impegnano a prevenire e a punire. Le persone responsabili devono essere punite sia che esse siano governanti costituzionalmente responsabili o che siano funzionari pubblici o individui privati. Gli stati parti si impegnano ad adottare norme interne per attuare la convenzione. Essa prevede che ogni stato contraente possa invitare gli organi competenti delle NU a prendere ogni misura appropriata per prevenire e reprimere atti di genocidio. L’art. 9 prevede la possibilità di sottoporre alla CIG le controversie fra gli stati relative all’interpretazione, applicazione o esecuzione della convenzione. 20.La Convenzione contro la discriminazione razziale del 1956:La Convenzione proibisce la discriminazione razziale in senso stretto, ma anche ogni distinzione fondata sulla razza, il colore, la nascita, l’origine nazionale o etnica, che abbia lo scopo o l’effetto di pregiudicare il godimento dei diritti umani. Gli stati si impegnano ad astenersi da qualsiasi atto o pratica di discriminazione razziale, a non incoraggiare o difendere tale forma di discriminazione, a prendere misure efficaci per abrogare o modificare prassi, leggi o regolamenti che abbiano l’effetto di creare discriminazione razziale. Le procedure di controllo della Convenzione sono affidate al Comitato sulla eliminazione della discriminazione razziale, composto da 18 esperti indipendenti, che hanno il compito di esaminare: i rapporti periodici degli stati parti, i ricorsi interstatali e i ricorsi individuali. 21.Convenzione contro l’apartheid del 1973:Essa dichiara che l’apartheid è un crimine contro l’umanità e che gli atti derivanti da politiche o pratiche di apartheid sono crimini che violano i principi del diritto internazionale. La responsabilità internazionale si applicherà a individui, membri di organizzazioni o di istituzioni e a rappresentanti dello stato che commettono il reato, ma anche a coloro che partecipano, incitano o cospirano oppure favoriscono, incoraggiano o cooperano nella commissione del reato. Le persone accusate del reato possono essere processate da ogni stato parte che possa avere la competenza su tali persone o da un tribunale penale internazionale penale che possa avere giurisdizione rispetto a quelli stati che l’abbiano accettata. I protocolli aggiuntivi solitamente aggiungono delle procedure per controllare meglio gli Stati che ratificano quella determinata Convenzione, quindi sono degli strumenti di garanzia nei confronti della collettività la quale può inoltre denunciare uno Stato che viola una Convenzione. Altri protocolli, invece, servono per allargare il campo dei diritti riconosciuti dalla convenzione, come per esempio il protocollo aggiuntivo alla Convenzione sui diritti civili e politici che si concentra sull'abolizione della pena di morte. I protocolli di solito sono uniti alla convenzione madre, quindi si può ratificare il protocollo solo se si ha ratificato anche la convenzione a cui si riferisce. Tuttavia, esistono dei protocolli che possono essere distaccati, come i protocolli alla convenzione dei bambini ( una per la poronografia minorile e l'altro sui bambini soldato) il quale può essere ratificato anche senza la ratifica di quella principale (essa è stata ratificata da tutti tranne che dagli USA). Gli USA hanno ratificato questi due protocolli, ma non la convenzione originaria. Esistono molti strumenti sia di hard law che di soft law (ce ne sono troppe e non le scrivo, bene o male le sta solo elencando) che vanno ad integrare le 18 convenzioni e protocolli sopra elencati. Chi ratifica la convenzione per i crimini di guerra e contro l'umanità, si impegna che questi crimini non andranno in prescrizione (soft law). Guardando gli strumenti ratificati o meno, mostra il sistema politico, sociale e morale dello Stato in questione. Qualla dei bambini e delle donne li hanno ratificati quasi tutti, ma la vera cartina di tornasole è la convenzione sulla tortura o le varie riserve che gli Stati pongono con le quali escludono qualcosa di quella Convenzione dal novero delle norme obbligatorie e questò può magari vanificare l'anima della convenzione stessa. Convenzioni multilaterali sui diritti umani La maggior parte delle convenzioni sono multilaterali e tutte le 18 convenzioni sono state scritte e discusse dal comitato dei diritti umani della NU e dal 2006, dopo aver smesso di lavorare, è stata sostituita dal Consiglio diritti umani. Lo sviluppo di queste convenzioni ha seguito diversi percorsi: 1. ​ Specificazione dei diritti: la Dichiarazione riguardava tutti i diritti e le convenzioni che si sono succedute si sono concentrate su alcuni gruppi dei diritti (diritti civili economici- morali- politici…) 2. ​ Regionalizzazione: oltre a norme potenzialmente universali, si creano convenzione di carattere specifico di una determinata area geografica 3. ​ Specificazione dei soggetti dei diritti: Si sviluppa una migliore specificazione dei soggetti protetti dalla Dichiarazione, arrivando a più specificità con minori, donne, disabili, chi in conflitto con la legge ecc. Questo processo ha introdotto non solo cose sui diritti umani, ma anche di diritto penale. Per esempio, sui bambini soldati ha elementi di diritti umani perché tutela i minori, ma sfruttare come soldati i minorenni è un crimine di guerra e quindi giudicabile dalla CPI. Infatti, ci sono alcuni reati di particolare pericolo per la comunità internazionale che il diritto internazionale si impegna a sanzionare (genocidio, crimini contro l'umanità…), quindi non concentrandosi più solo slle vilazioni da parte degli Stati ma anche dei singoli individui. I trattati multilaterali possono essere ratificati da tanti Stati (com la Convenzione sui diritti dei bambini, firmata anche dal Vaticano) e alcuni si sono posti anche la questione, considerando l'apparato dell'ONU con una prospettiva globale-federale (Assemblea Generale come Parlamento federale, Consiglio di Sicurezza..), di far diventare i diritti umani una sorta di Bill of Rights e parte integrante di questa ipotetica Costituzione globale, sottolineando il fatto che queste norme recepite da così tanti Stati creano degli obblighi oggettivi per gli Stati perché da questi accordi multilaterali non nasce solo un rapporto tra gli Stati, ma anche l'aspettativa di ciascuno Stato nel confronto di tutti gli altri. Creare l'idea che questi diritti siano garantiti dalla generalità degli Stati, facendo sì che se uno Stato non riesce a raggiungere un diritto (es. diritto alla casa) mi aspetto un aiuto dagli altri Stati e se invece ne violo uno mi aspetto critiche dalla comunità internazionale. Questa è un'idea che si sta facendo strada nell'ambito dei diritti umani ma non in altri ambiti nel diritto internazionale, rischiando una frammentazione del diritto internazionale stesso perché può crearsi un regime normativo nei diritti umani che si impone, affiancato ad un altro sistema normativo che risponde ad altre logiche. Tuttavia, si ritiene che il sistema normativo dei diritti umani deve essere considerato parte del diritto internazionale in senso lato e non può spingere troppo oltre l'interesse sovrano dei singoli Stati perché si rischia di perdere il dialogo e l'approvazione. Al tempo stesso, le norme sui diritti umani si stanno ampliando ad altri ambiti come l'ambiente che porta gli Stati ad obblighi di impegnarsi con delle annesse corti. Obblighi erga omnes Ogni Stato ha una responsabilità non solo nei confronti dello Stato leso ma anche nei confronti di tutti gli altri: Draft Articles art. 48. Questi obblighi vengono dal diritto consuetudinario dato che vale per tutti, mentre nelle Convenzioni vale solo dagli Stati che l'hanno ratificato (Obblighi erga omnes partes). 1. Ogni Stato diverso da uno Stato leso è legittimato ad invocare la responsabilità di un altro Stato ai sensi del paragrafo 2 se: a)​ l’obbligo violato sussiste nei confronti di un gruppo di Stati comprendente quello Stato, ed è stabilito per la tutela di un interesse collettivo del gruppo: obblighi erga omnes partes b)​ l’obbligo violato si pone nei confronti della comunità internazionale nel suo complesso: obblighi erga omnes. 2. Ogni Stato legittimato ad invocare la responsabilità in virtù del paragrafo 1 può reclamare dallo Stato responsabile: a)​ la cessazione dell’atto internazionalmente illecito, ed assicurazioni e garanzie di non ripetizione in conformità all’articolo 30 b)​ b. l’adempimento dell’obbligo di riparazione in conformità con gli articoli precedenti, nell’interesse dello Stato offeso o dei beneficiari dell’obbligo violato Il concetto di obblighi erga omnes partes contiene due elementi: -lo scopo collettivo e solidale degli stati parti che si obbligano a rispettare i diritti degli individui a prescindere dalla loro nazionalità -il fatto che la violazione di uno stato parte legittima tutti gli altri stati parti ad invocare la responsabilità del primo stato (superamento del principio tradizionale del bilateralismo nella responsabilità interstatale). Responsabilità Internazionale degli Stati Il settore tradizionale della res